Le lingue del mondo: un patrimonio importante - "Ferraris"

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Le lingue del mondo: un patrimonio importante - "Ferraris"
Adele Ceccon1
Le lingue del mondo:
un patrimonio importante da difendere
THERE are no handles upon a language
Whereby men take hold of it
And mark it with signs for its remembrance.
It is a river, this language,
Once in a thousand years
Breaking a new course
Changing its way to the ocean.
It is mountain effluvia
Moving to valleys
And from nation to nation
Crossing borders and mixing.
Languages die like rivers.
Words wrapped round your tongue today
And broken to shape of thought
Between your teeth and lips speaking
Now and today
Shall be faded hieroglyphics
Ten thousand years from now.
Sing – and singing – remember
Your song dies and changes
And is not here to-morrow
Any more than the wind
Blowing ten thousand years ago.
(Carl Sandburg Languages)2
Nella vita di tutti i giorni ognuno di noi tende a dare per scontato l'uso della parola e del
linguaggio: la conoscenza di un lessico e di una grammatica tramite cui esprimiamo i nostri
desideri, le nostre sensazioni, le nostre esigenze, ci appare quasi come una proprietà intrinseca al
nostro essere uomini. Eppure non è affatto così: l'acquisizione della nostra prima lingua, la
cosiddetta lingua madre, è probabilmente la prima importante conquista intellettuale della nostra
infanzia, basilare ed essenziale per tutta la nostra vita futura. La lingua è il nostro primo complesso
e articolato strumento di conoscenza e di catalogazione del mondo, il nostro principale mezzo di
1 Docente di Lingua e Letteratura inglese al liceo scientifico Ferraris di Varese.
2 «Una lingua non ha maniglie / con cui gli uomini possano afferrarla / e contraddistinguerla con segni per
ricordarla./ È un fiume, questa lingua, /che una volta ogni diecimila anni spezza il suo corso /e si crea una nuova via
verso l'oceano./ Sono effluvi di montagna / che si spostano verso le valli / e di nazione in nazione / attraversando
confini e mescolandosi./ Le lingue muoiono come i fiumi./ Parole avvolte oggi intorno alla tua lingua / e spezzate in
forma di pensiero / tra i tuoi denti e le tue labbra che parlano / ora ed oggi / saranno geroglifici sbiaditi / tra diecimila
anni. / Canta – e cantando – ricorda / che il tuo canto muore e cambia / e non sarà qui domani / più del vento / che
spirava diecimila anni fa.» (Carl Sandburg, Lingue, traduzione di A. Ceccon)
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comunicazione con gli altri, una delle nostre fonti di espressione artistica e culturale più importanti.
Sarebbe più che naturale avvertire la necessità di prendersi cura della propria lingua madre come di
un patrimonio importante, un bene prezioso. Ma ciò avviene comunemente? Siamo consapevoli
dell'importanza di tutte le lingue? O, forse, nella frenesia di globalizzazione culturale che ha
trascinato nell'ultimo secolo tutto il mondo verso una sorta di imperialismo linguistico dell'inglese,
non tendiamo piuttosto a svalutare l'importanza delle singole lingue, e a preoccuparci più
dell'acquisizione di quella essenziale lingua straniera, che non della salvaguardia della nostra e di
tutte le altre lingue nazionali?
Per tentare di rispondere a queste complesse domande, val la pena partire da alcuni dati che
forniscono un'immagine globale.
Quante sono le lingue del mondo?
È difficile dire con esattezza quante siano le lingue attualmente parlate al mondo.
L'organizzazione statunitense Ethnologue ha compilato un database mondiale di lingue in cui ne ha
catalogate 7102 come “vive”. Tra queste, 916 (13 %) sono considerate “morenti”: lingue che non
verranno più trasmesse alle future generazioni perché i soli parlanti rimasti in vita sono ormai
troppo vecchi per avere figli, mentre ben 1531 altre lingue (22%) risultano a rischio di estinzione.
Dal 1950, anno di inizio delle pubblicazioni, ad oggi, Ethnologue riporta la scomparsa di 367
lingue, che non hanno più alcun tipo di uso, nemmeno di valore simbolico, poiché nessuno al
mondo le associa più ad un senso di identità. In altre parole, nessuno più si riconosce come parlante
nativo di queste lingue. Si tratta di una media di 6 morti linguistiche all'anno. Se questa tendenza
negativa procederà con questo stesso ritmo, non apparirà poi più tanto improbabile la catastrofica
previsione di un eminente linguista americano che già nel 1992 aveva stupito il mondo accademico,
sostenendo che entro il 2100 il 90% delle lingue parlate al mondo sarebbero scomparse.
Tornando al presente, può essere interessante notare la distribuzione delle lingue sul territorio
mondiale.
Area
Africa
America
Asia
Europa
Oceania
Totali
Distribuzione delle lingue mondiali per area di origine
Lingue viventi
Numero di parlanti
Totale
%
Totale
%
Media
2,138
30.1
815,252,580
13.0
381,316
1,064
15.0
51,527,759
0.8
48,428
2,301
32.4
3,779,634,812
60.1
1,642,605
286
4.0
1,637,993,977
26.0
5,727,252
1,313
18.5
6,783,496
0.1
5,166
7,102
100.0
6,291,192,624
100.0
885,834
Mediana
27,500
1,160
12,000
35,600
950
7,000
Come si nota, le situazioni di maggior ricchezza e complessità linguistica si trovano in Asia ed
in Africa, mentre l'Europa è il continente con il minor numero di lingue originarie. Inoltre, secondo
l'organizzazione Terralingua patrocinata dall'Unesco, le due regioni del mondo in cui sono state di
recente registrate le morti del maggior numero di lingue sono l'Australia e il Nord America, con un
declino del 50% o più nell'arco di tempo di due sole generazioni, tra il 1970 e il 2005.
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Questi sono alcuni dei dati più interessanti che riguardano la situazione attuale:
•
il 6% delle lingue mondiali è parlato dal 94 % della popolazione
•
il restante 94 % di lingue è parlato dal 6 % della popolazione
•
la singola lingua più parlata al mondo è il cinese mandarino (1 miliardo e 197 milioni di
parlanti), seguita dallo spagnolo (399 milioni) e dall'inglese (335 milioni)
•
133 lingue sono parlate da meno di 10 persone
•
l'83-84 % delle lingue parlate al mondo è “endemico”: esistono in un unico paese.
Perché muoiono le lingue?
Anche se siamo abituati a parlare del latino o del greco antico come di “lingue morte”, in realtà,
quando si parla di morte delle lingue al giorno d'oggi, si fa riferimento ad un fenomeno ben diverso.
Il latino non è scomparso senza lasciare traccia, ma si è evoluto e trasformato, dando origine ad una
variegata famiglia di lingue (chiamate appunto neolatine o romanze) che sono ben vive e parlate
tuttora in molte parti del pianeta (una di queste, lo spagnolo, è, come si è visto, addirittura la
seconda più parlata al mondo). In questo caso si tratta di una scomparsa per così dire “naturale”,
della spontanea evoluzione e trasformazione di una lingua in un'altra (o più altre), per ragioni
storico-culturali complesse. Come nella poesia di Carl Sandburg, la lingua, simile a un fiume, si è
creata un altro corso per raggiungere l'oceano.
Invece la morte di una lingua si può manifestare in altri modi e per varie ragioni, ma comporta
sempre una situazione in cui una comunità di parlanti di un'unica lingua diventa bilingue e
gradualmente abbandona la lingua originaria a favore della seconda. Questo processo di
assimilazione può avvenire volontariamente, oppure a causa di un'imposizione. Nel primo caso i
parlanti di una lingua, specialmente se minoritaria o regionale, possono decidere spontaneamente di
abbandonarla progressivamente per ragioni di carattere economico o utilitaristico, e di acquisire
invece una lingua considerata più utile (per esempio per trovare un buon impiego) o percepita come
di maggior prestigio culturale. Nel secondo caso invece la lingua di un popolo “conquistatore” (dal
punto di vista politico, economico, o culturale) può venire imposta in maniera più o meno violenta
come unica scelta possibile ad un popolo “conquistato”, finendo per sostituirne la lingua originaria.
Talvolta la morte improvvisa di una lingua è stata storicamente determinata dalla scomparsa del
popolo che la parlava, a causa di epidemie, catastrofi naturali, o perfino di eccidi o genocidi. Si
parla allora di “genocidio linguistico”, o “linguicidio”, cioè di un vero e proprio delitto, assimilabile
ad un assassinio.
Non è casuale che la sottomissione di un popolo conquistato passi spesso attraverso
l'imposizione della lingua (oltre che della cultura, delle usanze, della religione, delle credenze) del
popolo conquistatore. Ciò che invece non appare forse sempre evidente è come spesso anche mezzi
di imposizione meno violenti, quali delle politiche di indiretta assimilazione linguistico-culturale,
possano avere come risultato gravi problemi di autostima nei popoli che le subiscono. Per esempio,
sempre secondo Terralingua, tra i giovani nativi del British Columbia (Canada) i suicidi sono
bassissimi, quasi pari a zero, in quelle poche comunità in cui la conoscenza della lingua nativa è
maggiore, mentre salgono vertiginosamente laddove l'uso della lingua originaria va scomparendo.
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Identità, cultura e conoscenza: perché le lingue sono tutte importanti?
Non esistono lingue più importanti o prestigiose di altre, così come non esistono culture
superiori ad altre. Inoltre la lingua madre è per ciascuno di noi un elemento imprescindibile della
nostra identità non solo culturale, ma anche psicologica e sociale. Se in una comunità si comincia a
diffondere l'uso di una seconda lingua che è considerata più importante e prestigiosa di quella
originaria, a poco a poco verrà trasmessa in maniera più o meno subliminale l'idea che anche la
cultura stessa di quella comunità è meno importante, meno prestigiosa, e pertanto anche il valore
delle singole persone appartenenti a tale comunità verrà messo in dubbio. Ne deriveranno problemi
di identità ed autostima, che possono portare addirittura al suicidio, come appunto messo in
evidenza dall'esempio sopra citato dei giovani parlanti nativi del British Columbia. Non è un caso
che i diritti linguistici, il diritto all'uso pienamente sviluppato e alla libera trasmissione della propria
lingua, siano oggi considerati un aspetto fondamentale dei diritti umani, riconosciuti almeno sulla
carta dalla maggior parte delle nazioni mondiali.
Ma la scomparsa di una lingua è la perdita di un patrimonio conoscitivo anche per coloro che
non la parlano come lingua madre, ma che l'hanno studiata o che la potrebbero acquisire. Quando
muoiono gli ultimi parlanti di una certa lingua, scompaiono con loro dei suoni, dei canti, delle
poesie, delle conoscenze che non esisteranno mai più nella stessa precisa forma. Scompare un punto
di vista, un modo di interpretare la realtà unico e irripetibile. È importante riconoscere che si tratta
di una perdita per tutta l'umanità, paragonabile, con le dovute differenze, all'estinzione di una specie
vivente, di una pianta o di un animale. Si parla infatti di diversità linguistico-culturale come di una
fonte di ricchezza e di un patrimonio di conoscenza, che può essere comparato alla biodiversità del
pianeta.
Le lingue a rischio possono essere salvate?
Che cosa si può fare allora per evitare la scomparsa delle lingue, e dei loro parlanti? Si può
cercare di sensibilizzare l'opinione pubblica nei confronti della necessità di proteggere le lingue e
culture a rischio, così come si fa per il patrimonio artistico o quello ecologico del pianeta? Del
problema sembrano occuparsi attivamente solo pochi linguisti e sostenitori dei diritti umani. Gli
organismi politici mondiali hanno sì creato dei momenti istituzionali, che però hanno poco seguito,
come la Giornata Internazionale della Lingua Madre, proclamata il 21 febbraio dopo che, in quel
giorno dell'anno 1952 a Dhaka, capitale del Bangladesh, molti studenti vennero uccisi mentre
manifestavano per ottenere il diritto a parlare la propria lingua. Similmente nell'Unione Europea si
celebra la diversità linguistico-culturale con la giornata europea delle lingue il 26 settembre.
Sono stati lanciati anche alcuni progetti di registrazione, catalogazione e salvaguardia delle
lingue esistenti, nati dall'idea che, fintanto che di una lingua rimarranno dei documenti scritti o
registrati in altra forma, non la si potrà considerare del tutto perduta o morta. Uno dei più
interessanti prende il nome dalla stele che permise la decifrazione del linguaggio geroglifico
egiziano: the Rosetta Project. Utilizzando i mezzi e le potenzialità messe a disposizione dalla più
recente tecnologia informatica, un gruppo appassionato di linguisti e di altri specialisti delle lingue
collabora con i parlanti nativi in tutto il mondo per cercare di costruire una biblioteca digitale delle
lingue umane accessibile a tutti. Chiunque può dare un contributo, collaborare ai lavori in corso, o
consultare l'imponente quantità di materiale messa a disposizione online. Un altro progetto che sta
cercando di raccogliere e registrare le voci degli ultimi parlanti delle lingue più a rischio è Enduring
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Voices, sostenuto e promosso dal National Geographic. L'obiettivo non è solo quello di
documentare, ma si cerca anche di rivitalizzare le lingue a rischio, intervenendo presso le comunità
con laboratori didattici e, anche grazie all'ausilio delle tecnologie digitali più attuali, aiutando i
giovani a perpetuare l'uso della propria lingua madre.
La situazione globale è comunque difficile. Le lingue e le culture a rischio nelle varie parti del
mondo sono quelle delle comunità numericamente più ristrette ed economicamente e politicamente
più deboli. Spesso si tratta di cosiddetti popoli tribali, che cercano ancora oggi di condurre uno stile
di vita tradizionale ben diverso dal modello imperante, che è quello della globalizzazione. I loro
tempi, i loro ritmi, i loro mestieri sono spesso intimamente legati al luogo in cui vivono: sono a
volte piccole tribù di pastori o allevatori nomadi, o di cacciatori e le loro lingue non hanno quasi
mai una forma scritta. Il loro stile di vita è minacciato tanto quanto lo è l'ambiente in cui vivono: la
deforestazione, lo sviluppo industriale indiscriminato, l'imposizione di un modello di vita
“occidentale” sono tutti pesanti fattori di rischio per loro e per le lingue che parlano.
È chiaro che, perché a tutti i popoli del mondo sia concesso di poter parlare liberamente la
propria lingua madre, e di poter mantenere un legame forte con le proprie radici culturali, sarebbe
necessaria una politica mondiale diversa. Le belle dichiarazioni di intenti spesso rimangono solo
sulla carta e vengono ignorate quando entrano in gioco gli interessi economici e i contrasti sociali o
politici. Anche quei singoli cittadini che sono sensibili al problema si sentono impotenti se
rimangono isolati, ma esistono organizzazioni che cercano di affrontare il problema in termini
globali e sostengono attivamente il diritto dei popoli all'autodeterminazione delle proprie condizioni
e stili di vita, di cui la lingua è parte essenziale. Un esempio per tutti è quello di Survival, che dal
1969 combatte in tutto il mondo per i diritti dei popoli indigeni, grazie al contributo di volontari
presenti in 80 paesi diversi.
Molti forse ritengono che nel 21° secolo non ci sia spazio per stili di vita etichettati come
“primitivi”, e neanche per lingue poco parlate e pertanto considerate poco importanti. In maniera a
volte inconscia, molti condividono questa visione quantitativa della cultura, che si alimenta anche
grazie a un'interpretazione deviata del darwinismo e a pregiudizi culturali che sono dei lasciti non
ancora superati dell'epoca colonialista. È una visione che va combattuta e contrastata. Bisognerebbe
fermarci a riflettere profondamente e chiederci se lo vorremmo davvero un mondo tutto
globalizzato, monoculturale e magari anche monolinguistico, o se non preferiremmo invece la
moltitudine delle voci umane, dei diversi suoni delle lingue, che hanno ritmi, cadenze e musicalità
variate. Pensiamo a una realtà di un solo colore, fosse anche il nostro preferito: la vorremmo
davvero, o non preferiremmo invece comunque la varietà di tutte le infinite sfumature di colori del
mondo?
Voglio chiudere con una nota di cauto ottimismo: malgrado la situazione sia difficile, in tutto il
mondo molti studiosi ed organizzazioni stanno agendo, si stanno impegnando in progetti di ricerca e
di aiuto complessi, di cui ho citato solo alcuni esempi. Forse, dunque, l'allarmistica previsione
secondo cui il 90% delle lingue del mondo attualmente esistenti scompariranno nel prossimo secolo,
lasciando poca o nessuna traccia significativa di sé, non si avvererà del tutto. Forse rimane ancora
un po' di speranza per tutti quei piccoli popoli e tutte quelle lingue che lottano sul confine incerto
tra l'estinzione e la sopravvivenza.
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RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
Sito dell'organizzazione Ethnologue: www.ethnologue.com
Rivista online del sito Terralingua, Langscape volume II issue 8, autumn 2011: http://www.terralingua.org
Sito del progetto Rosetta: www.rosetta.org
Progetto Enduring Voices del National Geographic: http://travel.nationalgeographic.com/travel/enduring-voices/
Trasmissione radiofonica della BBC del 19 ottobre 2009:
http://news.bbc.co.uk/today/hi/today/newsid_8311000/8311069.stm
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