joseph sheridan le fanu - Il Corriere delle Regioni

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JOSEPH SHERIDAN LE FANU
Ultimo aggiornamento Domenica 01 Maggio 2016 07:46
Joseph Sheridan Le Fanu e il sogno di una cosa. Basta pronunciare il nome di questo
scrittore irlandese per sentire evocare le forze misteriose dell’inconscio e farsi trasportare in
qualche dimensione sconosciuta e misteriosa di Francesco Lamendola Joseph Sheridan Le Fanu e il sogno di una cosa
di
Francesco Lamendola
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Joseph Sheridan Le Fanu!
Basta pronunciare il nome di questo scrittore irlandese, solitario ed elusivo quant’altri mai
(nato e morto a Dublino, rispettivamente nel 1814 e nel 1873), la cui vita è stranamente
silenziosa come quella d’un monaco o d’un fantasma, anche mentalmente; basta imbattersi in
quel nome durante la lettura di un volume di storie del soprannaturale, per sentire evocare le
forze misteriose dell’inconscio e farsi trasportare in qualche dimensione sconosciuta, popolata
da sottili presenze, da indizi inquietanti, da arcane e inesplicabili suggestioni oniriche, ora
angoscianti e spaventose, ora languide e dolcemente sensuali, ora bizzarre e surreali, ed ora,
infine, decisamente angosciati e spaventose.
La cosa strana è che egli, in vita, non pensava affatto che sarebbe divenuto celebre per le
sue storie del mistero e del soprannaturale, alle quali dedicò solo una parte delle sue
notevolissime energie intellettuali, lottando contro una accentuata tendenza alla malinconia e
alla depressione, che crebbe a dismisura dopo la morte della moglie amatissima, che gli aveva
dato quattro figli, (1858) e che lo spinse, proprio come sarebbe accaduto all’americano H. P.
Lovecraft, a condurre una strana vita da nottambulo, uscendo di casa pochissimo e solo col
buio, e trascorrendo quasi tutte le notti a scrivere come un forsennato, a lume di candela,
mescolando il sonno alla scrittura come per lasciarsi ispirare, o “possedere”, dalle oscure
presenze della notte; e dormendo poi buona parte del giorno, come uno strano animale, se non
proprio come uno di quei vampiri che egli fu uno dei primi, se non il primo, a rievocare nelle
pagine dei suoi racconti, ispirando, fra gli altri, Bram Stoker (che apparteneva alla generazione
successiva, essendo nato nel 1847), col suo celeberrimo Dracula, e col suo meno noto, ma
non meno bello,
L’ospite di
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Dracula
(cfr. il nostro articolo: “
L’ospite di Dracula”, racconto gotico poco noto di Bram Stoker,
pubblicato sul sito di Arianna Editrice in data 24/02/2008).
Sia Le Fanu che Lovecraft sognavano, e sognavano moltissimo, con un accanimento
spasmodico, quasi avessero voluto fuggire via da questa vita per entrare nel segreto di quell’
altra,
appena intravista nell’infanzia e mai più del tutto scordata; sia l’uno che l’atro lavoravano di
notte, pensavano di notte, vivevano di notte; sia l’uno che l’altro si facevano quasi dettare i loro
racconti da ciò che avevano visto in sogno, dalle oscure e inafferrabili entità che popolavano, in
maniera stranamente nitida e “reale” (principe di Polonia di Calderon de la Barca, che te ne
pare di questo canovaccio?), le loro notti irrequiete e i loro sogni profondi, allucinati, nei quali
venivano trasportati in un “altrove” nel quale tutto diventa possibile, perché cadono e si
sbriciolano come sabbia le pareti che dividono il possibile dall’impossibile (o che non crediamo li
dividano…), perché esistono solo nella dimensione razionale della nostra vita ordinaria.
Alcuni romanzi di Le Fanu, come Lo Zio Silas e La vendetta del lago (titolo originale: Il
baronetto posseduto
), e alcuni dei suoi racconti, come
Carmilla
,
Il tè verde
,
Schalken il pittore
,
Il giudice Harbottle
, sono dei veri gioielli nel genere del mistero e del soprannaturale, e spiccano per la loro grazia
strana e quasi incongrua: come se l’autore avesse voluto avvolgere nella dolcezza e nella
fragranza di uno stile carezzevole e di una pittoricità da consumato acquarellista, una realtà
morbosa e indicibile, la quale, tuttavia, giace sempre un passo più in là della nostra facoltà
visiva e, pertanto, ci ossessiona proprio per quel suo non rivelarsi mai pienamente, pur
lasciando intuire abbastanza di sé, da provocare una angosciosa consapevolezza che è
impossibile ignorare. Il tutto, peraltro, reso più gentile, e stranamente seducente, da una
sottilissima, garbata ironia che qua e là, misteriosamente, e tuttavia, chi sa come, naturalmente,
si insinua nella pagina e che, se da un lato alleggerisce la tensione drammatica del racconto,
dall’altro, non di rado, contribuisce sapientemente ad accentuarla, proprio per la sua strana e
fredda estraneità, e quasi per la sua oggettività scientifica, come se Le Fanu stesse
descrivendo qualche cosa di talmente reale, di talmente certo, da poterlo descrivere, senza
tema di smentite, guardandolo attraverso la lente implacabile dello studioso e non già
coprendolo dietro i veli della vaghezza e della lontananza. Ed è da questo curioso
atteggiamento di distaccata scientificità che nasce, quasi evocata inconsciamente, la figura del
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dottor Hesselius, improbabile e imperturbabile studioso tedesco, espertissimo in fenomeni del
paranormale e del soprannaturale, questo insolito investigatore dell’occulto che sarà, anch’egli
(come, del resto, il celeberrimo vampiro Carmilla: che è, colpo di genio, un vampiro al
femminile) l’antesignano e quasi l’annunciatore di tutta una serie di suoi eredi e successori, dal Carnacki di William Hope Hodgson (1877-1918) al Jules de Grandin di Seabury Quinn
(1889-1969).
Ci eravamo già occupati di lui nel corso di diversi articoli, in particolare in quelli intitolati I
paesaggi rappresentati da un artista sono finestre aperte su di un’altra dimensione?
e
Quel senso d’infinita beatitudine nell’ultimo raggio del sole al tramonto
(pubblicati sul sito di Arianna Editrice, rispettivamente in data 30/12/2009 e 20/01/2012). Ha
scritto il regista, drammaturgo e attore Riccardo Reim nel saggio
Il principe invisibile
(in: J. S. Le Fanu,
Carmilla
; traduzione di Roberta Formenti, Milano, Mondolibri, 2009, pp. 9-10):
…L’odierna fortuna di Le Fanu (che dopo la sua morte rimase nel dimenticatoio per circa due
generazioni), mentre oggi, in pratica, non esce un’antologia di storie nere o fantastiche che non
contenga almeno un suo racconto) si deve soprattutto all’autorevole – e in fatto di fantasmi
davvero inappellabile – giudizio di Montague Rhodes James. Il “provost” di Eton (autore anche
lui di elegantissime storie del soprannaturale come “The Treasure of Abbot Thomas”, “The
Mezzotint”, “The Ash-tree”, “A school story”…) pubblicò infatti nel 1923 un’antologia di racconti
“ritrovati” dello scrittore irlandese, “Madam Crowl’s Ghost and Other Tales of Mistery”, corredata
da una breve ma entusiastica prefazione nella quale si riconosceva a Le Fanu “un posto
assolutamente in prima fila tra gli scrittori di storie di fantasmi”, al pari, se non di più, di Scott e
di Dickens: “Nessuno sa allestire il palcoscenico meglio di lui; e nessuno meglio di lui sa
aggiungere poi il dettaglio efficace” (M. R. James, a cura di, J. S. Le Fanu, “Madam Crowl’s
Ghost and Other Taleof Mistery”, G. Bell & Son, London, 1923). Dettagli, appunto; e mai
pleonastici. Spie, tracce, indizi: minuzie che hanno un rapporto per lo meno simbolico con la
trama in modo tale da far apparire ogni cosa rivestita di un significato potenziale.
“Il modo di scrivere di Le Fanu era piuttosto curioso”, osserva David Punter, “in quanto egli
lavorava in termini di racconti brevi, novelle e romanzi, ma il più delle volte usando delle
strutture d’intreccio notevolmente simili per tutti e tre i diversi generi” (cfr. D. Punter, “Storia
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della letteratura del terrore”), e, bisogna aggiungere, in modo assai sofisticato e spesso con
sottile ironia motivi ”gotici” stabiliti sulla sia di Maturin e della Radcliffe. Ma c’è dell’altro, e ce lo
rivela il figlio minore dello scrittore nei suoi ricordi raccolti e pubblicati nel 1916 da S. M. Ellis: “Il
suo metodo di lavoro era alquanto particolare. Usava scrivere soprattutto di notte, a letto,
adoperando dei grossi quaderni rilegati. Vi erano sempre due candele sul comodino, e una di
queste veniva lasciata accesa anche mentre si concedeva qualche breve sonno. Risvegliatosi
verso le due del mattino, si preparava del tè molto forte – ne beveva tantissimo -, poi scriveva
ancora un’ora o due, in quel breve periodo strano della notte in cui la vitalità umana sembra
venire meno e si dice che le potenze occulte prendano il sopravvento. Non c’è quindi tropo da
stupirsi, con il cervello così costantemente in attività giorno e notte a creare vicende terribili
misteriose, se Le Fanu fu spessissimo tormentato da sogni orrendi” (“The Bookman”, ottobre
1916).
Dunque “The Invisibile Prince” (così lo avevano affettuosamente soprannominato i pochi
amici) pare quasi volersi identificare, soprattutto dopo la morte della moglie avvenuta nel 1858,
negli obliqui personaggi partoriti dalla sua stessa fantasmi: “In quegli ultimi anni di vita usciva di
radio da questa clausura, sempre di sera e col buio, per recarsi negli uffici della sua rivista
oppure nella bottega di qualche libraio antiquario alla ricerca di opere sulla demonologia o sui
fantasmi” (“The Bookman”, c. s.). Non si direbbe la descrizione del protagonista di qualche
“ghost-story” scritta nel pieno rispetto di tutte le regole? Le tenebre, la solitudine, il silenzio, la
tremolante luce delle candele entrano ormai a far parte integrante della vita dello scrittore, che
negli ultimi quindici anni di lavoro dà il meglio di sé con una quindicina di stupendi racconti
(come […] il celebre “Carmilla”, per l’appunto, o “Madam Crowl’s Ghost”, il racconto preferito da
M.R. James) e con il più riuscito dei suoi romanzi, “Uncle Silas” (1864), “che si potrebbe
giustamente ritenere il primo capolavoro inglese propriamente gotico dai tempi di “Melmoth the
Wanderer”. Si direbbe quasi che sottraendosi man mano alla realtà tangibile Le Fanu acquisti
forza e lucidità nella scrittura, che riesca a trovare una qualche segreta fonte di energia e di
ispirazione. Una strana coincidenza? Un”allarmante “infiltrazione”? O forse un estremo,
indecifrabile tradimento del reale, un ulteriore “tale of mistery” ancora tutto da scrivere?...”
Sheridan Le Fanu è stato anche un maestro della parola allusiva, del non detto, del suggerito;
e lo è stato con una levità di tratto e con un sapienza di senso della misura, che potrebbero
insegnare molto a chi li sapesse cogliere nel loro gusto valore. Si prenda il caso della
personalità di Carmilla, la protagonista del suo racconto probabilmente più famoso. Questa
donna vampiro è, senza dubbio, attratta dalle ragazze dolci e ingenue; ma la sua
omosessualità, benché debba essere esplicita, nelle pagine di Le Fanu è solamente accennata,
o meglio, è narrata con tale riserbo e, si direbbe, con tale pudore, che si stenterebbe a
penetrarla in tutta la sua portata e ad afferrarne il pieno significato, se non vi fossero degli indizi
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pressoché inequivocabili al riguardo; e si resterebbe in sospeso, incerti nel giudizio, come lo è
fanciulla che diventa l’oggetto delle sue morbose – e pericolosissime – attenzioni. Quale
abissale distanza da quegli scrittori e, soprattutto, da quei registi cinematografici e televisivi, i
quali, negli ultimi anni, si sono impadroniti del soggetto, e che hanno fatto del binomio
vampirismo-omosessualità una bandiera da sventolare, senza riguardi e senza alcun senso di
mistero, con la stessa eleganza e con la stessa delicatezza che ci si può aspettare da un bufalo
che faccia irruzione in un negozio di porcellana! Ma questa osservazione non vale solo nel caso
specifico di questo personaggio, né solo per questo autore. La letteratura e il cinema del
mistero e del terrore soprannaturale hanno fatto polpette dell’elemento più prezioso che
contraddistingue questo particolare genere: ossia della capacità di suscitare forti sensazioni,
senza mai mettere il soprannaturale in piena luce: perché, qualora lo si faccia, lo si rende
penosamente goffo, se non ridicolo; e anche perché si tratta di una impossibilità logica e
artistica: come si potrebbe mostrare apertamente ciò che, per definizione, non appartiene a q
uesto
mondo?
Povero Le Fanu. Incompreso allora; incompreso adesso che, a tanta distanza dalla morte, è
divenuto celebre. Chi sa cosa penserebbe di esser divenuto noto a tutti i lettori del genere
gotico, a queste condizioni e in una simile prospettiva. Già la sua vita non è stata felice: è stata
un pallido pellegrinaggio fra le ombre della notte, in un mondo di sogni e incubi popolati da
presenze malefiche o, comunque, minacciose. Dopo essere rimasto vedovo, i suoi quattro figli
non sono bastati a riempirgli il vuoto immenso lasciato dalla moglie, la bellissima Susan Bennet,
dopo quattordici anni di matrimonio. Si è rifugiato sempre più nelle ombre della notte,
inseguendo i suoi fantasmi e i suoi rimpianti; e ha perso il contatto con il mondo dei vivi. Vi sono
persone che cercano la solitudine per nascondersi e altre che la cercano per ritrovarsi. Alla
prima categoria appartengono gli sconfitti; alla seconda, i mistici e gli assetati di assoluto. Gli
uni cercano un sollievo alla loro debolezza e alla loro incapacità di vivere la vita sino in fondo;
gli altri sono dei forti, che cercano il mezzo per liberarsi del fardello del loro ego e per lasciarsi
riempire dalla pienezza di Dio. Le Fanu sembra essere appartenuto alla prima categoria. La sua
anima era abbastanza grande da sentire ciò che le mancava, e il suo genio poetico era
abbastanza sviluppato da saperlo formulare; però la sua volontà e, forse, la sua fibra morale,
erano impari al compito di fare il salto di qualità per passare – come direbbe Kierkegaard - dalla
dimensione estetica a quella etica, e trascendere così la propria infelicità, riportando la vittoria
sulle sue delusioni e sulle sue amarezze.
È un peccato che un uomo della sua intelligenza, della sua sensibilità e della sua capacità di
lavoro non sia riuscito a trasformare il dolore della perdita in una superiore consapevolezza
della vita e della morte. In fin dei conti, è questo che dovrebbe fare uno scrittore, e che ci si
aspetta da lui; o no?
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Francesco Lamendola
Francesco Lamendola è nato a Udine nel 1956. Laureato in Materie Letterarie e in Filosofia, è
abilitato in Lettere, in Filosofia e Storia, Filosofia e Pedagogia, Storia dell’Arte, Psicologia
Sociale. Insegna nell’Istituto Superiore “Marco Casagrande” di Pieve di Soligo e ha pubblicato
una decina di volumi tra saggi storici, musicali, filosofici, di poesia e di narrativa, di cui
ricordiamo “Galba, Otone, Vitellio. La crisi romana del 68-69 d.C.”, “Il genocidio dimenticato. La
soluzione finale del problema herero nel sud-ovest africano”, “Metafisica del Terzo Mondo”,
“L’unità dell’Essere”, “La bambina dei sogni e altri racconti”, “Voci di libertà dei popoli oppressi.”
Fogli Sparsi (E-Book). Collabora con numerose riviste scientifiche (tra cui “Il Polo” dell’Istituto
Geografico Polare e “L’Universo” dell’Ist. Geogr. Militare) e letterarie, su cui ha pubblicato
diverse centinaia di articoli e a siti internet “Arianna Editrice”, “Edicola Web” ,”Libera Opinione” e
“il Corriere delle Regioni” Quaderni culturali: Giornale Web animato aggiornato sui suoi ultimi
scritti. Tiene conferenze per la Società “Dante Alighieri” di Treviso, per l’”Alliance Française”,
per l’Associazione Italiana di Cultura Classica, per l’Associazione Eco-Filosofica, per l’Istituto
per la Storia del Risorgimento, “Alfa e Omega”, “Il pensiero mazziniano” e per varie
Amministrazioni Comunali, oltre alla presentazione di mostre di pittura e scultura.
Archivio sinottico di tutti gli articoli di Francesco Lamendola clicca: Archivio sinottico “Francesco Lamendola”
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Altre notizie su: www.ariannaeditrice.it
In redazione il 1° Maggio 2016
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