INFORMAZIONE IN RETE: CARTA STAMPATA E WEB

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INFORMAZIONE IN RETE: CARTA STAMPATA E WEB
INFORMAZIONE IN RETE:
CARTA STAMPATA E WEB
CONVEGNO NAZIONALE DELLA FISC
(FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI)
IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DE
LA SCINTILLA – NUOVA SCINTILLA
GIOVEDÌ 11 - SABATO 13 APRILE 2013
AUDITORIUM COMUNALE SAN NICOLÒ – CALLE SAN NICOLÒ, CHIOGGIA (VE)
HOTEL AIRONE, LUNGOMARE ADRIATICO – SOTTOMARINA
INDICE
Giovedì 11 aprile 2013 – Prima Giornata
PRESENTAZIONE
GRAZIE A NUOVA SCINTILLA A NOME DELLA CITTÀ
Giuseppe Casson
Sindaco di Chioggia
IL RUOLO DELLA STAMPA LIBERA
Lucio Gianni
Assessore dell’Attività Produttive della Provincia di Venezia
LA STAMPA CATTOLICA NELLA DIOCESI
Mons. Vincenzo Tosello
Direttore di Nuova Scintilla
NUOVA SCINTILLA SU INTERNET
Rossano Bertocco
Web Master di Nuova Scintilla
UNA RETE NELLA RETE PER CONTINUARE A DIRE LA NOSTRA GIOIA
Francesco Zanotti
Direttore di Corriere Cesenate della Diocesi di Cesena e Presidente della FISC
PROLUSIONE
S.E. mons. Claudio Giuliodori
Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della
Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali
LA NEUTRALITÀ DELL’INFORMAZIONE
Carlo Alberto Tesserin
Presidente della Commissione Statuto e Regolamento della Regione Veneto
IL RUOLO DEI LETTORI
S.E. mons. Adriano Tessarollo
Vescovo di Chioggia
Venerdì 12 aprile 2013 – Seconda giornata
TAVOLA ROTONDA
QUALE GIORNALISMO NELL’ERA DIGITALE?
INTRODUZIONE
Don Bruno Cescon
Moderatore, Vice Presidente della FISC, Direttore del settimanale Il Popolo della Diocesi di
Concordia-Pordenone
DOBBIAMO SPERARE CONTRO LA SPERANZA
E IMMETTERE CONTINUAMENTE IL BENE NEL MONDO
Chiara Giaccardi
Docente ordinario alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di Scienze della
Comunicazione) Università Cattolica – Milano
GUARDARE AL FUTURO CON SLANCIO, CON CORAGGIO, SENZA PAURA
Ferruccio Pallavera
Direttore del quotidiano Il Cittadino della Diocesi di Lodi
IL PRIMO NETWORK DIGITALE ITALIANO
Domenico Delle Foglie
Direttore dell’Agenzia Sir
L’IMPEGNO
Giuseppe Rusconi
Giornalista e scrittore
BABELE – IL CAOS DELLE INTERCETTAZIONI
Orazio Mezzio
Giornalista, già Sindaco di Sortino
Sabato 13 aprile 2013 – Terza Giornata
TAVOLA ROTONDA
LETTORI E INTERNAUTI, UN NUOVO MODO DI INTENDERE LA COMUNICAZIONE
INTRODUZIONE
Carlo Cammoranesi
Direttore del settimanale L’Azione della Diocesi di Fabriano e Coordinatore della Commissione
Cultura della FISC
UNA STRATEGIA CULTURALE COMUNE
Luigi Carletti
Esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy
PARLARE ALLE PERSONE, NON AGLI ADDETTI AI LAVORI
Don Antonio Rizzolo
Direttore di Gazzetta d’Alba della Diocesi di Alba, condirettore di Famiglia Cristiana, direttore del
settimanale Credere
L'ESPERIENZA DI WWW.TOSCANAOGGI.IT
Claudio Turrini
Web master di Toscana Oggi
REPLICA DI LUIGI CARLETTI
REPLICA DI CLAUDIO TURRINI
REPLICA DI DON ANTONIO RIZZOLO
CONCLUSIONI
Don Ivan Maffeis
Vice-Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI
PRESENTAZIONE
Nel centenario di fondazione de La Scintilla – Nuova Scintilla, si è svolto a Chioggia, dall’11 al 13
aprile 2013, il convegno Informazione in rete: carta stampata e web, promosso dalla FISC
(Federazione italiana dei settimanali cattolici), che si è tenuto nella prima giornata all'Auditorium
comunale S. Nicolò, nel centro storico della città e nelle due giornate successive, all’Hotel Airone.
Nella prima giornata, dopo i saluti di Giuseppe Casson, Sindaco di Chioggia e Lucio Gianni,
Assessore Attività Produttive Provincia di Venezia, sono intervenuti: mons. Vincenzo Tosello,
Direttore di Nuova Scintilla; Rossano Bertocco, Web Master di Nuova Scintilla; Francesco Zanotti,
Direttore del Corriere Cesenate e Presidente Federazione Italiana Settimanali Cattolici; S.E.
mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro
Cuore e Presidente della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali.
mons. Vincenzo Tosello, Direttore di Nuova Scintilla, ha ripercorso i cent’anni della testata,
insieme alla storia dei giornali della Diocesi. Era il 6 luglio 1913 quando usciva il primo numero del
quindicinale La Scintilla, diretto da don Angelo Paternostro, promosso dalla Direzione diocesana
dell’Azione Cattolica e sostenuto dal vescovo di allora, mons. Antonio Bassani. Uscì per alcuni
anni - fino al 1917 - mentre nel 1918 venne fondato il Bollettino diocesano, tuttora stampato. Seguì
un altro settimanale diocesano, Il Foglietto della Domenica (1939-1943) e il 23 dicembre 1945 uscì
il primo numero dell’attuale Nuova Scintilla, che si rifece direttamente al periodico del 1913. Fu
diretto fino al 1960 dallo stesso fondatore, mons. Mario Alfieri, quindi fu affidato a mons. Agostino
Bonivento, che lo diresse fino al 3 gennaio 1982, essendo stato chiamato a Roma come assistente
centrale della FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana). Dal 10 gennaio di quell’anno lo
firma mons. Vincenzo Tosello. «Negli ultimi decenni – ha affermato tra l’altro mons. Tosello - il
giornale si è incrementato come numero di pagine, presenza di collaboratori e abbondanza di
servizi, interessandosi di tutto il territorio diocesano – che comprende zone delle provincie di
Rovigo e di Venezia - oltre che della vita delle comunità cristiane, promuovendo la conoscenza e il
dialogo fra tutti, apprezzato anche al di là della cerchia ecclesiale».
Come ha detto nel suo intervento Rossano Bertocco, Web Master di Nuova Scintilla, «Dal 2010 il
settimanale ha attivato il sito internet (www.nuovascintilla.com) e si è realizzata anche la presenza
in twitter (dove sono stati inseriti, al 14 marzo 2013, ben 5000 tweet al ritmo di circa 7 brevi note
quotidiane); mentre nel novembre 2011 è stata aperta una pagina in facebook, molto seguita».
«Giornali di carta e Rete sono destinati a viaggiare insieme, non per combattersi, ma per
richiamarsi a vicenda», ha affermato aprendo i lavori del Convegno il Presidente Nazionale della
FISC e direttore del Corriere Cesenate, Francesco Zanotti, il quale ha sottolineato «la gioia di
festeggiare l'anniversario di uno dei nostri giornali: un secolo di vita non è uno scherzo, per
portare avanti e migliorare la nostra missione, nel solco percorso fin qui, con lo sguardo rivolto al
futuro, ben radicati in un passato solido, per lunghi tratti glorioso. Infiniti auguri a ‘Nuova
Scintilla’, al suo direttore Vincenzo Tosello e a tutta la sua squadra. E grazie mille di cuore per
l'ospitalità che ci avete preparato, oggi come venti anni fa». Il presidente ha centrato il suo
intervento sulla necessità di costituire una rete nella rete tra settimanali diocesani. «La Rete – ha
detto Zanotti - ci interpella, ci chiama in causa, ci interroga, ci stimola, ci toglie il sonno, ci
inquieta. Ci mette anche sul chi vive, ci tiene svegli. Mette in discussione tutto il nostro modo di
essere, di fare i giornali e di essere giornalisti, oggi nel 2013, con gli smartphone e i tablet che
impazzano ormai ovunque, anche sui banchi di scuola. Intendiamoci, non è poi ancora così diffusa
la Rete, come a volte si vuole fare intendere, ma è certo che ha modificato, modifica e modificherà
il nostro rapporto con l'informazione. Non solo nostro, ma soprattutto, quello dei nostri lettori».
Nei confronti della Rete – ha affermato nella sua prolusione S.E. mons. Claudio Giuliodori,
Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della
Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali - «serve un’attenta analisi dei
fenomeni in atto nel campo della multimedialità e nel contempo una lungimirante lettura dei
possibili sviluppi al fine di orientare le scelte nell’ambito della stampa diocesana». «Le vendite
risentono – ha aggiunto - della minore disponibilità di risorse economiche», sottolineando «la
possibilità per ognuno di accedere all’informazione in tempo reale e gratuita su web, tv e radio».
«È cambiato – ha precisato - il nostro modo di ricercare e apprendere informazioni, siamo
bombardati e ‘inseguiti’ da un enorme flusso, potremmo dire un ‘torrente impetuoso’
d’informazioni, sempre a portata di mano attraverso un unico strumento: lo smartphone o il tablet,
mentre la corsa all’acquisto tecnologico, sebbene rallentata, è l’unica ancora in continua
crescita». Per il presule, conseguenza del torrente informativo del web è la mancanza di filtri e
gerarchie tra le notizie. «Oggi domina il criterio della velocità» - ha osservato Giuliodori,
interrogandosi «se non si stia sacrificando la qualità comunicativa, e quindi relazionale, sull’altare
della quantità e dell’efficienza». In altri termini non basta usare il digitale, ma bisogna conseguire
una saggezza digitale - ovvero la «capacità di prendere decisioni più sagge in quanto potenziate
dalla tecnologia», secondo la definizione di Marc Prensky. È questo il «nuovo passo evolutivo del
genere umano», senza il quale «la società moderna corre il rischio di un’involuzione». Un passo al
quale i cattolici sono chiamati elaborando «strategie di marketing non soltanto commerciale, ma che
potremmo definire preminentemente ad alto impatto antropologico, finalizzato a rilanciare con forza
questo prezioso servizio la cui peculiarità è rappresentata dalla capacità di cogliere e comunicare i
valori fondamentali». «Chi, se non la stampa cattolica, potrà avere il compito difficile, ma assai
urgente, di far comprendere l’importanza di un’etica della comunicazione?». Questa la domanda
posta dal presule ai rappresentanti delle testate cattoliche, invitandoli «a non perdere, cammin
facendo, l’essenziale della nostra vocazione e missione». In gioco, ha concluso mons. Giuliodori, c’è
una sfida educativa. Di fronte a uno «sviluppo esponenziale dei mezzi di comunicazione – ha detto –
dev’essere potenziato l’impegno a svolgere un ruolo incisivo a livello culturale e sociale. Così le
nostre testate vivranno e si rafforzeranno se riusciranno a promuovere e a stimolare il dialogo nelle
realtà locali, poiché la loro missione è soprattutto formativa e a servizio della comunità».
Al termine dell’intervento di mons. Giuliodori, sono intervenuti, per un breve saluto: Carlo Alberto
Tesserin, Presidente della Commissione Statuto e Regolamento della Regione Veneto e S.E. mons.
Adriano Tessarollo, Vescovo di Chioggia.
Ha aperto la Tavola Rotonda della seconda giornata, dal titolo Quale giornalismo nell’era digitale
– che è stata moderata e introdotta da don Bruno Cescon, Vice Presidente della FISC, Direttore del
settimanale Il Popolo della Diocesi di Concordia-Pordenone – l’intervento di Chiara Giaccardi,
docente al dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università Cattolica di Milano. «Il
territorio è il luogo dal quale ripartire per ripensare l’informazione», ha esordito. Fin da subito
torna il legame con le nuove tecnologie, poiché nel territorio si vivono relazioni che possono essere
potenziate dalla rete digitale, ad avviso della studiosa, per la quale la contrapposizione tra digitale e
vita reale è «un’immagine di cui dobbiamo liberarci». «Chi ha relazioni in rete le ha anche fuori»,
ha sostenuto Giaccardi, affermando che «la realtà è una, è fatta di atomi e di bit, di materia e
d’immateriale; il web non è una dimensione altra». Non bisogna aver paura, dunque, di utilizzare i
social network, comportandosi su di essi come si fa nella vita di tutti i giorni, postando gli stessi
commenti che si fanno a voce, in pubblico. I nuovi ambienti mediatici, ha rilevato, «creano una
piazza pubblica e aperta dalla quale possono prendere vita nuove relazioni e comunità», mentre è
proprio il digitale «il luogo in cui sempre più vengono consumate le news». Ecco quindi che i
giornali devono trovare «una sinergia» tra dimensione on line e cartacea, senza «alimentare forme
di competizione». Un compito che chiama in causa primariamente la stampa del territorio, e in
particolare quella cattolica, che di fronte a «un’informazione che ha preso la deriva di
un’astrazione troppo alta» può fregiarsi del merito di essere ancorata alla realtà, a quella «rete di
relazioni» che si traduce in vita vissuta, oltre ad avere «una marcia in più», «uno sguardo che altri
non hanno, più libero perché illuminato dalla fede».
Sulla stessa linea l’intervento di Ferruccio Pallavera, Direttore de Il Cittadino di Lodi, che con una
media di 8 mila copie quotidiane e 15 mila per l’edizione del sabato, copre il Lodigiano e il Sud
Milano. «Bisogna tornare a fare i giornali in piazza, scrivere ciò che gli altri non scrivono, dare
voce a chi non ha voce, catturare nuovi lettori», ha affermato. Ispirandosi al ruolo evangelizzatore
della stampa cattolica, Pallavera ha invitato a «fare il giornale per il figliol prodigo, per la
pecorella smarrita», ovvero cercando di raggiungere un pubblico nuovo - senza trascurare quello
che già si ha - e magari essere capaci di offrire un messaggio a chi è lontano dalla Chiesa. Una sfida
possibile respirando «con i medesimi polmoni di chi ci sta intorno».
A conclusione della Tavola Rotonda, è intervenuto Domenico Delle Foglie, Direttore del Sir, ha
confidato quello che ha definito un sogno, ossia «fondare, tutti insieme, il Sir e i settimanali
diocesani, il primo ‘network digitale italiano’, per presentarci come un corpo unico». Un sogno,
al quale «dare corpo, testa, gambe e braccia, ma anche intelligenza e cuore, mettendoci tutta la
forza della nostra competenza professionale, ma anche la passione per l’umano e per la sua
verità che nelle nostre redazioni certo non mancano». Essenziale sarà il contributo dei giornali
del territorio, «perché so bene – ha detto - che senza di voi e senza la vostra adesione convinta,
non sarà possibile fare un passo nel futuro». Delle Foglie ha auspicato, tra il Sir e i giornali del
territorio, una sinergia che diventi sempre più «attitudine, mentalità, prassi intelligente». Il
network avrà da una parte il Sir, dall’altra «tutti i siti dei settimanali diocesani che possono
aderire a questa iniziativa», per portare alla ribalta quelle notizie che costituiscono la forza dei
territori, offrendo «un impatto nazionale e territoriale». Ma non solo: tra gli obiettivi vi è pure
quello di «ottimizzare l’utilizzo di tutta l’offerta informativa del Sir nei siti territoriali, sulla base
dell’assoluta indipendenza dei settimanali», promuovere sull’agenzia «le cronache dai territori»,
«sperimentare nuovi linguaggi», realizzare «un’espansione multimediale digitale» ed essere
presenti sui social network come Facebook e Twitter.
Al termine della Tavola Rotonda, il Presidente della FISC, Francesco Zanotti, ha introdotto gli
interventi di Giuseppe Rusconi, giornalista, autore del libro L’Impegno, edito da Rubettino e di Orazio
Mezzio, già Sindaco di Sortino, autore del libro Babele. Il caos delle intercettazioni, edito da Istina.
La giornata conclusiva del convegno ha avuto come tema Lettori e internauti, un nuovo modo di
intendere la comunicazione, titolo della Tavola Rotonda moderata da Carlo Cammoranesi,
Coordinatore della Commissione Cultura della FISC.
La parola chiave dell’intervento introduttivo di Luigi Carletti, esperto di comunicazione sul web,
content e digital strategy, è stata consapevolezza. «La tecnologia è un pannello pieno di bottoni:
l’importante è sapere quali ci servono». «La rete - ha evidenziato - oggi è comunicare, apprendere,
socializzare, condividere, conservare e aiutare», obiettivi che rientrano tutti in un’informazione
«con forte impegno sociale» come quella dei giornali del territorio, che da parte loro hanno «i
contenuti, derivanti proprio dal contatto diretto con le persone». Un rapporto «che con la
tecnologia - è convinto Carletti - non viene svilito, ma valorizzato».
Una testimonianza di utilizzo dei nuovi media per un settimanale cattolico è giunta da Claudio
Turrini, Web Master di Toscana Oggi, giornale regionale che ha realizzato un’integrazione con i
social network, oltre a un portale in cui propone notizie, foto, video e altro ancora. «Si può fare di
tutto - ha richiamato Turrini - ma si tratta, alla base, di cambiare completamente mentalità». Infine,
una scommessa per la carta stampata: è Credere, il nuovo settimanale dei Paolini presentato dal
Direttore, don Antonio Rizzolo - che guida pure il settimanale diocesano Gazzetta d’Alba convinto «che questo sia un momento opportuno in cui la nascita di un nuovo giornale va a
rafforzare una proposta che come mondo cattolico stiamo dando».
«Non avere paura del confronto con questo tempo» è la sintesi proposta, a conclusione dei lavori,
da don Ivan Maffeis, vicedirettore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali. Ma, al contempo,
guardarsi da pericolose scorciatoie, «sirene che affascinano con il loro enorme potenziale
innovativo, ma che - almeno fino a questo momento - coinvolgono ancora solo parzialmente i nostri
lettori». Stampa e rete, quindi, devono andare avanti di pari passo. «Le nostre testate - ha ricordato
Maffeis, che alle spalle ha una lunga esperienza alla guida di Vita Trentina - sono un bene che va
protetto e coltivato. Hanno tutte un solido bagaglio d’identità ecclesiale, di radicamento sul
territorio, di esperienze umane e professionali, di storia, persino centenaria». Il vicedirettore
dell’Ufficio Cei ha invitato a «vincere ogni tentazione di chiusura asfittica», reagendo e guardandosi
«attorno e dentro con onestà, con la disponibilità a riposizionarci, aperti alle possibili e necessarie
innovazioni, aiutandoci a coniugare l’informazione tradizionale con le tendenze e le opportunità
dell’era digitale, senza sminuire il valore e il peso di quanto abbiamo costruito fino a questo
momento». «Si tratta di ripartire con umiltà e impegno – ha concluso Maffeis - per contribuire a
reinventare la professione, facendo tesoro di quanto di positivo sta accadendo, consapevoli che
questo cambio culturale impone una nuova organizzazione delle nostre redazioni, la disponibilità e
l’abilità a muoversi su una molteplicità di piattaforme, la realizzazione di applicazioni che, mentre
consentono la fruizione di contenuti su dispositivi mobili, richiedono un nuovo modo di scrivere e di
raccontare per non rinunciare a stimolare il nostro lettore, aiutandolo a pensare, ad andare in
profondità». In questo passaggio rientra anche «il qualificato lavoro del Sir, eredità - ha ricordato
Maffeis - della professionalità a tempo pieno di Paolo Bustaffa, che si misura oggi con la sensibilità e
la competenza di Mimmo Delle Foglie, attento a valorizzare le possibilità d’informazione, di scambio
e di relazione del nuovo ambiente. Il Sir ci offre la possibilità di fare un passo avanti con la proposta
del network digitale», dietro il quale ha visto «l’intuizione felice di valorizzare le possibilità di un
accesso in tempo reale dal nazionale ai territori».
PRIMA GIORNATA
Giovedì 11 aprile 2013
GRAZIE A NUOVA SCINTILLA A NOME DELLA CITTÀ
Giuseppe Casson *
Quest’occasione è molto importante e molto bella. Non solo si tiene questo convegno così importante
della Federazione Italiana Settimanali Cattolici, ma si celebra anche il centenario di Nuova Scintilla,
un settimanale che ha accompagnato durante tutti questi anni la nostra città e ci ha aiutato tutti – anche
noi amministratori – nel ragionare e nell’immaginare una città migliore. Tengo a sottolineare, quindi,
l’importanza straordinaria che durante tutti questi anni questo settimanale ha avuto nella nostra città,
nel suo panorama informativo, formativo e culturale. Va ringraziato ancora oggi il direttore, don
Vincenzo Tosello, insieme a tutti i collaboratori e ricordo tutti i direttori e i collaboratori che nel corso
del tempo hanno favorito la crescita della nostra città anche attraverso questo settimanale. Voglio
ricordare, in modo particolare, un grande direttore, mons. Agostino Bonivento.
Il tema di questo convegno è di grandissimo interesse e di stretta attualità. Sono convinto che verrà
sviluppato in maniera importante e utile. Buon lavoro.
*Sindaco di Chioggia
IL RUOLO DELLA STAMPA LIBERA
Lucio Gianni *
Porto a tutti Voi i saluti del Presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto. Essere qui
presente, da una parte emoziona, dall’altra è un segno di orgoglio, perché qui stiamo festeggiando i
100 anni di una stampa libera e cattolica.
Credo sia importante, in questo momento storico particolare, sottolineare il ruolo che può avere la
stampa libera. Perché, nel momento in cui la stampa è spesso condizionata – e quindi non
imparziale – è necessario che ci sia la presenza e la possibilità di una voce che canta fuori dal coro.
Oggi, noi amministratori, noi che siamo impegnati in politica, abbiamo assolutamente bisogno di
una stampa che non si limiti a citare solo gli scoop, ma a dire anche le cose belle. Noi siamo in un
momento di difficoltà, dove la crisi della politica è innegabile, ma è il frutto di una crisi
complessiva della società, che ha perso il senso della moralità e del rispetto dell’altro. La politica è
figlia di questa società ed ha bisogno, quando ci sono fatti buoni, positivi, che l’opinione pubblica
venga a conoscere quello che di buono avviene. Una stampa che mette in risalto solo la cattiveria,
solo la bruttezza, solo le cose negative, non è una stampa che può aiutare a far crescere una società
in maniera positiva. Il ruolo della stampa cattolica e diocesana è proprio quello di dimostrare che è
necessario più che mai un modo diverso di dare le notizie.
Auguro buon lavoro a tutti Voi per questo convegno e porto il saluto di un territorio vasto, che si
estende in ben cinque Diocesi.
*Assessore dell’Attività Produttive della Provincia di Venezia
LA STAMPA CATTOLICA NELLA DIOCESI
mons. Vincenzo Tosello *
Vi è stato consegnato un fascicolo che raccoglie la storia di tutti i settimanali della Diocesi. Il primo
è La Fede, dal 1876 al 1880 - voluta dalla Società per la Santificazione delle Feste - di cui è stata
stampata la copia anastatica di tutti i numeri. Una testata gloriosa, settimanale, che ha avviato la
presenza della comunità ecclesiale nel mondo della stampa. Fu diretta anche da padre Emilio
Venturini, fondatore de Le Serve di Maria Addolorata di Chioggia. Una grande figura, di cui è in
corso la causa di beatificazione. Dopo la chiusura di questa testata, sorge La Gioventù, voluta dalla
parte giovanile della comunità diocesana, che pensò di riprendere l’esperienza del precedente
giornale. Poi viene data alle stampe La Scintilla, un quindicinale – usciva la prima e la terza
settimana del mese e contava quattro pagine - che fu appoggiato dal Vescovo di allora e voluto dalla
direzione diocesana dell’Azione Cattolica. Nel primo numero (6 luglio 1913) compare il saluto
introduttivo del Presidente dell’Azione Cattolica della Diocesi, don Giovanni Lombardo. Questo
giornale portò avanti la presenza del mondo cattolico nella città e nella Diocesi e fu un’esperienza
impegnativa, difficile, anche problematica. Erano gli anni della guerra – dal 1913 al 1917 - e La
Scintilla dovette sperimentare anche la censura: più volte le pagine sono bianche o qualche spazio
di pagina è bianco. Il giornale espresse la sua contrarietà all’ingresso in guerra, ma dovette accettare
la situazione che si determinò e sostenere i soldati al fronte e le loro famiglie. Tra le molte iniziative
interessanti, che indicano la presenza di questo giornale nel territorio e quindi il suo occuparsi delle
varie situazioni, vi fu anche l’istituzione di un centro d’informazione e di contatto con i soldati al
fronte. Dopo La Scintilla, nel 1918, il Vescovo volle fondare il Bollettino Diocesano, che è un
periodico che tuttora esiste: è giunto alla 96ma annata ed è edito dall’Editrice Nuova Scintilla. È la
voce della Diocesi e la voce ufficiale del Vescovo. Un periodico di questo tipo non poteva arrivare
alla gente. Era riservato ai Sacerdoti, alle comunità religiose e alle Parrocchie. L’esigenza di uno
strumento informativo più capillare e con una maggiore frequenza di uscita, era certamente sentita.
Fu solo nel 1939 – dopo vari tentativi, anche di presenza della cronaca delle iniziative diocesane in
altre testate – che si avviò l’esperienza del Foglietto della Domenica. Era un settimanale che si
interessava della vita ecclesiale, ma anche della vita sociale. Durò fino al 1943.
Nuova Scintilla fu fondata da mons. Mario Alfieri, dopo un periodo nel corso del quale si tentò la
collaborazione con altre testate. Nel 1945 nacque questo nuovo periodico, rifacendosi a La Scintilla,
con la quale mons. Alfieri aveva anche collaborato, tanto che il suo primo editoriale diceva:
Qualcuno pensava fossimo morti. Invece siamo più vivi di prima e riprendiamo le nostre
pubblicazioni. Da allora, Nuova Scintilla è sempre presente, grazie alla comunità diocesana e ai
Vescovi che si sono succeduti, ai tanti collaboratori che hanno dato una mano con grande dedizione
e impegno, perché non venisse meno questa voce.
Nuova Scintilla ha un’esperienza variegata, in quanto settant’anni di storia – in periodi mutevoli –
hanno caratterizzato e sollecitato in forme diverse il settimanale, che non è mai venuto meno alla
sua vocazione, al suo impegno di essere uno strumento della comunità diocesana, sempre aperto alle
esigenze del territorio e quindi anche aperto a presenze diverse: un aspetto che non fa venir meno
l’impegno di mantenere la fedeltà all’annuncio evangelico e all’insegnamento del Magistero.
I primi vent’anni di questo settimanale sono stati studiati in maniera molto approfondita: a questo
riguardo, c’è un’altra pubblicazione, di cui faremo omaggio ai convegnisti, che rappresenta
un’analisi sulle scelte e sugli orientamenti.
Dal 1966 ad oggi, il giornale ha avuto sicuramente un’evoluzione, a causa dei tempi che si sono
succeduti: la conclusione del Concilio, il rinnovamento della pastorale, della liturgia; il
cambiamento e il rinnovamento della politica in Italia, con le esperienze di apertura a sinistra: un
cambiamento di atteggiamento per il giornale, che prima era impostato in maniera molto rigida, a
tutela della scelta della Democrazia Cristiana e dell’unità dei cattolici; nuove situazioni economicosociali, che vengono rispecchiate nel giornale e in qualche modo promosse. Nell’ultima fase – dal
2010 – sospinti dalle esigenze del mondo di internet, abbiamo ragionato sul come essere presenti.
Abbiamo realizzato una presenza sistematica nella nuova realtà di internet.
Un grazie cordiale a tutti i collaboratori, all’avv. Michele Panajotti, nostro amministratore e al
Consiglio di Amministrazione delle Comunicazioni Sociali di Nuova Scintilla, al Consiglio di
Redazione, a tutti gli altri collaboratori.
*Direttore di Nuova Scintilla
NUOVA SCINTILLA SU INTERNET
Rossano Bertocco *
Nuova Scintilla nasce nel web nel 2010, con l’idea di poter archiviare tutta l’informazione prodotta
dai collaboratori, per renderla più usufruibile, perché la tecnologia ci permette di trovare le
informazioni in modo molto più veloce. Le altre esigenze erano quelle di contenere i costi di
manutenzione, di rendere il prodotto facilmente raggiungibile da chiunque avesse una connessione
ad internet, di consentire con facilità l’amministrazione del sito e di aggiungere alla produzione del
cartaceo, altri media (video, immagini, tutto quello che viene prodotto).
Le scelte tecniche sono partite – per contenere i costi - dall’open source, sistemi che danno la
possibilità di utilizzare software a bassissimo costo e frutto della collaborazione di centinaia di
programmatori sparsi per il mondo. Questa è una bella idea, a mio avviso, perché la collaborazione
di persone che non si conoscono dà la possibilità di far nascere e crescere questo nostro progetto.
Nel caso specifico, abbiamo realizzato un programma applicativo che ci dà la possibilità di gestire i
contenuti. Parliamo non solo di articoli o foto, ma di video, immagini, speciali, link ad altri giornali:
quindi, un ampio spettro delle fonti di comunicazione.
Se volete, potete collegarvi al nostro sito e seguire in streaming sull’homepage i lavori di questo
convegno. Abbiamo strutturato l’homepage come una bacheca per chi si collegasse, con le notizie
più importanti e quelle relative alle aree (notizie del Polesine piuttosto che della città di Chioggia o
di altre) e ad altre informazioni – nella parte inferiore – ad esempio, meteo, articoli in evidenza
oppure una tecnologia che si sta diffondendo negli ultimi anni, le piccole notizie. Queste ultime non
sono altro che tweet. Abbiamo utilizzato twitter come piattaforma per dare velocemente e
quotidianamente le informazioni salienti e importanti. So che molti collaboratori utilizzano questi
tweet per prendere le tematiche, approfondirle e utilizzarle per l’uscita del giornale nella settimana
successiva. Quindi, c’è anche un intreccio tra l’aspetto comunicativo, specifico di internet e la
collaborazione di tutti i giornalisti del giornale cartaceo.
Non abbiamo una redazione on line, ma una redazione tradizionale, che funziona bene. In questi tre
anni, abbiamo più di 12mila articoli già pubblicati, 20mila immagini, svariati inserti speciali, decine
di video, più di 5mila tweet, formazioni brevi che richiamano i lettori ad un approfondimento sul
giornale. Dal 30 agosto 2010, abbiamo avuto più di 97mila visite, sparse per tutto il mondo nella
misura dell’80%, con più di 300mila pagine visitate. Abbiamo attualmente una media di 1.5002.000 visite giornaliere. Abbiamo sfruttato anche il canale comunicativo dei social network, che
richiama molto di più l’utilizzo di internet. Questo ci ha consentito di avere più di 4mila
visualizzazioni giornaliere nell’ultimo periodo e ci ha permesso di incrementare il flusso dei
visitatori nell’arco di 3 mesi, nella misura del 20%.
*Web Master di Nuova Scintilla
UNA RETE NELLA RETE PER CONTINUARE A DIRE LA NOSTRA GIOIA
Francesco Zanotti *
Rivolgo, innanzitutto, un buona sera a tutti, insieme ai saluti e ai ringraziamenti a mons. Vincenzo
Tosello e agli amici di Nuova Scintilla, a S.E. mons. Adriano Tessarollo, Vescovo di Chioggia e a S.E.
mons. Claudio Giuliodori, grandissimo amico della FISC, presidente della Commissione Cei per la
Cultura e le comunicazioni sociali, da poche settimane nominato assistente generale dell’Università
Cattolica del Sacro Cuore. A lui un in bocca al lupo e un ricordo particolare nella preghiera per questo
nuovo importante e impegnativo incarico nel cuore della cultura cattolica e del nostro Paese.
A nome di tutta la grande famiglia della FISC, desidero esprimere in avvio di lavori un saluto e un
grazie molto sentito alla Conferenza episcopale italiana, che mai manca di sostenerci nei nostri
progetti e nel nostro impegno quotidiano. Mi rivolgo in particolare al presidente, il cardinale Angelo
Bagnasco e al segretario generale, S.E. monsignor Mariano Crociata. Ci saluta calorosamente, e noi
ricambiamo con infinita stima, il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali e sottosegretario
della Cei, mons. Domenico Pompili, che avevamo invitato per chiudere questo convegno,
impegnato in questi giorni in Brasile in vista della Gmg di Rio. Sarà con noi il carissimo don Ivan
Maffeis, già segretario della FISC quando era a guida di Vita Trentina e oggi vice direttore
dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei, che ringrazio fin da adesso per l’affettuosa amicizia
che sempre ci dimostra, per la vicinanza che mai fa mancare e per la sua presenza fra noi in questo
appuntamento, fin da domani pomeriggio.
È sempre una gioia poter festeggiare l’anniversario di uno dei nostri giornali. Un secolo di vita non
è uno scherzo. Dice di una tradizione importante e di un’eredità da custodire, portare avanti,
migliorare, nel solco di quanto già percorso fin qua, con lo sguardo rivolto al futuro, ben radicati in
un passato solido, per lunghi tratti glorioso. Quindi, infiniti auguri a Nuova Scintilla, al suo
direttore, monsignor Vincenzo Tosello e a tutta la sua squadra. E grazie mille di cuore per
l’ospitalità che ci avete preparato, oggi come vent’anni fa, quando venimmo qui per gli 80 anni del
vostro giornale.
Carta stampata e web
Ormai ne parliamo da diverso tempo. Prima è stata la volta di Testimoni digitali, poi di Abitanti
digitali. A Cesena abbiamo discusso di Territorio e Internet. Questa volta trattiamo Informazione in
rete: carta stampata e web. Lo scorso primo febbraio, a Roma, con padre Francesco Occhetta,
siamo stati sullo stesso argomento. E, sono convinto, non termineremo qui il nostro confronto sui
temi legati alla Rete.
La Rete ci interpella, ci chiama in causa, ci interroga, ci stimola, ci toglie il sonno, ci inquieta. Ci
mette anche sul chi vive, ci tiene svegli. Mette in discussione tutto il nostro modo di essere, di fare i
giornali e di essere giornalisti, oggi nel 2013, con gli smartphone e i tablet che impazzano ormai
ovunque, anche sui banchi di scuola.
Intendiamoci, non è poi ancora così diffusa la Rete, come a volte si vuole fare intendere, ma è certo
che ha modificato, modifica e modificherà il nostro rapporto con l'informazione. Non solo nostro,
ma soprattutto, quello dei nostri lettori.
La nostra realtà
Facciamo una fotografia della nostra realtà. L'abbiamo presentata lo scorso 18 febbraio alla
Commissione della Cei per le Comunicazioni sociali, quella presieduta da mons. Claudio
Giuliodori. Oggi la Fisc riunisce 186 periodici diocesani (1 agenzia, 6 online, 1 quotidiano, 2
bisettimanali, 128 settimanali, 18 quindicinali, 25 mensili, 5 esteri) presenti in circa 170 diocesi,
raggiungendo così gran parte del territorio nazionale. Le copie diffuse sono intorno al milione a
settimana. I dipendenti sono 500, di cui 200 giornalisti, migliaia sono i collaboratori. Una
settantina di testate percepiscono i contributi pubblici all'editoria (3,9/M di euro nel 2010, ridotti di
un terzo nel 2011, ad oggi al 50% per l'anno 2012, incasso dicembre prossimo). Oltre 70 nostre
testate hanno un sito Internet, con modalità molto variegate di approccio al mondo digitale. Si va
dai siti più strutturati come quello di ToscanaOggi, IncrociNews di Milano, ValliBBt di Acqui
Terme, RomaSette o quello del quotidiano di Lodi Il Cittadino, fino ad alcuni che sono presenti
sulla Rete solo come vetrina. Dallo scorso anno stiamo ragionando sul prossimo futuro e su un
progetto che offra l’opportunità a tutti i nostri soci di sbarcare in Rete. È un progetto pensato
insieme al SiCei e all’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei.
Insieme, siamo una grande Rete
Di un fatto ormai siamo abbastanza sicuri: la Rete, senza la carta stampata, non ha autorevolezza. I
siti più visitati, a parte qualche eccezione, sono quelli dei giornali di carta. Quanti giornali solo
online hanno chiuso i battenti! Sul Web si rischia lo smarrimento, si perde la gerarchia delle notizie,
perché ci si trova davanti a un ambiente indistinto. D'altro canto, oggi i giornali, anche i nostri,
senza il Web non raggiungerebbero un pubblico che invece grazie alla Rete è diventato, non dico
solo nostro, ma anche nostro. Basta pensare ai lettori giovani o a quelli che vivono all'estero.
Giornali di carta e Rete sono destinati a viaggiare insieme, non per combattersi, ma per richiamarsi
a vicenda. La Rete da sola non starebbe in piedi economicamente, per i nostri giornali.
Noi tutti insieme siamo una grande Rete. Grazie all’Agenzia Sir - lo abbiamo vissuto di recente
nelle vicende legate prima alla rinuncia di papa Benedetto, poi col conclave e l'elezione di papa
Francesco - abbiamo potuto seguire attimo per attimo lo svolgersi di avvenimenti storici. Abbiamo
fatto cronaca e storia al tempo stesso. Non potevamo non fornire anche quel tipo di informazione,
non prettamente locale, ma che i nostri lettori ci domandavano e ci domandano anche oggi.
D'altronde, noi da sempre, siamo giornali locali per bacino di diffusione, ma con uno sguardo
globale sull'uomo, sull'Italia e sui continenti. E possiamo affermare che è stato fatto un lavoro
enorme e di elevata qualità. Al Sir dobbiamo essere grati. E poi noi abbiamo fornito all’agenzia i
nostri contenuti particolari che lo hanno arricchito, in una circolarità di informazioni che ha fatto
comprendere le nostre potenzialità. Basta vedere la vetrina delle prime pagine rilanciate nella home
page del Sir. Grazie, carissimo Mimmo, a te e a tutto il tuo staff, per l'immenso impegno profuso.
Prendo l’occasione anche per un affettuoso saluto a Paolo Bustaffa, per l’amicizia sincera sempre
dimostrata verso la famiglia FISC e per l’immenso lavoro svolto per tanti anni alla guida del Sir.
Bustaffa sta lavorando per recuperare la memoria della nostra Federazione e ha iniziato questo suo
percorso andando sulle tracce di don Giuseppe Cacciami.
Rete nella Rete
Dall’11 febbraio scorso stiamo facendo le prove generali. Su questa strada credo si debba
proseguire. Se già non lo stiamo facendo, immagino che in un prossimo futuro che è già domani,
con i nostri giornali produrremo notizie di continuo. Faremo il quotidiano online, con servizi scritti,
foto, video e audio. Faremo collegamenti via streaming, come quelli realizzati dal Sir con il Ctv nei
giorni del conclave.
Dobbiamo diventare Rete nella Rete, richiamandoci l'un l'altro, tra noi e con tutti i media cattolici,
gareggiando nello stimarci a vicenda, come diceva san Paolo ai Romani. Abbiamo il messaggio per
eccellenza da portare: la gioia e la pienezza dell’esperienza cristiana che dà senso e sapore
all’esperienza umana. Mostriamo la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere in
Cristo, che è la vera libertà, quella dalla schiavitù del male, del peccato, della morte, ha detto ieri
papa Francesco all’udienza generale. Lo stesso Pontefice, all’incontro con i giornalisti del 16 marzo
scorso, ci ha ricordato: voi avete la capacità di raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del
nostro tempo, di offrire gli elementi per una lettura della realtà. Il vostro lavoro necessita di studio,
di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione
nei confronti della verità, della bontà e della bellezza. In un’altra occasione ha avvertito tutti a non
lasciarsi andare al pessimismo.
Con i nostri giornali, come minimo abbiamo il dovere di fare sorgere delle domande, quelle
domande inespresse che si trovano nel cuore di ogni persona. Dobbiamo e vogliamo essere voce
attiva e propositiva nel territorio per favorire quel confronto e quel dialogo a cui papa Benedetto ci
richiamava nel novembre 2006 quando fummo ricevuti in udienza in sala Clementina.
L'arrivo di papa Francesco ha fatto giungere una ventata di freschezza sul mondo cattolico. Ci
stavamo un po' piangendo addosso, sempre in difesa, sempre in trincea. Ora ci sentiamo meno
assediati, ed è una gran bella sensazione. In giro non si parla altro che di papa Bergoglio, e sempre
in maniera positiva. È bellissimo, inutile nasconderselo. E questo è bello, direbbe il Papa, come ha
detto anche ieri affermando che Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci
ama anche quando sbagliamo. Che messaggio stupendo abbiamo da portare! La scossa dello
Spirito, soffiato nelle 24 ore di un conclave che ha sbalordito il mondo per la velocità e per l'esito,
ha scompaginato tutti i piani umani. La Chiesa ha potenzialità che vanno oltre. Il nostro sguardo è
posto oltre. Non dobbiamo dimenticarlo. Ecco perché non dobbiamo e non possiamo mai disperare.
Una missione che trova forza oltre noi
Siamo preoccupati per il calo degli abbonati, delle vendite in edicola, dei contributi pubblici, della
pubblicità. Abbiamo paura dei nostri bilanci e anche di un certo riduzionismo che si respira un po'
in giro, nei nostri ambienti.
Stando sempre guardinghi, e scrutando ogni giorno l'orizzonte, non dobbiamo dimenticare che a noi
è affidata una missione che trova origine e forza oltre noi. Ben piantati per terra, dobbiamo alzare lo
sguardo verso l’Alto. Leggo come grande segnale di speranza concreta l’avvio delle pubblicazioni
di due settimanali nazionali, A sua immagine e Credere e la ripresa delle uscite, dopo un anno di
sospensione, di uno dei nostri giornali associati, il settimanale diocesano di Salerno, Agire.
Tre provocazioni
Termino con tre provocazioni. La prima è sul concetto di territorio che da sempre ci ha definito e fa
parte del nostro Dna. L'avvento della Rete ha modificato e modifica questo concetto. Grazie alla
Rete, il mondo è a portata di un clic. I nostri missionari ricevono il giornale in un link, e prima degli
abbonati. Una persona da Pechino si collega quando vuole con chi è rimasto a casa e dialoga con
chi vuole. Le distanze sono annullate. Tiene ancora il vecchio concetto di territorialità? I nostri
giovani universitari vanno in Erasmus e in Exchange in giro per il mondo. Non credo abbiano il
nostro concetto di territorio. Eppure, la stampa locale è quella che perde meno. È quella che tiene in
piedi molta stampa nazionale. I legami, in questo periodo, quali sono? Quelli con il luogo in cui
siamo nati o quelli che si costruiscono girando per i continenti?
Qualche sera fa ho partecipato a una tavola rotonda con i responsabili delle redazioni dei tre
quotidiani presenti nella mia città. Uno di essi ha detto a chiare lettere che il quotidiano si vedrà presto
ridimensionato perché è la Rete ormai che dà le notizie. I quotidiani, a suo avviso, si avvieranno a una
settimanalizzazione. I giornali avranno meno pagine, più commenti, più opinioni, più riflessioni.
Aggiungo io: i settimanali avranno tante notizie, magari brevi, ma a getto continuo, grazie alla Rete.
Da ultimo, una battuta significativa, credo. Tutto il movimento di Beppe Grillo si dice sia figlio del
Web. Io penso sia figlio della tv, che per settimane e mesi ha parlato di una non notizia: Grillo che
non voleva andare in tv. Ma questo è un mio pensiero. Comunque, abbiamo visto i risultati ottenuti
alle recenti politiche e il disprezzo che viene riservato alla stampa nazionale, televisioni comprese.
Dopo un botta e risposta con un esponente locale molto vicino ai grillini, su uno dei nostri siti ho
trovato questa frase che più o meno suonava così: Il mio commento postato online è stato
pubblicato sul giornale cartaceo con l'evidente intento di stigmatizzarmi al pubblico ludibrio.
Davanti a questa contraddizione da parte di chi sbandiera la Rete come il luogo della nuova
democrazia vera, mi chiedo, dove sono finiti i fautori del web se anche fra loro è il giornale cartaceo
a essere considerato la vera piazza, mentre il Web viene visto come un luogo in cui ci si scambia
opinioni, anche duramente, ma fra pochi intimi?
Chiudo con il ruolo del giornalista. Esisterà ancora in un futuro più o meno lontano? Nella babele della
Rete, il giornalista diventa ancora più importante per interpretare, leggere e motivare gli interrogativi del
quotidiano. Nelle 5 W che consideriamo a volte fin troppo banali, uno è Why?, Perché?. I lettori, vecchi
e nuovi, del cartaceo o del web, a noi domandano, anche in maniera inespressa, di dare ragione di quel
perché. Ci chiedono anche di dare voce a chi non ha voce. E ce lo domandano in maniera fortissima nei
nostri territori, dove spesso siamo considerati compagni di viaggio e vogliamo essere compagni di
viaggio. Credo ne vada della nostra professione che, da cattolici che praticano la professione del
giornalista, io vivo come una professione-missione-vocazione.
Grazie a tutti e buon convegno!
* Direttore di Corriere Cesenate della Diocesi di Cesena e Presidente della FISC
PROLUSIONE
S.E. mons. Claudio Giuliodori *
Premessa
Tenere la prolusione a questo Convegno nazionale della FISC sul tema Informazione in rete: carta
stampata e web è un onore, ma - in questo particolare momento storico, segnato da profondi
cambiamenti - costituisce un onere non indifferente, perché richiede una attenta analisi dei
fenomeni in atto nel campo della rete e della multimedialità e nel contempo una lungimirante lettura
dei possibili sviluppi, al fine di orientare le scelte nell’ambito della stampa diocesana. Il compito è
reso ancora più arduo dalle conseguenze degli ingenti tagli alle già esigue risorse dell’editoria
locale. La situazione economica internazionale e nazionale, aggravata dall’incertezza politica che si
protrae da troppo tempo, infatti, sta minando la stabilità di imprese e cittadini, tanto che molti posti
di lavoro quotidianamente vengono persi o traballano pericolosamente.
Purtroppo, cresce in maniera esponenziale il tasso di disoccupazione, non soltanto giovanile e le
famiglie vedono sempre più a rischio reddito e potere d’acquisto. Si assottiglia la raccolta
pubblicitaria e anche le vendite risentono della minore disponibilità di risorse economiche. A questo
si deve aggiungere la possibilità per ognuno di accedere all’informazione in tempo reale e gratuita
su Web, Tv e Radio. Non è fuori luogo, ed è sostanzialmente inevitabile, chiedersi se abbia ancora
senso investire risorse umane ed economiche sulla carta stampata. In questo desolante panorama di
decrescita e di grande incertezza diventa molto più difficile operare scelte strategiche o delineare
sviluppi progettuali.
Ma siamo qui non per scoraggiarci o piangerci addosso. È dovere di tutti affrontare questo tornante
difficilissimo della storia dei settimanali diocesani con la determinazione di sempre, con la fiducia
che ci viene dalla consapevolezza delle nostra grande tradizione e, soprattutto, con la forza e la luce
della fede che è la ragione ultima del nostro impegno.
1. Le mutazioni nel campo dei media
Prendiamo atto che inesorabilmente si è passati dal Digital Divide al Press Divide, che ha portato
quote sempre più consistenti di pubblico ad essere completamente estranee alla carta stampata 1, ma
ciò, anziché indurre a recitare il de profundis dell’editoria, dovrebbe stimolare la nostra riflessione.
S’impone pertanto un esame approfondito delle implicazioni positive e negative insite nelle nuove
tendenze della comunicazione moderna, al fine di ridefinire il ruolo della stampa e, in particolar
modo, di quella cattolica. A noi interessa elaborare strategie di marketing di tipo non soltanto
commerciale, ma che potremmo definire ad alto impatto antropologico. Solo in questa prospettiva
si può rilanciare il prezioso servizio della stampa diocesana, la cui peculiarità è rappresentata dalla
capacità di cogliere e comunicare i valori fondamentali che qualificano la vita personale e sociale.
Le mutazioni nel campo dei media sono profonde e si succedono a ritmo vorticoso; siamo
bombardati e inseguiti da un enorme flusso d’informazioni, sempre a portata di mano con un unico
strumento: lo smartphone o il tablet 2. E la corsa all’acquisto tecnologico, sebbene rallentata, è
l’unica ancora in continua crescita.
È cambiato il nostro modo di ricercare e apprendere informazioni. Nell’era del Web 2.0 ogni utente
può concorrere alla diffusione di notizie senza alcun filtro; è stato completamente sovvertito il criterio
gerarchico delle fonti; dunque l’informazione è pervasiva e orizzontale. Ma se un tempo, prima di
pubblicare determinate notizie, era scontato verificarne l’attendibilità delle fonti, oggi domina il
criterio della velocità. Internet diffonde continuamente notizie virali 3, tendenti a colpire l’attenzione
di un maggior numero di persone che a loro volta le rilanciano attraverso la condivisione in rete. A
titolo esemplificativo, ecco alcuni dati ricavati dagli studi - empirici, ma significativi - dell’Università
di Stanford, negli Stati Uniti, sui contenuti immessi in rete ogni 60 secondi:
− 204 milioni di e-mail;
− 100 mila tweets;
− 277 mila contatti attraverso Facebook;
− oltre 2 milioni di ricerche su Google;
− 1,3 milioni di visualizzazioni su YouTube (ogni minuto vengono caricate 30 ore di video);
− 639.800 Gigabyte di dati trasferiti.
1
2
3
«Nel 2006 le persone estranee ai mezzi a stampa rappresentavano il 33,9% della popolazione, nel 2012 sono
diventate il 45,5%. Tra i 14 e i 29 anni a una percentuale irrisoria di persone con diete solo audiovisive (il 7%) fa da
contraltare il 36% di giovani che navigano in Internet senza sentire il bisogno di leggere libri e giornali. Il dato sui
soggetti più istruiti estranei ai mezzi a stampa (31,9%) risulta ancora più preoccupante. Che persone con al massimo
il titolo di studio della scuola dell’obbligo abbiano poca confidenza con i testi a stampa (57%) è abbastanza
prevedibile. Che quasi un terzo dei diplomati e dei laureati non legga libri e giornali stupisce di più. Anche perché il
dato del 31,9% a essi riferito risulta dalla somma del 9,7% di persone che hanno una dieta audiovisiva e del 22,2%
di chi ha comunque una dieta aperta a Internet». Cfr. Decimo Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, Roma, 3
ottobre 2012
«Centinaia di canali televisivi, internet in un numero sempre maggiore di famiglie, il satellite, una nuova primavera
della radio, la stampa che soffre forse la concorrenza dei nuovi media ma reagisce trasformandosi. Il nostro tempo è
caratterizzato da una diffusione degli strumenti della comunicazione sociale sempre più rapida e pervasiva. I massmedia sono ovunque attorno a noi e non possiamo più farne a meno. Siamo chiamati a vivere in questo contesto con
nuovo dinamismo». CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle
comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, (2004), n.1.
Si parla più propriamente di "viral marketing" ovvero del marketing che diffonde i propri messaggi con la potenza e
la rapidità di un virus.
http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/parole/delleconomia/marketing_virale.html
2. Un nuovo homo sapiens digitale
Come scrive Nicolas Carr «da coltivatori di conoscenza personale stiamo diventando cacciatori e
raccoglitori nella foresta elettronica dei dati» 4. Per questo occorre domandarsi se non si stia
sacrificando la qualità comunicativa, e quindi relazionale, sull’altare della quantità e dell’efficienza
comunicativa. Abbondanza, brevità e rapidità sono i principali requisiti di un’informazione capace
di appeal, ma sapere di tutto un po’ consente una vera conoscenza? Il nostro cervello avverte ancora
il bisogno di letture, dialoghi, relazioni non superficiali o si nutre e si accontenta d’informazioni e
rapporti snack, nel web come pure nella vita reale?
Marc Prensky, a cui dobbiamo la definizione di nativi e migranti digitali, nei suoi recenti studi richiama
la necessità di un nuovo passo evolutivo del genere umano: la saggezza digitale, che «non significa
agilità nel manipolare la tecnologia, bensì capacità di prendere decisioni più sagge in quanto
potenziate dalla tecnologia. Quindi, il saggio digitale individua i casi in cui la tecnologia rafforza il
pensiero e la comprensione. […] Essere saggi digitali implica non solo rafforzare le nostre capacità
naturali tramite le tecnologie esistenti, ma anche identificare continuamente aree aggiuntive dove gli
strumenti umani naturali – anche quando sviluppati ad un livello molto alto – non possono svolgere un
determinato compito senza un aiuto. All’apparire di nuovi strumenti digitali, specialmente quelli che si
diffondono maggiormente, i saggi digitali si attivano per appropriarsene. Essi esaminano e valutano i
loro pregi e difetti e cercano di trovare un punto di equilibrio che li trasformi in propulsori di saggezza.
I saggi digitali si rendono anche conto che la capacità di controllare la tecnologia digitale, di piegarla
alle proprie esigenze, è un’abilità chiave nell’era digitale» 5.
Non è un paradosso ammettere che senza saggezza digitale la società moderna corre il rischio di
un’involuzione. Interroghiamoci: che cosa attira la nostra attenzione? Perché rincorriamo le novità
tecnologiche? La nostra attenzione è attratta con tecniche leali o sleali? Il neuroscienziato Michael
Merzenich avverte: «quando facciamo multitasking stiamo allenando il nostro cervello a prestare
attenzione alle schifezze» 6. Siamo interessati anche a idee diverse dalle nostre o leggiamo soltanto ciò
che ci interessa? È un dialogo reale quello che si realizza attraverso la rete o è solo una grande babele?
Il nostro impegno non può non essere indirizzato alla costruzione del vero dialogo come suggerito
da Benedetto XVI: «I social media hanno bisogno, quindi, dell’impegno di tutti coloro che sono
consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell’argomentazione logica; di persone
che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili
aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo. Dialogo e dibattito possono fiorire e
crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle
nostre. “Costatata la diversità culturale, bisogna fa sì che le persone non solo accettino l’esistenza
della cultura dell’altro, ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si
possiede di bene, di vero e di bello» (Discorso nell’incontro con il mondo della cultura, Belém,
Lisbona, 12 maggio 2010)» 7.
3. Il rilancio della stampa come sfida educativa
In questa frenetica riconcorsa a fare notizia, sempre e comunque, senza alcuno scrupolo, i titoli e gli
articoli dei giornali, le notizie e i link nella pagine web, le trasmissioni radiofoniche e televisive, per
funzionare devono continuamente ricorrere all’arte di sedurre (dal lat. se-ducere, attirare a sé).
4
5
6
7
Cfr. Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi?, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011.
MARC PRENSKY, Homo sapiens digital: From digital immigrants and digital natives to digital wisdom, (2009), trad.
su Tecnologie Didattiche, 50 (2010), pp. 17-24.
Intervista, 11 settembre 2009, in NICHOLAS CARR, Internet ci rende stupidi?, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011.
Cfr. Messaggio del Santo Padre BENEDETTO XVI per la 47a Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Reti
Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione (Domenica, 12 maggio 2013).
Questo contesto ci spinge a ripensare il ruolo della stampa, ponendo la massima attenzione a non
perdere, cammin facendo, l’essenziale della nostra vocazione e missione.
Come osservava il grande giornalista Ryszard Kapuscinsky «nella seconda metà del XX secolo
improvvisamente il grande mondo degli affari scopre che la verità non è importante, ciò che conta
è l’attrazione. E, una volta che abbiamo creato l’informazione-attrazione, possiamo vendere questa
informazione ovunque. Più l’informazione è attraente, più denaro possiamo guadagnare». Chi, se
non la stampa cattolica, potrà avere il compito difficile, ma assai urgente, di far comprendere
l’importanza di un’etica della comunicazione? Si tratta indubbiamente di una sfida che è
innanzitutto educativa, come ci ricordano gli Orientamenti Pastorali per il decennio: «Pure in
questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà
importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare
alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette. Inoltre, si rivela indispensabile
l’apporto dei mezzi della comunicazione promossi dalla comunità cristiana (tv, radio, giornali, siti
internet, sale della comunità) e l’impegno educativo negli itinerari di formazione proposti dalle
realtà ecclesiali. […] L’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà
costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa» 8. In questo senso
i media cattolici potranno e dovranno continuare a dare il loro contributo decisivo per educare alla
vita buona del Vangelo.
Come ha bene evidenziato Benedetto XVI sempre nel Messaggio per la 47a Giornata Mondiale per
le Comunicazioni Sociali: «La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili
della comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori.
Spesso, come avviene anche per altri mezzi di comunicazione sociale, il significato e l’efficacia
delle differenti forme di espressione sembrano determinati più dalla loro popolarità che dalla loro
intrinseca importanza e validità. La popolarità è poi frequentemente connessa alla celebrità o a
strategie persuasive piuttosto che alla logica dell’argomentazione. A volte, la voce discreta della
ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare
l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente» 9.
Quindi, l’attuale crisi (dal verbo greco krino = separare, rompere, ma anche discernere…) può e deve
portare non alla confusione, come spesso accade, ma ad un più attento discernimento soprattutto sul
versante dei contenuti e del nostro stile comunicativo. La capacità di essere a servizio del territorio e
delle comunità locali deve saper essere non autoreferenziale. Il monito del Card. Bergoglio, oggi Papa
Francesco, durante le congregazioni generali - «quando la Chiesa non esce da se stessa per
evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala» 10 - può essere riferito analogamente a tutti
i media cattolici. Per cui, se non sono estroversi, essi si ammalano e rischiano di morire.
In un periodo storico caratterizzato dallo sviluppo esponenziale dei mezzi di comunicazione, che
possono agevolare le nostre relazioni ma anche monopolizzarle, deve essere potenziato l’impegno a
svolgere un ruolo incisivo a livello culturale e sociale. Così le nostre testate vivranno e si
rafforzeranno se riusciranno a promuovere e a stimolare il dialogo nelle realtà locali, poiché la loro
missione è soprattutto una missione formativa a servizio della comunità. La stampa cattolica deve
mantenere e potenziare la capacità di essere una bussola nel mondo dell’informazione. In particolar
modo, oggi deve avere la forza e l’audacia di rivolgersi agli utenti dei nuovi media, adulti e
soprattutto giovani. Jonah Lynch, ne Il profumo dei limoni, ricorda che «ogni tecnologia porta con
sé un mutamento del rapporto con il mondo, una facilitazione di certi aspetti di quel rapporto e una
complicazione di altri» 11, giungendo a conclusioni analoghe a quelle che furono di McLuhan oltre
8
9
10
11
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti pastorali, Educare alla Vita Buona del Vangelo, n. 51.
Cfr. Messaggio del Santo Padre BENEDETTO XVI per la 47a Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Reti
Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione (Domenica, 12 maggio 2013).
Riportato in AVVENIRE del 26 marzo 2013.
JONAH LYNCH, Il profumo dei limoni, LINDAU, Torino 2011.
quarant’anni fa, quando affermò che un nuovo medium non sostituisce quello vecchio, ma dà ad
esso una nuova connotazione 12.
Quale potrà essere, allora, la nuova connotazione dei settimanali diocesani? Non tanto il rincorrere
lo scoop o il costante assillo di acciuffare al volo le innovazioni, quanto piuttosto l’offrire
un’informazione in grado di accompagnare il lettore attraverso agili spazi di riflessione, di
confronto e approfondimento, senza cadere in tentazioni banalmente efficientiste. Occorre
alimentare una comunicazione efficace, capace anche di sedurre, ma soltanto per accompagnare lo
sguardo, l’attenzione e il cuore del lettore verso un oltre. Sicuramente ciò non avverrà rincorrendo
semplicemente le nuove tecnologie. Ben vengano, sia chiaro, le applicazioni per scaricare le
edizioni cartacee su tablet o smartphone, le pagine facebook, gli sbarchi su twitter o qualsiasi altra
opportunità per offrire ai lettori una comunicazione integrata e convergente. Ma se la carta stampata
snaturasse le proprie peculiarità o non tentasse continuamente di rinnovarsi, davvero correrebbe il
rischio di essere considerata superata e condannata definitivamente all’oblio. Invece, seguendo
l’eccellente esempio del quotidiano Avvenire e di non pochi settimanali diocesani, le nostre testate
possono mantenere la fiducia e la fedeltà dei lettori, conquistando fette di pubblico sempre più
ampio attraverso un lavoro rigoroso, qualificato e capace di presentarsi come un servizio che si vuol
offrire alla collettività. Negare l’attrattiva esercitata dai new-media e il loro valore intrinseco è
inutile. La possibilità di avere a disposizione decoder in grado di garantire uno sguardo critico e
sapiente della realtà, anche mediante le nuove forme di interazione e di collaborazione offerte dai
social media, è certamente imponente.
Di fronte al bombardamento d’informazioni e d’immagini, la nostra stampa può rappresentare il
mediatore capace di valorizzare, raccogliere e, se necessario, filtrare le notizie smascherando quelle
false e accompagnando nella lettura critica dei nuovi ambienti digitali, dalle potenzialità
straordinarie, ma anche pieni di insidie. Abbiamo un patrimonio associativo straordinario.
Dobbiamo sperimentare le nuove reti, ma continuando a valorizzare quelle esistenti. I settimanali
diocesani svolgono già il prezioso compito di collettore divulgando e promuovendo le varie attività
messe in campo dalle parrocchie e dalle aggregazioni, ma non sempre questo servizio viene
adeguatamente sostenuto. A fatica si trasforma in rete di supporto per il settimanale. Il punto di
forza della realtà ecclesiale consiste nel fatto che ancor prima della rete sul web, esiste la rete,
concreta e reale, delle comunità e delle associazioni. Perché, ad esempio, non collaborare più
strettamente con le associazioni aderenti al Coopercom? Organizzando convegni, forum, corsi di
formazione, ma anche offrendo spazio a quella che potremmo definire informazione
sull’informazione. Con McLuhan, ancora oggi, possiamo affermare che il medium è il messaggio 13.
Non si tratterà soltanto di aiutare l’utente medio, sommerso da informazioni d’ogni genere, a
riconoscere le notizie vere da quelle false smascherando l’ultima bufala in circolazione su facebook
o su twitter, denunciando la superficialità dei contenuti o i rischi della comunicazione orizzontale,
ma soprattutto valorizzando, offrendo chiavi interpretative e ancor più letture pedagogiche per trarre
(e-ducere) dai mezzi di comunicazione digitali il positivo, il bello e il buono. Gli abitanti digitali
debbono acquisire la consapevolezza di essere anzitutto cittadini del web ed esigere la piena tutela
dei loro diritti e l’osservanza responsabile dei doveri etici propri dell’informazione corretta, fondata
sulla verità e sul rispetto della persona.
In questi giorni, leggendo un articolo di Gianni Riotta su La Stampa che riferiva le dichiarazioni di
Padre Antonio Spadaro riguardo alla versione 2.0 della Civiltà Cattolica, colpiva questa analisi
sull’interazione tra forma cartacea e digitale: «Non si tratta di un’interessante ma in definitiva
ormai scontata “transizione online”. Il progetto è più ambizioso, il solo valido davanti al 2.0:
usare la Rete non per travasare contenuti vecchio formato, ma creare ad hoc nuovi contenuti, che
12
13
«Ogni nuovo medium non è mai un aggiunta al vecchio, lo modifica e rielabora in forma nuove». Cfr MARSHALL
MCLUHAN, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967.
Ibidem.
usino la capacità di dialogo del web, e immettere online i propri valori antichi, riflettendo però
nello specchio online la propria immagine e vedendone nuovi caratteri e simboli: la specificità
della rivista, il contributo proprio che la sua redazione può offrire, nascono da una peculiarità: il
fatto che essa è frutto di scrittori tutti gesuiti… Principio ispiratore di questa spiritualità è un
criterio molto semplice: “cercare e trovare Dio in tutte le cose”, come scrive sant’Ignazio» 14. Senza
dubbio, quindi, Dio va cercato anche nella rete, come ricorda Antonio Spadaro, ma è non meno
presente nella carta stampata, se lo si riconosce nelle vicende dell’umanità e nella vita di ogni persona.
Individuare e valorizzare ogni forma di comunicazione integrata e multipiattaforma, sul web così
come attraverso radio, Tv locali e carta stampata, significa rendere possibile, in ogni momento e in
ogni luogo, l’accesso all’informazione, il suo approfondimento (nelle fonti e nei contenuti) e la
riflessione critica, nella specificità di ogni medium 15. Come già acutamente segnalato dal Direttorio
per le comunicazioni sociali: «La scrittura stampata ha resistito all’avvento della televisione e
resisterà probabilmente anche all’irrompere di internet, integrandosi con le nuove tecnologie senza
esserne fagocitata, ma cambiando fisionomia. La stampa avrà futuro se saprà valorizzare le
caratteristiche peculiari che gli altri mezzi, per loro natura, non hanno e non potranno avere, a
cominciare dalla capacità di suscitare riflessione, con tempi dilatati che consentono l’elaborazione del
pensiero critico e ritmi personalizzati. A differenza ad esempio, di un telegiornale, la velocità di
assimilazione di un giornale stampato è decisa dall’utente, come pure l’ordine in cui consultare le
notizie. La comunità ecclesiale, che ha sempre saputo valorizzare la stampa sul duplice fronte
dell’editoria, con le varie case editrici, e della stampa periodica, è chiamata oggi ad assicurare e
sostenere questo ambito che sta attraversando una fase di delicate trasformazioni». […] «Questo
prezioso patrimonio merita di essere salvaguardato e inserito, nel rispetto della storia e della specificità
di ciascuno, in un progetto organico di collaborazione a livello locale, regionale e nazionale». 16
Con la rilettura di questi passi del Direttorio per le comunicazioni sociali, che oggi appaiono in
qualche misura profetici, capaci d’indicare ancora per molto tempo le strade per una comunicazione
del Vangelo secondo i linguaggi e la sensibilità dell’uomo contemporaneo, si auspica che ogni
settimanale diocesano non perda mai di vista l’orizzonte verso cui tendere, per continuare ad offrire
un servizio qualificato e qualificante alla società. Con l’augurio a Nuova Scintilla, per il suo
centenario, di accendere con luce sempre nuova la Speranza nel cuore di ogni lettore perché oggi,
più che mai, se ne avverte l’urgenza.
*Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della
Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali
14
15
16
GIANNI RIOTTA, La Stampa, 5 aprile 2013.
“Lo sviluppo di sinergie tra i vari media e in particolare tra stampa, televisione, radio e internet, costituisce un
obiettivo fondamentale da perseguire in modo graduale e organico sia per le strutture sia per il personale”.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella
missione della Chiesa, (2004), n. 104.
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella
missione della Chiesa, (2004), nn.156-157.
LA NEUTRALITÀ DELL’INFORMAZIONE
Carlo Alberto Tesserin *
Questi tre giorni sono una ricchezza, su un tema di grande attualità e di grande difficoltà. Noi che
viviamo nelle Istituzioni ci rendiamo conto come la capacità di gestire la comunicazione sia una
questione estremamente difficile. La capacità di vivere questa stagione, con i problemi che ci sono,
non è disgiunta dalla forza della comunicazione: poche volte in termini positivi, molte volte in
termini negativi. La visione di quello che sta accadendo all’interno di questo momento che travaglia
la nostra società, ha degli aspetti forti: i suicidi sono lì a testimoniarlo e ci coinvolgono tutti.
Mi sembra opportuno operare un collegamento tra i temi che si discutono in questo convegno e
quello che noi, come Regione Veneto, abbiamo approvato con lo Statuto. Al punto a) dell’art. 6,
comma sesto dello Statuto della Regione, dopo aver detto che essa si ispira ai principi della civiltà
cristiana, diciamo che La Regione, informando la propria azione al principio di responsabilità nei
confronti delle generazioni future: a) garantisce e valorizza il diritto alla vita; b) riconosce e
valorizza lo specifico ruolo sociale proprio della famiglia; attiva politiche di conciliazione tra
tempi della vita e del lavoro ed adegua l’erogazione dei servizi alla composizione del nucleo
familiare; c) riconosce e valorizza le differenze di genere e rimuove ogni ostacolo che impedisce la
piena parità tra uomo e donna; d) opera per garantire e rendere effettivo il diritto all’istruzione ed
alla formazione permanente; e) riconosce la centralità e l’autonomia dell’università e valorizza la
ricerca, quali strumenti decisivi per la competitività del sistema economico e per il miglioramento
della qualità della vita dei cittadini; a tal fine dispone specifici finanziamenti ad università ed enti
di ricerca; f) favorisce il più ampio pluralismo dei mezzi di informazione, anche a carattere locale,
come presupposto per l’esercizio della democrazia.
Quest’ultima affermazione dimostra come la capacità di poter godere di una corretta informazione
sia essenziale perché le Istituzioni siano in contatto con la realtà. L’articolo 9 afferma: La Regione,
allo scopo di rendere effettiva la partecipazione, assicura il diritto di accesso a un’informazione
ampia, diffusa, pluralista e neutrale in ordine alla propria attività. E qui sono le difficoltà che sono
state richiamate prima.
Dopo aver ringraziato don Vincenzo Tosello, per aver voluto realizzare quest’importantissimo
convegno – che ci offre un excursus sulla storia de Nuova Scintilla – e per aver portato qui
personaggi così importanti nell’ambito della comunicazione, devo dire che condivido appieno
quest’affermazione: La stampa avrà futuro se saprà realizzare la capacità di suscitare riflessione,
con tempi dilatati, che consentano l’elaborazione del pensiero critico. È la sensazione che provo,
ogni settimana, quando leggo gli editoriali de Nuova Scintilla, perché hanno la capacità di
trasferirmi delle sensazioni di riflessione che sugli altri giornali non trovo. Io penso che
l’importanza della stampa nostra stia nel fatto che ci dà una visione più neutrale di tutto il resto
della stampa, inevitabilmente attratta dall’enfatizzazione. Quello che leggo negli articoli di don
Vincenzo Tosello è la capacità di trattare gli argomenti con obiettività. Con questo spirito,
condivido molto il richiamo alla speranza fatto da mons. Giuliodori. Noi abbiamo tanto bisogno di
questo in questo momento così difficile. Penso che queste giornate possano servire anche per questo
tipo di attenzione e aspettativa. L’augurio è che i 100 anni de Nuova Scintilla siano seguiti da molti
altri, con grande successo, per il bene della collettività.
*Presidente della Commissione Statuto e Regolamento della Regione Veneto
IL RUOLO DEI LETTORI
S.E. mons. Adriano Tessarollo *
A differenza di Internet – che anch’io, di tanto in tanto, frequento – la carta stampata ci permette di
riflettere. Noi abbiamo bisogno non solo di posare il nostro sguardo, ma anche il nostro pensiero. Il
mio augurio è che questo convegno possa offrirci la consapevolezza di un servizio fatto con
coscienza, consapevolezza, coraggio meditato per affrontare la realtà. Bisogna incoraggiare chi si
impegna in questo modo in questo settore.
Il mio ringraziamento va a chi ha organizzato queste giornate, a don Vincenzo, ai relatori e a tutti
Voi che siete presenti.
Una riflessione voglio fare. Ci sono i professionisti, ci sono i collaboratori dei nostri organi
d’informazione. Ma se prendessimo coraggio come lettori, qualche volta, a farci presenti, a mandare
le nostre osservazioni, le nostre riflessioni, sarebbe bello. In un settimanale locale sarebbe buona
cosa che ci fosse spazio per un maggiore dibattito, che tocca anche la nostra realtà, che non deve
essere letta e interpretata solo dai professionisti della carta, ma che può essere arricchita dalle
osservazioni che ciascuno può offrire. La riflessione meditata e coraggiosa può venire anche dai
lettori. Mi auguro che nei nostri giornali questo trovi incentivo e spazio.
*Vescovo della Diocesi di Chioggia
SECONDA GIORNATA
Venerdì 12 aprile 2013
TAVOLA ROTONDA
QUALE GIORNALISMO NELL’ERA DIGITALE?
INTRODUZIONE
don Bruno Cescon *
Ci troviamo oggi a rispondere ad una domanda insieme molto delicata e complessa. Penso che
nessuno sappia con certezza dove ci stiamo dirigendo con l’uso delle nuove tecnologie.
C’è un primo problema da affrontare: quello della libertà, sul piano giornalistico e delle leggi che
devono regolarla. L’altro problema è riflettere su quale giornalismo? Come si può passare dalla
stampa ad Internet, quali differenze vi sono? Questo è un primo aspetto: il modo diverso di fare
giornalismo. Un secondo aspetto riguarda la gestione e l’organizzazione del personale. Anche
questo è un tema da affrontare: verificare se abbiamo personale sufficiente. È una questione anche
di risorse, perché nulla nasce senza risorse umane e anche economiche. Che relazione vi è – questo
è un altro aspetto – tra Internet e i network sociali, dove passano informazioni?
Sono solo degli interrogativi per introdurre questa Tavola Rotonda, nel corso della quale prenderanno
la parola: Chiara Giaccardi, Docente ordinario alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di
Scienze della Comunicazione) Università Cattolica – Milano; Domenico Delle Foglie, Direttore
dell’Agenzia Sir; Ferruccio Pallavera, Direttore del quotidiano Il Cittadino di Lodi.
*Moderatore, Vice Presidente della FISC, Direttore del settimanale Il Popolo della Diocesi di
Concordia-Pordenone
DOBBIAMO SPERARE CONTRO LA SPERANZA
E IMMETTERE CONTINUAMENTE IL BENE NEL MONDO
Chiara Giaccardi *
Il contesto
Viviamo in un mondo iper-connesso, in cui continuamente, 24 ore su 24, siamo connessi ad una rete
e questo cambia il nostro modo di vivere. C’è una perdita di confine tra i media e l’ambiente.
Viviamo in un ambiente dove la componente mediale fa parte dell’ambiente dove ci troviamo. Il
digitale e i nuovi dispositivi non sono degli strumenti per fare in modo nuovo le stesse cose, ma
sono parte di un ambiente profondamente modificato.
Tutto questo è confermato dai numeri. Facebook ha festeggiato il miliardo di utenti, viene usato
attraverso 70 lingue, con 240 miliardi di foto caricate e scambiate, con un trilione di connessioni.
Twitter è in continua crescita: dal marzo 2006, conta nel 2012, 500 milioni di iscritti e 200 milioni
di utenti attivi; nel febbraio 2012, il 15% degli adulti online usa Twitter (Pew Internet); in Italia, il
10% della popolazione connessa usa Twitter. La penetrazione su Twitter è molto qualificata. Mentre
su Facebook ci sono più i ragazzini – oltre le pagine delle aziende e delle Istituzioni - su Twitter ci
sono gli esponenti dell’informazione e del giornalismo, persone che raccontano quello che sta
succedendo. Chi fa il giornalista oggi, non può non essere su Twitter, che è il luogo in cui si
commenta continuamente quello che sta succedendo, si partecipa ad un dibattito internazionale.
Sarebbe un peccato di omissione quello di sottrarsi ad un ambito così importante d’informazione
per i giornalisti. Sant’Ignazio diceva che bisogna vedere Dio in tutte le cose. Noi possiamo dire che
bisogna coltivare Dio in tutti gli ambienti: aprire delle finestre che lascino entrare questa luce.
Quindi, entriamo in Twitter, apriamo le finestre.
Come interpretare questa diffusione crescente? Non come una moda. Non è una moda passeggera. Il
mondo è cambiato e il cambiamento va aiutato, con lucidità, evitando gli entusiasmi, i tecnoentusiasmi ('soluzionismo', 'intercentrismo', 'digiphoria') e il tecno-pessimismo: non sono loro che
fanno, siamo noi che facciamo, nel nuovo ambiente di cui essi sono parte importante. Il fattore
umano è irrinunciabile.
Bisogna dire no alle 3d: il determinismo tecnologico, il dualismo digitale, il divario generazionale.
Il determinismo tecnologico è quello che dice: il Web ci rende liberi; il Web ci rende stupidi; il Web ha
prodotto la primavera araba; il Web ci rende soli; il Web ci rende socievoli; il Web frantuma i legami;
il Web ci rende dipendenti, il Web ci rende hikikomori; il Web uccide i giornali...e via di seguito.
La rete, però, non è strumento, ma è un luogo. Ci domandiamo: che democrazia produce il Web? Il
Web non produce. È un luogo dove noi ci muoviamo forse con più leggerezza rispetto ad altri, ma il
Web non è un attore, non fa, ma come ogni ambiente comporta vincoli e opportunità. La rete è un
luogo e siamo noi gli attori di questo luogo, i soggetti agenti. La rete non è un soggetto, ma è un
ambiente e siamo noi a decidere come plasmarlo.
Un altro aspetto che inquina il dibattito e la nostra capacità di comprendere quello che sta
succedendo è il dualismo digitale, che noi cattolici abbiamo un po’ la tendenza a praticare e che è in
contraddizione con i principi che caratterizzano la cultura cattolica: nella nostra cultura, non c’è
separazione tra materiale e immateriale, tra carne e spirito, ma l’universale è nel singolare e lo
spirito è nella materia. Il dualismo digitale è proprio un errore, secondo me. È da noi che deve
venire un rifiuto di questa visione, che è profondamente sbagliata, perché frattura i due livelli:
quello materiale e quello digitale, che viene inteso come il luogo della falsità, di una realtà
impoverita, che in qualche modo compete con l’altra realtà. Questa interpretazione, alla matrix, è
un’interpretazione falsa. In rete si trasferiscono le proprie relazioni personali e si mantengono i
vincoli che le situazioni ci consentono. La rete non è un luogo di estraneamento o fuga dalla
relazione. Questa contrapposizione, questo rapporto a somma zero – più sto sul digitale, meno sto
nella vita reale – è un’immagine di cui ci dobbiamo liberare se vogliamo fare un passo avanti. Non
c'è una realtà digitale inautentica contrapposta a una materiale autentica e così come ogni nostra
esperienza è sia locale sia globale, così ogni esperienza è insieme fisica e digitale: i due ambiti si
definiscono a vicenda, non si contrappongono.
L’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà
quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani! È parte del tessuto stesso della società.
La realtà, che è una, è fatta di atomi e bit, materiale e digitale. Il Web è un'estensione immateriale
dei nostri territori di esperienza. Noi siamo gli stessi on line e offline.
Mi piace quest’immagine che ha coniato il filosofo Luciano Floridi: il mondo è un’infosfera. siamo
tutti emittenti; ogni nostro gesto, parola, testo favorisce o compromette l'ecologia dell'infosfera. Gli
spazi della rete, quando valorizzati bene e con equilibrio, contribuiscono a favorire forme di dialogo
e di dibattito che, se realizzate con rispetto, attenzione per la privacy, responsabilità e dedizione alla
verità, possono rafforzare i legami di unità tra le persone e promuovere efficacemente l’armonia
della famiglia umana. Lo scambio di informazioni può diventare vera comunicazione, i
collegamenti possono maturare in amicizia, le connessioni agevolare la comunione. Gli spazi della
rete non sono strumenti, ma spazi da abitare e in cui fare esperienza. Le reti sociali digitali stanno
contribuendo a far emergere una nuova agorà, una piazza pubblica e aperta in cui le persone
condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e
forme di comunità.
Il giornalismo nell'era digitale
Come si modifica il giornalismo nell’era digitale? Siamo in una situazione in cui aumenta il
consumo on line e quello in mobilità. Le news digitali superano i giornali cartacei e l’ascolto della
radio. Si accede subito alla notizia e ai commenti sulla notizia tramite Twitter, che fornisce
informazione molto prima della televisione e della carta stampata, tanto che il giornale del giorno
dopo rischia di essere già vecchio. In questi giorni, in America, si è svolto un convegno dal titolo
Twitterocracy: How Social Media Are Transforming Politics and Journalism: l’idea, cioè, che oggi
Twitter sta assumendo un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle notizie e di quello che
accade. Oggi per la Guerra dei mondi, Orson Welles, anziché la radio, userebbe Twitter per dare
credibilità a una notizia di questo tipo.
La domanda, allora, è: la rete uccide i giornali? Anche questa, se volete, è una domanda
deterministica. La rete non uccide i giornali. È appena uscito un libro di Gianni Riotta, che sostiene
la tesi del no al mito lineare del Web ammazza-giornali, in base a rilievi molto interessanti. Ad
esempio, relativi al fatto che la flessione della vendita dei quotidiani precede l’arrivo di Internet di
oltre 25 anni. Un esempio: New York, negli anni '20, aveva 14 testate locali; nel 1963, 12; negli
anni '70, 4. Il declino dei giornali, quindi, non è legato alla rete, ma alla trasformazione della
società. È il cambiamento della società che mette in crisi un certo modello di fare informazione, non
il Web. L'informazione si è diffusa online non perché gratis, ma perché il Web risponde meglio ai
bisogni dei cittadini del XXI secolo (ubiquità, sfida all'autorità centrale, capacità di creare
comunità, connessione h24). Un’informazione standard, uguale per tutti, non solo non funziona, ma
non basta più. Il web risponde meglio a questo bisogno di differenziazione nell’informazione.
Il passa parola è forse il modo più diffuso di comunicarsi notizie e Twitter è il luogo in cui si è
aggiornati sull’ultima ora, sulle notizie più recenti (le breaking news). In questo contesto, i media
tradizionali assumono una funzione di approfondimento: Twitter dice che sta succedendo una cosa,
poi la stampa spiega bene l’avvenimento. Bisogna cominciare a pensare la professione in modo
diverso e adattarsi al mondo che cambia, ma di giornalismo – soprattutto di buon giornalismo - c'è e
ci sarà sempre bisogno.
Alcuni dati ci dimostrano quello che sta succedendo. I siti di news dei giornali aumentano come
visitatori: a febbraio 2013, La Stampa è aumentata del 62%, Il Fatto Quotidiano del 48%, il
Corriere della Sera del 9%, La Repubblica del 6%. Questo dimostra che ci può essere una sinergia
tra la parte cartacea e la parte on line dei giornali. È questa convergenza, questa sinergia, che va
ricercata. Non una forma di competizione e di dualismo, che può essere solo perdente. Bisogna
trovare il modo di aumentare la collaborazione e il potenziamento reciproco tra la dimensione on
line e la dimensione cartacea. Un caso interessante è quello del Sole 24 Ore, che risulta essere il
quotidiano che ha il maggior numero di vendite per le forme differenziate di abbonamento al
digitale, che offre servizi, approfondimenti, materiali integrativi diversi dal cartaceo, breaking news
per gli smartphone, consultazione di archivi e costruzione di un archivio personalizzato.
Oggi, tutti possono immettere sulla rete dei contenuti. Chiunque può costruirsi il suo repertorio
d’informazione personalizzata. McLuhan diceva che l'uomo era un raccoglitore d’informazioni.
Oggi, l’uomo non è più solo un raccoglitore d’informazioni, ma le semina e le coltiva, le produce o
almeno le cura. Il content curator è una figura centrale nei social media: chi seleziona, mette in
ordine le notizie, tenendo anche conto di questioni e tematiche specifiche; è una specie di garanza di
qualità delle notizie che vengono diffuse. La figura del giornalista è sotto attacco anche da parte di
queste nuove figure: chiunque può diventare provider di contenuti (dal me-content al citizen
journalism) e costruirsi i propri magazines personalizzati con le applicazioni che aggregano
contenuti. Sorge però l’esigenza forte che ci siano figure competenti in grado d’intervenire in
questa Babele dell’informazione, per trasformarla in qualcosa di coerente.
Il ruolo del giornalista
I giornali offrono qualcosa di molto diverso dalle aggregazioni di notizie. Offrono un sistema di
valori e danno l’idea di quello che veramente conta nel mondo. I giornali devono essere consapevoli
di questo ruolo e renderlo esplicito. I giornali organizzano il mondo su base quotidiana.
Costruiscono un racconto di quello che succede, nel tentativo di dare unità, un ordine al caos dei
fatti. Se i giornali perdono copie, è perché non svolgono questo ruolo con la giusta consapevolezza
e trasformano le notizie in sensazionalismo. L’ambiente dell’informazione è diventato così
complicato che abbiamo bisogno di qualcuno che dia senso a quello che sta succedendo, che ci aiuti
a trovare un senso, ora più che mai.
Il ruolo del giornalista, in questo momento, è assolutamente centrale. Anche perché il curatore
sceglie e mette solo in ordine, in un bel formato, quello che altri producono, il giornalista ha un
ruolo molto più attivo. Deve stare sul confine tra mondi diversi (ad esempio, locale-nazionale,
cattolico-laico) e tradurre, costruire ponti, far transitare contenuti da una parte all'altra. Così
facendo, deve evitare l'effetto stanza degli echi, che moltiplica la frammentazione; deve favorire la
ritessitura del legame sociale (anche grazie al Web)! Il giornalista è un’opinion leader oggi più che
mai. Se noi guardiamo i giornalisti che sono su Twitter, ogni giornalista singolo ha più followers
della sua testata, perché le persone hanno bisogno di trovare qualcuno che faccia da punto di
riferimento, di cui fidarsi, per essere accompagnate nell’interpretazione di quello che accade. Il
giornalista è un collettore di istanze, connettore di mondi, nodo di una rete! Non basta solo la
professionalità. A volte, da sola, sganciata da un radicamento anche etico, può anche avere effetti
perversi. Se io sono un professionista cinico, produco degli effetti devastanti. Meglio qualcuno un
po’ più naif, ma che ha a cuore il bene comune informazionale, che deve tutelare tutti. Quindi, la
professionalità è importante, ma non è sufficiente. Sono importanti anche la testimonianza, la
responsabilità, l’amore per la verità, la preoccupazione di comprendere e rendere intellegibili le
notizie per costruire le condizioni dell'azione, la libertà da interessi di parte.
Ripensare il territorio
Nel convegno della FISC dell’anno scorso, abbiamo parlato della Rete come Territorio da abitare e
rendere abitabile. Il territorio è come una piattaforma, un ambito di connessione di relazioni, un
social network analogico, potremmo dire, intermedio tra macro e micro, luogo di ciò che è comune,
concreto e aperto, aumentato dal digitale. Così come la Parrocchia era uno spazio di relazioni
interpersonali potenziali - se non altro - il territorio da una parte ha una componente fortemente
locale – con una specificità, una storia, relazioni, tradizioni, che vanno avanti nel tempo – dall’altra
parte, grazie al digitale, si apre ed io penso che questa sinergia tra il territorio e la rete sia
un’occasione fondamentale. L’informazione nazionale oggi ha preso una deriva di astrazione troppo
alta e che dovrebbe ripartire dal territorio come luogo delle relazioni e delle vite vissute, dove le
domande, i bisogni e le possibili soluzioni possono emergere in maniera più chiara. Il territorio è un
laboratorio di sperimentazione, di soluzioni possibili, perché è un luogo comune, che sta a cuore a
chi lo vive. È un luogo di radicamento, che impedisce le derive della virtualizzazione. La rete
consente di aumentare e potenziare questa capacità del territorio di essere un laboratorio di
sperimentazione sociale e di arrivare più lontano. Penso che questo – dal basso verso l’alto – sia il
percorso da intraprendere. In questo senso, il territorio è una rete, di relazioni personali prima di
tutto, che può essere potenziata dalla rete digitale.
Conclusioni
Il giornalismo resta importante e il giornalismo locale è oggi ancora più importante: quello cattolico
ha una marcia in più. Il giornalista ha il compito di accompagnamento e di collaborazione nella
gestione delle informazioni che provengono da internet. Il giornalismo locale, quello che parte dalla
concretezza di un territorio e da un insieme di relazioni, ha la capacità di mettere in circolo
soluzioni condivise, di definire il senso del luogo, che è insieme radicato nella tradizione e aperto
sul mondo ed è anche l’ambito in cui il confine tra giornalismo e attivismo diventa più sfumato e
non in senso ideologico. Ciascuno di voi è insieme un giornalista e un volontario: un giornalista e
una persona che cerca di dare un contributo per cambiare le cose in una certa direzione.
Questo aspetto della partecipazione sul territorio è molto meno astratto di quanto si pensi. Questa
dimensione di partecipazione attiva è fondamentale. In un momento come questo, in cui la
dimensione degli interessi diventa parzialità dell’informazione, il giornalismo cattolico possiede
uno sguardo che altri non hanno. Diceva Flannery o'Connor che Non credere in niente, significa
non vedere niente. Il fatto di credere ci rende la possibilità di vedere la realtà e tutto ciò che è
materiale ed espressione di interesse. Lonergan indicava tre imperativi per il giornalista: Essere
attenti, sensibili, intelligenti e quindi responsabili. Il giornalista cattolico ha una capacità di
distacco, che gli consente comunque di essere al di sopra di tante cose, nel senso di mettere e
considerare le cose al posto giusto.
Anche di fronte a tanti elementi di crisi, a tante difficoltà, a sfide che non sappiamo se vinceremo o
perderemo, lo sguardo del giornalista cattolico è uno sguardo più libero, perché trae la sua forza la
sua speranza dalla sua fede. Concluderei con queste parole di Guardini: Dobbiamo sperare contro
la speranza e immettere continuamente il bene nel mondo, dalla sua radice più profonda (...).
Allora comprenderemo persino che di fronte al proprio fallimento, alla propria inadeguatezza,
rimane ancora l'humor cristiano, il dono di commisurare la serietà di tutti i casi della sorte alla
serietà dell'unicum necessarium e che lo stesso fallimento sta ancora sotto la Provvidenza di colui
che vuole ad ogni costo redimere l'uomo dalla superbia e convertirlo a sé.
*Docente ordinario alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di Scienze della
Comunicazione) Università Cattolica - Milano
GUARDARE AL FUTURO CON SLANCIO, CON CORAGGIO, SENZA PAURA
Ferruccio Pallavera *
Premessa
Il numero dei lettori della carta stampata sta diminuendo ovunque. Le testate presenti in 23 dei
Paesi del mondo più sviluppati hanno venduto mensilmente, nel 2011, 123 milioni di copie di
quotidiani, circa 2 milioni in meno di quelle del 2010. La causa dell’inversione di tendenza è
nell’aumento dell’accesso a internet e soprattutto nella diffusione degli smartphone, che in molti
paesi stanno portando Internet per la prima volta a un gran numero di persone. L’impianto della
tecnologia smartphone rischia di accelerare il declino della lettura dei giornali ancora più
rapidamente di quanto non abbia fatto fino ad ora. Fino al 2010 si pensava che, a livello planetario,
la crescita dei lettori nelle economie emergenti potesse compensare il declino della diffusione della
carta stampata nel mondo avanzato. Ma i dati ora dicono che non è così e l’inversione di tendenza si
è affermata proprio nel 2011. Le statistiche mostrano infatti che il numero di lettori della carta
stampata sta calando in quasi tutte le maggiori economie del mondo. Anche in Cina, in un solo
anno, dal 2010 al 2011, la vendita dei quotidiani è scesa di più di mezzo milione di copie.
Quanto vendono i quotidiani in Italia
I quotidiani in Italia vendono molto meno di quanto da essi dichiarato. Le tabelle del venduto che ci
vengono presentate dalle testate specializzate ci presentano quasi sempre i dati della diffusione
media, che indica la somma fra le copie vendute e quelle distribuite gratuitamente (grazie ad accordi
fatti dai giornali con associazioni o enti e a iniziative promozionali, ecc.). In realtà le copie
effettivamente vendute sono molte di meno e in costante discesa. Crescono invece le copie
acquistate sul Web. Qualche esempio. Il Corriere della Sera dichiara una tiratura media di 609 mila
copie e una diffusione media di 474 mila copie. In realtà, le copie effettivamente pagate sono 440
mila, alle quali vanno sommate le 50 mila copie lette su internet. La Repubblica: tiratura media 509
mila copie, diffusione media 396 mila copie. Copie pagate 357 mila, più 50 mila di copie digitali. Il
Sole 24 ore: tiratura media 331 mila copie, diffusione media 262 mila copie. Copie pagate 256 mila,
più 51 mila di copie digitali. La Stampa: tiratura media 350 mila copie, diffusione media 253 mila
copie. Copie pagate 248 mila, più 7 mila di copie digitali.
Il crollo della pubblicità
Cala la lettura dei giornali di carta e crollano le inserzioni pubblicitarie. I dati relativi al mese di
febbraio 2013, raffrontati allo stesso periodo del 2012, segnalano che il fatturato pubblicitario del
mezzo stampa in generale registra un calo del -25%. In particolare, nel periodo citato, i quotidiani a
pagamento nel loro complesso registrano un -26% del fatturato, mentre i settimanali registrano a
loro volta un andamento negativo, con un fatturato del -23%. È opinione comune che la pubblicità
sui giornali di carta non tornerà più ai livelli precedenti la crisi economica che ha travolto il mondo.
La pubblicità su internet nel febbraio 2013, rispetto al febbraio 2012, è invece cresciuta del +9,3%.
Attenzione: a fronte di un crollo del 25% della pubblicità sui giornali di carta, si registra un +9% dei
giornali sul Web. Questo significa che su internet non c’è un ritorno economico sufficiente a
bilanciare il calo della pubblicità sulla carta: questo a causa della crisi del modello di business
editoriale e per la concorrenza talvolta scorretta degli operatori digitali. Il Corriere della Sera e
Repubblica insieme hanno raccolto, nel 2012, circa 80 milioni di euro in pubblicità. Google dieci
volte tanto: la somma della sua raccolta pubblicitaria nel 2012 è stimata in 700-900 milioni di euro,
e tutto ciò con costi molto inferiori. Da Google assicurano che la loro pubblicità digitale crescerà al
ritmo del 59% all’anno fino al 2016.
Quale futuro per i giornali di carta?
Internet fornisce le notizie in tempo reale. I telegiornali nel giro di pochi anni sono triplicati, su
tutte le reti. Quando una notizia che riguarda l’Italia o il mondo arriva attraverso il giornale di carta
che è stato appena acquistato in edicola, è ormai vecchia e superata. Quella notizia è stata
confezionata quasi sempre attraverso le agenzie di stampa, le stesse che sono state utilizzate per
predisporre i telegiornali della serata precedente. Quando i lettori si accostano ad essa, l’hanno già
ascoltata – talvolta già commentata – sui canali televisivi dieci, dodici ore prima. È difficile
prevedere un futuro radioso per i giornali di carta che si occupano delle vicende del mondo. A
salvarli, per ora, sono le loro grandi firme, che forniscono commenti specifici e autorevoli: ma
quanti sono coloro che in Italia dedicano alla lettura di un quotidiano più di 15 minuti della propria
giornata? Pochissimi. In Italia, poi, il numero dei lettori non ha mai eguagliato quelli delle grandi
nazioni sviluppate dell’Europa e del mondo. E quanti sono i giovani che leggono un giornale
d’informazione, sia esso quotidiano o settimanale?
Quale futuro per i giornali del territorio?
Nei cambiamenti epocali che sta registrando l’informazione, tutti si chiedono se la carta stampata
sopravviverà. Ho detto di nutrire profondi dubbi sul fatto che i giornali di carta che si occupano di
notizie nazionali o internazionali riescano a catturare nuovi lettori e a far crescere l’introito della
pubblicità. Sono invece profondamente convinto che i giornali locali abbiano tuttora un grande
avvenire. Le notizie che i giornali di provincia possono (e devono) fornire non verranno mai pubblicate
dai giornali nazionali, perché i loro target sono differenti. A sopravvivere, a crescere ulteriormente – e a
guadagnare copie e pubblicità non appena la crisi economica verrà superata – saranno i giornali del
territorio. I giornali della gente. I giornali che rappresentano l’identità di una terra, la sua cultura, la sua
storia, la sua anima. I giornali che ripartano dalle proprie radici per interpretare il futuro. Un futuro
stampato sui gonfaloni dei municipi e riposto dentro i nostri campanili.
Quale futuro per la stampa cattolica?
Noi dobbiamo però farci un’altra domanda: sopravviveranno i giornali cattolici italiani? Questi sono
quasi tutti di carta. Riusciranno a superare la crisi che stiamo attraversando? E come? C’è ancora
spazio per confezionare i giornali come abbiamo fatto fino ad ora? Conquisteremo nuovi lettori?
Cosa che stiamo facendo con immensa fatica, visto che ne stiamo perdendo di anno in anno…
Conquisteremo nuovi mercati, tenendo conto del fatto che senza la pubblicità nessun giornale riesce
a stare in piedi…? Convinceremo i giovani a leggere le nostre testate, cosa che non siamo più
riusciti a fare…? Io temo che l’età media del lettori della stampa cattolica si stia alzando di anno in
anno. Diventeremo giornali per la terza età? Oppure no?
Nella parabola del figliol prodigo, il figlio maggiore è sempre con il padre. Che bisogno c’è di fare
un giornale per lui? Il fratello maggiore ci leggerà sempre. Il giornale noi dobbiamo confezionarlo
per farlo leggere anche e soprattutto al figliol prodigo. Il Buon Pastore non cura le 99 pecore, va a
cercare la pecorella smarrita. Noi il giornale dobbiamo farlo per le pecorelle smarrite, che nel
frattempo sono diventate 99, perché nell’ovile ne è rimasta una sola, e per giunta di età avanzata.
Nei nostri giornali riserviamo uno spazio rilevante agli avvenimenti della Chiesa nel mondo. È
giusto. Facciamo la stessa cosa con la Chiesa italiana e con la Chiesa locale. È doveroso. Il
problema è che talvolta ci fermiamo alle pagine della Chiesa, e talvolta alla nostra gente comune, a
chi vive i problemi della vita di ogni giorno, rimane una pagina o due. Attenzione, i nostri giornali
non devono diventare bollettini ecclesiastici diocesani, perché di questo passo non li venderemo più
e faticheremo sempre di più a raccogliere quella pubblicità necessaria che ci permette di vivere.
Dobbiamo cercare nuovi lettori, dedicare ad essi molto più spazio. Ai laici, alle associazioni, al
volontariato, di cui tutta l’Italia è ricchissima. I nostri preti e le nostre suore ci acquisteranno
sempre. Noi i lettori nuovi dobbiamo andare a prenderli tra i laici, nella gente di ogni giorno. Per
cosa sono stati fondati i nostri giornali? Per evangelizzare. Ebbene, che senso ha evangelizzare chi è
già evangelizzato? Dobbiamo tornare a dialogare con la gente che vive nella porta accanto.
Dobbiamo tornare a fare giornali che parlino la medesima lingua di chi è seduto ai tavolini della
piazza, giornali che parlino dei problemi dei giovani, delle donne, di tutti coloro che abitano nei
nostri territori. Dobbiamo scrivere ciò che gli altri non scrivono. Dobbiamo dare voce a chi non ce
l’ha. Giornali di cronaca spicciola, che respirino con i medesimi polmoni di chi ci sta attorno.
Giornali di tutti, spalancati sulle vicende che la gente sta attraversando. Giornali costruiti non con le
telefonate fatte dalla redazione, ma con le notizie raccolte consumando le suole delle scarpe. I
giornali della gente si fanno non pagando le bollette della Telecom, ma i ciabattini che risuolano le
scarpe. E non possiamo più limitarci a fare giornali di carta, ma è obbligatorio lavorare sul Web.
Senza siti internet moderni e accattivanti, i giovani lettori non li conquisteremo più. I nostri lettori
settantenni tra 15 anni non ci leggeranno più. Andiamo a catturare i giovani. I tablet stanno
crescendo a vista d’occhio, tra non molto interi istituti scolastici sostituiranno i libri di testo con i
tablet. Gli studenti si abitueranno sempre di più a lavorare con quegli strumenti. E noi? Noi
dobbiamo essere pronti al grande mutamento che è in atto. Dobbiamo fare in modo che i ragazzi
trovino sul Web anche le notizie del loro territorio, della loro città, del loro paese, le trovino nel loro
linguaggio, e le trovino nei siti dei giornali locali, che poi sono i nostri giornali.
L’avventura del Cittadino di Lodi
Il Cittadino è un giornale interamente di proprietà della diocesi di Lodi. Venne fondato, come
settimanale, nel 1878. Cambiò nome e diventò Il Cittadino nel 1890. Rimase un settimanale per 102
anni: nel 1980 si trasformò in bisettimanale. Usciva il venerdì mattina con l’edizione storica, diffusa
soprattutto attraverso le rivendite parrocchiali della domenica. E usciva il lunedì mattina, con
un’edizione rivolta ai giovani, traboccante di risultati sportivi, diffusa attraverso le sole edicole. Nel
1982, dopo 104 anni, assunse il primo dipendente – oggi sono 35 – e finalmente nel 1989 si
trasformò in quotidiano, uscendo sei giorni su sette, non di domenica (per lasciare spazio alla
diffusione festiva di Avvenire). Dal 2001 ha iniziato a diffondersi anche in tutta la vasta zona
compresa tra Lodi e Milano, diventando così – come si legge nella testata – Quotidiano del
Lodigiano e del Sud Milano. Gli abitanti residenti nel territorio sono mezzo milione: la metà nella
diocesi di Lodi, l’altra metà nel Sud Milano. Il formato del giornale è la metà esatta di Avvenire.
L’edizione del sabato è rimasta quella considerata dalla gente quasi come settimanale ed è
acquistata da un altissimo numero di lettori. Il numero minimo di foliazione dal lunedì al venerdì è
di 48 pagine, l’edizione del sabato ha un minimo di 72 pagine. Il Cittadino ha un sito internet
aggiornato quotidianamente dalle ore 9 alle ore 23. I visitatori unici quotidiani hanno registrato una
crescita tumultuosa, che continua tuttora. Nel marzo 2011, i visitatori unici quotidiani erano 8.800.
Due anni dopo, nell’aprile 2013, sono diventati 19.000. Una crescita altrettanto accesa è stata
registrata da Facebook. I 5.000 Mi piace dell’agosto 2012 sono diventati i 9.400 nell’aprile 2013.
La loro crescita è di 450 al mese. I Twitter sono 1.200. Fino al gennaio scorso Il Cittadino poteva
essere letto gratuitamente su internet da chiunque, e per intero, fin dalle ore 5 del mattino: i lettori
medi quotidiani erano 6.000. Da quando è diventato a pagamento (gennaio 2013), i lettori su
internet hanno registrato un crollo: oggi sono 300, ma in continua crescita. Dal marzo 2013, Il
Cittadino ha cambiato formato, è tutto a colori. Ogni giorno viene confezionata una prima pagina
riservata esclusivamente per i lettori che risiedono nel Lodigiano e una differente prima pagina per i
lettori del Sud Milano. A partire dal gennaio 2013, le copie vendute nelle edicole hanno ripreso a
crescere dopo tre anni di recessione causate dalla crisi economica e anche la pubblicità è tornata a
presentare bilanci positivi. Quanto sopra è anche merito di una svariata serie di iniziative varate nel
corso di questi anni, finalizzate a fare crescere la diffusione del giornale in tutto il territorio.
Le iniziative per crescere in autorevolezza, vendite e pubblicità
Riassumo, di seguito, alcune di queste svariate iniziative messe a punto negli ultimi tempi e
finalizzate a rafforzare l’autorevolezza del Cittadino, a renderlo un’istituzione di grande rilievo nel
contesto del territorio, a far crescere le sue vendite nelle edicole e a raccogliere ulteriore pubblicità.
Gli Stati generali del Lodigiano
Abbiamo avviato un’iniziativa molto impegnativa, destinata a coinvolgere la gente sul futuro del
nostro territorio: gli Stati generali del Lodigiano. Sette i tavoli di lavoro (ai quali hanno preso parte
spontaneamente oltre duecento persone) che hanno lavorato per due anni su altrettanti argomenti di
vasto spessore: Cura del territorio, ambiente e sostenibilità; Economia e lavoro: quale modello e
quali scelte per il Lodigiano?; Consumatori consapevoli, imprese e istituzioni: insieme per il
Distretto di Economia solidale del Lodigiano; Beni comuni e Pubblica Amministrazione: un nuovo
modello di cittadinanza; Dinamiche demografiche, coesione sociale e servizi alla persona: quale
welfare per i prossimi decenni; Una comunità ricca, unita e solidale; Regole, legalità e sicurezza: i
presupposti di un patto tra i cittadini e le istituzioni. Sono state tenute tre assemblee plenarie, è stato
pubblicato il Libro Bianco per il Lodigiano del futuro”(240 pagine). Sono in corso convegni
dedicati ai singoli temi (il prossimo dei quali si terrà il 24 aprile sul tema Salute e servizi sociali:
come sarà possibile garantirli a tutti?) che vengono organizzati in sedi differenti in tutto il
territorio. I contenuti del Libro Bianco vengono illustrati in incontri svolti nei singoli centri abitati,
anche i più piccoli (esempio: domani sera 17 aprile in un saloncino delle Acli nell’alto Lodigiano).
L’iniziativa, molto impegnativa, ha dato al giornale un grande visibilità e un’autorevolezza
superiore a qualsiasi aspettativa.
Le lettere alla redazione
Ogni giorno (esclusa l’edizione settimanale del sabato) pubblichiamo due-tre pagine di lettere sugli
argomenti più svariati, soprattutto su temi locali. La gente ha interpretato queste pagine – che sono
diventate per noi un’istituzione – come una grande palestra di libertà. Il direttore interviene
raramente nelle risposte, solo quando vengono affrontati argomenti scottanti (aborto, eutanasia,
immigrazione, ecc.).
Pagine speciali mirate
In occasione di tutte le sagre e le fiere locali Il Cittadino dedica ampio spazio alle singole realtà,
con una raccolta pubblicitaria a tappeto (anche presso i negozietti di prossimità) e con articoli
mirati. Se il paese è piccolo, si fa una pagina. Se la fiera è rilevante (esempio Fiera del Perdono a
Melegnano o Fiera agricola di Codogno) si predispongono inserti di 24-32 pagine: in questo caso
vengono poi distribuiti a tutti i visitatori della rassegna.
Pagine o inserti specifici
Vengono pubblicati fascicoli (talvolta anche di 24 pagine) che costituiscono un giornale nel
giornale (come nel caso del mensile di Confartigianato), oppure pagine singole (con materiale
trasmesso dai Lions, Rotary, Acli, ecc.). In casi come questi, le associazioni coinvolte acquistano il
numero di copie desiderato, che vengono trasmesse con la posta a tutti gli aderenti
dell’associazione. Ad esempio, quando ospitiamo il mensile della Cisl (4 pagine), Il Cittadino viene
inviato ai 12.000 iscritti al sindacato. Quando gli inserti permettono di dare alle stampe un’alta
tiratura del giornale, per quel giorno viene raccolta pubblicità specifica. Tutti gli inserti finiscono
sul sito Internet, rimanendoci per alcuni mesi.
Inserti istituzionali
È aperto un canale diretto con buona parte delle istituzioni del territorio, in particolare con tutti i
sindaci. Ad essi dedichiamo, ad esempio, un corposo fascicolo di fine anno, di 32 pagine (che
diventeranno 40 in questo 2013), intitolato Il brindisi dei sindaci. Nel fascicolo, tutti gli 80 sindaci
del territorio pubblicano i loro scritti, tirando le somme sull’annata appena trascorsa e presentando i
programmi per l’anno successivo. L’edizione del Brindisi è molto venduta e serve a raccogliere
ulteriore pubblicità. L’inserto del Brindisi finisce sul sito internet e vi rimane a lungo.
Le elezioni comunali
In occasione di ogni tornata elettorale per il rinnovo dei consigli comunali, Il Cittadino intervista
ogni volta tutti i candidati sindaci, anche dei centri più piccoli, dedicando a ciascuno di essi
un’intera pagina. Ci è capitato anche di pubblicare 5 pagine, con le interviste ai 5 candidati sindaci
di una località nella quale si votava, di soli mille abitanti. Questo ha comunque fornito ulteriore
prestigio e autorevolezza al nostro giornale.
Le pagine di Gustalo
È un inserto che esce una volta al mese, un inserto da gustare, con la descrizione dei caseifici, gli
spacci aperti nelle cascine, gli agriturismi, i ristoranti, le osterie di paese, le piste ciclabili, il turismo:
tutte le eccellenze del gusto a livello locale. Con tanta pubblicità da parte dei locali interessati.
Le foto dei Giorni di festa
Ogni giorno ospitiamo una pagina di fotografie dedicate ai compleanni, agli onomastici, agli
anniversari di nozze: sono foto gratuite, chiunque ce le può trasmettere. Chi le vede pubblicate
acquista poi alcune copie del giornale in edicola: il ritorno è sul venduto.
Le foto dei gruppi
Pubblichiamo quasi ogni giorno le fotografie dei gruppi (feste di paese, anniversari dei 60enni,
partecipanti a una gita, componenti di una corsa podistica, cresimandi con il vescovo, attori di uno
spettacolo teatrale, ecc.): sono foto gratuite, chiunque ce le può trasmettere. Anche in questo caso
chi le vede pubblicate acquista poi alcune copie del giornale in edicola: il ritorno è sul venduto.
Le foto sul web
Quando il nostro fotografo viene mandato a un evento, sul giornale finiscono al massino due-tre
foto a corredo dell’articolo. Se le foto sono tante e tutte differenti e tutte con tanta gente, allora
vengono pubblicate integralmente sul sito Internet del giornale. Sul giornale di carta i lettori trovano
scritto, al termine dell’articolo, la frasetta: Per visionare tutte le foto scattate nel corso
dell’avvenimento, vedere il sito…).
Le foto in grandi inserti
In occasione della festa dei nonni (lo scorso 2 ottobre) abbiamo invitato tutti i lettori a trasmetterci
le fotografie dei loro nonni (purché viventi), che avremmo pubblicato in tre-quattro pagine.
Risultato: siamo stati costretti a realizzare un inserto di 12 pagine, traboccante di 300 fotografie
pervenute. Abbiamo ripetuto l’iniziativa con la festa del papà (lo scorso 19 marzo); risultato: un
inserto di 16 pagine, con 500 foto pervenute. Abbiamo trovato una banca che ci ha pagato in
ambedue i casi l’inserto (pubblicando in ultima pagina la sua pubblicità). Ogni volta abbiamo
venduto tantissime copie in edicola: almeno due per ogni foto pubblicata. Stiamo lanciando la
medesima iniziativa per la festa della mamma (prossimo mese di maggio).
I concorsi: vota il personaggio migliore
In questi anni abbiamo lanciato innumerevoli concorsi che hanno registrato un successo strepitoso
nelle vendite, concorsi che ci sono stati poi tranquillamente copiati da altri quotidiani della
Lombardia e dell’Emilia. Abbiamo chiesto ai lettori di votare la commessa migliore, la cassiera
migliore, i baristi, le pettinatrici, i pizzaioli, i barbieri, i panettieri, le infermiere, le insegnanti.
Attualmente è in corso il concorso dedicato agli artigiani più bravi, più simpatici, più efficienti del
nostro territorio: elettricisti, falegnami, muratori, idraulici, imbianchini, carrozzieri, muratori,
carpentieri, estetisti, trasportatori, meccanici, pasticceri, gommisti. Ogni giorno Il Cittadino
pubblica i tagliandi per votare, che devono essere compilati in tutte le loro parti e poi ritagliati,
spediti o consegnati presso la sede del giornale. I tagliandi valgono 10 punti, ma a sorpresa vengono
pubblicati bonus da 250 o da 500 punti che permettono grandi balzi in avanti in classifica. Il
vincitore si porta a casa un buono spesa del valore di 1.500 euro, il secondo un buono spesa di 700
euro e il terzo un buono spesa di 300 euro. Ai primi 50 classificati, un diploma. Ogni volta grande
cerimonia di consegna dei premi.
Conclusioni
Ho molto apprezzato quanto dichiarato da Francesco Zanotti, presidente della FISC, in questi
giorni: Non dobbiamo solo selezionare nel mare magnum delle notizie che ci arrivano. Come
testate della Chiesa locale abbiamo una nostra originalità, prima di tutto nel territorio in cui ci
troviamo, nelle nostre comunità, nelle storie della gente: possiamo raccontare la vita di parrocchie,
gruppi, famiglie numerose, difficoltà e dolori vissuti in maniera esemplare. Noi possiamo leggere la
realtà anche da un altro punto di vista. E lo possiamo fare pure attraverso la rete. Condivido in
toto queste parole. Nei momenti più pesanti e di grande difficoltà, non dobbiamo mai piangerci
addosso, ma guardare al futuro. Con slancio, con coraggio, senza paura.
*Direttore del quotidiano Il Cittadino della Diocesi di Lodi
IL PRIMO NETWORK DIGITALE ITALIANO
Domenico Delle Foglie *
Innanzitutto un grazie alla FISC, che ho meglio conosciuto e imparato a stimare in questi ultimi
anni, grazie alle mie frequentazioni romane dopo gli anni di Avvenire.
Sapete che per me è stata una sorpresa grandissima divenire direttore del SIR e prendere il posto di
un grande direttore e amico come Paolo Bustaffa, che all’agenzia ha dato una slancio che l’ha
portata dall’età adolescenziale ai suoi 25 anni di vita. A me tocca l’avventura professionale di
guidare il SIR, come ho detto alla redazione, al consiglio d’amministrazione e anche ai nostri
editori, nell’età matura. Primo direttore che non proviene dall’interno del SIR e che non è tra i
fondatori. Un giornalista con qualche esperienza alle spalle e che cercherà di mettercela tutta per
offrirvi contenuti e strumenti adeguati alle sfide della comunicazione moderna.
In questa chiave va letto dunque il mio intervento, che risponde alle indicazioni che già sono
presenti nel piano editoriale, che è stato approvato dall’editore e che comporterà, spero da
settembre, un profondo cambiamento tecnico-organizzativo dell’Agenzia, per essere al passo con le
sfide della comunicazione globale. E che vedrà, già con la Gmg di Rio, l’avvio di una fase
sperimentale per l’implementazione delle innovazioni sul piano digitale e multimediale.
Ecco perché ringrazio Francesco Zanotti per il titolo che ha dato al suo intervento di apertura dei
nostri lavori Una rete nella Rete. Anche se io preferisco l’espressione fare rete nella Rete, che
esprime la nostra forte intenzionalità. Gli sono grato perché mi consente di parlarvi di un mio sogno,
al quale spero nei prossimi mesi ed anni, noi tutti si possa dare corpo, testa, gambe e braccia, ma
anche intelligenza e cuore. Mettendoci tutta la forza della nostra competenza professionale, ma anche
la passione per l’umano e per la sua verità che nelle nostre redazioni certo non mancano. Il sogno è
quello di fondare, tutti insieme, il SIR e i settimanali cattolici, il primo Network digitale italiano.
Di questa mia proposta ho già informato l’amministratore delegato e ne parlo oggi per la prima
volta a voi, perché so bene che senza di voi e senza la vostra adesione convinta non sarà possibile
fare un passo nel futuro.
Tutto nasce da una considerazione preliminare che è maturata in questi primi mesi di lavoro al SIR.
Giorno dopo giorno ho verificato come il sito del SIR, fra i primi nati al mondo e nel mondo
cattolico, acquisisse vita propria. Acquisisse cioè una propria identità, che nel tempo non poteva che
affinarsi e crescere. Del resto, le cifre dei contatti già ne facevano, prima ancora della mia direzione,
il sito più compulsato della galassia Cei. In questi mesi, sin dai primi giorni della mia direzione e
ancor più per l’effetto Francesco, i contatti sono ulteriormente e considerevolmente cresciuti.
Ovviamente, la parte del leone viene fatta dal rullo, ma è giusto che sia così, perché le notizie
costituiscono il nostro core business. Sarebbe preoccupante se non fosse così. Ma altri settori del
sito segnalano incrementi di rilievo. Soprattutto la prima pagina, anche in considerazione
dell’aumento dell’offerta. A tale riguardo segnalo che mediamente la produzione informativa e
complessiva del SIR è aumentata del 20%, assecondando così le attese dell’editore. Infatti il mio
impegno è quello di aumentare la produzione e, se possibile, di migliorare la qualità
dell’informazione, ma a costo zero. Il SIR, proprio in ragione della sua oculata amministrazione, è
stato risparmiato dalla spending review che si è abbattuta su tutto il mondo Cei, compresi gli altri
media. Ma questo comporta che possiamo crescere solo a condizione di migliorare tutti i fattori
produttivi. E dunque anche la mia proposta odierna, quella di costruire il primo network digitale
italiano, rientra in questa strategia generale.
Nel concreto immagino che noi si possa costruire un network che comprenda il sito del SIR e tutti i
siti dei settimanali diocesani che possono aderire a questa iniziativa. Il che significa, sul piano
concreto, una serie di azioni:
1. possibilità di accesso dal nazionale ai territori in tempo reale con tutti i collegamenti possibili da
studiare e rendere efficienti, così come da ogni singolo sito si deve poter entrare facilmente in tutti
gli altri siti collegati, così da avere un impatto nazionale (SIR) e territoriale (settimanali), con tutti i
necessari e inevitabili rinvii al prodotto cartaceo;
2. ottimizzare l’utilizzo di tutta l’offerta informativa del SIR nei siti territoriali, sulla base
dell’assoluta indipendenza dei settimanali. Non può e non deve cambiare il criterio di fondo di
selezione e scelta a carico delle singole testate. Il principio di libertà che vige oggi nella nostra carta
stampata dev’essere garantito e se possibile valorizzato nella dimensione territoriale. A tale
riguardo devo comunicarvi qual è il mio orientamento di fondo. La risposta al legittimo e doveroso
pluralismo delle testate sta proprio nell’aumento dell’offerta di notizie, servizi, commenti, editoriali.
Faccio un esempio, forse il più delicato. Prendiamo la nota politica, che come avrete visto da alcuni
mesi faccio personalmente. Come non c’era e non c’è alcun obbligo di pubblicarla da parte dei
settimanali, così in futuro sarà per i vostri siti. Certamente siete voi ad avere il polso delle situazioni
territoriali e soprattutto la sensibilità per interpretare il pensiero dei Vescovi e delle comunità. Il SIR
è e resta un’agenzia d’informazione religiosa e quindi il nostro centro resta la dimensione religiosa.
Ma ci viene chiesto sempre più dai nostri Vescovi di agire nella dimensione sociale e culturale per
esprimere il punto di vista originale dei cattolici italiani. Quindi nel nostro sguardo particolare sta
l’originalità della nostra missione.
3. predisporre una promozione costante, sul sito del SIR, delle cronache dai territori che possono
avere rilievo nazionale. Già accade, ma deve divenire uno stile di lavoro. Potrei cavarmela con una
parola sola: sinergia. Ma è troppo poco, perché sono necessari una forte volontà politica, procedure
e strumenti organizzativi adeguati che solo un’intelligente prassi può garantire;
4. ampliare e ottimizzare la presenza del network, in tutte le sue diramazioni, sui social network. A
tale riguardo, presto il SIR sarà presente sulle piattaforme di Facebook e di Twitter. Stiamo
cercando una chiave distintiva per dare significato a questa nostra presenza, perché non diventi
semplicemente didascalica o addirittura edulcorativa;
5. socializzare gli strumenti per ottimizzare la parte digitale e multimediale dei nostri siti. A tale
riguardo, l’ha già citata il presidente Zanotti, l’ipotesi di avviare su tutti i siti diocesani disponibili,
il collegamento in streaming con il Ctv e Radio Vaticana. Siamo in fase di trattativa e speriamo
presto di poter mettere a disposizione di tutti voi, tramite il SIR e la FISC, questo servizio
aggiuntivo. Penso ad un ricca area multimediale; nella quale possano convergere nuove modalità di
racconto da parte di tutti quanti noi, per parole e immagini;
6. sperimentare nuovi linguaggi e modalità di racconto attraverso la rete. Questa prospettiva ci
spingerà a sperimentarci in occasione della Gmg di Rio. Sarà l’occasione per mettere alla prova i
nostri giornalisti sul campo, ma anche la struttura del SIR, per un racconto diverso degli
avvenimenti. Che si avvalga dei nuovi mezzi a disposizione, leggeri e imperfetti, ma tempestivi e
moderni, per provare a costruire una narrazione di tipo nuovo. So in questo di esser un po’
visionario, ma penso ai racconti di Zoro e di Beppe Severgnini. So che nel nostro mestiere bisogna
mirare in alto e non chiudersi alle possibilità di innovazione. In questo senso sto pensando anche a
mettere in rete alcune esperienze giovanili del nostro mondo.
Tutto questo comporta un cambiamento nel lavoro e una profonda trasformazione dello stesso
giornalista di agenzia alle prese con la rivoluzione digitale. Penso a un giornalista che cattura la
notizia, la mette in rete tramite il rullo, la sintetizza in Twitter, la socializza in Facebook, la racconta
in video sull’area multimediale. Senza mai perdere il marchio di origine (SIR, etc) e la propria
specificità comunicativa che sta nel modello espositivo, ma anche nello sguardo da cattolico. So che
vi sembrerà fantascienza, ma vorremmo farlo noi prima che lo faccia chiunque altro. Pur nei limiti
oggettivi delle risorse a nostra disposizione.
Infine, immagino che la rete enfatizzi sempre più questa dimensione di flusso e di convergenza e di
estroversione. Un andare e venire, concentrarsi ed espandersi. Promuovendo la trasversalità e i
territori nuovi. Senza neppure escludere tutte le eventuali implicazioni di carattere - diciamo così industriale e finanziario, che un progetto del genere potrebbe comportare. Anche perché so che tanti
vostri siti stanno facendo il salto tecnologico e di immagine grazie al progetto Cei-Fisc-SiceiUnitelm, che è in fase di definizione. E per alcuni di voi già in modalità operativa. Credo sia questa
l’occasione da sfruttare per cogliere l’attimo propizio per la nascita del nostro Network digitale. Io
non so se ce la faremo, ma di sicuro ci proveremo. Spero, davvero, che noi potremo farlo insieme.
Grazie a tutti voi.
*Direttore dell’Agenzia Sir
Al termine della Tavola Rotonda, il Presidente della FISC, Francesco Zanotti, introduce gli interventi
di Giuseppe Rusconi, giornalista, autore del libro L’Impegno, edito da Rubettino e di Orazio Mezzio,
già Sindaco di Sortino, autore del libro Babele. Il caos delle intercettazioni, edito da Istina.
L’IMPEGNO
Giuseppe Rusconi *
Non avrei mai potuto scrivere questo libro, che riguarda l’8 per mille, se la Cei non avesse dato il
via libera, perché per poter rispondere, per poter controbattere l’idea della Chiesa parassita, avevo
bisogno di dati, non di ideologia. Non ho voluto fare un libro con spunti polemici, perché ritengo
che il problema dell’informazione sulle opere sociali e i benefici che la Chiesa arreca alla comunità
nazionale, sia un problema da affrontare in maniera assennata. Quando la Cei mi ha dato luce verde,
ho incominciato questo lavoro, con il quale mi sono proposto di constatare quanto la Chiesa offre
dal punto di vista sociale al Paese.
Volevo far conoscere ai cattolici – che spesso ragionano in modo settoriale – la loro informazione
sulla dimensione globale del servizio sociale della Chiesa. Il secondo obiettivo del libro è quello di
rivolgersi ai non cattolici, ai critici, agli indifferenti, perché capiscano – attraverso questa ricerca –
che il mondo cattolico è indispensabile. Per questa ragione, ho voluto che il libro fosse stampato da
una casa editrice laica – seppur attenta ai problemi del mondo cattolico, come Rubettino – e che
avesse anche una prima presentazione molto laica, con relatori di un certo tipo: Luciano Violante,
Gaetano Quagliariello, Paola Binetti, il radicale, pannelliano, Angiolo Bandinelli, Giuseppe Di Leo,
che è il vaticanista di Radio Radicale. L’incursione in partibus infidelium è molto importante per i
cattolici. Alla presentazione del libro, Angiolo Bandinelli ha detto: Ho sempre pensato che la
Chiesa fosse un soggetto parassitario, ma leggendo il libro di Rusconi mi sono venuti dei dubbi. Se
i cattolici si chiudono in loro stessi, non riusciranno mai a convincere o comunque a cercare
d’insinuare dei dubbi negli altri o d’incrinare delle granitiche certezze.
Ho scelto una ventina di anni di impegno sociale della Chiesa ed ho affrontato una serie di temi, con
ogni capitolo diviso in tre parti. Ad esempio, la Chiesa e i donatori e la Chiesa e le attività
caritative parrocchiali: ho cercato di quantificare, a livello nazionale, quanto la Chiesa ha fatto
risparmiare allo Stato. Poi, ancora, l’aiuto della Chiesa attraverso il Banco Alimentare; la Chiesa e
il fondo di solidarietà (sulla famiglia e sul lavoro); la Chiesa e la formazione professionale; la
Chiesa e la sanità; la Chiesa e l’aiuto socio-assistenziale (questo è l’unico ambito che non sono
riuscito a quantificare); la Chiesa e la lotta contro la droga; la Chiesa e la lotta contro l’usura; la
Chiesa e il volontariato; la Chiesa e i migranti; la Chiesa e i beni culturali ecclesiastici; le
iniziative nazionali mirate come il prestito della speranza o il progetto Policoro; l’impegno dei
religiosi e delle religiose; l’otto per mille; l’ICI e l’IMU. Dopo le conclusioni, c’è una tabella
riassuntiva dei risparmi annuali per lo Stato.
La mia stima si è attestata attorno agli undici miliardi di euro di risparmi per lo Stato grazie
all’attività della Chiesa negli ambiti che ho citato. Può darsi che abbia sottovalutato tutta la parte
relativa alla sanità, cioè abbia indicato un apporto inferiore della Chiesa, però io preferisco che mi si
dica hai sottovalutato piuttosto che mi si dica hai sopravalutato. Come sono arrivato a queste cifre?
Il lavoro è stato molto difficile, perché se i colleghi che appartengono all’altra sponda, hanno a
disposizione i bilanci dello Stato – nel senso che sappiamo, attraverso i bilanci, che lo Stato dà alla
Chiesa una certa cifra – io, da questa parte, avevo a disposizione una serie infinita di cifre, che a
volte si contraddicevano all’interno degli stessi ambiti. Per cui, in certi casi – come per esempio
quel che ha riguardato i beni ecclesiastici – ho potuto essere preciso al centesimo, in altri, come
sulla sanità, ho dovuto cercare di ragionare, traendo delle conclusioni e utilizzando le cifre che
mettono a disposizione, ad esempio, i grandi istituti statistici.
Io ritengo che questo libro sia importante, ma questo non lo dico per vantarmi. Ho riscontrato in
tutti coloro che l’hanno letto, la seguente reazione: non lo sapevamo, ma guarda quanto fa la
Chiesa. Abbiamo a disposizione delle cifre che non vogliono essere precise e che non possono
essere precise, però ho voluto dare un’idea della dimensione di questa presenza sociale, ecclesiale,
in Italia. Una dimensione che a molti sfugge. Il libro ha avuto molte recensioni – un’intera pagina di
Avvenire, un terzo di pagina dell’Osservatore Romano, un’intervista a Radio Vaticana – ed è un
libro che giova a coloro che sono impegnati nel mondo cattolico. Per cui, vi prego di diffonderlo,
anche perché è scritto con uno stile secco, sobrio, non ci sono parolone, non ci sono anglismi ed è
fruibile da parte di tutti.
*Giornalista e scrittore
BABELE – IL CAOS DELLE INTERCETTAZIONI
Orazio Mezzio *
La mia vicenda – che ho raccontato in un libro che ha come titolo Babele, il caos delle
intercettazioni – dimostra che in questo nostro mondo, sempre più armato dagli strumenti
d’informazione tecnologica e d’indagine, abbiamo abbandonato la ricerca della verità, come ci ha
ricordato spesso Benedetto XVI.
Io mi sono trovato coinvolto in una vicenda giudiziaria, che è durata dieci anni, perché partita una
notizia in maniera sbagliata attraverso internet. Sono stato poi assolto con formula piena e con la
richiesta del PM di assoluzione e di scuse. Non solo, nel mio caso, è partita male la notizia, ma chi
ha intercettato, ha sbagliato a comprendere il mio nome. Il mio libro, partendo dalla vicenda
giudiziaria, cerca di porre l’attenzione proprio su questo, sulla realtà che noi viviamo oggi. L’uomo
moderno o virtuale, fino a che punto riesce a ricercare la verità, non a possederla? Questo è il
messaggio che ho voluto lanciare.
*Giornalista, già Sindaco di Sortino
TERZA GIORNATA
Sabato 15 aprile 2013
TAVOLA ROTONDA
LETTORI E INTERNAUTI, UN NUOVO MODO DI INTENDERE LA COMUNICAZIONE
INTRODUZIONE
Carlo Cammoranesi *
Ho il compito di introdurre questa Tavola Rotonda, molto interessante, al pari di quella di ieri, alla
quale partecipano: Luigi Carletti, Esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy; don
Antonio Rizzolo, Direttore Gazzetta d’Alba, condirettore di Famiglia Cristiana, direttore del
settimanale Credere; Claudio Turrini, Web master di Toscana Oggi. Le conclusioni sono affidate a
don Ivan Maffeis, Vice-Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI.
Il lettore della carta stampata vuole esercitare più riflessione, a differenza dell’internauta, che
preferisce dialogare, entrare in rapporto. Siamo di fronte ad una staticità e una dinamicità. Una
situazione passiva e una più attiva. In questa diversità, c’è un’unità di fondo: è quella di comunicare
all’uomo, alla persona.
Cercheremo di sviscerare il tema di oggi in modo molto colloquiale, perché i relatori porteranno
anche la loro esperienza. È questo quello che ci interessa: il vissuto. Discuteremo della sfida che
si pone per i giornalisti, ma anche per i lettori, dei pericoli che si nascondono, ma anche delle
risorse, delle opportunità.
*Direttore del settimanale L’Azione della Diocesi di Fabriano e Coordinatore della Commissione
Cultura della FISC
UNA STRATEGIA CULTURA COMUNE
Luigi Carletti *
Stiamo vivendo un passaggio che ci accomuna tutti. Riguarda le aziende e le persone. Qualsiasi
organizzazione è di fronte al passaggio da un mondo tradizionale, ordinato ad un mondo più
disordinato, più veloce, rispetto al quale ancora nessuno ha coniato un modello ideale.
Il mio ruolo è quello di aiutare le aziende a passare dal vecchio mondo al nuovo. Questo non
significa abbandonare la terra che conosciamo e andare verso una terra promessa. Significa portarsi
dietro, comunque, le esperienze del vecchio mondo e cercare di far coesistere i due mondi,
attraverso forme di sinergia, di utile collaborazione. È possibile questo? Non solo è possibile, ma
dovrebbe essere la ricerca quotidiana di chiunque affronta questo passaggio.
Internet non è più il luogo di destinazione. Fino a qualche anno fa, si facevano le cose e si diceva
poi, le mettiamo su internet, come se internet fosse un luogo distante, una sorta di casa al mare,
dove si porta ogni tanto un mobile. Internet oggi è certamente un luogo di esperienza quotidiana. Ci
sono aspetti positivi, ma anche negativi, che non possiamo sottacere. Non è tutto bello, non è tutto
rosa, non è tutto positivo.
La rete oggi ha, secondo alcune statistiche, un miliardo di utenti attivi, una parte consistente della
popolazione mondiale. Nella nostra vita quotidiana, in questi anni sono intervenuti delle
modificazioni e dei cambiamenti molto profondi. Dalla quotidianità più spicciola – ad esempio,
prenotarsi un aereo, una vacanza, un treno – alle cose più importanti, internet ha cambiato
moltissime delle nostre cose. Ha cambiato moltissimo anche il mondo dei mass-media. Fino a
qualche anno fa, questo mondo era formato dalla carta stampata e dalle tv. Oggi, è qualcosa di
molto diverso, più complesso ed è entrato in campo internet, che ci dà la possibilità, grazie alle
tecnologie, d’intervenire attivamente. Oggi, diamo per scontate tutta una serie di cose che fino a
qualche anno fa erano impossibili. Diamo, ad esempio, per scontato che si possa dialogare in tempo
reale con chiunque nel mondo e facciamo subito l’abitudine a queste cose. Ma se ci guardiamo un
momento indietro – e guardarsi indietro è bene, per capire quanta strada si è fatta – ci rendiamo
conto che in poco più di un decennio è cambiato il mondo. Il mondo è cambiato dandoci moltissime
cose positive e, dall’altra parte, comportando una serie di conseguenze. Quali sono queste
conseguenze? Ad esempio, nel mondo dei media tradizionali – giornali, televisioni, radio – è
avvenuto una sorta di tsunami. Mentre siamo qua e parliamo in questa sala, ci sono giornali che
stanno chiudendo, stanno parlando di amministrazione controllata o stanno vedendo ridotta la loro
diffusione in maniera drammatica. Fino a quattro anni fa, la diffusione dei quotidiani italiani
oscillava intorno ai 7 milioni di copie. In editoria, la definivano la linea del Piave: non bisognava
arretrare, ma semmai avanzare, crescere. C’era questa fatidica soglia dei 7 milioni, che comunque ci
poneva tra gli ultimi paesi in Europa per indici di lettura, che era la quota minima. Oggi, la
diffusione dei quotidiani in Italia è di 4 milioni scarsi. In pochissimi anni si sono perse 3 milioni di
copie. Dove sono andate? Sono volate. La stessa cosa è avvenuta per i periodici, anzi per questi va
molto peggio. Non è un fenomeno solo italiano, ma di tutto il mondo avanzato. Nel caso italiano,
diciamo che c’è stata una sorta di tempesta perfetta: la crisi economica da un lato, l’esplosione della
multimedialità dall’altro. C’è da aggiungere il fatto che negli ultimi anni i giornali italiani spesso
non hanno capito cosa stesse succedendo nel paese. Diciamo che non hanno brillato come qualità
media. Mettete insieme tutte queste cose e cominciate a capire perché i giornali stanno arretrando.
Allora, il tema non è i giornali stanno morendo, dobbiamo guardare solo al nuovo. Alcuni l’hanno
fatto: conoscete il caso di Newsweek, una testata prestigiosa e importantissima a livello mondiale,
che un bel giorno ha deciso di decretare lo stop alla versione cartacea e di fare solo il Web. In molti
altri casi, si stanno avendo - le conoscete - situazioni di crisi molto profonde o situazioni in cui i
giornali arretrano poco e, tenendo presente il contesto, si accontentano.
Io sono nato come giornalista di carta. Ho lavorato per molti anni nella carta, sono stato direttore di
giornali del Gruppo Espresso. Anche nell’ultimo periodo, in cui sono stato a Repubblica, lavoravo
sia sulla carta, sia in televisione, sia sul Web. La carta è il luogo in cui molti di noi, sia a livello
giornalistico che editoriale, sono nati. Ci dobbiamo fare questa domanda: la carta è il nostro mondo,
ma possiamo rinunciare al Web? Possiamo non guardare alle opportunità che la rete ci offre?
Che cos’è, oggi, il Web? È comunicare, apprendere, socializzare, condividere. È chiaro che ciascuno
di noi deve pensare alla propria identità ed ai propri obiettivi. Se faccio un sito o un portale per la
società di gastronomia, certamente voglio comunicare, socializzare e conseguire gli obiettivi
commerciali. Se faccio un giornale, tutti questi obiettivi sono la mia missione. Se faccio giornali – che
d’ora in poi non chiamerò più cosi, ma testate, perché questo è il passaggio fondamentale, passare dal
concetto di giornale al concetto di testata – con un forte impegno sociale, qualunque esso sia, gli
obiettivi che ho evocato rientrano nella mia missione. Se la rete mi può aiutare a realizzarli, perché
mai dovrei rinunciarvi? Semmai si tratta di avere il giusto approccio e la giusta transizione.
Transizione digitale vuol dire essenzialmente consapevolezza. Quando negli ultimi anni, stando nel
Gruppo Espresso, giravo le redazioni con l’obiettivo di realizzare i siti, mi è capitato di sentirmi
dire da un collega che non conoscevo, Tu che sei un esperto di web, mi daresti un’occhiata al
computer? Siccome quel collega era in buona fede, gli risposi la verità: non sono un esperto di
tecnologia. Essere un esperto d’informazione digitale, non significa essere esperto di tecnologia.
Non è questo che dobbiamo fare, ma capire che il passaggio è culturale e sapere che la tecnologia
esiste, perché di volta in volta può aiutarci per i nostri obiettivi. Ma questi, non corrispondono a fare
gli effetti speciali, ma culturali. All’interno del termine culturale, ci sono tantissimi, possibili
obiettivi. Quindi, consapevolezza è il termine su cui insisto tantissimo, perché avendo
consapevolezza si capisce quale passaggio è importante per ciascuno di noi – parlo anche
singolarmente – rispetto a questa nuova realtà che stiamo vivendo. L’ansia che gli altri sono tutti
più avanti di noi, è comprensibile, ma fuori luogo. Il mondo sta procedendo con una velocità molto
accentuata. Faccio sempre un esempio che può aiutarci a capire quello che sta avvenendo. Qualche
tempo fa, ho cambiato la macchina. Ho preso una macchina che ha un pannello pieno di tasti. Vi
confesso che dopo un anno conosco solo un terzo di quei tasti, ma vedo che quest’auto mi porta a
destinazione. Ogni volta che porto mio figlio con me, mi indica delle sigle nuove, perché
ovviamente ha un approccio diverso. La tecnologia è stessa cosa: è un pannello pieno di tasti.
L’importante è sapere quali di questi tasti ci servono davvero per quello che dobbiamo fare. Gli altri
li impareremo, se ne avremo tempo e voglia.
Ci sono alcuni elementi che dobbiamo tenere presente e che costituiscono il patrimonio di chi deve
affrontare la transizione digitale.
Il primo è che il mondo dei media sta cambiando profondamente, con elementi – come abbiamo
detto – positivi e negativi. L’altro elemento fondamentale è che la tecnologia non è più privilegio di
pochi, la tecnologia fondamentale è a disposizione di tutti. Se chi sta attorno a questo tavolo, avesse
qualche soldo da investire e un progetto in comune, potrebbe fare domani una Web-tv e comunicare
potenzialmente con tutto il mondo. Fino a qualche anno fa, era impensabile. Poco tempo fa, un
grosso manager di una società di comunicazione, ha usato un’espressione abbastanza originale:
oggi, un cittadino che vive al centro dell’Africa, con un semplice smartphone, ha accesso ad una
quantità di informazioni che è molto superiore a quella a cui poteva avere accesso il Presidente
degli Stati Uniti appena 15 anni fa. È questo il vero cambiamento. Altro elemento è costituito dal
fatto che i giovani leggono sempre meno la carta e sempre più vanno sul Web. È un bene questo? In
parte, no. Nei giorni scorsi ho letto delle statistiche molto interessanti sulla capacità dei giovani di
concentrarsi sulla parola scritta. È un problema e non possiamo negarlo, facendo finta che questo
problema non esista. Altro punto fondamentale è che il Web ha rivoluzionato i concetti di spazio e
tempo, concetti fondamentali della storia dell’umanità: oggi, posso comunicare con chiunque, senza
alcun confine, senza alcuna barriera, se non quella forse della lingua. Fino a qualche anno fa, questa
cosa era assolutamente impensabile. Un ultimo punto – e qui parlo proprio da giornalista a
giornalisti, a editori, a chi si occupa d’informazione – il contenuto. Questo è uno dei concetti che
chi oggi fa informazione deve assolutamente avere presente.
Prendiamo il caso della bolla economica – suscitata dall’esplosione di internet – dei primi anni
duemila. Che cosa succede in Italia? Chi si era arricchito con internet, comincia a disinvestire. Qui
si vedono i limiti culturali di un paese. Quando la borsa premiava la speculazione, si è investito
tantissimo su internet, quando la borsa è andata giù, internet non esisteva più. In altri casi, è
accaduta una cosa diversa. Proprio in quel momento Der Spiegel, in Germania, ha cominciato ad
investire, perché ha detto: internet è finito come fenomeno speculativo, ma resta come grandissimo
fenomeno storico, sociale. Hanno creduto nel Web nel momento in cui bisognava crederci. Ci hanno
creduto come una cosa seria.
Che cosa è accaduto successivamente a quegli anni? È nato Web 2.0, con le sue versioni successive:
il protagonismo degli utenti. Quello che sta succedendo sta dimostrando che io – utente, cittadino,
gruppo di utenti, associazione – posso aprire un blog, posso andare sui social network, posso
comunicare con chiunque. Quindi, i media non sono più centrali. Non dico che non servono più, ma
servono molto meno di prima. Questo fatto, alcune aziende – anche alcune grosse aziende – lo
stanno rapidamente metabolizzando. Significa: minori investimenti in pubblicità; minore credito ai
media tradizionali; molta più attività sulla parte Web, anche in forma diretta.
L’altro giorno, cercavo sul Web informazioni sulla smart-tv. Il migliore articolo che ho trovato –
scritto bene e preciso dal punto di vista informativo – non era del Sole 24 Ore o di un altro giornale
che conosciamo. Era di Media World, uno di quei player che ha capito che con i contenuti,
bypassando i media tradizionali, arriva direttamente all’utenza. Quell’articolo, arrivato attraverso
Google, mi riportava sul sito di Media World. Questo succede per una serie di altri casi e succederà
sempre di più: i player stanno capendo che i media tradizionali sono sempre meno importanti.
Quando dicevo che la tecnologia è per tutti, dicevo un fatto molto semplice. Dai pc sempre più
evoluti, alle linee veloci (adsl, banda larga), agli apparecchi mobili, che hanno dato l’ultimo colpo
alla centralità della carta stampata. Si diceva: guardi internet, in ufficio o a casa, perché hai il pc,
ma il giornale conserverà la sua fisicità, perché te lo porti dietro, al mare, sul treno, ecc. Si diceva: il
giornale è il giornale. Sono arrivati, invece, i tablet e gli smartphone, che hanno sancito la
portabilità dell’informazione. Con un tablet o con uno smartphone, non solo leggo le notizie, ma
guardo anche il Tg, su uno scoglio davanti al mare o sotto un albero in collina.
Internet sta ora entrando nelle famiglie, nel salotto di casa, con tutto quello che di bene o di male
questo comporta. Le smart-tv sono apparecchi attraverso i quali consulto internet come se avessi
davanti un pc. Se si va in un negozio di apparecchi tecnologici, si può constatare che la parte
dedicata ai televisori è quasi tutta occupata dalle smart-tv.
Un ultimo punto desidero toccare ed è quello del contenuto liquido, che è l’aspetto più complesso
del ragionamento che riguarda chi fa la professione del giornalista. In qualsiasi azienda editoriale in
cui mi trovo a fare il mio lavoro, vedo che c’è una resistenza mentale, perché chiunque di noi ha
cominciato a lavorare da giornalista, lo ha fatto immaginando il prodotto finale. Entro la mattina
nella redazione, scrivo il mio articolo e immagino quello che consegnerò al pubblico. Che sia un
notiziario di carta, che sia un notiziario del Tg o radiofonico, ho in mente un prodotto finale. Se si
ragiona, invece, in termini di liquidità del contenuto, si immagina che il contenuto possa prendere
forme diverse. Immaginate una grande botte di vino, dalla quale posso ricavare bottiglie,
bottigliette, bicchieri, piccole botti e così via. La liquidità del contenuto significa che io come
giornalista devo pensare a produrre contenuto, ma poi devo immaginare che questo contenuto possa
prendere forme diverse. Quindi, il mio contenuto può diventare carta, video, audio, foto-gallery.
Può diventare tantissime cose diverse, che possono andare sul Pc, sul tablet, sullo smartphone, ecc.
Cambia, così, la natura del giornalista? No, perché se noi pensiamo alle caratteristiche della
professionista del giornalista o della persona che fa informazione – trovare una notizia, valutarla,
raccontarla, trattarla, fare le verifiche – non cambia nulla. Cambia l’idea di ciò che con questo
contenuto si può fare. Io ho un grande impasto, dal quale posso produrre pagnotte, panini, sfilatini e
tantissime altre cose diverse. Anche questo è internet: pensare ad una multimedialità e al fatto che
media diversi possano interagire l’uno con l’altro.
Strategia digitale che cosa significa? Non c’è una strategia digitale che può andare bene per tutti. Se
fossimo un grande quotidiano nazionale, direi le stesse cose, per poi aprire una seconda fase
focalizzata sul chi siamo, che cosa vogliamo fare. La stessa cosa vale per qualsiasi altro
interlocutore. La strategia digitale si modula sulla propria identità, sui propri contenuti, sulla propria
compatibilità economica – ci sono cose che mi piacerebbe fare, ma magari sono troppo onerose – e
sugli obiettivi. Costruire una strategia digitale significa prima di tutto interrogarsi sul chi siamo e su
che cosa vogliamo fare. Per questo, all’inizio dicevo che transizione non vuol dire abbandonare il
luogo dal quale veniamo. Assolutamente no. È importante avere piena consapevolezza della propria
identità e di ciò che si ha in casa. Spesso la transizione digitale aiuta a scoprire o a riscoprire delle
risorse che si hanno in casa e non sono state valutate appieno. Tutto ciò che di buono abbiamo in
casa, ce lo portiamo dietro. Non vuol dire abbandonare il passato, ma valorizzarlo.
Il vostro è un mondo estremamente ricco di idee, valori, iniziative, presenza sul territorio. Voi avete
i contenuti. Nel mondo tutti hanno la tecnologia, pochissimi hanno i contenuti. La tecnologia è a
disposizione di tutti e con la giusta tecnologia potete fare quello che volete. Perché avete i
contenuti. Siete sul territorio e avete un collegamento diretto con le persone. Siete – magari senza
averne piena consapevolezza – una rete reale, non virtuale. Dovete soltanto, anziché lavorare
sparpagliati e ognuno per sé, provare a diventare rete effettiva, più di quanto non facciate adesso.
Fare rete significa condividere contenuti, idee, esperienze. Internet obbliga a parlarsi, a comunicare,
ad aprirsi e a mettere in connessione le proprie esperienze. Adottare dei modelli sinergici e
presentarsi insieme, è molto importante. Questa non è retorica. È pura logica. Penso, per esempio, al
piano della pubblicità, che non deve essere un demone, ma semmai una risorsa per fare meglio le
cose che si fanno. Presentarsi come testate singole, dal Piemonte alla Sicilia, è una cosa. Presentarsi,
in alcuni casi, dove è possibile, come un unico interlocutore, ha una potenza che forse neanche voi
valutate pienamente. Si tratta di farlo diventare sistema.
Da galassia a sistema, il passo è – a mio parere – abbastanza semplice. Passa attraverso la
consapevolezza dei contenuti che si possono immettere in comunicazione, quali servizi e quali
competenze. Passa attraverso, soprattutto, la voglia di parlarsi, di avere una strategia comune in un
mondo che oggi richiede questo, perché presentarsi in assetto sparpagliato è sintomo di debolezza.
*Esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy
PARLARE ALLE PERSONE, NON AGLI ADDETTI AI LAVORI
don Antonio Rizzolo *
Introduzione
Il mio intervento è basato sul racconto di un’esperienza e non sull’analisi approfondita della
situazione. Non ho infatti soluzioni da offrire, ma soltanto delle riflessioni da condividere. In realtà
credo che nessuno sappia come sarà davvero il rapporto tra digitale e carta stampata in prospettiva
futura. Perché ci troviamo in un tempo di cambiamenti, in un momento di passaggio, reso ancor più
complesso dalla crisi economica in cui ci troviamo. Che è anche una crisi spirituale, di valori. Non a
caso sia Benedetto XVI che Francesco, il Papa attuale, parlano di deserto, di vuoto di senso in cui
molte persone oggi si dibattono. E proprio per questo Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede e
Francesco ha sottolineato come la fede nel Risorto sia la vera risposta alla domanda di senso degli
uomini e delle donne del nostro tempo.
Le scelte dei Periodici San Paolo
Circa un anno fa, all’interno del gruppo Periodici San Paolo, abbiamo avviato una riflessione, una
sorta di stati generali sulla situazione delle nostre riviste. Partendo dalla crisi dell’editoria, dalla
diminuzione della raccolta pubblicitaria, ecc. Il risultato di questo lavoro, che ha coinvolto i vertici
del gruppo, direttori e caporedattori, responsabili del marketing e della diffusione, con l’aiuto di
consulenti esterni, si può sintetizzare in questo modo:
1. Revisione e restyling di Famiglia Cristiana, con una chiara distinzione tra web e carta
stampata, pur nella continuità e nell’interazione. Partendo da una constatazione che così
si può riassumere: il giornale di carta ha un pubblico più femminile e più anziano, il web
più giovane e maschile. Lo spazio di internet è quindi più adatto al confronto, alla
discussione. Gli utenti possono cercare il parere autorevole di una rivista
dichiaratamente cattolica sui temi di attualità più dibattuti.
2. Una nuova rivista di salute, Benessere, che si presenta chiaramente con una visione
cristiana. È il senso del sottotitolo La salute con l’anima.
3. Una nuova rivista religiosa popolare: Credere, la gioia della fede.
La sfida di Credere
Credere vuole essere un giornale popolare, cioè rivolto alle persone comuni, in particolare i credenti
e praticanti. Senza escludere tutti coloro che hanno una sorta di nostalgia di Dio, di valori autentici,
di punti di riferimento. C’è indubbiamente un certo risveglio della fede in molte persone, o almeno
un desiderio di pace, di serenità, di certezze. Quasi un’invocazione di aiuto. In questo senso papa
Francesco ha acceso le speranze in molte persone, per il suo stile diretto, per la sua capacità di
parlare al cuore, mettendo al centro il Vangelo e l’amore di Dio.
La rivista vuole presentare prima di tutto la fede vissuta, quotidiana. Parla di persone che hanno messo
Dio al centro della loro vita, racconta storie, esperienze, episodi reali. E dedica poi una parte, più
catechetica, ad approfondire le motivazioni di fede che stanno alla base delle esperienze raccontate.
L’aspetto esteriore vuole dare dignità agli articoli e agli approfondimenti attraverso una grafica che
appaia bella, piacevole, che inviti alla lettura.
Il linguaggio vuole essere semplice, alla portata di tutti, non per addetti ai lavori. Il messaggio del
Vangelo, d’altra parte, è rivolto a tutti.
La scrittura si basa sul racconto, sulla narrazione. L’idea è quella di una nuova forma di
giornalismo, non distaccato e asettico (che peraltro spesso è tale solo a parole, mentre è influenzato
da preconcetti e posizioni ideologiche), ma partecipato. Chi scrive partecipa, si sente vicino, è
coinvolto nella storia che racconta. In modo da coinvolgere anche i lettori. Nei test effettuati prima
del lancio della rivista alcuni sottolineavano come il giornale di carta, che si tocca, si porta sempre
con sé, esprime meglio di tutto ciò che è digitale l’idea di legame, di appartenenza.
Conclusioni
Il giornale di carta non è morto. Non ancora. Non va abbandonato. È il mezzo che rende ancora
economicamente. Bisogna trovare le forme possibili di integrazione e di presenza nel
“continente” digitale.
Il web non deve essere trascurato, perché è una nuova via di evangelizzazione. Bisogna però essere
molto oculati, valutando bene gli investimenti da fare. Soprattutto è utile e importante la presenza
nei social network come Facebook e Twitter.
I nostri giornali diocesani devono continuare a fornire soprattutto informazione per il proprio
territorio. Mantenendo il loro carattere popolare, il loro essere voce della gente e non di questo o
quel politico, di questo o quel gruppo. Bisogna parlare alle persone e non agli addetti ai lavori, di
qualsiasi tipo essi siano. E il linguaggio deve essere sempre più semplice, narrativo. La gente vuole
leggere storie, esperienze, esempi.
Dobbiamo avere fiducia, non scoraggiarci. Abbiamo come giornali cattolici un contenuto, un
messaggio straordinario. Quello del Vangelo, quello della nostra fede. Deve essere evidente, così
che possiamo far emergere per quello che siamo. L’importante è crederci.
*Direttore di Gazzetta d’Alba della Diocesi di Alba, condirettore di Famiglia Cristiana, direttore
del settimanale Credere
L'ESPERIENZA DI WWW.TOSCANAOGGI.IT
Claudio Turrini *
Il sito di TOSCANA Oggi (www.toscanaoggi.it) esiste in forma sperimentale e statica dal 15
ottobre 2000, concepito soprattutto come una vetrina del settimanale in edicola e come strumento
per alcuni servizi aggiuntivi.
Nell'autunno 2001, dopo un'indagine tra i lettori che avevano mostrato interesse per una presenza di
Toscana Oggi in rete, fu preparato un progetto, poi approvato dalla Cet e dal marzo 2002
approdammo in rete con una versione dinamica, curata da Sinedita. Da allora - sono ormai 11 anni il sito è sempre stato aggiornato, ogni giorno, domeniche e feste comandate comprese. Era stato
concepito come un’estensione del settimanale, riproducendo alcuni articoli considerati importanti
del cartaceo, ma soprattutto fornendo aggiornamenti quotidiani e un’ampia documentazione di
supporto, con le caratteristiche tipiche del web (link).
Poi nel 2007 ci fu un restyling completo e un adeguamento di tecnologia (da asp a php).
Alla fine del 2009, fu deciso di sperimentare una forma di distribuzione online su abbonamento del
settimanale cartaceo. La scelta cadde su Calamèo, un sito che permette di trasformare i pdf in flash
e di tenerli riservati come indirizzi. Solo a fine gennaio 2010 il servizio è stato disponibile ed è stato
offerto gratuitamente per tre mesi agli abbonati (una cinquantina le richieste). Alla fine del 2011
avevamo 260 abbonamenti attivi, di cui 142 a titolo oneroso e 25 attivati con l'opzione
abbonamento amico (totale: 167 abbonati).
Negli ultimi mesi del 2011 stavamo già pensando ad un nuovo restyling. Non solo dal punto di vista
grafico, ma anche dei servizi offerti e del posizionamento. Dal 2007 c’era stata l’irruzione dei social
network, prima facebook (lanciato nel febbraio 2004, nel 2007 era già tra i 10 siti più visitati del
mondo, anche se in Italia si diffonde dal 2008 ) e poi twitter (nato nel 2006, e diffusosi in Italia
soprattutto dopo il 2010). Ma c’era soprattutto il nostro progetto di Agenzia multimediale regionale,
che stava prendendo corpo. Frutto anche del lavoro di coordinamento delle emittenti cattoliche o
vicine al nostro mondo fatto dal settimanale nel momento molto delicato del passaggio della Toscana
al digitale terrestre. Così avevamo progettato di utilizzare una parte delle risorse redazionali del
settimanale per la produzione di servizi video da pubblicare sul sito e da mettere a disposizione delle
emittenti tv, in particolare Tsd di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e Tv Prato (che poi sono le due tv
diocesane presenti in Toscana). Il progetto, come spesso accade nel nostro mondo, camminò con un
po' di lentezza e solo nella riunione della Cet di un anno fa (16-17 aprile 2012) arrivò il via libera da
parte dei vescovi toscani, che sono i nostri editori. Avevamo già un progetto e un preventivo per
aggiornare il sito e pensavamo di continuare con l'esperienza precedente (Sinedita, poi trasformatasi
in yooplus), che a dire il vero era stata del tutto soddisfacente.
Poi, al Consiglio nazionale in Sardegna dello scorso giugno, approdò finalmente il progetto elaborato
da SiCei e Ids Unitelm per conto della Fisc, grazie soprattutto al lavoro fatto da Claudio Mazza. E
capimmo subito che sarebbe stato strategico per il nostro settimanale, oltre che per la Fisc, puntare su
un progetto di quel tipo. Chiamammo prima Leo Spadaro (SiCei) poi Gianluca Cantergiani (IdsUnitelm) manifestando il nostro interesse, ma anche l'esigenza di partire subito. Ci incontrammo a
Firenze nel giro di una settimana e ci trovammo d’accordo nel rischiare qualcosa entrambi: noi
aderendo ad un progetto nuovo per il quale avremmo fatto da cavia, e che poteva anche esaurirsi lì.
Per loro, fare un investimento nella predisposizione della piattaforma senza avere la certezza che altri
settimanali, nel numero previsto per la sostenibilità del progetto, potessero aderire.
Abbiamo lavorato sodo già dal mese di agosto e poi in settembre e ottobre, perché la tecnologia c'era
(è basata su un Csm open source, Ez publish) , ma la piattaforma era fortemente innovativa (grafica
responsiva) e andava messa a punto. Il 31 ottobre 2012, mentre nella Fisc si discuteva ancora sulla
praticabilità del progetto (ci incontrammo in quel giorno a Bologna con i vertici della Fisc, IdsUnitem, Open Content e SiCei), il nuovo sito è andato on line, recuperando anche tutto lo storico delle
notizie, delle foto, dei link del vecchio sito (circa 30 mila notizie e 8 mila tra foto e altri oggetti).
Lo stesso giorno nasceva Toscana Link, il consorzio tra le due emittenti televisive Tsd e Tv Prato,
con la partnership del settimanale Toscana Oggi, per produrre insieme programmi e condividere
progetti. Le prime realizzazioni, sono state Terra Santa Link, un programma settimanale sulla Terra
Santa e Le radici del futuro, in collaborazione con l'assessorato regionale all'agricoltura. Ma giusto
per far capire meglio il livello di collaborazione, questa settimana una troupe composta da un
tecnico di Tv Prato e un giornalista di Toscana Oggi ha seguito a Roma la visita ad limina dei
vescovi toscani, producendo servizi aperti per tutte e due le emittenti e chiusi per il nostro sito, sia
scritti che in video. Abbiamo anche attivato una collaborazione con Tv2000 per servizi chiusi e
aperti a tutto campo (dallo sport allo spettacolo). E anche con la Rai regionale (es. interviste ai
vescovi, eventi significativi della vita ecclesiale).
Un’altra esperienza che abbiamo tentato è quella della rassegna stampa del settimanale Toscana Oggi,
che viene confezionata sia per la radio che per la televisione e che viene anche pubblicata sul nostro sito.
Perché abbiamo fortemente creduto in questo progetto opencontent-idsUnitelm?
Perché c'è bisogno di fare rete in un campo in cui l'innovazione è continua e richiede continui
riposizionamenti e aggiustamenti; in cui l'esperienza delle nostre testate non esiste o è minima e a
maggior motivo va condivisa. Oggi ci sono tanti strumenti per gestire siti. Alcuni anche gratuiti o
quasi. Nelle nostre diocesi ci sono anche giovani con passione e competenze informatiche, capaci di
metter su un sito. Ma questi elementi non bastano se vogliamo davvero raccogliere la sfida della
comunicazione in rete. Occorre un di più, che solo un progetto unitario, che coinvolge un buon
numero di attori, può garantire. Dobbiamo essere in grado di rispondere velocemente ad ogni tipo di
novità che irrompe nella rete, dai sistemi operativi, ai supporti di navigazione, agli strumenti di
condivisione di notizie.
Per terminare segnalo qui alcuni problemi aperti, che richiederebbero un ulteriore approfondimento.
- Integrazione con i social network. A prescindere dal giudizio che possiamo avere di twitter,
facebook, yootube (etc.) in questo momento non possiamo essere in rete senza fare i conti
con loro. Facebook è la piattaforma che ci crea più problemi (sia di privacy, non
sufficientemente tutelata, che di condivisione in contesti non graditi, ma anche per
l’algoritmo che fb usa per la condivisione delle nostre notizie sulle bacheche di chi ci segue
e che sfugge al nostro controllo) ma è quella dove tanti italiani, soprattutto nelle fasce
giovanili, passano ore e ore. Alcune grandi testate, come Washington Post e Guardian, lo
hanno abbandonato, sostituendolo con ambienti social proprietari. È anche importante
adottare strategie giuste di pubblicazione e di interazione con gli amici o i follewers. La
potenzialità è immensa perché apre la strada ad un rapporto diverso tra la redazione del
settimanale e il pubblico dei lettori (o meglio degli utenti).
- Quasi insignificanza della vendita di pubblicazioni digitali in Italia. Per il momento non
possiamo sperare che se ci apriamo all’abbonamento digitale alla nostra testata cartacea,
risolviamo il problema del calo generalizzato di abbonamenti. Però da gennaio 2013 Ads
certifica anche le copie distribuite in modo digitale nei suoi bollettini mensili e questo è un
segnale di potenzialità. E già a febbraio, ultimo dato disponibile, si nota una discreta crescita
rispetto al mese precedente. Non credo che le modalità di distribuzione attuali
(sostanzialmente pdf, resi sfogliabili con varie tecnologie) siano quelle ottimali. Nei
prossimi mesi potremmo avere anche grosse sorprese. Il diffondersi della smart tv è già un
primo passo in avanti. È però importante farsi un’esperienza anche in questo campo,
sperimentare strategie e modalità di distribuzione. Perché probabilmente quotidiani e
periodici non scompariranno, ma difficilmente continueranno ad essere distribuiti secondo la
filiera classica (stampa in rotativa e poi consegna per posta o tramite edicola)
- Democrazia in rete. Apparentemente in internet siamo tutti sullo stesso piano. Non è come
in edicola, dove le nostre testate finiscono dietro a quelle più forti… Eppure se guardiamo i
dati vediamo che i big dominano anche sul web (es. il sito della Stampa ha fatto notevoli
passi in avanti in questi ultimi mesi, ma rimane ancora molto indietro rispetto a quelli di
Repubblica e Corriere). E dobbiamo aver consapevolezza che i motori di ricerca non sono
così trasparenti come vorrebbero farci credere…
- Il pubblico della rete. È diverso per il digital divide da quello del cartaceo. Per ora sono
soprattutto giovani, benestanti, molto istruiti. Però gli ultimi dati di Audiweb (dicembre
2012) ci dicono che l’online raggiunge quasi l’80% della popolazione italiana tra gli 11 e i
74 anni. E tra i giovani (11-34 anni) sono il 92% i navigatori. Si tratta di un qualcosa come
14,1 milioni di utenti attivi in un giorno medio, collegati per 1 ora e 25 minuti con 136
pagine viste per persona. Nel mese di dicembre 2012 sono state 45,9 milioni le stream views
e 5,9 milioni gli utenti che hanno visualizzato almeno un video (nel giorno medio 1,5
milioni le stream views). Nell’allestire un sito online che si rifà alla nostra testata, dobbiamo
tener conto che il target è diverso da quello dei nostri abbonati al cartaceo.
- Cosa si cerca in rete. Guardare le classifiche del 2012 stilate dal motore di ricerca google ci
può far sorridere (http://www.google.com/intl/it/zeitgeist/ 2012/#italy): ai primi due posti
del Come si fa…, troviamo, ad esempio: fare sesso e fare un clistere. In Italia i siti di
informazione che vanno per la maggiore utilizzano la terza colonna della home page, detta
anche colonna leggera, per tutto ciò che è curioso o pruriginoso (da Belen nuda alla papera
del portiere di calcio). Ma non può essere questa la nostra strada. Certo, su
www.toscanaoggi.it queste cose gli utenti non le trovano e questo – ne dobbiamo essere
consapevoli – ci penalizza nel traffico. È anche vero però che mentre sul cartaceo quello che
pubblichiamo ha una vita minima (meno di una settimana) sul web diventa quasi eterno. Il
servizio sui proverbi della Candelora che noi abbiamo pubblicato diversi anni fa è stata la
pagina più cercata nei primi giorni di febbraio del nostro sito con punte anche di 2 mila
visitatori al giorno. Chi lo avrebbe cercato o letto nella collezione di Toscana Oggi
conservata in una biblioteca? Abbiamo un patrimonio informativo nei nostri settimanali che
in rete, magari tradotto nel linguaggio e adattato nelle modalità (reso ipertesto) può
assumere una nuova vita.
- Sostenibilità del progetto. Questo è il vero punto dolente. Credo che nessuno – anche tra i
big - per ora abbia trovato la ricetta giusta, ma quasi tutti si muovano per tentativi. I ricavi
da pubblicità sono bassi. I tentativi di fornire sezioni o servizi a pagamento (escluso il
discorso abbonamento al cartaceo) si scontrano con la mentalità diffusa e alimentata in
questi anni del tutto gratis. C’è poi il ritardo in Italia sul fronte dei micropagamenti. Però è
vero che anche i costi sono bassi, purché si possa contare soprattutto su risorse umane già
presenti in azienda o comunque a noi legate da collaborazione..
Sbarcare in rete nell'immediato non risolve nessuno dei nostri problemi esistenziali e anzi ci
crea qualche problema in più (sicuramente ci fa lavorare di più e in modo diverso). Ma
l'alternativa è solo rinunciare alla nostra missione (che non è guadagnare, ma fare
comunicazione nella Chiesa e tra la gente del nostro territorio) per votarsi ad una rapida
eutanasia. Siamo proprio disposti a morire senza aver tentato di fare il possibile per
sopravvivere o rilanciarsi?
*Web master di Toscana Oggi
REPLICA DI LUIGI CARLETTI
Quando nel mio intervento dicevo che rispetto ad internet, nessuno ha trovato il modello ideale,
facevo una constatazione. Si tratta di seguire i modelli più virtuosi e di osservare la realtà che
abbiamo intorno a noi, prendendo il buono, cioè quello che si adatta alle nostre specifiche esigenze
e realtà. Il dibattito in corso è questo: come far pagare i contenuti. Orami Repubblica e Corriere –
così come altre testate – hanno intrapreso una strada dalla quale non si torna indietro. Gli utenti oggi
pagano su internet cose molto specifiche e relative a settori molto particolari. Sull’informazione, il
futuro è dare dei contenuti che abbiano una particolarità, una specificità tali che permettano i micropagamenti. In questo caso l’utente accetta di pagare. Ma pensare oggi di mettere a pagamento il sito
del Corriere o di Repubblica, a mio parere sarebbe un bagno di sangue, perché vorrebbe dire
perdere automaticamente gran parte degli utenti e perdere gran parte della pubblicità, che è stata
costruita per quel sito e per quel modello di business, a favore di altri siti, perché alla fine le
informazioni generaliste si trovano su tutti i siti. Capire come può funzionare questo sistema, è un
problema che hanno tutti. Alcuni ci sono riusciti attraverso forme graduali di pagamento, perché
hanno dei contenuti che gli utenti accettano di pagare. È il caso del New York Times, del Wall Street
Journal, del Sole 24 Ore – tra le testate italiane – perché comunque ha una sua specificità.
Se qualcuno pensasse di snaturare la propria identità rispetto ai contenuti – ricorrendo magari ai
modelli dei siti che inseguono il gossip - sconsiglierei di farlo.
La vostra forza consiste, a mio parere, in alcune cose: presenza sul territorio e riconoscibilità;
tradizione e storia della testata, di cui non cambierei mai il nome; la capacità di fare rete, non
schiacciando un bottone e modificando le specificità, ma esaltandole e facendo sistema in modo
policentrico ovvero una rete in cui i singoli sono quello che sono sempre stati. Per tutto questo serve
un progetto, perché la tecnologia, per quanto possa consentire di fare molte cose, è sempre uno
strumento al servizio delle idee e dei progetti, che si fanno prima di tutto sull’identità e sui
contenuti. A mio parere, quindi, bisogna partire da un progetto che spieghi chi siamo, che cosa
vogliamo fare e a chi ci vogliamo rivolgere. Costruito il progetto e individuati i contenuti, si
sceglierà la tecnologia più adatta. Presentarsi in questo modo sul mercato – uso questo termine nella
sua accezione più ampia e più nobile possibile – come sistema che è in grado di far dialogare le sue
differenti realtà locali e che localmente rispetta le specificità, è questa la vera sfida. Non è un
compito impossibile. Altri lo hanno fatto. Voi non siete 13 o 14 soggetti. Siete quasi 200 testate.
Questo è il criterio da seguire non solo per il Web, ma è da realizzare anche per quanto riguarda la
carta stampata. A quel punto, voi diventate una potenza, con la consapevolezza di esserlo. Salvo
casi in cui non vi sia un’ovvia e un’evidente convenienza, non andrei a creare nuove testate. In
qualche caso, semmai, andrei a recuperare vecchie testate.
Un punto che non è stato affrontato è quello cosiddetto della coda lunga. Che cos’è? È la possibilità
di dare ai contenuti una vita molto più lunga di quanto non l’abbiano sulla carta. Un giornale ha un
suo arco di vita di 24 ore, un settimanale di qualche giorno, su internet i contenuti continuano a
vivere e ad essere consultati teoricamente per sempre. Qual è un esempio di sito, portale o social
network che vive sulla coda lunga? You Tube ha contenuti media che consentono di visionare i
vecchi Caroselli o altre cose di un certo tipo. Ognuno di noi, in casa propria, ha dei contenuti che
portati on line hanno un valore e possono continuare ad essere visti, consultati nel tempo, molto al
di là della loro vita sulla carta stampata. Questa è una riflessione che molti non fanno. Mi ricordo
che quando lavoravo nel Gruppo Espresso, andai a trovare i responsabili de La Gazzetta di Mantova
– che, come sapete, con la Gazzetta di Parma, si gioca il primato di giornale più antico d’Italia – e
scoprii che pubblicava le cronache della Rivoluzione Francese. Quanto vale quel contenuto, una
volta digitalizzato e portato on line? Arrivo a dire che forse per un contenuto del genere, ci potrebbe
essere anche qualcuno disponibile a pagare. Questo è un punto da coltivare: i vecchi archivi, le
vecchie cose che ognuno ha. Si tratta di stendere l’argenteria sulla tavola: guardarsi in casa e capire
che siamo molto più ricchi di quanto non pensiamo.
REPLICA DI CLAUDIO TURRINI
Mi collego a quello che adesso diceva Luigi Carletti. Mi sono stupito guardando le pagine più lette
del mio sito: al primo posto, La Candelora, storia e tradizione. È un contenuto di sei o sette anni fa
e abbiamo visto che nei giorni della Candelora, avevamo picchi di 1.000-2.000 persone che
andavano a leggere quelle pagine. Al secondo posto, le Elezioni politiche e la guida al voto: una
pagina di servizio. Poi, Elezioni in Toscana, ecco gli eletti al 100%: questo è un servizio di cinque
anni fa. Potrei continuare.
Effettivamente, quello che diceva Carletti, è verissimo. Noi dobbiamo riuscire a valorizzare un
patrimonio ricchissimo della carta stampata. Dobbiamo sfruttare la nostra argenteria, al meglio.
Mimmo Delle Foglie ha espresso ieri un sogno, quello di fare un portale. Noi diciamo una cosa
diversa: mettiamo a disposizione di tutti un software, che può comportare per tutti ricadute
immediate di personalizzazione, innovazione e adeguamento, per fare ciascuno quello che vuol fare.
Bisogna partire da un progetto che è aderente alle proprie forze, al proprio territorio, alla propria
tradizione, alla propria storia: ognuno può trovare la strada più diversa, in base a questi presupposti.
Avere una piattaforma omogenea, favorisce un interscambio. Quando si parla di rete, non si vuole
proporre di fare il Toscana Oggi dei settimanali. Parliamo di una cosa completamente diversa.
Quella che proponeva Mimmo Delle Foglie – mettiamo tutto quello che produciamo in un contesto
unico - può essere un’idea interessante.
Sul discorso di Toscana Oggi, voglio essere molto chiaro. La Toscana è la regione più secolarizzata
del paese È una regione molto difficile. È vero che una volta gli estremi erano Vicenza e Livorno e
oggi il divario si è notevolmente affievolito: oggi, la pratica religiosa di Vicenza è arrivata quasi al
livello di Livorno. Però, c’è da tener presente che in Toscana abbiamo delle Diocesi con 40
sacerdoti, la maggior parte anziani. Può esistere un settimanale diocesano in quelle Diocesi? No. Se
non ci fosse stata la formula di Toscana Oggi – che compie trent’anni a dicembre – non avremmo
un settimanale diocesano. Ma è una formula adatta per quel territorio. Se l’avessimo adottata nel
Triveneto, avremmo fatto una sciocchezza. Se andiamo a guardare la storia, osserveremo che i
consorzi sono sempre esistiti: la nostra realtà è tale, che se non ci fossimo messi insieme, non
saremmo riusciti a sopravvivere.
REPLICA DI DON ANTONIO RIZZOLO
Voglio solo dire, in conclusione, due cose. Il mondo dell’informazione cattolica consente di fare
veramente molto, ciascuno con la propria identità ed è questa la questione fondamentale. Sia che si
tratti del giornale di carta, sia che si tratti di internet, la nostra fede ci identifica e la ricchezza che
tutti noi abbiamo ci consentirà di essere ancora presenti.
CONCLUSIONI
don Ivan Maffeis *
Gli Altri, il settimanale diretto da Piero Sansonetti, la scorsa settimana usciva con un editoriale
dove, fra l’altro, si leggeva: «La crisi che morde l’Europa ha le sue ripercussioni anche su questo
nostro piccolo giornale. Non vogliamo mollare ma, senza contributi pubblici e senza editore, siamo
costretti a ridimensionarci. Dal prossimo numero (che è quello di ieri, ndr) taglieremo molte piazze
della distribuzione… È il prezzo che paghiamo tutti, noi che lo scriviamo e voi che lo leggete (…)
alla libertà di pensiero (….). Ma non esiste solo l’edicola. Gli Altri viene pubblicato in versione pdf
sul sito e basta abbonarsi per poterlo stampare e leggere comodamente».
Sempre la scorsa settimana, usciva il primo numero di Credere: come ci spiega don Antonio Rizzolo,
«la carta stampata ha ancora un valore... In un contesto segnato da una crisi che è anche culturale e
spirituale, il giornale è punto di riferimento, a patto che abbia chiara la sua identità cristiana e sappia,
quindi, costruire un legame con i lettori, con un linguaggio semplice e uno stile fresco e moderno».
Due esempi tra i tanti sotto gli occhi di tutti. Un settimanale che chiude le piazze di distribuzione e
punta sulla possibilità di scaricare il giornale in pdf. Un settimanale che apre e punta sull’edicola e
sulla distribuzione in parrocchia.
Le nostre testate hanno – tutte – un solido bagaglio di identità ecclesiale, di radicamento sul
territorio, di esperienze umane e professionali, di storia, di presenza persino centenaria, caro don
Vincenzo Tosello e amici di Nuova Scintilla, testata attorno a cui in questa occasione si stringono
le altre 185 della FISC.
Tutto questo oggi è chiamato a confrontarsi con quel novum che è costituito non solo dal calo degli
introiti pubblicitari, dall’abolizione delle tariffe postali agevolate e dal drastico taglio dei contributi
pubblici all’editoria – risorse finora essenziali per assicurare quel bene irrinunciabile che è il
pluralismo informativo –; il novum, come abbiamo sentito fin dai primi interventi di questo
Convegno, è costituito anche da un’opinione pubblica che sembra aver voltato le spalle a
Gutenberg, dalla pretesa del tutto free, da un ecosistema dell’informazione e della comunicazione
basato in larga parte sulla connessione alla rete senza soluzione di continuità…
Questo Convegno ha contribuito a dar voce alla comune volontà di non avere paura del confronto con
questo tempo: non possiamo più evitare di chiederci come un articolo confezionato per la versione
cartacea possa essere efficace anche online e, quindi, come possa essere promosso sui social network…
Pur con passo diverso, con ritardi e difficoltà, siamo impegnati a reagire, a guardarci attorno e dentro
con onestà, con la disponibilità a riposizionarci, aperti alle possibili e necessarie innovazioni, aiutandoci
a coniugare l’informazione tradizionale con le tendenze e le opportunità dell’era digitale, senza sminuire
il valore e il peso di quanto abbiamo costruito fino a questo momento.
Crediamo, infatti, nel valore delle nostre redazioni e nella trama di relazioni sociali, culturali ed
ecclesiali che nei nostri giornali trova punto di riferimento.
Crediamo nell’analisi e nell’approfondimento dei fatti, certamente con stile più agile e sobrio, senza che
questo significhi appiattimento su logiche di corto respiro, quasi che tutto debba essere sempre detto e
spiegato nei 140 caratteri di un tweet; e, al contempo, senza nemmeno ignorare con finta superiorità
questa forma di comunicazione che costruisce nuove forme di comunità e di fidelizzazione.
Crediamo che l’obiettivo di offrire contenuti, insieme alla proposta di chiavi di lettura, siano
ingredienti fondamentali. Garantiscono la qualità, l’autenticità, l’autorevolezza e la credibilità della
nostra informazione e giustificano l’abbonamento o l’acquisto dei nostri giornali.
Il nostro lavoro sta rapidamente cambiando. Sarà – è già – diverso. «La rete – ricordava Francesco
Zanotti introducendo questo Convegno – ha modificato, modifica e modificherà il nostro rapporto
con l’informazione».
Con la disinvoltura con cui siamo abituati a usare block notes e biro, abbiamo imparato a prendere
confidenza con i programmi dell’informazione digitale, a costruire redazioni multimediali, che ci
aiutano a mantenere un rapporto vivo con i lettori e a raggiungerne di nuovi.
Il desiderio di partecipazione – per cui in molti si sentono abilitati a riprendere, a trasmettere e a
condividere la realtà di cui sono protagonisti, postando commenti, foto, audio e video o aprendo
forum online… – può forse essere uno stimolo a curare e valorizzare la rete dei nostri collaboratori,
qualificando le antenne e i punti di vista nel nostro cercare verità raccontando i fatti.
Si tratta di ripartire con umiltà e impegno, per contribuire a reinventare la professione, facendo
tesoro di quello che di positivo sta accadendo: i nostri giornali sono stati fucine di professionisti,
che sono andati poi ad arricchire le altre testate: non è forse anche questo un compito ancora
possibile, oltre che necessario?
Siamo davanti a un cambio culturale – come emergeva dall’intervento di Chiara Giaccardi – che
impone una nuova organizzazione delle nostre redazioni, la disponibilità e l’abilità a muoversi su
una molteplicità di piattaforme, la realizzazione di applicazioni che, mentre consentono la fruizione
di contenuti su dispositivi mobili, richiedono un nuovo modo di scrivere e di raccontare per non
rinunciare a stimolare il nostro lettore, aiutandolo a pensare, ad andare in profondità.
Siamo consapevoli che non servono accorgimenti superficiali, come non basterà affiancare
all’edizione cartacea quella digitale. Dobbiamo aiutarci a intraprendere l’integrazione tra il lavoro,
per così dire, tradizionale e quello della redazione online, evitando che siano due mondi separati.
Traghettatori, diceva Luigi Carletti: per cui taccuino e biro sono chiamati a tener conto che «ci sono
fatti che meritano di venire documentati con foto e video; ci sono interviste e circostanze nelle quali
una registrazione audio è preziosa; ci sono eventi che si prestano all’uso del materiale amatoriale
prodotto dai nostri lettori» (M. Gaggi-M. Bardazzi, L’ultima notizia, Rizzoli 2010, pp. 223-224).
Qui, a livello di comunicazione integrata, si inserisce l’esempio virtuoso – ricordato da mons.
Giuliodori – di Avvenire, come di tanti nostri settimanali: sono oltre 70 le nostre testate che hanno
un sito, alcune con profili d’eccellenza. In questa direzione abbiamo ascoltato Ferruccio Pallavera
de Il Cittadino e Claudio Turrini di Toscana Oggi; altri dei presenti potrebbero aggiungere la
ricchezza della loro esperienza.
Il qualificato lavoro del Sir, eredità della professionalità a tempo pieno di Paolo Bustaffa, si misura
oggi con la sensibilità e la competenza di Mimmo Delle Foglie, attento a valorizzare le possibilità di
informazione, di scambio e di relazione del nuovo ambiente. In questa prospettiva si inserisce anche
la proposta di quest’ultimo di costituire – Sir e settimanali diocesani – un network digitale che dia
possibilità in tempo reale di accesso dal nazionale ai territori e disponibilità dell’offerta informativa
dell’agenzia nei siti dei settimanali.
Si profila una nuova stagione anche per la Federazione, una stagione che vogliamo vivere insieme,
offrendo come Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI la disponibilità a esserci e a
condividere: questo è un tempo nel quale è decisivo non solo non sottrarsi, ma accettare di fare
quasi da perno al cambiamento. Per accompagnarlo, per provare a guidarlo, per sostenere quanti
hanno il passo più corto. Va in questa prospettiva il progetto FISCWEB, volto a facilitare la
presenza su internet dei nostri settimanali, attraverso una piattaforma che offre tutte le funzioni oggi
attese da chi naviga in rete, con versioni per il mobile. Emblematica dell’attenzione della CEI è
anche la stessa scelta di dedicare uno spazio nel corso della prossima Assemblea Generale alla
riflessione sulla situazione dei nostri settimanali diocesani.
C’è anche da aiutare le nostre diocesi a guardarsi da sirene che affascinano con il loro enorme
potenziale innovativo, ma che – almeno fino a questo momento – coinvolgono ancora solo
parzialmente i nostri lettori. E che, in ogni caso, non sono scialuppe che possono sostituire le
carrette delle nostre testate…
Certamente, mentre celebriamo un glorioso centenario, non vogliamo né possiamo sederci sul
passato. Con occhi spalancati, sulle prospettive aperte dalla tecnologia e dai nuovi modelli
informativi, viviamo i rischi e le opportunità di questa stagione, segnata da una transizione che
domanda di muoversi rapidamente nella prospettiva dell’integrazione.
Abbiamo tutti i requisiti per abitare questo tempo e trasformarli in luoghi di testimonianza e di
annuncio del Vangelo, forti delle relazioni di stima, di collaborazione e di amicizia tra noi; forti di
una cultura attenta alla persona e a ciò che costituisce il bene comune. Valori, beni immateriali, ma
altrettanto essenziali. Per tutti.
*Vice-Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI