1. spettrofotometria

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1. spettrofotometria
CORSO DI LAUREA FARMACIA E C.S.F.
ANALISI BIOCHIMICO – CLINICHE
A.A. 2010 – 2011
G.F. CORTELLI
cap. 1
TECNICHE ANALITICHE
PRINCIPALI
A.A 2010 – 2011
G.F. CORTELLI
1
PRINCIPALI TECNICHE ANALITICHE
1. SPETTROFOTOMETRIA
a. di emissione (a fiamma)
b. assorbimento atomico
c. UV e visibile
1 a. Spettrofotometria di emissione (a fiamma)
PRINCIPIO: un corpo solido, portato all’incandescenza per
assorbimento di energia termica o elettrica, emette uno
spettro continuo a diverse lunghezze d’onda.
APPLICAZIONE: fotometri a fiamma per la determinazione
di Na, K, Li … (tale metodo, nella AUTOMAZIONE della
chimica clinica, è stato sostituito da ELETTRODI SPECIFICI e SELETTIVI per i singoli ioni, incorporati in Moduli
separati, ma inseriti nel sistema analitico automatizzato
– MODULI ISE)
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1 a. Spettrofotometria di emissione (a fiamma)
Fotometri a fiamma per la determinazione di metalli alcalini e alcalino terrosi
1 b. Spettrofotometria ad assorbimento atomico
PRINCIPIO: un elemento in un dato stato fisico, può assorbire le stesse radiazioni elettromagnetiche che emetterebbe se, nel medesimo stato, venisse eccitato (Principio
di Kirchof). Il sistema è paragonabile alla Spettrofotometria UV / Visibile, ma con elementi di determinazione e
lettura diversi.
APPLICAZIONE: impiegato per la determinazione di metalli
pesanti (Piombo, Cadmio, Zinco, Selenio …)
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (1)
PRINCIPIO: avvenuta la reazione specifica (enzimatica o
colorimetrica) si forma una soluzione in grado di assorbire (ad una caratteristica lunghezza d’onda) una quantità di luce monocromatica proporzionale alla quantità di
analita presente nel prodotto di reazione. La quantità di
luce assorbita sarà l’indice della concentrazione dell’
analita.
Lo Spettrofotometro è composto da:
- Sorgente luminosa
- Monocromatore (filtri interferenziali o prisma)
- Cuvetta di lettura
- Fotomoltiplicatore o fotocellula
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (2)
Nei moderni Analizzatori automatizzati per la grossa
routine il monocromatore (filtro o prisma) è posto dopo la
cuvetta di lettura, cosicchè
- si possono leggere più lunghezze d’onda comprese tra
340 e 600 nm.
- si possono applicare sistemi di misura in bicromatismo
- si possono calcolare indici di sottrazione per sieri lipemici, itterici o emolitici (modalità LIH)
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile
•
PIATTI REATTIVI E CUVETTE DI REAZIONE
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile
•
AU 5400, OLYMPUS
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (3)
BICROMATISMO: è una tecnica che, impiegando 2 filtri di
lettura (a due lunghezze d’onda diverse, una principale e
una secondaria), può leggere simultaneamente l’assorbimento del campione (prodotto di reazione) e l’assorbimento di eventuali interferenze, dovute per esempio a
torbidità, o presenza di bolle nella cuvetta di reazione, o
variazioni di intensità luminosa … Avverrà allora una
compensazione ed il valore della seconda lettura sarà
sottratto al valore ottenuto con il filtro principale. Teoricamente l’assorbimento letto con il filtro secondario dovrebbe essere pari a zero, ma ciò non avviene, per le
molte variabili a cui è soggetta la lettura di una reazione.
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (4)
/ / / lettura del bianco
reattivo + siero (noise,
rumore di fondo)
[C]
- - - lettura del prodotto
di reazione
___ risultante dopo sottrazione del noise:
valore definitivo (vero)
T (sec) e Pt. di lettura
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (5)
VARIABILI da considerare nella valutazione di un metodo
spettrofotometrico e/o di uno strumento:
- SENSIBILITA’ (dipende dal metodo)
- PRECISIONE (dipende dallo strumento)
- ACCURATEZZA (dipende dal metodo)
- LINEARITA’ (dipende dal metodo)
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (6)
- 1) SENSIBILITA’ : non dipende dallo strumento ma è
legata al metodo ed alla sua capacità di dosare piccole
quantità del componente studiato; NON ha un valore
numerico. Con il termine di LIMITE DI RILEVABILITA’ si
intende la più piccola quantità di sostanza che il metodo
riesce a dosare (cioè a distinguere dal bianco, posto =
allo 0 teorico). Dal punto di vista strumentale può anche
venir definito come un rapporto tra il segnale analitico e il
segnale di fondo (“rumore / noise”).
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (6/1)
- 2) PRECISIONE : è la CONCORDANZA fra i risultati di
una serie di distinte misure, ottenute con lo stesso
metodo su uno stesso campione. Essa dipende dallo
STRUMENTO ed in particolare da:
-
SELEZIONE DELLA LUNGHEZZA D’ ONDA
REGOLAZIONE DELLO “ZERO” DELLO STRUMENTO
TEMPERATURA DI REAZIONE
DISPENSAZIONE DEL CAMPIONE E DEI REATTIVI
…
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (6/2)
-
PRECISIONE: per verificare la precisione di un metodo analitico (o
di uno strumento) si procede alla lettura consecutiva di una serie di
almeno 20 frazioni dello stesso campione, ripetuta in un’unica
seduta analitica e, successivamente, in giornate diverse.
La distribuzione dei risultati ottenuti viene rappresentata
graficamente con una CURVA A CAMPANA detta CURVA DI
GAUSS (o curva degli errori).
Lo “zero” dello strumento viene verificato periodicamente mentre le
altre variabili (lunghezza d’onda, temperatura di reazione, aghi di
dispensazione siero / reattivi, lampada) vengono standardizzate con
tarature sistematiche (con standard specifici) o con controlli periodici
della temperatura, dello stato degli aghi … (MANUTENZIONE)
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (7/1)
- 3) ACCURATEZZA: dipende dalla specificità del metodo:
essa è il grado di concordanza tra il valore medio trovato
e il valore “vero” conosciuto; anche l’accuratezza si riferisce di solito ad una serie di risultati ottenuti in condizioni stabilite e non ad un singolo risultato.
- SPECIFICITA’: non può essere disgiunta dall’accuratezza: essa è la proprietà del metodo di dosare solo ed interamente la sostanza studiata, senza subire interferenze
da parte di altre sostanze presenti nel composto. Se la
specificità non è soddisfacente bisogna cercare un altro
metodo (es. enzimatico anziché colorimetrico …)
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (7/2)
SPECIFICITA’: essa, così come l’accuratezza, può quindi
essere influenzata da molte cause:
-
REATTIVI
STRUMENTI
COMPOSIZIONE DEL CAMPIONE
ANALITI
MANUTENZIONE
…
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (8)
- 4) LINEARITA’:dipende dalla metodica impiegata
e non dalla strumentazione; graficamente essa
viene rappresentata dalla deviazione della
LEGGE DI LAMBERT-BEER per alte concentrazioni di analita nella sostanza in esame.
La legge di L.-B. risulta valida per soluzioni o
diluite, o che comunque siano dentro ad ambiti
adatti di concentrazione, e qualora si usino
radiazioni monocromatiche.
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (9/1)
Tutti i parametri visti possono essere
influenzati da altri fenomeni, che possono
interferire sulla determinazione
indipendentemente dallo strumento o dal
reattivo usato.
Essi sono:
- CARRY OVER
- INTERFERENZE
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (9/2)
- CARRY OVER: si riferisce al dosaggio di uno stesso
analita ed è un fenomeno di TRASCINAMENTO che si
può avere a causa di un ago di campionamento non ben
lavato tra una “dispensazione” e l’altra e che perciò
rimane “inquinato”, oppure quando la cuvette di lettura è
stata precedentemente impiegata per il dosaggio di un
analita a concentrazione molto alta.
SOLUZIONE DEL PROBLEMA: lavaggi prolungati degli
aghi, e manutenzione puntuale dello strumento.
1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (9/3)
- INTERFERENZA: riferito al dosaggio di analiti diversi, si
verifica quando nella stessa cuvetta vengono dosati in
successione, analiti i cui reattivi o le cui sostanze endogene del siero stesso possono dare reazioni interferenti.
SOLUZIONE DEL PROBLEMA: lavaggi prolungati ed
eventuale spostamento dei reattivi di un determinato
analita interferente in una posizione (canale) diversa.
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1 c. Spettrofotometria UV / Visibile (10)
Curva di una reazione
enzimatica (crescente)
cinetica e misurazione
dell’intervallo fra due
punti della reazione (con
bireattivo)
PRINCIPALI TECNICHE ANALITICHE
2. TURBIDIMETRIA
3. NEFELOMETRIA
PRINCIPIO: Il fondamento delle tecniche turbidimetriche e
nefelometriche è la misura della luce assorbita o diffusa da
parte di un sistema eterogeneo quale può essere una soluzione colloidale o un precipitato finemente disperso.
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2.3. TURBIDIMETRIA / NEFELOMETRIA (2)
•
EFFETTO TYNDALL : quando un raggio di luce attraversa un
sistema contenente una fase dispersa, si può avere sia
ASSORBIMENTO di una parte della luce, sia DIFFUSIONE della
luce stessa (per una serie di processi di riflessione, di rifrazione e
di diffrazione).
•
I due fenomeni sono in realtà sempre presenti, ma il loro contributo
risulta molto differente, a secondo delle dimensioni delle particelle
presenti in sospensione.
•
Quando prevale il fenomeno di assorbimento (sospensione di
particelle grandi rispetto la Ȝ usata per la misura) conviene usare
misure turbidimetriche.
-
Quando invece la sospensione è molto fine, è preferibile la misura
nefelometrica.
2.3. TURBIDIMETRIA / NEFELOMETRIA (3)
•
Entrambe le tecniche vengono attualmente usate in chimica clinica,
per rilevare proteine – ANTIGENI: Ag – del siero, che hanno reagito
con ANTICORPI SPECIFICI: Ab formando particelle dello stesso
diametro: Ag – Ab che creano una torbidità nella soluzione finale.
•
Le difficoltà da superare per la standardizzazione della turbidimetria
in chimica clinica erano dovute alle diverse dimensioni delle
particelle, alle diverse lunghezze d’onda (Ȝ) impiegate, ai tempi di
lettura differenti.
•
Con l’alta tecnologia odierna, molti problemi sono stati superati (es.
con aggiunta di colloidi protettori, standardizzazione dei tempi di
lettura, formazione di sospensioni stabili e riproducibili, letture a
lunghezze d’onda attorno a 500 nm …) percui i metodi turbidimetrici
vengono attualmente adottati anche sulla strumentazione
automatizzata della grossa ruotine.
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2.3. TURBIDIMETRIA / NEFELOMETRIA (4)
• TURBIDIMETRIA: per la lettura in turbidimetria è
sufficiente uno spettrofotometro e grazie al progresso
tecnologico oggi è possibile utilizzare questa metodica
anche con la strumentazione automatica per la grossa
routine in chimica clinica; vengono così eseguiti i dosaggi della maggior parte delle proteine.
• NEFELOMETRIA: tale tecnica rimane adatta per la
determinazione di fasi disperse molto fini (effetto Tyndall
apprezzabile) e servono strumenti dedicati; la misura
della luce difratta dalle particelle si esegue ad angolo
retto rispetto alla direzione della luce incidente. Oggidì
solo le proteine più “nobili” vengono eseguite con questa
tecnica (immunoglobuline, aptoglobina …)
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4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (1)
• Si applica per la determinazione di analiti che, dopo una
reazione chimica, formano una sostanza colorata sopra
una striscia reattiva (CHIMICA SECCA O DRY CHEMISTRY) oppure per la lettura di strisce, ove è stata fatta
una separazione di varie fasi, successivamente colorate
(ELETTROFORESI).
PRINCIPIO: si basa sulla variazione dell’intensità
luminosa della luce riflessa (ad una specifica lunghezza
d’onda) da una superficie dove è avvenuta una reazione
chimica.
4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (2)
ESEMPI DI APPLICAZIONE:
- Dosaggio del glucosio in pazienti diabetici
- Dosaggio semiquantitativo per esame chimico urine
- Dosaggio quantitativo di vari analiti nel sangue (Dry
chemistry)
- Determinazione del profilo proteico dopo separazione
elettroforetica
- Determinazione di alcuni analiti presso Studi Medici
- Determinazione di alcuni analiti in Veterinaria
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4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (3)
DRY CHEMISTRY (1)
• Determinazione quantitativa di analiti in Dry Chemistry:
la tecnica (sviluppata dalla Kodak) e adattata a strumentazione di laboratorio per grossa routine viene impiegata
largamente in U.S.A. per l’esecuzione del test al letto del
paziente e per il POINT OF CARE TESTINTG (P.O.C.T.)
• La tecnica si basa su LASTRE a vari strati (5)
• 1) Strato di diffusione: ha una porosità isotropica (con
proprietà fisiche costanti indipendenti dalla direzione) e
serve per distribuire uniformemente il campione sulla
superficie della lastra trattenendo molecole, quali
proteine, lipidi e pigmenti del siero.
4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (4)
DRY CHEMISTRY (2)
• 2) Strato di Reagenti: su di esso sono presenti i reagenti
specifici (completi o parziali) e qui avviene la reazione
(finale o parziale), prima del passaggio alla successiva
membrana.
• 3) Membrana semipermeabile: essa consente il
passaggio del solo prodotto intermedio di reazione.
• 4) Strato indicatore: contiene il reattivo finale che porta al
colore.
• 5) Supporto trasparente: è costituito da una pellicola
trasparente attraverso la quale viene effettuata la lettura
fotometrica (per riflessione).
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4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (5)
DRY CHEMISTRY (3)
• Determinazine semiquantitativa in Dry Chemistry:
• l’applicazione più diffusa è quella delle striscie reattive
per la determinazione dei caratteri chimici delle URINE.
• Procedimento: una goccia di campione (urina) reagisce
su un supporto imbevuto del reattivo specifico; la
colorazione che si forma è letta per riflessione mediante
l’uso di fibre ottiche, mentre l’intensità del colore sarà
proporzionale alla concentrazione dell’analita.
4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (6)
DRY CHEMISTRY (4)
•
•
•
•
•
•
•
•
•
•
Gli analiti dosati (semiquantitativamente) sono:
pH
Emoglobina
Glucosio
Acetone
Proteine
Pigmenti biliari
Urobilinogeno
Nitriti
Peso specifico (in rifrattometria)
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4. SPETTROSCOPIA DI RIFLETTANZA (7)
DRY CHEMISTRY (5)
• Vantaggi della Chimica Secca (Dry Chemistry):
• Più agevole lo smaltimento dei rifiuti (solo solidi)
• Rapidità di esecuzione e di ottenimento del dato analitico
• Svantaggi della Chimica Secca (Dry Chemistry) per le
determinazioni quantitative:
• Poche Ditte sul mercato (Kodak,Dasit), perciò: monopolio
• Rigidità delle calibrazioni, per ogni serie di lastre
• Sistema rigorosamente “chiuso”
5. TECNICHE ELETTROFORETICHE (1)
• PRINCIPIO: si sfrutta la migrazione di macromolecole,
dotate di carica elettrica, poste in un mezzo liquido, sotto
l’influenza di un campo elettrico. In campo biochimico, la
principale applicazione è rappresentata dallo studio
quantitativo o semiquantitativo delle proteine seriche.
• Due sono le principali tecniche usate nei laboratori:
• - ELETTROFORESI ZONALE
• - ELETTROFORESI CAPILLARE
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5. TECNICHE ELETTROFORETICHE (2)
• ELETTROFORESI ZONALE: I componenti sono:
• 1) SUPPORTO SOLIDO INERTE
• 2) DEPOSITORE DEL CAMPIONE
• 3) VASCHETTA DI MIGRAZIONE
• 4) VASCHETTE DI COLORAZIONE
• 5) RIFLETTOMETRO PER LA LETTURA
5. TECNICHE ELETTROFORETICHE (3)
•
SUPPORTO INERTE: deve essere permeabile alla sostanza da
separare e non interferire nella reazione di separazione; può essere:
carta da filtro, gel di amido, acetato di cellulosa, gel di agarosio o di
poliacrilamide.
•
DEPOSITORE DEL CAMPIONE: con questo dispositivo si compie
l’unica operazione non automatizzata dell’intero processo; a seconda
del supporto usato, la quantità di campione varia da 2 a 50 !
•
VASCHETTA DI MIGRAZIONE: contiene la soluzione tampone (a pH
8.6), nella quale vengono immerse le due estremità della striscia.
Viene poi applicata una differenza di potenziale con una tensione
costante di 100 – 300 V, per circa 20’ (per tempi più lunghi: effetto
Joule), per permettere alle proteine di migrare a velocità diversa a
seconda della loro diversità di carica,verso il catodo o verso l’anodo.
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5. TECNICHE ELETTROFORETICHE (4)
• VASCHETTE DI COLORAZIONE: i coloranti possono
essere: amido Schwatz, rosso Ponceau, blue di
bromocresolo, verde di bromofenolo, sudan nero, red oil
(per lipoproteine), reattivo di Schiff (per glicoproteine) …
• RIFLETTOMETRO: prima della lettura, il supporto deve
essere diafanizzato, ponendolo su una lastrina di vetro in
stufa a 40°circa per 20’; poi con il riflettometro si misura
l’assorbanza delle bande colorate tramite un fascio di
luce a lunghezza d’onda (Ȝ) adatta a seconda del
colorante usato e si ottiene un tracciato elettroforetico.
5. TECNICHE ELETTROFORETICHE (5)
ELETTROFORESI ZONALE (classica)
elettrodi
- - - - supporto (es. acetato di cellulosa)
-.-.-.- vaschette con tampone
differenza di potenziale
supporto di acetato di cellulosa
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