Il discernimento
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Il discernimento
discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 1 Betel brevi saggi spirituali 9. Marko Ivan Rupnik Il discernimento Prima parte: Verso il gusto di Dio “È il tempo quando fiorisce il tiglio” Lipa discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 2 Il discernimento ©2000 Lipa Srl, Roma prima edizione: ottobre 2000 prima ristampa: marzo 2001 seconda ristampa: febbraio 2002 Lipa Edizioni via Paolina, 25 00184 Roma & 06 4747770 fax 06 485876 e-mail: [email protected] http://www.lipaonline.org Autore: Marko Ivan Rupnik Titolo: Il discernimento Sottotitolo: Prima parte: Verso il gusto di Dio Collana: Betel Formato: 105x200 mm Pagine: 108 In copertina: particolare di un mosaico dell’Atelier del Centro Aletti Stampato nel febbraio 2002 da Abilgraf via Pietro Ottoboni, 11—Roma Proprietà letteraria riservata Printed in Italy codice ISBN 88-86517-37-8 prima parte: Verso il gusto di Dio PREMESSA .............................................................. 5 I. DOVE SI COLLOCA IL DISCERNIMENTO ...................... 7 Capirsi con Dio ........................................................... 10 L’amore come concretezza di relazioni libere .......... 11 Credere è amare ......................................................... 13 Il discernimento come accoglienza della salvezza per me 17 Per evitare illusioni sull’amore ................................... 18 Per scoprire la vocazione ........................................... 20 Nella Chiesa, sulla scia della tradizione .................... 23 II. CHE COS’È IL DISCERNIMENTO ............................... 25 Con che cosa si conosce ............................................ 25 Dio parla attraverso i pensieri e i sentimenti ............ 27 Il discernimento come atteggiamento ....................... 29 Due tappe del discernimento .................................... 31 Il discernimento non si fa da soli .............................. 33 Due antichi esempi di discernere .............................. 35 III. LE DINAMICHE DELLA PRIMA FASE DEL DISCERNIMENTO ................................................ Per liberarsi dalla mentalità del peccato..................... Oltre una raffinata tentazione ..................................... Come comincia il discernimento................................. La gioia “frizzante”......................................................... La gioia silenziosa .......................................................... La regola fondamentale ............................................... L’azione dello spirito nemico sulla persona che è orientata a se stessa ............................................... Lo Spirito santo nella persona orientata a se stessa ........ L’azione dello Spirito santo sulla persona orientata a Dio ......................................... 41 41 43 46 47 50 55 58 59 63 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 4 Premessa Lo spirito nemico sulla persona orientata a Dio.............. La preghiera che porta al discernimento.................... 1. Scelgo il luogo della preghiera e l’atteggiamento fisico.... 2. Dove vado? Che cosa voglio? ....................................... 3. La preghiera assoluta .................................................. 4. Il nucleo della preghiera ............................................ 5. Il ringraziamento........................................................ 6. L’esame della preghiera .............................................. Come utilizzare gli esami della preghiera ................. Come cominciare il processo del discernimento ...... Fino al perdono .......................................................... Seguendo fedelmente i pensieri e i sentimenti spirituali .... Non fermarsi, se non davanti al Signore crocifisso ........ Attraverso la desolazione spirituale ................................ Aprirsi alla relazione spirituale ...................................... L’esperienza fondante del Dio-Amore ............................ La custodia del gusto del perdono ............................ Un’avvertenza ................................................................ 65 67 67 69 70 71 74 76 78 80 84 84 86 90 91 92 95 99 Già da parecchi anni si è tornati a parlare di discernimento, che in ultima analisi significa l’arte di conoscere Cristo e riconoscerlo come nostro Signore e nostro Salvatore. È la Chiesa, con la sua tradizione e con il magistero dei suoi pastori che di per sé traccia questo discernimento attraverso i tempi e gli spazi per la comunità ecclesiale nella sua globalità. È questa una prima accezione in cui può essere inteso il discernimento. Ma poiché ciò vale per la Chiesa nella sua interezza, per le singole comunità ecclesiali e la vita individuale delle persone con tutta la sua portata concreta, si può parlare di discernimento in tanti modi. C’è inoltre il discernimento che riguarda gli spiriti. «Discernete gli spiriti», dice l’Apostolo (cf 1Cor 12,10). C’è poi il discernimento delle mozioni interiori, dei pensieri e dei sentimenti, c’è il discernimento delle vocazioni, degli stati di vita, ecc. C’è il discernimento delle persone individuali e 1 Per un percorso storico del discernimento e per una sua trattazione particolareggiata in tutte le dimensioni sopra richiamate, ved. M. Ruiz Jurado, Il discernimento spirituale. Teologia, storia, pratica, Cinisello Balsamo 1997. Ved. inoltre l’articolo Discernement des ésprits, in 5 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 6 M.I. Rupnik - Il discernimento delle comunità. C’è anche un discernimento che riguarda piú strettamente la morale.1 Questo libro affronta il discernimento e ne dischiude le dinamiche come arte di comunicare tra Dio e l’uomo e di comprendersi reciprocamente. A motivo di questo suo approccio alla realtà fondamentale del discernimento, affronta le accezioni sopra menzionate in modo trasversale. In tale chiave—il discernimento come comunicazione tra Dio e l’uomo—vanno rispettate due tappe del cammino: una prima tappa di purificazione, che porta ad un’autentica conoscenza di sé in Dio e di Dio nella propria storia, e una seconda in cui il discernimento diviene un habitus. A motivo delle dinamiche diverse proprie a queste due fasi del discernimento, il testo viene diviso in due volumi. In questa prima parte sarà trattata la prima tappa, secondo la scansione seguente: il primo capitolo offre i riferimenti teologici che costituiscono il quadro in cui collocare il discernimento—quale idea di Dio e dell’uomo rende ragione del fatto che questi due soggetti possano comunicarsi e intendersi reciprocamente nell’amore e nella libertà—, il secondo capitolo spiega che cos’è il discernimento e infine il terzo capitolo introduce alle dinamiche della prima fase del discernimento. Va chiarito che, nonostante sia utile la conoscenza di testi che trattano questo tema, il discernimento tuttavia è una realtà alla quale bisogna essere iniziati, che richiede un approccio espeDictionnaire de spiritualité, III, Paris 6 I. Dove si colloca il discernimento Esiste una relazione reale tra Dio e l’uomo? Se sí, in che cosa consiste? Ha una sua oggettività? Dio e l’uomo possono comunicarsi e comprendersi veramente? Quale linguaggio adoperano Dio e l’uomo quando si comunicano? È un linguaggio univoco, analogico o dialettico? Dio comanda e l’uomo soltanto obbedisce, esegue? Oppure l’uomo pensa che cosa piacerebbe a Dio sulla base di alcuni comandamenti divini e lo realizza? Esiste uno spazio di autonomia per l’uomo all’interno del grande disegno divino? I maestri della vita spirituale non sarebbero d’accordo con il modo di impostare la questione sottesa a questi interrogativi. Per loro queste due realtà non possono essere trattate come se fossero divise. Il rapporto tra Dio e l’uomo si compie nello Spirito santo, la Persona divina che rende 1 Cf T. ·pidlík, La spiritualità dell’Oriente cristiano. I: Manuale sistematico, Roma 1985, 25-30. Ved. anche P. Floren-skij, Colonna e fondamento della verità, Milano 1974, 153-188 e M. Tenace, Dir e l’uomo. II: Dall’immagine di Dio alla somiglianza, Roma 1997, 17- 7 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 8 M.I. Rupnik - Il discernimento l’uomo partecipe dell’amore del Padre nel Figlio.1 Questa partecipazione, cioè la presenza dell’amore divino nell’uomo, rende possibile l’accesso a Dio e all’uomo, creato in questo amore. Non solo. Tale inabitazione divina in noi fa sí che Dio non rimanga esterno alla nostra realtà umana, ma diventi—come dice Pavel Evdokimov—un fatto interno della nostra natura.2 Tra la persona umana e il suo Signore esiste quindi una comunicazione vera che, per avere la garanzia della libertà, si avvale dei pensieri e dei sentimenti dell’uomo. I Padri hanno optato normalmente per il linguaggio simbolico, ritenendolo il linguaggio in cui la comunicazione divino-umana si realizza piú autenticamente.3 Per loro il discernimento è una preghiera, una vera e propria arte della vita nello Spirito santo. Il discernimento fa parte dunque della relazione vissuta tra Dio e l’uomo, anzi è proprio uno spazio in cui l’uomo sperimenta il rapporto con Dio come esperienza di libertà, addirittura come possibilità di crearsi. Nel discernimento, l’uomo sperimenta la sua identità come creatore della propria persona. In questo senso, è l’arte in cui l’uomo dischiude se stesso nella creatività della storia e crea la storia creando se stesso. 44. 2 P. Evdokimov, L’Esprit-Saint et l’Église d’après la tradition liturgique, in L’Esprit-Saint et l’Église. Actes du symposium…, Paris 1969, 98. 3 Cf, ad esempio, S. Brock, I tre modi dell’autorivelazione di Dio, in Id., L’occhio luminoso. La visione spi- 8 I. Dove si colloca il discernimento Il discernimento è quindi una realtà relazionale, come lo è la fede stessa. La fede cristiana è infatti una realtà relazionale, perché il Dio che ci si rivela si comunica come amore, e l’amore presuppone il riconoscimento di un “tu”.4 Dio è amore perché comunicazione assoluta, eterna relazionalità, sia nell’atto primordiale dell’amore reciproco delle tre Persone divine, che nella creazione. Perciò l’esperienza della relazione libera che l’uomo sperimenta nel discernimento non è mai solo relazione tra uomo e Dio, ma include la relazione uomo-uomo e addirittura uomo-creato, dal momento che entrare in una relazione autentica con Dio significa entrare in quell’ottica d’amore che è una relazione vivificante con tutto ciò che esiste. Far propria questa visione significa cogliere l’infrastruttura coesiva di fili che legano e connettono insieme ogni parte della creazione e fanno emergere la comunione all’essere di tutto l’esistente. Dal momento che tutti questi fili indicano lo stesso aspetto della realtà divina, la loro prerituale di sant’E-frem, Roma 1999, 43-46. 4 Cf V. Ivanov, Ty esi, in Sobr. Soã. III, Bruxelles 1979, 263-268 e Id. Anima, in ibid., 270-293. 5 Cf tutta la funzione della materia nella salvezza come emerge nella teologia orientale, quale strumento e contesto per la potenza salvifica di Dio e la ricapitolazione in Cristo dell’intera creazione. A titolo di esempio, ved. il permanere di questa sensibilità attraverso autori ed epoche diverse: Giovanni Dama-sceno, Contro le immagini, I, 16, Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, PG 150, 581 B. V. Solov’ëv, Soãinenija VI, 35ss, cf ·pidlík, in La mistica...., Roma 1984, 658ss, A. Schmemann, The World 9 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 10 M.I. Rupnik - Il discernimento senza nelle cose, negli oggetti, nella produzione umana infonde ad essi nuovo significato, tramite il quale ogni cosa ed ogni azione è capace di assumere un significato piú profondo. Ci viene cosí offerta una visione essenzialmente sacramentale del mondo dove, attraverso le cose, abbiamo accesso alla loro verità.5 Il discernimento è allora l’arte di comprendere se stessi tenendo conto di questa struttura coesiva, dell’insieme, vedersi nell’unità perché si vede con l’occhio di Dio che vede l’unità di vita. Capirsi con Dio Noi crediamo in Dio Padre, Figlio e Spirito santo. Un Dio ideale, un Dio-concetto non avrebbe per noi cristiani un peso indiscusso e assoluto. Noi cristiani siamo tali perché la rivelazione ci comunica un Dio Trinità, al quale ci rivolgiamo come a tre Persone. Invocando ogni Persona, invochiamo infatti tutto Dio, dal momento che ogni Persona esiste in una relazione di unità indissolubile e totale con le altre due. Quando affermiamo di credere in Dio Padre, allo stesso tempo diciamo di credere nello Spirito santo e nel Figlio. Lo stesso vale per ciascuna delle Persone divine: il riferimento a ognuna di loro abbraccia automaticamente la loro comunione trinitaria, rimandando alle altre due Persone divine. In questo senso, il primo articolo del Credo è di importanza capitale: “Credo in un as a Sacrament, London 1994, I. Zizioulas, Il creato come eucarestia, Magnano 1994. 10 I. Dove si colloca il discernimento solo Dio Padre”. Affermare di credere in Dio è semplicemente molto piú ambiguo, perché sarebbe infatti un’affermazione piú aperta alle interpretazioni, comprensioni e addirittura alle idolatrie piú diverse—dalle idee, ai concetti, alle statue, ai riti, dall’astrattismo fino a realtà propriamente sensuali. Ma credere in Dio Padre vuol dire che Dio è una concretezza al di là di ogni possibile manipolazione, dato che “Padre” significa una persona, e la persona non è un concetto, ma una realtà, una concretezza.6 Dire “Padre” significa indicare un volto, e il volto—anche se mai visto—è sempre concreto e designa una realtà personale, precisa, in se stessa oggettiva. Dicendo “Padre”, diciamo la concretezza di Dio nelle tre Persone, come pure la concretezza delle loro relazioni. Allo stesso tempo però, dire “Credo in Dio Padre” significa anche affermare la propria identità, svelare il proprio volto, perché chi pronuncia la parola “Padre” si dichiara figlio, una figliolanza che scopre proprio in virtú della rivelazione di Dio come Padre.7 L’articolo di fede “Credo in un solo Dio Padre” esplicita la relazione che esiste tra l’uomo e Dio, che è appunto quella della figliolanza. La fede è pertanto una relazione da figli. Questo vuol dire allora che non ci si può accostare alla questione della fede con dei principi e una termi-nologia astratti. 6 Cf Atanasio, Ad Serap., ep. III. 11 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 12 M.I. Rupnik - Il discernimento L’amore come concretezza di relazioni libere La persona di Dio che noi crediamo, contempliamo e adoriamo nell’unità del Dio tripersonale, si rivela come concretezza di relazioni libere e di comunicazione. Il Dio tripersonale è anzitutto rivelazione di sé come assenza di necessità. In Dio ogni Persona sussiste in un amore assolutamente libero, al di là di ogni legge di necessità. Quando Giovanni dice che Dio è amore, afferma che Dio è libero e che l’amore significa libera adesione, relazionalità libera. Se non c’è una relazione libera, non si può parlare di amore, ma di un’altra realtà. In Dio c’è un amore libero non solo tra le tre Persone, ma anche di ogni Persona verso la natura divina che ciascuna di loro possiede interamente.8 La libera relazionalità in Dio va intesa pertanto in modo interpersonale: ogni Persona divina possiede la natura di Dio dandole un’impronta del tutto personale—del Padre, o del Figlio, o dello Spirito santo—di modo che la loro relazione include anche la natura che tutte le Persone possiedono completamente, ciascuna a suo modo. Si 7 Cf T. ·pidlík, Noi nella Trinità. Breve saggio sulla Trini-tà, Roma 2000. 8 Su questo ved. M. I. Rupnik, Dire l’uomo. I: Per una cultura della pasqua, Roma 1997, 77-89. 9 Ved. S. Bulgakov, Glavy o tr oi ã nosti, «Pravoslavnaja Mysl’» 1928, I, 66-70, oppure, in traduzione italiana, dello stesso autore, L’Agnello di Dio, Roma 12 I. Dove si colloca il discernimento tratta quindi di una relazione complessa, ma completamente libera, di un’adesione cosí libera che Giovanni può dire: «Dio è amore». La relazione di Dio nelle sue Persone santissime è una comunicazione non solo nel senso che le Persone divine comunicano tra di loro, ma anzitutto nel senso che si comunicano nell’amore reciproco, dando se stesse nell’amore. Questa comunicazione intradivina non è isolata dalla comunicazione di Dio verso il suo creato. Dio non solo comunica verso la creazione—e soprattutto verso l’uomo come persona creata—ma si comunica. Solo grazie al fatto che Dio è amore noi possiamo giungere alla conoscenza di Lui, perché l’amore significa relazione, cioè comunicazione, quindi comunicarsi.9 La nostra conoscenza di Dio non è dunque una conoscenza teorica, astratta, ma una conoscenza comunicativa, una conoscenza cioè all’interno della quale avviene un comunicarsi. Dio si comunica in modo personale nella sua relazione libera con noi uomini. Lo Spirito santo—che è il comunicatore per eccellenza della Santissima Trinità al mondo creato—comunica Dio in modo personale, cioè nella maniera del “comunicarsi”. Dio si rende presente alla persona umana quando questa si dispone in un atteggiamento conoscitivo. Tale conoscenza, che possiamo chiamare simbolico-sapienziale, porta ad una vita simile a Dio. La conoscenza di Dio è cosí anche una comunicazione dell’arte di vivere: Dio comunica all’uomo, cioè a livello creaturale, la sua somiglianza. L’uomo è l’immagine di Dio. Ma, per opera della 13 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 14 M.I. Rupnik - Il discernimento redenzione operata da Dio stesso e dello Spirito santo che ci comunica la salvezza compiuta da Cristo, l’uomo può conoscere Dio e realizzare questa conoscenza come similitudine a Dio. Dio, in un certo senso, comunica all’uomo il suo modo di essere che è l’amore. Pertanto, anche la persona umana diventa simile a Dio quando spende la sua vita alla maniera dell’amore, cioè in comunione. La similitudine a Dio si realizza in una vita di relazioni libere, in una adesione libera come immagine della Trinità. Il modo di vivere acquisito dall’uomo nella conoscenza di Dio è quindi quello della Chiesa, della comunità, tant’è vero che è la Chiesa a generarci come credenti. I. Dove si colloca il discernimento La conoscenza di Dio non è dunque una conoscenza astratta, di stampo teorico, a cui poi l’uomo dà conseguentemente una interpretazione pratica, etico-morale. Il Dio Tripersonale non può essere mai ridotto a una dottrina, a un elenco di precetti, a uno sforzo ascetico, ma si conosce solo all’interno di un comunicarsi reciproco, dove l’assoluta iniziativa appartiene alla libera relazionalità d’amore di Dio Padre al quale l’uomo risponde con un atto di fede che di fatto, come ab- biamo intravisto, è un atto relazionale, un atto cioè allo stesso tempo dell’amore e della libertà, dal momento che è riconoscere l’altro in tutta la sua oggettività e aderire a lui fino ad orientarsi radicalmente a Lui.10 La fede come una radicale affermazione dell’Altro, di Dio, vuol dire aderire con tutto se stessi all’oggettività di Dio. Anche la fede come contenuto, come insegnamento, come mentalità, come morale, si dischiude all’uomo tramite l’amore, cioè quell’atteggiamento di riconoscimento, di estasi, dell’essere protesi e orientati verso l’Altro. Questo perché anche in Dio stesso—la Persona teologicamente intesa—tutto è comprensibile attraverso l’amore, la libera adesione. Perciò si può dire che nella persona l’oggettività è la libertà. L’oggettività dell’altro, di Dio o di un altro uomo, significa proprio la sua relazionalità libera, che io non posso mai possedere. Non si può dire di credere in Dio se non per amore, l’unica forza che dopo il peccato è capace di distogliere l’uomo da se stesso e di orientarlo radicalmente all’altro.11 Credere in Dio Padre, Figlio e Spirito santo significa amare Dio Padre, Figlio e Spirito santo. Questo comporta già uno stile di vita. Infatti, credere in Dio, conoscere Dio, amare Dio sono realtà che si possono comprendere e realizzare solo all’interno di un vissuto concreto che si muove all’interno della tradizione, della 1990, 161-162 o Il Paraclito, Bologna 1971, 345-350. Ved. anche G. M. Zanghí, Dio che è amore. Trinità e vita in Cristo, Roma 1991, 78 e A. Jevtiç, L’infinito cammino. Umanazione di Dio e deificazione dell’uomo, Sotto il Monte-Schio 1996, 195-252. 10 V. Solov’ëv, La critica dei principi astratti, in Id., Sulla Divinoumanità e altri scritti, Milano 1971, 197-210. 11 Cf V. Solov’ëv, Il significato dell’amore e altri scritti, Milano 1983, 88-101. Credere è amare 14 15 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 16 M.I. Rupnik - Il discernimento Chiesa. Lo scisma tra credere e amare è un effetto del peccato gravemente dannoso. Tale scisma produce nell’uomo un’infinità di altri scismi, di altre frantumazioni, che poi si cercherà illusoriamente di vincere con i piú vari “-ismi”: dogmatismo, moralismo, psicologismo, e via dicendo. Credere in Dio, conoscere Dio, proprio perché è possibile solo amando Dio, aprendosi allo Spirito, è una conversione, è un rinunciare al principio del male, al principio della morte costituito dal peccato, per aderire radicalmente e liberamente a Dio come supremo bene perché amore tripersonale.12 Dunque, possiamo credere solo se ci lasciamo pervadere dall’amore di Dio, perché la fede cresce dall’amore.13 In 1Cor 13, Paolo non dice infatti «se non avessi amato», ma «se non avessi l’amore»: ciò significa che Dio ci crea donando il suo amore e che l’uomo esiste solo in quanto lo Spirito santo lo fa inabitare dall’amore di Dio, che non è iniziativa dell’uomo, ma accoglienza del dono di Dio. Il peccato ci ha isolati dall’amore di Dio. L’uomo tenta di realizzare la sua vita al di fuori dell’amore, assecondando in se stesso quella dimensione chiamata da Paolo “carne”, che è la parte vulnerabile, la parte che percepisce vicine la fragilità e la morte e che vuole salvarsi affermando se stessa in maniera esclusiva, unilaterale, chiedendo per sé tutto il creato e le relazioni degli altri. La carne significa di fatto ribellione allo spirito, cioè a quella dimensione della persona umana capace di aprirsi allo Spirito di Dio che con la sua azione inabita la 16 I. Dove si colloca il discernimento persona. La carne è ribellione all’apertura, a una relazione reale, all’agape, alla carità, è la rinuncia all’intelligenza dell’amore. Il grande rischio al quale difficilmente ci sottraiamo è che all’interno di questa nostra realtà non redenta finiamo per imprigionare anche Dio, cercando di affermare una conoscenza di Dio realizzata in questo modo autoaffermativo, dove di fatto siamo noi a dare forma e contenuto alla rivelazione di Dio. Si può infatti pensare Dio nell’ottica della carne, cioè con quell’intelligenza che ragiona con i criteri della carne. E forse non c’è peggior cosa che pensare Dio con un’intelligenza esercitata in modo riduttivo, con una razionalità non piú integra. Questa razionalità tarpata, amputata, si riconosce per il suo atteggiamento di dominio, di possessione, di esaurimento di tutte le possibilità, per il suo sentimento di onnipotenza. La trappola principale in cui cade e da cui si fa ingannare è la metodologia del ragionamento, di una logica perfetta, impeccabile, per evitare le sorprese, per chiudere il sistema, per sentirsi esauriente e onnipotente. Ma la si trova in fallo perché non riesce a sistemare la questione della libertà. Ha un approccio dualista: è ideologica, perché cerca di sistemare la libertà creando degli spazi di libertà e per la libertà, ma di fatto non promuove la libera adesione, non infiamma il cuore come espressione dell’integralità dell’uomo, perciò di fatto non promuove la conversione se non con principi etici, con imperativi morali, esaurendosi tuttavia nel suo fallimento che la costringe o a scendere a compromessi—perché non si può vivere come si pensa—oppure ad ab17 discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 18 M.I. Rupnik - Il discernimento bassare il pensiero, per non soffrire del fallimento etico. La trappola che tuttavia prima o poi esploderà a causa della falsa libertà è il pensare di giungere alla conoscenza di Dio, a decifrare la sua volontà, deducendone poi i passi morali e ascetici, senza l’esperienza di essere redenti, senza cioè l’esperienza del risveglio di quell’amore di Dio che ci inabita e che è l’unico capace di assumerci integralmente, di farci sperimentare l’integralità e di rivolgerci ad una sfera di relazioni libere, sia verso Dio che verso l’altro. Se la conoscenza di Dio non deriva dall’esperienza del suo amore verso di noi sperimentato e compreso nell’atto della redenzione, è illusione o idolatria egoista della propria ragione, quella ragione che gonfia. Va qui certamente richiamato Ger 31, dove il profeta proclama che il frutto della nuova alleanza conclusa con la casa di Israele sarà la conoscenza del Signore sulla base dell’esperienza della sua misericordia: «Non dovranno piú istruirsi gli uni gli altri, dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno dal piú piccolo al piú grande, dice il Signore; poiché io perdonerò le loro iniquità e non mi ricorderò piú del loro peccato». Si tratta della stessa realtà annunciata in 1Gv 4, dove è spiegato chiaramente che non si può amare Dio se non sul fondamento di essere amati da lui. I. Dove si colloca il discernimento salvezza per me Il discernimento è dunque l’arte della vita spirituale in cui io comprendo come Dio si comunica a me, come Dio—il che è lo stesso—mi salva, come si attua in me la redenzione in Gesú Cristo, che lo Spirito santo rende salvezza per me. Il discernimento è quell’arte in cui io sperimento la libera adesione a un Dio che liberamente si è affidato nelle mie mani in Gesú Cristo, un’arte pertanto in cui le realtà in me, nel creato, nelle persone intorno a me, nella storia mia personale e in quella piú generale smettono di essere mute per cominciare a comunicarmi l’amore di Dio.14 Non solo. Il discernimento è anche quell’arte spirituale in cui riesco ad evitare l’inganno, l’illusione, e a decifrare e leggere le realtà in modo vero, vincendo i miraggi che esse possono presentare per me. Il discernimento è l’arte di parlare con Dio, non il parlare con le tentazioni, neppure con quelle su Dio. Per evitare illusioni sull’amore Il discernimento come accoglienza della Il discernimento è espressione di un’intelligenza contemplativa, è un’arte che presuppone il saper contemplare, vedere Dio. Ora, Dio è l’amore e noi sappiamo che l’amore si realizza alla maniera di Cristo e dello Spirito santo, che sono i due rivelatori del Padre. L’amore ha dunque sem- 12 V. Solov’ëv, I fondamenti spirituali della vita, Roma 1998, 27-35. 13 Cf V. Ivanov, Dostoevskij. Tragedija – Mif – Mistika, in Sobr. Soã. IV, Bruxelles 1987, 503-555. 18 19