REPUBBLICA ITALIANA UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI
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REPUBBLICA ITALIANA UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI
Competenza e giurisdizione civile – Competenza: per valore – Superamento del limite della competenza per valore – Riduzione della domanda in corso di causa – Emendatio libelli – Riconducibilità – Contratti in generale – Conclusione del contratto - Condominio – Contratto preliminare di acquisto – Previsione di patto di esonero del venditore/costruttore dalle spese condominiali per le porzioni immobiliari invendute – Effetti – Insussistenza - Contratto definitivo – Prevalenza - Rif.Leg.artt.1123,1351,1326 cc;artt.5,10,38,184 cpc; Sentenza n.126/06 Pronunziata il 12/05/2006 Depositata il 20/05/2006 REPUBBLICA ITALIANA UFFICIO DEL GIUDICE DI PACE DI MIRANDOLA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Giudice di Pace, nella persona del Dott. ROBERTO GRAZIANI, ha pronunciato la seguente: SENTENZA Nella causa civile iscritta al n° 595/05 RG. dell'Ufficio del Giudice di Pace di Mirandola Promossada Condominio "XX", in persona dell'Amministratrice condominiale Ferrario Silvia, con sede in Mirandola, via Piemonte 57; in proprio e successivamente, in corso di causa, rappresentata e difesa, in forza di separata delega, dall'Avv. Loris Salvato del Foro di Modena ed elettivamente domiciliato nello studio di questi, in Mirandola, via Battisti 53; PARTE ATTRICE CONTRO Cooperativa YY di San Felice sul Panaro scarl, in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in San Felice sul Panaro, Via Campo di Pozzo n. 171, rappresentata e difesa, in virtù di delega a margine della comparsa di costituzione, dall'avv. Eliseo Pini e dall'Avv. Mauro Pini, entrambi del Foro di Modena, con domicilio eletto presso lo studio degli stessi, in Modena, Corso Canalchiaro 65. PARTE CONVENUTA OGGETTO: spese condominiali CONCLUSIONI: Per parte attrice: "Dichiarare , in caso di esito negativo del tentativo di conciliazione , la Cooperativa YY di San Felice sul Panaro scarl, in persona del legale rappresentante pro tempore, a corrispondere, per il titolo di cui alla premessa dell'atto di citazione, la somma di € 2584,81. Con vittoria di spese " Per parte convenuta: "Piaccia all'Ill.mo Giudice di Pace di Mirandola, In via preliminare di rito, dichiarare la propria incompetenza per conoscere della controversia in favore del Tribunale di Modena; Nel merito, respingere la domanda come formulata dal Condominio XX in persona dell'Amministratore poiché infondata; In ogni caso, con vittoria di spese, competenze ed onorari oltre rimborso spese generali e tributi come per legge." SDP Con atto di citazione proposto verbalmente, ex art. 316 cpc, notificato il 10.1.20006, il Condominio "XX" conveniva in giudizio la Cooperativa YY di San Felice s/P scarl, assumendo di essere creditrice della convenuta società costruttrice - proprietaria di tre appartamenti siti nel condominio attoreo - per le spese condominiali relative al periodo 10.6.2005 – 9.6.2006, per importo complessivo di € 2.584,81, come risultante dal bilancio preventivo approvato dall'Assemblea condominiale in data 17.11.2005; chiedeva parte attrice la condanna della soc. convenuta al pagamento della somma suo tempo richiesta, ma non corrisposta dalla soc. convenuta, previa conferma della società convenuta quale debitrice del Condominio; All'udienza del 22.2.2006 compariva personalmente Ferrario Silvia, quale Amministratrice del Condominio "XX", la quale – ottenuta l'autorizzazione a stare in giudizio in proprio, ex art. 82, co. 2°, c.p.c. – confermava la domanda di cui all'atto di citazione. Si costituiva, a mezzo di procuratore, la convenuta Cooperativa YY di San Felice sul Panaro scarl, chiedendo il rigetto della domanda attorea, altresì formulando, in via pregiudiziale, eccezione di incompetenza per valore del Giudice adito. Parte attrice dichiarava di contenere la domanda nei limiti della competenza per valore del Giudice adito, altresì chiedendo ed ottenendo autorizzazione al deposito di rogito del 22.7.2005 (doc 6 – parte attrice). Avendo parte attrice dichiarato – come risulta nel verbale di udienza del 22.2.2006 - di non contestare le circostanze di cui al cap. 2 (esistenza di convenzione, con otto acquirenti di altrettante porzioni immobiliare, di esonero dal pagamento delle spese condominiali afferenti a tre unità immobiliari non ancora vendute e non occupate) e al cap. 4 (mancata utilizzazione di tre unità immobiliari invendute), della comparsa di risposta, parte convenuta dichiarava di rinunciare al richiesto interrogatorio formale dei condomini Zappavigna Mirella, Forte Giuseppe, Triggiani Vittorio, altresì alla prova testimoniale di Guicciardi Marco, sui capitoli stessi. Dichiarata chiusa l'istruttoria , su invito del Giudice le parti precisavano le conclusioni. Il Giudice fissava l'udienza conclusiva, assegnando alle parti termine per il deposito di scritti finali. In data 30.3.2006 si costituiva l'avv. Loris Salvato, quale procuratore e difensore del Condominio "XX", depositando memoria difensiva presso la Cancelleria dell'intestato Ufficio. Veniva fissata udienza conclusiva ed autorizzate le parti al deposito di scritti finali. All'udienza del 10.4.2006 i proc. delle parti discutevano la causa, la quale veniva trattenuta in decisione. MDD La domanda di parte attrice Condominio "XX" è fondata e merita di essere accolta. Preliminarmente, in ordine alla eccezione di incompetenza per valore del Giudice adito, sollevata dalla soc. convenuta, detta eccezione deve essere respinta, poiché infondata, avendo parte attrice, in prima udienza, dichiarato “…di contenere la domanda nel limite della competenza per valore del Giudice adito” (verbale di udienza del 10.4.2006), per tal modo riducendo a € 2582,28 il petitum originario dell'atto introduttivo, per importo di € 2.584,81. Ritiene parte convenuta, evocando risalente giurisprudenza di legittimità, che la riduzione della domanda in corso di causa, non sia idonea a ricondurre nell'ambito della competenza per valore giudice adito, la domanda originariamente eccedente (ex plurimis: Cass. 28.6.1986, n. 4319; Cass. 1.12.1993, n. 11891). Con recente indirizzo - che il Giudicante condivide e fa proprio - la Suprema Corte a ritenuto che la "dichiarazione di contenimento" abbia natura di emendatio libelli, idonea a determinare effetti sulla competenza. Al riguardo la Suprema Corte ha affermato il seguente principio: "Ai fini della determinazione del valore della causa il giudice deve anche tenere conto, per una esigenza di economia processuale, delle modifiche e riduzioni della domanda ritualmente introdotte dall'attore nel corso del giudizio, quando queste riconducano la controversia nell'ambito della sua competenza, non ostandovi né il principio generale dell'art. 10 c.p.c., che, pur legando la determinazione del valore della causa alla domanda originaria, nulla dispone sugli effetti dei successivi mutamenti di questa domanda, né il principio dell'art. 5 dello stesso codice (la giurisdizione e la competenza si determina con riguardo allo stato di fatto esistente al momento della domanda), che si riferisce solo a quelle situazioni extraprocessuali che la legge assume come fatti determinativi della competenza o della giurisdizione e non anche a quegli elementi intrinseci della domanda, né, infine, il principio della rilevabilità di ufficio della incompetenza per valore nel corso del giudizio di primo grado (art. 38 c.p.c.) che non implica affatto la necessità che il giudice declini la competenza su una domanda che, prima della decisione, sia stata ricondotta nei limiti della competenza del giudice adito e che solo a questo potrebbe, quindi, essere riproposta" (Cass. civ., sez. II, 21/05/1993, n.5779). Ancora sul punto la Suprema Corte ha così precisato: "...deve ritenersi invece che la riduzione della domanda nei limiti della competenza per valore del giudice adito da parte dell'attore è idonea a rendere competente il giudice inizialmente incompetente. La tesi opposta si pone nell'ambito di un costante orientamento di questa Corte che identifica nell'art. 5 c.p.c. la norma che consentirebbe di escludere ogni rilevanza, ai fini della competenza, della successiva riduzione della domanda da parte dell'attore (cfr. sent. 18 febbraio 1975, n. 6431; 28 giugno 1986, n. 4319). Senonché tale ragionamento non convince. Infatti la irrilevanza, ai fini della determinazione della competenza, dei mutamenti che sopravvengono nel corso del processo dopo la proposizione della domanda, sancita dall'art. 5 c.p.c., riguarda soltanto lo "stato di fatto" con il quale devono intendersi quelle situazioni soggettive extraprocessuali che la legge assume come fatti determinativi della competenza e della giurisdizione, quali ad esempio il domicilio, la residenza, la dimora, la sede delle persone giuridiche, il tributo diretto verso lo Stato, la cittadinanza e così via. La disposizione quindi non trova applicazione quando la giurisdizione e la competenza sono determinate in base ad elementi intrinseci alla domanda, che non hanno nulla a che vedere con la situazione di fatto esistente al momento della proposizione della domanda. Norma specifica, invece, perla determinazione della competenza per valore è l'art. 10 c.p.c., il quale, è vero che fa riferimento alla domanda giudiziale ai fini della determinazione delle competenza, ma, a differenza di quanto previsto dall'art. 5 c.p.c. per i successivi mutamenti dello stato di fatto, nulla prevede per quanto attiene agli eventuali mutamenti che intervengono nel corso del giudizio. Tenuto conto quindi del dato letterale nella formulazione dell'art. 10 c.p.c. e della stessa "ratio" dell'art. 5 c.p.c., sottesa, nella disciplina della materia, ad un evidente principio di economia processuale, non si vede perché in mancanza di un ostacolo formale, non si debba riconoscere la stessa esigenza di economia processuale quando la competenza per valore del giudice adito, inizialmente mancante, venga ad esistere in corso di causa a seguito della riduzione della domanda da parte dell'attore. Tale conclusione non trova ostacolo nel sistema. La riduzione della domanda rientra nell'ambito dell'art. 184 c.p.c., essendo chiaramente riconducibile al concetto di "emendatio libelli" consentita sino all'udienza di precisazione delle conclusioni. Egualmente, sul piano sistematico, la possibilità di sanare l'incompetenza per valore nel corso del processo non è inconciliabile con la disposizione dell'art. 38, secondo comma, c.p.c. che prevede la rilevabilità d'ufficio di tale tipo di incompetenza, in quanto sarebbe del tutto irrazionale che, nel momento in cui il giudice adito si accinge a pronunciarsi sulla propria competenza, la declinasse in presenza di una domanda che - con determinazione irrevocabile - è stata ricondotta nei suoi limiti e che non troverebbe ormai un giudice altrove". Per le considerazioni svolte, l'eccezione di parte convenuta deve essere respinta, stante che parte attrice ha ridotto il petitum nel limite della competenza per valore del Giudice adito; conseguentemente questo Giudicante deve dichiarare la propria competenza a conoscere e a decidere della domanda proposta dal Condominio "XX" nei confronti della "Cooperativa YY di San Felice s/P scarl ". Sulla base di detta "dichiarazione di contenimento", la somma indicata nella memoria conclusiva per importo nella di € 2584,81, invece che € 2582,28, deve ritenersi mero errore materiale, atteso che la difesa di parte attrice ha evidenziato, anche con riguardo all'interesse di questa, l'intenzione di mantenere ferma la "dichiarazione di contenimento" manifestata dalla parte stessa. Nel merito parte attrice ha provato il proprio assunto. Come accertato in istruttoria, il complesso immobiliare - composto da diverse unità abitative e costituente il Condominio "XX" - è stato edificato dalla soc. costruttrice, odierna convenuta, nel corso del 2002; negli anni successivi la soc. costruttrice ha venduto otto appartamenti, convenendo, con i rispettivi promittenti acquirenti, la propria esclusione dal pagamento delle spese condominiali in ordine “alle quote afferenti le porzioni immobiliari non ancora vendute e non occupate" (comparsa di costituzione – parte convenuta). Chiede la soc. convenuta che – riconosciuta la validità ed efficacia del patto di esonero stipulato a suo tempo, sia rigettata la domanda del Condominio, volta ad ottenere il pagamento delle quote condominiali, come richieste, afferenti a tre appartamenti rimasti invenduti , costituenti parte del condominio attoreo. Il patto evocato da parte convenuta risulta indicato all'art. 2 , comma 2.1, parte seconda del PRELIMINARE DI VENDITA, stipulato fra la soc. convenuta, promittente venditore, e Zappavigna Mirella, promittente acquirente, ove è stabilito: "Il promittente venditore inoltre, in deroga degli articoli 1123 e seg. del C.C., è espressamente esonerato dal pagamento delle spese condominiali relativamente alle porzioni immobiliari non ancora vendute e non occupate, con riferimento al periodo di tempo in cui dette porzioni rimangono nelle condizioni indicate" ( doc. 1 – pag. 3 - parte convenuta ). Parte convenuta non ha prodotto i relativi rogiti di acquisto, conclusi fra le parti, né il regolamento contrattuale o condominiale; sicché deve ritenersi inefficace clausola di esonero, poiché la clausola stessa non risulta confermata in detti atti. Deduce il Giudicante l'inesistenza del regolamento contrattuale, atteso che, con delibera n. 2 del 17.11.2005, è stato approvato il Regolamento del Condominio attoreo (doc. 1 – parte attrice). Fa correttamente rilevare parte attrice che il rogito dalla stessa depositato: "non fa alcun riferimento al regolamento contrattuale! Con il rogito ciascun acquirente (sarebbe assurdo il contrario) si è obbligato (ex lege) al pagamento delle spese condominiali in base ai rispettivi millesimi di proprietà (rogito Ascari Evaristo e Tonini Mirella del 22.7.2005). Nell'atto notarile di compravendita indicato, infatti, non vi è alcun richiamo ad oneri di sorta gravanti sulle rispettive porzioni immobiliari a vantaggio di altri proprietari. In tema di rapporto fra contratto preliminare e contratto definitivo, la Suprema Corte ha ritenuto il definitivo unica fonte delle obbligazioni e dei diritti inerenti al negozio voluto dalle parti, affermando l'ammissibilità di modalità e condizioni del contratto definitivo difformi da quelle previste nel preliminare (ex piurimis: n. 6402/1994; n. 10210/1994; n. 4354/1998). Al riguardo il Giudice di legittimità ha enunciato il seguente principio: "L'elemento distintivo tra contratto definitivo e contratto preliminare di vendita è dato dalla volontà delle parti, che nel contratto definitivo è rivolta direttamente al trasferimento della proprietà o di altro diritto, mentre nel contratto preliminare fa dipendere tale trasferimento da una futura manifestazione di consenso che gli stessi contraenti si obbligano a prestare. Ne consegue che, allorché le parti, dopo aver stipulato un contratto preliminare, siano poi addivenute alla stipulazione di un contratto definitivo, quest'ultimo costituisce l'unica fonte dei diritti e delle obbligazioni inerenti al particolare negozio voluto, in quanto il contratto preliminare, determinando soltanto l'obbligo reciproco della stipulazione del contratto definitivo, resta superato da questo, la cui disciplina, con riguardo alle modalità e condizioni, può anche non conformarsi a quella del preliminare, senza che per ciò sia necessario un distinto accordo novativo. A tale stregua, in sede di interpretazione del contratto definitivo, non vi è alcun obbligo per il giudice del merito di valutare il comportamento delle parti ex art. 1362, secondo comma, cod. civ., e di prendere in considerazione il testo del contratto preliminare (Nel caso, la S.C., nel fare applicazione del suindicato principio con particolare riferimento all'individuazione del contenuto del rapporto stipulato dalle parti, ha osservato che in sede di stipulazione del preliminare le parti possono anche determinare un oggetto più ampio di quello successivamente trasfuso nel contratto definitivo, senza che ciò tuttavia assuma alcuna rilevanza ai fini dell'identificazione del contenuto delle determinazioni definitive) ( Cass. , Sez. 2, n. 5635 del 18.4.2002). Osserva inoltre il Giudicante che, a seguito del contratto preliminare di vendita, caratterizzato dalla mancanza dell'effetto traslativo, i promittenti acquirenti indicati da parte convenuta non avevano la qualità di condomini; sicché non trova applicazione patto di esonero evocato, che ha come presupposto l'assunzione di detta qualità, conseguente all'avvenuto trasferimento della proprietà del bene. Sul punto la Suprema Corte ha enunciato il seguente principio: "L'obbligazione in base alla quale ciascuno dei condomini è tenuto a contribuire alle spese per la conservazione e manutenzione delle parti comuni dell'edificio è "propter rem", essendo strettamente connessa alla contitolarità del diritto di proprietà che i partecipanti alla comunione hanno su di esse, con la conseguenza che deve presumersi l'efficacia reale anche della clausola del regolamento di condominio, di natura contrattuale, con cui la singola unità immobiliare venga esonerata, in tutto o in parte, dal contributo nelle spese stesse - salvo che dalla clausola non risulti la inequivoca volontà di concedere l'esenzione solo a colui che, in un determinato momento, sia proprietario del bene - e deve quindi ritenersi che detta clausola sia operante anche a favore dei successori, a titolo universale o particolare, del condomino in favore del quale l'esenzione era stata prevista"( Cass. sez. 2, n. 6844 del 16.12.1988). Si rileva, infine, come non risulta in atti che parte convenuta abbia impugnato la delibera n. 4 del 17.11.2005 - assunta dal Condominio con il voto unanime dei presenti, in assenza della soc. convenuta - con la quale sono state poste a carico della soc. convenuta stessa le spese condominiali dedotte. Sicché deve ritenersi che parte convenuta abbia - a suo tempo - manifestato acquiescenza in ordine alla richiesta dell'Assemblea condominiale. In base alle considerazioni sopra esposte e alla giurisprudenza richiamata, deve concludersi che il patto di esclusione, evocato da parte convenuta, sia privo di effetto; conseguentemente deve accogliersi la domanda di parte attrice e condannarsi parte convenuta al pagamento delle spese condominiali, come richieste. Le spese di giudizio, come liquidate in dispositivo, devono essere poste a carico della soc. convenuta, in base al principio della soccombenza. PQM Il Giudice di Pace di Mirandola, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione respinta, definitivamente decidendo sulla domanda del Condominio "XX", proposta nei confronti della "Cooperativa YY di San Felice s/P scarl, con atto di citazione notificato il 10.1.20006; visto gli artt. 10, 14,16 e 17 c.p.c.; dichiara la propria competenza a decidere della domanda stessa; visti gli artt. 1123 e 1138 c.c.; ritenuta fondata in fatto e in diritto al domanda di parte attrice, il Condominio "XX", accoglie la domanda stessa e per l'effetto ordina alla convenuta "Cooperativa YY di San Felice s/P scarl", di corrispondere in favore del Condominio "XX", a titolo di spese condominiali, la somma di € 2582,28, oltre agli interessi, in misura legale, dalla data di messa in mora al saldo, e alle spese di giudizio, che si liquidano nella complessiva somma di € 1.135,00, di cui, €. 20,00 per spese, € 475,00 per diritti, € 640,00 per onorario, oltre al rimb. forf. spese gen., iva e cpa, di legge. Così deciso in Mirandola il 12.5.2006 IL GIUDICE DI PACE Dr. Roberto Graziani Depositata in Cancelleria il 20.5.2006 pubblicata il 31/05/2006