LA CARTA DI PETERS «La trasformazione del mondo inizia dalla

Transcript

LA CARTA DI PETERS «La trasformazione del mondo inizia dalla
LA CARTA DI PETERS
«La trasformazione del mondo inizia dalla trasformazione della nostra mente ed il rinnovamento della nostra
mente inizia con la trasformazione delle immagini che introduciamo dentro: le immagini che attacchiamo nei nostri
muri e che portiamo dentro ai nostri cuori».
(Ward Kaiser, Teaching a New World Vision)
«Da cinquemila anni esistono le carte geografiche, e da tremila anni queste carte hanno contribuito a formare
l'immagine che l'uomo ha del mondo. Scienziati, storici, papi, ricercatori, navigatori hanno disegnato delle carte, ma
solo da 400 anni esiste il mestiere di cartografo. Come storico con interessi geografici ho studiato la storia della
cartografia con particolare interesse. Mi resi conto della inadeguatezza delle carte terrestri esistenti che non
favorivano, tra l'altro, la migliore soluzione che sempre sorge quando si trasporta la superficie terrestre su un foglio
piano. La nuova carta, la mia carta, rappresenta in modo egualitario tutti i paesi della Terra...» (A. Peters)
«La Carta di Peters rappresenta, dal punto di vista della visione del mondo, e dunque dell’Africa, un’autentica
rivoluzione copernicana rispetto a quella di Mercatore. Quest’ultima è una proiezione, elaborata nel 1596, a uso di
navigatori e mercanti europei che aspiravano, per necessità o bramosie, a terre lontane foriere di grandi ricchezze.
Quella di Mercatore, però, è una proiezione della Terra che sacrifica di proposito l’esattezza delle superfici a vantaggio
della precisione degli angoli per fornire dati soprattutto relativi alla distanza delle rotte. D’altronde la raffigurazione
cartacea di un “elissoide di rivoluzione schiacciato ai poli” - perché questo è in effetti il nostro pianeta dal punto di vista
della geometria solida - è cosa a dir poco ardua.
Sta di fatto che fu solo nel 1973 che uno storico tedesco, Arno Peters, elaborò una nuova proiezione del nostro
pianeta,criticando la proiezione eurocentrica di Mercatore e creando una riproduzione cartografica in cui i paesi del
mondo sono raffigurati mantenendo i rapporti di superficie. Peters propose, in sostanza, un planisfero ad aree
equivalenti che restituisce alle superfici della Terra la loro corretta proporzione. La carta geografica - è bene
rammentarlo - fornisce una sintesi di informazioni. Per questo motivo non può offrire una rappresentazione fedele della
realtà ma opera una selezione di temi finalizzata agli obiettivi che si prefigge. In questa prospettiva, la proiezione di
Peters, ponendo al centro della carta l’equatore, la linea immaginaria che divide il globo in due parti uguali, rappresenta
un fantastico strumento educativo nella comprensione del rapporto Nord-Sud.
Peters, infatti, è partito proprio dalla centralità dell’equatore per distribuire la proiezione dei territori in una
prospettiva fedele non tanto alle forme quanto alle loro effettive superfici: l’Europa e il Nord del mondo, che nella carta
di Mercatore risultavano più grandi rispetto alla realtà, sono qui rappresentati nella loro giusta proporzione. Questa
visione costituisce un primo passo per intaccare la superiorità riconosciuta all’Europa a partire dal XVI secolo e
rappresenta uno sforzo per costruire relazioni di reciprocità e di interdipendenza tra i Paesi e le culture del mondo.
Nato a Berlino nel 1916, Peters si è spento il primo dicembre del 2002 a Brema. Ciò che egli intese fare, ridisegnando il
mondo con il suo planisfero, va nella direzione del decentramento e dunque la sua mappa rappresenta per certi versi la
Magna Charta dell’educazione alla mondialità. Non dovremmo più guardare più il mondo con gli occhi del nostro
Paese, soleva dire, bensì guardare il nostro Paese con gli occhi del mondo, cominciando, appunto, dalla
rappresentazione cartografica.
In effetti, rivela il professor Antonio Nanni, vicedirettore di Cem mondialità, uno dei massimi esperti
sull’argomento, l’approccio di Peters solo apparentemente è cartografico, in realtà ha invece un orientamento
interdisciplinare oltre che globalistico. Ad esempio, la sua critica alla convenzione, universalmente riconosciuta, che
posiziona il meridiano “zero” per Greenwich, è più che eloquente. Secondo Peters, infatti, questa scelta fu motivata dal
fatto che, nell’epopea coloniale, l’Inghilterra godeva di una posizione di predominio rispetto a molte parti della Terra.
Ma oggi che l’impero di sua Maestà britannica non c’è più, il passaggio del meridiano a Greenwich rimane solo una
significativa cicatrice cartografica e soprattutto la prova di quanto sia difficile cambiare - a cose fatte - certe abitudini
anche quando le condizioni storiche che avevano giustificato determinate scelte non sussistono più.
Per esempio, la nostra Africa, il continente di cui stiamo parlando, essendo compreso tra le linee dei due tropici
- quello del Cancro e quello del Capricorno - nella cartina di Mercatore appare molto più piccola rispetto a quei territori
che sono più a settentrione o a meridione che invece vengono spalmati a dismisura, tendendo verso i poli. Non v’è
dubbio che il tentativo di Peters è indicativo di come sia possibile cambiare le coordinate culturali di una civiltà
tecnologica, quella occidentale, che sembra imporsi come l’unica e indiscutibilmente omologante rispetto al presente e
al futuro.
Non dobbiamo però avere fretta nel pretendere che questa rivoluzione copernicana possa radicalmente
cambiare la testa della gente dal momento che le trasformazioni culturali dell’immaginario collettivo richiedono tempi
lunghi. Dopo tutto Peters disegnò la sua immagine del mondo solo nel 1973, vale a dire oltre trent’anni fa. Se da una
parte è vero che la sua carta è stata criticata in molti modi, prima di tutto per non essere ortomorfica, essendo le sagome
dei continenti totalmente deformate, costituisce comunque una provocazione culturale nei confronti degli eurocentrici o
di chiunque intenda egemonizzare il nostro povero mondo.
A questo proposito mi viene in mente quello che scrisse Mark Monmonier in un suo libro dal titolo How to lie
with maps (Come dire bugie con le carte geografiche) in cui sottolinea come certe rappresentazioni cartografiche siano
una falsificazione della realtà. In effetti possono essere strumenti per trasmettere messaggi geopolitici a dir poco
inquietanti, come lo spostamento di confini o l’ingrandimento di un territorio abitato da un particolare gruppo etnico.
Non è un mistero che le distorsioni cartografiche sono state utilizzate, da non poche cancellerie, per raccontare il mondo
dal punto di vista di coloro che hanno vinto le guerre, il mondo visto dai potenti. Ecco perchè la carta di Peters
dovrebbe essere appesa obbligatoriamente al muro, nell’atrio, nei corridoi o nelle aule delle nostre scuole. In fondo
potrebbe davvero aiutare alunni e docenti a scoprire che meno di un quinto dell’umanità, che tra parentesi saremmo noi
occidentali, vive nell’estrema periferia del Nord della Terra, azzerando così ogni forma di presunzione in un’epoca
come la nostra dove i fautori del crash of civilization (scontro di civiltà), poco importa se terroristi o benpensanti,
vorrebbero farla da padrone.
(…)
Come scrive il saggista, storico della scienza e filosofo Michel Serres, “nessun apprendimento evita il viaggio.
Sotto la direzione di una guida l’educazione spinge all’esterno”. A ciascuno di noi il compito, carta alla mano, di
abbandonare le rotte tradizionali , azzardando nuovi itinerari, rischiando l’incontro con l’altro, l’estraneità, nel villaggio
globale».
(Giulio Albanese, Hic sunt leones. Africa in nero e in bianco, Paoline, Milano 2006, 194-198)
(per informazioni sulla Carta di Peters vedi il sito dell’ASAL www.asalong.org)