Arco Trionfale di Costantino

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Arco Trionfale di Costantino
Arco Trionfale di Costantino
I romani erano soliti dedicare archi trionfali ai vincitori di memorabili battaglie. Uno di questi,
giunto ai nostri giorni è l’arco di Costantino innalzato nelle vicinanze del Colosseo sull’antica Via
Triumphalis, la strada percorsa dai cortei dei trionfatori diretti al Campidoglio. E’ il maggiore e il
meglio conservato dei tre archi trionfali di Roma che ci sono pervenuti dall’antichità: gli altri due
sono l’arco di Tito (81 – 90 d: C.) e l’arco di Settimio Severo (202 – 203 d. C.). Fino a qualche
anno fa si riteneva che dopo la battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312 d. C. in cui l’esercito di
Costantino sconfisse quello di Massenzio, il Senato romano avesse deliberato la costruzione
dell’arco trionfale in onore del vincitore. Il recente restauro (1982 – 1987) ha invece dimostrato che
si tratta di un magistrale lavoro di età adrianea, mentre nel IV secolo fu realizzato solo l’atrio con la
dedica all’imperatore, riutilizzando bassorilievi traianei e aureliani, e furono inscritti i rilievi di
carattere storico relativi a episodi della vita di Costantino. Il riadattamento nella forma che ci è
pervenuta , ebbe inizio nel 312 ed ultimato dopo tre anni, e venne inaugurato nel decimo
anniversario dell’ascesa al trono di Costantino, il 25 luglio del 315 d. C.
All’epoca della costruzione dell’arco, Costantino non aveva ancora manifestato alcuna simpatia
verso il Cristianesimo, nonostante la tradizione agiografica dell’apparizione della Croce durante la
battaglia di Ponte Milvio, e nonostante l’iscrizione riportata al centro dei due lati dell’attico:
“IMP(eratori) CAES(ari) FL(avio) CONSTANTINO MAXIMO P(io) F(elici) AUGUSTO
S(enatus) P(opulus) Q(ue) R(omanus) QUOD INSTINCTU DIVINITATIS MENTIS
MAGNITUDINE CUM EXERCITU SUO TAM DE TYRANNO QUAM DE OMNI EIUS
FACTIONE UNO TEMPORE IUSTIS REM-PUBLICAM ULTUS EST ARMIS ARCUM
TRIUMPHIS INSIGNEM DICAVIT” (“All’imperatore Cesare Flavio Costatino Massimo, Pio,
Augusto, il Senato e il popolo romano, poiché per ispirazione della divinità e per la grandezza del
suo spirito con il suo esercito vendicò ad un tempo lo stato su un tiranno e su tutta la sua fazione
con giuste armi, dedicarono questo arco insigne per trionfi”). La frase instinctu divinitatis (per
ispirazione divina) ha causato lunghe discussioni tra gli studiosi, in relazione alla posizione
dell’imperatore nei confronti della religione cristiana e al racconto dello storico Eusebio di Cesarea,
che riferisce l’episodio dell’apparizione della Croce a Costantino prima della battaglia di Ponte
Milvio. L’allusione è probabilmente volutamente oscura: l’imperatore in quest’epoca, pur avendo
un atteggiamento di benevolenza nei confronti della nuova religione, che con il suo monoteismo la
vede come possibile base ideologica del potere imperiale, e affine in questo senso al culto dinastico
del Sol invictus, mantiene ancora una certa equidistanza.
La tipologia architettonica del monumento a due fronti e tre fornici, è simile a quella dell’arco di
Settimio Severo. La scelta è tutt’altro che casuale: il Senato vuole ricordare a Costantino l’esempio
di Settimio Severo, sotto la cui guida l’impero conosce momenti sereni animati da una fruttuosa
politica di tolleranza per tutti i culti religiosi. Questo indirizzo di governo non è però frutto di mero
calcolo d’opportunità e convenienze, ha ben solide premesse filosofiche e metafisiche. Nella
seconda metà del terzo secolo l’orientale culto del Sol invictus – il dio Helios – diviene la somma
divinità dei neoplatonici. E’ Helios la mens divina celebrata nell’epigrafe dell’arco, la
manifestazione dell’intelligibile nel sensibile. E’ la mens divina o semplicemente divinitas, a
cancellare le distinzioni, a dare al linguaggio religioso un carattere universale e metafisico e a
sviluppare la tolleranza religiosa.
Durante i tre anni di costruzione dell’arco sono prefetti di Roma Annio Anullino, Aradio Rufino e
Rufio Volusiano, neoplatonici convinti e cultori della teologia solare, personalità con le quali lo
stesso Costantino ha stretti rapporti. E anche tra i senatori, gli altri committenti dell’arco, la
compagine platonica vanta robuste schiere.
Solo entro questa cornice storica e filosofica è possibile decifrare la monumentale ricchezza
semantica dell’arco di Costantino e le sue sottili implicazioni pitagoriche, cosmogoniche e
iniziatiche.
Nel complesso l’arco di Costantino, al di là della sua notevole importanza storica, può essere
considerato un vero e proprio museo della scultura romana ufficiale, forse il più ricco ed importante
di tutti. Alto 24 metri e largo 32 è un rettangolo con diagonale di 40 metri che lo divide in due
triangoli rettangoli con ipotenusa di 40 metri in comune. Tale caratteristica vuole rappresentare la
massima virtù dell’imperatore: la giustizia. Infatti, secondo Pitagora, la giustizia trova il
corrispettivo geometrico nel triangolo rettangolo i cui cateti e l’ipotenusa stanno nel rapporto 3 : 4 :
5. Diceva Pitagora che “la giustizia somiglia a quella figura che è sola in geometria ad avere
illimitate possibilità di composizione di forme che pur essendo disuguali tra loro tuttavia
ammettono un unico procedimento dimostrativo per le loro superfici.”. La giustizia trova pertanto
corrispettivo geometrico nei triangoli rettangoli. La giustizia è la suprema virtù e la suprema
armonia, perché mira all’equilibrio tra le altre virtù e cura che nessuna prevalga in modo unilaterale.
La giustizia nella via iniziatica platonico-pitagorica, è incarnazione individuale e sociale delle leggi
del cosmo. Se l’obiettivo è di raggiungere la mens divina cantata nell’epigrafe, allora la giustizia ne
costituisce la via maestra e informa la stessa ossatura del monumento.
L’arco di Costantino è dunque un ispirato inno architettonico e scultoreo alla giustizia, rivolto al
nuovo imperatore, e ciò basterebbe a renderlo straordinario. Ma ciò che lo rende unico è di indicare
agli iniziati delle cerchie platoniche l’obiettivo supremo di riunire il divino che c’è nell’uomo al
divino che c’è nell’universo.
I bassorilievi che lo arricchiscono risalgono ad epoche antecedenti e sono stati riutilizzati per
richiamare le figure dei “buoni imperatori” del II° secolo (Traiano, Adriano e Marco Aurelio), a cui
viene così assimilata la figura di Costantino a fini propagandistici: all’imperatore, impegnato a
stabilire la legittimità della sua successione di fronte allo sconfitto Massenzio.
I bassorilievi sulle basi delle colonne raffiguranti barbari prigionieri, risalgono al periodo
dell’imperatore Traiano (99-117 d. C.) e si distinguono per la vigorosa e drammatica impostazione e
per la ricchezza di pathos. I quattro tondi sono forse le più notevoli sculture del periodo
dell’imperatore Adriano( 117 – 133 d. C.), e si distinguono per il classicismo soffuso di inquietudini
romantiche. I soprastanti rilievi rettangolari, alti oltre tre metri, provengono probabilmente da un
monumento eretto dall’imperatore Comodo (180-192 d. C.) in onore del padre Marco Aurelio, per
l’incipiente dissoluzione della massa plastica in forme pittoriche; mentre quelli del periodo di
Costantino sono caratterizzati dal linguaggio anticlassico, brutalmente espressivo.
Sui lati dell’arco volti ad est e ovest, tra i due fronti, sono incastonati due tondi a rilievo che
raffigurano il Sol Oriens e la Luna Occidens. Sul lato est il sole s’innalza dal mare sulla sua
quadriga, cioè i solstizi e gli equinozi, preceduto dalla luce; sul lato ovest la luna si appresta a
inabissarsi con la sua biga.
I due fregi volgono la dottrina dei solstizi nell’intonazione solare dominante nell’arco. Il sole
inquadrato sulla diagonale ascendente e la luna, serrata nella diagonale opposta, quella discendente,
rappresentano una sorta di sigillo segreto o di firma dei platonici.
Sotto il tondo del sole, la porta degli immortali, è scolpito il solenne ingresso di Costantino a Roma
e viene consacrato imperatore, sotto quello della Luna, la porta del volgo destinato alla morte, è
scolpito l’ingresso di Costantino a Milano, la città che contende a Roma il soggiorno degli
imperatori.
La dottrina dei solstizi, i poli eterni e discordanti dell’armonia cosmica, le due porte di Giano o dei
due San Giovanni, suggerisce dunque una ulteriore lettura dell’arco. I suoi fronti, posti sull’asse
nord-sud, corrispondenti dunque all’asse zodiacale del Cancro e del Capricorno, i tondi del Sole e
della Luna indicano chiaramente la soglia trionfale che attende chi incarna la giustizia in terra e
compie la Grande Opera.