Gli stilbeni - Fondazione Diritti Genetici

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Gli stilbeni - Fondazione Diritti Genetici
Gli stilbeni
A cura di:
Francesco Pazzi
Fondazione Diritti Genetici
INDICE
1. GLI STILBENI ............................... ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
2. IL RESVERATROLO .................... ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
2.1 METABOLISMO E ASSORBIMENTO ............ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È
DEFINITO.
2.2 EFFETTI BIOLOGICI DEL RESVERATROLO..ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È
DEFINITO.
2.2.1 Attività antiossidante ..................................Errore. Il segnalibro non è definito.
2.2.2 Attività anti-infiammatoria e vasoprotettivaErrore. Il segnalibro non è definito.
2.2.3 Attività antimutagena, antiproliferativa ed anticancerogena............... Errore. Il
segnalibro non è definito.
BIBLIOGRAFIA ................................ ERRORE. IL SEGNALIBRO NON È DEFINITO.
1. Gli stilbeni
Gli stilbeni sono composti naturali prodotti da diverse famiglie di piante come Pinaceae,
Mirtaceae, Fagaceae, liliaceae, Moraceae, Papilionaceae e Vitaceae.
All’interno della famiglia delle Vitaceae esistono molte specie in grado di produrre questi
composti tra cui Vitis vinifera L.
Gli stilbeni sono composti fenolici a basso peso molecolare presenti nei tessuti legnosi
della pianta come prodotti costitutivi e nei tessuti carnosi, prodotti in risposta a stress di
tipo abiotico e biotico. Questa proprietà ha permesso di includere gli stilbeni in una classe
di antibiotici di origine vegetale denominati fitoalessine.
Le molecole responsabili di provocare la sintesi delle fitoalessine sono chiamate elicitori.
Gli elicitori possono essere agenti abiotici o biotici; mentre quest’ultimi sono direttamente
coinvolti nell’interazione ospite-patogeno, i primi funzionano attivando gli elicitori biotici
che sono normalmente spenti quando la pianta non è infettata.
La presenza delle fitoalessine nelle Vitaceae fu riportata per la prima volta da Langcake e
Pryce (1976). Essi notarono che durante l’infezione di Botrytis cinerea, le foglie di diversi
cloni di vite mostravano nella zona marginale all’infezione una vivace colorazione blu
fluorescente quando venivano analizzate con onde a bassa lunghezza (366 nm). La
componente responsabile della fluorescenza era identificata come trans-resveratrolo
(3,5,4’ trihydroxystilbene).
Successivi lavori (Pryce e Langcake, 1977) riportarono la presenza nella vite di altri
composti con struttura chimica simile a quella del resveratrolo ai quali diedero il nome di
viniferine.
Questi composti oligomeri del resveratrolo furono denominati: alfa-viniferina, betaviniferina, e gamma-viniferina.
Langcake e Mc carthy (1979) studiarono la presenza dei prodotti stilbenici nelle foglie a
diversi stadi di età. Questo lavorò evidenziò che il resveratrolo è prodotto in minor quantità
degli altri prodotti stilbenici ma tuttavia vi è un aumento di produzione dovuto
all’infezione. Questo ed altri lavori dimostrarono così che pur non avendo un’elevata
capacità fungitossica, il resveratrolo funge da precursore delle viniferine (Langcake, 1981).
La formazione delle fitoalessine coivolge tre vie metaboliche: acetato-mevalonato, acetatomalonato e scichimato (Ersek e Kiraly, 1986), che sono conosciute per essere responsabili
della sintesi di composti vitali per la pianta.
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L’attività fungitossica delle fitoalessine si esplica attraverso la destabilizzazione della
struttura cellulare del patogeno che si spiega a livello chimico attraverso una
delocalizzazione degli elettroni delle proteine di membrana.
Nelle piante suscettibili le fitoalessine possono essere detossificate e metabolizzate dai
patogeni.
2. Il resveratrolo
Il resveratrolo (3,5,4’-tri-idrossi-trans-stilbene ) è un composto polifenolico sintetizzato in
risposta a condizioni di stress ambientale o in seguito ad attacchi patogeni, le cui proprietà
antiossidanti, antinfiammatorie e anticancerogene sono state ampiamente documentate
(Alpi et al., 1992).
Fig. 1: Struttura del trans-resveratrolo
A
Nel 1911 il botanico francese Noel Bernard, scoprì che le piante sono in grado di produrre
sostanze antimicotiche, che vengono sintetizzate specificatamente in seguito all’attacco di
funghi. Egli, infatti, osservò che i tuberi di due specie di orchidee, Orchis morio e
Loroglossum hircinum, divenivano resistenti ad attacchi micotici dopo essere state infettate
dal fungo Rhizoctonia repens (Stoessl et al., 1984). Mettendo i tessuti del tubero infettato
su agar e introducendovi poi i funghi, Bernard osservò che il tessuto infettato produceva un
inibitore della crescita micotica, ma i composti coinvolti furono identificati molti decenni
più tardi.
Müller e Börger nel 1940, osservarono lo stesso fenomeno in tuberi di patate infettate con
Phytophthora infestans e chiamarono queste sostanze che inducevano l’evento
“fitoalessine” (dal greco ϕυτον = pianta, αλεξειν = difendere). Müller e Börger
ridefinirono tali sostanze “composti chimici prodotti come risultato dell’invasione di
cellule viventi da parte di parassiti”.
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In seguito divenne evidente che le fitoalessine venivano prodotte dalle piante non solo
dopo esposizione ai funghi, ma anche a causa di differenti fattori di stress quali ad esempio
irradiazione con UV o trattamento con ioni di metalli pesanti (ad esempio rame o
mercurio). Per questi motivi nel 1973, Ingham definì le fitoalessine “antibiotici formati
nelle piante attraverso una sequenza metabolica indotta biologicamente o in risposta a
fattori chimici o ambientali”. Inoltre, il termine fitoalessina veniva limitato a metaboliti
secondari di basso peso molecolare, sintetizzati de novo dalla pianta (Ingham, 1973). Ciò
indusse Stoessl (1980) a proporre una definizione più pragmatica di fitoalessine: “Prodotti
del metabolismo delle piante superiori, assenti nei tessuti sani o presenti solo in tracce
trascurabili, che si accumulano in quantità significativa in risposta ad attacchi micotici”.
Ne conseguì una netta distinzione tra composti antimicotici costitutivi e indotti, tanto più
che alcuni composti possono essere fitoalessine in un organo e costitutive in altre parti
della stessa pianta: ad esempio, il momilactone A è presente in maniera costitutiva nel
chicco del riso (Kato T. et al., 1973) e nello stelo (Lee C.W. et al., 1999), ma è una
fitoalessina nelle foglie delle medesima pianta (Cartwright D.W. et al., 1981). Per questo,
le fitoalessine sono definite dalla loro dinamica di biosintesi e dalle loro funzioni, non dalla
struttura chimica della classe cui appartengono, o dalla via biosintetica attraverso cui si
formano (Grayer R.J. et al., 2001).
Oggi il termine fitoalessine viene ristretto ad antibiotici che richiedono l’espressione ex
novo degli enzimi coinvolti nella via biosintetica (Bertelli et al., 1998).
Il resveratrolo appartiene alla sottoclasse degli stilbeni (C6C2C6) ed è caratterizzato da un
anello fenolico A su cui è presente un gruppo idrossilico in posizione 4’ ed un anello B con
struttura metaidrossilica, i due anelli sono uniti da un doppio legame stilbenico. Questa
sostanza è conosciuta da tempo dalla medicina popolare cinese e giapponese che utilizzava
una radice ricca di questo composto, il Polygonum cuspidatum per preparare un
medicamento chiamato “Ko-jo-kon”, utilizzato per curare le più svariate malattie.
L’interesse per il resveratrolo è iniziato osservando che in Francia, dove la dieta è molto
ricca di acidi grassi saturi e colesterolo, l’incidenza di coronopatie è più bassa rispetto a
quella rilevata in altri paesi aventi una dieta simile ma un consumo minore di vini (Renaud
S. et al., 1992).
Questa situazione è stata denominata “Paradosso francese”e viene appunto spiegata dal
peculiare ed elevato consumo di vino della popolazione francese; infatti non ci sono altri
fattori, quali pressione ematica, massa corporea, abitudine al fumo, così diversi da spiegare
questa differenza. E’ quindi al vino, a quello rosso in particolare, che viene attribuita
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l’importante proprietà protettiva che distingue la popolazione francese dalle altre del
mondo occidentale.
Il resveratrolo è presente nella buccia dell’uva ma non nella polpa (Soleas G. J. Et al.,
1997), per tale ragione nel vino rosso, che è fermentato con le bucce, ne è presente una
maggiore quantità rispetto al vino bianco (Pryor A. et al., 1975). E’ stato osservato che la
concentrazione di resveratrolo nel vino rosso è variabile a seconda della provenienza; ad
esempio in Italia i vini con la maggior concentrazione di questa sostanza sono quelli
prodotti nel Trentino (Mattivi, 1993).
Il resveratrolo si trova nelle due forme isomeriche cis e trans, ma quest’ultima è risultata
essere la forma biologicamente più attiva. Il trans-resveratrolo assorbe ad una lunghezza
d’onda di 307 nm, mentre il cis-resveratrolo assorbe ad una lunghezza d’onda di 280 nm
(Soleas G.J. et al., 1997).
2.1 Metabolismo e assorbimento
Le notizie più significative riguardanti l’assorbimento e il metabolismo arrivano dai
risultati ottenuti da Bertelli il quale dimostrò in vivo che il resveratrolo presente nel vino
rosso, dopo somministrazione orale (con dosi acute di 26 µg o una somministrazione
giornaliera di 13 µg per due settimane), viene assorbito nei ratti, entra velocemente nel
circolo sanguigno e risulta presente in concentrazioni significative in diversi organi
(Bertelli A.A. et al., 1996). Gli stessi autori, in uno studio successivo (Bertelli A. A. et al.,
1998), somministrando il resveratrolo a ratti per os (28 µg/ratto) studiarono la cinetica di
assorbimento e la presenza nel plasma e in diversi organi. Il contenuto di resveratrolo è
stato quantificato mediante HPLC nel cuore, nel fegato e nei reni. Le concentrazioni del
composto stilbenico nei tessuti si sono
rivelate
maggiori
o
simili a quelle
riscontrate nel plasma (1ng/ml nel siero e 1ng/g nel tessuto).
Risultati analoghi sull’assorbimento in animali da laboratorio, sono stati ottenuti da Juan e
coll.: ratti trattati con trans-resveratrolo hanno mostrato una concentrazione nel plasma
pari a 0.175 mg/l dopo 15 minuti dalla somministrazione (Juan M. E. et al., 1999).
De Santi, con studi in vitro condotti utilizzando zolfo radioattivo, ha rivelato che il
resveratrolo va incontro a solfatazione nel fegato e nel duodeno e a glucuronazione nel
fegato, fenomeni che potrebbero limitare la biodisponibilità del composto e aumentare
l’allontanamento dall’organismo. Allo stesso tempo però hanno dimostrato che la
quercitina, un flavonoide presente nel vino, nella frutta e nei vegetali, è un potente inibitore
delle suddette reazioni cui va in contro il resveratrolo, suggerendo che i composti presenti
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nella dieta potrebbero inibire solfatazione e glucuronazione aumentandone la
biodisponibilità (De Santi C. et al., 2000).
In un recente lavoro Yu e collaboratori (Yu C. et al., 2002) hanno studiato il metabolismo
del trans-resvaratrolo in modelli sperimentali in vitro (microsomi ed epatociti di fegato
umano, epatociti di ratto) e in vivo. Gli autori tramite tecniche cromatografiche (HPLC) e
spettrometria di massa sono riusciti ad identificare il resveratrolo ed i suoi metaboliti dopo
trattamento con il composto per tempi compresi tra 30 minuti e 4 ore. In particolare, non
hanno osservato metaboliti del resveratrolo né prodotti di ossido-riduzione e idrolisi nei
microsomi umani dopo incubazione di un’ora. Hanno invece osservato un’elevata quantità
di trans-resveratrolo-3-O-glucuronide e trans-resveratrolo-3- solfato in urine di ratto, siero
di topo e dopo incubazione con epatociti sia umani che di ratto. In entrambe i modelli
l’isomero cis è stato trovato solo in tracce, ad indicare che il processo di isomerizzazione
non è un meccanismo di rilievo per il metabolismo e l’eliminazione del resveratrolo.
Potter e collaboratori (Potter G.A. et al., 2002), utilizzando microsomi di linfoblasti umani
esprimenti l’enzima CYP1B1, hanno dimostrato che il resveratrolo viene convertito in un
composto con una elevata attività anti-cancerogena: il piceatannolo. La reazione di
conversione è catalizzata dall’enzima CYP1B1, il quale appartiene alla famiglia del
citocromo P450; studi di immunoistochimica hanno dimostrato che esso è sovraespresso in
tumori a carico di diversi organi. Il ruolo funzionale di questo enzima non è conosciuto, si
sa che possiede un’attività di idrossilazione aromatica e che catalizza la reazione di
conversione dell’estradiolo a 4-idrossiestradiolo. A causa della somiglianza strutturale tra
estradiolo (un estrogeno) e resveratrolo (un fitoestrogeno), è stato ipotizzato che
quest’ultimo potesse essere un substrato dell’enzima CYP1B1, subendo l’addizione di un
gruppo idrossilico in posizione 4 (analogamente alla reazione di addizione cui va incontro
l’estradiolo).
Fino ad oggi non sono disponibili dati circa l’assorbimento ed il metabolismo del
resveratrolo nell’uomo.
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2.2 Effetti biologici del resveratrolo
I risultati ottenuti nell’ultimo decennio dai numerosi modelli sperimentali hanno suggerito
che il resveratrolo potrebbe rivelarsi un importante agente nella prevenzione dei processi
patologici umani quali infiammazione, aterosclerosi e cancerogenesi (Tab.1).
L’effetto protettivo è stato attribuito alle seguenti proprietà:
•
attività antiossidante
•
attività antinfiammatoria e vasoprotettiva
•
attività antimutagena, antiproliferativa ed anticancerogena
Tabella 1: attività terapeutiche del trans-resveratrolo.
Attività antiossidante
Attività antinfiammatoria e
vasoprotettiva
Attività antimutagena,
antiproliferativa e
anticancerogena
→ “scavenger - spazzino” di radicali liberi
→ inibizione dell’aggregazione piastrinica
→ inibizione della ciclossigenasi
→ modulazione del metabolismo di lipidi e
lipoproteine
→ protezione nei confronti del danno
ossidativo indotto al DNA
→ blocco del ciclo cellulare, sia di cellule
normali che tumorali
→ inibizione delle DNA polimerasi
replicative
→ inibizione della ribonucleotide redattasi
→ attività anti-estrogenica
→ riduzione della massa tumorale
→ attività anti-angiogenetica
2.2.1 Attività antiossidante
Molti fenoli esercitano un elevato potere antiossidante in vitro, grazie alla loro abilità di
agire da “scavenger” (spazzini) di radicali perossili. I fenoli con 2 gruppi –OH adiacenti, o
con altre strutture chelanti, possono anche legare ioni di metalli di transizione (in
particolare ferro e rame) in forme che li rendono poco attivi nel promuovere reazioni
radicaliche. Questa sostanze presenti in molte bevande e in molti vegetali, hanno la
capacità di attraversare la barriera intestinale dei mammiferi così da poter esercitare le loro
funzioni biologiche all’interno dell’organismo.
Frankel fu il primo a dimostrare nel 1993 che il trans-resveratrolo aggiunto a lipoproteine
a bassa densità (LDL) umane riduce l’ossidazione catalizzata dal rame (Frankel et al.,
1993). L’esperimento fu effettuato su due volontari adulti sani: l’aggiunta di resveratrolo
10 µM risultava inibire la perossidazione dell’80 e 70 % nei due soggetti, ma il
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resveratrolo era circa due volte meno potente di epicatechina e quercitina (flavonoidi
presenti nel vino rosso). Questi dati suggerivano che la combinazione di tali sostanze nel
vino ed un prolungato periodo di consumo potrebbero proteggere contro l’aterogenesi.
Successivamente Belguendouz misurando la formazione di prodotti di degradazione di
acidi grassi polinsaturi (PUFA) durante l’ossidazione di LDL di maiale, ha osservato
che il resveratrolo inibisce la perossidazione dipendente e indipendente da ioni metallici
principalmente chelando il rame, sebbene i flavonoidi siano “scavenger” di radicali liberi
più efficenti (Belguendouz L. et al., 1997). In questo lavoro viene comunque dimostrato
che , come i flavonoidi, il resveratrolo protegge le LDL dalla perossidazione degradativa
sia con una azione chelante, che con un’azione di scavenger dei radicali liberi.
Fremont in un lavoro successivo osservò che l’efficienza del resveratrolo nella protezione
degli acidi grassi polinsaturi era maggiore rispetto a quella esercitata dai flavonoidi,
quando l’ossidazione era indotta dal rame, mentre era minore nel caso in cui l’ossidazione
fosse indotta dalla presenza di radicali liberi. Sono state utilizzate cellule ovariche di criceti
(CHO-K1), ed è stata valutata l’attività dei recettori per le LDL sulla membrana cellulare
tramite citometria a flusso con LDL marcate con fluoresceina (FITC) (Fremont L. et al.,
1999).
Fauconneau (Fauconneau B. et al., 1997) dopo aver isolato da una sospensione cellulare di
Vitis vinifera composti flavonoidi (catechine e antocianine) e non flavonoidi (stilbeni), ha
testato la loro capacità di prevenire la perossidazione lipidica indotta dal ferro nei
microsomi e quella da rame nelle LDL. Il trans-resveratrolo si è rivelato circa sei volte più
potente dell’isomero cis. In questo studio è stata presa in considerazione anche l’astringina,
un composto stilbenico che non si trova nel vino, la quale si è dimostrata essere più
efficace del resveratrolo.
2.2.2 Attività anti-infiammatoria e vasoprotettiva
L’effetto anti-infiammatorio e vasoprotettivo del resveratrolo è stato dimostrato
principalmente attraverso la sua capacità di inibire l’aggregazione piastrinica, la
ciclossigenasi e di modulare il metabolismo dei lipidi e delle lipoproteine.
Utilizzando sostanze stilbeniche isolate da radici di Polygonum Cuspidatum, Kimura e
coll. hanno evidenziato che ad una concentrazione di 10-6- 10-3 mol/L il resveratrolo
inibisce, in leucociti polimorfonucleati peritoneali di ratto, la formazione dei prodotti della
lipossigenasi e del trombossano B2 (TXB2), metabolita stabile del trombossano A2
prodotto dalla ciclossigenasi (COX), molecole coinvolte nei processi infiammatori
(Kimura Y. et al., 1985). Più recentemente, l’attività antipiastrinica del resveratrolo è stata
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valutata prendendo in considerazione plasma umano arricchito in piastrine: l’aggregazione
indotta dal collagene è risultata ridotta del 50 % in presenza di 3.6 µg/L di resveratrolo
(Bertelli A. A. et al., 1995). Tale attività è stata confermata dalla ricerca di Pace-Asciak e
coll. (Pace-Asciak C. R. et al.,1995) i quali hanno utilizzato plasma umano arricchito in
piastrine, inducendo l’aggregazione piastrinica con trombina o ADP. Studiando gli effetti
del trans-resveratrolo sull’aggregazione piastrinica umana e sulla sintesi di 3 eicosanoidi
dell’acido arachidonico, il THB2, l’acido idrossieicosatetraenico (HHT) e l’acido
idrossieptadecatrienico (12-HETE), sono stati ottenuti dati successivamente comparati con
l’azione di altri composti fenolici del vino quali: quercitina, catechina ed epicatechina. E’
stato osservato che il trans-resveratrolo e la quercitina esercitano un’inibizione dose
dipendente sia nell’aggregazione piastrinica trombina-indotta, sia in quella ADP-indotta,
mentre gli altri composti si sono rivelati inattivi. Il composto stilbenico inoltre inibisce in
maniera dose dipendente la sintesi di TXB2, HHT e, in minor misura, 12-HETE. Si è
potuto pertanto dedurre che l’assunzione del resveratrolo e di altre sostanze polifenoliche
ad azione antiossidante contribuisce alla diminuzione dell’aggregazione piastrinica, con
conseguente riduzione nella formazione di trombi.
La ciclossigenasi è presente in due forme: una costitutiva (COX-1) ed una inducibile
(COX-2). Quest’ultima è espressa costitutivamente in certe regioni del cervello, del rene e
nei tessuti neoplastici (Gusman J. et al., 2001). La COX catalizza la trasformazione
dell’acido arachidonico
in sostanze pro-infiammatorie quali le prostaglandine le quali inoltre stimolano la crescita
delle cellule tumorali, promuovono l’angiogenesi nei tessuti trasformati e sopprimono la
sorveglianza immunitaria (Ben Av P. et al., 1995; Goodwin J. S. et al., 1983; Sheng H. et
al., 1998). E’ stato dimostrato che il resveratrolo inibisce l’attività enzimatica della COX-1
in maniera dose-dipendente (15 µM è la dose minima efficace) (Jang M. et al., 1997).
MacCarrone ha dimostrato che il resveratrolo impedisce l’aumento del livello di
leucotriene B4 e di prostaglandina E2 inibendo 2 attività enzimatiche: 5-lipossigenasi e
prostaglandina H sintasi (sia la funzione ciclossigenasica che perossidasica). Nelle
medesime cellule esso blocca, inoltre, la perossidazione lipidica delle membrane. E’ stato
osservato che agisce anche come un inibitore competitivo degli enzimi purificati: 5lipossigenasi, 15-lipossigenasi e prostaglandina H sintasi. Gli stessi autori hanno
dimostrato che questa fitoalessina inibisce il processo apoptotico indotto da H2O2 in cellule
eritroleucemiche umane (K562) e ipotizzano che l’attività antiapoptotica del resveratrolo
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dipenda direttamente dall’inibizione degli enzimi coinvolti nella via metabolica dell’acido
arachidonico (MacCarrone M. et al., 1999).
Il resveratrolo esercita un forte effetto inibitorio sui radicali superossido e sul perossido di
idrogeno prodotto dai macrofagi peritoneali di topo, stimolati da lipopolisaccaridi o da
esteri del forbolo. L’azione antiossidante è determinata, anche in questo caso, da una
diminuita mobilitazione dell’acido arachidonico e da un’induzione di COX-2 (Martinez
J.et al., 2000).
Dopo aver osservato gli effetti benefici del resveratrolo sul metabolismo lipidico di ratto
(Arichi H. et al., 1982; Kimura et al., 1983), sono stati successivamente effettuati
studi presso l’università di Toronto su una linea cellulare di epatocarcinoma umano,
Hepg2 (Goldberg D.M. et al., 1995). Si è osservato un significativo decremento nella
concentrazione intracellulare delle apoproteine B (costituenti delle lipoproteine) in risposta
ad un aumento di trans-resveratrolo nel mezzo di coltura (fino a 50 µM). Inoltre si è
osservato un abbassamento della secrezione di esteri del colesterolo e di trigliceridi
suggerendo un decremento della produzione di lipoproteine a densità molto bassa (VLDL)
e di conseguenza di LDL. Questo fenomeno sarebbe positivo dal momento che le LDL
sono aterogeniche (Goldberg D. M. et al., 1995; Soleas G. J. et al., 1997).
L’attività antinfiammatoria del resveratrolo è stata studiata anche sui fibroblasti
analizzando la sua azione sul fattore di trascrizione nucleare (NFkB). Il composto si è
rivelato essere un potente inibitore dell’attivazione e dell’espressione genica di questo
fattore grazie all’azione che esso esplica su di una chinasi (IkB-chinasi), la proteina
responsabile dell’attivazione di NFkB. Inoltre è in grado di bloccare l’espressione degli
mRNA che codificano per il fattore chemiotattico dei monociti (protein-1), il fattore di
regolazione del gene di NFkB (Holmes-McNary M. et al., 2000).
2.2.3 Attività antimutagena, antiproliferativa ed anticancerogena
I dati presenti in letteratura sulla capacità del resveratrolo di proteggere nei confronti del
danno indotto al DNA sono contrastanti.
Infatti è stato dimostrato che il resveratrolo può promuovere il danno al DNA in presenza
di ioni rame (Fukuhara K. et al.,) fungendo da agente riducente, quando però sono presenti
acido ascorbico o glutatione esso perde questa proprietà e si comporta come un
antiossidante. Nella via dell’ascorbato, il resveratrolo non ha alcun effetto sulla formazione
dei radicali idrossilici ma protegge il DNA agendo da “scavenger”. Nella via del
glutatione invece inibisce la formazione dei radicali idrossilici con un meccanismo che
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determina l’inibizione della formazione degli omodimeri di glutatione (GSSG) (Burkitt M.
J. et al., 2000).
Win e collollaboratori (Win W. et al., 2002) hanno studiato l’effetto del resveratrolo sul
danno al DNA plasmidico indotto dalla presenza di H2O2 e Cu2+. E’ stato rilevato che il
composto non esercita un’azione protettiva, bensì una somministrazione di resveratrolo di
25-100 µM a DNA plasmidico trattato con i composti ossidanti determina un incremento
del danno.
Uenobe e collaboratori hanno osservato che l’estratto di Yucca schidigera contenente
resveratrolo, sopprime l’espressione dei geni della risposta di SOS indotta da 3-amino-1,4dimetil-5H-pirido[4,3-b]indolo
(Trp-P-1),
un
agente
mutageno,
in
Salmonella
typhimuriumTA1535/pSK1002. L’estratto ha dimostrato inoltre di avere un debole effetto
inibitorio nei confronti della risposta SOS indotta da N-metil-N’-nitro-N- nitrosoguanidina
(MNNG). L’attività antimutagena del composto è stata dimostrata anche con il test di
Ames (Uenobe F. et al., 1997).
In uno studio condotto da Kim (Kim H.J. et al., 2002) è stato analizzato l’effetto
citotossico ed antimutageno di 5 composti stilbenici, tra cui il resveratrolo, in differenti
linee cellulari tumorali, e in Salmonella typhimurium trattate con N-metil-N’-nitro-Nnitrosoguanidina (MNNG). I risultati ottenuti hanno dimostrato una attività citotossica
dose-dipendente dei composti stilbenici nelle linee cellulari considerate; in particolare, il
trans-resveratrolo ha rivelato un pronunciato effetto citotossico in cellule di epatoma
umano (HepG2) e in cellule di tumore del colon umane (HT-29). Il composto esercita,
inoltre, un forte effetto antimutageno nei confronti dell’MNNG; per i composti stilbenici,
anche in questo caso l’effetto antimutageno si è rivelato essere dose-dipendente.
Il resveratrolo riduce il danno ossidativo al DNA in cellule timiche di vitello: una
concentrazione pari a 0.10 µM è in grado di inibire del 50 % la formazione di
8-
idrossideossiguanosina (8-OH-dG) causata dai radicali idrossilici generati dal cromo
(Burkardt S. et al., 2001).
De Salvia ha studiato l’effetto del resveratrolo sul danno al DNA indotto da H2O2 (De
Salvia et al., 2002) in cellule ovariche di criceti (CHO) utilizzando due differenti schemi
sperimentali:
o
3 ore di pretrattamento con resveratrolo (50-100-200 µM) + 30 minuti
H2O2 (200 µM).
o
trattamento simultaneo con resveratrolo e H2O2 per 30 minuti.
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Sono stati effettuati test per rilevare il livello di ossidazione intracellulare (test della
diclorofluoresceina), le rotture a singola elica (Comet test) e le rotture a doppia elica
(rilevazione delle aberrazioni cromosomiche). Il resveratrolo somministrato da solo, in
entrambe le condizioni induce un debole incremento sia dell’ossidazione endogena che
delle aberrazioni cromosomiche (double strand breaks), ma non è in grado, di per se, di
indurre un danno primario al DNA (single strand breaks). Quando viene somministrato
simultaneamente all’H2O2 si osserva una protezione misurata come riduzione di
fluorescenza di specie reattive dell’ossigeno, mentre un pre-trattamento causa un aumento
del livello di ossidazione cellulare. Con il Comet test gli autori non hanno osservato
un’azione protettiva nel caso della somministrazione simultanea, mentre i livelli di rotture
a singola elica risultano ridotti con il pretrattamento di 3 ore. Per quanto riguarda
l’insorgenza di aberrazioni cromosomiche, il resveratrolo protegge solo nel caso della
somministrazione contemporanea dei reagenti, mentre si osserva un incremento dei
livelli di aberrazioni cromosomiche con il pre-trattamento.
Ulteriori studi sono stati fatti da Sgambato (Sgambato A. et al., 2001), il quale ha
dimostrato che trattando fibroblasti normali di topo con resveratrolo 30 e 90 µM per 24 ore
e H2O2 100-200 µM per 15-45 minuti si ha una diminuzione del livello di ossidazione
intracellulare (test della diclorofluoresceina). E’ stata inoltre valutata l’azione del
resveratrolo esercitata su cellule trattate con il
condensato
del
fumo di
sigaretta
(TAR). Anche in questo caso si è rilevata una diminuzione nella produzione di
ROS ed una diminuzione dei single strand breaks valutata con il Comet test.
Anche in condizioni patologiche (in vivo) il resveratrolo mostra un effetto protettivo nei
confronti del danno ossidativo. Ratti giovani (5 settimane) di entrambe i sessi ipertensivi
(Mizutani K. et al., 2001) sono stati divisi in due gruppi: un gruppo è stato mantenuto
come controllo mentre il secondo gruppo è stato trattato per 8 settimane con 1 mg/Kg di
resveratrolo al giorno. Terminato il periodo di trattamento è stato effettuato un dosaggio di
8-idrossideossiguanosina (8-OH-dG) nelle urine tramite ELISA, il quale ha dimostrato una
significativa diminuzione dei livelli della base ossidata negli animali trattati rispetto ai
controlli.
L’alterazione della proliferazione cellulare è alla base di molte patologie tra cui
aterosclerosi e tumore e l’effetto antiproliferativo del resveratrolo è stato studiato sia su
linee cellulari normali che tumorali.
La proliferazione di cellule muscolari lisce (SMC) aortiche di vitello indotta da mitogeni
quali siero, endotelina e PDGF, è risultata ridotta in maniera dose-dipendente in seguito ad
11
aggiunta di resveratrolo 50-100 µM. L’analisi in citometria a flusso delle cellule trattate ha
rivelato che l’arresto della proliferazione è dovuto ad un blocco delle cellule nella
transizione G1/S del ciclo cellulare in assenza di apoptosi (Zou J. et al., 1999).
Analogamente in colture di cellule endoteliali di arterie polmonari bovine dopo trattamento
con resveratrolo alle dosi 50 e 100 µM per 72 ore si osserva un’inibizione della
proliferazione con conseguente accumulo di cellule nelle fasi S e G2. Tale blocco è
accompagnato da un incremento nell’espressione della proteina p53, prodotto
dell’omonimo gene soppressore della crescita, e da un aumento del livello della proteina
p21 (Hsieh T.C. et al., 1999).
Anche su cellule maligne il resveratrolo induce un rallentamento della proliferazione
cellulare (Hsieh T. et al., 1999; Della Regione F. et al., 1998; Hsieh T. et al., 1999).
Nel 1998 Mgbonyebi ha esaminato l’effetto del resveratrolo sulla capacità proliferante di
cellule tumorali in coltura di epitelio mammario umano. Le linee cellulari sono state
trattate con resveratrolo alle concentrazioni di 5, 10, 20, 40 µg/ml e l’attività proliferativa è
stata determinata in un range di tempo, da 24 a 144 ore. I risultati ottenuti hanno
dimostrato che questa fitoalessina inibisce la proliferazione in modo dose e tempo
dipendente e che l’effetto antiproliferativo è indipendente dallo stato del recettore
estrogenico. Questo composto rappresenta quindi un potenziale chemopreventivo per
entrambe i tumori della mammella: ormone responsivo e non-responsivo (Mgbonyebi O. P.
et al., 1998).
In cellule di carcinoma epidermoide umano (A431) trattate con resveratrolo alle
concentrazione da 1 a 50 µM per 24 ore, si è rilevata una inibizione dose dipendente della
crescita cellulare, un blocco del ciclo in fase G1 ed un’induzione apoptotica. Nelle cellule
trattate è stata trovata una aumentata espressione di WAF1/p21, una diminuzione di
espressione delle cicline D1-D2-E e delle chinasi cdk2-cdk4-cdk6. L’induzione di
WAF/p21 (causata dal resveratrolo) inibisce l’assemblaggio dei complessi ciclina-chinasi
arrestando il ciclo in G1/S. Questo blocco è irreversibile e determina l’apoptosi delle
cellule cancerose (Ahmad N. et al., 2001).
Per individuare il bersaglio molecolare del resveratrolo è stato inoltre condotto un saggio
in vitro di attività delle DNA polimerasi α e δ. L’inibizione della sintesi del DNA è quindi
dovuta all’interazione del resveratrolo con entrambe le polimerasi (Stivala L.A. et al.,
2001). Risultati sulla capacità del resveratrolo di inibire le DNA polimerasi replicative dei
mammiferi sono stati ottenuti anche da Sun e collaboratori utilizzando enzimi purificati
(Sun N.J. et al., 1998).
12
Fontcave e coll. (Fontcave M. et al., 1998), hanno ottenuto importanti risultati dallo studio
dell’effetto del resveratrolo sulla ribonucleotide reduttasi, l’enzima responsabile della
sintesi di DNA nelle cellule di mammifero. I dati hanno dimostrato per la prima volta che,
almeno in vitro, il resveratrolo è un significativo inibitore dell’attività di questo enzima. Il
fenomeno è stato attribuito alla capacità della sostanza stilbenica di eliminare
efficacemente il cosiddetto radicale cationico tirosile, contenuto nella subunità minore
della proteina e conseguentemente di inibire la sintesi dei deossiribonucleotidi. Tale
radicale libero è essenziale per la catalisi com’è dimostrato dal fatto che l’idrossiurea,
annullandolo, determina l’inattivazione dell’enzima.
Come già riportato (Attività anti-infiammatoria e vasoprotettiva), il resveratrolo inibisce
l’attività
enzimatica
della
COX-1,
in particolare
inibisce anche la
funzione
idroperossidasica dell’enzima esercitando un’azione di anti-promozione tumorale (la
seconda fase della cancerogenesi chimica) (Jang M. et al., 1997); sempre nel medesimo
lavoro è stato visto, inoltre, che esso esercita un’attività sia contro l’iniziazione che la
progressione tumorale.
E’ stata dimostrata l’attività anti-estrogenica del resveratrolo; osservando la struttura del
composto si è visto che essa è comparabile con quella dell’estradiolo e dell’estrogeno
sintetico dietilstilbestrolo; infatti in tutti e tre i composti è presente l’anello fenolico A.
Ghem e coll. utilizzando cellule di adenocarcinoma mammario estrogeno-positive e
negative hanno dimostrato che, a concentrazioni comparabili con quelle richieste per altri
suoi effetti biologici (3-10 µM), il resveratrolo compete con l’estradiolo nel legame al
recettore estrogenico (Gehm B. et al., 1997).
Una riduzione della massa tumorale è stata rilevata da Kimura utilizzando come modello
sperimentale topi con carcinoma solido, indotto dopo iniezione sottocutanea di cellule LLC
(Lewis Lung Carcinoma, cellule di carcinoma polmonare di Lewis). I risultati ottenuti
hanno dimostrato che in topi trattati con resveratrolo somministrato alla dose di 2.5 e 10
mg/ml vi era una diminuzione della massa tumorale del 42%, una riduzione del peso del
44% ed una riduzione
della presenza di metastasi al polmone del 56% (Kimura Y. et al., 2001), il composto
inoltre inibisce la sintesi del DNA. Anche Brakenhielm e collaboratori, utilizzando topi
con fibrosarcoma indotto T241 hanno osservato una riduzione della massa tumorale dopo
somministrazione orale di 5.7 µg/ml di resveratrolo (Brakenhielm E. et al., 2001).
Diversi studi evidenziano l’effetto diretto che il resveratrolo ha nell’inibire l’angiogenesi in
modelli animali (Cao Y. et al., 2002).
13
Brakenhielm esaminando le proprietà antiangiogenetiche del composto ha osservato che
esso blocca la crescita delle cellule endoteliali di capillari di bovino (BCE)
preventivamente stimolate con il fattore di crescita dei fibroblasti (FGF-2) in maniera dosedipendente. La MAP chinasi è un componente fondamentale nella trasduzione del segnale
proliferativo e sembra essere uno dei bersagli del resveratrolo. Parte dei dati ottenuti in
questo lavoro dimostrano che l’antiossidante inibisce la fosforilazione delle MAP chinasi
indotte dal fattore di crescita FGF2. In cellule endoteliali aortiche di maiale esprimenti
stabilmente i recettori per i fattori di crescita (FGF-2 e VEGF, fattore di crescita
dell’endotelio vasale), il resveratrolo determina l’inibizione della crescita e della
migrazione cellulare.
In embrioni di pollo in via di sviluppo il resveratrolo alla dose compresa tra 1-100 µg,
inibisce la vascolarizzazione della membrana corion-allantoidea in modo dose-dipendente.
Risultati analoghi sono stati ottenuti anche sui topi trattati con una bevanda contenente
resveratrolo in concentrazione paragonabile a quella di 3 bicchieri di vino rosso ed
andando poi ad analizzare la vascolarizzazione nella cornea indotta da VEGF e FGF-2
(Brakenhielm E. et al., 2001).
In topi sani una dose pari a 5.7 µg/ml di resveratrolo inibisce la guarigione di una ferita,
altro processo in cui l’angiogenesi è fondamentale. I risultati indicano quindi che l’azione
inibitoria viene esplicata sia su processi patologici che fisiologici (Brakenhielm E. et al.,
2001).
In uno studio condotta da Igura è stato osservato che il resveratrolo inibisce la crescita
e la migrazione di cellule endoteliali aortiche bovine in maniera dose dipendente (6100 µM), (Igura K. Et al., 2001).
Ulteriori dati che confermano questo ruolo inibitorio del resveratrolo sono stati ottenuti da
Kimura utilizzando cellule endoteliali umane prelevate dalla vena ombelicale (HUVEC). I
dati ottenuti sono stati i seguenti: alla concentrazione di 10 µmol/L l’inibizione era del 45.5
%, mentre era del 50.2 % alla concentrazione 50 µmol/L e del 52.6 % alla concentrazione
100 µmol/L. Inoltre il resveratrolo inibisce il legame del fattore di crescita dell’endotelio
vasale (VEGF) con le medesime cellule : del 16.9 % alla concentrazione 10 µmol/L, del
53.2 % alla concentrazione 50 µmol/L e del 47.8 % alla concentrazione 100 µmol/L
(Kimura Y. Et al., 2001).
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