Né purismo né lassismo, ma la semplice
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Né purismo né lassismo, ma la semplice
n. 1/2, gennaio/febbraio 2012 Il professor Rosario Coluccia “Accademico della Crusca” «Né purismo né lassismo, ma la semplice consapevolezza dell’uso della lingua» ha deciso il Collegio dell’Accademia con un metodo semplice, secco, dire o: la cooptazione. Ebbene la buona no zia è che, nel corso della nostra intervista su questo bel risultato peraltro dotato di un paio di ‘record’ (non si vedeva un pugliese nell’Accademia dai tempi del cerignolese Nicola Zingarelli, nel ’23, e a oggi Coluccia è l’unico Accademico che insegni in un’Università meridionale), il professore non m’ha rimproverato di nulla. Mi sono però fa a l’idea che sia stato semplicemente perché ho deciso che tu i miei gra acapi potevano u lmente diventare altre ante domande. Pensare di intervistare un “Accademico della Crusca” può dare qualche gra acapo: mentre ragioni sulle possibili domande da porgli chiedi se, pur nel convincimento d’aver maturato una certa consapevolezza nell’uso dell’italiano, finirai comun- que per dire qualcosa che lo farà rabbrividire e che solo per cortesia non rimprovererà. Rosario Coluccia, preside della Facoltà di Le ere e filosofia della nostra Università, è stato nominato “Accademico della Crusca” il 12 dicembre scorso. Lo 8 Preside, nella Crusca era già “socio corrispondente”. Come dev’essere interpretata questa nomina? La successiva tappa di un percorso già scri o? «No, non c’è alcun automa smo. Il Collegio dell’Accademia non si muove sulla base di candidature o auto-candidature o schemi di “carriera” o considerazione del percorso accademico o dell’età anagrafica, ma sceglie dopo aver valutato l’a vità scien fica degli studiosi. Rispe o a quand’ero “corrisponden- n. 1/2, gennaio/febbraio 2012 te”, la differenza è che adesso posso partecipare anche alle decisioni che riguardano la vita dell’Accademia». Parliamone. Abbiamo corso un grosso rischio, vero? Mi riferisco ai finanziamen pubblici. «Sì, la stessa sopravvivenza dell’Accademia era in pericolo. È finita bene: nell’ul ma Finanziaria si è stabilito di des nare un finanziamento ordinario con nua vo all’Accademia dei Lincei e all’Accademia della Crusca. Una decisione forte, molto significa va, perché dà l’idea di una precisa strategia poli co-culturale, in un momento in cui tu siamo chiama a costruire un futuro meno incerto senza sprecare neppure un centesimo. Ques fondi ci consentono finalmente di programmare un’a vità stabile e duratura, oltre a garan re le spese fisse: personale e patrimonio librario». Che cosa significa essere “Accademico della Crusca” esa amente? Qual è la vostra a vità? «Prima di tu o si pubblicano tre importan riviste (Studi di filologia italiana, Studi di gramma ca italiana e Studi di lessicografia italiana, ndr), ma sopra u o si fornisce un servizio di consulenza linguis ca. Facciamo una breve premessa storica. Per nostra fortuna, da cinquant’anni a questa parte siamo un popolo italofono, abbiamo cioè raggiunto l’unita linguis ca: tu parliamo italiano, e questo ci consente di sen rci parte di uno stesso tessuto sociale. Sono stato di recente al Quirinale, assieme ad altri linguis , e il Presidente Napolitano in quell’occasione ha voluto so olineare proprio la capacità della lingua italiana d’essere fa ore fondante della nostra iden tà nazionale. Cinquant’anni fa eravamo in una situazione molto diversa. Niente contro i diale , ma non possono servire per tu e le esigenze comunica ve di una società complessa. Ecco, tornando alla domanda, il nostro lavoro consiste nello sciogliere le incertezze negli usi linguis ci. Il nostro obie vo finale, anche civile, è fornire gli strumen perché si parli e si scriva l’italiano in modo diverso a seconda delle circostanze, educare a un uso consapevole e ‘variato’ della lingua». A questa consapevolezza pensavo preparando questa intervista. Mi dice chi ha questo compito “educavo”? La scuola, l’Università? «La scuola, l’Università e chiunque abbia mansioni di responsabilità linguis ca, per esempio i giornalis (touché, ndr). Tu , parlan e scriven , devono poter aspirare a un uso della lingua che vari a seconda delle circostanze in cui si comunica, si parla o si scrive. La regola è apparentemente semplice: nessuna concessione al lassismo e nessun vagheggiamento del purismo. Un esempio. La preposizione “a” è diversa dalla terza persona verbale Rosario Coluccia è ordinario di “Storia della lingua italiana” (L FIL LET 12 – “Linguistica italiana”) e Preside della Facoltà di Lettere e Filosofia all’Università del Salento; in questo Ateneo ha anche ricoperto altri incarichi istituzionali: Direttore del Dipartimento di Filologia, Linguistica e Letteratura (1998-2003), Delegato del Rettore per il Diritto allo studio (1996-2001) e per la ricerca scientifica (2002-2004), Prorettore (2005-2007). Fa parte della direzione di “Medioevo Letterario d’Italia” (Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Roma-Pisa), del Comitato Scientifico del “Bollettino dell’Atlante Lessicale degli Antichi volgari d’Italia” (Istituti Editoriali e Poligrafici Internazionali, Roma-Pisa) e del Comitato Scientifico di “Bollettino Linguistico Campano” (Liguori, Napoli). Dall’ottobre 2005 al dicembre 2008 è stato Presidente Nazionale della Associazione per la Storia della Lingua Italiana (ASLI, Firenze); dall’ottobre 2006 all’ottobre 2010 è stato Segretario della Società Internazionale di Linguistica e Filologia Italiana (SILFI). È socio del Centro di Studi Filologici e Linguistici Siciliani (Palermo). È stato coordinatore nazionale dei PRIN 2000 e 2002 su “Corpora linguistico-testuali italiani on-line [1/2]” (CLIO [1/2]) cui hanno partecipato le università di Lecce, della Basilicata, di Catania, di Milano e di Roma “La Sapienza”, del PRIN 2005 su “Censimento, Archivio e Studio dei Volgarizzamenti Italiani” (CASVI) cui hanno partecipato le università di Lecce, della Basilicata, di Catania, di Pisa (Scuola Normale Superiore) e di Torino, del PRIN 2007 su “Studio, Archivio e Lessico dei Volgarizzamenti Italiani” (SALVIt) cui hanno partecipato le università del Salento (Lecce), di Catania, di Napoli (L’Orientale), di Pisa (Scuola Normale Superiore) e di Salerno. È revisore del Lessico Etimologico Italiano (Universität des Saarlandes, Saarbrücken) e revisore del Dictionnaire Étymologique des Langues Romanes (ATILF-Université/CNRS, Nancy). È valutatore di progetti PRIN, FIRB e FNS (Fonds national suisse de la recherche scientifique). È autore di oltre cento pubblicazioni scientifiche. Si è occupato della tradizione lirica dei primi secoli, di storia linguistica dell’Italia meridionale, del rapporto dialetto~lingua nella storia linguistica antica e recente, di formazione delle koiné scrittorie e del sistema interpuntivo e grafico italiano, di lessicografia italiana e dialettale, di questioni linguistiche dell’Italia contemporanea. Ha pubblicato per i Meridiani di Mondadori la prima edizione critica e commentata dei Poeti siculo-toscani. 9 n. 1/2, gennaio/febbraio 2012 “ha”, su questo non si può derogare, non si possono tollerare errori nello scri o. Ma se in un sms scriviamo “x” in luogo di “per” può andar bene, è importante che non lo si ripeta in un tema, in una tesi, in una relazione per un seminario». L’italiano è una lingua viva. «Straordinariamente, come è straordinaria la nostra tradizione. Le eratura, musica, cucina e gastronomia, moda, cultura in generale: l’Italia è molto amata e ricercata all’estero. Cinquanto o milioni di persone parlano italiano nel nostro Paese e mol altri milioni nel resto del mondo. In più l’Italia è percepita come una terra gradevole, con un importante patrimonio ar s co e un popolo accogliente». La lingua si è evoluta anche in un altro senso: ci sono parole che si u lizzano oggi più di qualche anno fa, e magari in modo errato. Mi viene in mente “assolutamente”. Che ne pensa? «Confermo. Occorre prestare molta a enzione all’uso delle parole, evitare di ricorrere a stereo pi. Ci si appoggia a certe parole come fossero stampelle buone per ogni percorso. Crediamo in questo modo La Crusca si occupa di “conoscenza storica della lingua” e “conoscenza cri ca dell’a uale evoluzione della lingua”. Par amo da questo, perché lo scenario che ha appena descri o mi fa venire in mente una parola forse abusata: contaminazione. Da mol anni uno dei suoi ‘tormentoni’ è l’uso dei fores erismi o sbaglio? (sorride, ndr) «Non esistono lingue pure, ma è inu le ricorrere a un fores erismo se c’è una valida parola italiana che possiamo usare. Quando una parola straniera è inu le, è inu le: perché dire drink invece di bevanda? O mee ng invece di incontro? E così via. Noi invece abusiamo dei fores erismi. Guardiamo come si comportano grandi Paesi europei a noi vicini (Francia, Spagna, Germania) e cerchiamo d’essere meno arrendevoli verso le mode fores ere, quindi meno provinciali: certe volte, usando fores erismi inu li, facciamo solo ridere. Non si tra a di chiudersi, ma di mantenere salda la propria iden tà». 10 di arricchire la lingua ma in realtà ne facciamo un uso povero, ripe vo: quante volte in ques giorni sen amo dire (e leggiamo) che “l’Italia (o Roma, o il Molise, eccetera) è nella morsa del gelo”? Non sappiamo usare un’espressione meno trita? E poi ci sono gli eufemismi, forme di rispe o linguis co che hanno una matrice ideologica. In genere sono parole che si riferiscono a vita, morte, sesso, dife fisici, i nostri tabù: “è n. 1/2, gennaio/febbraio 2012 andato nel mondo dei più”, “mi vedo con quella ragazza”, “è un non vedente”, eccetera. Ma a volte esageriamo con la prudenza. Un esempio per tut: arriveremo a dire “non chiomato” per non dire “calvo”, “non mas cante” per non dire “sdentato”, per non correre il rischio di offendere chi non ha i capelli o non ha i den ?». Sarebbe ridicolo, credo. Qual è il suo giudizio sull’italiano dei giovani universitari? «Una volta i modelli erano pochi e fissi. Alle Elementari avevamo Pinocchio e il Libro Cuore, l’italiano si imparava quasi esclusivamente sui tes scolas ci. Oggi è enorme, pervasiva, l’influenza della tv, delle chat, di internet. Che dovremmo fare allora? Rinunciare alla nostra azione? No, non dobbiamo rinunciare alla nostra missione. Non ho mori a definirla così: è la nostra missione opera va educare a un uso consapevole e variato della lingua. Certo, non è semplice, ma perché lo studio dovrebbe esserlo? Usare le nostre risorse cerebrali richiede fa ca, allenamento, ma ne vale la pena. Bisogna lavorarci». Nei mesi scorsi la Società Dante Alighieri ha promosso la campagna “Ado a una parola”, che ha avuto molto successo. Quale parola adotterebbe? «Voglio indicarne due, fa ca e prospe va. La prima per quello che ci siamo de poco fa, la seconda perché vedo per i ragazzi un futuro molto incerto. Una volta sapevamo che con l’impegno saremmo sta premia . Oggi non è più così. Il mio in un certo senso è stato un percorso fortunato, perciò mi piacerebbe che la parola prospe va tornasse a riguardare davvero la vita di tu ». Loredana De Vi s Il professor Loris Sturlese nominato presidente della commissione per il “Corpus Philosophorum Medii Aevi” Il Consiglio direttivo dell’Unione Accademica Nazionale ha nominato il professor Loris Sturlese presidente della Commissione per il “Corpus philosophorum medii aevi”, l’impresa editoriale e di ricerca più rilevante nel campo della medievistica filosofica italiana. L’Unione Accademica Nazionale, che ha sede in villa Farnesina presso l’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma, è l’organismo di coordinamento delle attività delle undici più importanti Accademie italiane, fra le quali i Lincei, l’Accademia delle Scienze di Torino e l’Accademia della Crusca di Firenze. La prestigiosa nomina costituisce un importante riconoscimento per il professor Loris Sturlese, direttore della Scuola Superiore ISUFI dell’Università del Salento, e per il suo gruppo di ricerca presso il Dipartimento di Filologia classica e scienze filosofiche, da tempo impegnato in un ampio programma di collaborazione internazionale nel campo delle edizioni di inediti filosofici medievali. 11