Studiare il cancro sotto una nuova luce

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Studiare il cancro sotto una nuova luce
VITA DI RICERCATORE
LL
Anna Chiara De Luca, CNR di Napoli
In questo articolo:
Start-up
microscopia laser
strumenti diagnostici
A chi le chiede di che cosa si occupa, Anna Chiara
De Luca risponde: “Sono un fisico”.
Per i colleghi con cui si è formata è rimasta
’a piccirilla, la piccolina.
Molto piccoli sono anche gli strumenti che usa
per osservare e manipolare la materia biologica:
i fotoni, componenti elementari della luce,
utilizzati nella spettrometria laser
a cura di FABIO TURONE
uando nel gennaio del
2009, fresca di dottorato
di ricerca in fisica, si ritrovò nel rigido inverno scozzese, con le giornate scandite dalla pioggia e il cielo sempre coperto di fitte nuvole, pianse calde lacrime per la nostalgia del sole e della luce
di Napoli. A 29 anni, aveva
sempre vissuto con i genitori, a Gallo di Comiziano, non
lontano da Nola, e ancora
non poteva immaginare che
il metodo che era andata a
studiare nel laboratorio del
professor Kishan Dholakia
l’avrebbe portata nel giro di
pochi anni a brevettare una
promettente scoperta, vincere
un sostanzioso grant e stringere la mano al suo più illustre “concittadino”, il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione
dei Giorni della Ricerca AIRC.
“Quando, su sollecitazione del mio professore Antonio Sasso, mi candidai per il posto di
ricercatore post dottorato nel labora-
Q
Un nuovo
modo di
studiare
campioni
biologici
sani e
malati
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torio di Dholakia – mostro sacro della
ricerca internazionale soprattutto nel
campo delle pinzette ottiche (uno
strumento che usa gli impulsi laser
per tenere o spostare fisicamente
oggetti microscopici), e più volte
in odore di Nobel
– ero convinta che
non mi avrebbero
mai preso” racconta oggi Anna Chiara
De Luca, nel laboratorio che sta attrezzando al CNR di Napoli grazie al cospicuo Start-up grant ricevuto da
AIRC. Invece fu scelta e così cominciò
la sua avventura all’estero.
Armando Rotoletti
Studiare il cancro
sotto una nuova luce
stato per me a St Andrews. Il rapporto
con Kishan Dholakia è stato da subito
fantastico, anche se all’inizio il mio inglese era davvero terribile e l’accento
scozzese rendeva
tutto più difficile”.
L’affiatamento
che si instaura subito con i colleghi
viene rinforzato
dalla passione di
Anna Chiara per i modi di dire partenopei, che si diverte a tradurre in inglese arricchendo il lessico internazionale del laboratorio, per cui le cose
inutili sono descritte “like a fork in the
soup”, come la forchetta nel brodo.
Alla base del legame, però, c’è anche la
stoffa della ricercatrice, che viene subito valorizzata: “Appena quattro mesi
dopo il mio arrivo sono stata incoraggiata a presentare la domanda per un
grant di cinque anni a un’importante
istituzione scientifica scozzese, che
me lo ha assegnato”.
L’investimento è ben presto ripagato: insieme al medico Simon Herrington mette a punto un sistema che aumenta notevolmente le potenzialità di
impiego in medicina – e in particolare
In un’antica
università scozzese
tutto è costruito
per il ricercatore
Da Napoli
alle Highlands
Il traumatico impatto con il clima
venne comunque presto superato sulle
ali dell’entusiasmo per l’accoglienza
cordiale e l’opportunità di mettersi per
la prima volta alla prova: “Finché sei
studente, i successi e le sconfitte non
sono mai del tutto tuoi, ma dopo il
dottorato le cose cambiano, e così è
nella diagnosi precoce del cancro – di
una tecnica molto sofisticata e potente
di microscopia laser basata sul cosiddetto effetto Raman (vedi box a p. 6).
Vocazione precoce
Il clima che si respira nell’Università di St Andrews – la più antica e
prestigiosa di Scozia, e tra le più apprezzate del Regno Unito – prende il
sopravvento sulla pioggia: per la qualità della vita decisamente più alta rispetto al resto delle università del
Paese, St Andrews è soprannominata
“the bubble”, la bolla. “Era la pace dei
sensi. Mi mancavano solo le verdure”
ricorda Anna Chiara con un sorriso.
La distanza da Francesco, con cui è
fidanzata da sempre, l’ha messa in
conto da quando ha ricevuto il finanziamento quinquennale e per l’altra,
grande, insopprimibile passione per
fortuna c’è Internet: “Con un amico
spesso andavamo in istituto anche il
sabato e alla domenica, perché il collegamento di casa non era veloce a
sufficienza, ma non potevo perdermi
le partite del Napoli!” Una passione
trasmessa dal papà Gennaro, che da
bambina la portava allo stadio a guardare giocare Maradona, mentre nel
corso della settimana condivideva con
lei l’amore per la matematica e per la
fisica.
Un amore che sarebbe sbocciato
appieno al liceo scientifico di Cicciano, a qualche chilometro da casa:
“Quando ero piccola avevo deciso che
da grande avrei
fatto la ballerina,
l’attrice o la scienziata, ma fu al terzo
anno del liceo, grazie all’insistenza
della mia professoressa di matematica, Tina Spampanato, che presi la decisione, e optai per
la facoltà di fisica. Condivisi la scelta
con il mio compagno di banco Ivo,
con cui avrei poi condiviso anche il
giorno della laurea e quello del dottorato di ricerca. Quell’anno fummo gli
unici del liceo a iscriverci a fisica” racconta la ricercatrice, che da allora è rimasta legatissima alla professoressa e
ogni anno partecipa alle giornate di
orientamento all’università per raccontare ai ragazzi il bello della sua
professione.
Le potenzialità
in medicina
La laurea in fisica della materia arriva
nel 2003, poi nel corso del dottorato comincia a studiare l’effetto Raman e le applicazioni della microscopia laser in ambito clinico: con l’ematologo Vincenzo
Martinelli, del secondo Policlinico di Napoli, lavora a un sistema per distinguere i globuli rossi
sani da quelli colpiti
dalla talassemia, e
impara a usare il
laser e l’effetto
Raman per creare le pinzette ottiche capaci di afferrare e deformare i globuli
rossi, solo con la forza della luce.
L’opportunità di fare il salto di qualità
lavorando con uno dei massimi esperti
mondiali e l’ottimo stipendio con annesso finanziamento quinquennale offerti
dalla Scozia fanno passare in secondo
piano i progetti di mettere su famiglia.
In Italia, nella casa familiare dove
prima di partire ha sempre vissuto con la
mamma Angela, il papà e il fratello minore Vincenzo, torna solo per le vacanze: “Fu
proprio durante le vacanze che, quasi per
Tornare in Italia
non è stato
facile come
può sembrare
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VITA DI RICERCATORE
Armando Rotoletti
Anna Chiara De Luca con i suoi
colleghi del CNR di Napoli
“
L’EFFETTO RAMAN
e Luca sfrutta un effetto che
prende il nome da un fisico
indiano che per primo lo
osservò, all’inizio del Novecento, e
per questo vinse il premio Nobel
per la fisica nel 1930, e fu
nominato baronetto: Sir
Chandrasekhara Venkata Raman
(che, fra l’altro, è zio
dell’astrofisico Subrahmanyan
Chandrasekhar, che il premio
Nobel per la fisica lo avrebbe
ricevuto nel 1983, per gli studi sui
buchi neri).
Si chiama “effetto Raman” un
particolare tipo di modificazione
che la luce laser subisce entrando
in contatto con il campione
studiato: in un certo senso la luce
cambia colore (cioè lunghezza
d’onda), e assume una
colorazione diversa secondo la
diversa composizione del
campione stesso. Da molti anni
questo tipo di microscopia (anche
nella variante della spettroscopia)
è usato per verificare la purezza
dei grandi stock di materiali
pregiati ma finora era inadatto ai
campioni biologici. La
fluorescenza provocata dalla
stessa luce laser, infatti, in un
D
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”
certo senso abbagliava la scena,
coprendo qualsiasi tipo di
“sfumatura delicata”.
La ricerca condotta in Scozia da
Anna Chiara De Luca con Simon
Herrington dell’Università di St
Andrews ha permesso di mettere
a punto e brevettare un sistema
innovativo per filtrare la
fluorescenza – in un certo senso
mettendo gli occhiali scuri al
microscopio – così da ottenere
una visione nitida di ciò che
succede all’interno della cellula,
grazie alla quale si stanno
sperimentando nuovi metodi più
rapidi e precisi per la diagnosi
precoce del cancro.
caso, il professor Sasso, cui ero andata a
fare visita, mi segnalò il bando AIRC, e ancora una volta fu lui a suggerirmi di fare
domanda. Poiché il bando imponeva di
trovare un laboratorio in cui non avessi
mai lavorato prima, mi sono messa a cercare disperatamente chi credesse in me”
ricorda “e in extremis ho conosciuto, al telefono, la direttrice dell’Istituto di biochimica delle proteine del CNR, Daniela
Corda, che mi ha dato fiducia”.
È il 2011, e l’assegnazione del finanziamento AIRC le cambia la vita: “Tornare in Italia è stato difficile. È stato un
salto nel buio, il trauma più grosso della
mia vita. Senza contare che ho abbandonato lì il finanziamento quinquennale,
che terminava nel 2014. Sono tornata
per l’uomo che è diventato mio marito, e
perché avevo finalmente la possibilità di
creare un mio laboratorio” ricorda. Il matrimonio viene celebrato quando lei sta
ancora concludendo l’esperienza scozzese, nel 2011, poi dal marzo del 2012
mette su casa a Cicciano, dove il divano
del salotto, quando gioca il Napoli, “si
trasforma nella curva B”, e appronta il
suo laboratorio al CNR: “Ora mi trovo benissimo, anche perché qui ho trovato un
ambiente molto sano, in cui la competenza è davvero premiata”.
Dopo AIRC, a riconoscere le doti
straordinarie di questa piccola scienziata
– che in questo momento lavora alla
messa a punto di un metodo di diagnosi
dei tumori dell’apparato genito-urinario
basato sull’esame con spettroscopia
Raman di un campione di urine – ci
hanno pensato anche il ministero della
Ricerca, che le ha assegnato un finanziamento “Futuro in Ricerca 2013”, e il CNR
stesso, che l’ha selezionata tra i 61 ricercatori che dall’inizio del 2013 sono stati assunti a tempo indeterminato.
Ora la vita è ancora scandita dal lavoro
in laboratorio e dai passatempi di sempre
– con in prima fila il teatro popolare napoletano in dialetto, che occupa un paio
di serate alla settimana – ma finalmente,
tra un rompicapo scientifico e l’altro, c’è
posto anche per l’idea di far crescere la famiglia in parallelo con la sua carriera
scientifica.