2 L`utilizzo della FISH associata a Ikoniscope nello studio dell

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2 L`utilizzo della FISH associata a Ikoniscope nello studio dell
2
Laboratorio
Al CDI un nuovo test
diagnostico che potrebbe
rivoluzionare l’approccio
clinico all’esofago di
Barrett, una delle patologie
più difficili da interpretare in
ambito gastroenterologico
I
l test utilizza una FISH
“computazionale” basata
su un pannello di biomarkers Abbott interpretati dal microscopio automatizzato/
robotizzato Ikoniscope che, grazie ad un
potente software basato su algoritmi che
sfruttano i frattali, può analizzare fino a
175 vetrini alla volta e fino a 40000 cellule per paziente con una sensibilità mai raggiunta prima d’ora. Cerchiamo ora di
inquadrare questo nuovo test nello scenario attuale della malattia di Barrett.
L’adenocarcinoma esofageo è il tumore
solido in più rapida crescita nei paesi occidentali. Le ragioni di questo aumento non
sono facilmente interpretabili, ma la consapevolezza che l’Esofago di Barrett sia
comunque una condizione pre-cancerosa
fondamentale nella patogenesi della neoplasia ha attratto sempre più l’attenzione
di clinici, patologi e patologi molecolari.
La presenza di metaplasia intestinale “endoscopicamente visibile” nell’esofago nota con l’eponimo di “Esofago di Barrett”,
dal nome del chirurgo inglese che descrisse questa condizione negli anni 50 dello
scorso secolo, è divenuta da semplice cu-
Immagine endoscopica dell’esofago di
Barrett, la zona rossa che si estende
a partire dal cardias. La biopsia ha
mostrato una metaplasia intestinale
Nuove applicazioni
L’utilizzo della FISH associata a Ikoniscope
nello studio dell’esofago di Barrett
riosità anatomo-patologica, una condizione patologica di estremo interesse,
proprio per il maggior rischio di degenerazione neoplastica ad essa associato. A
tutt’oggi però, malgrado i numerosi studi
e le ingenti risorse investite, ci sono più
domande che risposte: il rischio di degenerazione neoplastica è stimato con una varianza molto elevata tra 30 e 150 volte la
popolazione normale e non siamo ancora
in grado di definire i co-fattori che contribuiscono all’attivazione del processo neoplastico, né sono stati individuati sicuri
markers biomolecolari di neoplasia. Quello che è certo è che l’esofago di Barrett è
caratterizzato da una fortissima instabilità genomica che ne condiziona la possibile
evoluzione maligna. Come gran parte dei
tumori la curabilità dell’adenocarcinoma
dell’esofago è legata alla sua diagnosi precoce: quando il tumore è confinato all’esofago e prima che sia diventato una malattia sistemica, l’intervento chirurgico porta a guarigione quasi la totalità dei pazienti, se invece il tumore ha dato metastasi
linfonodali, la sopravvivenza a 5 anni è
intorno al 25-30%. Una rivoluzione concettuale alla diagnosi precoce dell’evolutività di una lesione precancerosa come
l’esofago di Barrett è venuta da studi condotti negli ultimi dieci anni che hanno
messo in evidenza come l’aneuploidia delle cellule dell’epitelio metaplastico e displasico sia da interpretarsi come la causa
e non come l’effetto del processo carcinogenetico. Questo “caos” cromosomiale,
innescato da fenomeni lesivi a carico del
fuso mitotico che tendono ad amplificarsi
nel tempo, è caratterizzato da una serie di
anomalie che vanno dalla perdita di interi
cromosomi, alla delezione di parti di cromosomi o dalla presenza di copie multiple
di cromosomi. Questo tipo di manifestazioni trova nella FISH la metodologia
elettiva per poter essere messe in evidenza.
L’impiego della Fluorescence In Situ Hy-
L a b o r at o r i o I N u o v i
bridization (FISH) per la marcatura dei
geni e quindi mappatura dei cromosomi
risale agli anni ’90 e ha avuto un notevole
impulso negli ultimi anni. La metodica è
basata sull’ibridizzazione di sequenze target del DNA a filamento singolo con modelli complementari marcati (sonde) e
consente la localizzazione di specifiche sequenze di DNA su uno specifico cromosoma, o regione di cromosoma, o “tipo”
cellulare. La FISH riveste da anni un ruolo decisivo nell’individuare alterazioni
genetiche nelle cellule epiteliali in degenerazione maligna di vari organi prima ancora dell’espressione fenotipica della loro
malignità: l’aneuploidia infatti, in alcuni
tumori epiteliali allo stadio iniziale, è sovente l’unica alterazione rilevabile. Ad
esempio per ciò che riguarda l’epitelio vescicale, il 27% dei pazienti in monitoraggio per rischio di recidiva riceve un risultato positivo per FISH, senza alcuna altra
evidenza laboratoristica o strumentale
della presenza della patologia, ossia quando uroTAC, cistoscopia e citologia risultano ancora negative; nel 65% di questi
casi, il carcinoma giunge alla diagnosi
nell’arco di 29 mesi. Ciò dimostra chiaramente un notevole significato “anticipatorio” dell’indagine genetica. Finora, i
fattori limitanti la diffusione su larga scala del test FISH sono stati diversi: in primo
luogo la necessità di una lettura microscopica manuale costretta a basarsi su un numero limitato di osservazioni (solitamente 20-40 cellule scelte per la loro atipicità),
l’impiego di personale esperto, la soggettività, i tempi di risposta più lunghi rispetto alla citologia tradizionale e l’aumento
dei costi a causa della laboriosa analisi manuale. Recentemente, alla luce di nuove
ricerche, è emersa l’importanza di estendere l’analisi genetica ad un considerevole
numero di cellule non solo per aumentare
la sensibilità del test, ma soprattutto per
importanti valutazioni aggiuntive sull’in-
chip, è possibile valutare non solo
l’intolleranza alimentare verso 221
diversi alimenti, ma anche eseguire
lo screening della celiachia mediante
la ricerca degli anticorpi IgG antigliadina ed anti-transglutaminasi.
Nonostante la miniaturizzazione
del sistema, tutti i test sono
analizzati in “doppio”,
ovvero eseguiti due volte. Sono anche previsti
controlli interni positivi
Dott. Enzo Grossi
Direttore Ricerca e Sviluppo CDI
A
B
C
Esempi di immagini digitali alla
microscopia automatizzata di cellule
epiteliali ottenute da brushing
endoscopico esofageo e marcate con
probes FISH. Cellula A: normale;
Cellula B: delezione omozigote del
cromosoma 9; cellula C: polisomia grave
Bibliografia:
· Brankley, et al. The Development of a
FISH Assay for the Detection of Dysplasia and Adeno- carcinoma in Barrett´s
Esophagus Journal of Molecular Diagnostics, Vol 8, No2, May 2006
· Fritcher EG, Brankley SM, Kipp BR,
Voss JS, Campion MB, Morrison LE,
Legator MS, Lutzke LS, Wang KK,
Sebo TJ, Halling KC. A comparison
of conventional cytology, DNA ploidy
analysis, and fluorescence in situ hybridization for the detection of dysplasia
and adenocarcinoma in patients with
Barrett’s esophagus. Hum Pathol. 2008
Aug;39(8):1128-35.
Aperture
test
Un test per le intolleranze
alimentari e la celiachia
Un nuovo test su microchip per le intolleranze alimentari e la celiachia. Il
test è particolarmente innovativo in
quanto, partendo da pochi microlitri di sangue, su un unico micro-
vasività e l’aggressività del tumore. Per ciò
che riguarda l’epitelio esofageo, grazie a
studi condotti negli ultimi anni da gruppi
internazionali, sono stati identificati quattro probes specifici per l’evoluzione maligna dell’epitelio metaplastico e displasico
esofageo a carico del cromosoma 8, 9, 17,
20 (figura 1). Uno studio rigoroso pubblicato nel 2009 su Human Pathology da
un gruppo guidato da Fritcher, ha permesso di validare l’uso di questi biomarkers nella identificazione della displasia
grave e della degenerazione maligna associate all’esofago di Barrett. In questo studio la FISH ha dimostrato una sensibilità
di gran lunga superiore alla citologia tradizionale nella diagnosi di displasia grave
e di cancro esofageo (82% vs 45% e 100%
vs 45% rispettivamente) avendo la istologia esofagea su biopsia come gold standard. I criteri per stabilire la positività
alla FISH in un campione di brushing esofageo sono basati su concetti statistici precisi: una percentuale critica di cellule campionate (almeno 100) deve mostrare tetrasomia o polisomia ad uno o più dei biomarkers FISH. La polisomia è risultata
predittiva di evoluzione a cancro esofageo
nell’arco di 6 mesi. Ciò implica necessariamente l’utilizzo di sistemi di microscopia
automatizzata in grado di scansionare sul
vetrino un numero sufficientemente alto
di cellule con conservazione dell’immagine
digitale dei targets evidenziati per una
eventuale revisione da parte dell’operatore. Questo nuovo approccio metodologico
e tecnologico potrebbe permettere nel
prossimo futuro una applicazione della
metodica su larga scala per programmi di
monitoraggio più efficaci della malattia di
Barrett e per una vera e propria rinascita
del brushing esofageo.
Laboratorio a
Cernusco
e negativi, per cui
i campioni vengono analizzati per
ben tre volte. In
tal modo il test
risulta efficiente
ed affidabile riducendo al minimo
la possibilità di
ottenere risultati
falsamente positivi o negativi.
A partire da questo autunno, la sede
di CMC Cernusco Medical Center,
società del gruppo CDI situata a
Cernusco in via Torino 8, si ingrandisce: al poliambulatorio si aggiunge
infatti un Laboratorio Bionics con
annesso Punto Prelievi dove, in regime di solvenza e in convenzione con
Fondi assicurativi, è possibile eseguire
oltre 500 analisi di laboratorio.