FLC Pisa Aspettativa per motivi di famiglia-personali

Transcript

FLC Pisa Aspettativa per motivi di famiglia-personali
1
FLC Cgil Toscana
(Firenze, 28/04/2016)
Aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio: come, quando
e per quali motivi è possibile la fruizione.
(Da “Orizzonte Scuola” del 29/09/2015 – Con aggiunte della FLC Toscana)
Indice (FLC Cgil Toscana)











LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
TIPOLOGIA DI PERSONALE A CUI PUÒ ESSERE CONCESSA
DURATA, RETRIBUZIONE E VALUTAZIONE DEL SERVIZIO
PER QUALI MOTIVI È POSSIBILE RICHIEDERE UN PERIODO DI ASPETTATIVA
RICHIESTA E "MOTIVATA DOMANDA"
TEMPI DI CONCESSIONE ED EVENTUALE DINIEGO
APPROFONDIMENTO (FLC Cgil Toscana): CUMULO DI ASPETTATIVE E PROROGHE PER
MOTIVI ECCEZIONALI (particolare gravità)
o Il cumulo
o Le proroghe per motivi di particolare gravità
APPROFONDIMENTO (FLC Cgil Toscana): INTERRUZIONE DELL’ASPETTATIVA
o Da parte del dirigente preposto
o Da parte del dipendente
POSSIBILITÀ DI SVOLGERE ALTRO LAVORO
APPROFONDIMENTO (FLC Cgil Toscana): ASPETTATIVA e TRATTAMENTO ECONOMICO,
GIURIDICO E PREVIDENZIALE
Appendice (FLC Cgil Toscana) – La normativa
o CCNL Comparto scuola del 27/11/2007 (articolo 18)
o TU - DPR 10/1/1957, n. 3 (articoli 69 e 70)
o Corte dei Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415
**********
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
L’aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio è espressamente prevista dal vigente
CCNL 29/11/2007 del Comparto Scuola.
L’art. 18 comma 1 recita:
“L’aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli
artt. 69 e 70 del T.U. approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi
speciali che a tale istituto si richiamano. L’aspettativa è erogata dal dirigente
scolastico al personale docente ed ATA. L’aspettativa è erogata anche ai docenti di
religione cattolica di cui all’art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n. 399/1988, ed al
personale di cui al comma 3 dell’art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata
dell’incarico.”
Il comma 2 recita:
“Ai sensi della predetta norma [comma 1] il dipendente può essere collocato in
aspettativa anche per motivi di studio, ricerca o dottorato di ricerca.”
FLC Cgil Toscana: In “appendice” è riportata la normativa (annotata) di riferimento.
TIPOLOGIA DI PERSONALE A CUI PUÒ ESSERE CONCESSA


A tutto il personale assunto a tempo indeterminato (non è necessario aver superato il
periodo di prova);
Ai docenti di religione cattolica, sia a quelli con 4 anni di anzianità, sia a quelli
sprovvisti, al personale docente, educativo ed ATA assunto con contratto a tempo
2
determinato per l’intero anno scolastico (31/8) o fino al termine delle attività didattiche
(30/6). È quindi escluso il personale assunto per supplenza "breve".
DURATA, RETRIBUZIONE E VALUTAZIONE DEL SERVIZIO
L’aspettativa per motivi di famiglia, personali e di studio può essere richiesta senza soluzione
di continuità o per periodi frazionati.
Se fruita senza soluzione di continuità, non può avere una durata superiore a 12 mesi.
Se fruita per periodi spezzettati o frazionati non può superare in ogni caso, nell’arco temporale
di un quinquennio, la durata massima di due anni e mezzo (30 mesi). Il quinquennio da
prendere in considerazione è quello che verrà a scadere nell’ultimo giorno del nuovo periodo di
aspettativa richiesto.
I periodi di aspettativa intervallati da periodi di servizio attivo (non possono essere valutati
servizio attivo né le “ferie” - ex congedo ordinario nel DPR n.3/1957 - né le “assenze per
malattia” - ex congedo straordinario nel DPR n.3/1957) non superiori a sei mesi si sommano ai
fini del raggiungimento del limite di un anno come se fossero continuativi, mentre se il servizio
attivo è superiore a sei mesi il computo del limite massimo riprende dall’inizio.
Per motivi particolarmente gravi è prevista la proroga eccezionale dell’aspettativa di durata
non superiore a sei mesi.
Durante l’aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi di proroga eccezionale) il dipendente non
ha diritto alla retribuzione.
Il tempo trascorso in aspettativa (compresi gli eventuali 6 mesi proroga eccezionale)
interrompe l’anzianità di servizio, non si computa ai fini della progressione di carriera,
dell’attribuzione degli aumenti periodici di stipendio, del trattamento di quiescenza e
previdenza nonché della maturazione delle ferie, della tredicesima mensilità e delle festività
soppresse.
In particolare:
a) Se fruita dal personale con contratto a tempo indeterminato: non è utile ai fini del
compimento del periodo di prova o dell’anno di formazione (docenti neo immessi in
ruolo o che hanno ottenuto il passaggio di ruolo) nonché ai fini della continuità del
servizio valutabile con punteggio specifico nelle procedure di mobilità e nella
graduatoria interna per l’individuazione del personale soprannumerario. A tal proposito
si ricorda che qualora il docente abbia usufruito di periodi di aspettativa per famiglia il
punteggio per i servizi di ruolo e di pre ruolo sarà attribuito per intero, a condizione che
nel relativo anno scolastico l’interessato abbia prestato un servizio non inferiore a 180
giorni.
b) Se fruita dal personale con contratto a tempo determinato fino al 30/6 o 31/8:
interrompe l’anzianità di servizio a tutti gli effetti, pertanto non è utile ai fini delle ferie
e della tredicesima mensilità, dell’anzianità di servizio, del versamento dei contributi e
di conseguenza tale periodo non è valido ai fini del punteggio per l’aggiornamento delle
Graduatorie Permanenti/Esaurimento/Istituto.
PER QUALI MOTIVI È POSSIBILE RICHIEDERE UN PERIODO DI ASPETTATIVA
Per motivi di studio compresa la frequenza di un corso universitario (Corte dei Conti sez.
contr. 3 febbraio 1984, n. 1415).
Sempre per motivi di studio quando, terminato lo specifico congedo per dottorato di ricerca, il
dipendente deve ultimare la stesura della relazione finale (circolare MIUR n. 15, prot. n.
AOODGPER 1507 del 22 febbraio 2011).
[N.d.R. FLC Toscana. Tale possibilità si aggiunge a quella prevista dall’art. 3 del DPR
23/8/1988, n.395 (permessi orari retribuiti per garantire il “diritto allo studio”), diritto poi
disciplinato dalla contrattazione nazionale tramite i contratti integrativi regionali.]
Per motivi personali e familiari.
In questo caso le esigenze del lavoratore possono identificarsi con tutte quelle situazioni
configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in
3
quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come
membro di una famiglia o anche come persona singola (Corte Conti, sez. contr., 3 febbraio
1984, n.1415).
Alla luce di tale configurazione, pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi
gravi (con la connessa attribuzione all’amministrazione di un potere di valutazione della
sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti
dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal
lavoro.
RICHIESTA E "MOTIVATA DOMANDA"
Il dipendente è tenuto a presentare con un ragionevole anticipo (a meno di motivi urgenti e
imprevedibili) motivata domanda (art. 69 del DPR n. 3/1957) redatta per iscritto, in carta
semplice, indirizzata al proprio dirigente scolastico contenente la ragione per cui è richiesta
l’aspettativa, la data di decorrenza e la durata dell’assenza.
Il dipendente è tenuto a prospettare le esigenze familiari da soddisfare, al fine dell’ottenimento
del periodo di aspettativa richiesta (Consiglio di Stato con sentenza del 29 gennaio 2003, n.
444).
Il dipendente dovrà, quindi motivare la richiesta esplicitando, anche in forma riservata, le
condizioni personali, familiari e di studio.
Tale richiesta può essere autocertificata o corredata da idonea documentazione (es. certificato
medico di un familiare nel caso si chieda un periodo di aspettativa per assisterlo).
FLC Cgil Toscana: Si precisa che tale tipologia di aspettativa non si configura come diritto
soggettivo (pertanto, inalienabile come, per esempio, le “ferie” o le assenze per malattia), ma
rappresenta
bensì
un
semplice
interesse
legittimo,
da
valutarsi
da
parte
dell’Amministrazione, in relazione alle esigenze di servizio.
TEMPI DI CONCESSIONE ED EVENTUALE DINIEGO
Il dirigente deve prendere la decisione per la concessione del periodo richiesto entro un mese
dalla data di presentazione della domanda da parte del dipendente; qualora entro tale termine
il dirigente non abbia adottato alcun provvedimento positivo, [il silenzio non equivale ad
accoglimento dell’istanza] (*).
-------------------(*) N.d.R. FLC Toscana.
Non siamo concordi con l’asserzione dell’estensore del documento. Infatti, si precisa che le
nuove norme che regolano i “procedimenti amministrativi” e relativa tempistica, dettate dalla
legge n.35/2012, che ha modificato l'articolo 2 (Conclusione del procedimento amministrativo)
della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante: "Nuove norme in materia di procedimento
amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi", come modificato dalla
citata legge” n.35/2012, impongono alle amministrazioni un termine di 30 giorni per la
conclusione dei procedimenti, oltre i quali l’amministrazione risulta “inadempiente” e da cui
non può verificarsi un danno per il dipendente. Sono quindi disposizioni che rendono assai più
“stringenti” le procedure, tali da determinare, di fatto, l’abrogazione del principio del “silenzio
rifiuto”; che risultava sperequativo rispetto alle attese dei lavoratori. Pertanto, per la
fattispecie, decorso tale termine di 30 giorni, senza alcuna risposta da parte del dirigente, si
considera formato il “silenzio assenso”; conseguentemente il dipendente ha diritto ad
assentarsi “sic et simpliciter”.
Si rileva che il termine dei 30 gg. non vuol dire che il dirigente non possa concedere il periodo
di aspettativa richiesto prima che siano trascorsi i 30 gg., ma solo che dalla richiesta effettuata
dal dipendente alla concessione dell’aspettativa non dovrebbero passare più di 30 gg.:
pensiamo infatti ad una richiesta per motivi di famiglia urgenti e imprevedibili, la morte o la
malattia improvvisa di un congiunto ecc.
Per tali motivi non è opportuno fare passare troppo tempo per la concessione del periodo
richiesto, senza inoltre considerare che il dipendente richiedente l’aspettativa sa che la stessa
non è retribuita (ha diritto solo al mantenimento, senza alcun effetto giuridico ed economico,
del rapporto di impiego).
4
Nel momento in cui il dirigente concede l’aspettativa tale provvedimento assume la veste di
decreto e deve essere trasmesso, unitamente all’istanza in carta semplice prodotta dal
dipendente, alla documentazione eventualmente presentata e al parere favorevole emesso dal
dirigente, alla Ragioneria provinciale dello Stato per il visto di controllo. L’aspettativa infatti
non è retribuita e di conseguenza incide sul trattamento economico.
Il decreto sarà numerato progressivamente ed annotato nell’apposito registro dei decreti.
L’impiegato non ha un diritto ad ottenere la concessione dell’aspettativa, ma soltanto un
interesse, da valutarsi discrezionalmente da parte dell’amministrazione, in relazione alle
esigenze di servizio.
Pertanto, l’amministrazione potrebbe anche:
 Concedere l’aspettativa per una durata inferiore a quella richiesta;
 Differire nel tempo l’accoglimento della stessa richiesta;
 Eventualmente disporre anche la revoca dell’aspettativa già concessa.
In conclusione, il dirigente può respingere la domanda o ritardarne l’accoglimento o ridurre la
durata della aspettativa richiesta, esclusivamente “per motivi di servizio”, che vanno
chiaramente enunciati nel provvedimento.
Nota bene
Il dirigente è sempre tenuto a motivare l’eventuale provvedimento di diniego o di revoca
dell’aspettativa.
L’art. 3, comma 1 della legge 241/1990 (integrato dalla legge 15/2005) indica, infatti, che ogni
provvedimento amministrativo deve essere motivato.
La motivazione deve indicare i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno
determinato la decisione dell’amministrazione, in relazione alle risultanze dell’istruttoria.
Un eventuale diniego, ritardo di accoglimento, riduzione della durata o revoca dell’aspettativa
(vedi anche il successivo punto) dovrà quindi essere sempre motivato dal dirigente e
rispondere ai criteri della trasparenza e dell’imparzialità, per evitare ogni dubbio circa
l’obiettività e l’opportunità delle determinazioni adottate.
È comunque palese che il dirigente scolastico potrebbe negare l’autorizzazione solo in quelle
ipotesi in cui l’assenza del dipendente sarebbe di effettivo impedimento per le esigenze
organizzative della scuola.
APPROFONDIMENTO (FLC Cgil Toscana): CUMULO DI ASPETTATIVE E PROROGHE PER
MOTIVI ECCEZIONALI (particolare gravità)
Il cumulo
La norma del TU del 1957 (articolo 69, comma 4 e articolo 70, comma 1) precisa che
l’aspettativa massima concedibile è di un anno e che, al fine del raggiungimento di tale limite,
concorrono anche più periodi intervallati da riprese dell’attività lavorativa se non superiori a 6
mesi.
Esempio:
Lavoratore che chiede un’aspettativa dal 1/12/2015 al 30/4/2016 (di mesi 5); dal 1/5/2016 al
30/9/2016 (mesi 5) riprende servizio; un’ulteriore aspettativa richiesta dal 1/10/2016 non
potrà eccedere la durata di 7 mesi, in quanto deve essere “cumulata” con quella antecedente,
nel limite massimo di un anno.
Se, invece, la ripresa del servizio tra i due periodi di aspettativa risulta superiore a 6 mesi
(almeno 6 mesi e 1 giorno) questi possono essere anche pari al massimo periodo concedibile di
un anno ciascuno. Pertanto, con riferimento al precedente esempio, il lavoratore potrà
richiedere l’aspettativa di un anno a partire dal 2 novembre 2016; cioè dopo un periodo
“attivo” di almeno 6 mesi e 1 giorno (dal 1/5/2016 al 1/11/2016).
N.B.
In ogni caso, in un quinquennio, non si possono superare i 2 anni e mezzo di aspettativa (*).
Nel computo di questo limite si deve, ovviamente, inserire anche il periodo richiesto e da fruire
che, pertanto, deve essere sommato ai periodi già precedentemente utilizzati.
5
Esempio:
Lavoratore che chiede un’aspettativa dal 1/5/2016 al 31/7/2016 (di mesi 3).
Il quinquennio di riferimento va dal 1°/8/2011 al 31/7/2016.
Se in tale quinquennio i periodi di aspettativa già goduti, sommati al periodo richiesto ex novo,
risultano pari o inferiori a 2 anni e 6 mesi, l’ulteriore richiesto periodo può essere concesso.
Invece, qualora la somma di cui sopra dia luogo ad un periodo superiore ai 2 anni e 6 mesi, la
nuova richiesta di aspettativa non può essere soddisfatta, a meno che il lavoratore non
produca una nuova richiesta con riduzione del “nuovo” periodo al fine di non superare il
predetto limite.
Le proroghe per motivi di particolare gravità
Sono previste dall’art.70, comma 3 del TU – DPR n.3/1957, che, inoltre, demandava la
valutazione delle richieste dei lavoratori appartenenti ai ruoli ATA (in ordine alla sussistenza
della condizione di gravità) al “Consiglio di amministrazione provinciale”.
Poiché l’evoluzione della normativa ha determinato la disapplicazione delle norme attinenti tali
competenze, riteniamo che, allo stato attuale, la valutazione anche delle domande di “proroga
eccezionale dell’aspettativa” del personale ATA spetti unicamente al competente dirigente
scolastico (**).
Per il personale docente, il TU - D.Lgs. 16/4/1994, n.297 (articoli 451 e 452) demandava
tale competenza agli allora direttori didattici e presidi (personale direttivo). Tali articoli sono
stati “disapplicati” con il CCNL 4/8/1995. Ciò non di meno, riteniamo che, a maggior ragione,
la competenza in questione sia devoluta ai dirigenti scolastici (pur in mancanza di esplicita
norma), in quanto gli ex ruoli del personale direttivo sono stati “assorbiti” nel ruolo unico del
personale dirigente della scuola (Comparto V); “nuovo” ruolo che attribuisce a tale personale
maggiori responsabilità e poteri. Pertanto, riteniamo chiaramente implicito che il dirigente
scolastico abbia pieno titolo nel valutare anche le domande di “aspettativa straordinaria” (Cfr.
Art. 25 del TU – D.Lgs n-165/2001).
La proroga in questione si può applicare sia al prolungamento del periodo massimo di un anno,
sia al superamento del limite di 2 anni e mezzo in un quinquennio, come sopra argomentati.
Pertanto:
Nel primo caso il dirigente potrà concedere anche aspettative superiori ad un anno (fino ad un
massimo di 18 mesi), A nostro avvio, però, rimane ferma la condizione relativa al cumulo,
come sopra descritta (due periodi di aspettativa si cumulano quando il rientro in effettivo
servizio non supera i 6 mesi).
Nel secondo caso il dirigente potrà concedere la richiesta dell’aspettativa anche quando viene
superato il limite di due anni e mezzo nel quinquennio; limite che, pertanto, è elevato fino a
tre anni.
Il dirigente, accertata la situazione di gravità, dovrà in ogni caso valutare la consistenza dei
periodi già precedentemente fruiti. Se nel quinquennio di riferimento le assenze per aspettativa
hanno già superato i 2 anni e 6 mesi, l’ulteriore periodo “straordinario” di 6 mesi potrà essere
concesso se entro detto quinquennio (conteggiando anche il periodo aspettativa straordinaria
da fruire) non si superano i 3 anni (2 anni e 6 mesi + 6 mesi straordinari = 3 anni).
Se a tale data il periodo complessivo ammonta a 2 anni e 10 mesi, il dirigente potrà concedere
solo 2 mesi rispetto alla richiesta di 3 mesi… e così via….
Esempio:
Il lavoratore chiede di poter fruire un periodo di aspettativa (per gravi motivi) di 3 mesi, ai
sensi dell’art.70, comma 3 (fino ad ulteriori 6 mesi per motivi di particolare gravità) dal
1/4/2016 al 30/6/2016; pertanto il quinquennio di riferimento si colloca dal 1/7/2011 al
30/6/2016. In questi 5 anni i periodi di aspettativa fruiti non devono superare,
complessivamente, i 2 anni e 9 mesi al fine di poter concedere i 3 mesi richiesti.
-------------------(*) Sulla questione relativa alle assenze da computare nel quinquennio, vedi la nota n.2 all’articolo 70
del TU – DPR n.3/1957.
(**) Per tali competenze, vedi la nota n. 3 all’articolo 70 del TU – DPR n.3/1957.
6
APPROFONDIMENTO (FLC Cgil Toscana): INTERRUZIONE DELL’ASPETTATIVA
Da parte del dirigente preposto
Il comma 3 dell’articolo 69 del TU del 1957 non lascia adito a dubbi sul fatto che
l’Amministrazione può revocare in qualsiasi momento l’aspettativa per ragioni di servizio,
ordinando al dipendente il rientro in servizio. E’ sottointeso che:
- Deve essere dato un termine ragionevole, variabile a seconda l’urgenza che sottende al
rientro in servizio (di norma non inferiore a tre giorni);
- Le “motivazioni” implicanti l’interruzione dell’aspettativa non possono essere né
pretestuose, né di scarsa rilevanza.
Inoltre:
- Il dipendente, qualora ritenga infondate le motivazioni, può sempre proporre “l’atto di
rimostranza”, ai sensi dell’art.17 del già citato TU – DPR n.3/1957: “Articolo 17 (Limiti
al dovere verso il superiore) - L'impiegato, al quale, dal proprio superiore, venga
impartito un ordine che egli ritenga palesemente illegittimo, deve farne rimostranza allo
stesso superiore, dichiarandone le ragioni. Se l'ordine è rinnovato per iscritto,
l'impiegato ha il dovere di darvi esecuzione. L'impiegato non deve comunque eseguire
l'ordine del superiore quando l'atto sia vietato dalla legge penale”;
- Qualora il dirigente, come recita l’articolo 17, confermi l’ordine, il dipendente è
obbligato ad eseguirlo, fermo restando il suo diritto ad adire le vie legali, impugnando
l’atto contestato di fronte al Tribunale del lavoro.
Da parte del dipendente
La norma di legge non prevede esplicitamente la possibilità di interrompere l’aspettativa su
richiesta dello stesso dipendente. Su tale aspetto si è anche pronunciata l’ARAN, proprio con
riferimento al personale del Comparto scuola, con i seguenti “Orientamenti applicativi”:
<<ARAN – Orientamenti applicativi
SCU 25
04/06/2010
Vi è la possibilità di interruzione del periodo di aspettativa per motivi di famiglia?
L’art. 18 del CCNL 29-11-2007, contratto vigente per il comparto scuola, nel trattare
dell’aspettativa di famiglia non ha alcuna previsione né alcun divieto sulla possibilità di
interruzione per alcun motivo di detto istituto.
Detta interruzione si deve però ritenere possibile, se per causa di malattia per l’ipotesi di gravi
patologie che determinano lunghi periodi di assenza, atteso che tale situazione genera
impossibilità di assolvere a doveri lavorativi e a svolgere prestazioni specifiche non
giustificabile con l’aspettativa per motivi di famiglia.
ARAN – Orientamenti applicativi
SCU 39
07/12/2011
L’aspettativa per motivi di famiglia può essere interrotta?
Si ritiene utile rilevare che l’aspettativa per motivi di famiglia o personali, prevista dall’art. 18,
comma 1 del CCNL del 29.11.2007 del comparto scuola, continua ad essere regolata dagli artt.
69 e 70 del D.P.R. n. 3/57, i quali nulla dispongono sulla interruzione di tale aspettativa ma
solo sulla revoca della stessa ad opera del dirigente scolastico per ragioni di servizio.>>
Pertanto, l’autorevole Agenzia, combinando i due “Orientamenti applicativi”, giunge alle
seguenti considerazioni:
1. in linea di principio la norma di legge non prevede la revoca dell’aspettativa da parte del
dipendente. Del resto l’Amministrazione, nel concedere l’aspettativa, avrà sicuramente
provveduto a “riordinare” l’attività lavorativa sulla base del venir meno, per un certo periodo,
7
di quel lavoratore (nella scuola, anche nominando un supplente con regolare contratto a TD).
Pertanto, il rientro “anticipato” potrebbe determinare delle disfunzioni e, per la scuola, una
situazione non gestibile legittimamente rispetto ai termini del contratto stipulato con il
“sostituto”. A tal proposito si ricorda che il vigente CCNL del Comparto scuola non prevede la
risoluzione anticipata del contratto individuale di lavoro a tempo determinato, come la stessa
ARAN ha recentemente precisato con il seguente “Orientamento applicativo”:
<<ARAN – Orientamenti applicativi
SCU 69
14/06/2013
Il contratto stipulato con il supplente si risolve nel caso di rientro anticipato del
titolare?
Si fa presente che l’art. 18 comma 2 lett c) del CCNL 04/08/1995 prevedeva espressamente la
risoluzione del contratto stipulato con il supplente a seguito del “rientro anticipato del titolare”,
questa norma non è stata più ripresa dai successivi CCNL per cui si deve considerare non più
applicabile.>>
2. Ciò non di meno l’Agenzia considera legittima la “sospensione” dell’aspettativa, qualora il
dipendente, entro il periodo in cui questa si svolge, risulti ammalato (inidoneo
temporaneamente). Pertanto, il dipendente, che dovrà richiedere e giustificare la richiesta di
interruzione per motivi di salute, ha diritto allo “scorporo” del periodo di “prognosi” dal periodo
di aspettativa. Esempio: aspettativa richiesta per un periodo di 6 mesi; entro tale periodo si
verifica un malattia con prognosi di 30 giorni; di conseguenza l’aspettativa da computare sarà
ridotta a 5 mesi. Durante il periodo di malattia, ancorché collocato entro due periodi contigui di
aspettativa, il dipendente ha diritto al previsto trattamento giuridico/economico.
Si precisa che:
- per quanto detto nel punto 1 non può comunque verificarsi il rientro anticipato in servizio del
lavoratore rispetto al termine della cessazione dell’aspettativa concessa;
- l’interruzione dell’aspettativa per motivi di salute non concorre al computo del servizio
effettivo minimo (6 mesi) posto tra due periodi di aspettativa al fine di evitare il “cumulo” di
questi (cfr. art. 70, comma 1, del TU – DPR n.3/1957). Esempio: aspettativa richiesta per un
periodo di un anno; all’interno di tale periodo si verifica una malattia della durata continuativa
di 7 mesi; l’aspettativa “consumata” totale sarà, quindi, pari a 5 mesi; ma, in ogni caso, pur
essendo interrotta per più di 6 mesi, concorrerà alla determinazione del limite massimo della
durata di un anno; ciò sta a significare che il dipendente per poter richiedere un altro periodo
di aspettativa deve in ogni caso svolgere un servizio effettivo di almeno 6 mesi.
POSSIBILITÀ DI SVOLGERE ALTRO LAVORO
L’ARAN ad un quesito per il Comparto Enti Locali (ma applicabile anche al personale scolastico)
inerente la possibilità del dipendente di poter svolgere attività lavorativa di natura occasionale
durante un periodo di aspettativa risponde:
<<ARAN - Orientamenti Applicativi
RAL 1004
01/02/2012
Il dipendente può svolgere attività lavorativa di natura occasionale durante un periodo di aspettativa
per motivi personali o familiari, concessa ai sensi dell’art.11 del CCNL del 14.9.2000?
Nessuna norma contrattuale consente, (o potrebbe consentire) al dipendente di poter
instaurare un secondo rapporto di lavoro o lo svolgimento comunque, di altra attività di lavoro
autonomo, anche di natura libero professionale, durante la fruizione di periodi di aspettativa
senza diritto alla retribuzione previsti dall’art. 11 del CCNL del 14.9.2000.
Il primo rapporto, infatti, con tutte le situazioni soggettive che vi sono connesse (ivi comprese
le incompatibilità) sussiste ancora anche se in una fase di sospensione delle reciproche
obbligazioni.
Per quanto attiene alla possibilità ed alla legittimità dello svolgimento da parte del dipendente
in aspettativa per motivi personali di attività lavorativa di natura occasionale (per la quale si
ritiene sia comunque necessaria l’autorizzazione preventiva dell’ente datore di lavoro, secondo
la vigente normativa), trattandosi di una problematica attinente in via prioritaria la definizione
8
della esatta portata applicativa delle vigenti disposizioni in materia di incompatibilità dei
pubblici dipendenti, contenute nell’art. 53 del D.Lgs.n.165/2001, indicazioni potranno essere
fornite solo dal Dipartimento della Funzione Pubblica, istituzionalmente competente in materia
di interpretazione delle disposizioni di legge concernenti il rapporto di lavoro pubblico.>>
In poche parole: anche il dipendente collocato in aspettativa non retribuita è soggetto al
regime delle incompatibilità che vincolano tutti i pubblici dipendenti stabilite dall’art. 60 del TU
- DPR n.3/1957, dall’art. 53 del D.Lgs. n.165/2001 e, per tutti i docenti, dall’art. 508 del
D.Lgs. 297/1994.
Per esempio, l’art. 508 citato prevede che il docente non può esercitare attività commerciale,
industriale e professionale, né può assumere o mantenere impieghi alle dipendenze di privati o
accettare cariche in società costituite a fine di lucro, tranne che si tratti di cariche in società od
enti per i quali la nomina è riservata allo Stato e sia intervenuta l’autorizzazione del Ministero
della pubblica istruzione. Oppure può essere autorizzato all’esercizio di libere professioni che
non siano di pregiudizio all’assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e
siano compatibili con l’orario d’insegnamento e di servizio.
Più in generale la norma prevede che possono essere autorizzati altri incarichi di lavoro che
rispondano a tali condizioni:
- La temporaneità e l’occasionalità dell’incarico. Sono, quindi, autorizzabili le attività non
di lavoro subordinato esercitate sporadicamente ed occasionalmente, anche se eseguite
periodicamente e retribuite, qualora per l’aspetto quantitativo e per la mancanza di
abitualità, non diano luogo ad interferenze con l’impiego;
- L’assenza di conflitto di interessi con l’amministrazione e con il principio del buon
andamento della pubblica amministrazione;
- La compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di
servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento.
In conclusione, sia il docente richiedente l’autorizzazione all’eventuale attività lavorativa da
svolgere durante il periodo di aspettativa, sia il dirigente che dovrà accordare tale richiesta
dovranno muoversi nel quadro normativo sopra riportato.
Una volta richiesta l’autorizzazione al dirigente e stabilito che non esiste regime di
incompatibilità il dipendente potrà svolgere un “altro lavoro” durante il periodo di aspettativa
non retribuita.
APPROFONDIMENTO
(FLC
Cgil
Toscana):
ECONOMICO, GIURIDICO E PREVIDENZIALE
ASPETTATIVA
e
TRATTAMENTO
I periodi trascorsi in aspettativa (comprese le proroghe eccezionali) non sono validi ai fini:
- economici (senza assegni di alcun genere). Inoltre, non fanno maturare il diritto alla 13^
mensilità. Esempio: un mese di aspettativa usufruito in un determinato anno solare, determina
la riduzione di 1/12 dell’importo della 13^ spettante;
- giuridici, sia per la carriera, che per il punteggio che si assegna nei movimenti a domanda e
d’ufficio e per la maturazione delle “ferie” e delle “festività soppresse”.
Ai fini della carriera, per il personale già di ruolo (docenti e ATA) il periodo di aspettativa
determina un pari ritardo per l’acquisizione delle classi stipendiali. Esempio: aspettativa di 3
mesi; acquisizione della superiore classe stipendiale prevista dal 1° gennaio di un certo anno –
tale data viene posticipata di tre mesi, cioè dal 1° aprile di quell’anno.
Ai fini dell’attribuzione dei punteggi bisogna distinguere tra personale docente e personale ATA.
Per i docenti l’anzianità di servizio si valuta in anni interi, con riferimento agli anni scolastici.
Pertanto, se in un determinato a.s. l’aspettativa non supera i 6 mesi, questo viene comunque
valutato per intero, sia ai fini del punteggio per il servizio di ruolo, sia ai fini del punteggio per
la continuità didattica nella stessa scuola.
Per il personale ATA l’anzianità di servizio si valuta in mesi interi, senza riferimento agli anni
scolastici. Pertanto, i periodi aspettativa determinano una proporzionale riduzione del
punteggio per il servizio di ruolo (si ricorda che le frazioni di mese pari o superiori a 15 giorni si
arrotondano al mese intero). Fa eccezione il punteggio per la “continuità di servizio” nella
9
stessa scuola. Infatti, tale punteggio si attribuisce, come per il personale docente, per anno
scolastico (l’anno si considera intero con almeno 6 mesi di servizio effettivo).
Ai fini del computo delle ferie i periodi di aspettativa si devono scorporare. Esempio: un mese
di aspettativa usufruito in un determinato anno scolastico determina la proporzionale riduzione
di ferie e “festività soppresse”, pertanto, se queste sono pari a 36 giorni (32 giorni di ferie più
4 giorni di “festività soppresse”), la riduzione sarà di 36 x 1/12 = 3 giorni;
- della previdenza. Tali periodi sono privi di qualsiasi copertura assicurativa. Pertanto
determinano una pari riduzione dell’anzianità pensionistica (diritto – requisiti) e una riduzione
dell’entità economica della futura pensione (misura), sia nel sistema retributivo o misto, sia in
quello contributivo; nonché una riduzione sia del TFS (buonuscita), in termini di minor periodo
utile ai fini del calcolo, sia del TFR, in termini di mancato accumula della quota di stipendio (il
6,91%) utile all’accantonamento per il calcolo del TFR.
L’aspettativa per motivi di famiglia (*) o personali si può comunque riscattare ai fini
pensionistici, ma con oneri a totale carico del richiedente, limitatamente ai periodi fruiti dopo il
31/12/1996 (art.5 del D.Lgs. n.564 del 16/09/1996) (**).
In definitiva, il personale collocato in aspettativa ha diritto alla sola conservazione del posto di
titolarità precedentemente occupato.
Infine, si precisa che il collocamento in aspettativa (anche per relativi lunghi periodi) non
inibisce la possibilità di partecipare alle operazioni di mobilità a domanda
(trasferimenti/passaggi).
-------------------(*)(**) Da non confondersi con l’aspettativa per motivi di famiglia senza assegni fruita per
gravi esigenze familiari, disciplinata dall’articolo 4 della legge 8/3/2000, n.53 (ad esempio
assistenza a parente disabile, per il quale non risulta possibile accedere al congedo retribuito).
Per tale tipologia di aspettativa il riscatto può essere richiesto anche per periodi antecedenti il
01/01/1997 (MLPS – Decreto del 31/08/2007).
**********
Appendice (FLC Cgil Toscana) – La normativa
CCNL Comparto scuola del 27/11/2007
ART.18
Aspettativa per motivi di famiglia, di lavoro, personali e di studio
1. L'aspettativa per motivi di famiglia o personali continua ad essere regolata dagli artt. 69 e 70 del T.U.
approvato con D.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 e dalle leggi speciali che a tale istituto si richiamano.
L'aspettativa è erogata dal dirigente scolastico al personale docente ed ATA.
L'aspettativa è erogata anche ai docenti di religione cattolica di cui all'art. 3, comma 6 e 7 del D.P.R. n.
399/1988, ed al personale di cui al comma 3 dell'art. 19 del presente CCNL, limitatamente alla durata
dell'incarico.
2. Ai sensi della predetta norma il dipendente può essere collocato in aspettativa anche per motivi di
studio, ricerca o dottorato di ricerca. Per gli incarichi e le borse di studio resta in vigore l'art. 453 del
D.P.R. n. 297 del 1994.
3. Il dipendente è inoltre collocato in aspettativa, a domanda, per un anno scolastico senza assegni per
realizzare, l’esperienza di una diversa attività lavorativa o per superare un periodo di prova.
Si riportano le norme (articoli 69 e 70) del citato TU - DPR 10/1/1957, n. 3, richiamate dal
CCNL:
Art. 69
(Aspettativa per motivi di famiglia) (1)
1.L'impiegato che aspira ad ottenere l'aspettativa per motivi di famiglia deve presentare motivata
domanda al capo del servizio.
2.L'amministrazione deve provvedere sulla domanda entro un mese ed ha facoltà, per ragioni di servizio
da enunciarsi nel provvedimento, di respingere la domanda, di ritardarne l'accoglimento e di ridurre la
durata della aspettativa richiesta.
10
3. L'aspettativa può in qualunque momento essere revocata per ragioni di servizio.
4.Il periodo di aspettativa non può eccedere la durata di un anno. L’impiegato non ha diritto ad alcun
assegno.
5. Il tempo trascorso in aspettativa per motivi di famiglia non è computato ai fini della progressione in
carriera, della attribuzione degli aumenti periodici di stipendio e del trattamento di quiescenza e
previdenza.
6. L'impiegato che cessa da tale posizione prende nel ruolo il posto di anzianità che gli spetta, dedotto il
tempo passato in aspettativa.
Art. 70
(Cumulo di aspettative)
1. Due periodi di aspettativa per motivi di famiglia si sommano, agli effetti della determinazione del limite
massimo di durata previsto dall'art. 69, quando tra essi non interceda un periodo di servizio attivo
superiore a sei mesi; due periodi di aspettativa per motivi di salute si sommano, agli effetti della
determinazione del limite massimo di durata previsto dal terzo comma dell'art. 68, quando tra essi non
interceda un periodo di servizio attivo superiore a tre mesi.
2. La durata complessiva dell'aspettativa per motivi di famiglia e per infermità (2) non può superare in
ogni caso due anni e mezzo in un quinquennio.
3. Per motivi di particolare gravità il consiglio di amministrazione (3) può consentire all'impiegato, che
abbia raggiunto i limiti previsti dai commi precedenti e ne faccia richiesta, un ulteriore periodo di
aspettativa senza assegni di durata non superiore a sei mesi.
-------------------(1) Per costante giurisprudenza amministrativa e contabile (Cfr. Corte dei Conti, sez. contr.,
delibera 3 febbraio 1984, n.1415) rientrano nel concetto di “famiglia” anche i “bisogni”
personali del singolo dipendente, nonché i motivi di studio dello stesso; infatti la Corte dei
Cinti così stabilisce:
“I motivi personali o familiari possono identificarsi con tutte quelle situazioni configurabili
come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune consenso, in quanto
attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso dell’impiegato inteso come membro di
una famiglia o anche come persona singola. Pertanto, non deve necessariamente trattarsi di
motivi o eventi gravi (con la connessa attribuzione all’ente di un potere di valutazione della
sussistenza o meno del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti
dal dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua assenza dal
lavoro.”
(2) Prima dell’attuazione della c.d. “privatizzazione” e “contrattualizzazione” del rapporto di
lavoro nel pubblico impiego attuate con la riforma cui al D.Lgs. n. 29/1993 (ora TU – D.Lgs.
n.165/2001), le assenze per malattia del pubblici dipendenti (denominati “congedi”) erano
disciplinati per legge (regime pubblicistico). Conseguentemente, anche l’istituto giuridico della
assenze per malattia è stato regolamentato dai contratti collettivi nazionali di lavoro. Alla luce
del quadro disciplinante la materia (che scorpora le assenze per malattia dall’istituto giuridico
delle aspettative qui esaminate), attualmente nel computo del periodo massimo di 2 anni e 6
mesi, giocoforza, devono essere conteggiate le sole assenze per aspettativa per motivi di
famiglia o personali, in quanto la norma contrattuale non specifica diversamente.
(3) I “consigli di amministrazione provinciali della scuola” istituiti all’interno delle pubbliche
amministrazioni (per la scuola, a livello provinciale con sede presso l’Ufficio scolastico
territoriale) sono costituiti unicamente dalla componente formata da funzionari e dirigenti
scolastici (tre membri), che si occupano di alcuni aspetti della gestione del personale ATA. In
precedenza, in tale “Consiglio” erano presenti anche tre rappresentanti dei lavoratori eletti dal
personale ATA, su liste presentate dalle OO.SS.. Questa componente è stata “soppressa” con il
D.Lgs. n.29/1993 (trasfuso nel TU – D.Lgs n.165/2001). Infatti, l’articolo 48, del citato D.Lgs
n.29/1993, ha abrogato le norme che prevedono forme di rappresentanza, anche elettiva,
del personale nei consigli di amministrazione.
Tra le funzioni esercitate da tali consigli, era prevista anche quella inerente l’accoglimento o
meno delle domande di richiesta per accedere all’ulteriore periodo di aspettativa: proroga
eccezionale prevista dall’art.564 del TU- D.Lgs, n.297/1994. Ma tale norma del TU del 1994 è
stata disapplicata dal CCNL 4/8/1995. Pertanto, attualmente, il potere decisionale in merito
dovrebbe essere attribuito (per tutti i dipendenti della scuola) al competente dirigente
11
scolastico. In mancanza di precisazioni da parte del CCNL, questa, ad avviso di chi scrive, è
l’unica interpretazione possibile.
**********
Corte dei Conti, sez. contr., 3 febbraio 1984, n.1415
Aspettative per motivi di famiglia o personali – ex articoli 69 e 70 del TU DPR
10/1/1957, n.3 – Motivazioni.
Sintesi
Nella sentenza della Corte dei Conti emessa nell’84, si afferma che:
“I motivi personali o familiari possono identificarsi con tutte quelle situazioni
configurabili come meritevoli di apprezzamento e di tutela secondo il comune
consenso, in quanto attengono al benessere, allo sviluppo ed al progresso
dell’impiegato inteso come membro di una famiglia o anche come persona singola.
Pertanto, non deve necessariamente trattarsi di motivi o eventi gravi (con la
connessa attribuzione all’ente di un potere di valutazione della sussistenza o meno
del requisito della gravità), ma piuttosto di situazioni o di interessi ritenuti dal
dipendente di particolare rilievo che possono essere soddisfatti solo con la sua
assenza dal lavoro.”
Si osserva che il contenuto della sentenza (autorevole interpretazione della norma di legge) si
riferisce a quanto disciplinato nel TU – DPR 10/1/1957, n.3 (vedi sopra). Tali norme, pur
lontane nel tempo, continuano ad essere tuttora valide. Infatti la genericità dei CCNL dei vari
comparti del pubblico impiego nel disciplinare la materia fanno riferimento, diretto o indiretto,
alle norme del 1957. In particolare, per il Comparto scuola, l’art. 18 del vigente CCNL
29/11/2007.