euro - NINE DEL LOBO
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euro - NINE DEL LOBO
Dal sito http://www.mat.uniroma1.it/~gewurz/euri.html Un paio di riflessioni sul plurale italiano di "euro" È inutile ricordare quanto interesse abbia destato in Italia la questione del plurale della parola "euro". Sono state sollevate naturalmente molte altre questioni collegate alla moneta europea, e di ben maggiore momento, ma in questo modesto cantuccio mi limiterò a cercare di fare il punto, prima di tutto per me stesso, su questa non grave questione. Proverò intanto a elencare e, un pochino, ad analizzare alcune delle argomentazioni a favore delle due possibilità. Un euro, molti EURO Lo ha detto l'Accademia della Crusca VERO Membri dell'Accademia si sono espressi a più riprese al proposito, anche in maniere contrastanti (vedi numeri passati di "La Crusca per voi"). L'occasione più recente e formale è l'articolo a firma di Francesco Sabatini "Gli euro e le lingue", pezzo di apertura del numero di ottobre 2001 di "La Crusca per voi", il foglio dell'Accademia "dedicato alle scuole e agli amatori della lingua". Lì si annuncia che "l'opinione che, dopo ampio dibattito, si è formata in Accademia è la seguente: il plurale ufficiale, in lingua italiana, è invariabile, e quindi si dovrà dire un euro, due euro e così via, fino a tanti euro" [grassetto nell'originale]. Le argomentazioni portate sono essenzialmente quelle riferite nei prossimi tre punti, per la trattazione dei quali traggo utili informazioni da questo articolo. Potrebbe forse non essere inutile ricordare, visto che capita di incontrare chi non abbia le idee del tutto chiare in proposito, che l'Accademia della Crusca non ha attualmente l'autorità per imporre decisioni in campo linguistico; si tratta di un centro di studi linguistici ad altissimo livello l'opinione dei cui rappresentanti ha un interesse formidabile. Ma è nella natura della linguistica moderna di non essere normativa, ma solo di studiare i fatti linguistici, registrarli nella loro varietà e, per così dire, prenderne atto. Lo ha detto la Comunità Europea VERO Una direttiva della Comunità, del 26 ottobre 1998, sancisce che per le lingue inglese, italiana e tedesca il plurale sia invariabile; non così per altre lingue: les euros in francese, los euros in spagnolo, eurot in finlandese etc. Si potrebbe obiettare che una struttura essenzialmente politica ed economica quale è la Comunità Europea non ha né di diritto né di fatto l'autorità per dare direttive su questioni linguistiche. Sarebbe fuori luogo ricordare circostanze, in tempi anche recenti, in cui si è preteso di legiferare o anche solo di "incoraggiare" opportune tendenze relative a fatti di lingua. È scritto così su monete e banconote VERO (ovviamente) Questa sarebbe solo una variante del punto precedente, se non fosse che la presenza quotidiana di oggetti di uso comune con diciture come "2 euro", "10 euro" etc. probabilmente incoraggerà, anche a prescindere da altre considerazioni, l'uso del plurale invariabile. Ci sono già varie parole che hanno un plurale invariabile VERO Per quanto riguarda le parole straniere, e le parole nate come accorciamento di composti o parole più lunghe, vedi i due punti successivi. Rimangono comunque diverse nomi maschili italiani invariabili al plurale, come "re", "sosia" e, più simili nella forma, "video" o "audio". Chiaramente questo non ci dice nulla sulla flessione di una parola nuova, ma ci dice che non ci sarebbe niente di strano, o contrario alla morfologia italiana, nel plurale "euro" (vedi oltre per un'argomentazione simmetrica a questa). Segue la regola delle parole straniere in italiano FALSO È vero che il plurale delle parole straniere in italiano è invariabile (il film, i film), ma "euro" non è una parola straniera. Segue la regola delle parole nate da una troncatura: moto, auto FALSO Non si tratta di una troncatura o di un prefissoide come quelli menzionati. Per citare ancora la "Crusca per voi" (cit.): "Il termine è estratto dal nome dell'Europa, com'è ovvio, ma non è ricavato da nessun composto con euro- (del tipo euromoneta o Eurogeld o Euromoney, finora inesistenti)". "Gli euri in musica" ... Sotto il titolo "Gli euri in musica", è apparsa sul manifesto del 16 febbraio 2002 (p.18) questa lettera a firma di Giampiero Cane: No, caro Pintor, gli euri sono pericolosi per la musicologia e questo plurale va cassato. Te lo scrivo perché penso a "Che farò senza Euridice", testo significativamente usato per discutere il tema della semanticità della musica. Cosa succederebbe se fosse capito come "Che farò senza euri - dice. Che farò senza il mio bene". Il lamento di un licenziato? quello di un gaglioffo non più coperto da rinvii procedurali? E la bella storia d'amore, al di là della morte? Ciao. Si veda più sotto l'intervento di Pintor a cui questa lettera fa riferimento. Un euro, molti EURI In italiano già esiste la parola "Euro" con plurale regolare "Euri" VERO Consultando ad esempio la LIZ 4.0 (Letteratura Italiana Zanichelli), se ne trova una quindicina di esempi dovuti a 11 autori diversi, da Boccaccio a Foscolo e Carducci. Eccoli qui, nel formato in cui la LIZ mostra i risultati della ricerca con i contesti immediati: * BOCCACCIO, G. Comedìa delle ninfe fiorentine [1] 1) ragioni moventi quelle farò palesi; e onde i soffianti *euri* e i tumultuosi mutamenti dell'acque; e la cagione - XVIII.5 COLONNA, F. Hypnerotomachia Poliphili [3] 1) più agevole se praeparava ad accenderse che ad gli soffianti *euri* el sicco harundineto, postogli la piccola scintilla, che - Cap. 12.3 2) sedie del fiume Labdone non sarebbe agli stimulanti et procaci *euri* et al tumultuoso et gelifero Borea et al flante et - Cap. 16.7 3) liquido monstrantise, exclusi gli procaci venti, gli crepitanti *euri*, il sibilante aquilo et a malignate et la aspritudine - Cap. 21.21 GARZONI, T. La piazza universale [2] 1) ver magnus agebat/ Orbis, et hybernis parcebant flatibus *Euri,/ Cum primum lucem pecudes hausere, virumque/ Terrea progenies - Disc. 38.26 2) ei mi risponde,/ E gli Austri, e gli *Euri al mio voler son pronti;/ E, quando l' - Disc. 41.16 MARINO, G.B. La Galeria [1] 1) scogli i propri onori./ Portaro il grido suo gli *Euri* sonori/ più che le vele onde l'Egeo coverse; - 239.5 AA.VV. Poesie dell'età barocca [3] 1) vadano altrove a scaricar tempeste/ gli orgogliosi aquilon, gli *euri* inquieti./ D'april fiorito ai dì sereni e lieti - V.Zito 13.4 2) sovran del rege ibero,/ fuggon negli antri lor gli *euri* frementi,/ e, degli astri infelici i lumi spenti - A.Muscettola 13.34 3) di nequizia e fiati d'ira,/ aneliti infernali, *euri* di peste./ E pur s'inclina, e pur - T.Gaudiosi 13.4 SAVIOLI, L. Amori [1] 1) tu dal giovin animo/ il timor freddo escludi;/ gli *Euri* sonanti il portino/ nelle letee paludi./ Ma guai se - 22. All'amica gelosa.51 MONTI, V. Traduzione dell' "Iliade" [1] 1) abbandona la pugna; anzi più fiero/ colla salda dagli *Euri* asta nudrita/ avventossi a Coon che frettoloso/ dell'amato fratello - Libro 11.347 FOSCOLO, U. Odi e sonetti [1] 1) e l'isole/ Che col selvoso dorso/ Rompono agli *euri* e al grande Ionio il corso./ Ebbi in quel - Alla amica risanata.84 CARDUCCI, G. Juvenilia [1] 1) mutati frutti./ Ma le dolenti imagini/ Si portin gli *euri* in mare:/ Diciam parole prospere:/ Benigno Amor ne - 27 A Febo Apolline.50 A queste si può aggiungere un passo del libretto di Giambattista Varesco per l'"Idomeneo, re di Creta", musicata da Mozart: Idomeneo: Tornino a lor spelonche gl'Euri, i Noti, Torni Zeffiro al mar, cessi il furor. Il pentimento, e il cor de' tuoi devoti Accetta, e a noi concedi il tuo favor! (Atto III, scena 7) Vero è che tutte queste occorrenze di "euri" si riferiscono al vento Euro, il vento di sud-est, e quindi si dice "euri" come si dice altrove "zefiri" e simili. Quindi la parola ha un significato differente da quello di cui qui si parla. L'osservazione serve perciò solo a mostrare che non ci sarebbe niente di strano, o contrario alla morfologia italiana, nel plurale "euri". Si veda, più su, un'argomentazione simmetrica a questa. "Euro è tenebroso, euri è gioviale" ... Luigi Pintor, sul manifesto del 25 gennaio 2002, dà un'opinione soggettiva, dichiaratamente non scientifica sulla questione: Uno, cento mille euri LUIGI PINTOR Se l'euro possa essere declinato al plurale (come i dollari o gli aerei) oppure no (come le auto e dio) non è una questione di lana caprina, che peraltro era un tessuto elegante ed economico sebbene rude e autarchico. E non è una questione apparentemente oziosa come il sesso degli angeli, che ebbe peraltro rilevanza teologica e impegnò a lungo la filosofia scolastica, neoaristotelici e tomisti. Noi trascuriamo a torto le lettere dei lettori che i grandi giornali (a suo tempo anche la Pravda) curano invece come la pupilla degli occhi. Perciò non ci siamo accorti che la nostra rubrica di fondo pagina (quando non c'è la pubblicità) ha avviato sulla nuova moneta un dibattito filologico che non può lasciarci indifferenti e neutrali. A titolo personale, e naturalmente in minoranza, non esito a schierarmi a fianco della nostra lettrice senese contro l'euro singolare e assoluto (monoteista) e a favore degli euri relativi e plurali (pagani). Scientificamente non so, non oso avventurarmi su questo terreno. Uso un lessico familiare e se dico gatto voglio poter dire gatti. Preferisco il maschile e il femminile al neutro, odio le maiuscole e umanizzerei al plurale perfino i nomi propri (ci sono al mondo molti ernesti, molti tommasi, molti luigi che già finiscono con la lettera i). La moneta è già di per sé un'astrazione massima e idealizzarla come indeclinabile oltreché onnipresente e onnipotente mi sembra un eccesso di zelo e masochismo inconscio. L'argomento secondo cui il neologismo euro (a prescindere dal vento omonimo) è una contrazione di Europa e pertanto non può essere articolato è un argomento specioso e tendenzioso. Questo neologismo non designa infatti un vecchio continente ma un nuovo oggetto, è un nuovo nome per una nuova cosa che prima non c'era, è un sostantivo a cui vanno riconosciuti tutti gli attributi dovuti a ogni sostantivo che si rispetti (autonomia e dignità grammaticale e sintattica). Non bisogna permettere che il gergo prevalga sulla lingua. Scorgo un'insidia ideologica (non filologica), in questo euro singolare imperativo, una suggestione feticista, la moneta totemica come specificazione o variante del pensiero unico in vista del danaro globale. Semplificando, al dollaro che brilla nella pupilla di paperone preferisco gli spiccioli che diventano quasi umani nelle nostre tasche, perché mi sembra di usarli io invece di essere da loro usato (governato, determinato). Infine le monete sono fatte per essere moltiplicate, esigono il plurale (potreste mai immaginare la moltiplicazione del pane e del pesce se non si potessero declinare?). Eppoi è una questione di suono, di orecchio. Euro è tenebroso, suona come orco. Euri è gioviale, suona come puffi o finferli. Se immaginate dei bambini che giocano in un prato e arriva l'euro tutti scappano, bambini e gnomi. E' come sempre una battaglia persa, come contro lo smog, ma con una differenza: se non posso impedire la circolazione degli auti nessuno può impedirmi di dire euri in luogo pubblico, al taxista, al bar e dove mi pare e piace anche se è vietato fumare.