La lingua italiana è in tutto il mondo di Michele
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La lingua italiana è in tutto il mondo di Michele
La Rivista Internazionali di Michele Caracciolo di Brienza La lingua italiana è in tutto il mondo L’eccellenza della cultura italiana non coincide con la diffusione della nostra lingua. In tutto il mondo però l’arte, la musica, la gastronomia, la moda e il commercio hanno moltissimi vocaboli che arrivano dall’Italia. L’Italia è arrivata tardi all’unificazione, ma rapidamente e ciò dimostra le fondamenta solide di una civiltà antica che è stata vista a lungo come un riferimento. L’Accademia della Crusca è stata fondata a Firenze nel 1582 e ha sempre operato per promuovere l’uso corretto della lingua italiana. L’opera di riferimento rimane il primo Vocabolario pubblicato dall’Accademia nel 1612 e diffuso nelle classi colte del nascente stato unitario dopo cinque edizioni. Manzoni, Tommaseo, Gioberti, Leopardi, Carducci e altri furono membri dell’Accademia e la nostra lingua in centocinquant’anni di vita di stato unitario si è trasformata da lingua elitaria in lingua della maggioranza degli italiani, anche grazie alle opere dei suoi membri. Italiano per il mondo. Banca, commerci, cultura, arti, tradizioni è un volume a cura di Giada Mattarucco. Questo bel libro recentemente pubblicato dall’Accademia della Crusca raccoglie i contributi di vari studiosi della lingua italiana di altissimo livello sull’influenza dell’italiano nelle altre lingue. L’introduzione è di Nicoletta Maraschio e Francesco Sabatini (Presidente e Presidente onorario dell’Accademia) e la pubblicazione è stata sostenute da FeBAF - Federazione Banche Assicurazioni Finanza. Il volume è stato presentato con la collaborazione di ABI (Federico Pascucci), DEXIA Crediop (Daniela Condò) e FeBAF (Gianfrancesco Rizzuti) presso la Biblioteca del Quirinale (diretta da Lucrezia Ruggi d’Aragona) lo scorso aprile. Questo lavoro, corredato da un impianto iconografico molto ricco, arriva dopo la ricerca dell’accademico Harro Stammerjohann intitolato Dizionario di italianismi in francese, inglese, tedesco (Firenze, Accademia della Crusca, 2008). Dalle innovazioni della tecnica bancaria nel Rinascimento con parole come capitale, rischio, polizza, lettera di cambio e altre il gergo economico-finanziario della Toscana assume un ruolo di orientamento per le altre lingue. Questo vale anche in altri ambiti: “Dovunque si formano le scienze o le arti o qualunque disciplina, quivi se ne creano i vocaboli. Se noi italiani non volevamo usar parole straniere nella filosofia moderna, dovevamo formala noi. Quelle discipline che noi abbiamo formate (p.e. l’architettura) hanno i nostri vocaboli anche presso le altre nazioni” dallo Zibaldone, 89 giugno 1820. Parapetto, cittadella, casamatta, eccetera sono solo alcuni esempi nell’architettura. E dove lasciare la musica? Pensiamo al mondo del bel canto. L’opera lirica è imbevuta della nostra magnifica lingua. Le indicazioni agli strumentisti per l’interpretazione dei brani come Allegro, Adagio, Fortissimo e altre non possono che renderci orgogliosi del contributo della nostra nazione al mondo della musica e non solo. Nella pittura sono moltissime le parole italiane diffuse nelle altre lingue: affresco, chiaroscuro, acquerello sempre solo per citarne alcune. Grazie all’emigrazione nel XIX e XX secolo la lingua italiana, sovente il dialetto, s’è assicurata una circolazione internazionale in una forma distante dall’antica lingua poetica, visto che la lingua parlata e pratica degli emigranti si stava affrancando. L’emigrazione di allora aveva i calli alle mani dovuti al duro lavoro e alla povertà. Questi italiani meno colti, ma che tanto hanno contributo al progresso dei paesi di accoglienza, hanno saputo portare il loro contributo al linguaggio del mondo. Sapendo questo non sorprende la scelta di Luchino Visconti di far recitare gli attori nei vari dialetti regionali nella messa in scena a Roma nel 1949 dell’opera di Tennessee Williams Un tram che si chiama Desiderio. Il periodo d’oro del cinema italiano ha imposto il radicamento di alcune parole italiane all’estero. Pensiamo solo a La Dolce Vita di Federico Fellini. Alcuni marchi italiani poi hanno portato parole della nostra lingua nel mondo. Non perdiamo di vista i marchionimi, ovvero quei marchi che coincidono con il cognome del fondatore dell’impresa. Borsalino è diventato un nome comune anche in Francia e in Germania. In varie città d’Europa e del mondo ci sono le vetrine di Bulgari, Giorgio Armani, Valentino, Rocco Barocco, Dolce & Gabbana, Ermenegildo Zegna e altri. In conclusione, la forza dell’artigianato italiano e dell’agroalimentare ha ovviamente una ricaduta sulla presenza di vocaboli italiani in giro per il mondo. Anche in questo caso vi sono sia prodotti sia nomi di aziende che vengono comunicati: Barilla, Buitoni, De Cecco, Parmigiano, pasta, spaghetti, lasagne, panino e panettone. Anche se l’italiano oggi non è studiato e non è diffuso tanto quanto l’inglese, resta una lingua di grande attrattiva per chi ama il nostro paese e la sua cultura antichissima. Il successo di alcuni settori merceologici non fa altro che comunicare agli altri il modo in cui noi chiamiamo le cose e come le facciamo: lo stile è nostro. giugno 2013 La Rivista - 13