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CORSO INTERDISCIPLINARE
Alan Peverelli & Alessandra Cipriano
Centro Professionale Commerciale, Chiasso
Scuola Media di Commercio
Anno scolastico 2003/2004
1
INDICE
A. INTRODUZIONE
p.3
B. LA CITTÀ
p.4
B.1. SAN PIETROBURGO
p.4
B.2. COSTRUZIONE
p.4
C. LA RIVOLUZIONE ARCHITETTONICA
DI PIETRO IL GRANDE
p.5
C.1. IL GUSTO DI PIETRO
p.5
C.2. L’IMPRONTA DI SAN PIETROBURGO
p.5
D. I TICINESI A SAN PIETROBURGO
p.7
D.1. GLI ARTISTI EMIGRANTI
p.7
D.2. LA FORMAZIONE DEI MASTRI
p.7
D.3. MOTIVAZIONI DELL’EMIGRAZIONE
p.8
D.4. NOSTALGIA
p.8
D.5. RAPPORTI CON I FAMIGLIARI
p.9
D.6. I FIGLI
p.9
2
E. DOMENICO TREZZINI
p.12
E.1. IL PRIMO E PIÙ IMPORTANTE ARCHITETTO
p.12
E.2. LE SUE OPERE
p.13
F. ALTRI IMPORTANTI ARTISTI
p.14
F.1. CARLO GIUSEPPE TREZZINI
p.14
F.2. PIETRO ANTONIO TREZZINI
p.14
F.3. IGNAZIO LUDOVICO E
GIOVANNI GIOACCHINO ROSSI
p.16
F.4. LUIGI RUSCA
p.17
G. CONCLUSIONE
p.18
BIBLIOGRAFIA
p.19
3
A. INTRODUZIONE
Ci rendiamo conto che l’emigrazione degli artisti ticinesi a San Pietroburgo è un tema
troppo vasto e quindi per limitare l’argomento abbiamo deciso di sviluppare solo alcuni
aspetti, dedicando particolare attenzione agli architetti, capostipiti di una professione
che vede ancora oggi gli svizzeri di lingua italiana in prima fila.
Ci siamo posti alcune domande ritenute da noi fondamentali per rendere completa la
visione dell’argomento da noi scelto. Pochi punti, ma efficaci alla comprensione della
tematica, andranno a formare, come una combinazione di linee, il disegno strutturale
del nostro lavoro, una composizione oggettiva e analitica incorniciata dalla soggettività
delle nostre osservazioni.
La traccia della nostra ricerca è realizzata inizialmente dalla descrizione della città
protagonista in questo avvenimento; ci soffermeremo poi sulla vita delle persone
emigranti, sulla loro formazione professionale, sulle motivazioni che spinsero
l’abbandono dell’amata patria e dei loro famigliari per trasferirsi in un paese
sconosciuto, freddo e forse per certi versi anche ostile. Abbiamo dedicato un intero
capitolo a Domenico Trezzini, il quale, è stato il primo e più importante architetto
ticinese chiamato da Pietro il Grande, ha avuto un ruolo portante come guida per tutti i
collaboratori russi e inoltre ha anche avuto una notevole influenza sullo sviluppo di San
Pietroburgo. Inseguito abbiamo scelto altri cinque esponenti dell’architettura ticinese
che contribuirono anch’essi in modo incisivo alla nascita della vecchia capitale russa.
Oggi questo tema è di grande attualità grazie al tricentenario della nascita di San
Pietroburgo, alla quale hanno partecipato vari architetti e artisti ticinesi, primo fra tutti
Domenico Trezzini. Questa ricorrenza ci ha facilitato nella ricerca del materiale per lo
svolgimento di questo lavoro, che vuole anch’esso contribuire alla memoria di questo
importante evento.
4
B. LA CITTÀ
B.1. SAN PIETROBURGO
“San Pietroburgo“, “Pietrogrado“, “Leningrado“e “San Pietmburgo“ sono i nomi della
città dalla fondazione ai giorni nostri: in quella variazione di termini stanno gli alti e bassi
della storia. Il primo nome, che è anche quello attuale, è stato dedicato all‘apostolo
Pietro, protettore dello zar Pietro I e lasciò il posto nel 1914 al secondo nome,
Pietrogrado, che volle cancellare la grafia tedeschizzante nel momento in cui la Russia
entrò in guerra contro la Germania; poi nel 1924 la città venne chiamata Leningrado in
memoria dell‘omonimo leader della rivoluzione socialista. Sotto questo emblematico
nome la città oppose resistenza dal 1941 al 1944 alle truppe naziste, che vinse infine
gloriosamente dopo un assedio durato 900 giorni. Dal settembre 1991, data della
dissoluzione dell‘Unione Sovietica, la città, oggi la seconda della Russia per
popolazione (5 milioni di abitanti) e importanza, ha ripreso il suo nome originario: San
Pietroburgo. Nonostante questo, parte della popolazione si ostina a chiamare la propria
città con il nome che meglio rappresenta la sua idea politica e sociale.
B.2. COSTRUZIONE
Nel 1703, lo zar di tutte le Russie, Pietro I il Grande, chiamò gli architetti migliori per
realizzare il suo sogno: trasformare un’area paltosa di una baia del Baltico in una
capitale che potesse misurarsi con le grandi città dell‘Occidente. Furono bonificata una
palude e sacrificati ettari di bosco per ottenere il legno necessario a fortificare il terreno.
San Pietroburgo nasce da due principali esigenze: una di natura militare e l’altra di
natura commerciale. Con l’inizio delle opere di urbanizzazione lo zar, entusiasta di
Amsterdam, decise di riprodurre questo modello sulle rive del Baltico, alle foci della
Neva. A questo scopo furono convocati a corte gli esperti più illustri di ogni ramo delle
costruzioni per la maggioranza architetti di provenienza italiana, soprattutto lombarda,
ma anche dal Ticino. Questo provocò un flusso migratorio, non di massa ma di persone
altamente qualificate.
5
C. LA RIVOLUZIONE
ARCHITETTONICA DI
PIETRO IL GRANDE
C.1 IL GUSTO DI PIETRO
Pietro attuò una vera e propria rivoluzione architettonica e San Pietroburgo costituisce il
sito principale di questa rivoluzione, che fu spronata dal suo gusto personale, frutto
della sua esperienza architettonica tanto in Russia che in Europa e del gusto del suo
entourage più o meno entusiasta e più o meno colto. Era un gusto, quello di Pietro, che
non poteva essere soddisfatto dall’edilizia quale era concepita e praticata in Russia
all’epoca, ma che era influenzato dalle norme dell’architettura prevalenti allora
nell’Europa, cioè dal Barocco.
Una nuova variante dell’architettura barocca settentrionale, inizialmente denominata il
Barocco di San Pietroburgo ed inseguito Barocco russo, fu creata per soddisfare questo
gusto via via che si approfondiva e si diffondeva tra le élites ufficiali, nobili e persino
ecclesiastiche della Russia.
La rivoluzione architettonica di Pietro si traduce essenzialmente nell’attuazione in
Russia, per decreto imperiale, delle pratiche e delle norme edilizie, nei loro principali
aspetti non solo tecnici e materiali ma anche estetici, che erano andate gradatamente
diffondendosi in Europa nei due secoli precedenti.
C.2. L’IMPRONTA DI SAN PIETROBURGO
La rivoluzione di Pietro nell’architettura russa si ripercosse su tutti i risvolti dell’edilizia e
finì, presto o tardi, per toccare tutto l’Impero russo, dando luogo a trasformazioni
dell’edilizia che conferiranno un’apparenza più o meno europea, o, se si vuole, più o
meno moderna. Inizialmente si trattò di una questione di necessità a livello di
fortificazione e costruzione navale e di una questione di gusto a livello di architettura
civile. Con la sua rivoluzione architettonica lo Zar impose deliberatamente i valori e le
6
tecniche dell’edilizia europea, che si sarebbero poi impiantati solidamente nei primi
decenni del XVIII secolo, al punto di determinare il corso della storia architettonica
russa successiva. L’edilizia domestica, i parchi, i giardini, i depositi, come pure le
chiese, i palazzi e gli edifici ufficiali, tutto prima o poi rientrò nella sfera rivoluzionaria. La
rivoluzione architettonica ispirata da Pietro ha consentito di far penetrare in Russia tutto
quanto toccava l’architettura, dall’idea di pianificazione urbanistica su larga scala e
dettagliata alle arti dell'applicazione di stucco ed alabastro nella decorazione degli
edifici. Praticamente nessun edificio o insieme di edifici, a prescindere dall’importanza
sociale in Russia, non sarà mai più lo stesso. Un architetto di Astano, Domenico
Trezzini, ed i suoi compagni artisti ed artigiani ticinesi fornirono un contributo
determinante a questa gloriosa rivoluzione.
San Pietroburgo ha dato un’impronta fondamentale alla tendenza dell’architettura russa,
al gusto architettonico in Russia, fino all’avvento dello stile romantico o dello stile
moscovita, impregnato di ritorno al gotico ortodosso, alla fine del XIX secolo.
San Pietroburgo doveva la sua posizione di predominio ovviamente alla concentrazione
nel suo seno di una grande ricchezza e del potere imperiale, ma più specificatamente
alla presenza sull’isola Vasil’evskij dell’Accademia di Belle Arti. Ideata da Pietro il
Grande, fondata (1757) dalla figlia, l’imperatrice Elisabetta, ed infine fermamente
consolidata da Caterina II (1764), l’Accademia è rimasta sotto il patrocinio imperiale
diretto, fino al crollo dell’Impero nel 1917. Non solo i principali architetti russi ma anche
la maggior parte dei migliori scultori, pittori e grafici della Russia studiarono
all’Accademia pur essendosi ribellati, a gradi diversi, contro il suo classicismo
inammovibile.
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D. I TICINESI A SAN PIETROBURGO
All’edificazione di questa città sulla Neva contribuirono, come visto sin dai primi anni,
anche artisti provenienti dal nostro cantone. Prima di presentare nei dettagli alcuni di
essi, desideriamo chiarire chi emigrava dal Ticino in questo luogo così lontano e dal
clima poco attraente e perché vi emigrava. Per questo ci appoggiamo soprattutto sullo
studio delle loro lettere1. Sempre grazie alla loro testimonianza diretta ci soffermeremo
pure sulle difficoltà dovute alla lontananza dai famigliari e dal loro paese natio.
D.1. GLI ARTISTI EMIGRANTI
Architetti, campomastri, pittori, stuccatori, muratori. Questi erano gli artisti ticinesi che
tra il 700 e l’800, quindi prima della costruzione delle ferrovie, animati dal desiderio di
un futuro migliore, si spinsero su carriaggi, imbarcazioni, cavalcature di fortuna e
spesso a piedi, a migliaia di chilometri di distanza in una sorta di remota terra
promessa: San Pietroburgo.
Anche se provenivano da regioni diverse i mastri si aiutavano l’uno l’altro, sia offrendo
un alloggio all’ultimo arrivato, sia cercandogli un lavoro.
D.2. LA FORMAZIONE DEI MASTRI
Alcuni mastri avevano una formazione prima di partire, come ad esempio Giorgio
Ruggia e Giuseppe Trezzini. Altri invece frequentarono i corsi dell’ Accademia di Belle
Arti di S. Pietroburgo, come Andrea Staffieri.
Nel 1848 Giorgio Ruggia, nipote dell’architetto Marco, studiava a Milano con Giuseppe
Trezzini, proprio nel momento in cui la città fu invasa dalle truppe austriache.
1
”Le maestranze artistiche malcantonesi in Russia dal XVII al XX secolo”, in Bernardino CROCI
MASPOLI, Giancarlo ZAPPA, Il Ticino e San Pietroburgo, Firenze, 1996, pp.95-131
8
D.3. MOTIVAZIONI DELL’EMIGRAZIONE
Il paese natio veniva lasciato perché le prospettive di lavoro non erano molto attraenti.
La necessità di emigrare non dipendeva solo dalla prospettiva di affermarsi socialmente
e di realizzare opere di chiara memoria, ma permetteva anche di trovare una soluzione
per far fronte alle scarse risorse locali.
D.4. NOSTALGIA
La Città di Pietroburgo è un bellissimo sogiorno. Non so dove si
possa trovare un simile paese, ma Bigogno, dolce rimembranza, ma
Bigogno passa tutto, i miei pensieri sono di continuo al nostro giardino,
alla Camata, al Maggio, a Lucio, alla Brugacce! […] tu caro Bigogno
sempre vanrij, jeri si son veduti i fiori, oggi si vedono fruti e domani si
racogliono jeri era tutto arido e oggi è tutto bello verdegiante […].
(agosto 1816, Leone Adamini alla madre e al fratello Bernardo)1
Ricorrente, nelle lettere delle maestranze ticinesi all’estero è la nostalgia per il paese
lasciato, per gli affetti, le amicizie, la quotidianità il clima, la fisionomia del paesaggio.
Sono elementi che nelle loro testimonianze si ripropongono con fedele puntualità. I
luoghi natii sono l’approdo di chi emigra, che pianifica il ritorno a casa già
immaginandosi nel ruolo di “agiato agricoltore”, che non disdegna all’occasione
d’assumere al suo servizio dei domestici, che prova piacere per la raccolta delle uve e
per il prodotto dei bachi da seta. I migranti “vedono” già la loro dimora accresciuta da
migliorie che riguardano l’edificio, ad esempio il forno, il giardino e persino i luoghi
destinati allo svago, in particolare il roccolo, perché la passione per la cattura degli
uccelletti, così buoni con la polenta, è un altro divertimento che si ricorda con nostalgia.
1
A.A.V.V., Dal mito al progetto. La cultura architettonica dei mastri italiani e ticinesi nella Russia
neoclassica. Vol 2, Firenze, 2003, pag. 721
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D.5. RAPPORTI CON I FAMIGLIARI
Vivo era sempre nei ricordi e nelle lettere l’interesse per la famiglia lasciata in patria.
Buona parte della lettera consisteva in saluti ai parenti: tutti venivano menzionati o era
rivolto loro un pensiero particolare.
Altro non faccio carissimo mio padre! Che solo augurandovi dal
Signore ogni prosperità, e contentezze, resto col salutarvi caramente
unitamente alle mie due sore[lle], cognate, nipoti. Con li parenti di Bisogno
con questi di Curio, con il signor Pietro Negri, che non ho lettere con tutti
di sua casa, con la stimatissima casa Brilli negoziante di Lugano con
Pietro Giovan de Giovanili, come pure fa l’istesso il fratello Davide, sua
moglie, figli. Addio carissimo padre! Statte bene e sono vostro
affezionatissimo figlio Pietro.
(27 luglio 1809, Pietro al padre a Curio)
A volte coloro che spedivano la lettera raccontavano aneddoti o momenti della loro vita:
c’è chi descrive puntigliosamente i prezzi in patria di cereali a altre merci, c’è chi
racconta lo scorrere delle stagioni, c’è chi, con un certo meritato compiacimento,
annuncia ai parenti di aver ricevuto un regalo da sua Maestà, quale segno di
riconoscenza per le opere fatte e infine chi scrive quante galline o mucche ha
acquistato per il fabbisogno della famiglia.
D.6. I FIGLI
I genitori lontani si preoccupavano continuamente dei loro figli rimasti in patria. Alcuni
mastri partivano accompagnati dai figli maschi già grandicelli, altri invece portavano con
sé la moglie mentre lasciavano ai loro genitori le figlie femmine, altri ancora si
portavano un nipote. Se per le figlie ci si preoccupava che trovassero marito, per i figli
maschi si cercava invece di fare in modo che venissero indirizzati verso la professione
alla quale erano più inclini.
1
Ibidem pag. 103
10
Santino Visconti si premura affinché il figlio Carlo impari qualche mestiere.
Riguardo al figlio Carlino, se vedete che farà frutto nel studiare,
bene; indifetto, lo admeterete con qualche capo mastro ad imparare il
disegnio e poi lo rimetto a voi quelo che fatte voi e il signor zio sarà per
ben fatto.
(6 febbraio 1788, Santino da S. Pietroburgo al padre Carlo)1
Riguardo poi al figlio Carlino, di quanto voi mi motivate per farlo
religioso, io mi rimetto a voi unitamente al signor zio. Io quel poco che
pottrò fare lo farò volentieri ma bisognia pensarci bene avanti e rifletere.
Come pure prego che il signor zio se volese concorere qualche poco alla
detta spesa se veramente si vede il figlio inclinato indicato lo metterete
con qualcheduno ad imparare il disegnio e far la pratica col lavorare.
(1 novembre 1789, Santino al padre Carlo a Curio)2
Carlino infatti, assecondato nella sua inclinazione religiosa, diverrà prevosto di Curio dal
1824 al 1850, data della sua morte. Anche Placido Visconti si interessa della
formazione del figlio più piccolo Pietro, e invia tramite il suo procuratore dei soldi alle
figlie, le sole della sua famiglia che non andarono in Russia. I tre figli maschi seguirono i
genitori sullo sbocco della Neva nel Golfo di Finlandia.
Noi tutti siamosi consolati nell’intendere la continuazione di buone
sanità, tanto di lui e dei suoi di casa, come di tutti li nostri cari figlioli, del
signor zio, e dei nostri parenti di Bisogno antichi, e nuovi, e di tutti gl’altri
in generale. Solo ci ha reccato dispiacee l’ultima lettera sudetta che ci fa
sapere come la Nunziata sia stata gravemente ammalata, ma
ringraziamo tanto Iddio che l’abbia rimessa in salute, e rendiamo grazie
alla di lei sorella Domenica ed agl’altri che l’hanno assistita. Noi siamo
tutti perfettamente sani, ed in continua buona pace. […]
Circa al figlio Pedrino, staremo a vedere fino all’anno venturo; o che lo
farò venir qui, o forse lo impiegare costì a qualche buon mestiere, per il
1, 2,
ibidem pag. 95
11
quale mi farà sapere il di lui genio anticipatamente mentre noi avessimo
piacere di tenerselo in patria, per averne uno che ci tenga compagnia
quando, a Dio piacendo, verremo in patria noi due; in tanto è necessario
in ogni maniera che si faccia, che lui seguiti ad abilitarsi bene nella
letteratura, e siamo rimasti contenti nel vedere il di lui carattere nello
scrivere che non è cattivo. La Nunziata poi, deve mutar pensiere, poiché
non è a proposito per lei di cambiar paese, e noi ci abracciarà
personalmente in patria alla nostra venuta che non sarà tanto lontana.
Intanto, se le capiterà un buon partito a di lei genio, noi la tratteremo con
quello stesso amore che abbiamo trattata la di lei sorella Domenica, e
stia di buon animo.
(10 ottobre 1796, Placido da Gaccina al padre a Curio) 1
Pedrino non rimase a Curio a tener compagnia ai genitori, come invece sperava il
padre, ma seguì le orme dei fratelli alle dipendenze di sua Maestà Imperiale di Russia.
1
Ibidem pag. 95
12
E. DOMENICO TREZZINI
E.1. IL PRIMO E PIÙ IMPORTANTE ARCHITETTO
Nella fase iniziale e determinante della rivoluzione architettonica, Domenico Trezzini fu
l’architetto principale. In alcuni documenti russi, il suo nome figura “Andrei Trezin“,
“Tresin“ o persino “Druzin“ ma invariabilmente come “Dominico Trezzini” e
semplicemente “Dominico” nelle lettere latine da lui firmate.
Trezzini nacque, intorno al 1670, ad Astano nel Malcantone.
Il suo lavoro maturo riflette questa origine “lombarda” come pure la variante nordica che
risale agli anni trascorsi a Copenhagen (1699-1703). Trezzini visse e lavorò a San
Pietroburgo senza interruzione dal suo arrivo nel 1703 fino alla morte nel 1734.
Indiscutibilmente, Domenico Trezzini è stato il più importante dei dodici o più architetti
europei che lavorarono per Pietro il Grande alla progettazione ed alla costruzione di
San Pietroburgo, non solo per gli importanti monumenti che ha lasciato dietro di sé nella
città (e di quelli da allora distrutti, di cui conosciamo l’esistenza grazie a testimonianze
tanto grafiche che scritte), ma a causa dell’influenza durevole che ha avuto sulla
costruzione e lo sviluppo globale della nascente capitale russa.
L’importanza storica di Trezzini deriva inoltre dal ruolo di guida che ha svolto nei
confronti degli innumerevoli collaboratori russi nel corso degli oltre trent’anni di
insegnamento e lavoro a San Pietroburgo. Infatti nel 1707 organizzò una scuola
d’architettura o komanda sotto l’egida della Cancelleria degli affari urbani, che offriva,
per la prima volta in Russia, una formazione nel disegno e nella teoria architettonica
oltre alla pratica sul sito. Tra i suoi allievi, si può citare Michail Zemcov, il migliore ed il
suo socio più stretto, che era stato nominato il “primo architetto russo” della storia
(arkhitektor , per distinguerlo dallo zodchii tradizionale, o costruttore) e che formò
dozzine di altri costruttori che a loro volta perpetuarono l’influenza di Trezzini
sull’architettura russa per decenni.
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Trezzini elaborò i principi fondamentali per la costruzione iniziale della nuova città,
procedette all’ispezione di vari progetti edilizi ed ideò personalmente le strutture più
importanti.
Nel 1710 Trezzini fu formalmente nominato “Luogotenente-Colonnello di Fortificazione
ed Architetto”, con emolumenti piuttosto generosi paragonati alla media europea ed
addirittura prodighi secondo il metro russo.
Domenico Trezzini - Fortezza e Cattedrale
dei Santi Pietro e Paolo (1714-1733)
E.2. LE SUE OPERE
La chiesa di Pietro e Paolo nella fortezza, con la sua splendida iconostasi anch’essa
ideata da Trezzini, è generalmente considerata il monumento architettonico più
importante del periodo del regno di Pietro. Sono da ritenere altrettanto importanti il
Palazzo d’Estate, la chiesa dell’Annunciazione del monastero Aleksandr Nevskij e
l’edificio straordinario lungo mezzo chilometro che ospitava i dodici “collegi”
amministrativi di Pietro, che costituivano i principali dipartimenti, del governo centrale da
lui riformato. Tra gli edifici che non sono sopravvissuti alla distruzione, Trezzini disegnò
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il primo Palazzo d’Inverno e l’intero monastero originale Aleksandr Nevskij, fondato da
Pietro per onorare il guerriero medioevale Aleksandr “della Neva” e che rapidamente
diventò un centro importante dell’insegnamento ortodosso.
Trezzini e i suoi assistenti idearono le prime vie e le prime piazze dell’isola Vasil’evskij,
concepita per diventare il distretto centrale della città, nonché un piano generale per
l’isola di Kotlin, alla foce della Neva, dove Trezzini aveva costruito la fortezza originale
di Kronšlot (diventata poi Kronstadt) per difendere le vie d’accesso baltiche. In tutti i
suoi progetti, inoltre, Trezzini utilizzava spesso parenti e altre persone provenienti dal
suo Ticino natale.
Domenico Trezzini – Palazzo d’Estate
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F. ALTRI IMPORTANTI ARTISTI
Abbiamo scelto di presentare cinque altri esempi significativi della presenza ticinese a
San Pietroburgo, per evidenziare che il Trezzini era la punta di un iceberg ben solido e
per mostrare l’influsso ticinese sullo sviluppo urbanistico della capitale russa1.
F.1. CARLO GIUSEPPE TREZZINI
Nacque a La Costa nel 1697 e nel 1719 sposò ad Astano la figlia di Domenico Trezzini,
Maria Lucia Tomasina e venne a Pietroburgo nel 1722.
Lo stesso Domenico Trezzini impiegò il suo genero a lavorare nel cantiere dell’Edificio
sinodale sull’isola di Gorodovoj.
Tra le sue opere vanno segnalate la ristrutturazione del collegio dei Dodici,
aggiungendo una galleria, la sistemazione della Grande Scuderia e la realizzazione del
maneggio nel Palazzo d’Inverno, dei depositi sull’isola di Pietro e della banchina per
l’approdo delle navi sull’isola Vasil’evskij.
Morì il 20 maggio 1768 a Pietroburgo.
Nonostante abbia lavorato attivamente nella capitale russa durante trentaquattro anni,
non lasciò tracce eminenti nell’architettura pietroburghese. Sino ad oggi sono rimaste
intatte due sue opere: la galleria del Collegio dei Dodici e l’ala ovest dell’Accademia
militare nella linea Sjezdowskaja.
F.2. PIETRO ANTONIO TREZZINI
Decisamente più produttiva fu l’attività di questo architetto, che lavorò durante
venticinque anni nella città sulla Neva, costruendo molto ed egregiamente.
Nacque ad Agno, nel 1699. Secondo le sue stesse parole egli ottenne la formazione
architettonica “in Italia, sua patria, da suo padre, nonché dai più diversi maestri” e
lavorò “con suo padre in grandi cantieri a Milano, dove imparò a sufficienza il suo
mestiere”.
1
”Le maestranze artistiche malcantonesi in Russia dal XVII al XX secolo”, in Bernardino CROCI
MASPOLI, Giancarlo ZAPPA, Il Ticino e San Pietroburgo, Firenze, 1996, pp.
16
Nel 1726 arrivò a San Pietroburgo e lavorò per dieci anni “in cantieri privati come
maestro indipendente, senza essere ammesso al servizio statale”.
Nel 1735 fu interpellato in occasione della ricostruzione della chiesa di Isacco, distrutta
da un incendio. Secondo le sue direttive furono rifatte la volta e la cupola e rinnovate la
strutturazione interna e esterna.
Nel 1743 dopo la morte dell’architetto Michail Zemcov, Pietro Antonio Trezzini guidò i
lavori della Cattedrale del Redentore, la cui prima pietra era stata gettata il mese di
giugno di quell’anno.
La Cattedrale, inaugurata già nell'agosto 1754 dopo la partenza di Pietro Antonio
Trezzini, era la prima chiesa con cinque cupole a Pietroburgo e comportò una
rivoluzione nella costruzione di chiese nella capitale.
In quanto attivo accanto ai primi maestri artefici di Pietroburgo, il Trezzini partecipò al
rinnovamento e allo sviluppo delle forme tradizionali dell’architettura russa. In questo
clima egli iniziò a elaborare la tipologia della chiesa a pianta circolare, che veniva
sostituendo le basiliche dei tempi di Pietro il Grande.
Nel 1742 Pietro Antonio Trezzini progettò e realizzò la porta trionfale lignea per l’arrivo
della zarina Elisabetta da Mosca. Si tratta di un raro esempio di porta trionfale avente
quattro facciate e passaggi su tutti e quattro i lati.
Oggi di questo artista rimangono solo l’ala di Fjodor e la chiesa di Fjodor. L’ala è
costituita da tre edifici articolati a gradoni; nella pianta riprende simmetricamente l’ala
del Santo Spirito di Domenico Trezzini. Parimenti la chiesa di Fjodor, posta a capo
dell’ala di Fjodor, corrisponde all’ala del Santo Spirito nella pianta della chiesa
dell’Annunciazione. La ricca e complessa articolazione delle facciate, le proporzioni
leggermente allungate e i dettagli graziosi della decorazione della chiesa distinguono
l’opera di Pietro Antonio Trezzini da quella dei suoi predecessori.
Nel 1751 alla scadenza del contratto, Pietro Antonio Trezzini fu libero di rientrare per un
anno “nella sua patria italiana e nella città di Lugano, ma a condizione di ritornare per
dirigere, secondo il contratto stipulato prima della sua partenza, i lavori commissionatigli
per decreto di Sua Maestà la zarina e in accordo con il Commissariato di polizia, relativi
al monastero di Nevskij, della chiesa di Isacco e di quella della Dormizione, così come
ad altri edifici statali”. Ma né nell’anno successivo, né in quello dopo Pietro Antonio
Trezzini si fece vedere a Pietroburgo e la chiesa di Fjodor fu completata e inaugurata in
sua assenza. Ciononostante le sue capacità e il suo operato mantennero buona fama
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nella capitale russa. Non certo a caso un suo contemporaneo, il primo storico dell’arte
russo Jacob Stählin, scrisse di lui come di “un buon e saggio architetto”.
Il Trezzini ritornò a Pietroburgo alcuni anni più tardi. È presumibile che egli non svolse
più alcuna carica statale e che si guadagnò da vivere con incarichi edilizi privati.
F.3. IGNAZIO LUDOVICO E GIOVANNI GIOACCHINO ROSSI
Il più grande dei numerosi complessi edilizi di Pietroburgo è la bella sponda meridionale
della Neva, estesa lungo quattro chilometri e realizzata nella seconda metà del XVIII
secolo da Ignazio Ludovico Rossi.
Egli nacque a Mosca nel 1705, secondo figlio del “primo maestro stuccatore” in Russia,
Giovanni Francesco Rossi, originario di Sessa. Un anno prima di Ignazio, nacque il
fratello maggiore, Giovanni Gioacchino.Nel 1712 la famiglia si trasferì a Pietroburgo.
Ben presto i due ragazzi furono mandati “in paesi stranieri per conoscere e apprendere
l’arte e dove impararono ottimamente l’arte della stuccatura”.
Nel 1724 i due fratelli tornarono a Pietroburgo e nell’anno successivo, dopo la morte del
padre, furono assunti in qualità di maestri stuccatori all’Ufficio delle costruzioni.
Negli anni seguenti lavorarono per la decorazione dei Palazzi dello zar a Pietroburgo
nonché per le residenze estive limitrofe; per la cattedrale dei Santi Pietro e Paolo; per la
chiesa di Isacco, per il monastero di Aleksandr Nevskij e per il Collegio dei Dodici
sull’isola Vasil’evskij. I fratelli Rossi furono attivi al servizio dell’Ufficio delle costruzioni
per quasi mezzo secolo, affermandosi non solo come prestigiosi stuccatori ma anche
quali validi soprintendenti alla realizzazione dei maggiori complessi edilizi.
Nel corso del suo servizio presso l’Ufficio delle costruzioni Igniazio Rossi collaborò con
molti architetti: Domenico Trezzini, Michail Semzov, Francesco Rastrelli; così ebbe
modo di imparare l’architettura sul piano pratico.
Nel 1754, dopo l’ultimazione dei lavori, a Giovanni Gioacchino fu decretata da Sua
Maestà la zarina la direzione dell’ufficio tecnico del maggior progetto architettonico di
tutto l’Impero: il nuovo Palazzo d’Inverno in pietra progettato da Francesco Rastrelli. In
tale occasione il Rossi ebbe al suo servizio una squadra di circa 5'000 uomini attivi.
Nel 1762 Ignazio Ludovico Rossi fu nominato alla guida dell’ufficio dei giardini, divenne
quindi responsabile della manutenzione di tutti i giardini dello zar, sia di quelli nella
capitale che di quelli nelle residenze estive.
Entrambi morirono a San Pietroburgo attorno al 1780.
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F.4. LUIGI RUSCA
È l’architetto ticinese che conta il maggior numero di opere rimaste intatte.
Luigi Rusca nacque a Mondonico nel 1762 e arrivò a Pietroburgo all’età di ventun’anni.
In Russia non fu l’unico della sua famiglia: gia nel 1766 suo padre, il maestro muratore
Giovanni Rusca, lavorava nella capitale; contemporaneamente a Luigi era attivo a
Pietroburgo e nei dintorni anche il fratello Geronimo Rusca, anch’egli maestro muratore
e architetto.
Negli anni Novanta Luigi Rusca realizzò su commissione privata la sua prima opera a
Pietroburgo: la villa di Mjatlev in via Galernaja.
Per quasi un ventennio Luigi Rusca lavorò a Pietroburgo quale muratore nei maggiori
cantieri dell’epoca – l’Accademia delle Belle Arti , il teatro dell’Ermitage, la chiesa di
Isacco, il castello di Michele, l’Accademia dei cadetti della marina – realizzati secondo i
progetti dei più grandi architetti di Pietroburgo di quei tempi. Per tutti questi progetti il
Rusca fu incaricato soprattutto della decorazione degli interni.
Nel 1802 fu nominato architetto di corte quale riconoscimento dei suoi meriti.
Rusca raggiunse l’apogeo della sua attività nel primo decennio del XIX secolo, quando
furono realizzati i suoi più importanti edifici e complessi architettonici.
Dal 1801 al 1804 costruì, lungo il canale di Caterina, all’incrocio con la Strada Italiana,
la scuola dei Gesuiti.
Dal 1804 al 1808 Rusca progettò e realizzò il complesso delle caserme per i reggimenti
Beloserski, Ismailowski e per la guardia a cavallo. Queste segnarono una tappa
importante nell’ampliamento della città.
Nel 1805 fu ultimata anche la caserma per la quardia a cavallo nell’area cittadina della
Litejnaja.
L’ultima impresa di Rusca, una delle più significative, la chiesa di Tutti i derelitti, tuttora
esistente, fu costruita dal 1817 al 1818.
Nel 1818 lasciò la Russia, accompagnato dalla sua famiglia.
Morì a Valenza nel 1822.I complessi edilizi realizzati da Luigi Rusca svolsero un ruolo
preminente nella formazione urbanistica di Pietroburgo.
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G. CONCLUSIONE
San Pietroburgo, la città che per due secoli è stata la capitale degli zar. Nata dalla
volontà di Pietro il Grande e conosciuta in tutto il mondo come la “finestra
sull’occidente”, incanta per i suoi favolosi palazzi degli zar. In questa breve ricerca
abbiamo voluto mostrare il contributo dato da mastri e architetti ticinesi alla sua
costruzione. È anche grazie a questi architetti se San Pietroburgo è ricca di opere
preziose che hanno lasciato un segno indelebile.
In questa città nuova e in crescita essi hanno forse potuto applicare e sviluppare le loro
conoscenze meglio che altrove. Ecco probabilmente spiegata la scelta di questa meta
così lontana. Le lettere che ci hanno lasciato ci fanno comunque capire che non si è
trattato di una scelta semplice sotto l’aspetto umano: lasciare i famigliari e l’ambiente in
cui si è nati non è mai facile e le soddisfazioni professionali e artistiche non sempre
riescono a nascondere la nostalgia.
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BIBLIOGRAFIA
LIBRI
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Il Ticino e San Pietroburgo
Firenze, 1994, Vol. 14, 15, 16, Octavo, Franco Cantini
Mario REDAELLI
Ticinesi e compatrioti italiani nei cimiteri di San Pietroburgo
Lugano, 1999, ELR Edizioni Le Ricerche, 103 p.
Mario REDAELLI
1703-2003: 300 anni dalla fondazione di San Pietroburgo: artigiani e commercianti e
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della Svizzera italiana, anno 6, n. 6, dicembre 2002
INTERNET
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