INFORMAZIONE IN RETE: CARTA STAMPATA E WEB
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INFORMAZIONE IN RETE: CARTA STAMPATA E WEB
INFORMAZIONE IN RETE: CARTA STAMPATA E WEB CONVEGNO NAZIONALE DELLA FISC (FEDERAZIONE ITALIANA SETTIMANALI CATTOLICI) IN OCCASIONE DEL CENTENARIO DE LA SCINTILLA – NUOVA SCINTILLA GIOVEDÌ 11 - SABATO 13 APRILE 2013 AUDITORIUM COMUNALE SAN NICOLÒ – CALLE SAN NICOLÒ, CHIOGGIA (VE) HOTEL AIRONE, LUNGOMARE ADRIATICO – SOTTOMARINA INDICE Giovedì 11 aprile 2013 – Prima Giornata PRESENTAZIONE GRAZIE A NUOVA SCINTILLA A NOME DELLA CITTÀ Giuseppe Casson Sindaco di Chioggia IL RUOLO DELLA STAMPA LIBERA Lucio Gianni Assessore dell’Attività Produttive della Provincia di Venezia LA STAMPA CATTOLICA NELLA DIOCESI Mons. Vincenzo Tosello Direttore di Nuova Scintilla NUOVA SCINTILLA SU INTERNET Rossano Bertocco Web Master di Nuova Scintilla UNA RETE NELLA RETE PER CONTINUARE A DIRE LA NOSTRA GIOIA Francesco Zanotti Direttore di Corriere Cesenate della Diocesi di Cesena e Presidente della FISC PROLUSIONE S.E. mons. Claudio Giuliodori Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali LA NEUTRALITÀ DELL’INFORMAZIONE Carlo Alberto Tesserin Presidente della Commissione Statuto e Regolamento della Regione Veneto IL RUOLO DEI LETTORI S.E. mons. Adriano Tessarollo Vescovo di Chioggia Venerdì 12 aprile 2013 – Seconda giornata TAVOLA ROTONDA QUALE GIORNALISMO NELL’ERA DIGITALE? INTRODUZIONE Don Bruno Cescon Moderatore, Vice Presidente della FISC, Direttore del settimanale Il Popolo della Diocesi di Concordia-Pordenone DOBBIAMO SPERARE CONTRO LA SPERANZA E IMMETTERE CONTINUAMENTE IL BENE NEL MONDO Chiara Giaccardi Docente ordinario alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di Scienze della Comunicazione) Università Cattolica – Milano GUARDARE AL FUTURO CON SLANCIO, CON CORAGGIO, SENZA PAURA Ferruccio Pallavera Direttore del quotidiano Il Cittadino della Diocesi di Lodi IL PRIMO NETWORK DIGITALE ITALIANO Domenico Delle Foglie Direttore dell’Agenzia Sir L’IMPEGNO Giuseppe Rusconi Giornalista e scrittore BABELE – IL CAOS DELLE INTERCETTAZIONI Orazio Mezzio Giornalista, già Sindaco di Sortino Sabato 13 aprile 2013 – Terza Giornata TAVOLA ROTONDA LETTORI E INTERNAUTI, UN NUOVO MODO DI INTENDERE LA COMUNICAZIONE INTRODUZIONE Carlo Cammoranesi Direttore del settimanale L’Azione della Diocesi di Fabriano e Coordinatore della Commissione Cultura della FISC UNA STRATEGIA CULTURALE COMUNE Luigi Carletti Esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy PARLARE ALLE PERSONE, NON AGLI ADDETTI AI LAVORI Don Antonio Rizzolo Direttore di Gazzetta d’Alba della Diocesi di Alba, condirettore di Famiglia Cristiana, direttore del settimanale Credere L'ESPERIENZA DI WWW.TOSCANAOGGI.IT Claudio Turrini Web master di Toscana Oggi REPLICA DI LUIGI CARLETTI REPLICA DI CLAUDIO TURRINI REPLICA DI DON ANTONIO RIZZOLO CONCLUSIONI Don Ivan Maffeis Vice-Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI PRESENTAZIONE Nel centenario di fondazione de La Scintilla – Nuova Scintilla, si è svolto a Chioggia, dall’11 al 13 aprile 2013, il convegno Informazione in rete: carta stampata e web, promosso dalla FISC (Federazione italiana dei settimanali cattolici), che si è tenuto nella prima giornata all'Auditorium comunale S. Nicolò, nel centro storico della città e nelle due giornate successive, all’Hotel Airone. Nella prima giornata, dopo i saluti di Giuseppe Casson, Sindaco di Chioggia e Lucio Gianni, Assessore Attività Produttive Provincia di Venezia, sono intervenuti: mons. Vincenzo Tosello, Direttore di Nuova Scintilla; Rossano Bertocco, Web Master di Nuova Scintilla; Francesco Zanotti, Direttore del Corriere Cesenate e Presidente Federazione Italiana Settimanali Cattolici; S.E. mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali. mons. Vincenzo Tosello, Direttore di Nuova Scintilla, ha ripercorso i cent’anni della testata, insieme alla storia dei giornali della Diocesi. Era il 6 luglio 1913 quando usciva il primo numero del quindicinale La Scintilla, diretto da don Angelo Paternostro, promosso dalla Direzione diocesana dell’Azione Cattolica e sostenuto dal vescovo di allora, mons. Antonio Bassani. Uscì per alcuni anni - fino al 1917 - mentre nel 1918 venne fondato il Bollettino diocesano, tuttora stampato. Seguì un altro settimanale diocesano, Il Foglietto della Domenica (1939-1943) e il 23 dicembre 1945 uscì il primo numero dell’attuale Nuova Scintilla, che si rifece direttamente al periodico del 1913. Fu diretto fino al 1960 dallo stesso fondatore, mons. Mario Alfieri, quindi fu affidato a mons. Agostino Bonivento, che lo diresse fino al 3 gennaio 1982, essendo stato chiamato a Roma come assistente centrale della FUCI (Federazione universitaria cattolica italiana). Dal 10 gennaio di quell’anno lo firma mons. Vincenzo Tosello. «Negli ultimi decenni – ha affermato tra l’altro mons. Tosello - il giornale si è incrementato come numero di pagine, presenza di collaboratori e abbondanza di servizi, interessandosi di tutto il territorio diocesano – che comprende zone delle provincie di Rovigo e di Venezia - oltre che della vita delle comunità cristiane, promuovendo la conoscenza e il dialogo fra tutti, apprezzato anche al di là della cerchia ecclesiale». Come ha detto nel suo intervento Rossano Bertocco, Web Master di Nuova Scintilla, «Dal 2010 il settimanale ha attivato il sito internet (www.nuovascintilla.com) e si è realizzata anche la presenza in twitter (dove sono stati inseriti, al 14 marzo 2013, ben 5000 tweet al ritmo di circa 7 brevi note quotidiane); mentre nel novembre 2011 è stata aperta una pagina in facebook, molto seguita». «Giornali di carta e Rete sono destinati a viaggiare insieme, non per combattersi, ma per richiamarsi a vicenda», ha affermato aprendo i lavori del Convegno il Presidente Nazionale della FISC e direttore del Corriere Cesenate, Francesco Zanotti, il quale ha sottolineato «la gioia di festeggiare l'anniversario di uno dei nostri giornali: un secolo di vita non è uno scherzo, per portare avanti e migliorare la nostra missione, nel solco percorso fin qui, con lo sguardo rivolto al futuro, ben radicati in un passato solido, per lunghi tratti glorioso. Infiniti auguri a ‘Nuova Scintilla’, al suo direttore Vincenzo Tosello e a tutta la sua squadra. E grazie mille di cuore per l'ospitalità che ci avete preparato, oggi come venti anni fa». Il presidente ha centrato il suo intervento sulla necessità di costituire una rete nella rete tra settimanali diocesani. «La Rete – ha detto Zanotti - ci interpella, ci chiama in causa, ci interroga, ci stimola, ci toglie il sonno, ci inquieta. Ci mette anche sul chi vive, ci tiene svegli. Mette in discussione tutto il nostro modo di essere, di fare i giornali e di essere giornalisti, oggi nel 2013, con gli smartphone e i tablet che impazzano ormai ovunque, anche sui banchi di scuola. Intendiamoci, non è poi ancora così diffusa la Rete, come a volte si vuole fare intendere, ma è certo che ha modificato, modifica e modificherà il nostro rapporto con l'informazione. Non solo nostro, ma soprattutto, quello dei nostri lettori». Nei confronti della Rete – ha affermato nella sua prolusione S.E. mons. Claudio Giuliodori, Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali - «serve un’attenta analisi dei fenomeni in atto nel campo della multimedialità e nel contempo una lungimirante lettura dei possibili sviluppi al fine di orientare le scelte nell’ambito della stampa diocesana». «Le vendite risentono – ha aggiunto - della minore disponibilità di risorse economiche», sottolineando «la possibilità per ognuno di accedere all’informazione in tempo reale e gratuita su web, tv e radio». «È cambiato – ha precisato - il nostro modo di ricercare e apprendere informazioni, siamo bombardati e ‘inseguiti’ da un enorme flusso, potremmo dire un ‘torrente impetuoso’ d’informazioni, sempre a portata di mano attraverso un unico strumento: lo smartphone o il tablet, mentre la corsa all’acquisto tecnologico, sebbene rallentata, è l’unica ancora in continua crescita». Per il presule, conseguenza del torrente informativo del web è la mancanza di filtri e gerarchie tra le notizie. «Oggi domina il criterio della velocità» - ha osservato Giuliodori, interrogandosi «se non si stia sacrificando la qualità comunicativa, e quindi relazionale, sull’altare della quantità e dell’efficienza». In altri termini non basta usare il digitale, ma bisogna conseguire una saggezza digitale - ovvero la «capacità di prendere decisioni più sagge in quanto potenziate dalla tecnologia», secondo la definizione di Marc Prensky. È questo il «nuovo passo evolutivo del genere umano», senza il quale «la società moderna corre il rischio di un’involuzione». Un passo al quale i cattolici sono chiamati elaborando «strategie di marketing non soltanto commerciale, ma che potremmo definire preminentemente ad alto impatto antropologico, finalizzato a rilanciare con forza questo prezioso servizio la cui peculiarità è rappresentata dalla capacità di cogliere e comunicare i valori fondamentali». «Chi, se non la stampa cattolica, potrà avere il compito difficile, ma assai urgente, di far comprendere l’importanza di un’etica della comunicazione?». Questa la domanda posta dal presule ai rappresentanti delle testate cattoliche, invitandoli «a non perdere, cammin facendo, l’essenziale della nostra vocazione e missione». In gioco, ha concluso mons. Giuliodori, c’è una sfida educativa. Di fronte a uno «sviluppo esponenziale dei mezzi di comunicazione – ha detto – dev’essere potenziato l’impegno a svolgere un ruolo incisivo a livello culturale e sociale. Così le nostre testate vivranno e si rafforzeranno se riusciranno a promuovere e a stimolare il dialogo nelle realtà locali, poiché la loro missione è soprattutto formativa e a servizio della comunità». Al termine dell’intervento di mons. Giuliodori, sono intervenuti, per un breve saluto: Carlo Alberto Tesserin, Presidente della Commissione Statuto e Regolamento della Regione Veneto e S.E. mons. Adriano Tessarollo, Vescovo di Chioggia. Ha aperto la Tavola Rotonda della seconda giornata, dal titolo Quale giornalismo nell’era digitale – che è stata moderata e introdotta da don Bruno Cescon, Vice Presidente della FISC, Direttore del settimanale Il Popolo della Diocesi di Concordia-Pordenone – l’intervento di Chiara Giaccardi, docente al dipartimento di Scienze della comunicazione dell’Università Cattolica di Milano. «Il territorio è il luogo dal quale ripartire per ripensare l’informazione», ha esordito. Fin da subito torna il legame con le nuove tecnologie, poiché nel territorio si vivono relazioni che possono essere potenziate dalla rete digitale, ad avviso della studiosa, per la quale la contrapposizione tra digitale e vita reale è «un’immagine di cui dobbiamo liberarci». «Chi ha relazioni in rete le ha anche fuori», ha sostenuto Giaccardi, affermando che «la realtà è una, è fatta di atomi e di bit, di materia e d’immateriale; il web non è una dimensione altra». Non bisogna aver paura, dunque, di utilizzare i social network, comportandosi su di essi come si fa nella vita di tutti i giorni, postando gli stessi commenti che si fanno a voce, in pubblico. I nuovi ambienti mediatici, ha rilevato, «creano una piazza pubblica e aperta dalla quale possono prendere vita nuove relazioni e comunità», mentre è proprio il digitale «il luogo in cui sempre più vengono consumate le news». Ecco quindi che i giornali devono trovare «una sinergia» tra dimensione on line e cartacea, senza «alimentare forme di competizione». Un compito che chiama in causa primariamente la stampa del territorio, e in particolare quella cattolica, che di fronte a «un’informazione che ha preso la deriva di un’astrazione troppo alta» può fregiarsi del merito di essere ancorata alla realtà, a quella «rete di relazioni» che si traduce in vita vissuta, oltre ad avere «una marcia in più», «uno sguardo che altri non hanno, più libero perché illuminato dalla fede». Sulla stessa linea l’intervento di Ferruccio Pallavera, Direttore de Il Cittadino di Lodi, che con una media di 8 mila copie quotidiane e 15 mila per l’edizione del sabato, copre il Lodigiano e il Sud Milano. «Bisogna tornare a fare i giornali in piazza, scrivere ciò che gli altri non scrivono, dare voce a chi non ha voce, catturare nuovi lettori», ha affermato. Ispirandosi al ruolo evangelizzatore della stampa cattolica, Pallavera ha invitato a «fare il giornale per il figliol prodigo, per la pecorella smarrita», ovvero cercando di raggiungere un pubblico nuovo - senza trascurare quello che già si ha - e magari essere capaci di offrire un messaggio a chi è lontano dalla Chiesa. Una sfida possibile respirando «con i medesimi polmoni di chi ci sta intorno». A conclusione della Tavola Rotonda, è intervenuto Domenico Delle Foglie, Direttore del Sir, ha confidato quello che ha definito un sogno, ossia «fondare, tutti insieme, il Sir e i settimanali diocesani, il primo ‘network digitale italiano’, per presentarci come un corpo unico». Un sogno, al quale «dare corpo, testa, gambe e braccia, ma anche intelligenza e cuore, mettendoci tutta la forza della nostra competenza professionale, ma anche la passione per l’umano e per la sua verità che nelle nostre redazioni certo non mancano». Essenziale sarà il contributo dei giornali del territorio, «perché so bene – ha detto - che senza di voi e senza la vostra adesione convinta, non sarà possibile fare un passo nel futuro». Delle Foglie ha auspicato, tra il Sir e i giornali del territorio, una sinergia che diventi sempre più «attitudine, mentalità, prassi intelligente». Il network avrà da una parte il Sir, dall’altra «tutti i siti dei settimanali diocesani che possono aderire a questa iniziativa», per portare alla ribalta quelle notizie che costituiscono la forza dei territori, offrendo «un impatto nazionale e territoriale». Ma non solo: tra gli obiettivi vi è pure quello di «ottimizzare l’utilizzo di tutta l’offerta informativa del Sir nei siti territoriali, sulla base dell’assoluta indipendenza dei settimanali», promuovere sull’agenzia «le cronache dai territori», «sperimentare nuovi linguaggi», realizzare «un’espansione multimediale digitale» ed essere presenti sui social network come Facebook e Twitter. Al termine della Tavola Rotonda, il Presidente della FISC, Francesco Zanotti, ha introdotto gli interventi di Giuseppe Rusconi, giornalista, autore del libro L’Impegno, edito da Rubettino e di Orazio Mezzio, già Sindaco di Sortino, autore del libro Babele. Il caos delle intercettazioni, edito da Istina. La giornata conclusiva del convegno ha avuto come tema Lettori e internauti, un nuovo modo di intendere la comunicazione, titolo della Tavola Rotonda moderata da Carlo Cammoranesi, Coordinatore della Commissione Cultura della FISC. La parola chiave dell’intervento introduttivo di Luigi Carletti, esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy, è stata consapevolezza. «La tecnologia è un pannello pieno di bottoni: l’importante è sapere quali ci servono». «La rete - ha evidenziato - oggi è comunicare, apprendere, socializzare, condividere, conservare e aiutare», obiettivi che rientrano tutti in un’informazione «con forte impegno sociale» come quella dei giornali del territorio, che da parte loro hanno «i contenuti, derivanti proprio dal contatto diretto con le persone». Un rapporto «che con la tecnologia - è convinto Carletti - non viene svilito, ma valorizzato». Una testimonianza di utilizzo dei nuovi media per un settimanale cattolico è giunta da Claudio Turrini, Web Master di Toscana Oggi, giornale regionale che ha realizzato un’integrazione con i social network, oltre a un portale in cui propone notizie, foto, video e altro ancora. «Si può fare di tutto - ha richiamato Turrini - ma si tratta, alla base, di cambiare completamente mentalità». Infine, una scommessa per la carta stampata: è Credere, il nuovo settimanale dei Paolini presentato dal Direttore, don Antonio Rizzolo - che guida pure il settimanale diocesano Gazzetta d’Alba convinto «che questo sia un momento opportuno in cui la nascita di un nuovo giornale va a rafforzare una proposta che come mondo cattolico stiamo dando». «Non avere paura del confronto con questo tempo» è la sintesi proposta, a conclusione dei lavori, da don Ivan Maffeis, vicedirettore dell’Ufficio Cei per le comunicazioni sociali. Ma, al contempo, guardarsi da pericolose scorciatoie, «sirene che affascinano con il loro enorme potenziale innovativo, ma che - almeno fino a questo momento - coinvolgono ancora solo parzialmente i nostri lettori». Stampa e rete, quindi, devono andare avanti di pari passo. «Le nostre testate - ha ricordato Maffeis, che alle spalle ha una lunga esperienza alla guida di Vita Trentina - sono un bene che va protetto e coltivato. Hanno tutte un solido bagaglio d’identità ecclesiale, di radicamento sul territorio, di esperienze umane e professionali, di storia, persino centenaria». Il vicedirettore dell’Ufficio Cei ha invitato a «vincere ogni tentazione di chiusura asfittica», reagendo e guardandosi «attorno e dentro con onestà, con la disponibilità a riposizionarci, aperti alle possibili e necessarie innovazioni, aiutandoci a coniugare l’informazione tradizionale con le tendenze e le opportunità dell’era digitale, senza sminuire il valore e il peso di quanto abbiamo costruito fino a questo momento». «Si tratta di ripartire con umiltà e impegno – ha concluso Maffeis - per contribuire a reinventare la professione, facendo tesoro di quanto di positivo sta accadendo, consapevoli che questo cambio culturale impone una nuova organizzazione delle nostre redazioni, la disponibilità e l’abilità a muoversi su una molteplicità di piattaforme, la realizzazione di applicazioni che, mentre consentono la fruizione di contenuti su dispositivi mobili, richiedono un nuovo modo di scrivere e di raccontare per non rinunciare a stimolare il nostro lettore, aiutandolo a pensare, ad andare in profondità». In questo passaggio rientra anche «il qualificato lavoro del Sir, eredità - ha ricordato Maffeis - della professionalità a tempo pieno di Paolo Bustaffa, che si misura oggi con la sensibilità e la competenza di Mimmo Delle Foglie, attento a valorizzare le possibilità d’informazione, di scambio e di relazione del nuovo ambiente. Il Sir ci offre la possibilità di fare un passo avanti con la proposta del network digitale», dietro il quale ha visto «l’intuizione felice di valorizzare le possibilità di un accesso in tempo reale dal nazionale ai territori». PRIMA GIORNATA Giovedì 11 aprile 2013 GRAZIE A NUOVA SCINTILLA A NOME DELLA CITTÀ Giuseppe Casson * Quest’occasione è molto importante e molto bella. Non solo si tiene questo convegno così importante della Federazione Italiana Settimanali Cattolici, ma si celebra anche il centenario di Nuova Scintilla, un settimanale che ha accompagnato durante tutti questi anni la nostra città e ci ha aiutato tutti – anche noi amministratori – nel ragionare e nell’immaginare una città migliore. Tengo a sottolineare, quindi, l’importanza straordinaria che durante tutti questi anni questo settimanale ha avuto nella nostra città, nel suo panorama informativo, formativo e culturale. Va ringraziato ancora oggi il direttore, don Vincenzo Tosello, insieme a tutti i collaboratori e ricordo tutti i direttori e i collaboratori che nel corso del tempo hanno favorito la crescita della nostra città anche attraverso questo settimanale. Voglio ricordare, in modo particolare, un grande direttore, mons. Agostino Bonivento. Il tema di questo convegno è di grandissimo interesse e di stretta attualità. Sono convinto che verrà sviluppato in maniera importante e utile. Buon lavoro. *Sindaco di Chioggia IL RUOLO DELLA STAMPA LIBERA Lucio Gianni * Porto a tutti Voi i saluti del Presidente della Provincia di Venezia, Francesca Zaccariotto. Essere qui presente, da una parte emoziona, dall’altra è un segno di orgoglio, perché qui stiamo festeggiando i 100 anni di una stampa libera e cattolica. Credo sia importante, in questo momento storico particolare, sottolineare il ruolo che può avere la stampa libera. Perché, nel momento in cui la stampa è spesso condizionata – e quindi non imparziale – è necessario che ci sia la presenza e la possibilità di una voce che canta fuori dal coro. Oggi, noi amministratori, noi che siamo impegnati in politica, abbiamo assolutamente bisogno di una stampa che non si limiti a citare solo gli scoop, ma a dire anche le cose belle. Noi siamo in un momento di difficoltà, dove la crisi della politica è innegabile, ma è il frutto di una crisi complessiva della società, che ha perso il senso della moralità e del rispetto dell’altro. La politica è figlia di questa società ed ha bisogno, quando ci sono fatti buoni, positivi, che l’opinione pubblica venga a conoscere quello che di buono avviene. Una stampa che mette in risalto solo la cattiveria, solo la bruttezza, solo le cose negative, non è una stampa che può aiutare a far crescere una società in maniera positiva. Il ruolo della stampa cattolica e diocesana è proprio quello di dimostrare che è necessario più che mai un modo diverso di dare le notizie. Auguro buon lavoro a tutti Voi per questo convegno e porto il saluto di un territorio vasto, che si estende in ben cinque Diocesi. *Assessore dell’Attività Produttive della Provincia di Venezia LA STAMPA CATTOLICA NELLA DIOCESI mons. Vincenzo Tosello * Vi è stato consegnato un fascicolo che raccoglie la storia di tutti i settimanali della Diocesi. Il primo è La Fede, dal 1876 al 1880 - voluta dalla Società per la Santificazione delle Feste - di cui è stata stampata la copia anastatica di tutti i numeri. Una testata gloriosa, settimanale, che ha avviato la presenza della comunità ecclesiale nel mondo della stampa. Fu diretta anche da padre Emilio Venturini, fondatore de Le Serve di Maria Addolorata di Chioggia. Una grande figura, di cui è in corso la causa di beatificazione. Dopo la chiusura di questa testata, sorge La Gioventù, voluta dalla parte giovanile della comunità diocesana, che pensò di riprendere l’esperienza del precedente giornale. Poi viene data alle stampe La Scintilla, un quindicinale – usciva la prima e la terza settimana del mese e contava quattro pagine - che fu appoggiato dal Vescovo di allora e voluto dalla direzione diocesana dell’Azione Cattolica. Nel primo numero (6 luglio 1913) compare il saluto introduttivo del Presidente dell’Azione Cattolica della Diocesi, don Giovanni Lombardo. Questo giornale portò avanti la presenza del mondo cattolico nella città e nella Diocesi e fu un’esperienza impegnativa, difficile, anche problematica. Erano gli anni della guerra – dal 1913 al 1917 - e La Scintilla dovette sperimentare anche la censura: più volte le pagine sono bianche o qualche spazio di pagina è bianco. Il giornale espresse la sua contrarietà all’ingresso in guerra, ma dovette accettare la situazione che si determinò e sostenere i soldati al fronte e le loro famiglie. Tra le molte iniziative interessanti, che indicano la presenza di questo giornale nel territorio e quindi il suo occuparsi delle varie situazioni, vi fu anche l’istituzione di un centro d’informazione e di contatto con i soldati al fronte. Dopo La Scintilla, nel 1918, il Vescovo volle fondare il Bollettino Diocesano, che è un periodico che tuttora esiste: è giunto alla 96ma annata ed è edito dall’Editrice Nuova Scintilla. È la voce della Diocesi e la voce ufficiale del Vescovo. Un periodico di questo tipo non poteva arrivare alla gente. Era riservato ai Sacerdoti, alle comunità religiose e alle Parrocchie. L’esigenza di uno strumento informativo più capillare e con una maggiore frequenza di uscita, era certamente sentita. Fu solo nel 1939 – dopo vari tentativi, anche di presenza della cronaca delle iniziative diocesane in altre testate – che si avviò l’esperienza del Foglietto della Domenica. Era un settimanale che si interessava della vita ecclesiale, ma anche della vita sociale. Durò fino al 1943. Nuova Scintilla fu fondata da mons. Mario Alfieri, dopo un periodo nel corso del quale si tentò la collaborazione con altre testate. Nel 1945 nacque questo nuovo periodico, rifacendosi a La Scintilla, con la quale mons. Alfieri aveva anche collaborato, tanto che il suo primo editoriale diceva: Qualcuno pensava fossimo morti. Invece siamo più vivi di prima e riprendiamo le nostre pubblicazioni. Da allora, Nuova Scintilla è sempre presente, grazie alla comunità diocesana e ai Vescovi che si sono succeduti, ai tanti collaboratori che hanno dato una mano con grande dedizione e impegno, perché non venisse meno questa voce. Nuova Scintilla ha un’esperienza variegata, in quanto settant’anni di storia – in periodi mutevoli – hanno caratterizzato e sollecitato in forme diverse il settimanale, che non è mai venuto meno alla sua vocazione, al suo impegno di essere uno strumento della comunità diocesana, sempre aperto alle esigenze del territorio e quindi anche aperto a presenze diverse: un aspetto che non fa venir meno l’impegno di mantenere la fedeltà all’annuncio evangelico e all’insegnamento del Magistero. I primi vent’anni di questo settimanale sono stati studiati in maniera molto approfondita: a questo riguardo, c’è un’altra pubblicazione, di cui faremo omaggio ai convegnisti, che rappresenta un’analisi sulle scelte e sugli orientamenti. Dal 1966 ad oggi, il giornale ha avuto sicuramente un’evoluzione, a causa dei tempi che si sono succeduti: la conclusione del Concilio, il rinnovamento della pastorale, della liturgia; il cambiamento e il rinnovamento della politica in Italia, con le esperienze di apertura a sinistra: un cambiamento di atteggiamento per il giornale, che prima era impostato in maniera molto rigida, a tutela della scelta della Democrazia Cristiana e dell’unità dei cattolici; nuove situazioni economicosociali, che vengono rispecchiate nel giornale e in qualche modo promosse. Nell’ultima fase – dal 2010 – sospinti dalle esigenze del mondo di internet, abbiamo ragionato sul come essere presenti. Abbiamo realizzato una presenza sistematica nella nuova realtà di internet. Un grazie cordiale a tutti i collaboratori, all’avv. Michele Panajotti, nostro amministratore e al Consiglio di Amministrazione delle Comunicazioni Sociali di Nuova Scintilla, al Consiglio di Redazione, a tutti gli altri collaboratori. *Direttore di Nuova Scintilla NUOVA SCINTILLA SU INTERNET Rossano Bertocco * Nuova Scintilla nasce nel web nel 2010, con l’idea di poter archiviare tutta l’informazione prodotta dai collaboratori, per renderla più usufruibile, perché la tecnologia ci permette di trovare le informazioni in modo molto più veloce. Le altre esigenze erano quelle di contenere i costi di manutenzione, di rendere il prodotto facilmente raggiungibile da chiunque avesse una connessione ad internet, di consentire con facilità l’amministrazione del sito e di aggiungere alla produzione del cartaceo, altri media (video, immagini, tutto quello che viene prodotto). Le scelte tecniche sono partite – per contenere i costi - dall’open source, sistemi che danno la possibilità di utilizzare software a bassissimo costo e frutto della collaborazione di centinaia di programmatori sparsi per il mondo. Questa è una bella idea, a mio avviso, perché la collaborazione di persone che non si conoscono dà la possibilità di far nascere e crescere questo nostro progetto. Nel caso specifico, abbiamo realizzato un programma applicativo che ci dà la possibilità di gestire i contenuti. Parliamo non solo di articoli o foto, ma di video, immagini, speciali, link ad altri giornali: quindi, un ampio spettro delle fonti di comunicazione. Se volete, potete collegarvi al nostro sito e seguire in streaming sull’homepage i lavori di questo convegno. Abbiamo strutturato l’homepage come una bacheca per chi si collegasse, con le notizie più importanti e quelle relative alle aree (notizie del Polesine piuttosto che della città di Chioggia o di altre) e ad altre informazioni – nella parte inferiore – ad esempio, meteo, articoli in evidenza oppure una tecnologia che si sta diffondendo negli ultimi anni, le piccole notizie. Queste ultime non sono altro che tweet. Abbiamo utilizzato twitter come piattaforma per dare velocemente e quotidianamente le informazioni salienti e importanti. So che molti collaboratori utilizzano questi tweet per prendere le tematiche, approfondirle e utilizzarle per l’uscita del giornale nella settimana successiva. Quindi, c’è anche un intreccio tra l’aspetto comunicativo, specifico di internet e la collaborazione di tutti i giornalisti del giornale cartaceo. Non abbiamo una redazione on line, ma una redazione tradizionale, che funziona bene. In questi tre anni, abbiamo più di 12mila articoli già pubblicati, 20mila immagini, svariati inserti speciali, decine di video, più di 5mila tweet, formazioni brevi che richiamano i lettori ad un approfondimento sul giornale. Dal 30 agosto 2010, abbiamo avuto più di 97mila visite, sparse per tutto il mondo nella misura dell’80%, con più di 300mila pagine visitate. Abbiamo attualmente una media di 1.5002.000 visite giornaliere. Abbiamo sfruttato anche il canale comunicativo dei social network, che richiama molto di più l’utilizzo di internet. Questo ci ha consentito di avere più di 4mila visualizzazioni giornaliere nell’ultimo periodo e ci ha permesso di incrementare il flusso dei visitatori nell’arco di 3 mesi, nella misura del 20%. *Web Master di Nuova Scintilla UNA RETE NELLA RETE PER CONTINUARE A DIRE LA NOSTRA GIOIA Francesco Zanotti * Rivolgo, innanzitutto, un buona sera a tutti, insieme ai saluti e ai ringraziamenti a mons. Vincenzo Tosello e agli amici di Nuova Scintilla, a S.E. mons. Adriano Tessarollo, Vescovo di Chioggia e a S.E. mons. Claudio Giuliodori, grandissimo amico della FISC, presidente della Commissione Cei per la Cultura e le comunicazioni sociali, da poche settimane nominato assistente generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. A lui un in bocca al lupo e un ricordo particolare nella preghiera per questo nuovo importante e impegnativo incarico nel cuore della cultura cattolica e del nostro Paese. A nome di tutta la grande famiglia della FISC, desidero esprimere in avvio di lavori un saluto e un grazie molto sentito alla Conferenza episcopale italiana, che mai manca di sostenerci nei nostri progetti e nel nostro impegno quotidiano. Mi rivolgo in particolare al presidente, il cardinale Angelo Bagnasco e al segretario generale, S.E. monsignor Mariano Crociata. Ci saluta calorosamente, e noi ricambiamo con infinita stima, il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali e sottosegretario della Cei, mons. Domenico Pompili, che avevamo invitato per chiudere questo convegno, impegnato in questi giorni in Brasile in vista della Gmg di Rio. Sarà con noi il carissimo don Ivan Maffeis, già segretario della FISC quando era a guida di Vita Trentina e oggi vice direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei, che ringrazio fin da adesso per l’affettuosa amicizia che sempre ci dimostra, per la vicinanza che mai fa mancare e per la sua presenza fra noi in questo appuntamento, fin da domani pomeriggio. È sempre una gioia poter festeggiare l’anniversario di uno dei nostri giornali. Un secolo di vita non è uno scherzo. Dice di una tradizione importante e di un’eredità da custodire, portare avanti, migliorare, nel solco di quanto già percorso fin qua, con lo sguardo rivolto al futuro, ben radicati in un passato solido, per lunghi tratti glorioso. Quindi, infiniti auguri a Nuova Scintilla, al suo direttore, monsignor Vincenzo Tosello e a tutta la sua squadra. E grazie mille di cuore per l’ospitalità che ci avete preparato, oggi come vent’anni fa, quando venimmo qui per gli 80 anni del vostro giornale. Carta stampata e web Ormai ne parliamo da diverso tempo. Prima è stata la volta di Testimoni digitali, poi di Abitanti digitali. A Cesena abbiamo discusso di Territorio e Internet. Questa volta trattiamo Informazione in rete: carta stampata e web. Lo scorso primo febbraio, a Roma, con padre Francesco Occhetta, siamo stati sullo stesso argomento. E, sono convinto, non termineremo qui il nostro confronto sui temi legati alla Rete. La Rete ci interpella, ci chiama in causa, ci interroga, ci stimola, ci toglie il sonno, ci inquieta. Ci mette anche sul chi vive, ci tiene svegli. Mette in discussione tutto il nostro modo di essere, di fare i giornali e di essere giornalisti, oggi nel 2013, con gli smartphone e i tablet che impazzano ormai ovunque, anche sui banchi di scuola. Intendiamoci, non è poi ancora così diffusa la Rete, come a volte si vuole fare intendere, ma è certo che ha modificato, modifica e modificherà il nostro rapporto con l'informazione. Non solo nostro, ma soprattutto, quello dei nostri lettori. La nostra realtà Facciamo una fotografia della nostra realtà. L'abbiamo presentata lo scorso 18 febbraio alla Commissione della Cei per le Comunicazioni sociali, quella presieduta da mons. Claudio Giuliodori. Oggi la Fisc riunisce 186 periodici diocesani (1 agenzia, 6 online, 1 quotidiano, 2 bisettimanali, 128 settimanali, 18 quindicinali, 25 mensili, 5 esteri) presenti in circa 170 diocesi, raggiungendo così gran parte del territorio nazionale. Le copie diffuse sono intorno al milione a settimana. I dipendenti sono 500, di cui 200 giornalisti, migliaia sono i collaboratori. Una settantina di testate percepiscono i contributi pubblici all'editoria (3,9/M di euro nel 2010, ridotti di un terzo nel 2011, ad oggi al 50% per l'anno 2012, incasso dicembre prossimo). Oltre 70 nostre testate hanno un sito Internet, con modalità molto variegate di approccio al mondo digitale. Si va dai siti più strutturati come quello di ToscanaOggi, IncrociNews di Milano, ValliBBt di Acqui Terme, RomaSette o quello del quotidiano di Lodi Il Cittadino, fino ad alcuni che sono presenti sulla Rete solo come vetrina. Dallo scorso anno stiamo ragionando sul prossimo futuro e su un progetto che offra l’opportunità a tutti i nostri soci di sbarcare in Rete. È un progetto pensato insieme al SiCei e all’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei. Insieme, siamo una grande Rete Di un fatto ormai siamo abbastanza sicuri: la Rete, senza la carta stampata, non ha autorevolezza. I siti più visitati, a parte qualche eccezione, sono quelli dei giornali di carta. Quanti giornali solo online hanno chiuso i battenti! Sul Web si rischia lo smarrimento, si perde la gerarchia delle notizie, perché ci si trova davanti a un ambiente indistinto. D'altro canto, oggi i giornali, anche i nostri, senza il Web non raggiungerebbero un pubblico che invece grazie alla Rete è diventato, non dico solo nostro, ma anche nostro. Basta pensare ai lettori giovani o a quelli che vivono all'estero. Giornali di carta e Rete sono destinati a viaggiare insieme, non per combattersi, ma per richiamarsi a vicenda. La Rete da sola non starebbe in piedi economicamente, per i nostri giornali. Noi tutti insieme siamo una grande Rete. Grazie all’Agenzia Sir - lo abbiamo vissuto di recente nelle vicende legate prima alla rinuncia di papa Benedetto, poi col conclave e l'elezione di papa Francesco - abbiamo potuto seguire attimo per attimo lo svolgersi di avvenimenti storici. Abbiamo fatto cronaca e storia al tempo stesso. Non potevamo non fornire anche quel tipo di informazione, non prettamente locale, ma che i nostri lettori ci domandavano e ci domandano anche oggi. D'altronde, noi da sempre, siamo giornali locali per bacino di diffusione, ma con uno sguardo globale sull'uomo, sull'Italia e sui continenti. E possiamo affermare che è stato fatto un lavoro enorme e di elevata qualità. Al Sir dobbiamo essere grati. E poi noi abbiamo fornito all’agenzia i nostri contenuti particolari che lo hanno arricchito, in una circolarità di informazioni che ha fatto comprendere le nostre potenzialità. Basta vedere la vetrina delle prime pagine rilanciate nella home page del Sir. Grazie, carissimo Mimmo, a te e a tutto il tuo staff, per l'immenso impegno profuso. Prendo l’occasione anche per un affettuoso saluto a Paolo Bustaffa, per l’amicizia sincera sempre dimostrata verso la famiglia FISC e per l’immenso lavoro svolto per tanti anni alla guida del Sir. Bustaffa sta lavorando per recuperare la memoria della nostra Federazione e ha iniziato questo suo percorso andando sulle tracce di don Giuseppe Cacciami. Rete nella Rete Dall’11 febbraio scorso stiamo facendo le prove generali. Su questa strada credo si debba proseguire. Se già non lo stiamo facendo, immagino che in un prossimo futuro che è già domani, con i nostri giornali produrremo notizie di continuo. Faremo il quotidiano online, con servizi scritti, foto, video e audio. Faremo collegamenti via streaming, come quelli realizzati dal Sir con il Ctv nei giorni del conclave. Dobbiamo diventare Rete nella Rete, richiamandoci l'un l'altro, tra noi e con tutti i media cattolici, gareggiando nello stimarci a vicenda, come diceva san Paolo ai Romani. Abbiamo il messaggio per eccellenza da portare: la gioia e la pienezza dell’esperienza cristiana che dà senso e sapore all’esperienza umana. Mostriamo la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere in Cristo, che è la vera libertà, quella dalla schiavitù del male, del peccato, della morte, ha detto ieri papa Francesco all’udienza generale. Lo stesso Pontefice, all’incontro con i giornalisti del 16 marzo scorso, ci ha ricordato: voi avete la capacità di raccogliere ed esprimere le attese e le esigenze del nostro tempo, di offrire gli elementi per una lettura della realtà. Il vostro lavoro necessita di studio, di sensibilità, di esperienza, come tante altre professioni, ma comporta una particolare attenzione nei confronti della verità, della bontà e della bellezza. In un’altra occasione ha avvertito tutti a non lasciarsi andare al pessimismo. Con i nostri giornali, come minimo abbiamo il dovere di fare sorgere delle domande, quelle domande inespresse che si trovano nel cuore di ogni persona. Dobbiamo e vogliamo essere voce attiva e propositiva nel territorio per favorire quel confronto e quel dialogo a cui papa Benedetto ci richiamava nel novembre 2006 quando fummo ricevuti in udienza in sala Clementina. L'arrivo di papa Francesco ha fatto giungere una ventata di freschezza sul mondo cattolico. Ci stavamo un po' piangendo addosso, sempre in difesa, sempre in trincea. Ora ci sentiamo meno assediati, ed è una gran bella sensazione. In giro non si parla altro che di papa Bergoglio, e sempre in maniera positiva. È bellissimo, inutile nasconderselo. E questo è bello, direbbe il Papa, come ha detto anche ieri affermando che Dio ci tratta da figli, ci comprende, ci perdona, ci abbraccia, ci ama anche quando sbagliamo. Che messaggio stupendo abbiamo da portare! La scossa dello Spirito, soffiato nelle 24 ore di un conclave che ha sbalordito il mondo per la velocità e per l'esito, ha scompaginato tutti i piani umani. La Chiesa ha potenzialità che vanno oltre. Il nostro sguardo è posto oltre. Non dobbiamo dimenticarlo. Ecco perché non dobbiamo e non possiamo mai disperare. Una missione che trova forza oltre noi Siamo preoccupati per il calo degli abbonati, delle vendite in edicola, dei contributi pubblici, della pubblicità. Abbiamo paura dei nostri bilanci e anche di un certo riduzionismo che si respira un po' in giro, nei nostri ambienti. Stando sempre guardinghi, e scrutando ogni giorno l'orizzonte, non dobbiamo dimenticare che a noi è affidata una missione che trova origine e forza oltre noi. Ben piantati per terra, dobbiamo alzare lo sguardo verso l’Alto. Leggo come grande segnale di speranza concreta l’avvio delle pubblicazioni di due settimanali nazionali, A sua immagine e Credere e la ripresa delle uscite, dopo un anno di sospensione, di uno dei nostri giornali associati, il settimanale diocesano di Salerno, Agire. Tre provocazioni Termino con tre provocazioni. La prima è sul concetto di territorio che da sempre ci ha definito e fa parte del nostro Dna. L'avvento della Rete ha modificato e modifica questo concetto. Grazie alla Rete, il mondo è a portata di un clic. I nostri missionari ricevono il giornale in un link, e prima degli abbonati. Una persona da Pechino si collega quando vuole con chi è rimasto a casa e dialoga con chi vuole. Le distanze sono annullate. Tiene ancora il vecchio concetto di territorialità? I nostri giovani universitari vanno in Erasmus e in Exchange in giro per il mondo. Non credo abbiano il nostro concetto di territorio. Eppure, la stampa locale è quella che perde meno. È quella che tiene in piedi molta stampa nazionale. I legami, in questo periodo, quali sono? Quelli con il luogo in cui siamo nati o quelli che si costruiscono girando per i continenti? Qualche sera fa ho partecipato a una tavola rotonda con i responsabili delle redazioni dei tre quotidiani presenti nella mia città. Uno di essi ha detto a chiare lettere che il quotidiano si vedrà presto ridimensionato perché è la Rete ormai che dà le notizie. I quotidiani, a suo avviso, si avvieranno a una settimanalizzazione. I giornali avranno meno pagine, più commenti, più opinioni, più riflessioni. Aggiungo io: i settimanali avranno tante notizie, magari brevi, ma a getto continuo, grazie alla Rete. Da ultimo, una battuta significativa, credo. Tutto il movimento di Beppe Grillo si dice sia figlio del Web. Io penso sia figlio della tv, che per settimane e mesi ha parlato di una non notizia: Grillo che non voleva andare in tv. Ma questo è un mio pensiero. Comunque, abbiamo visto i risultati ottenuti alle recenti politiche e il disprezzo che viene riservato alla stampa nazionale, televisioni comprese. Dopo un botta e risposta con un esponente locale molto vicino ai grillini, su uno dei nostri siti ho trovato questa frase che più o meno suonava così: Il mio commento postato online è stato pubblicato sul giornale cartaceo con l'evidente intento di stigmatizzarmi al pubblico ludibrio. Davanti a questa contraddizione da parte di chi sbandiera la Rete come il luogo della nuova democrazia vera, mi chiedo, dove sono finiti i fautori del web se anche fra loro è il giornale cartaceo a essere considerato la vera piazza, mentre il Web viene visto come un luogo in cui ci si scambia opinioni, anche duramente, ma fra pochi intimi? Chiudo con il ruolo del giornalista. Esisterà ancora in un futuro più o meno lontano? Nella babele della Rete, il giornalista diventa ancora più importante per interpretare, leggere e motivare gli interrogativi del quotidiano. Nelle 5 W che consideriamo a volte fin troppo banali, uno è Why?, Perché?. I lettori, vecchi e nuovi, del cartaceo o del web, a noi domandano, anche in maniera inespressa, di dare ragione di quel perché. Ci chiedono anche di dare voce a chi non ha voce. E ce lo domandano in maniera fortissima nei nostri territori, dove spesso siamo considerati compagni di viaggio e vogliamo essere compagni di viaggio. Credo ne vada della nostra professione che, da cattolici che praticano la professione del giornalista, io vivo come una professione-missione-vocazione. Grazie a tutti e buon convegno! * Direttore di Corriere Cesenate della Diocesi di Cesena e Presidente della FISC PROLUSIONE S.E. mons. Claudio Giuliodori * Premessa Tenere la prolusione a questo Convegno nazionale della FISC sul tema Informazione in rete: carta stampata e web è un onore, ma - in questo particolare momento storico, segnato da profondi cambiamenti - costituisce un onere non indifferente, perché richiede una attenta analisi dei fenomeni in atto nel campo della rete e della multimedialità e nel contempo una lungimirante lettura dei possibili sviluppi, al fine di orientare le scelte nell’ambito della stampa diocesana. Il compito è reso ancora più arduo dalle conseguenze degli ingenti tagli alle già esigue risorse dell’editoria locale. La situazione economica internazionale e nazionale, aggravata dall’incertezza politica che si protrae da troppo tempo, infatti, sta minando la stabilità di imprese e cittadini, tanto che molti posti di lavoro quotidianamente vengono persi o traballano pericolosamente. Purtroppo, cresce in maniera esponenziale il tasso di disoccupazione, non soltanto giovanile e le famiglie vedono sempre più a rischio reddito e potere d’acquisto. Si assottiglia la raccolta pubblicitaria e anche le vendite risentono della minore disponibilità di risorse economiche. A questo si deve aggiungere la possibilità per ognuno di accedere all’informazione in tempo reale e gratuita su Web, Tv e Radio. Non è fuori luogo, ed è sostanzialmente inevitabile, chiedersi se abbia ancora senso investire risorse umane ed economiche sulla carta stampata. In questo desolante panorama di decrescita e di grande incertezza diventa molto più difficile operare scelte strategiche o delineare sviluppi progettuali. Ma siamo qui non per scoraggiarci o piangerci addosso. È dovere di tutti affrontare questo tornante difficilissimo della storia dei settimanali diocesani con la determinazione di sempre, con la fiducia che ci viene dalla consapevolezza delle nostra grande tradizione e, soprattutto, con la forza e la luce della fede che è la ragione ultima del nostro impegno. 1. Le mutazioni nel campo dei media Prendiamo atto che inesorabilmente si è passati dal Digital Divide al Press Divide, che ha portato quote sempre più consistenti di pubblico ad essere completamente estranee alla carta stampata 1, ma ciò, anziché indurre a recitare il de profundis dell’editoria, dovrebbe stimolare la nostra riflessione. S’impone pertanto un esame approfondito delle implicazioni positive e negative insite nelle nuove tendenze della comunicazione moderna, al fine di ridefinire il ruolo della stampa e, in particolar modo, di quella cattolica. A noi interessa elaborare strategie di marketing di tipo non soltanto commerciale, ma che potremmo definire ad alto impatto antropologico. Solo in questa prospettiva si può rilanciare il prezioso servizio della stampa diocesana, la cui peculiarità è rappresentata dalla capacità di cogliere e comunicare i valori fondamentali che qualificano la vita personale e sociale. Le mutazioni nel campo dei media sono profonde e si succedono a ritmo vorticoso; siamo bombardati e inseguiti da un enorme flusso d’informazioni, sempre a portata di mano con un unico strumento: lo smartphone o il tablet 2. E la corsa all’acquisto tecnologico, sebbene rallentata, è l’unica ancora in continua crescita. È cambiato il nostro modo di ricercare e apprendere informazioni. Nell’era del Web 2.0 ogni utente può concorrere alla diffusione di notizie senza alcun filtro; è stato completamente sovvertito il criterio gerarchico delle fonti; dunque l’informazione è pervasiva e orizzontale. Ma se un tempo, prima di pubblicare determinate notizie, era scontato verificarne l’attendibilità delle fonti, oggi domina il criterio della velocità. Internet diffonde continuamente notizie virali 3, tendenti a colpire l’attenzione di un maggior numero di persone che a loro volta le rilanciano attraverso la condivisione in rete. A titolo esemplificativo, ecco alcuni dati ricavati dagli studi - empirici, ma significativi - dell’Università di Stanford, negli Stati Uniti, sui contenuti immessi in rete ogni 60 secondi: − 204 milioni di e-mail; − 100 mila tweets; − 277 mila contatti attraverso Facebook; − oltre 2 milioni di ricerche su Google; − 1,3 milioni di visualizzazioni su YouTube (ogni minuto vengono caricate 30 ore di video); − 639.800 Gigabyte di dati trasferiti. 1 2 3 «Nel 2006 le persone estranee ai mezzi a stampa rappresentavano il 33,9% della popolazione, nel 2012 sono diventate il 45,5%. Tra i 14 e i 29 anni a una percentuale irrisoria di persone con diete solo audiovisive (il 7%) fa da contraltare il 36% di giovani che navigano in Internet senza sentire il bisogno di leggere libri e giornali. Il dato sui soggetti più istruiti estranei ai mezzi a stampa (31,9%) risulta ancora più preoccupante. Che persone con al massimo il titolo di studio della scuola dell’obbligo abbiano poca confidenza con i testi a stampa (57%) è abbastanza prevedibile. Che quasi un terzo dei diplomati e dei laureati non legga libri e giornali stupisce di più. Anche perché il dato del 31,9% a essi riferito risulta dalla somma del 9,7% di persone che hanno una dieta audiovisiva e del 22,2% di chi ha comunque una dieta aperta a Internet». Cfr. Decimo Rapporto Censis-Ucsi sulla comunicazione, Roma, 3 ottobre 2012 «Centinaia di canali televisivi, internet in un numero sempre maggiore di famiglie, il satellite, una nuova primavera della radio, la stampa che soffre forse la concorrenza dei nuovi media ma reagisce trasformandosi. Il nostro tempo è caratterizzato da una diffusione degli strumenti della comunicazione sociale sempre più rapida e pervasiva. I massmedia sono ovunque attorno a noi e non possiamo più farne a meno. Siamo chiamati a vivere in questo contesto con nuovo dinamismo». CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, (2004), n.1. Si parla più propriamente di "viral marketing" ovvero del marketing che diffonde i propri messaggi con la potenza e la rapidità di un virus. http://www.treccani.it/magazine/lingua_italiana/parole/delleconomia/marketing_virale.html 2. Un nuovo homo sapiens digitale Come scrive Nicolas Carr «da coltivatori di conoscenza personale stiamo diventando cacciatori e raccoglitori nella foresta elettronica dei dati» 4. Per questo occorre domandarsi se non si stia sacrificando la qualità comunicativa, e quindi relazionale, sull’altare della quantità e dell’efficienza comunicativa. Abbondanza, brevità e rapidità sono i principali requisiti di un’informazione capace di appeal, ma sapere di tutto un po’ consente una vera conoscenza? Il nostro cervello avverte ancora il bisogno di letture, dialoghi, relazioni non superficiali o si nutre e si accontenta d’informazioni e rapporti snack, nel web come pure nella vita reale? Marc Prensky, a cui dobbiamo la definizione di nativi e migranti digitali, nei suoi recenti studi richiama la necessità di un nuovo passo evolutivo del genere umano: la saggezza digitale, che «non significa agilità nel manipolare la tecnologia, bensì capacità di prendere decisioni più sagge in quanto potenziate dalla tecnologia. Quindi, il saggio digitale individua i casi in cui la tecnologia rafforza il pensiero e la comprensione. […] Essere saggi digitali implica non solo rafforzare le nostre capacità naturali tramite le tecnologie esistenti, ma anche identificare continuamente aree aggiuntive dove gli strumenti umani naturali – anche quando sviluppati ad un livello molto alto – non possono svolgere un determinato compito senza un aiuto. All’apparire di nuovi strumenti digitali, specialmente quelli che si diffondono maggiormente, i saggi digitali si attivano per appropriarsene. Essi esaminano e valutano i loro pregi e difetti e cercano di trovare un punto di equilibrio che li trasformi in propulsori di saggezza. I saggi digitali si rendono anche conto che la capacità di controllare la tecnologia digitale, di piegarla alle proprie esigenze, è un’abilità chiave nell’era digitale» 5. Non è un paradosso ammettere che senza saggezza digitale la società moderna corre il rischio di un’involuzione. Interroghiamoci: che cosa attira la nostra attenzione? Perché rincorriamo le novità tecnologiche? La nostra attenzione è attratta con tecniche leali o sleali? Il neuroscienziato Michael Merzenich avverte: «quando facciamo multitasking stiamo allenando il nostro cervello a prestare attenzione alle schifezze» 6. Siamo interessati anche a idee diverse dalle nostre o leggiamo soltanto ciò che ci interessa? È un dialogo reale quello che si realizza attraverso la rete o è solo una grande babele? Il nostro impegno non può non essere indirizzato alla costruzione del vero dialogo come suggerito da Benedetto XVI: «I social media hanno bisogno, quindi, dell’impegno di tutti coloro che sono consapevoli del valore del dialogo, del dibattito ragionato, dell’argomentazione logica; di persone che cercano di coltivare forme di discorso e di espressione che fanno appello alle più nobili aspirazioni di chi è coinvolto nel processo comunicativo. Dialogo e dibattito possono fiorire e crescere anche quando si conversa e si prendono sul serio coloro che hanno idee diverse dalle nostre. “Costatata la diversità culturale, bisogna fa sì che le persone non solo accettino l’esistenza della cultura dell’altro, ma aspirino anche a venire arricchite da essa e ad offrirle ciò che si possiede di bene, di vero e di bello» (Discorso nell’incontro con il mondo della cultura, Belém, Lisbona, 12 maggio 2010)» 7. 3. Il rilancio della stampa come sfida educativa In questa frenetica riconcorsa a fare notizia, sempre e comunque, senza alcuno scrupolo, i titoli e gli articoli dei giornali, le notizie e i link nella pagine web, le trasmissioni radiofoniche e televisive, per funzionare devono continuamente ricorrere all’arte di sedurre (dal lat. se-ducere, attirare a sé). 4 5 6 7 Cfr. Nicholas Carr, Internet ci rende stupidi?, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011. MARC PRENSKY, Homo sapiens digital: From digital immigrants and digital natives to digital wisdom, (2009), trad. su Tecnologie Didattiche, 50 (2010), pp. 17-24. Intervista, 11 settembre 2009, in NICHOLAS CARR, Internet ci rende stupidi?, Raffaello Cortina Editore, Milano 2011. Cfr. Messaggio del Santo Padre BENEDETTO XVI per la 47a Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione (Domenica, 12 maggio 2013). Questo contesto ci spinge a ripensare il ruolo della stampa, ponendo la massima attenzione a non perdere, cammin facendo, l’essenziale della nostra vocazione e missione. Come osservava il grande giornalista Ryszard Kapuscinsky «nella seconda metà del XX secolo improvvisamente il grande mondo degli affari scopre che la verità non è importante, ciò che conta è l’attrazione. E, una volta che abbiamo creato l’informazione-attrazione, possiamo vendere questa informazione ovunque. Più l’informazione è attraente, più denaro possiamo guadagnare». Chi, se non la stampa cattolica, potrà avere il compito difficile, ma assai urgente, di far comprendere l’importanza di un’etica della comunicazione? Si tratta indubbiamente di una sfida che è innanzitutto educativa, come ci ricordano gli Orientamenti Pastorali per il decennio: «Pure in questo campo, l’impresa educativa richiede un’alleanza fra i diversi soggetti. Perciò sarà importante aiutare le famiglie a interagire con i media in modo corretto e costruttivo, e mostrare alle giovani generazioni la bellezza di relazioni umane dirette. Inoltre, si rivela indispensabile l’apporto dei mezzi della comunicazione promossi dalla comunità cristiana (tv, radio, giornali, siti internet, sale della comunità) e l’impegno educativo negli itinerari di formazione proposti dalle realtà ecclesiali. […] L’impegno educativo sul versante della nuova cultura mediatica dovrà costituire negli anni a venire un ambito privilegiato per la missione della Chiesa» 8. In questo senso i media cattolici potranno e dovranno continuare a dare il loro contributo decisivo per educare alla vita buona del Vangelo. Come ha bene evidenziato Benedetto XVI sempre nel Messaggio per la 47a Giornata Mondiale per le Comunicazioni Sociali: «La cultura dei social network e i cambiamenti nelle forme e negli stili della comunicazione, pongono sfide impegnative a coloro che vogliono parlare di verità e di valori. Spesso, come avviene anche per altri mezzi di comunicazione sociale, il significato e l’efficacia delle differenti forme di espressione sembrano determinati più dalla loro popolarità che dalla loro intrinseca importanza e validità. La popolarità è poi frequentemente connessa alla celebrità o a strategie persuasive piuttosto che alla logica dell’argomentazione. A volte, la voce discreta della ragione può essere sovrastata dal rumore delle eccessive informazioni, e non riesce a destare l’attenzione, che invece viene riservata a quanti si esprimono in maniera più suadente» 9. Quindi, l’attuale crisi (dal verbo greco krino = separare, rompere, ma anche discernere…) può e deve portare non alla confusione, come spesso accade, ma ad un più attento discernimento soprattutto sul versante dei contenuti e del nostro stile comunicativo. La capacità di essere a servizio del territorio e delle comunità locali deve saper essere non autoreferenziale. Il monito del Card. Bergoglio, oggi Papa Francesco, durante le congregazioni generali - «quando la Chiesa non esce da se stessa per evangelizzare diviene autoreferenziale e allora si ammala» 10 - può essere riferito analogamente a tutti i media cattolici. Per cui, se non sono estroversi, essi si ammalano e rischiano di morire. In un periodo storico caratterizzato dallo sviluppo esponenziale dei mezzi di comunicazione, che possono agevolare le nostre relazioni ma anche monopolizzarle, deve essere potenziato l’impegno a svolgere un ruolo incisivo a livello culturale e sociale. Così le nostre testate vivranno e si rafforzeranno se riusciranno a promuovere e a stimolare il dialogo nelle realtà locali, poiché la loro missione è soprattutto una missione formativa a servizio della comunità. La stampa cattolica deve mantenere e potenziare la capacità di essere una bussola nel mondo dell’informazione. In particolar modo, oggi deve avere la forza e l’audacia di rivolgersi agli utenti dei nuovi media, adulti e soprattutto giovani. Jonah Lynch, ne Il profumo dei limoni, ricorda che «ogni tecnologia porta con sé un mutamento del rapporto con il mondo, una facilitazione di certi aspetti di quel rapporto e una complicazione di altri» 11, giungendo a conclusioni analoghe a quelle che furono di McLuhan oltre 8 9 10 11 CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Orientamenti pastorali, Educare alla Vita Buona del Vangelo, n. 51. Cfr. Messaggio del Santo Padre BENEDETTO XVI per la 47a Giornata Mondiale delle comunicazioni sociali. Reti Sociali: porte di verità e di fede; nuovi spazi di evangelizzazione (Domenica, 12 maggio 2013). Riportato in AVVENIRE del 26 marzo 2013. JONAH LYNCH, Il profumo dei limoni, LINDAU, Torino 2011. quarant’anni fa, quando affermò che un nuovo medium non sostituisce quello vecchio, ma dà ad esso una nuova connotazione 12. Quale potrà essere, allora, la nuova connotazione dei settimanali diocesani? Non tanto il rincorrere lo scoop o il costante assillo di acciuffare al volo le innovazioni, quanto piuttosto l’offrire un’informazione in grado di accompagnare il lettore attraverso agili spazi di riflessione, di confronto e approfondimento, senza cadere in tentazioni banalmente efficientiste. Occorre alimentare una comunicazione efficace, capace anche di sedurre, ma soltanto per accompagnare lo sguardo, l’attenzione e il cuore del lettore verso un oltre. Sicuramente ciò non avverrà rincorrendo semplicemente le nuove tecnologie. Ben vengano, sia chiaro, le applicazioni per scaricare le edizioni cartacee su tablet o smartphone, le pagine facebook, gli sbarchi su twitter o qualsiasi altra opportunità per offrire ai lettori una comunicazione integrata e convergente. Ma se la carta stampata snaturasse le proprie peculiarità o non tentasse continuamente di rinnovarsi, davvero correrebbe il rischio di essere considerata superata e condannata definitivamente all’oblio. Invece, seguendo l’eccellente esempio del quotidiano Avvenire e di non pochi settimanali diocesani, le nostre testate possono mantenere la fiducia e la fedeltà dei lettori, conquistando fette di pubblico sempre più ampio attraverso un lavoro rigoroso, qualificato e capace di presentarsi come un servizio che si vuol offrire alla collettività. Negare l’attrattiva esercitata dai new-media e il loro valore intrinseco è inutile. La possibilità di avere a disposizione decoder in grado di garantire uno sguardo critico e sapiente della realtà, anche mediante le nuove forme di interazione e di collaborazione offerte dai social media, è certamente imponente. Di fronte al bombardamento d’informazioni e d’immagini, la nostra stampa può rappresentare il mediatore capace di valorizzare, raccogliere e, se necessario, filtrare le notizie smascherando quelle false e accompagnando nella lettura critica dei nuovi ambienti digitali, dalle potenzialità straordinarie, ma anche pieni di insidie. Abbiamo un patrimonio associativo straordinario. Dobbiamo sperimentare le nuove reti, ma continuando a valorizzare quelle esistenti. I settimanali diocesani svolgono già il prezioso compito di collettore divulgando e promuovendo le varie attività messe in campo dalle parrocchie e dalle aggregazioni, ma non sempre questo servizio viene adeguatamente sostenuto. A fatica si trasforma in rete di supporto per il settimanale. Il punto di forza della realtà ecclesiale consiste nel fatto che ancor prima della rete sul web, esiste la rete, concreta e reale, delle comunità e delle associazioni. Perché, ad esempio, non collaborare più strettamente con le associazioni aderenti al Coopercom? Organizzando convegni, forum, corsi di formazione, ma anche offrendo spazio a quella che potremmo definire informazione sull’informazione. Con McLuhan, ancora oggi, possiamo affermare che il medium è il messaggio 13. Non si tratterà soltanto di aiutare l’utente medio, sommerso da informazioni d’ogni genere, a riconoscere le notizie vere da quelle false smascherando l’ultima bufala in circolazione su facebook o su twitter, denunciando la superficialità dei contenuti o i rischi della comunicazione orizzontale, ma soprattutto valorizzando, offrendo chiavi interpretative e ancor più letture pedagogiche per trarre (e-ducere) dai mezzi di comunicazione digitali il positivo, il bello e il buono. Gli abitanti digitali debbono acquisire la consapevolezza di essere anzitutto cittadini del web ed esigere la piena tutela dei loro diritti e l’osservanza responsabile dei doveri etici propri dell’informazione corretta, fondata sulla verità e sul rispetto della persona. In questi giorni, leggendo un articolo di Gianni Riotta su La Stampa che riferiva le dichiarazioni di Padre Antonio Spadaro riguardo alla versione 2.0 della Civiltà Cattolica, colpiva questa analisi sull’interazione tra forma cartacea e digitale: «Non si tratta di un’interessante ma in definitiva ormai scontata “transizione online”. Il progetto è più ambizioso, il solo valido davanti al 2.0: usare la Rete non per travasare contenuti vecchio formato, ma creare ad hoc nuovi contenuti, che 12 13 «Ogni nuovo medium non è mai un aggiunta al vecchio, lo modifica e rielabora in forma nuove». Cfr MARSHALL MCLUHAN, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano 1967. Ibidem. usino la capacità di dialogo del web, e immettere online i propri valori antichi, riflettendo però nello specchio online la propria immagine e vedendone nuovi caratteri e simboli: la specificità della rivista, il contributo proprio che la sua redazione può offrire, nascono da una peculiarità: il fatto che essa è frutto di scrittori tutti gesuiti… Principio ispiratore di questa spiritualità è un criterio molto semplice: “cercare e trovare Dio in tutte le cose”, come scrive sant’Ignazio» 14. Senza dubbio, quindi, Dio va cercato anche nella rete, come ricorda Antonio Spadaro, ma è non meno presente nella carta stampata, se lo si riconosce nelle vicende dell’umanità e nella vita di ogni persona. Individuare e valorizzare ogni forma di comunicazione integrata e multipiattaforma, sul web così come attraverso radio, Tv locali e carta stampata, significa rendere possibile, in ogni momento e in ogni luogo, l’accesso all’informazione, il suo approfondimento (nelle fonti e nei contenuti) e la riflessione critica, nella specificità di ogni medium 15. Come già acutamente segnalato dal Direttorio per le comunicazioni sociali: «La scrittura stampata ha resistito all’avvento della televisione e resisterà probabilmente anche all’irrompere di internet, integrandosi con le nuove tecnologie senza esserne fagocitata, ma cambiando fisionomia. La stampa avrà futuro se saprà valorizzare le caratteristiche peculiari che gli altri mezzi, per loro natura, non hanno e non potranno avere, a cominciare dalla capacità di suscitare riflessione, con tempi dilatati che consentono l’elaborazione del pensiero critico e ritmi personalizzati. A differenza ad esempio, di un telegiornale, la velocità di assimilazione di un giornale stampato è decisa dall’utente, come pure l’ordine in cui consultare le notizie. La comunità ecclesiale, che ha sempre saputo valorizzare la stampa sul duplice fronte dell’editoria, con le varie case editrici, e della stampa periodica, è chiamata oggi ad assicurare e sostenere questo ambito che sta attraversando una fase di delicate trasformazioni». […] «Questo prezioso patrimonio merita di essere salvaguardato e inserito, nel rispetto della storia e della specificità di ciascuno, in un progetto organico di collaborazione a livello locale, regionale e nazionale». 16 Con la rilettura di questi passi del Direttorio per le comunicazioni sociali, che oggi appaiono in qualche misura profetici, capaci d’indicare ancora per molto tempo le strade per una comunicazione del Vangelo secondo i linguaggi e la sensibilità dell’uomo contemporaneo, si auspica che ogni settimanale diocesano non perda mai di vista l’orizzonte verso cui tendere, per continuare ad offrire un servizio qualificato e qualificante alla società. Con l’augurio a Nuova Scintilla, per il suo centenario, di accendere con luce sempre nuova la Speranza nel cuore di ogni lettore perché oggi, più che mai, se ne avverte l’urgenza. *Assistente Ecclesiastico Generale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e Presidente della Commissione Episcopale per la Cultura e le Comunicazione Sociali 14 15 16 GIANNI RIOTTA, La Stampa, 5 aprile 2013. “Lo sviluppo di sinergie tra i vari media e in particolare tra stampa, televisione, radio e internet, costituisce un obiettivo fondamentale da perseguire in modo graduale e organico sia per le strutture sia per il personale”. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, (2004), n. 104. CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA, Comunicazione e Missione. Direttorio sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa, (2004), nn.156-157. LA NEUTRALITÀ DELL’INFORMAZIONE Carlo Alberto Tesserin * Questi tre giorni sono una ricchezza, su un tema di grande attualità e di grande difficoltà. Noi che viviamo nelle Istituzioni ci rendiamo conto come la capacità di gestire la comunicazione sia una questione estremamente difficile. La capacità di vivere questa stagione, con i problemi che ci sono, non è disgiunta dalla forza della comunicazione: poche volte in termini positivi, molte volte in termini negativi. La visione di quello che sta accadendo all’interno di questo momento che travaglia la nostra società, ha degli aspetti forti: i suicidi sono lì a testimoniarlo e ci coinvolgono tutti. Mi sembra opportuno operare un collegamento tra i temi che si discutono in questo convegno e quello che noi, come Regione Veneto, abbiamo approvato con lo Statuto. Al punto a) dell’art. 6, comma sesto dello Statuto della Regione, dopo aver detto che essa si ispira ai principi della civiltà cristiana, diciamo che La Regione, informando la propria azione al principio di responsabilità nei confronti delle generazioni future: a) garantisce e valorizza il diritto alla vita; b) riconosce e valorizza lo specifico ruolo sociale proprio della famiglia; attiva politiche di conciliazione tra tempi della vita e del lavoro ed adegua l’erogazione dei servizi alla composizione del nucleo familiare; c) riconosce e valorizza le differenze di genere e rimuove ogni ostacolo che impedisce la piena parità tra uomo e donna; d) opera per garantire e rendere effettivo il diritto all’istruzione ed alla formazione permanente; e) riconosce la centralità e l’autonomia dell’università e valorizza la ricerca, quali strumenti decisivi per la competitività del sistema economico e per il miglioramento della qualità della vita dei cittadini; a tal fine dispone specifici finanziamenti ad università ed enti di ricerca; f) favorisce il più ampio pluralismo dei mezzi di informazione, anche a carattere locale, come presupposto per l’esercizio della democrazia. Quest’ultima affermazione dimostra come la capacità di poter godere di una corretta informazione sia essenziale perché le Istituzioni siano in contatto con la realtà. L’articolo 9 afferma: La Regione, allo scopo di rendere effettiva la partecipazione, assicura il diritto di accesso a un’informazione ampia, diffusa, pluralista e neutrale in ordine alla propria attività. E qui sono le difficoltà che sono state richiamate prima. Dopo aver ringraziato don Vincenzo Tosello, per aver voluto realizzare quest’importantissimo convegno – che ci offre un excursus sulla storia de Nuova Scintilla – e per aver portato qui personaggi così importanti nell’ambito della comunicazione, devo dire che condivido appieno quest’affermazione: La stampa avrà futuro se saprà realizzare la capacità di suscitare riflessione, con tempi dilatati, che consentano l’elaborazione del pensiero critico. È la sensazione che provo, ogni settimana, quando leggo gli editoriali de Nuova Scintilla, perché hanno la capacità di trasferirmi delle sensazioni di riflessione che sugli altri giornali non trovo. Io penso che l’importanza della stampa nostra stia nel fatto che ci dà una visione più neutrale di tutto il resto della stampa, inevitabilmente attratta dall’enfatizzazione. Quello che leggo negli articoli di don Vincenzo Tosello è la capacità di trattare gli argomenti con obiettività. Con questo spirito, condivido molto il richiamo alla speranza fatto da mons. Giuliodori. Noi abbiamo tanto bisogno di questo in questo momento così difficile. Penso che queste giornate possano servire anche per questo tipo di attenzione e aspettativa. L’augurio è che i 100 anni de Nuova Scintilla siano seguiti da molti altri, con grande successo, per il bene della collettività. *Presidente della Commissione Statuto e Regolamento della Regione Veneto IL RUOLO DEI LETTORI S.E. mons. Adriano Tessarollo * A differenza di Internet – che anch’io, di tanto in tanto, frequento – la carta stampata ci permette di riflettere. Noi abbiamo bisogno non solo di posare il nostro sguardo, ma anche il nostro pensiero. Il mio augurio è che questo convegno possa offrirci la consapevolezza di un servizio fatto con coscienza, consapevolezza, coraggio meditato per affrontare la realtà. Bisogna incoraggiare chi si impegna in questo modo in questo settore. Il mio ringraziamento va a chi ha organizzato queste giornate, a don Vincenzo, ai relatori e a tutti Voi che siete presenti. Una riflessione voglio fare. Ci sono i professionisti, ci sono i collaboratori dei nostri organi d’informazione. Ma se prendessimo coraggio come lettori, qualche volta, a farci presenti, a mandare le nostre osservazioni, le nostre riflessioni, sarebbe bello. In un settimanale locale sarebbe buona cosa che ci fosse spazio per un maggiore dibattito, che tocca anche la nostra realtà, che non deve essere letta e interpretata solo dai professionisti della carta, ma che può essere arricchita dalle osservazioni che ciascuno può offrire. La riflessione meditata e coraggiosa può venire anche dai lettori. Mi auguro che nei nostri giornali questo trovi incentivo e spazio. *Vescovo della Diocesi di Chioggia SECONDA GIORNATA Venerdì 12 aprile 2013 TAVOLA ROTONDA QUALE GIORNALISMO NELL’ERA DIGITALE? INTRODUZIONE don Bruno Cescon * Ci troviamo oggi a rispondere ad una domanda insieme molto delicata e complessa. Penso che nessuno sappia con certezza dove ci stiamo dirigendo con l’uso delle nuove tecnologie. C’è un primo problema da affrontare: quello della libertà, sul piano giornalistico e delle leggi che devono regolarla. L’altro problema è riflettere su quale giornalismo? Come si può passare dalla stampa ad Internet, quali differenze vi sono? Questo è un primo aspetto: il modo diverso di fare giornalismo. Un secondo aspetto riguarda la gestione e l’organizzazione del personale. Anche questo è un tema da affrontare: verificare se abbiamo personale sufficiente. È una questione anche di risorse, perché nulla nasce senza risorse umane e anche economiche. Che relazione vi è – questo è un altro aspetto – tra Internet e i network sociali, dove passano informazioni? Sono solo degli interrogativi per introdurre questa Tavola Rotonda, nel corso della quale prenderanno la parola: Chiara Giaccardi, Docente ordinario alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di Scienze della Comunicazione) Università Cattolica – Milano; Domenico Delle Foglie, Direttore dell’Agenzia Sir; Ferruccio Pallavera, Direttore del quotidiano Il Cittadino di Lodi. *Moderatore, Vice Presidente della FISC, Direttore del settimanale Il Popolo della Diocesi di Concordia-Pordenone DOBBIAMO SPERARE CONTRO LA SPERANZA E IMMETTERE CONTINUAMENTE IL BENE NEL MONDO Chiara Giaccardi * Il contesto Viviamo in un mondo iper-connesso, in cui continuamente, 24 ore su 24, siamo connessi ad una rete e questo cambia il nostro modo di vivere. C’è una perdita di confine tra i media e l’ambiente. Viviamo in un ambiente dove la componente mediale fa parte dell’ambiente dove ci troviamo. Il digitale e i nuovi dispositivi non sono degli strumenti per fare in modo nuovo le stesse cose, ma sono parte di un ambiente profondamente modificato. Tutto questo è confermato dai numeri. Facebook ha festeggiato il miliardo di utenti, viene usato attraverso 70 lingue, con 240 miliardi di foto caricate e scambiate, con un trilione di connessioni. Twitter è in continua crescita: dal marzo 2006, conta nel 2012, 500 milioni di iscritti e 200 milioni di utenti attivi; nel febbraio 2012, il 15% degli adulti online usa Twitter (Pew Internet); in Italia, il 10% della popolazione connessa usa Twitter. La penetrazione su Twitter è molto qualificata. Mentre su Facebook ci sono più i ragazzini – oltre le pagine delle aziende e delle Istituzioni - su Twitter ci sono gli esponenti dell’informazione e del giornalismo, persone che raccontano quello che sta succedendo. Chi fa il giornalista oggi, non può non essere su Twitter, che è il luogo in cui si commenta continuamente quello che sta succedendo, si partecipa ad un dibattito internazionale. Sarebbe un peccato di omissione quello di sottrarsi ad un ambito così importante d’informazione per i giornalisti. Sant’Ignazio diceva che bisogna vedere Dio in tutte le cose. Noi possiamo dire che bisogna coltivare Dio in tutti gli ambienti: aprire delle finestre che lascino entrare questa luce. Quindi, entriamo in Twitter, apriamo le finestre. Come interpretare questa diffusione crescente? Non come una moda. Non è una moda passeggera. Il mondo è cambiato e il cambiamento va aiutato, con lucidità, evitando gli entusiasmi, i tecnoentusiasmi ('soluzionismo', 'intercentrismo', 'digiphoria') e il tecno-pessimismo: non sono loro che fanno, siamo noi che facciamo, nel nuovo ambiente di cui essi sono parte importante. Il fattore umano è irrinunciabile. Bisogna dire no alle 3d: il determinismo tecnologico, il dualismo digitale, il divario generazionale. Il determinismo tecnologico è quello che dice: il Web ci rende liberi; il Web ci rende stupidi; il Web ha prodotto la primavera araba; il Web ci rende soli; il Web ci rende socievoli; il Web frantuma i legami; il Web ci rende dipendenti, il Web ci rende hikikomori; il Web uccide i giornali...e via di seguito. La rete, però, non è strumento, ma è un luogo. Ci domandiamo: che democrazia produce il Web? Il Web non produce. È un luogo dove noi ci muoviamo forse con più leggerezza rispetto ad altri, ma il Web non è un attore, non fa, ma come ogni ambiente comporta vincoli e opportunità. La rete è un luogo e siamo noi gli attori di questo luogo, i soggetti agenti. La rete non è un soggetto, ma è un ambiente e siamo noi a decidere come plasmarlo. Un altro aspetto che inquina il dibattito e la nostra capacità di comprendere quello che sta succedendo è il dualismo digitale, che noi cattolici abbiamo un po’ la tendenza a praticare e che è in contraddizione con i principi che caratterizzano la cultura cattolica: nella nostra cultura, non c’è separazione tra materiale e immateriale, tra carne e spirito, ma l’universale è nel singolare e lo spirito è nella materia. Il dualismo digitale è proprio un errore, secondo me. È da noi che deve venire un rifiuto di questa visione, che è profondamente sbagliata, perché frattura i due livelli: quello materiale e quello digitale, che viene inteso come il luogo della falsità, di una realtà impoverita, che in qualche modo compete con l’altra realtà. Questa interpretazione, alla matrix, è un’interpretazione falsa. In rete si trasferiscono le proprie relazioni personali e si mantengono i vincoli che le situazioni ci consentono. La rete non è un luogo di estraneamento o fuga dalla relazione. Questa contrapposizione, questo rapporto a somma zero – più sto sul digitale, meno sto nella vita reale – è un’immagine di cui ci dobbiamo liberare se vogliamo fare un passo avanti. Non c'è una realtà digitale inautentica contrapposta a una materiale autentica e così come ogni nostra esperienza è sia locale sia globale, così ogni esperienza è insieme fisica e digitale: i due ambiti si definiscono a vicenda, non si contrappongono. L’ambiente digitale non è un mondo parallelo o puramente virtuale, ma è parte della realtà quotidiana di molte persone, specialmente dei più giovani! È parte del tessuto stesso della società. La realtà, che è una, è fatta di atomi e bit, materiale e digitale. Il Web è un'estensione immateriale dei nostri territori di esperienza. Noi siamo gli stessi on line e offline. Mi piace quest’immagine che ha coniato il filosofo Luciano Floridi: il mondo è un’infosfera. siamo tutti emittenti; ogni nostro gesto, parola, testo favorisce o compromette l'ecologia dell'infosfera. Gli spazi della rete, quando valorizzati bene e con equilibrio, contribuiscono a favorire forme di dialogo e di dibattito che, se realizzate con rispetto, attenzione per la privacy, responsabilità e dedizione alla verità, possono rafforzare i legami di unità tra le persone e promuovere efficacemente l’armonia della famiglia umana. Lo scambio di informazioni può diventare vera comunicazione, i collegamenti possono maturare in amicizia, le connessioni agevolare la comunione. Gli spazi della rete non sono strumenti, ma spazi da abitare e in cui fare esperienza. Le reti sociali digitali stanno contribuendo a far emergere una nuova agorà, una piazza pubblica e aperta in cui le persone condividono idee, informazioni, opinioni, e dove, inoltre, possono prendere vita nuove relazioni e forme di comunità. Il giornalismo nell'era digitale Come si modifica il giornalismo nell’era digitale? Siamo in una situazione in cui aumenta il consumo on line e quello in mobilità. Le news digitali superano i giornali cartacei e l’ascolto della radio. Si accede subito alla notizia e ai commenti sulla notizia tramite Twitter, che fornisce informazione molto prima della televisione e della carta stampata, tanto che il giornale del giorno dopo rischia di essere già vecchio. In questi giorni, in America, si è svolto un convegno dal titolo Twitterocracy: How Social Media Are Transforming Politics and Journalism: l’idea, cioè, che oggi Twitter sta assumendo un ruolo di primo piano nell’organizzazione delle notizie e di quello che accade. Oggi per la Guerra dei mondi, Orson Welles, anziché la radio, userebbe Twitter per dare credibilità a una notizia di questo tipo. La domanda, allora, è: la rete uccide i giornali? Anche questa, se volete, è una domanda deterministica. La rete non uccide i giornali. È appena uscito un libro di Gianni Riotta, che sostiene la tesi del no al mito lineare del Web ammazza-giornali, in base a rilievi molto interessanti. Ad esempio, relativi al fatto che la flessione della vendita dei quotidiani precede l’arrivo di Internet di oltre 25 anni. Un esempio: New York, negli anni '20, aveva 14 testate locali; nel 1963, 12; negli anni '70, 4. Il declino dei giornali, quindi, non è legato alla rete, ma alla trasformazione della società. È il cambiamento della società che mette in crisi un certo modello di fare informazione, non il Web. L'informazione si è diffusa online non perché gratis, ma perché il Web risponde meglio ai bisogni dei cittadini del XXI secolo (ubiquità, sfida all'autorità centrale, capacità di creare comunità, connessione h24). Un’informazione standard, uguale per tutti, non solo non funziona, ma non basta più. Il web risponde meglio a questo bisogno di differenziazione nell’informazione. Il passa parola è forse il modo più diffuso di comunicarsi notizie e Twitter è il luogo in cui si è aggiornati sull’ultima ora, sulle notizie più recenti (le breaking news). In questo contesto, i media tradizionali assumono una funzione di approfondimento: Twitter dice che sta succedendo una cosa, poi la stampa spiega bene l’avvenimento. Bisogna cominciare a pensare la professione in modo diverso e adattarsi al mondo che cambia, ma di giornalismo – soprattutto di buon giornalismo - c'è e ci sarà sempre bisogno. Alcuni dati ci dimostrano quello che sta succedendo. I siti di news dei giornali aumentano come visitatori: a febbraio 2013, La Stampa è aumentata del 62%, Il Fatto Quotidiano del 48%, il Corriere della Sera del 9%, La Repubblica del 6%. Questo dimostra che ci può essere una sinergia tra la parte cartacea e la parte on line dei giornali. È questa convergenza, questa sinergia, che va ricercata. Non una forma di competizione e di dualismo, che può essere solo perdente. Bisogna trovare il modo di aumentare la collaborazione e il potenziamento reciproco tra la dimensione on line e la dimensione cartacea. Un caso interessante è quello del Sole 24 Ore, che risulta essere il quotidiano che ha il maggior numero di vendite per le forme differenziate di abbonamento al digitale, che offre servizi, approfondimenti, materiali integrativi diversi dal cartaceo, breaking news per gli smartphone, consultazione di archivi e costruzione di un archivio personalizzato. Oggi, tutti possono immettere sulla rete dei contenuti. Chiunque può costruirsi il suo repertorio d’informazione personalizzata. McLuhan diceva che l'uomo era un raccoglitore d’informazioni. Oggi, l’uomo non è più solo un raccoglitore d’informazioni, ma le semina e le coltiva, le produce o almeno le cura. Il content curator è una figura centrale nei social media: chi seleziona, mette in ordine le notizie, tenendo anche conto di questioni e tematiche specifiche; è una specie di garanza di qualità delle notizie che vengono diffuse. La figura del giornalista è sotto attacco anche da parte di queste nuove figure: chiunque può diventare provider di contenuti (dal me-content al citizen journalism) e costruirsi i propri magazines personalizzati con le applicazioni che aggregano contenuti. Sorge però l’esigenza forte che ci siano figure competenti in grado d’intervenire in questa Babele dell’informazione, per trasformarla in qualcosa di coerente. Il ruolo del giornalista I giornali offrono qualcosa di molto diverso dalle aggregazioni di notizie. Offrono un sistema di valori e danno l’idea di quello che veramente conta nel mondo. I giornali devono essere consapevoli di questo ruolo e renderlo esplicito. I giornali organizzano il mondo su base quotidiana. Costruiscono un racconto di quello che succede, nel tentativo di dare unità, un ordine al caos dei fatti. Se i giornali perdono copie, è perché non svolgono questo ruolo con la giusta consapevolezza e trasformano le notizie in sensazionalismo. L’ambiente dell’informazione è diventato così complicato che abbiamo bisogno di qualcuno che dia senso a quello che sta succedendo, che ci aiuti a trovare un senso, ora più che mai. Il ruolo del giornalista, in questo momento, è assolutamente centrale. Anche perché il curatore sceglie e mette solo in ordine, in un bel formato, quello che altri producono, il giornalista ha un ruolo molto più attivo. Deve stare sul confine tra mondi diversi (ad esempio, locale-nazionale, cattolico-laico) e tradurre, costruire ponti, far transitare contenuti da una parte all'altra. Così facendo, deve evitare l'effetto stanza degli echi, che moltiplica la frammentazione; deve favorire la ritessitura del legame sociale (anche grazie al Web)! Il giornalista è un’opinion leader oggi più che mai. Se noi guardiamo i giornalisti che sono su Twitter, ogni giornalista singolo ha più followers della sua testata, perché le persone hanno bisogno di trovare qualcuno che faccia da punto di riferimento, di cui fidarsi, per essere accompagnate nell’interpretazione di quello che accade. Il giornalista è un collettore di istanze, connettore di mondi, nodo di una rete! Non basta solo la professionalità. A volte, da sola, sganciata da un radicamento anche etico, può anche avere effetti perversi. Se io sono un professionista cinico, produco degli effetti devastanti. Meglio qualcuno un po’ più naif, ma che ha a cuore il bene comune informazionale, che deve tutelare tutti. Quindi, la professionalità è importante, ma non è sufficiente. Sono importanti anche la testimonianza, la responsabilità, l’amore per la verità, la preoccupazione di comprendere e rendere intellegibili le notizie per costruire le condizioni dell'azione, la libertà da interessi di parte. Ripensare il territorio Nel convegno della FISC dell’anno scorso, abbiamo parlato della Rete come Territorio da abitare e rendere abitabile. Il territorio è come una piattaforma, un ambito di connessione di relazioni, un social network analogico, potremmo dire, intermedio tra macro e micro, luogo di ciò che è comune, concreto e aperto, aumentato dal digitale. Così come la Parrocchia era uno spazio di relazioni interpersonali potenziali - se non altro - il territorio da una parte ha una componente fortemente locale – con una specificità, una storia, relazioni, tradizioni, che vanno avanti nel tempo – dall’altra parte, grazie al digitale, si apre ed io penso che questa sinergia tra il territorio e la rete sia un’occasione fondamentale. L’informazione nazionale oggi ha preso una deriva di astrazione troppo alta e che dovrebbe ripartire dal territorio come luogo delle relazioni e delle vite vissute, dove le domande, i bisogni e le possibili soluzioni possono emergere in maniera più chiara. Il territorio è un laboratorio di sperimentazione, di soluzioni possibili, perché è un luogo comune, che sta a cuore a chi lo vive. È un luogo di radicamento, che impedisce le derive della virtualizzazione. La rete consente di aumentare e potenziare questa capacità del territorio di essere un laboratorio di sperimentazione sociale e di arrivare più lontano. Penso che questo – dal basso verso l’alto – sia il percorso da intraprendere. In questo senso, il territorio è una rete, di relazioni personali prima di tutto, che può essere potenziata dalla rete digitale. Conclusioni Il giornalismo resta importante e il giornalismo locale è oggi ancora più importante: quello cattolico ha una marcia in più. Il giornalista ha il compito di accompagnamento e di collaborazione nella gestione delle informazioni che provengono da internet. Il giornalismo locale, quello che parte dalla concretezza di un territorio e da un insieme di relazioni, ha la capacità di mettere in circolo soluzioni condivise, di definire il senso del luogo, che è insieme radicato nella tradizione e aperto sul mondo ed è anche l’ambito in cui il confine tra giornalismo e attivismo diventa più sfumato e non in senso ideologico. Ciascuno di voi è insieme un giornalista e un volontario: un giornalista e una persona che cerca di dare un contributo per cambiare le cose in una certa direzione. Questo aspetto della partecipazione sul territorio è molto meno astratto di quanto si pensi. Questa dimensione di partecipazione attiva è fondamentale. In un momento come questo, in cui la dimensione degli interessi diventa parzialità dell’informazione, il giornalismo cattolico possiede uno sguardo che altri non hanno. Diceva Flannery o'Connor che Non credere in niente, significa non vedere niente. Il fatto di credere ci rende la possibilità di vedere la realtà e tutto ciò che è materiale ed espressione di interesse. Lonergan indicava tre imperativi per il giornalista: Essere attenti, sensibili, intelligenti e quindi responsabili. Il giornalista cattolico ha una capacità di distacco, che gli consente comunque di essere al di sopra di tante cose, nel senso di mettere e considerare le cose al posto giusto. Anche di fronte a tanti elementi di crisi, a tante difficoltà, a sfide che non sappiamo se vinceremo o perderemo, lo sguardo del giornalista cattolico è uno sguardo più libero, perché trae la sua forza la sua speranza dalla sua fede. Concluderei con queste parole di Guardini: Dobbiamo sperare contro la speranza e immettere continuamente il bene nel mondo, dalla sua radice più profonda (...). Allora comprenderemo persino che di fronte al proprio fallimento, alla propria inadeguatezza, rimane ancora l'humor cristiano, il dono di commisurare la serietà di tutti i casi della sorte alla serietà dell'unicum necessarium e che lo stesso fallimento sta ancora sotto la Provvidenza di colui che vuole ad ogni costo redimere l'uomo dalla superbia e convertirlo a sé. *Docente ordinario alla Facoltà di Lettere e Filosofia (Dipartimento di Scienze della Comunicazione) Università Cattolica - Milano GUARDARE AL FUTURO CON SLANCIO, CON CORAGGIO, SENZA PAURA Ferruccio Pallavera * Premessa Il numero dei lettori della carta stampata sta diminuendo ovunque. Le testate presenti in 23 dei Paesi del mondo più sviluppati hanno venduto mensilmente, nel 2011, 123 milioni di copie di quotidiani, circa 2 milioni in meno di quelle del 2010. La causa dell’inversione di tendenza è nell’aumento dell’accesso a internet e soprattutto nella diffusione degli smartphone, che in molti paesi stanno portando Internet per la prima volta a un gran numero di persone. L’impianto della tecnologia smartphone rischia di accelerare il declino della lettura dei giornali ancora più rapidamente di quanto non abbia fatto fino ad ora. Fino al 2010 si pensava che, a livello planetario, la crescita dei lettori nelle economie emergenti potesse compensare il declino della diffusione della carta stampata nel mondo avanzato. Ma i dati ora dicono che non è così e l’inversione di tendenza si è affermata proprio nel 2011. Le statistiche mostrano infatti che il numero di lettori della carta stampata sta calando in quasi tutte le maggiori economie del mondo. Anche in Cina, in un solo anno, dal 2010 al 2011, la vendita dei quotidiani è scesa di più di mezzo milione di copie. Quanto vendono i quotidiani in Italia I quotidiani in Italia vendono molto meno di quanto da essi dichiarato. Le tabelle del venduto che ci vengono presentate dalle testate specializzate ci presentano quasi sempre i dati della diffusione media, che indica la somma fra le copie vendute e quelle distribuite gratuitamente (grazie ad accordi fatti dai giornali con associazioni o enti e a iniziative promozionali, ecc.). In realtà le copie effettivamente vendute sono molte di meno e in costante discesa. Crescono invece le copie acquistate sul Web. Qualche esempio. Il Corriere della Sera dichiara una tiratura media di 609 mila copie e una diffusione media di 474 mila copie. In realtà, le copie effettivamente pagate sono 440 mila, alle quali vanno sommate le 50 mila copie lette su internet. La Repubblica: tiratura media 509 mila copie, diffusione media 396 mila copie. Copie pagate 357 mila, più 50 mila di copie digitali. Il Sole 24 ore: tiratura media 331 mila copie, diffusione media 262 mila copie. Copie pagate 256 mila, più 51 mila di copie digitali. La Stampa: tiratura media 350 mila copie, diffusione media 253 mila copie. Copie pagate 248 mila, più 7 mila di copie digitali. Il crollo della pubblicità Cala la lettura dei giornali di carta e crollano le inserzioni pubblicitarie. I dati relativi al mese di febbraio 2013, raffrontati allo stesso periodo del 2012, segnalano che il fatturato pubblicitario del mezzo stampa in generale registra un calo del -25%. In particolare, nel periodo citato, i quotidiani a pagamento nel loro complesso registrano un -26% del fatturato, mentre i settimanali registrano a loro volta un andamento negativo, con un fatturato del -23%. È opinione comune che la pubblicità sui giornali di carta non tornerà più ai livelli precedenti la crisi economica che ha travolto il mondo. La pubblicità su internet nel febbraio 2013, rispetto al febbraio 2012, è invece cresciuta del +9,3%. Attenzione: a fronte di un crollo del 25% della pubblicità sui giornali di carta, si registra un +9% dei giornali sul Web. Questo significa che su internet non c’è un ritorno economico sufficiente a bilanciare il calo della pubblicità sulla carta: questo a causa della crisi del modello di business editoriale e per la concorrenza talvolta scorretta degli operatori digitali. Il Corriere della Sera e Repubblica insieme hanno raccolto, nel 2012, circa 80 milioni di euro in pubblicità. Google dieci volte tanto: la somma della sua raccolta pubblicitaria nel 2012 è stimata in 700-900 milioni di euro, e tutto ciò con costi molto inferiori. Da Google assicurano che la loro pubblicità digitale crescerà al ritmo del 59% all’anno fino al 2016. Quale futuro per i giornali di carta? Internet fornisce le notizie in tempo reale. I telegiornali nel giro di pochi anni sono triplicati, su tutte le reti. Quando una notizia che riguarda l’Italia o il mondo arriva attraverso il giornale di carta che è stato appena acquistato in edicola, è ormai vecchia e superata. Quella notizia è stata confezionata quasi sempre attraverso le agenzie di stampa, le stesse che sono state utilizzate per predisporre i telegiornali della serata precedente. Quando i lettori si accostano ad essa, l’hanno già ascoltata – talvolta già commentata – sui canali televisivi dieci, dodici ore prima. È difficile prevedere un futuro radioso per i giornali di carta che si occupano delle vicende del mondo. A salvarli, per ora, sono le loro grandi firme, che forniscono commenti specifici e autorevoli: ma quanti sono coloro che in Italia dedicano alla lettura di un quotidiano più di 15 minuti della propria giornata? Pochissimi. In Italia, poi, il numero dei lettori non ha mai eguagliato quelli delle grandi nazioni sviluppate dell’Europa e del mondo. E quanti sono i giovani che leggono un giornale d’informazione, sia esso quotidiano o settimanale? Quale futuro per i giornali del territorio? Nei cambiamenti epocali che sta registrando l’informazione, tutti si chiedono se la carta stampata sopravviverà. Ho detto di nutrire profondi dubbi sul fatto che i giornali di carta che si occupano di notizie nazionali o internazionali riescano a catturare nuovi lettori e a far crescere l’introito della pubblicità. Sono invece profondamente convinto che i giornali locali abbiano tuttora un grande avvenire. Le notizie che i giornali di provincia possono (e devono) fornire non verranno mai pubblicate dai giornali nazionali, perché i loro target sono differenti. A sopravvivere, a crescere ulteriormente – e a guadagnare copie e pubblicità non appena la crisi economica verrà superata – saranno i giornali del territorio. I giornali della gente. I giornali che rappresentano l’identità di una terra, la sua cultura, la sua storia, la sua anima. I giornali che ripartano dalle proprie radici per interpretare il futuro. Un futuro stampato sui gonfaloni dei municipi e riposto dentro i nostri campanili. Quale futuro per la stampa cattolica? Noi dobbiamo però farci un’altra domanda: sopravviveranno i giornali cattolici italiani? Questi sono quasi tutti di carta. Riusciranno a superare la crisi che stiamo attraversando? E come? C’è ancora spazio per confezionare i giornali come abbiamo fatto fino ad ora? Conquisteremo nuovi lettori? Cosa che stiamo facendo con immensa fatica, visto che ne stiamo perdendo di anno in anno… Conquisteremo nuovi mercati, tenendo conto del fatto che senza la pubblicità nessun giornale riesce a stare in piedi…? Convinceremo i giovani a leggere le nostre testate, cosa che non siamo più riusciti a fare…? Io temo che l’età media del lettori della stampa cattolica si stia alzando di anno in anno. Diventeremo giornali per la terza età? Oppure no? Nella parabola del figliol prodigo, il figlio maggiore è sempre con il padre. Che bisogno c’è di fare un giornale per lui? Il fratello maggiore ci leggerà sempre. Il giornale noi dobbiamo confezionarlo per farlo leggere anche e soprattutto al figliol prodigo. Il Buon Pastore non cura le 99 pecore, va a cercare la pecorella smarrita. Noi il giornale dobbiamo farlo per le pecorelle smarrite, che nel frattempo sono diventate 99, perché nell’ovile ne è rimasta una sola, e per giunta di età avanzata. Nei nostri giornali riserviamo uno spazio rilevante agli avvenimenti della Chiesa nel mondo. È giusto. Facciamo la stessa cosa con la Chiesa italiana e con la Chiesa locale. È doveroso. Il problema è che talvolta ci fermiamo alle pagine della Chiesa, e talvolta alla nostra gente comune, a chi vive i problemi della vita di ogni giorno, rimane una pagina o due. Attenzione, i nostri giornali non devono diventare bollettini ecclesiastici diocesani, perché di questo passo non li venderemo più e faticheremo sempre di più a raccogliere quella pubblicità necessaria che ci permette di vivere. Dobbiamo cercare nuovi lettori, dedicare ad essi molto più spazio. Ai laici, alle associazioni, al volontariato, di cui tutta l’Italia è ricchissima. I nostri preti e le nostre suore ci acquisteranno sempre. Noi i lettori nuovi dobbiamo andare a prenderli tra i laici, nella gente di ogni giorno. Per cosa sono stati fondati i nostri giornali? Per evangelizzare. Ebbene, che senso ha evangelizzare chi è già evangelizzato? Dobbiamo tornare a dialogare con la gente che vive nella porta accanto. Dobbiamo tornare a fare giornali che parlino la medesima lingua di chi è seduto ai tavolini della piazza, giornali che parlino dei problemi dei giovani, delle donne, di tutti coloro che abitano nei nostri territori. Dobbiamo scrivere ciò che gli altri non scrivono. Dobbiamo dare voce a chi non ce l’ha. Giornali di cronaca spicciola, che respirino con i medesimi polmoni di chi ci sta attorno. Giornali di tutti, spalancati sulle vicende che la gente sta attraversando. Giornali costruiti non con le telefonate fatte dalla redazione, ma con le notizie raccolte consumando le suole delle scarpe. I giornali della gente si fanno non pagando le bollette della Telecom, ma i ciabattini che risuolano le scarpe. E non possiamo più limitarci a fare giornali di carta, ma è obbligatorio lavorare sul Web. Senza siti internet moderni e accattivanti, i giovani lettori non li conquisteremo più. I nostri lettori settantenni tra 15 anni non ci leggeranno più. Andiamo a catturare i giovani. I tablet stanno crescendo a vista d’occhio, tra non molto interi istituti scolastici sostituiranno i libri di testo con i tablet. Gli studenti si abitueranno sempre di più a lavorare con quegli strumenti. E noi? Noi dobbiamo essere pronti al grande mutamento che è in atto. Dobbiamo fare in modo che i ragazzi trovino sul Web anche le notizie del loro territorio, della loro città, del loro paese, le trovino nel loro linguaggio, e le trovino nei siti dei giornali locali, che poi sono i nostri giornali. L’avventura del Cittadino di Lodi Il Cittadino è un giornale interamente di proprietà della diocesi di Lodi. Venne fondato, come settimanale, nel 1878. Cambiò nome e diventò Il Cittadino nel 1890. Rimase un settimanale per 102 anni: nel 1980 si trasformò in bisettimanale. Usciva il venerdì mattina con l’edizione storica, diffusa soprattutto attraverso le rivendite parrocchiali della domenica. E usciva il lunedì mattina, con un’edizione rivolta ai giovani, traboccante di risultati sportivi, diffusa attraverso le sole edicole. Nel 1982, dopo 104 anni, assunse il primo dipendente – oggi sono 35 – e finalmente nel 1989 si trasformò in quotidiano, uscendo sei giorni su sette, non di domenica (per lasciare spazio alla diffusione festiva di Avvenire). Dal 2001 ha iniziato a diffondersi anche in tutta la vasta zona compresa tra Lodi e Milano, diventando così – come si legge nella testata – Quotidiano del Lodigiano e del Sud Milano. Gli abitanti residenti nel territorio sono mezzo milione: la metà nella diocesi di Lodi, l’altra metà nel Sud Milano. Il formato del giornale è la metà esatta di Avvenire. L’edizione del sabato è rimasta quella considerata dalla gente quasi come settimanale ed è acquistata da un altissimo numero di lettori. Il numero minimo di foliazione dal lunedì al venerdì è di 48 pagine, l’edizione del sabato ha un minimo di 72 pagine. Il Cittadino ha un sito internet aggiornato quotidianamente dalle ore 9 alle ore 23. I visitatori unici quotidiani hanno registrato una crescita tumultuosa, che continua tuttora. Nel marzo 2011, i visitatori unici quotidiani erano 8.800. Due anni dopo, nell’aprile 2013, sono diventati 19.000. Una crescita altrettanto accesa è stata registrata da Facebook. I 5.000 Mi piace dell’agosto 2012 sono diventati i 9.400 nell’aprile 2013. La loro crescita è di 450 al mese. I Twitter sono 1.200. Fino al gennaio scorso Il Cittadino poteva essere letto gratuitamente su internet da chiunque, e per intero, fin dalle ore 5 del mattino: i lettori medi quotidiani erano 6.000. Da quando è diventato a pagamento (gennaio 2013), i lettori su internet hanno registrato un crollo: oggi sono 300, ma in continua crescita. Dal marzo 2013, Il Cittadino ha cambiato formato, è tutto a colori. Ogni giorno viene confezionata una prima pagina riservata esclusivamente per i lettori che risiedono nel Lodigiano e una differente prima pagina per i lettori del Sud Milano. A partire dal gennaio 2013, le copie vendute nelle edicole hanno ripreso a crescere dopo tre anni di recessione causate dalla crisi economica e anche la pubblicità è tornata a presentare bilanci positivi. Quanto sopra è anche merito di una svariata serie di iniziative varate nel corso di questi anni, finalizzate a fare crescere la diffusione del giornale in tutto il territorio. Le iniziative per crescere in autorevolezza, vendite e pubblicità Riassumo, di seguito, alcune di queste svariate iniziative messe a punto negli ultimi tempi e finalizzate a rafforzare l’autorevolezza del Cittadino, a renderlo un’istituzione di grande rilievo nel contesto del territorio, a far crescere le sue vendite nelle edicole e a raccogliere ulteriore pubblicità. Gli Stati generali del Lodigiano Abbiamo avviato un’iniziativa molto impegnativa, destinata a coinvolgere la gente sul futuro del nostro territorio: gli Stati generali del Lodigiano. Sette i tavoli di lavoro (ai quali hanno preso parte spontaneamente oltre duecento persone) che hanno lavorato per due anni su altrettanti argomenti di vasto spessore: Cura del territorio, ambiente e sostenibilità; Economia e lavoro: quale modello e quali scelte per il Lodigiano?; Consumatori consapevoli, imprese e istituzioni: insieme per il Distretto di Economia solidale del Lodigiano; Beni comuni e Pubblica Amministrazione: un nuovo modello di cittadinanza; Dinamiche demografiche, coesione sociale e servizi alla persona: quale welfare per i prossimi decenni; Una comunità ricca, unita e solidale; Regole, legalità e sicurezza: i presupposti di un patto tra i cittadini e le istituzioni. Sono state tenute tre assemblee plenarie, è stato pubblicato il Libro Bianco per il Lodigiano del futuro”(240 pagine). Sono in corso convegni dedicati ai singoli temi (il prossimo dei quali si terrà il 24 aprile sul tema Salute e servizi sociali: come sarà possibile garantirli a tutti?) che vengono organizzati in sedi differenti in tutto il territorio. I contenuti del Libro Bianco vengono illustrati in incontri svolti nei singoli centri abitati, anche i più piccoli (esempio: domani sera 17 aprile in un saloncino delle Acli nell’alto Lodigiano). L’iniziativa, molto impegnativa, ha dato al giornale un grande visibilità e un’autorevolezza superiore a qualsiasi aspettativa. Le lettere alla redazione Ogni giorno (esclusa l’edizione settimanale del sabato) pubblichiamo due-tre pagine di lettere sugli argomenti più svariati, soprattutto su temi locali. La gente ha interpretato queste pagine – che sono diventate per noi un’istituzione – come una grande palestra di libertà. Il direttore interviene raramente nelle risposte, solo quando vengono affrontati argomenti scottanti (aborto, eutanasia, immigrazione, ecc.). Pagine speciali mirate In occasione di tutte le sagre e le fiere locali Il Cittadino dedica ampio spazio alle singole realtà, con una raccolta pubblicitaria a tappeto (anche presso i negozietti di prossimità) e con articoli mirati. Se il paese è piccolo, si fa una pagina. Se la fiera è rilevante (esempio Fiera del Perdono a Melegnano o Fiera agricola di Codogno) si predispongono inserti di 24-32 pagine: in questo caso vengono poi distribuiti a tutti i visitatori della rassegna. Pagine o inserti specifici Vengono pubblicati fascicoli (talvolta anche di 24 pagine) che costituiscono un giornale nel giornale (come nel caso del mensile di Confartigianato), oppure pagine singole (con materiale trasmesso dai Lions, Rotary, Acli, ecc.). In casi come questi, le associazioni coinvolte acquistano il numero di copie desiderato, che vengono trasmesse con la posta a tutti gli aderenti dell’associazione. Ad esempio, quando ospitiamo il mensile della Cisl (4 pagine), Il Cittadino viene inviato ai 12.000 iscritti al sindacato. Quando gli inserti permettono di dare alle stampe un’alta tiratura del giornale, per quel giorno viene raccolta pubblicità specifica. Tutti gli inserti finiscono sul sito Internet, rimanendoci per alcuni mesi. Inserti istituzionali È aperto un canale diretto con buona parte delle istituzioni del territorio, in particolare con tutti i sindaci. Ad essi dedichiamo, ad esempio, un corposo fascicolo di fine anno, di 32 pagine (che diventeranno 40 in questo 2013), intitolato Il brindisi dei sindaci. Nel fascicolo, tutti gli 80 sindaci del territorio pubblicano i loro scritti, tirando le somme sull’annata appena trascorsa e presentando i programmi per l’anno successivo. L’edizione del Brindisi è molto venduta e serve a raccogliere ulteriore pubblicità. L’inserto del Brindisi finisce sul sito internet e vi rimane a lungo. Le elezioni comunali In occasione di ogni tornata elettorale per il rinnovo dei consigli comunali, Il Cittadino intervista ogni volta tutti i candidati sindaci, anche dei centri più piccoli, dedicando a ciascuno di essi un’intera pagina. Ci è capitato anche di pubblicare 5 pagine, con le interviste ai 5 candidati sindaci di una località nella quale si votava, di soli mille abitanti. Questo ha comunque fornito ulteriore prestigio e autorevolezza al nostro giornale. Le pagine di Gustalo È un inserto che esce una volta al mese, un inserto da gustare, con la descrizione dei caseifici, gli spacci aperti nelle cascine, gli agriturismi, i ristoranti, le osterie di paese, le piste ciclabili, il turismo: tutte le eccellenze del gusto a livello locale. Con tanta pubblicità da parte dei locali interessati. Le foto dei Giorni di festa Ogni giorno ospitiamo una pagina di fotografie dedicate ai compleanni, agli onomastici, agli anniversari di nozze: sono foto gratuite, chiunque ce le può trasmettere. Chi le vede pubblicate acquista poi alcune copie del giornale in edicola: il ritorno è sul venduto. Le foto dei gruppi Pubblichiamo quasi ogni giorno le fotografie dei gruppi (feste di paese, anniversari dei 60enni, partecipanti a una gita, componenti di una corsa podistica, cresimandi con il vescovo, attori di uno spettacolo teatrale, ecc.): sono foto gratuite, chiunque ce le può trasmettere. Anche in questo caso chi le vede pubblicate acquista poi alcune copie del giornale in edicola: il ritorno è sul venduto. Le foto sul web Quando il nostro fotografo viene mandato a un evento, sul giornale finiscono al massino due-tre foto a corredo dell’articolo. Se le foto sono tante e tutte differenti e tutte con tanta gente, allora vengono pubblicate integralmente sul sito Internet del giornale. Sul giornale di carta i lettori trovano scritto, al termine dell’articolo, la frasetta: Per visionare tutte le foto scattate nel corso dell’avvenimento, vedere il sito…). Le foto in grandi inserti In occasione della festa dei nonni (lo scorso 2 ottobre) abbiamo invitato tutti i lettori a trasmetterci le fotografie dei loro nonni (purché viventi), che avremmo pubblicato in tre-quattro pagine. Risultato: siamo stati costretti a realizzare un inserto di 12 pagine, traboccante di 300 fotografie pervenute. Abbiamo ripetuto l’iniziativa con la festa del papà (lo scorso 19 marzo); risultato: un inserto di 16 pagine, con 500 foto pervenute. Abbiamo trovato una banca che ci ha pagato in ambedue i casi l’inserto (pubblicando in ultima pagina la sua pubblicità). Ogni volta abbiamo venduto tantissime copie in edicola: almeno due per ogni foto pubblicata. Stiamo lanciando la medesima iniziativa per la festa della mamma (prossimo mese di maggio). I concorsi: vota il personaggio migliore In questi anni abbiamo lanciato innumerevoli concorsi che hanno registrato un successo strepitoso nelle vendite, concorsi che ci sono stati poi tranquillamente copiati da altri quotidiani della Lombardia e dell’Emilia. Abbiamo chiesto ai lettori di votare la commessa migliore, la cassiera migliore, i baristi, le pettinatrici, i pizzaioli, i barbieri, i panettieri, le infermiere, le insegnanti. Attualmente è in corso il concorso dedicato agli artigiani più bravi, più simpatici, più efficienti del nostro territorio: elettricisti, falegnami, muratori, idraulici, imbianchini, carrozzieri, muratori, carpentieri, estetisti, trasportatori, meccanici, pasticceri, gommisti. Ogni giorno Il Cittadino pubblica i tagliandi per votare, che devono essere compilati in tutte le loro parti e poi ritagliati, spediti o consegnati presso la sede del giornale. I tagliandi valgono 10 punti, ma a sorpresa vengono pubblicati bonus da 250 o da 500 punti che permettono grandi balzi in avanti in classifica. Il vincitore si porta a casa un buono spesa del valore di 1.500 euro, il secondo un buono spesa di 700 euro e il terzo un buono spesa di 300 euro. Ai primi 50 classificati, un diploma. Ogni volta grande cerimonia di consegna dei premi. Conclusioni Ho molto apprezzato quanto dichiarato da Francesco Zanotti, presidente della FISC, in questi giorni: Non dobbiamo solo selezionare nel mare magnum delle notizie che ci arrivano. Come testate della Chiesa locale abbiamo una nostra originalità, prima di tutto nel territorio in cui ci troviamo, nelle nostre comunità, nelle storie della gente: possiamo raccontare la vita di parrocchie, gruppi, famiglie numerose, difficoltà e dolori vissuti in maniera esemplare. Noi possiamo leggere la realtà anche da un altro punto di vista. E lo possiamo fare pure attraverso la rete. Condivido in toto queste parole. Nei momenti più pesanti e di grande difficoltà, non dobbiamo mai piangerci addosso, ma guardare al futuro. Con slancio, con coraggio, senza paura. *Direttore del quotidiano Il Cittadino della Diocesi di Lodi IL PRIMO NETWORK DIGITALE ITALIANO Domenico Delle Foglie * Innanzitutto un grazie alla FISC, che ho meglio conosciuto e imparato a stimare in questi ultimi anni, grazie alle mie frequentazioni romane dopo gli anni di Avvenire. Sapete che per me è stata una sorpresa grandissima divenire direttore del SIR e prendere il posto di un grande direttore e amico come Paolo Bustaffa, che all’agenzia ha dato una slancio che l’ha portata dall’età adolescenziale ai suoi 25 anni di vita. A me tocca l’avventura professionale di guidare il SIR, come ho detto alla redazione, al consiglio d’amministrazione e anche ai nostri editori, nell’età matura. Primo direttore che non proviene dall’interno del SIR e che non è tra i fondatori. Un giornalista con qualche esperienza alle spalle e che cercherà di mettercela tutta per offrirvi contenuti e strumenti adeguati alle sfide della comunicazione moderna. In questa chiave va letto dunque il mio intervento, che risponde alle indicazioni che già sono presenti nel piano editoriale, che è stato approvato dall’editore e che comporterà, spero da settembre, un profondo cambiamento tecnico-organizzativo dell’Agenzia, per essere al passo con le sfide della comunicazione globale. E che vedrà, già con la Gmg di Rio, l’avvio di una fase sperimentale per l’implementazione delle innovazioni sul piano digitale e multimediale. Ecco perché ringrazio Francesco Zanotti per il titolo che ha dato al suo intervento di apertura dei nostri lavori Una rete nella Rete. Anche se io preferisco l’espressione fare rete nella Rete, che esprime la nostra forte intenzionalità. Gli sono grato perché mi consente di parlarvi di un mio sogno, al quale spero nei prossimi mesi ed anni, noi tutti si possa dare corpo, testa, gambe e braccia, ma anche intelligenza e cuore. Mettendoci tutta la forza della nostra competenza professionale, ma anche la passione per l’umano e per la sua verità che nelle nostre redazioni certo non mancano. Il sogno è quello di fondare, tutti insieme, il SIR e i settimanali cattolici, il primo Network digitale italiano. Di questa mia proposta ho già informato l’amministratore delegato e ne parlo oggi per la prima volta a voi, perché so bene che senza di voi e senza la vostra adesione convinta non sarà possibile fare un passo nel futuro. Tutto nasce da una considerazione preliminare che è maturata in questi primi mesi di lavoro al SIR. Giorno dopo giorno ho verificato come il sito del SIR, fra i primi nati al mondo e nel mondo cattolico, acquisisse vita propria. Acquisisse cioè una propria identità, che nel tempo non poteva che affinarsi e crescere. Del resto, le cifre dei contatti già ne facevano, prima ancora della mia direzione, il sito più compulsato della galassia Cei. In questi mesi, sin dai primi giorni della mia direzione e ancor più per l’effetto Francesco, i contatti sono ulteriormente e considerevolmente cresciuti. Ovviamente, la parte del leone viene fatta dal rullo, ma è giusto che sia così, perché le notizie costituiscono il nostro core business. Sarebbe preoccupante se non fosse così. Ma altri settori del sito segnalano incrementi di rilievo. Soprattutto la prima pagina, anche in considerazione dell’aumento dell’offerta. A tale riguardo segnalo che mediamente la produzione informativa e complessiva del SIR è aumentata del 20%, assecondando così le attese dell’editore. Infatti il mio impegno è quello di aumentare la produzione e, se possibile, di migliorare la qualità dell’informazione, ma a costo zero. Il SIR, proprio in ragione della sua oculata amministrazione, è stato risparmiato dalla spending review che si è abbattuta su tutto il mondo Cei, compresi gli altri media. Ma questo comporta che possiamo crescere solo a condizione di migliorare tutti i fattori produttivi. E dunque anche la mia proposta odierna, quella di costruire il primo network digitale italiano, rientra in questa strategia generale. Nel concreto immagino che noi si possa costruire un network che comprenda il sito del SIR e tutti i siti dei settimanali diocesani che possono aderire a questa iniziativa. Il che significa, sul piano concreto, una serie di azioni: 1. possibilità di accesso dal nazionale ai territori in tempo reale con tutti i collegamenti possibili da studiare e rendere efficienti, così come da ogni singolo sito si deve poter entrare facilmente in tutti gli altri siti collegati, così da avere un impatto nazionale (SIR) e territoriale (settimanali), con tutti i necessari e inevitabili rinvii al prodotto cartaceo; 2. ottimizzare l’utilizzo di tutta l’offerta informativa del SIR nei siti territoriali, sulla base dell’assoluta indipendenza dei settimanali. Non può e non deve cambiare il criterio di fondo di selezione e scelta a carico delle singole testate. Il principio di libertà che vige oggi nella nostra carta stampata dev’essere garantito e se possibile valorizzato nella dimensione territoriale. A tale riguardo devo comunicarvi qual è il mio orientamento di fondo. La risposta al legittimo e doveroso pluralismo delle testate sta proprio nell’aumento dell’offerta di notizie, servizi, commenti, editoriali. Faccio un esempio, forse il più delicato. Prendiamo la nota politica, che come avrete visto da alcuni mesi faccio personalmente. Come non c’era e non c’è alcun obbligo di pubblicarla da parte dei settimanali, così in futuro sarà per i vostri siti. Certamente siete voi ad avere il polso delle situazioni territoriali e soprattutto la sensibilità per interpretare il pensiero dei Vescovi e delle comunità. Il SIR è e resta un’agenzia d’informazione religiosa e quindi il nostro centro resta la dimensione religiosa. Ma ci viene chiesto sempre più dai nostri Vescovi di agire nella dimensione sociale e culturale per esprimere il punto di vista originale dei cattolici italiani. Quindi nel nostro sguardo particolare sta l’originalità della nostra missione. 3. predisporre una promozione costante, sul sito del SIR, delle cronache dai territori che possono avere rilievo nazionale. Già accade, ma deve divenire uno stile di lavoro. Potrei cavarmela con una parola sola: sinergia. Ma è troppo poco, perché sono necessari una forte volontà politica, procedure e strumenti organizzativi adeguati che solo un’intelligente prassi può garantire; 4. ampliare e ottimizzare la presenza del network, in tutte le sue diramazioni, sui social network. A tale riguardo, presto il SIR sarà presente sulle piattaforme di Facebook e di Twitter. Stiamo cercando una chiave distintiva per dare significato a questa nostra presenza, perché non diventi semplicemente didascalica o addirittura edulcorativa; 5. socializzare gli strumenti per ottimizzare la parte digitale e multimediale dei nostri siti. A tale riguardo, l’ha già citata il presidente Zanotti, l’ipotesi di avviare su tutti i siti diocesani disponibili, il collegamento in streaming con il Ctv e Radio Vaticana. Siamo in fase di trattativa e speriamo presto di poter mettere a disposizione di tutti voi, tramite il SIR e la FISC, questo servizio aggiuntivo. Penso ad un ricca area multimediale; nella quale possano convergere nuove modalità di racconto da parte di tutti quanti noi, per parole e immagini; 6. sperimentare nuovi linguaggi e modalità di racconto attraverso la rete. Questa prospettiva ci spingerà a sperimentarci in occasione della Gmg di Rio. Sarà l’occasione per mettere alla prova i nostri giornalisti sul campo, ma anche la struttura del SIR, per un racconto diverso degli avvenimenti. Che si avvalga dei nuovi mezzi a disposizione, leggeri e imperfetti, ma tempestivi e moderni, per provare a costruire una narrazione di tipo nuovo. So in questo di esser un po’ visionario, ma penso ai racconti di Zoro e di Beppe Severgnini. So che nel nostro mestiere bisogna mirare in alto e non chiudersi alle possibilità di innovazione. In questo senso sto pensando anche a mettere in rete alcune esperienze giovanili del nostro mondo. Tutto questo comporta un cambiamento nel lavoro e una profonda trasformazione dello stesso giornalista di agenzia alle prese con la rivoluzione digitale. Penso a un giornalista che cattura la notizia, la mette in rete tramite il rullo, la sintetizza in Twitter, la socializza in Facebook, la racconta in video sull’area multimediale. Senza mai perdere il marchio di origine (SIR, etc) e la propria specificità comunicativa che sta nel modello espositivo, ma anche nello sguardo da cattolico. So che vi sembrerà fantascienza, ma vorremmo farlo noi prima che lo faccia chiunque altro. Pur nei limiti oggettivi delle risorse a nostra disposizione. Infine, immagino che la rete enfatizzi sempre più questa dimensione di flusso e di convergenza e di estroversione. Un andare e venire, concentrarsi ed espandersi. Promuovendo la trasversalità e i territori nuovi. Senza neppure escludere tutte le eventuali implicazioni di carattere - diciamo così industriale e finanziario, che un progetto del genere potrebbe comportare. Anche perché so che tanti vostri siti stanno facendo il salto tecnologico e di immagine grazie al progetto Cei-Fisc-SiceiUnitelm, che è in fase di definizione. E per alcuni di voi già in modalità operativa. Credo sia questa l’occasione da sfruttare per cogliere l’attimo propizio per la nascita del nostro Network digitale. Io non so se ce la faremo, ma di sicuro ci proveremo. Spero, davvero, che noi potremo farlo insieme. Grazie a tutti voi. *Direttore dell’Agenzia Sir Al termine della Tavola Rotonda, il Presidente della FISC, Francesco Zanotti, introduce gli interventi di Giuseppe Rusconi, giornalista, autore del libro L’Impegno, edito da Rubettino e di Orazio Mezzio, già Sindaco di Sortino, autore del libro Babele. Il caos delle intercettazioni, edito da Istina. L’IMPEGNO Giuseppe Rusconi * Non avrei mai potuto scrivere questo libro, che riguarda l’8 per mille, se la Cei non avesse dato il via libera, perché per poter rispondere, per poter controbattere l’idea della Chiesa parassita, avevo bisogno di dati, non di ideologia. Non ho voluto fare un libro con spunti polemici, perché ritengo che il problema dell’informazione sulle opere sociali e i benefici che la Chiesa arreca alla comunità nazionale, sia un problema da affrontare in maniera assennata. Quando la Cei mi ha dato luce verde, ho incominciato questo lavoro, con il quale mi sono proposto di constatare quanto la Chiesa offre dal punto di vista sociale al Paese. Volevo far conoscere ai cattolici – che spesso ragionano in modo settoriale – la loro informazione sulla dimensione globale del servizio sociale della Chiesa. Il secondo obiettivo del libro è quello di rivolgersi ai non cattolici, ai critici, agli indifferenti, perché capiscano – attraverso questa ricerca – che il mondo cattolico è indispensabile. Per questa ragione, ho voluto che il libro fosse stampato da una casa editrice laica – seppur attenta ai problemi del mondo cattolico, come Rubettino – e che avesse anche una prima presentazione molto laica, con relatori di un certo tipo: Luciano Violante, Gaetano Quagliariello, Paola Binetti, il radicale, pannelliano, Angiolo Bandinelli, Giuseppe Di Leo, che è il vaticanista di Radio Radicale. L’incursione in partibus infidelium è molto importante per i cattolici. Alla presentazione del libro, Angiolo Bandinelli ha detto: Ho sempre pensato che la Chiesa fosse un soggetto parassitario, ma leggendo il libro di Rusconi mi sono venuti dei dubbi. Se i cattolici si chiudono in loro stessi, non riusciranno mai a convincere o comunque a cercare d’insinuare dei dubbi negli altri o d’incrinare delle granitiche certezze. Ho scelto una ventina di anni di impegno sociale della Chiesa ed ho affrontato una serie di temi, con ogni capitolo diviso in tre parti. Ad esempio, la Chiesa e i donatori e la Chiesa e le attività caritative parrocchiali: ho cercato di quantificare, a livello nazionale, quanto la Chiesa ha fatto risparmiare allo Stato. Poi, ancora, l’aiuto della Chiesa attraverso il Banco Alimentare; la Chiesa e il fondo di solidarietà (sulla famiglia e sul lavoro); la Chiesa e la formazione professionale; la Chiesa e la sanità; la Chiesa e l’aiuto socio-assistenziale (questo è l’unico ambito che non sono riuscito a quantificare); la Chiesa e la lotta contro la droga; la Chiesa e la lotta contro l’usura; la Chiesa e il volontariato; la Chiesa e i migranti; la Chiesa e i beni culturali ecclesiastici; le iniziative nazionali mirate come il prestito della speranza o il progetto Policoro; l’impegno dei religiosi e delle religiose; l’otto per mille; l’ICI e l’IMU. Dopo le conclusioni, c’è una tabella riassuntiva dei risparmi annuali per lo Stato. La mia stima si è attestata attorno agli undici miliardi di euro di risparmi per lo Stato grazie all’attività della Chiesa negli ambiti che ho citato. Può darsi che abbia sottovalutato tutta la parte relativa alla sanità, cioè abbia indicato un apporto inferiore della Chiesa, però io preferisco che mi si dica hai sottovalutato piuttosto che mi si dica hai sopravalutato. Come sono arrivato a queste cifre? Il lavoro è stato molto difficile, perché se i colleghi che appartengono all’altra sponda, hanno a disposizione i bilanci dello Stato – nel senso che sappiamo, attraverso i bilanci, che lo Stato dà alla Chiesa una certa cifra – io, da questa parte, avevo a disposizione una serie infinita di cifre, che a volte si contraddicevano all’interno degli stessi ambiti. Per cui, in certi casi – come per esempio quel che ha riguardato i beni ecclesiastici – ho potuto essere preciso al centesimo, in altri, come sulla sanità, ho dovuto cercare di ragionare, traendo delle conclusioni e utilizzando le cifre che mettono a disposizione, ad esempio, i grandi istituti statistici. Io ritengo che questo libro sia importante, ma questo non lo dico per vantarmi. Ho riscontrato in tutti coloro che l’hanno letto, la seguente reazione: non lo sapevamo, ma guarda quanto fa la Chiesa. Abbiamo a disposizione delle cifre che non vogliono essere precise e che non possono essere precise, però ho voluto dare un’idea della dimensione di questa presenza sociale, ecclesiale, in Italia. Una dimensione che a molti sfugge. Il libro ha avuto molte recensioni – un’intera pagina di Avvenire, un terzo di pagina dell’Osservatore Romano, un’intervista a Radio Vaticana – ed è un libro che giova a coloro che sono impegnati nel mondo cattolico. Per cui, vi prego di diffonderlo, anche perché è scritto con uno stile secco, sobrio, non ci sono parolone, non ci sono anglismi ed è fruibile da parte di tutti. *Giornalista e scrittore BABELE – IL CAOS DELLE INTERCETTAZIONI Orazio Mezzio * La mia vicenda – che ho raccontato in un libro che ha come titolo Babele, il caos delle intercettazioni – dimostra che in questo nostro mondo, sempre più armato dagli strumenti d’informazione tecnologica e d’indagine, abbiamo abbandonato la ricerca della verità, come ci ha ricordato spesso Benedetto XVI. Io mi sono trovato coinvolto in una vicenda giudiziaria, che è durata dieci anni, perché partita una notizia in maniera sbagliata attraverso internet. Sono stato poi assolto con formula piena e con la richiesta del PM di assoluzione e di scuse. Non solo, nel mio caso, è partita male la notizia, ma chi ha intercettato, ha sbagliato a comprendere il mio nome. Il mio libro, partendo dalla vicenda giudiziaria, cerca di porre l’attenzione proprio su questo, sulla realtà che noi viviamo oggi. L’uomo moderno o virtuale, fino a che punto riesce a ricercare la verità, non a possederla? Questo è il messaggio che ho voluto lanciare. *Giornalista, già Sindaco di Sortino TERZA GIORNATA Sabato 15 aprile 2013 TAVOLA ROTONDA LETTORI E INTERNAUTI, UN NUOVO MODO DI INTENDERE LA COMUNICAZIONE INTRODUZIONE Carlo Cammoranesi * Ho il compito di introdurre questa Tavola Rotonda, molto interessante, al pari di quella di ieri, alla quale partecipano: Luigi Carletti, Esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy; don Antonio Rizzolo, Direttore Gazzetta d’Alba, condirettore di Famiglia Cristiana, direttore del settimanale Credere; Claudio Turrini, Web master di Toscana Oggi. Le conclusioni sono affidate a don Ivan Maffeis, Vice-Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI. Il lettore della carta stampata vuole esercitare più riflessione, a differenza dell’internauta, che preferisce dialogare, entrare in rapporto. Siamo di fronte ad una staticità e una dinamicità. Una situazione passiva e una più attiva. In questa diversità, c’è un’unità di fondo: è quella di comunicare all’uomo, alla persona. Cercheremo di sviscerare il tema di oggi in modo molto colloquiale, perché i relatori porteranno anche la loro esperienza. È questo quello che ci interessa: il vissuto. Discuteremo della sfida che si pone per i giornalisti, ma anche per i lettori, dei pericoli che si nascondono, ma anche delle risorse, delle opportunità. *Direttore del settimanale L’Azione della Diocesi di Fabriano e Coordinatore della Commissione Cultura della FISC UNA STRATEGIA CULTURA COMUNE Luigi Carletti * Stiamo vivendo un passaggio che ci accomuna tutti. Riguarda le aziende e le persone. Qualsiasi organizzazione è di fronte al passaggio da un mondo tradizionale, ordinato ad un mondo più disordinato, più veloce, rispetto al quale ancora nessuno ha coniato un modello ideale. Il mio ruolo è quello di aiutare le aziende a passare dal vecchio mondo al nuovo. Questo non significa abbandonare la terra che conosciamo e andare verso una terra promessa. Significa portarsi dietro, comunque, le esperienze del vecchio mondo e cercare di far coesistere i due mondi, attraverso forme di sinergia, di utile collaborazione. È possibile questo? Non solo è possibile, ma dovrebbe essere la ricerca quotidiana di chiunque affronta questo passaggio. Internet non è più il luogo di destinazione. Fino a qualche anno fa, si facevano le cose e si diceva poi, le mettiamo su internet, come se internet fosse un luogo distante, una sorta di casa al mare, dove si porta ogni tanto un mobile. Internet oggi è certamente un luogo di esperienza quotidiana. Ci sono aspetti positivi, ma anche negativi, che non possiamo sottacere. Non è tutto bello, non è tutto rosa, non è tutto positivo. La rete oggi ha, secondo alcune statistiche, un miliardo di utenti attivi, una parte consistente della popolazione mondiale. Nella nostra vita quotidiana, in questi anni sono intervenuti delle modificazioni e dei cambiamenti molto profondi. Dalla quotidianità più spicciola – ad esempio, prenotarsi un aereo, una vacanza, un treno – alle cose più importanti, internet ha cambiato moltissime delle nostre cose. Ha cambiato moltissimo anche il mondo dei mass-media. Fino a qualche anno fa, questo mondo era formato dalla carta stampata e dalle tv. Oggi, è qualcosa di molto diverso, più complesso ed è entrato in campo internet, che ci dà la possibilità, grazie alle tecnologie, d’intervenire attivamente. Oggi, diamo per scontate tutta una serie di cose che fino a qualche anno fa erano impossibili. Diamo, ad esempio, per scontato che si possa dialogare in tempo reale con chiunque nel mondo e facciamo subito l’abitudine a queste cose. Ma se ci guardiamo un momento indietro – e guardarsi indietro è bene, per capire quanta strada si è fatta – ci rendiamo conto che in poco più di un decennio è cambiato il mondo. Il mondo è cambiato dandoci moltissime cose positive e, dall’altra parte, comportando una serie di conseguenze. Quali sono queste conseguenze? Ad esempio, nel mondo dei media tradizionali – giornali, televisioni, radio – è avvenuto una sorta di tsunami. Mentre siamo qua e parliamo in questa sala, ci sono giornali che stanno chiudendo, stanno parlando di amministrazione controllata o stanno vedendo ridotta la loro diffusione in maniera drammatica. Fino a quattro anni fa, la diffusione dei quotidiani italiani oscillava intorno ai 7 milioni di copie. In editoria, la definivano la linea del Piave: non bisognava arretrare, ma semmai avanzare, crescere. C’era questa fatidica soglia dei 7 milioni, che comunque ci poneva tra gli ultimi paesi in Europa per indici di lettura, che era la quota minima. Oggi, la diffusione dei quotidiani in Italia è di 4 milioni scarsi. In pochissimi anni si sono perse 3 milioni di copie. Dove sono andate? Sono volate. La stessa cosa è avvenuta per i periodici, anzi per questi va molto peggio. Non è un fenomeno solo italiano, ma di tutto il mondo avanzato. Nel caso italiano, diciamo che c’è stata una sorta di tempesta perfetta: la crisi economica da un lato, l’esplosione della multimedialità dall’altro. C’è da aggiungere il fatto che negli ultimi anni i giornali italiani spesso non hanno capito cosa stesse succedendo nel paese. Diciamo che non hanno brillato come qualità media. Mettete insieme tutte queste cose e cominciate a capire perché i giornali stanno arretrando. Allora, il tema non è i giornali stanno morendo, dobbiamo guardare solo al nuovo. Alcuni l’hanno fatto: conoscete il caso di Newsweek, una testata prestigiosa e importantissima a livello mondiale, che un bel giorno ha deciso di decretare lo stop alla versione cartacea e di fare solo il Web. In molti altri casi, si stanno avendo - le conoscete - situazioni di crisi molto profonde o situazioni in cui i giornali arretrano poco e, tenendo presente il contesto, si accontentano. Io sono nato come giornalista di carta. Ho lavorato per molti anni nella carta, sono stato direttore di giornali del Gruppo Espresso. Anche nell’ultimo periodo, in cui sono stato a Repubblica, lavoravo sia sulla carta, sia in televisione, sia sul Web. La carta è il luogo in cui molti di noi, sia a livello giornalistico che editoriale, sono nati. Ci dobbiamo fare questa domanda: la carta è il nostro mondo, ma possiamo rinunciare al Web? Possiamo non guardare alle opportunità che la rete ci offre? Che cos’è, oggi, il Web? È comunicare, apprendere, socializzare, condividere. È chiaro che ciascuno di noi deve pensare alla propria identità ed ai propri obiettivi. Se faccio un sito o un portale per la società di gastronomia, certamente voglio comunicare, socializzare e conseguire gli obiettivi commerciali. Se faccio un giornale, tutti questi obiettivi sono la mia missione. Se faccio giornali – che d’ora in poi non chiamerò più cosi, ma testate, perché questo è il passaggio fondamentale, passare dal concetto di giornale al concetto di testata – con un forte impegno sociale, qualunque esso sia, gli obiettivi che ho evocato rientrano nella mia missione. Se la rete mi può aiutare a realizzarli, perché mai dovrei rinunciarvi? Semmai si tratta di avere il giusto approccio e la giusta transizione. Transizione digitale vuol dire essenzialmente consapevolezza. Quando negli ultimi anni, stando nel Gruppo Espresso, giravo le redazioni con l’obiettivo di realizzare i siti, mi è capitato di sentirmi dire da un collega che non conoscevo, Tu che sei un esperto di web, mi daresti un’occhiata al computer? Siccome quel collega era in buona fede, gli risposi la verità: non sono un esperto di tecnologia. Essere un esperto d’informazione digitale, non significa essere esperto di tecnologia. Non è questo che dobbiamo fare, ma capire che il passaggio è culturale e sapere che la tecnologia esiste, perché di volta in volta può aiutarci per i nostri obiettivi. Ma questi, non corrispondono a fare gli effetti speciali, ma culturali. All’interno del termine culturale, ci sono tantissimi, possibili obiettivi. Quindi, consapevolezza è il termine su cui insisto tantissimo, perché avendo consapevolezza si capisce quale passaggio è importante per ciascuno di noi – parlo anche singolarmente – rispetto a questa nuova realtà che stiamo vivendo. L’ansia che gli altri sono tutti più avanti di noi, è comprensibile, ma fuori luogo. Il mondo sta procedendo con una velocità molto accentuata. Faccio sempre un esempio che può aiutarci a capire quello che sta avvenendo. Qualche tempo fa, ho cambiato la macchina. Ho preso una macchina che ha un pannello pieno di tasti. Vi confesso che dopo un anno conosco solo un terzo di quei tasti, ma vedo che quest’auto mi porta a destinazione. Ogni volta che porto mio figlio con me, mi indica delle sigle nuove, perché ovviamente ha un approccio diverso. La tecnologia è stessa cosa: è un pannello pieno di tasti. L’importante è sapere quali di questi tasti ci servono davvero per quello che dobbiamo fare. Gli altri li impareremo, se ne avremo tempo e voglia. Ci sono alcuni elementi che dobbiamo tenere presente e che costituiscono il patrimonio di chi deve affrontare la transizione digitale. Il primo è che il mondo dei media sta cambiando profondamente, con elementi – come abbiamo detto – positivi e negativi. L’altro elemento fondamentale è che la tecnologia non è più privilegio di pochi, la tecnologia fondamentale è a disposizione di tutti. Se chi sta attorno a questo tavolo, avesse qualche soldo da investire e un progetto in comune, potrebbe fare domani una Web-tv e comunicare potenzialmente con tutto il mondo. Fino a qualche anno fa, era impensabile. Poco tempo fa, un grosso manager di una società di comunicazione, ha usato un’espressione abbastanza originale: oggi, un cittadino che vive al centro dell’Africa, con un semplice smartphone, ha accesso ad una quantità di informazioni che è molto superiore a quella a cui poteva avere accesso il Presidente degli Stati Uniti appena 15 anni fa. È questo il vero cambiamento. Altro elemento è costituito dal fatto che i giovani leggono sempre meno la carta e sempre più vanno sul Web. È un bene questo? In parte, no. Nei giorni scorsi ho letto delle statistiche molto interessanti sulla capacità dei giovani di concentrarsi sulla parola scritta. È un problema e non possiamo negarlo, facendo finta che questo problema non esista. Altro punto fondamentale è che il Web ha rivoluzionato i concetti di spazio e tempo, concetti fondamentali della storia dell’umanità: oggi, posso comunicare con chiunque, senza alcun confine, senza alcuna barriera, se non quella forse della lingua. Fino a qualche anno fa, questa cosa era assolutamente impensabile. Un ultimo punto – e qui parlo proprio da giornalista a giornalisti, a editori, a chi si occupa d’informazione – il contenuto. Questo è uno dei concetti che chi oggi fa informazione deve assolutamente avere presente. Prendiamo il caso della bolla economica – suscitata dall’esplosione di internet – dei primi anni duemila. Che cosa succede in Italia? Chi si era arricchito con internet, comincia a disinvestire. Qui si vedono i limiti culturali di un paese. Quando la borsa premiava la speculazione, si è investito tantissimo su internet, quando la borsa è andata giù, internet non esisteva più. In altri casi, è accaduta una cosa diversa. Proprio in quel momento Der Spiegel, in Germania, ha cominciato ad investire, perché ha detto: internet è finito come fenomeno speculativo, ma resta come grandissimo fenomeno storico, sociale. Hanno creduto nel Web nel momento in cui bisognava crederci. Ci hanno creduto come una cosa seria. Che cosa è accaduto successivamente a quegli anni? È nato Web 2.0, con le sue versioni successive: il protagonismo degli utenti. Quello che sta succedendo sta dimostrando che io – utente, cittadino, gruppo di utenti, associazione – posso aprire un blog, posso andare sui social network, posso comunicare con chiunque. Quindi, i media non sono più centrali. Non dico che non servono più, ma servono molto meno di prima. Questo fatto, alcune aziende – anche alcune grosse aziende – lo stanno rapidamente metabolizzando. Significa: minori investimenti in pubblicità; minore credito ai media tradizionali; molta più attività sulla parte Web, anche in forma diretta. L’altro giorno, cercavo sul Web informazioni sulla smart-tv. Il migliore articolo che ho trovato – scritto bene e preciso dal punto di vista informativo – non era del Sole 24 Ore o di un altro giornale che conosciamo. Era di Media World, uno di quei player che ha capito che con i contenuti, bypassando i media tradizionali, arriva direttamente all’utenza. Quell’articolo, arrivato attraverso Google, mi riportava sul sito di Media World. Questo succede per una serie di altri casi e succederà sempre di più: i player stanno capendo che i media tradizionali sono sempre meno importanti. Quando dicevo che la tecnologia è per tutti, dicevo un fatto molto semplice. Dai pc sempre più evoluti, alle linee veloci (adsl, banda larga), agli apparecchi mobili, che hanno dato l’ultimo colpo alla centralità della carta stampata. Si diceva: guardi internet, in ufficio o a casa, perché hai il pc, ma il giornale conserverà la sua fisicità, perché te lo porti dietro, al mare, sul treno, ecc. Si diceva: il giornale è il giornale. Sono arrivati, invece, i tablet e gli smartphone, che hanno sancito la portabilità dell’informazione. Con un tablet o con uno smartphone, non solo leggo le notizie, ma guardo anche il Tg, su uno scoglio davanti al mare o sotto un albero in collina. Internet sta ora entrando nelle famiglie, nel salotto di casa, con tutto quello che di bene o di male questo comporta. Le smart-tv sono apparecchi attraverso i quali consulto internet come se avessi davanti un pc. Se si va in un negozio di apparecchi tecnologici, si può constatare che la parte dedicata ai televisori è quasi tutta occupata dalle smart-tv. Un ultimo punto desidero toccare ed è quello del contenuto liquido, che è l’aspetto più complesso del ragionamento che riguarda chi fa la professione del giornalista. In qualsiasi azienda editoriale in cui mi trovo a fare il mio lavoro, vedo che c’è una resistenza mentale, perché chiunque di noi ha cominciato a lavorare da giornalista, lo ha fatto immaginando il prodotto finale. Entro la mattina nella redazione, scrivo il mio articolo e immagino quello che consegnerò al pubblico. Che sia un notiziario di carta, che sia un notiziario del Tg o radiofonico, ho in mente un prodotto finale. Se si ragiona, invece, in termini di liquidità del contenuto, si immagina che il contenuto possa prendere forme diverse. Immaginate una grande botte di vino, dalla quale posso ricavare bottiglie, bottigliette, bicchieri, piccole botti e così via. La liquidità del contenuto significa che io come giornalista devo pensare a produrre contenuto, ma poi devo immaginare che questo contenuto possa prendere forme diverse. Quindi, il mio contenuto può diventare carta, video, audio, foto-gallery. Può diventare tantissime cose diverse, che possono andare sul Pc, sul tablet, sullo smartphone, ecc. Cambia, così, la natura del giornalista? No, perché se noi pensiamo alle caratteristiche della professionista del giornalista o della persona che fa informazione – trovare una notizia, valutarla, raccontarla, trattarla, fare le verifiche – non cambia nulla. Cambia l’idea di ciò che con questo contenuto si può fare. Io ho un grande impasto, dal quale posso produrre pagnotte, panini, sfilatini e tantissime altre cose diverse. Anche questo è internet: pensare ad una multimedialità e al fatto che media diversi possano interagire l’uno con l’altro. Strategia digitale che cosa significa? Non c’è una strategia digitale che può andare bene per tutti. Se fossimo un grande quotidiano nazionale, direi le stesse cose, per poi aprire una seconda fase focalizzata sul chi siamo, che cosa vogliamo fare. La stessa cosa vale per qualsiasi altro interlocutore. La strategia digitale si modula sulla propria identità, sui propri contenuti, sulla propria compatibilità economica – ci sono cose che mi piacerebbe fare, ma magari sono troppo onerose – e sugli obiettivi. Costruire una strategia digitale significa prima di tutto interrogarsi sul chi siamo e su che cosa vogliamo fare. Per questo, all’inizio dicevo che transizione non vuol dire abbandonare il luogo dal quale veniamo. Assolutamente no. È importante avere piena consapevolezza della propria identità e di ciò che si ha in casa. Spesso la transizione digitale aiuta a scoprire o a riscoprire delle risorse che si hanno in casa e non sono state valutate appieno. Tutto ciò che di buono abbiamo in casa, ce lo portiamo dietro. Non vuol dire abbandonare il passato, ma valorizzarlo. Il vostro è un mondo estremamente ricco di idee, valori, iniziative, presenza sul territorio. Voi avete i contenuti. Nel mondo tutti hanno la tecnologia, pochissimi hanno i contenuti. La tecnologia è a disposizione di tutti e con la giusta tecnologia potete fare quello che volete. Perché avete i contenuti. Siete sul territorio e avete un collegamento diretto con le persone. Siete – magari senza averne piena consapevolezza – una rete reale, non virtuale. Dovete soltanto, anziché lavorare sparpagliati e ognuno per sé, provare a diventare rete effettiva, più di quanto non facciate adesso. Fare rete significa condividere contenuti, idee, esperienze. Internet obbliga a parlarsi, a comunicare, ad aprirsi e a mettere in connessione le proprie esperienze. Adottare dei modelli sinergici e presentarsi insieme, è molto importante. Questa non è retorica. È pura logica. Penso, per esempio, al piano della pubblicità, che non deve essere un demone, ma semmai una risorsa per fare meglio le cose che si fanno. Presentarsi come testate singole, dal Piemonte alla Sicilia, è una cosa. Presentarsi, in alcuni casi, dove è possibile, come un unico interlocutore, ha una potenza che forse neanche voi valutate pienamente. Si tratta di farlo diventare sistema. Da galassia a sistema, il passo è – a mio parere – abbastanza semplice. Passa attraverso la consapevolezza dei contenuti che si possono immettere in comunicazione, quali servizi e quali competenze. Passa attraverso, soprattutto, la voglia di parlarsi, di avere una strategia comune in un mondo che oggi richiede questo, perché presentarsi in assetto sparpagliato è sintomo di debolezza. *Esperto di comunicazione sul web, content e digital strategy PARLARE ALLE PERSONE, NON AGLI ADDETTI AI LAVORI don Antonio Rizzolo * Introduzione Il mio intervento è basato sul racconto di un’esperienza e non sull’analisi approfondita della situazione. Non ho infatti soluzioni da offrire, ma soltanto delle riflessioni da condividere. In realtà credo che nessuno sappia come sarà davvero il rapporto tra digitale e carta stampata in prospettiva futura. Perché ci troviamo in un tempo di cambiamenti, in un momento di passaggio, reso ancor più complesso dalla crisi economica in cui ci troviamo. Che è anche una crisi spirituale, di valori. Non a caso sia Benedetto XVI che Francesco, il Papa attuale, parlano di deserto, di vuoto di senso in cui molte persone oggi si dibattono. E proprio per questo Benedetto XVI ha indetto l’Anno della fede e Francesco ha sottolineato come la fede nel Risorto sia la vera risposta alla domanda di senso degli uomini e delle donne del nostro tempo. Le scelte dei Periodici San Paolo Circa un anno fa, all’interno del gruppo Periodici San Paolo, abbiamo avviato una riflessione, una sorta di stati generali sulla situazione delle nostre riviste. Partendo dalla crisi dell’editoria, dalla diminuzione della raccolta pubblicitaria, ecc. Il risultato di questo lavoro, che ha coinvolto i vertici del gruppo, direttori e caporedattori, responsabili del marketing e della diffusione, con l’aiuto di consulenti esterni, si può sintetizzare in questo modo: 1. Revisione e restyling di Famiglia Cristiana, con una chiara distinzione tra web e carta stampata, pur nella continuità e nell’interazione. Partendo da una constatazione che così si può riassumere: il giornale di carta ha un pubblico più femminile e più anziano, il web più giovane e maschile. Lo spazio di internet è quindi più adatto al confronto, alla discussione. Gli utenti possono cercare il parere autorevole di una rivista dichiaratamente cattolica sui temi di attualità più dibattuti. 2. Una nuova rivista di salute, Benessere, che si presenta chiaramente con una visione cristiana. È il senso del sottotitolo La salute con l’anima. 3. Una nuova rivista religiosa popolare: Credere, la gioia della fede. La sfida di Credere Credere vuole essere un giornale popolare, cioè rivolto alle persone comuni, in particolare i credenti e praticanti. Senza escludere tutti coloro che hanno una sorta di nostalgia di Dio, di valori autentici, di punti di riferimento. C’è indubbiamente un certo risveglio della fede in molte persone, o almeno un desiderio di pace, di serenità, di certezze. Quasi un’invocazione di aiuto. In questo senso papa Francesco ha acceso le speranze in molte persone, per il suo stile diretto, per la sua capacità di parlare al cuore, mettendo al centro il Vangelo e l’amore di Dio. La rivista vuole presentare prima di tutto la fede vissuta, quotidiana. Parla di persone che hanno messo Dio al centro della loro vita, racconta storie, esperienze, episodi reali. E dedica poi una parte, più catechetica, ad approfondire le motivazioni di fede che stanno alla base delle esperienze raccontate. L’aspetto esteriore vuole dare dignità agli articoli e agli approfondimenti attraverso una grafica che appaia bella, piacevole, che inviti alla lettura. Il linguaggio vuole essere semplice, alla portata di tutti, non per addetti ai lavori. Il messaggio del Vangelo, d’altra parte, è rivolto a tutti. La scrittura si basa sul racconto, sulla narrazione. L’idea è quella di una nuova forma di giornalismo, non distaccato e asettico (che peraltro spesso è tale solo a parole, mentre è influenzato da preconcetti e posizioni ideologiche), ma partecipato. Chi scrive partecipa, si sente vicino, è coinvolto nella storia che racconta. In modo da coinvolgere anche i lettori. Nei test effettuati prima del lancio della rivista alcuni sottolineavano come il giornale di carta, che si tocca, si porta sempre con sé, esprime meglio di tutto ciò che è digitale l’idea di legame, di appartenenza. Conclusioni Il giornale di carta non è morto. Non ancora. Non va abbandonato. È il mezzo che rende ancora economicamente. Bisogna trovare le forme possibili di integrazione e di presenza nel “continente” digitale. Il web non deve essere trascurato, perché è una nuova via di evangelizzazione. Bisogna però essere molto oculati, valutando bene gli investimenti da fare. Soprattutto è utile e importante la presenza nei social network come Facebook e Twitter. I nostri giornali diocesani devono continuare a fornire soprattutto informazione per il proprio territorio. Mantenendo il loro carattere popolare, il loro essere voce della gente e non di questo o quel politico, di questo o quel gruppo. Bisogna parlare alle persone e non agli addetti ai lavori, di qualsiasi tipo essi siano. E il linguaggio deve essere sempre più semplice, narrativo. La gente vuole leggere storie, esperienze, esempi. Dobbiamo avere fiducia, non scoraggiarci. Abbiamo come giornali cattolici un contenuto, un messaggio straordinario. Quello del Vangelo, quello della nostra fede. Deve essere evidente, così che possiamo far emergere per quello che siamo. L’importante è crederci. *Direttore di Gazzetta d’Alba della Diocesi di Alba, condirettore di Famiglia Cristiana, direttore del settimanale Credere L'ESPERIENZA DI WWW.TOSCANAOGGI.IT Claudio Turrini * Il sito di TOSCANA Oggi (www.toscanaoggi.it) esiste in forma sperimentale e statica dal 15 ottobre 2000, concepito soprattutto come una vetrina del settimanale in edicola e come strumento per alcuni servizi aggiuntivi. Nell'autunno 2001, dopo un'indagine tra i lettori che avevano mostrato interesse per una presenza di Toscana Oggi in rete, fu preparato un progetto, poi approvato dalla Cet e dal marzo 2002 approdammo in rete con una versione dinamica, curata da Sinedita. Da allora - sono ormai 11 anni il sito è sempre stato aggiornato, ogni giorno, domeniche e feste comandate comprese. Era stato concepito come un’estensione del settimanale, riproducendo alcuni articoli considerati importanti del cartaceo, ma soprattutto fornendo aggiornamenti quotidiani e un’ampia documentazione di supporto, con le caratteristiche tipiche del web (link). Poi nel 2007 ci fu un restyling completo e un adeguamento di tecnologia (da asp a php). Alla fine del 2009, fu deciso di sperimentare una forma di distribuzione online su abbonamento del settimanale cartaceo. La scelta cadde su Calamèo, un sito che permette di trasformare i pdf in flash e di tenerli riservati come indirizzi. Solo a fine gennaio 2010 il servizio è stato disponibile ed è stato offerto gratuitamente per tre mesi agli abbonati (una cinquantina le richieste). Alla fine del 2011 avevamo 260 abbonamenti attivi, di cui 142 a titolo oneroso e 25 attivati con l'opzione abbonamento amico (totale: 167 abbonati). Negli ultimi mesi del 2011 stavamo già pensando ad un nuovo restyling. Non solo dal punto di vista grafico, ma anche dei servizi offerti e del posizionamento. Dal 2007 c’era stata l’irruzione dei social network, prima facebook (lanciato nel febbraio 2004, nel 2007 era già tra i 10 siti più visitati del mondo, anche se in Italia si diffonde dal 2008 ) e poi twitter (nato nel 2006, e diffusosi in Italia soprattutto dopo il 2010). Ma c’era soprattutto il nostro progetto di Agenzia multimediale regionale, che stava prendendo corpo. Frutto anche del lavoro di coordinamento delle emittenti cattoliche o vicine al nostro mondo fatto dal settimanale nel momento molto delicato del passaggio della Toscana al digitale terrestre. Così avevamo progettato di utilizzare una parte delle risorse redazionali del settimanale per la produzione di servizi video da pubblicare sul sito e da mettere a disposizione delle emittenti tv, in particolare Tsd di Arezzo-Cortona-Sansepolcro e Tv Prato (che poi sono le due tv diocesane presenti in Toscana). Il progetto, come spesso accade nel nostro mondo, camminò con un po' di lentezza e solo nella riunione della Cet di un anno fa (16-17 aprile 2012) arrivò il via libera da parte dei vescovi toscani, che sono i nostri editori. Avevamo già un progetto e un preventivo per aggiornare il sito e pensavamo di continuare con l'esperienza precedente (Sinedita, poi trasformatasi in yooplus), che a dire il vero era stata del tutto soddisfacente. Poi, al Consiglio nazionale in Sardegna dello scorso giugno, approdò finalmente il progetto elaborato da SiCei e Ids Unitelm per conto della Fisc, grazie soprattutto al lavoro fatto da Claudio Mazza. E capimmo subito che sarebbe stato strategico per il nostro settimanale, oltre che per la Fisc, puntare su un progetto di quel tipo. Chiamammo prima Leo Spadaro (SiCei) poi Gianluca Cantergiani (IdsUnitelm) manifestando il nostro interesse, ma anche l'esigenza di partire subito. Ci incontrammo a Firenze nel giro di una settimana e ci trovammo d’accordo nel rischiare qualcosa entrambi: noi aderendo ad un progetto nuovo per il quale avremmo fatto da cavia, e che poteva anche esaurirsi lì. Per loro, fare un investimento nella predisposizione della piattaforma senza avere la certezza che altri settimanali, nel numero previsto per la sostenibilità del progetto, potessero aderire. Abbiamo lavorato sodo già dal mese di agosto e poi in settembre e ottobre, perché la tecnologia c'era (è basata su un Csm open source, Ez publish) , ma la piattaforma era fortemente innovativa (grafica responsiva) e andava messa a punto. Il 31 ottobre 2012, mentre nella Fisc si discuteva ancora sulla praticabilità del progetto (ci incontrammo in quel giorno a Bologna con i vertici della Fisc, IdsUnitem, Open Content e SiCei), il nuovo sito è andato on line, recuperando anche tutto lo storico delle notizie, delle foto, dei link del vecchio sito (circa 30 mila notizie e 8 mila tra foto e altri oggetti). Lo stesso giorno nasceva Toscana Link, il consorzio tra le due emittenti televisive Tsd e Tv Prato, con la partnership del settimanale Toscana Oggi, per produrre insieme programmi e condividere progetti. Le prime realizzazioni, sono state Terra Santa Link, un programma settimanale sulla Terra Santa e Le radici del futuro, in collaborazione con l'assessorato regionale all'agricoltura. Ma giusto per far capire meglio il livello di collaborazione, questa settimana una troupe composta da un tecnico di Tv Prato e un giornalista di Toscana Oggi ha seguito a Roma la visita ad limina dei vescovi toscani, producendo servizi aperti per tutte e due le emittenti e chiusi per il nostro sito, sia scritti che in video. Abbiamo anche attivato una collaborazione con Tv2000 per servizi chiusi e aperti a tutto campo (dallo sport allo spettacolo). E anche con la Rai regionale (es. interviste ai vescovi, eventi significativi della vita ecclesiale). Un’altra esperienza che abbiamo tentato è quella della rassegna stampa del settimanale Toscana Oggi, che viene confezionata sia per la radio che per la televisione e che viene anche pubblicata sul nostro sito. Perché abbiamo fortemente creduto in questo progetto opencontent-idsUnitelm? Perché c'è bisogno di fare rete in un campo in cui l'innovazione è continua e richiede continui riposizionamenti e aggiustamenti; in cui l'esperienza delle nostre testate non esiste o è minima e a maggior motivo va condivisa. Oggi ci sono tanti strumenti per gestire siti. Alcuni anche gratuiti o quasi. Nelle nostre diocesi ci sono anche giovani con passione e competenze informatiche, capaci di metter su un sito. Ma questi elementi non bastano se vogliamo davvero raccogliere la sfida della comunicazione in rete. Occorre un di più, che solo un progetto unitario, che coinvolge un buon numero di attori, può garantire. Dobbiamo essere in grado di rispondere velocemente ad ogni tipo di novità che irrompe nella rete, dai sistemi operativi, ai supporti di navigazione, agli strumenti di condivisione di notizie. Per terminare segnalo qui alcuni problemi aperti, che richiederebbero un ulteriore approfondimento. - Integrazione con i social network. A prescindere dal giudizio che possiamo avere di twitter, facebook, yootube (etc.) in questo momento non possiamo essere in rete senza fare i conti con loro. Facebook è la piattaforma che ci crea più problemi (sia di privacy, non sufficientemente tutelata, che di condivisione in contesti non graditi, ma anche per l’algoritmo che fb usa per la condivisione delle nostre notizie sulle bacheche di chi ci segue e che sfugge al nostro controllo) ma è quella dove tanti italiani, soprattutto nelle fasce giovanili, passano ore e ore. Alcune grandi testate, come Washington Post e Guardian, lo hanno abbandonato, sostituendolo con ambienti social proprietari. È anche importante adottare strategie giuste di pubblicazione e di interazione con gli amici o i follewers. La potenzialità è immensa perché apre la strada ad un rapporto diverso tra la redazione del settimanale e il pubblico dei lettori (o meglio degli utenti). - Quasi insignificanza della vendita di pubblicazioni digitali in Italia. Per il momento non possiamo sperare che se ci apriamo all’abbonamento digitale alla nostra testata cartacea, risolviamo il problema del calo generalizzato di abbonamenti. Però da gennaio 2013 Ads certifica anche le copie distribuite in modo digitale nei suoi bollettini mensili e questo è un segnale di potenzialità. E già a febbraio, ultimo dato disponibile, si nota una discreta crescita rispetto al mese precedente. Non credo che le modalità di distribuzione attuali (sostanzialmente pdf, resi sfogliabili con varie tecnologie) siano quelle ottimali. Nei prossimi mesi potremmo avere anche grosse sorprese. Il diffondersi della smart tv è già un primo passo in avanti. È però importante farsi un’esperienza anche in questo campo, sperimentare strategie e modalità di distribuzione. Perché probabilmente quotidiani e periodici non scompariranno, ma difficilmente continueranno ad essere distribuiti secondo la filiera classica (stampa in rotativa e poi consegna per posta o tramite edicola) - Democrazia in rete. Apparentemente in internet siamo tutti sullo stesso piano. Non è come in edicola, dove le nostre testate finiscono dietro a quelle più forti… Eppure se guardiamo i dati vediamo che i big dominano anche sul web (es. il sito della Stampa ha fatto notevoli passi in avanti in questi ultimi mesi, ma rimane ancora molto indietro rispetto a quelli di Repubblica e Corriere). E dobbiamo aver consapevolezza che i motori di ricerca non sono così trasparenti come vorrebbero farci credere… - Il pubblico della rete. È diverso per il digital divide da quello del cartaceo. Per ora sono soprattutto giovani, benestanti, molto istruiti. Però gli ultimi dati di Audiweb (dicembre 2012) ci dicono che l’online raggiunge quasi l’80% della popolazione italiana tra gli 11 e i 74 anni. E tra i giovani (11-34 anni) sono il 92% i navigatori. Si tratta di un qualcosa come 14,1 milioni di utenti attivi in un giorno medio, collegati per 1 ora e 25 minuti con 136 pagine viste per persona. Nel mese di dicembre 2012 sono state 45,9 milioni le stream views e 5,9 milioni gli utenti che hanno visualizzato almeno un video (nel giorno medio 1,5 milioni le stream views). Nell’allestire un sito online che si rifà alla nostra testata, dobbiamo tener conto che il target è diverso da quello dei nostri abbonati al cartaceo. - Cosa si cerca in rete. Guardare le classifiche del 2012 stilate dal motore di ricerca google ci può far sorridere (http://www.google.com/intl/it/zeitgeist/ 2012/#italy): ai primi due posti del Come si fa…, troviamo, ad esempio: fare sesso e fare un clistere. In Italia i siti di informazione che vanno per la maggiore utilizzano la terza colonna della home page, detta anche colonna leggera, per tutto ciò che è curioso o pruriginoso (da Belen nuda alla papera del portiere di calcio). Ma non può essere questa la nostra strada. Certo, su www.toscanaoggi.it queste cose gli utenti non le trovano e questo – ne dobbiamo essere consapevoli – ci penalizza nel traffico. È anche vero però che mentre sul cartaceo quello che pubblichiamo ha una vita minima (meno di una settimana) sul web diventa quasi eterno. Il servizio sui proverbi della Candelora che noi abbiamo pubblicato diversi anni fa è stata la pagina più cercata nei primi giorni di febbraio del nostro sito con punte anche di 2 mila visitatori al giorno. Chi lo avrebbe cercato o letto nella collezione di Toscana Oggi conservata in una biblioteca? Abbiamo un patrimonio informativo nei nostri settimanali che in rete, magari tradotto nel linguaggio e adattato nelle modalità (reso ipertesto) può assumere una nuova vita. - Sostenibilità del progetto. Questo è il vero punto dolente. Credo che nessuno – anche tra i big - per ora abbia trovato la ricetta giusta, ma quasi tutti si muovano per tentativi. I ricavi da pubblicità sono bassi. I tentativi di fornire sezioni o servizi a pagamento (escluso il discorso abbonamento al cartaceo) si scontrano con la mentalità diffusa e alimentata in questi anni del tutto gratis. C’è poi il ritardo in Italia sul fronte dei micropagamenti. Però è vero che anche i costi sono bassi, purché si possa contare soprattutto su risorse umane già presenti in azienda o comunque a noi legate da collaborazione.. Sbarcare in rete nell'immediato non risolve nessuno dei nostri problemi esistenziali e anzi ci crea qualche problema in più (sicuramente ci fa lavorare di più e in modo diverso). Ma l'alternativa è solo rinunciare alla nostra missione (che non è guadagnare, ma fare comunicazione nella Chiesa e tra la gente del nostro territorio) per votarsi ad una rapida eutanasia. Siamo proprio disposti a morire senza aver tentato di fare il possibile per sopravvivere o rilanciarsi? *Web master di Toscana Oggi REPLICA DI LUIGI CARLETTI Quando nel mio intervento dicevo che rispetto ad internet, nessuno ha trovato il modello ideale, facevo una constatazione. Si tratta di seguire i modelli più virtuosi e di osservare la realtà che abbiamo intorno a noi, prendendo il buono, cioè quello che si adatta alle nostre specifiche esigenze e realtà. Il dibattito in corso è questo: come far pagare i contenuti. Orami Repubblica e Corriere – così come altre testate – hanno intrapreso una strada dalla quale non si torna indietro. Gli utenti oggi pagano su internet cose molto specifiche e relative a settori molto particolari. Sull’informazione, il futuro è dare dei contenuti che abbiano una particolarità, una specificità tali che permettano i micropagamenti. In questo caso l’utente accetta di pagare. Ma pensare oggi di mettere a pagamento il sito del Corriere o di Repubblica, a mio parere sarebbe un bagno di sangue, perché vorrebbe dire perdere automaticamente gran parte degli utenti e perdere gran parte della pubblicità, che è stata costruita per quel sito e per quel modello di business, a favore di altri siti, perché alla fine le informazioni generaliste si trovano su tutti i siti. Capire come può funzionare questo sistema, è un problema che hanno tutti. Alcuni ci sono riusciti attraverso forme graduali di pagamento, perché hanno dei contenuti che gli utenti accettano di pagare. È il caso del New York Times, del Wall Street Journal, del Sole 24 Ore – tra le testate italiane – perché comunque ha una sua specificità. Se qualcuno pensasse di snaturare la propria identità rispetto ai contenuti – ricorrendo magari ai modelli dei siti che inseguono il gossip - sconsiglierei di farlo. La vostra forza consiste, a mio parere, in alcune cose: presenza sul territorio e riconoscibilità; tradizione e storia della testata, di cui non cambierei mai il nome; la capacità di fare rete, non schiacciando un bottone e modificando le specificità, ma esaltandole e facendo sistema in modo policentrico ovvero una rete in cui i singoli sono quello che sono sempre stati. Per tutto questo serve un progetto, perché la tecnologia, per quanto possa consentire di fare molte cose, è sempre uno strumento al servizio delle idee e dei progetti, che si fanno prima di tutto sull’identità e sui contenuti. A mio parere, quindi, bisogna partire da un progetto che spieghi chi siamo, che cosa vogliamo fare e a chi ci vogliamo rivolgere. Costruito il progetto e individuati i contenuti, si sceglierà la tecnologia più adatta. Presentarsi in questo modo sul mercato – uso questo termine nella sua accezione più ampia e più nobile possibile – come sistema che è in grado di far dialogare le sue differenti realtà locali e che localmente rispetta le specificità, è questa la vera sfida. Non è un compito impossibile. Altri lo hanno fatto. Voi non siete 13 o 14 soggetti. Siete quasi 200 testate. Questo è il criterio da seguire non solo per il Web, ma è da realizzare anche per quanto riguarda la carta stampata. A quel punto, voi diventate una potenza, con la consapevolezza di esserlo. Salvo casi in cui non vi sia un’ovvia e un’evidente convenienza, non andrei a creare nuove testate. In qualche caso, semmai, andrei a recuperare vecchie testate. Un punto che non è stato affrontato è quello cosiddetto della coda lunga. Che cos’è? È la possibilità di dare ai contenuti una vita molto più lunga di quanto non l’abbiano sulla carta. Un giornale ha un suo arco di vita di 24 ore, un settimanale di qualche giorno, su internet i contenuti continuano a vivere e ad essere consultati teoricamente per sempre. Qual è un esempio di sito, portale o social network che vive sulla coda lunga? You Tube ha contenuti media che consentono di visionare i vecchi Caroselli o altre cose di un certo tipo. Ognuno di noi, in casa propria, ha dei contenuti che portati on line hanno un valore e possono continuare ad essere visti, consultati nel tempo, molto al di là della loro vita sulla carta stampata. Questa è una riflessione che molti non fanno. Mi ricordo che quando lavoravo nel Gruppo Espresso, andai a trovare i responsabili de La Gazzetta di Mantova – che, come sapete, con la Gazzetta di Parma, si gioca il primato di giornale più antico d’Italia – e scoprii che pubblicava le cronache della Rivoluzione Francese. Quanto vale quel contenuto, una volta digitalizzato e portato on line? Arrivo a dire che forse per un contenuto del genere, ci potrebbe essere anche qualcuno disponibile a pagare. Questo è un punto da coltivare: i vecchi archivi, le vecchie cose che ognuno ha. Si tratta di stendere l’argenteria sulla tavola: guardarsi in casa e capire che siamo molto più ricchi di quanto non pensiamo. REPLICA DI CLAUDIO TURRINI Mi collego a quello che adesso diceva Luigi Carletti. Mi sono stupito guardando le pagine più lette del mio sito: al primo posto, La Candelora, storia e tradizione. È un contenuto di sei o sette anni fa e abbiamo visto che nei giorni della Candelora, avevamo picchi di 1.000-2.000 persone che andavano a leggere quelle pagine. Al secondo posto, le Elezioni politiche e la guida al voto: una pagina di servizio. Poi, Elezioni in Toscana, ecco gli eletti al 100%: questo è un servizio di cinque anni fa. Potrei continuare. Effettivamente, quello che diceva Carletti, è verissimo. Noi dobbiamo riuscire a valorizzare un patrimonio ricchissimo della carta stampata. Dobbiamo sfruttare la nostra argenteria, al meglio. Mimmo Delle Foglie ha espresso ieri un sogno, quello di fare un portale. Noi diciamo una cosa diversa: mettiamo a disposizione di tutti un software, che può comportare per tutti ricadute immediate di personalizzazione, innovazione e adeguamento, per fare ciascuno quello che vuol fare. Bisogna partire da un progetto che è aderente alle proprie forze, al proprio territorio, alla propria tradizione, alla propria storia: ognuno può trovare la strada più diversa, in base a questi presupposti. Avere una piattaforma omogenea, favorisce un interscambio. Quando si parla di rete, non si vuole proporre di fare il Toscana Oggi dei settimanali. Parliamo di una cosa completamente diversa. Quella che proponeva Mimmo Delle Foglie – mettiamo tutto quello che produciamo in un contesto unico - può essere un’idea interessante. Sul discorso di Toscana Oggi, voglio essere molto chiaro. La Toscana è la regione più secolarizzata del paese È una regione molto difficile. È vero che una volta gli estremi erano Vicenza e Livorno e oggi il divario si è notevolmente affievolito: oggi, la pratica religiosa di Vicenza è arrivata quasi al livello di Livorno. Però, c’è da tener presente che in Toscana abbiamo delle Diocesi con 40 sacerdoti, la maggior parte anziani. Può esistere un settimanale diocesano in quelle Diocesi? No. Se non ci fosse stata la formula di Toscana Oggi – che compie trent’anni a dicembre – non avremmo un settimanale diocesano. Ma è una formula adatta per quel territorio. Se l’avessimo adottata nel Triveneto, avremmo fatto una sciocchezza. Se andiamo a guardare la storia, osserveremo che i consorzi sono sempre esistiti: la nostra realtà è tale, che se non ci fossimo messi insieme, non saremmo riusciti a sopravvivere. REPLICA DI DON ANTONIO RIZZOLO Voglio solo dire, in conclusione, due cose. Il mondo dell’informazione cattolica consente di fare veramente molto, ciascuno con la propria identità ed è questa la questione fondamentale. Sia che si tratti del giornale di carta, sia che si tratti di internet, la nostra fede ci identifica e la ricchezza che tutti noi abbiamo ci consentirà di essere ancora presenti. CONCLUSIONI don Ivan Maffeis * Gli Altri, il settimanale diretto da Piero Sansonetti, la scorsa settimana usciva con un editoriale dove, fra l’altro, si leggeva: «La crisi che morde l’Europa ha le sue ripercussioni anche su questo nostro piccolo giornale. Non vogliamo mollare ma, senza contributi pubblici e senza editore, siamo costretti a ridimensionarci. Dal prossimo numero (che è quello di ieri, ndr) taglieremo molte piazze della distribuzione… È il prezzo che paghiamo tutti, noi che lo scriviamo e voi che lo leggete (…) alla libertà di pensiero (….). Ma non esiste solo l’edicola. Gli Altri viene pubblicato in versione pdf sul sito e basta abbonarsi per poterlo stampare e leggere comodamente». Sempre la scorsa settimana, usciva il primo numero di Credere: come ci spiega don Antonio Rizzolo, «la carta stampata ha ancora un valore... In un contesto segnato da una crisi che è anche culturale e spirituale, il giornale è punto di riferimento, a patto che abbia chiara la sua identità cristiana e sappia, quindi, costruire un legame con i lettori, con un linguaggio semplice e uno stile fresco e moderno». Due esempi tra i tanti sotto gli occhi di tutti. Un settimanale che chiude le piazze di distribuzione e punta sulla possibilità di scaricare il giornale in pdf. Un settimanale che apre e punta sull’edicola e sulla distribuzione in parrocchia. Le nostre testate hanno – tutte – un solido bagaglio di identità ecclesiale, di radicamento sul territorio, di esperienze umane e professionali, di storia, di presenza persino centenaria, caro don Vincenzo Tosello e amici di Nuova Scintilla, testata attorno a cui in questa occasione si stringono le altre 185 della FISC. Tutto questo oggi è chiamato a confrontarsi con quel novum che è costituito non solo dal calo degli introiti pubblicitari, dall’abolizione delle tariffe postali agevolate e dal drastico taglio dei contributi pubblici all’editoria – risorse finora essenziali per assicurare quel bene irrinunciabile che è il pluralismo informativo –; il novum, come abbiamo sentito fin dai primi interventi di questo Convegno, è costituito anche da un’opinione pubblica che sembra aver voltato le spalle a Gutenberg, dalla pretesa del tutto free, da un ecosistema dell’informazione e della comunicazione basato in larga parte sulla connessione alla rete senza soluzione di continuità… Questo Convegno ha contribuito a dar voce alla comune volontà di non avere paura del confronto con questo tempo: non possiamo più evitare di chiederci come un articolo confezionato per la versione cartacea possa essere efficace anche online e, quindi, come possa essere promosso sui social network… Pur con passo diverso, con ritardi e difficoltà, siamo impegnati a reagire, a guardarci attorno e dentro con onestà, con la disponibilità a riposizionarci, aperti alle possibili e necessarie innovazioni, aiutandoci a coniugare l’informazione tradizionale con le tendenze e le opportunità dell’era digitale, senza sminuire il valore e il peso di quanto abbiamo costruito fino a questo momento. Crediamo, infatti, nel valore delle nostre redazioni e nella trama di relazioni sociali, culturali ed ecclesiali che nei nostri giornali trova punto di riferimento. Crediamo nell’analisi e nell’approfondimento dei fatti, certamente con stile più agile e sobrio, senza che questo significhi appiattimento su logiche di corto respiro, quasi che tutto debba essere sempre detto e spiegato nei 140 caratteri di un tweet; e, al contempo, senza nemmeno ignorare con finta superiorità questa forma di comunicazione che costruisce nuove forme di comunità e di fidelizzazione. Crediamo che l’obiettivo di offrire contenuti, insieme alla proposta di chiavi di lettura, siano ingredienti fondamentali. Garantiscono la qualità, l’autenticità, l’autorevolezza e la credibilità della nostra informazione e giustificano l’abbonamento o l’acquisto dei nostri giornali. Il nostro lavoro sta rapidamente cambiando. Sarà – è già – diverso. «La rete – ricordava Francesco Zanotti introducendo questo Convegno – ha modificato, modifica e modificherà il nostro rapporto con l’informazione». Con la disinvoltura con cui siamo abituati a usare block notes e biro, abbiamo imparato a prendere confidenza con i programmi dell’informazione digitale, a costruire redazioni multimediali, che ci aiutano a mantenere un rapporto vivo con i lettori e a raggiungerne di nuovi. Il desiderio di partecipazione – per cui in molti si sentono abilitati a riprendere, a trasmettere e a condividere la realtà di cui sono protagonisti, postando commenti, foto, audio e video o aprendo forum online… – può forse essere uno stimolo a curare e valorizzare la rete dei nostri collaboratori, qualificando le antenne e i punti di vista nel nostro cercare verità raccontando i fatti. Si tratta di ripartire con umiltà e impegno, per contribuire a reinventare la professione, facendo tesoro di quello che di positivo sta accadendo: i nostri giornali sono stati fucine di professionisti, che sono andati poi ad arricchire le altre testate: non è forse anche questo un compito ancora possibile, oltre che necessario? Siamo davanti a un cambio culturale – come emergeva dall’intervento di Chiara Giaccardi – che impone una nuova organizzazione delle nostre redazioni, la disponibilità e l’abilità a muoversi su una molteplicità di piattaforme, la realizzazione di applicazioni che, mentre consentono la fruizione di contenuti su dispositivi mobili, richiedono un nuovo modo di scrivere e di raccontare per non rinunciare a stimolare il nostro lettore, aiutandolo a pensare, ad andare in profondità. Siamo consapevoli che non servono accorgimenti superficiali, come non basterà affiancare all’edizione cartacea quella digitale. Dobbiamo aiutarci a intraprendere l’integrazione tra il lavoro, per così dire, tradizionale e quello della redazione online, evitando che siano due mondi separati. Traghettatori, diceva Luigi Carletti: per cui taccuino e biro sono chiamati a tener conto che «ci sono fatti che meritano di venire documentati con foto e video; ci sono interviste e circostanze nelle quali una registrazione audio è preziosa; ci sono eventi che si prestano all’uso del materiale amatoriale prodotto dai nostri lettori» (M. Gaggi-M. Bardazzi, L’ultima notizia, Rizzoli 2010, pp. 223-224). Qui, a livello di comunicazione integrata, si inserisce l’esempio virtuoso – ricordato da mons. Giuliodori – di Avvenire, come di tanti nostri settimanali: sono oltre 70 le nostre testate che hanno un sito, alcune con profili d’eccellenza. In questa direzione abbiamo ascoltato Ferruccio Pallavera de Il Cittadino e Claudio Turrini di Toscana Oggi; altri dei presenti potrebbero aggiungere la ricchezza della loro esperienza. Il qualificato lavoro del Sir, eredità della professionalità a tempo pieno di Paolo Bustaffa, si misura oggi con la sensibilità e la competenza di Mimmo Delle Foglie, attento a valorizzare le possibilità di informazione, di scambio e di relazione del nuovo ambiente. In questa prospettiva si inserisce anche la proposta di quest’ultimo di costituire – Sir e settimanali diocesani – un network digitale che dia possibilità in tempo reale di accesso dal nazionale ai territori e disponibilità dell’offerta informativa dell’agenzia nei siti dei settimanali. Si profila una nuova stagione anche per la Federazione, una stagione che vogliamo vivere insieme, offrendo come Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI la disponibilità a esserci e a condividere: questo è un tempo nel quale è decisivo non solo non sottrarsi, ma accettare di fare quasi da perno al cambiamento. Per accompagnarlo, per provare a guidarlo, per sostenere quanti hanno il passo più corto. Va in questa prospettiva il progetto FISCWEB, volto a facilitare la presenza su internet dei nostri settimanali, attraverso una piattaforma che offre tutte le funzioni oggi attese da chi naviga in rete, con versioni per il mobile. Emblematica dell’attenzione della CEI è anche la stessa scelta di dedicare uno spazio nel corso della prossima Assemblea Generale alla riflessione sulla situazione dei nostri settimanali diocesani. C’è anche da aiutare le nostre diocesi a guardarsi da sirene che affascinano con il loro enorme potenziale innovativo, ma che – almeno fino a questo momento – coinvolgono ancora solo parzialmente i nostri lettori. E che, in ogni caso, non sono scialuppe che possono sostituire le carrette delle nostre testate… Certamente, mentre celebriamo un glorioso centenario, non vogliamo né possiamo sederci sul passato. Con occhi spalancati, sulle prospettive aperte dalla tecnologia e dai nuovi modelli informativi, viviamo i rischi e le opportunità di questa stagione, segnata da una transizione che domanda di muoversi rapidamente nella prospettiva dell’integrazione. Abbiamo tutti i requisiti per abitare questo tempo e trasformarli in luoghi di testimonianza e di annuncio del Vangelo, forti delle relazioni di stima, di collaborazione e di amicizia tra noi; forti di una cultura attenta alla persona e a ciò che costituisce il bene comune. Valori, beni immateriali, ma altrettanto essenziali. Per tutti. *Vice-Direttore dell’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della CEI