barriere - Lo Spettacolo del Veneto

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barriere - Lo Spettacolo del Veneto
Federazione
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Italiana
Cinema
d’Essai
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wwww.spettacoloveneto.it
Associazione
Generale
Italiana
dello Spettacolo
Candidato a quattro
premi Oscar tra cui
Miglior film e Miglior
attore protagonista
di Denzel Washington
ATTORI: Denzel
Washington, Viola
Davis, Mykelti
Williamson,
Saniyya Sidney, Russell
Hornsby, Jovan Adepo,
Stephen Henderson
SCENEGGIATURA:
August Wilson
FOTOGRAFIA:
Charlotte Bruus
Christensen
MONTAGGIO: Hughes
Winborne
MUSICHE: Marcelo
Zarvos
DISTRIBUZIONE:
Universal Pictures
International Italy
PAESE: USA, 2016
DURATA: 139 Min
PRESENTAZIONE E CRITICA
Netturbino nella Pittsburgh degli anni '50, Troy Maxson combatte ogni
giorno contro le ingiustizie sociali e i demoni interiori. Spirito indomabile e ciarliero, ha una moglie, un'amante, un amico inseparabile e due figli di cui non
approva le vocazioni. Lyons suona il jazz e Troy canta il blues, Cory pratica il
football e Troy gioca a baseball. Chiuso nel recinto che sta costruendo per
Rose e in quello che ha innalzato nel cuore, Troy è un'onda implacabile che
frange i suoi affetti. Inviso al figlio minore, a cui tarpa le ali per proteggerlo
dalle discriminazioni razziali, e persuaso dall'amico a prendere una decisione
sulla sua (doppia) vita, confessa alla moglie il tradimento e spalanca tra loro
un abisso di dolore. Rimasto solo nel cortile del suo scontento, Troy
ricompone i brandelli esistenziali e aspetta la morte. Alla sua terza regia e
coerente con una filmografia aderente a un gruppo sociale, a una coscienza
politica, a una storia, a un territorio e a una forma artistica (Antwone Fisher,
The Great Debaters - Il potere della parola), Denzel Washington realizza
BARRIERE, adattamento della pièce di Auguste Wilson. Pescato da The
Pittsburgh Cycle, una raccolta di dieci drammi sul bisogno di emancipazione
sociale della comunità afro-americana, BARRIERE come il blues lascia la
parola a una minoranza. Minoranza a cui appartiene il protagonista, in conflitto
permanente con la vita e alla ricerca di un'identità sociale. Alla maniera
dell'opera originale, la trasposizione di Washington ha una portata universale ma infusa da una marca
culturale esplicitamente afro-americana, il blues. Il blues aderisce al teatro di August Wilson come una trama
che permette di stabilire un filo conduttore tra i differenti drammi del ciclo. Dieci storie per dieci canzoni che
assumono il ruolo di guida spirituale e accompagnano i personaggi nella loro ricerca, sovente dolorosa, di un
riconoscimento. Blue è la canzone di Troy, ereditata dal padre collerico e violento e trasmessa al figlio e alla
figlia che la cantano insieme nell'epilogo, omaggiando la memoria del genitore e riconoscendo nel medesimo
'bene' il legame fraterno. Se per Raynell è un canto che culla, per Cory è un gesto di perdono che gli
permette di fare pace col padre e di avanzare nella vita. Chiave di lettura primordiale per avventurarsi nel
dramma, la Blue intonata dall'attore annulla la distanza tra monologo e assolo. Il blues, indissociabile dal
teatro di Wilson, è l'ultima risorsa a cui ricorre Troy per farsi intendere dai figli e dalla moglie, coro greco che
replica e ammonisce la sua incontinenza. Incontinenza verbale che manipola e ingombra un cortile
progressivamente svuotato e ridotto ai soli spettatori, che Denzel Washington affronta in camera. Il cortile,
spazio scenico che ospita il talento oratorio di Troy, si apre alla strada e muove verso il deposito in cui
protagonista è occupato, allargando lo sguardo del pubblico avvitato a una performance di parole che
(ri)compongono il suo mondo. Parole che nella versione originale (black english) suonano come un assolo di
tromba, dove le pause, proprio come quelle musicali, permettono all'attore di riprendere fiato. A contenere la
sua esuberanza, a riportare i suoi racconti alla dimensione reale, a mediare tra padre e figli, tra personaggio
e spettatore, tra finzione e realtà, c'è la Rose di Viola Davis, già partner di Washington a Broadway nel 2010.
Contrappunto inesorabile alla sua magniloquenza, Rose incarna il ruolo capitale della coesione e della
trasmissione sociale. È il mistero di bellezza che accorda il bisogno di perdono e redenzione dei personaggi
di Wilson. Personaggi che non sono mai garanti di una rivendicazione.
(www.mymovies.it)
Diretto da Denzel Washington e sceneggiato da August Wilson, BARRIERE racconta la storia di
Troy Maxson, un operaio nero del settore igienico-sanitario nella Pittsburgh di metà Novecento che una volta
sognava una carriera nel baseball. Troppo vecchio per cominciare a giocare quando i campionati più
importanti hanno cominciato ad ammettere nelle squadre giocatori di colore, Troy si sforza di essere un buon
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di Denzel
Washington
marito e madre ma il suo sogno di gloria continua a corrodere il suo spirito fino a indurlo a prendere una
decisione che minaccia di distruggere per sempre la sua famiglia. Con la direzione della fotografia di
Charlotte Bruus Christensen, le scenografie di David Gropman, i costumi di Sharen Davis e le musiche di
Marcelo Zarvos, BARRIERE è l'adattamento cinematografico della rappresentazione teatrale scritta dallo
stesso Wilson. Meglio noto per essere l'autore di una decina di drammi teatrali in grado di rompere i canoni
del dramma americano imposti da autori come Eugene O'Neill, Tennessee Williams e Arthur Miller, Wilson
(scomparso nel 2005 all'età di sessantanni per colpa di un cancro) è il padre del cosiddetto The American
Century Cycle, un ciclo di dieci opere che, ognuna per un decennio del Novecento, raccontano un secolo di
esperienza afroamericana: dall'indomani della schiavitù alla grande migrazione dalle campagne del Sud
degli Stati Uniti alle città del Nord, dalle lotte per i diritti civili ai processi di urbanizzazione post-industriale
che hanno portato a nuovi ghetti sul finire degli anni Novanta. BARRIERE fa, ovviamente, parte del ciclo e
ha avuto la sua prima nel 1985. Dramma familiare ambientato negli anni Cinquanta, ha avuto ben 525
repliche a Broadway e ha raccolto i tre riconoscimenti più importante per una rappresentazione teatrale: un
premio Pulitzer, un Tony Award e un New York Drama Critics' Circle Award. Dopo la prima fortunata esperienza, il dramma è ritornato in scena a Broadway nel 2010 con protagonisti gli attori Denzel Washington e
Viola Davis, raccogliendo altri tre Tony Award: miglior revival, migliore attrice protagonista e miglior attore
protagonista. BARRIERE, inoltre, è la prima opera di Wilson ad avere una trasposizione cinematografica,
diretta dallo stesso Denzel Washington (e interpretata da lui con la sua partner teatrale) che ha accontentato
uno dei maggiori desideri dell'autore, ovvero che a dirigere un eventuale film tratto da una delle sue fatiche
fosse un regista di origine afroamericana (…).
(www.filmtv.it)
(…) Ma BARRIERE non è soltanto Denzel Washington, tutt’altro. Accanto a lui infatti non si può che
ammirare una Viola Davis perfetta, vitale, addirittura più misurata del suo partner. È lei il cuore pulsante di
Fences, la vera anima del film, quella sopita e tenace. Non regalarle la statuetta come attrice non
protagonista – categoria che onestamente le sta stretta… – sarebbe un errore madornale. Dentro il backyard
di una qualsiasi abitazione americana August Wilson, Denzel Washington e Viola Davis hanno raccontato la
Storia con la S maiuscola, ma lo hanno fatto attraverso il dolore, la rabbia e la frustrazione di persone
comuni. Sotto questo punto di vista Troy Maxon è piena e dolente metafora della condizione degli
afroamericani in piena epoca di segregazione: personaggio piegato dal peso delle proprie azioni,
quest’uomo rappresenta nelle sue umanissime contraddizioni la violenza subita e perpetrata nel nome della
diversità razziale. BARRIERE è in filigrana il racconto di una schiavitù ancora profonda e radicata, quella
psicologica e autodistruttiva che intere generazioni di afroamericani hanno dovuto subire. Un film doloroso
ma ancora oggi necessario. Purtroppo.
(www.blog.screenweek.it)
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