La La Land - Teatro Nuovo Verona

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La La Land - Teatro Nuovo Verona
2017
Lunedì 13 marzo
Martedì 14 marzo
Mercoledì 15 marzo Giovedì 16 marzo ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 15.30 - 18.00** - 20.30
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 16.30 - 19.00 - 21.30
** Attenzione alla variazione di orario
19
La La Land
Regia: Damien Chazelle.
Con: Ryan Gosling, Emma Stone, J. K. Simmons, Finn Wittrock, Sandra Rosko.
Durata: 2h06’- USA 2016 – Commedia
Los Angeles. Mia sogna di poter recitare ma intanto, mentre passa da un provino all'altro, serve caffè e cappuccini alle
star. Sebastian è un musicista jazz che si guadagna da vivere suonando nei piano bar in cui nessuno si interessa a ciò che
propone. I due si scontrano e si incontrano fino a quando nasce un rapporto che è cementato anche dalla comune volontà
di realizzare i propri sogni e quindi dal sostegno reciproco. Il successo arriverà ma, insieme ad esso, gli ostacoli che porrà
sul percorso della loro relazione.
Damien Chazelle ci aveva lasciato con uno scontro a due su un palcoscenico con in mezzo una batteria su cui grondavano
copiose le gocce di sudore (Whiplash). Lo ritroviamo ora in un mondo (quello del musical) dove nessuno suda davvero e
in cui tutto avviene con magica fluidità.
Con Whiplash aveva vinto un Oscar per un montaggio a tratti frenetico ora spiazza tutti compiendo una scelta stilistica
in netto contrasto dimostrando di essere assolutamente padrone della macchina cinema, non esitando a riproporre il
proprio amore per il jazz sotto una forma espressiva per lui nuova ma di cui mostra di conoscere ogni regola e strategia
comunicativa. Ci racconta ancora una volta di solitudini che cercano di realizzare sogni che finiscono con il non poter
essere condivisibili con nessuno. Neanche con colei o colui che ne aveva sostenuto il conseguimento. Lo fa con la
leggerezza necessaria ma anche con quel sottofondo di malinconia che nasce da un accurato mix di musica e immagini.
Il giovane registra dimostra di saper innervare quella che avrebbe potuto risultare una semplice esibizione di conoscenze
filologicamente corrette, con un senso dello scorrere del tempo da anziano saggio. Sa cioè come farci entrare in una storia
d'amore di cui possiamo anche immaginare gli sviluppi, regalandoci al contempo un mood del tutto personale in grado
di far sorridere ma anche di commuovere.
La La Land è un musical, certo. E una commedia romantica. E anche un dramma intimista sullo scontro tra affetti e
ambizioni. Di certo è un film che trabocca di citazioni e suggestioni importanti. Ma soprattutto, è un’opera di sentimenti e
invenzioni cinematografiche, la conferma di un talento per nulla nostalgico o di retroguardia. Quello di Damien Chazelle.
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Film d’Essai
Moonlight
Venerdì 17 marzo ore 16.30 - 18.45 - 21.00
Ingresso intero E 7,00 - Tesserati Cineforum E 4,00
Regia: Barry Jenkins.
Con: Alex R. Hibbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes,
Mahershala Ali, Naomie Harri.
Durata: 1h50' - USA 2016 - Drammatico
Moonlight, inizia negli anni 80, è girato nel ghetto nero di Liberty City a Miami, luogo
di autosegregazione, di povertà e disperazione. Nel film non appare un solo bianco.
Little ha dieci anni ed è il bersaglio dei bulli della scuola. Sua madre si droga, e lui
trova rifugio in casa di Juan e Teresa, dove può parlare poco ma sa che può trovare le
risposte alle domande che più gli premono. Nero fra soli neri, dei suoi coetanei non condivide l'atteggiamento
aggressivo, l'arroganza che indossano fin da piccoli. Chiron -è questo il suo vero nome- non è un duro, ma
nemmeno un debole. È gay e, anche se non lo dice, non sa essere chi non è, non sa e non vuole adeguarsi, così
si ribella e finisce in prigione. Quando esce, Black è diverso, cambiato, apparentemente un altro, ma sempre
lui. Diviso in tre capitoli, che portano per titoli i differenti nomi del protagonista, Moonlight è un ritratto allo
stesso tempo sociologico e introspettivo della vita di un ragazzino gay nel cuore della comunità nera machista
e criminale della Florida. La prima parte racconta lo sguardo degli altri: sono i compagni a chiamarlo Little,
stigmatizzandone la sua scarsa importanza e il suo ruolo di vittima sacrificale, ma il ragazzino diventa anche il
"piccolo" di Juan, il figlio adottivo a cui passare il testimone. La seconda parte è quella centrale, per collocazione
e concetto: Chiron scopre se stesso, il male che fa e la forza che richiede. L'ultima parte è la sintesi delle altre e il
capitolo cinematograficamente più interessante. Black è il soprannome che gli ha detto Kevin, l'unico ragazzo
che lo abbia mai sfiorato e questo capitolo è per loro, per misurare chi è cambiato di più, chi si è annullato di
più, plasmandosi sul modello del padrino o su una richiesta sociale insoddisfabile.
Il film s'ispira a una breve opera teatrale di Tarell Alvin McCraney "'Alla luce della luna i ragazzini neri diventano
blu'. Fin dal suo titolo, la pièce evoca una dimensione lirica, tra realtà e sogno. Barry Jenkins, nel suo film, con
movimenti di macchina circolari, lenti e ipnotici, un uso del colore che «forza» la profondità degli azzurri, dei
bruni e dei rosa, e alcune abili ellissi narrative, allude a quella stessa dimensione altra, ma poi la stempera in
un realismo poetico più convenzionale, rassicurante. Il ghetto, diventa lo sfondo della tormentata scoperta
d'identità di Chiron in un'opera programmaticamente «piccola», intimista, educata; un mélo che avanza in
punta di piedi, pieno di silenzi per «farti pensare».
Moonlight è un film visivamente sontuoso, narrativamente spericolato, socialmente incandescente. Capace
di restituire alla causa 'black' la tensione stilistica che merita.
Lunedì 20 marzo
Martedì 21 marzo
Mercoledì 22 marzo Giovedì 23 marzo ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 15.30 - 18.00** - 20.30
ore 16.00 - 18.30 - 21.00
ore 16.30 - 19.00 - 21.30
** Attenzione alla variazione di orario
20
Barriere (Fences)
Regia: Denzel Washington.
Con: Denzel Washington , Viola Davis, Stephen Henderson, Russell Hornsby, Mykelti
Williamson.
Durata: 2h18’- USA 2016 – Drammatico
Come il blues, l’opera di August Wilson mette in versi l’esperienza afro-americana. Come il blues lascia
la parola a una minoranza. A quella minoranza appartiene Troy Maxson, eroe ordinario e ciarliero, che
monopolizza lo spazio scenico in cerca di riconoscenza sociale e familiare. Alla sua terza regia e coerente con
una filmografia aderente a un gruppo sociale, a una coscienza politica, a una storia e a un territorio, Denzel
Washington pesca Fences da “The Pittsburgh Cycle”, una raccolta di dieci pièce che risuonano l’urgenza della
comunità afroamericana di affermarsi socialmente e di riparare la propria identità culturale.
Netturbino nella Pittsburgh degli anni Cinquanta, Troy Maxson ha una moglie che ama e tradisce, un amico
inseparabile che parla alla sua coscienza e due figli che non comprende. Lyons suona il jazz e Troy canta
il blues, Cory pratica il football e Troy gioca a baseball. Se le ingiustizie sociali costituiscono il campo di
battaglia di Troy, la sua collera insorge costantemente contro se stesso e i propri cari. Spirito indomabile
che lotta per non soccombere ai demoni interiori, Troy è incarnato da Denzel Washington, che lo aveva già
interpretato nel 2010 a Broadway.
La regia senza eccessi, che muove dal cortile verso la strada e il deposito, disloca lo sguardo del pubblico
avvinto da una performance verbale potente. Parole che (ri)compongono il mondo del protagonista, assediato
dalla morte come la città di cui porta il nome, e annullano la distanza tra monologo e assolo. Il cortile, spazio
scenico che ospita il talento oratorio di Troy e le repliche profetiche del ‘coro’ (Rose, Bono, Gabriel), si svuota
progressivamente e si riduce ai soli spettatori, che Denzel Washington fronteggia in camera. Solo, dentro il
recinto che si è costruito, Troy ricorre al blues come ultima risorsa per farsi intendere. E la canzone di Troy
(“Blue”), ereditata dal padre violento e trasmessa ai propri figli, diventa la chiave di lettura primordiale per
avventurarsi nel dramma, il gesto di perdono che guarisce e fa avanzare la vita.
Narratore ed eroe della storia il Troy di Washington è una risacca di fatica che trascina con sé la sua famiglia e
ingombra il cortile, convertito in campo sacro di baseball e vestigia di una gloria sportiva passata e frustrata.
Ad arginarlo, a riportare i suoi racconti alla dimensione reale, a mediare tra padre e figli, tra personaggio e
spettatore, tra finzione e realtà, c’è la Rose di Viola Davis, contrappunto inesorabile alla sua magniloquenza
e ruolo capitale della coesione e della trasmissione sociale. Il suo desiderio è conservare l’unione familiare
dentro la recinzione del titolo che Troy rovescia in separazione, tema implicito nel titolo.
Chiuso dall’interno, Troy sfida l’esclusione sociale dal sogno americano e Denzel Washington canta la blue
note della discriminazione razziale e delle barriere esistenziali. Che qualche volta come nel baseball basta
superare per fare homerun.
Film d’Essai
La battaglia di Hacksaw Ridge
(Hacksaw Ridge)
Venerdì 24 marzo ore 16.00 - 18.30 - 21.00
Ingresso intero E 4,50 - Tesserati Cineforum E 4,00
Regia: Mel Gibson .
Con: Andrew Garfield, Teresa Palmer, Hugo Weaving, Rachel Griffiths,
Luke Bracey.
Durata: 2h11' - USA 2016 - Storico
Andrew Garfield è il protagonista del nuovo film diretto da Mel Gibson, intitolato “Hacksaw
Ridge” e interpretato tra gli altri da Vince Vaughn, Teresa Palmer, Sam Worthington, Luke
Bracey e Hugo Weaving. La pellicola è la storia vera di Desmond Doss che, a Okinawa,
durante una delle più cruenti battaglie della seconda guerra mondiale, salvò 75 uomini senza sparare un solo
colpo. Convinto che la guerra fosse una scelta giustificata, ma che uccidere fosse sbagliato, fu l'unico soldato
che in quel conflitto combatté in prima linea senza alcuna arma. Doss fu il primo obiettore di coscienza insignito
della Medaglia d'Onore del Congresso.
Mel Gibson torna in veste di regista, sorprendendo tutta la critica presente in aula, che a fine proiezione ha
applaudito senza alcuna esitazione. Presentato Fuori concorso alla 73. Mostra Internazionale del Cinema di
Venezia, il film rappresenta uno spaccato minuzioso della vita reale vissuta dai soldati in tempo di guerra. Si
tratta di una storia che simboleggia la condizione universale di tutti coloro che negli anni (non solo nel corso
delle due guerre più note) hanno lasciato le proprie famiglie per servire la patria, pur essendo consapevoli delle
difficoltà che avrebbero potuto affrontare con il rischio di perdere la vita. Una condizione che in molti hanno
vissuto, ma che in pochi possono capire. Eppure Gibson è riuscito nell’intento di omaggiare quei guerrieri
che ancora oggi vengono ricordati per aver compiuto il loro dovere ed essersi sacrificati per il proprio Paese,
dando così prova delle sue indiscutibili doti registiche. La riuscita della pellicola, infatti, è dovuta non solo
alla memorabile interpretazione degli attori, ma anche all’attenzione al dettaglio che il regista ha volutamente
fatto emergere.
Ricco di scene intense e accattivanti, presenti in particolare nella seconda parte, il film non disdegna le risate
discrete suscitate dall’atteggiamento e dalle parole del sergente interpretato da Vaughn. Quest’ultimo ha
dimostra ancora una volta di essere un attore a tutto tondo, perchè - seppur noi siamo abituati a vederlo in
ruoli da commedia - è stato in grado di far ridere il pubblico ricoprendo il ruolo di un uomo dedito al suo
lavoro, duro e magnanimo quando serve, il che richiede una grande serietà. Senza nulla togliere al talento,
ormai chiaro, di Andrew Garfield, al quale si deve gran parte dell’intensità e della forza prorompente che
emergono nella pellicola. Quello dell’attore è un gioco di sguardi che non
lascia spazio all’immaginazione, perché dai suoi occhi traspaiono tutte
le emozioni provate dal soccorritore di guerra: ansia, paura, coraggio,
dedizione alla causa, ma anche gioia e amore e tutto ciò senza l’uso di
un’arma. Provate a immaginare come poteva sentirsi il vero Doss non
avendo l’opportunità di difendersi come tutti gli altri. Garfield è riuscito
letteralmente a mostrarlo, senza se e senza ma. Solo con quell’attenzione
al dettaglio che necessita un film di tale portata. Per quanto riguarda gli
altri componenti del cast, tutti hanno dato il meglio di sé.
Cinema Alcione, 19 aprile - 12 maggio 2017
¡España,
te quiero!
4 INEDITI E UN’ANTEPRIMA A VERONA
MERCOLEDì 19 APRILE Ore 17, 19, 21 - TODAS LAS MUJERES
DOMENICA 23 APRILE Ore 17, 19, 21 - BARCELONA NOCHE DE VERANO
VENERDÌ 28 APRILE Ore 17.00, 19.00, 21.00 - A CAMBIO DE NADA
VENERDÌ 5 MAGGIO Ore 17.00, 19.00, 21.00 - LA NOCHE QUE MI MADRE MATÓ A MI PADRE
VENERDÌ 12 MAGGIO Ore 17, 19, 21 - 10.000 KM
Proiezioni in versione originale con sottotitoli in italiano.
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