Il non senso di un filo per terra (Colapinto)

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Il non senso di un filo per terra (Colapinto)
RADICI E ALI
Metodologia Pedagogia dei Genitori
CONVEGNO NAZIONALE
11 – 12 DICEMBRE 2015
TORINO Liceo Classico D’Azeglio, Via Parini 8
ILNON-SENSODIUNFILOPERTERRA
LuisaColapinto,ConsorzioMonvisoSolidaleSavigliano(CN)
“Camminavo.Ungiornocamminavoperstrada.Latestabassa,comealsolito,aguardareimieipiedi.Ivol:
dellagentenonmiinteressavano.Avevogiàimieiproblemi,tu=imieipensierichesiaffollavanonelcuore.
La mia solitudine. Da sempre mi avevano insegnato ad andare driAo per la mia strada. Non dovevano
interessarmileques:onideglialtri:neavevogiàabbastanzadellemie.Unavolta,dapiccolino,lamaestra
miavevapersinodatounanotaperchéavevo:midamentealzatolamanoedeAochelamiacompagnadi
bancostavaspalmandolacollasutuAoiltavolo.Midissechenonsifacevalaspia.Nonl’avevofaAoper
farelaspia:lacollamidavafas:dio,stavaappiccicandoancheilmioquaderno,rovinandomilacoper:na.E
miopadrefacevailbidello.Cosìstavopensandoallavorochedopo,lanostrabidella,avrebbedovutofare
perripulire.Manondovevofarelaspia:ecosìmibeccaiunanotaedunasgridataquandoarrivaiacasa.
“Nonfar:gliaffarideglialtri!”,midissemiamadre,“Pensaperte!”.Ecosìerolì.Acamminareguardandole
miescarpe.C’eraqualcosaditristenellamiacamminata,manonavevomaisaputodirechecosa.Credevo
chedovesseesserecosìebasta.Eracosìlavita.Mentreguardavointerranotai,aduncertopunto,unfilo
abbandonato.Sembravalana.Lonotaiperchémiricordavalalanaconlaqualelamianonnamifacevale
sciarpequandoeropiccolo.E,is:n:vamente,ilbambinocheerainme,ignorandolamaestraditan:anni
prima,loraccolse.Ecominciaiacamminareconilfiloinmano.Epiùcamminavo,piùlamatassacheavevo
inmanocresceva.Camminavoearrotolavo.Camminavoearrotolavo,ormaisemprepiùcuriosodisapere
doveconducessequelfiloabbandonato.Emanmanocheavanzavononmirendevocontodiquantostessi
sollevando la testa. Piano piano dai miei piedi si alzò e cominciai a vedere le mie mani. Poi cominciai a
guardareilfilochestringevo,poiilfilocheproseguivadifronteame,lontano.E,conlacodadell’occhio,
persinolepersonechemipassavanoaccanto.Allafinearrivai.Ilfiloerasemprepiùteso.Eiononcapivo
dove l’avessero legato. Poi, vidi due occhi, dri= davan: a me, che mi fissavano. Ed un'altra persona che
stringeval’altrocapodelfilo.Misorrise.Ecapiil’apparentenonsensodiquelfilolasciatoperterra.Eda
quelmomentononriusciipiùacamminareguardandolemiescarpe.”
La riscoperta e l’utilizzo quotidiano delle reti informali tra cittadini è diventata una prassi di lavoro da
ormai una decina di anni, all’interno del Consorzio Monviso Solidale. In questi dieci anni sono stati attivati dei
servizi volti alla cittadinanza e progettati con la cittadinanza, con l’obiettivo proprio di facilitare la creazione di
reti di sostegno informali e naturali all’interno della comunità.
Ma oltre ad essere un obiettivo, questa è anche una metodologia di lavoro, adottata dagli operatori negli
ambiti di lavoro specifici di ciascuno. Uno slancio particolare ed importante a questo metodo di lavoro è stato
l’incontro con Pedagogia dei Genitori, che non è un progetto, quanto una forma mentis, una metodologia da
adottare nei rapporti con le persone che si incontrano quotidianamente.
Pedagogia dei Genitori, nel territorio del Consorzio, è attiva dal 2006, momento in cui alcuni genitori di
figli disabili chiesero aiuto alla Scuola e al Consorzio, nella fattispecie agli operatori del Centro Famiglie, per
favorire l’integrazione dei loro figli a scuola e nella città. Da questo, che era un problema, una difficoltà
conclamata, nacquero i primi Gruppi di narrazione, che invece, furono proposti in positivo e non incentrati sul
problema.
Il cambio di mentalità fu graduale e necessario. I genitori, che da sempre erano abituati a parlare dei
problemi dei loro figli, vennero aiutati a parlare invece delle potenzialità e delle capacità dei loro bambini. Un
lavoro di sinergia tra Scuola, Comune di Savigliano, Consorzio Monviso Solidale e N.P.I di Savigliano, fece
sì che questi gruppi iniziassero a prendere piede e poco dopo, diventarono gruppi misti di genitori con o
senza figli disabili.
Il nostro lavoro di educatori, in questi anni si è basato essenzialmente nel raccogliere i fili e mostrarli alle
persone che abbiamo incontrato. Pedagogia dei Genitori, in questo senso è stato un aiuto fondamentale,
perché ha permesso di creare legami tra le persone.
Ogni Gruppo di narrazione ha una storia da raccontare, diversa ed unica, perché è la storia del gruppo,
della relazione che si è creata dopo aver condiviso storie di vita vissuta, quotidiana e storie belle. E’ come
quando i nostri nonni si incontravano nella stalla, durante le serate invernali. E raccontavano. La narrazione
unisce, crea un “ricordo condiviso” tra le persone e quindi crea una legami. Anche gli studi pedagogici dicono
quanto sia importante per esempio leggere o raccontare storie ai propri figli. Raccontare rinforza il legame,
ancor più raccontare esperienze di vita reali, senza fronzoli e senza quel pessimismo che spesso la società
ci vuole far vedere. Ogni Gruppo di narrazione in cui ho avuto la fortuna di partecipare mi ha lasciato
qualcosa, qualcosa di profondo, che tocca le mie emozioni e che non potrò dimenticare. Questo significa
creare rete: permettere agli altri di entrare un po’ nel nostro mondo ed entrare nel mondo di chi ci è vicino.
Alla faccia dell’individualismo! Credo che sia sciocco e controproducente assecondare questa idea che i figli
siano una “cosa privata”, nella cui educazione nessuno debba mettere becco. Credo che condividere in
modo positivo e non giudicante i nostri stili educativi, cioè semplicemente la nostra quotidianità con i nostri
figli, sia senz’altro arricchente e strumento per creare cittadinanza attiva, capace di farsi carico
dell’educazione di ciascuno e di tutti, oltre che un aiuto valido per le famiglie. Perché io, dopo dieci anni di
esperienza di lavoro con le famiglie, non credo affatto che esse vogliano essere sole ad educare i propri figli!
E siccome da ogni parte viene detto loro che devono essere le sole ed uniche responsabili dell’educazione
dei figli, loro si sentono inadeguate continuamente ed incapaci di rispondere alle richieste dei bambini ed
adolescenti che si trovano in casa. La conseguenza è stata un aumento dell’intervento degli “esperti”
nell’educazione, ma forse addirittura un abuso di richieste di questo genere. Perché, in nessuna civiltà e in
nessuna epoca è mai stato chiesto alla famiglia di assumersi la totale responsabilità dell’educazione dei
propri figli. Mai nella storia. E se dalla storia dobbiamo imparare, allora questa condivisione educativa, è
necessario recuperarla dal passato.
Attraverso la creazione di queste reti e il rinforzo dei legami già esistenti, le famiglie si sentono più forti e
si sentono l’educazione non soltanto come un dovere, ma come un diritto, una responsabilità, che
automaticamente porta ad una presa di responsabilità più ampia: alla presa di coscienza di far parte di una
comunità e che questa comunità può migliorare soltanto se ci si mette in gioco in prima persona. Questo l’ho
sperimentato sulla mia pelle in particolare a Savigliano e a Saluzzo, dove i Gruppi di narrazione sono stati
particolarmente forti negli anni. La famiglia e la rete delle famiglie diventano così una forza politica, che
contribuisce in modo attivo e responsabile a costruire una cittadinanza.