Le prime sentenze sulla clausola claims made all`indomani della

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Le prime sentenze sulla clausola claims made all`indomani della
Studio legale
Avv. Ernesto macrì
Le prime sentenze sulla clausola claims made all’indomani della pronuncia
delle SS.UU. della Corte di Cassazione
Non si è ancora sopito il dibattito, anche piuttosto vivace, attorno all’arresto delle
Sezione Unite della Suprema Corte (sent. n. 9140/2016)1 sulla clausola claims made, che
dobbiamo registrare già i primi interventi della giurisprudenza di merito.
Entrambe le fattispecie riguardano delle ipotesi di responsabilità professionale
(precisamente, da un lato, una inadeguata prestazione posta in essere da alcuni architetti;
dall’altro lato, un inadempimento da attività medica).
Nell’occasione, tanto il Tribunale di Milano (sentenza del 17 giugno 2016, n. 7149),
quanto quello di Napoli (sentenza del 20 giugno 2016, n. 7807)2 , sono stati chiamati, tra le
altre cose, a pronunciarsi appunto anche sulla validità della clausola in questione,
riguardata sotto il profilo della meritevolezza, per come stabilito dalle Sezioni Unite nella
sentenza sopra citata.
Diciamo subito che le decisioni in commento sono di segno diametralmente
opposto: difatti, mentre il giudice meneghino si è espresso per la non meritevolezza, nella
fattispecie concreta, della clausola claims made, e, pertanto, l’ha dichiarata nulla,
sostituendola nei termini di cui all’art. 1917 c.c.; il Tribunale di Napoli, al contrario, l’ha
considerata lecita e meritevole di tutela.
Ma procediamo con ordine, partendo proprio dall’ultima delle sentenze citate.
La vicenda riguardava una richiesta di risarcimento per alcuni danni subiti da una
donna, a causa di una inadeguata prestazione sanitaria presso un’Azienda Ospedaliera,
dove era stata ricoverata a seguito di una rovinosa caduta in una buca stradale.
Una volta confermato il diritto della paziente ad essere risarcita, la struttura
sanitaria convenuta ha chiesto al giudice di accertare che la propria compagnia di
assicurazione fosse obbligata a manlevarla, tenuto conto che nella polizza era inserita la
clausola dal seguente tenore: <<l’assicurazione vale per le richieste di risarcimento presentate per
la prima volta all’assicurato nel corso del periodo di efficacia dell’assicurazione stessa, purché il
fatto che ha dato origine alla richiesta di risarcimento sia stato commesso nello stesso periodo ma
non prima di tre anni dalla data di perfezionamento del presente contratto>>.
In forza di quanto stabilito dalle Sezioni Unite, il Giudicante, quindi, esamina
l’operatività della clausola claims made, non tanto sotto il profilo della vessatorietà o meno,
quanto, piuttosto, della meritevolezza degli interessi sottesi alla stessa.
Valutazione che, secondo il Giudice, potrebbe condurre ad un esito differente a
seconda che si tratti di una clausola claims made pura o impura.
Infatti, il Tribunale ricorda che <<…..molto significativo al proposito è quanto statuito
dalla Cassazione nella recente sentenza n. 9140/2016, a Sezioni Unite, nella quale, escluso ancora
1 Su www.ridare.it con commento di F. Rosada, Claims made “impura” e RC professionale: un connubio in crisi; M. Hazan, La
claims made è salva! (ma non troppo......); M. Rodolfi, La claims made: tra liceità e meritevolezza, quanti problemi per gli operatori
del diritto, il legislatore e le associazioni di categoria.
2 Entrambe le sentenze si possono leggere per esteso sul sito www.ridare.it - news del 23 giugno 2016.
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una volta il carattere della vessatorietà della clausola claims made, si è spostata l’indagine sul
differente terreno della meritevolezza dell’assetto di interessi sotteso alla detta clausola,
ipotizzandosi, quanto meno con riguardo alla cd. claims made pura, destinata alla manleva di tutte
le richieste risarcitorie inoltrate dal danneggiato all’assicurato e da questi all’assicurazione nei
periodi di efficacia della polizza indipendentemente dalla commissione del fatto illecito, un carattere
di maggiore meritevolezza, per il fatto che la mancata copertura di sinistri verificatisi durante il
periodo di efficacia del contratto ma denunciati solo successivamente è compensata dalla copertura
di quelli verificatisi prima della stipula della polizza >>.
Invece, secondo il Giudicante, discorso diverso - <<soggetto ad un più attento e
personalizzato giudizio di meritevolezza>> (il carattere grassetto e sottolineato, anche nei
successivi passaggi virgolettati, è nostro) - deve esser fatto per le clausole cd. miste e per
quelle cd. impure, dal momento che la sentenza delle SS.UU. ha lasciato <<…un minimo
varco interpretativo>>, statuendo una sanzione di sicura immeritevolezza, perché
particolarmente penalizzante, solamente quando si limita <<…. la copertura alla sola
ipotesi che durante il tempo dell’assicurazione intervengano sia il sinistro che la richiesta
di risarcimento>>.
Ciò posto, il Tribunale ha ritenuto conclusivamente che <<….attesa la continuità delle
prestazioni mediche offerte dall’assicurato, quale struttura ospedaliera, il cui interesse a vedersi
tutelato per eventi verificatesi anteriormente alla entrata in vigore della polizza realizza una
sufficiente meritevolezza (….), la clausola in questione, per come articolata, possa dirsi
lecita e meritevole di tutela, senza dover essere integrata o modificata, ex art. 1419 c.c. secondo
comma, per conseguire un più corretto contemperamento di interessi, così come suggerito dalla
Suprema Corte per l’ipotesi di vaglio negativo della detta meritevolezza>>.
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Come dicevamo, di segno decisamente contrario è la decisione offerta dal Tribunale
di Milano.
La vicenda trae origine da una richiesta di risarcimento danni a causa del
comportamento negligente tenuto da due architetti, cui era stata affidata la realizzazione
di un progetto per il recupero del sottotetto e la ristrutturazione di un immobile.
La consulenza tecnica ha posto in evidenza gravi errori compiuti nelle attività di
progettazione, onde per cui il Tribunale di Milano ha accertato l’inesatto adempimento
delle obbligazioni gravanti sui professionisti.
In ragione di ciò, una delle convenute chiedeva la condanna della compagnia
assicuratrice al pagamento di quanto dovuto all’attrice in forza della polizza assicurativa
sottoscritta.
La Compagnia, però, contestava l’operatività della polizza in forza dell’art. 7 delle
Condizioni Generali del contratto di assicurazione, che stabiliva che: <<l’assicurazione è
operante per le richieste di risarcimento pervenute per la prima volta all’Assicurato durante il
periodo di efficacia dell’Assicurazione, sempreché originati da errori professionali commessi durante
il medesimo periodo, ovvero limitatamente all’attività di progettazione, anche precedentemente alla
sua data di decorrenza a condizione che l’opera per la quale l’Assicurato ha eseguito la sua
prestazione non sia stata ancora iniziata,…..>>.
Sotto un profilo di ordine generale, concernente le caratteristiche precipue della
clausola claims made, la sentenza in questione - riepilogato lo stato dell’arte e preso atto
della suddivisione delle clausole in oggetto in due grandi categorie (clausole cd. miste o
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impure e clausole cd. pure) - precisa che: <<…. Nella pronuncia n. 9140/2016 la Suprema
Corte ha affermato che: (….) “nel contratto di assicurazione della responsabilità civile la clausola
che subordina l’operatività della copertura assicurativa alla circostanza che tanto il fatto illecito
quanto la richiesta risarcitoria intervengano entro il periodo di efficacia del contratto o, comunque,
entro determinati periodi di tempo, preventivamente individuati (c.d. clausola claims made impura
o mista) non è vessatoria”; che tale clausola “in presenza di determinate condizioni, può tuttavia
essere dichiarata nulla per difetto di meritevolezza ovvero, laddove sia applicabile la disciplina
di cui al decreto legislativo n. 206 del 2005, per il fatto di determinare, a carico del consumatore, un
significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto>>.
Quindi, per il Tribunale di Milano, le Sezioni Unite del Supremo Collegio, hanno
lucidamente <<…. chiarito che il contratto di assicurazione claims made è un contratto
tipico, caratterizzato dalla presenza di un patto atipico>> .
Ciò posto, allora la questione particolarmente dirimente diventa lo <<….scrutinio di
validità sotto il profilo della meritevolezza di tutela della clausola (…) che consente una deroga al
regime legale previsto dalla disciplina del contratto di assicurazione>>.
Da questo punto di vista, secondo il Giudicante deve, innanzitutto, ricordarsi come
<<in via generale (….), l’autonomia negoziale non può essere disancorata dalla natura degli
interessi sui quali una data disposizione è destinata ad incidere. E poiché ogni interesse è
correlabile ad un valore, attraverso l’analisi degli interessi si dovrà individuare quali fra essi
estrinsecano valori che hanno nella carta Costituzionale il loro riconoscimento e la loro tutela>>.
Ebbene, in un simile contesto, il Giudice ritiene che un rilievo preminente è assunto
dalla previsione contenuta nell’art. 2 Cost., il quale tutela i diritti inviolabili dell’uomo e
richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà.
Dovere di solidarietà che, alla stregua del percorso argomentativo seguito dal
Tribunale milanese, <<….non è più soltanto caratterizzato in senso economico, rivolto a scopi
nazionalistici, di efficentismo del sistema o di aumento della produttività, ma ha fini politici,
economici, sociali (Cass. 14343/2009)>>.
Di fronte a queste premesse, secondo la pronuncia in commento, <<…deve rilevarsi
che il contenuto dell’art. 7 del contratto (….) - limitando la copertura alla sola ipotesi che, durante
il tempo dell’assicurazione, intervenga sia il sinistro che la richiesta di risarcimento – appare del
tutto incompatibile proprio con lo schema della responsabilità professionale come quella in esame,
nella quale, in ragione delle caratteristiche dell’opera intellettuale prestata e della inevitabile
discrasia temporale tra l’esecuzione della prestazione e la manifestazione del danno, è pressocché
impossibile che in uno stesso anno si verifichi sia la condotta (o l’omissione) del
professionista che la richiesta risarcitoria da parte del terzo danneggiato>>.
Arrivati a questo punto, è il caso di soppesare alcuni passaggi della sentenza, che la
rendono, a parere di chi scrive, vieppiù interessante, se non altro nella traduzione concreta
delle acquisizioni di principio.
In primo luogo, il percorso tracciato e diretto all’individuazione dei parametri
valutativi della liceità o meno della claims made, conduce alla conclusione, nel caso di
specie, che l’articolo 7 della polizza assicurativa in esame, per come strutturata <<….non sia
meritevole di tutela e debba, pertanto, essere dichiarata nulla>>, anche a fronte - come ricordato
dal Giudice attraverso il rimando ad alcuni stralci della pronuncia delle Sezioni Unite <<….della entità del premio pagato dall’assicurato (pari, nel caso in esame ad euro 475,00
annue)>>.
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Ciò che rileva, d’altro canto, è la <<…spiccata asimmetria informativa>> tra le
parti, tutta sbilanciata a favore dell’impresa di assicurazione, in possesso di quelle nozioni
fondamentali sui meccanismi giuridici che governano il complesso e complicato sistema
della responsabilità civile, e ignorate, al contrario, dall’assicurato, nonostante sia, come
nella fattispecie concreta, un professionista.
Ne consegue, pertanto, che trattandosi di una pattuizione che deroga in senso meno
favorevole all’assicurato, la stessa <<…..ai sensi dell’art. 1932 II comma c.c. è sostituita di
diritto dalla corrispondente disposizione di legge (costituita dall’art. 1917 comma 1 c.c.)>>.
Specifica, infine, il Giudice che <<….l’inefficacia della clausola relativa alla validità della
garanzia>> è <<limitata a quella parte della pattuizione che, invece che coprire i rischi verificatesi
nei dieci anni precedenti alla stipulazione della polizza, limita la garanzia ai rischi nel descritto
periodo temporale». Sicché, l’inefficacia non si estende alla parte in cui si delimita l’oggetto
del contratto e che prevede che l’assicurazione vale per le richieste di risarcimento
presentate per la prima volta all’assicurato nel corso del periodo di validità
dell’assicurazione.
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In conclusione, dovendo tentare di tirare le fila del ragionamento seguito nelle
decisioni in commento, le questioni sollevate, in particolare dal Tribunale di Milano,
attorno al giudizio di “meritevolezza” della clausola claims made, soltanto apparentemente
hanno una chiave di lettura empirica, giacché, nella realtà concreta, avranno delle ricadute
di carattere pratico, in quanto, come opportunamente segnalato da qualche commentatore,
una sostituzione della clausola claims made con quella legale ex art. 1917 c.c., a seguito di
una valutazione, nel caso concreto, della immeritevolezza della stessa, potrebbe avere
delle conseguenze <<… sulle modalità di appostamento delle riserve da parte delle Compagnie,
che potrebbero ritrovarsi in copertura loss un sinistro sino ad oggi fuori copertura claims>>3.
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Cfr. M. Rodolfi, La claims made: tra liceità e meritevolezza, quanti problemi per gli operatori del diritto, il legislatore e le
associazioni di categoria, Focus del 20 giugno 2016, su www.ridare.it.
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