1 RIASSUNTO DELLA TESI “L`IMPORTANZA DELL`ASSET

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1 RIASSUNTO DELLA TESI “L`IMPORTANZA DELL`ASSET
TREMOLADA MATTEO MATR. 26896
SESSIONE DI LUGLIO 2006
RIASSUNTO DELLA TESI
“L’IMPORTANZA DELL’ASSET ALLOCATION E DEGLI STILI GESTIONALI
NELL’ASSET MANAGEMENT”
Dagli inizi degli anni Novanta è in atto un processo di trasformazione sostanziale e radicale
all’interno dei mercati finanziari, durante i quali si assiste ad un costante e rapido sviluppo
dell’industria del risparmio gestito, soprattutto in Italia. Terminata l’era dei rendimenti a due cifre
offerti dai Titoli di Stato, l’attenzione degli investitori si è progressivamente spostata verso
strumenti di investimento ancora poco conosciuti nel nostro paese, ma già affermati in quasi tutti gli
stati economicamente più evoluti. In questo nuovo scenario finanziario, il risparmiatore-investitore
italiano, da sempre contraddistintosi dalla scarsa propensione al rischio, ha iniziato a ricercare
nuove forme di investimento, capaci di offrire rendimenti migliori a fronte dell’assunzione di rischi
più elevati. In Italia, il boom dell’industria del risparmio gestito nel 1996, rappresenta il fenomeno
più vistoso di un mercato che sta profondamente cambiando; la costante crescita registrata negli
anni successivi, ha consentito al nostro mercato, trainato da un industria dei fondi comuni di
investimento che si colloca oggi al terzo posto a livello mondiale, di ridurre il divario dimensionale
rispetto ai già consolidati mercati statunitense e nordeuropei. Alle dimensioni accresciute del
mercato e alla sua graduale apertura verso nuovi strumenti, ha fatto riscontro nelle famiglie italiane,
una maggiore necessità di supporto professionale nella gestione del proprio investimento. La
gestione del risparmio rappresenta oggi un business di portata internazionale, affermatosi ovunque
come la forma prevalente di impiego della ricchezza finanziaria delle famiglie e come oggetto delle
strategie dei maggiori gruppi finanziari a livello mondiale; all’interno di un tale contesto è
conseguente la determinazione di un ambiente ad alta competitività, nel quale solamente le
istituzioni in grado di unire un’ottima organizzazione ad un’elevata qualità gestionale, potranno
svolgere un ruolo attivo nel mercato presente e futuro.
Ciò, unitamente all’andamento altalenante e difficilmente prevedibile registrato nei mercati negli
ultimi anni, giustifica l’avvio nel mio lavoro, di un dibattito sul tema dell’asset allocation, fattore
chiave di una strategia di investimento.
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L’attività allocativa costituisce l’aspetto più delicato e critico del complesso processo decisionale
dell’Asset management, consentendo di determinare la struttura ottimale di portafoglio, in termini
sia quantitativi che qualitativi. Sulla base di approfondite analisi degli strumenti e dei cicli
economici attraversati dai mercati, i gestori mirano a conciliare il profilo di rischio, le aspettative di
rendimento e la diversificazione del singolo risparmiatore, con l’obiettivo di integrarli all’interno di
un progetto di asset allocation efficiente. L’importanza dell’attività allocativa nella gestione di
portafoglio emerge soprattutto sul medio/lungo periodo; su un tale orizzonte temporale, il
portafoglio verrebbe ripartito nelle asset class che presentano le migliori potenzialità di crescita, il
rischio si ridurrebbe mediante una più efficace strategia di diversificazione ed inoltre verrebbe
attenuata l’influenza negativa generata dalla componente emozionale nelle scelte di investimento.
Il processo di asset allocation si configura come il momento in cui si compiono scelte di
investimento e di conseguenza scelte di gestione. Sul piano teorico si è soliti individuare due tipi di
asset allocation (o politiche gestionali): strategica e tattica; il processo allocativo prevede la
consecutività delle scelte di investimento di natura tattica a quelle di natura strategica. L’asset
allocation strategica permette di definire l’asset-mix ottimale di portafoglio nel medio/lungo
periodo sulla base del profilo di rischio/rendimento del cliente, astraendo da valutazioni
sull’andamento positivo o negativo dei mercati. L’asset allocation tattica si compone invece
dell’insieme di azioni volte a gestire e a modificare il portafoglio strategico nel breve periodo: al
mutare delle grandezze espresse dai mercati, si individuano e si sviluppano conseguenti “azioni
tattiche” con l’obiettivo di detenere costantemente un portafoglio di massima efficienza. Gli
obiettivi dell’attività allocativa di natura tattica sono perseguiti mediante l’attivazione di tecniche di
gestione tattiche di tipo puro e tecniche di gestione dinamiche, entrambe accomunate dal fine di
“aggiungere valore” al portafoglio. La asset allocation tattica di tipo puro contempla l’eventualità di
sfruttare a proprio vantaggio previsioni soggettive di breve termine concernenti sia l’evoluzione
dell’intero mercato finanziario, sia le potenzialità di crescita dei singoli titoli. Le strategie
dinamiche di asset allocation prevedono un processo di manutenzione continuo e automatizzato del
portafoglio, fondato su criteri conservativi. Le tecniche dinamiche adottabili sono la “buy and hold”,
la “constant-mix” e la “Constant Proportion Portfolio Insurance”, caratterizzate da un diverso grado
di attivismo del gestore e preferibili in situazioni di mercato differenti.
La diversa importanza attribuita alla fase strategica e tattica e le conseguenti tecniche di gestione
adottate, rappresentano gli elementi distintivi dello stile gestionale perseguito da investitori e gestori,
inteso come sintesi dei criteri e dei principi adottati nella conduzione delle fasi di asset allocation
del processo di gestione. L’adozione di uno stile passivo o di uno stile attivo nella gestione di
portafoglio, costituisce da sempre oggetto di aspre discussioni tra i sostenitori delle diverse scuole
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di pensiero: i fautori dell’efficienza informativa di mercato negano una qualsiasi efficacia alla
gestione tattica (o all’attività di market timing), concentrando le proprie attenzioni esclusivamente
nella fase strategica dell’attività di gestione; i pratici confutando l’ipotesi di un mercato efficiente,
convogliano per contro, i propri sforzi nella gestione tattica, nella convinzione di poter aggiungere
valore all’investimento.
Le evidenze empiriche illustrate in differenti ricerche (in particolare “Determinants of Portfolio
Performance” di Brinson, Hood, Beebower nel 1986 e “The arithmetic of active management” di
Sharpe nel 1991) attribuiscono scarsa efficacia alle attività tattiche di stock selection e market
timing, esaltando di fatto l’importanza della natura strategica nelle scelte di investimento. Alle
medesime conclusioni sono giunto attraverso l’elaborazione di una personale ricerca
sull’andamento dell’indice Mibtel che si propone di indagare sulla reale efficacia dell’asset
allocation tattica: un’attività di market timing capace di “aggiungere valore” sistematicamente al
portafoglio appare di difficile realizzazione, presentandosi inoltre, anche come una attività
potenzialmente deleteria per l’intero investimento, dato che, oltre al rischio di non produrre reali
benefici sul valore di portafoglio, potrebbe addirittura eroderlo. Considerando l’impossibilità di
prevedere con sistematicità i futuri andamenti di titoli e mercati, nonché l’elevato costo-opportunità
del timing, si palesa la rilevanza del ruolo strategico dell’asset allocation: una corretta attività
allocativa deve essere gestita in termini strategici e non tattici, focalizzando l’attenzione sui risultati
assoluti di lungo termine, anziché su quelli relativi di breve, con la conseguente rinuncia a una
rischiosa attività di market timing.
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