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CDL Lingua e letteratura: studi italiani ed europei
Anno accademico 2013 ⎼ 2014
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Prof. Giuseppe Massara
Poetiche del sublime nella letteratura inglese
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Il vampiro come immagine mentale:
suggestioni pittoriche in Carmilla
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Marianna Bruni
matricola 1212657
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I richiami artistici nell’opera di J. S. Le Fanu sono stati rilevati dalla critica, che ha messo in
relazione uno dei principali attacchi vampirici di Carmilla a Laura con il quadro Incubo
(1871) di Johann Heinrich Füssli, di cui il prof. Massara ha già parlato a lezione.
In effetti, la descrizione di Le Fanu sembra descrivere, in parte, in quadro:
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Johann Heinrich Füssli, Incubo (1781)
I had a dream that night that was the beginning of a very strange agony.
I cannot call it a nightmare, for I was quite conscious of being asleep.
But I was equally conscious of being in my room, and lying in bed, precisely as I actually
was. I saw, or fancied I saw, the room and its furniture just as I had seen it last,
except that it was very dark, and I saw something moving round the foot of the bed,
which at first I could not accurately distinguish. But I soon saw that it was a sooty-black
animal that resembled a monstrous cat. It appeared to me about four or five feet long for
it measured fully the length of the hearthrug as it passed over it; and it continued to-ing
and fro-ing with the lithe, sinister restlessness of a beast in a cage. I could not cry out,
although as you may suppose, I was terrified. Its pace was growing faster, and the room
rapidly darker and darker, and at length so dark that I could no longer see anything of it but
its eyes. I felt it spring lightly on the bed. The two broad eyes approached my face, and
suddenly I felt a stinging pain as if two large needles darted, an inch or two apart, deep
into my breast. I waked with a scream. The room was lighted by the candle that burnt
there all through the night, and I saw a female figure standing at the foot of the bed, a little
at the right side. It was in a dark loose dress, and its hair was down and covered its
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shoulders. A block of stone could not have been more still. There was not the slightest
stir of respiration.
As I stared at it, the figure appeared to have changed its place, and was now nearer the
door; then, close to it, the door opened, and it passed out1.
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Carmilla nasce nel 1871 dalla penna dello scrittore irlandese Joseph Sheridan Le Fanu e
fa parte, insieme a The Vampire di J. W. Polidori, a Varney the Vampyre di T. P. Prest e J.
M. Rymer, e a Dracula di Bram Stoker, dei testi canonici che definiscono l’immaginario
vampiresco.
Tra le quattro opere citate, pubblicate nel corso di tutto l’Ottocento a distanza di ventiventicinque anni l’una dall’altra, quella di Le Fanu é l’unica che manifesta, fin dal titolo, la
presenza di un villain al femminile.
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La figura del vampiro Carmilla, è una figura di donna molto particolare, che reca in sé
aspetti fortemente contraddittori, volontà di potenza e di annientamento insieme. Risponde, per certi versi:
- all’immaginario letterario italiano di fine ‘800 - primi ‘900, che assiste al crollo definitivo
della concezione classica della donna angelicata, modello di onestà e virtù, e alla
nascita della donna vampiro come femme fatale, simbolo della passione perversa e
sfrenata che porta alla rovina fisica e intellettuale di chi è ghermito dalla sua voluttà
(Scapigliati, D’Annunzio).
- all’immaginario pittorico che, traendo spunto dai miti e da episodi biblici, presenta figure
di donna forte e risolute, come quelle di Giuditta, di Salomè o di Lilith (tutte donne
consce della propria bellezza, del proprio fascino, della maniera più fruttuosa per
utilizzarli, per raggiungere i propri scopi e così riuscire a sopraffare l’uomo)
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In particolare, l’immagine pittorica della donna vampiro si rifà a due figure mitiche: Lamia e
Lilith, rappresentate spesso nelle opere dei pittori preraffaelliti.
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La Confraternita dei Preraffaelliti viene fondata in Inghilterra, nel 1848, per opera di tre
artisti: William Holman Hunt (1827-1910), John Everett MIillais (1829-1896); Dante Gabriel
Rossetti (1828-1882). Come il nome lascia intuire, i preraffaelliti individuano i propri
modelli pittorici negli artisti che precedono Raffaello, accusato di aver fatto dell’arte
un’attività esclusivamente intellettuale. I temi privilegiati dalla Confraternita sono temi
biblici, medievali, letterari (soprattutto Shakespeare), perché «concepiscono la pittura
come una narrazione figurata, che però vogliono veritiera, contenuta, profondamente
ispirata»2.
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1
J. S. LE FANU, Carmilla, Waxkeep Publishing, 2013, E-book, cap. XII, pp.106-108
2
G. C. ARGAN, L’Ottocento, Sansoni, Milano, 2006, p. 188
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Herbert James Draper, Lamia (1909)
John Collier, Lilith (1892)
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Dante Gabriel Rossetti, Lady Lilith (1868)
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Lamia secondo il mito greco é la bellissima figlia di Belo, re della Libia. Lamia ruba il cuore
di Zeus e si accoppia con lui. Così Era, gelosa, per vendicarsi uccide i figli dei due amanti.
Allora Lamia, addolorata e furiosa, sfoga il proprio dolore divorando i figli di altre madri, in
genere succhiando il sangue dai bambini. Questo comportamento demoniaco trasfigura la
bellezza di Lamia, che si trasforma in un essere dall’aspetto orribile, capace però di
apparire attraente agli occhi degli uomini per sedurli e berne il sangue.
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Lilith è anch’essa una figura che ritorna spesso nelle più antiche religioni: in quella
mesopotamica e soprattutto in quella ebraica. Secondo la Cabala ebraica, Lilith è la prima
moglie di Adamo, precedente ad Eva. La storia barra che Lilith si giudicava pari all’uomo, e
quindi non voleva giacere sotto Adamo. Non volendosi sottomettere, Lilith nominò il nome
di Dio e scappò dal paradiso, rifugiandosi nella zona del Mar Rosso, dove si accoppiò con
i demoni che vi abitavano, e cominciò a perseguitare i neonati, succhiando loro l’energia
vitale, in quanto progenie della propria sostituta Eva.
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Nell’iconografia, Lilith viene quasi sempre accompagnata dal serpente, è quindi
rappresentata come antitesi della Madonna che schiaccia il serpente, simbolo del male e
del peccato.
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Tutto ciò è facilmente riscontrabile nell’opera di Collier, in cui Lilith appare come una
donna dai lunghi capelli rossi e dalle forme sinuose, che si lascia avvolgere con serenità
nelle spire del serpente. Il viso é angelico e bellissimo, non mostra alcun segno di
turbamento. La donna ha gli occhi chiusi e il capo reclinato all’indietro, segnale del
completo abbandono al serpente, che sembra sussurrare lusinghe al suo orecchio. Il suo
busto si torce all’indietro per accompagnare il movimento sinuoso del serpente, la cui
spirale é completa grazie alla posizione del braccio della donna, come se donna e animale
fossero già un tutt’uno.
Diversa é invece la Lilith di Rossetti, che é, a tutti gli effetti una lady, una lady vittoriana
che viene ritratta nell’intimità della propria camera, mentre é intenta a spazzolarsi i capelli
allo specchio. Qui non c’è il serpente, simbolo della colpa, della malvagità, della
tentazione, ma ci sono altri elementi iconografici che rimandano alla dimensione più
erotica e provocante del mito:
- i lunghi e ricci capelli rossi, spostati tutti su una spalla, in maniera tale da esporre la
parte del corpo nuda;
- la posizione della donna, inclinata di tre quarti al fine di mostrare collo, spalla, e parte
del seno nudo a chi guarda
- il richiamo tonale del rosso, un colore primario: un rosso intenso, brillante, che richiama
il sangue e la passione, e individua la struttura dell’immagine. Dal basso verso l’alto:
rosso é il papavero, il nastro vezzosamente legato al polso della donna, le labbra, i
capelli. Non c’è la spirale avvolgente della Lilith di Collier, ma una tensione sessuale ed
erotica, che unisce elementi naturali (i fiori della stanza, il bosco sullo sfondo) e spirituali
(la donna angelica, eterea). Ma è pur sempre un erotismo demoniaco, mortifero: il
papavero in primo piano è il simbolo della morte, le rose bianche sullo sfondo
rappresentano invece la sterilità. L’opera esprime così la verità, gli aspetti contrastanti e duali dell’epoca vittoriana.
La ripresa di tutti questi elementi si ha nella Lamia di Draper, che unisce e sovrappone i
due miti di Lilith e Lamia.
Qui Lamia è rappresentata come una donna a seno scoperto, dai lunghi capelli rossi, che,
appoggiata a una roccia, tiene in mano un papavero e guarda il piccolo serpente che le
cammina sull’avambraccio.
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Sia il papavero che il serpente sono piccoli, occupano poco spazio all’interno dell’opera,
quindi a una prima occhiata sembrerebbero non avere importanza. In realtà, tutta la
struttura dell’opera, che parte dal piede nudo di Lamia e sale su in una perfetta diagonale
fino al serpente, mira a individuare quegli elementi, e quella tensione ascendente che già
c’era nella Lilith di Rossetti.
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E’ interessante notare che Rossetti scrive sulla stessa rivista sulla quale viene pubblicata
per la prima volta Carmilla, ossia: The Dark Blue.
!Quindi, tutti questi elementi li ritroviamo negli aspetti “dominanti” e “dirompenti” di Carmilla:
!- nella sua bellezza disarmante, magnetica, che inibisce
- nella descrizione e nell’uso dello sguardo e della voce dolce, bassa, melodica, suscitatrice di
lusinghe
- nel “potere” persuasivo che Carmilla esercita sia sulle proprie vittime (quindi donne) che sulle
figure maschili
- nella sua forza sovrumana
!Ma, in realtà, la vampira ideata da Le Fanu diverge dai due archetipi finora descritti e incontrati
nell’arte, perché:
!- le sue vittime sono solo donne, e quindi non rappresenta una vera e propria minaccia
all’autopreservazione dell’uomo (così come la intende Freud nel saggio sul perturbante)
- ha una forte dimensione erotica, é vero, però è una dimensione erotica che non esercita sugli
uomini
- e in più, quest’erotismo non è un erotismo forte, manifesto, violento, ma esprime più un
desiderio, un vagheggiamento: é più una tensione lirica e un eros, a tutti gli effetti, malinconico.
!Carmilla,
infatti, come Laura, viene descritta come un personaggio estremamente malinconico.
La parola melancholy, declinata nelle sue varie forme, ricorre 15 volte nel testo; mentre la parola
languor, anch’essa declinata in vario modo, ricorre 13 volte.
Sono parole usate per descrivere entrambe le ragazze, che si riferiscono: agli occhi, allo sguardo,
all’ espressione del volto, al sorriso, alla voce. Sono termini che si riferiscono innanzitutto all’aspetto fisico, a una dimensione sensibile e visibile.
Il languore é soprattutto la caratteristica che si associa al vampiro, e alla patologia del vampiro così
come riportata nei trattati del Settecento.
Tuttavia, sono aspetti esteriori che identificano una condizione, un atteggiamento interiore.
!E’ interessante notare che la prima a presentare i segni dell’umore nero e a venir descritta come
malinconica é Laura, che vive da sola, con il padre la balia e l’istitutrice in uno schloss deserto,
senza amici, e in contatto solo con personaggi vecchi e anziani: dal padre, ai dottori che la
visitano, al generale che la salva insieme al barone.
!E’ quindi Laura che vive quell’esasperazione del desiderio che la porta a evocare il vampiro,
presenza che può soddisfarla oppure annientarla. Non è un caso che sia Laura a sollecitare il
padre ad accogliere Carmilla nel castello.
!La malinconia di Laura si trasfigura e manifesta attraverso Carmilla, che ne é l’incarnazione. In
questo modo, il vampiro diventa un’immagine mentale, una proiezione di sè, dell’individuo e dei
suoi disagi e conflitti.
!Questo aspetto “mentale” del vampiro viene notato anche da Attilio Brilli, che scrive:
! Che Laura e Carmilla siano il frutto della decomposizione psicologica di uno stesso
personaggio, in sé complesso e contraddittorio, non è solo attestato dalla medesima
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età delle due ragazze, ma soprattutto dal fatto che nelle loro vene scorre lo stesso
sangue, come lascia intendere l’agnizione del ritratto3.
!Ed é probabilmente proprio in questo senso che vada intesa l’opera dell’artista metafisico Giorgio
De Chirico, che rende omaggio allo scrittore irlandese con il quadro del 1929, intitolato Carmilla o
La maison de Carmilla.
Giorgio De Chirico, Carmilla (1929)
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Il dipinto mostra, in primo piano, uno strano edificio rosato, una casa alta, stretta e lunga,
che espone, sulle due facciate visibili, diverse finestre, come nella rappresentazione di Le
Fanu: «you wandered through these fantastically illuminated grounds, the moon-lighted
chateau throwing a rosy light from its long rows of windows»4.
Tuttavia, il collegamento della costruzione di De Chirico con lo schloss dove abita Laura
non é immediato, nemmeno se si considera la prima descrizione presente nel romanzo:
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3
A. BRILLI, Gli anagrammi del sangue, in J. S. LE FANU, Carmilla, Sellerio, Palermo, 1980 p.140
4
J. S. LE FANU, cit., cap. XI, p. 159 In realtà, lo «chateau» al quale Le Fanu si riferisce non é
propriamente lo schloss di Laura, ma quello dove Carmilla, sotto il nome di Millarca, incontra
Bertha. Quest’ultima però, non va dimenticato, è l’alter ego, la prefigurazione di Laura, quindi
anche per i castelli vale lo stesso gioco speculare.
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Nothing can be more picturesque or solitary. It stands on a slight eminence in a
forest. The road, very old and narrow, passes in front of its drawbridge, never
raised in my time, and its moat, stocked with perch, and sailed over by many
swans, and floating on its surface white fleets of water lilies.
Over all this the schloss shows its many-windowed front; its towers, and its
Gothic chapel.
The forest opens in an irregular and very picturesque glade before its gate, and
at the right a steep Gothic bridge carries the road over a stream that winds in
deep shadow through the wood. I have said that this is a very lonely place5.
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Mancano, in De Chirico, tutti gli elementi più propriamente gotici: la foresta, il ponte
levatoio con il fossato, le torri, la cappella. L’artista sembra proprio aver voluto riprodurre
l’immagine della vampira in un universo più intimo, quotidiano, vicino all’osservatore,
senza per questo rinunciare a suscitare un effetto perturbante, ma anzi, riuscendo quasi
ad intensificarlo, inserendo la vampira, o ⎼ per lo spettatore meno colto ⎼ l’ignoto, in
un’ambientazione più familiare e rassicurante.
Nella prima finestra della casa, infatti, si individua il profilo di una figura ombrosa, scura,
indefinita: probabilmente una donna, perché si intuiscono i contorni di una folta e lunga
capigliatura. Potrebbe essere Laura, e le spirali nere che sovrastano l’abitazione
potrebbero rappresentare la minaccia del vampiro che penetra nella dimora, nella mente e
nel corpo della fanciulla. Anche il vago mobilio che si intravede alle spalle della donna
potrebbe richiamare quello della camera di Laura: «rude, lofty, brown room, with the
clumsy furniture of a fashion three hundred years old […] and the scanty light entering its
shadowy atmosphere through the small lattice»6.
Ma, se si osserva con attenzione, la figura femminile occupa quasi l’intera finestra e la sua
statura sembra enorme, sproporzionata rispetto al resto del dipinto, quindi é più plausibile
credere che sia Carmilla. In effetti, la più grande delle spirali entra dalla finestra, la
attraversa laddove c’è la figura misteriosa, ed esce dall’altra parte, come a voler ribadire il
concetto di un malessere interno, che si estende e diffonde all’ambiente circostante.
5
Ivi, cap. I, p. 7
6
Ivi, p. 17
8
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BIBLIOGRAFIA
ARGAN GIULIO CARLO, L’arte moderna: l’Ottocento, nuova edizione a cura di Paola
Argan, Cristina Boer, Lucia Lazotti, Sansoni per la scuola, Milano, 2006
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ARGAN GIULIO CARLO, L’arte moderna: il primo Novecento, nuova edizione a cura di
Paola Argan, Cristina Boer, Lucia Lazotti, Sansoni per la scuola, Milano, 2006
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BRILLI ATTILIO, Gli anagrammi del sangue, in LE FANU JOSHEPH SHERIDAN, Carmilla,
Sellerio, Palermo, 1980
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FREUD SIGMUND, Il perturbante, a cura di C.L.Musatti, Roma, Theoria, 1993
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GIOVANNINI FABIO, Il libro dei vampiri: dal mito di Dracula alla presenza quotidiana,
Dedalo, Bari, 1997
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LE FANU JOSHEPH SHERIDAN, Carmilla la vampira, traduzione e cura di Fabio
Giovannini (in appendice: una nuova traduzione integrale del poema Christabel di Samuel
Taylor Coleridge e un inserto illustrato Vampireide, 30 eredi di Carmilla), Stampa
alternativa, Viterbo, 2011
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LE FANU JOSHEPH SHERIDAN, Carmilla, Waxkeep Publishing, 2013, E-book
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PRAZ MARIO, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, Firenze,
1988
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PUNTER DAVID, Storia della letteratura del terrore: il gotico dal Settecento ad oggi, Editori
riuniti, Roma, 1997
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SILVANI GIOVANNA, Analisi di un racconto gotico: Carmilla di J.S. Le Fanu, Quaderni
dell’Istituto di lingue e letterature germaniche, Bulzoni, Roma, 1984
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TETI VITO, La melanconia del vampiro, Manifestolibri, Roma, 1994
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