Il discernimento

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Il discernimento
discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 1
Betel brevi saggi spirituali 9.
Marko Ivan Rupnik
Il discernimento
Prima parte: Verso il gusto di Dio
“È il tempo quando fiorisce il tiglio”
Lipa
discernimento II ristampa-8:discernimento II ristampa 08/01/15 17.07 Pagina 2
Il discernimento
©2000 Lipa Srl, Roma
prima edizione: ottobre 2000
prima ristampa: marzo 2001
seconda ristampa: febbraio 2002
Lipa Edizioni
via Paolina, 25
00184 Roma
& 06 4747770
fax 06 485876
e-mail: [email protected]
http://www.lipaonline.org
Autore: Marko Ivan Rupnik
Titolo: Il discernimento
Sottotitolo: Prima parte: Verso il gusto di Dio
Collana: Betel
Formato: 105x200 mm
Pagine: 108
In copertina: particolare di un mosaico
dell’Atelier del Centro Aletti
Stampato nel febbraio 2002 da Abilgraf
via Pietro Ottoboni, 11—Roma
Proprietà letteraria riservata Printed in Italy
codice ISBN 88-86517-37-8
prima parte: Verso il gusto di Dio
PREMESSA ..............................................................
5
I. DOVE SI COLLOCA IL DISCERNIMENTO ......................
7
Capirsi con Dio ........................................................... 10
L’amore come concretezza di relazioni libere .......... 11
Credere è amare ......................................................... 13
Il discernimento come accoglienza della salvezza per me
17
Per evitare illusioni sull’amore ................................... 18
Per scoprire la vocazione ........................................... 20
Nella Chiesa, sulla scia della tradizione .................... 23
II. CHE COS’È IL DISCERNIMENTO ............................... 25
Con che cosa si conosce ............................................ 25
Dio parla attraverso i pensieri e i sentimenti ............ 27
Il discernimento come atteggiamento ....................... 29
Due tappe del discernimento .................................... 31
Il discernimento non si fa da soli .............................. 33
Due antichi esempi di discernere .............................. 35
III. LE DINAMICHE DELLA PRIMA FASE
DEL DISCERNIMENTO ................................................
Per liberarsi dalla mentalità del peccato.....................
Oltre una raffinata tentazione .....................................
Come comincia il discernimento.................................
La gioia “frizzante”.........................................................
La gioia silenziosa ..........................................................
La regola fondamentale ...............................................
L’azione dello spirito nemico sulla persona
che è orientata a se stessa ...............................................
Lo Spirito santo nella persona orientata a se stessa ........
L’azione dello Spirito santo
sulla persona orientata a Dio .........................................
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Premessa
Lo spirito nemico sulla persona orientata a Dio..............
La preghiera che porta al discernimento....................
1. Scelgo il luogo della preghiera e l’atteggiamento fisico....
2. Dove vado? Che cosa voglio? .......................................
3. La preghiera assoluta ..................................................
4. Il nucleo della preghiera ............................................
5. Il ringraziamento........................................................
6. L’esame della preghiera ..............................................
Come utilizzare gli esami della preghiera .................
Come cominciare il processo del discernimento ......
Fino al perdono ..........................................................
Seguendo fedelmente i pensieri e i sentimenti spirituali ....
Non fermarsi, se non davanti al Signore crocifisso ........
Attraverso la desolazione spirituale ................................
Aprirsi alla relazione spirituale ......................................
L’esperienza fondante del Dio-Amore ............................
La custodia del gusto del perdono ............................
Un’avvertenza ................................................................
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Già da parecchi anni si è tornati a parlare di
discernimento, che in ultima analisi significa l’arte
di conoscere Cristo e riconoscerlo come nostro
Signore e nostro Salvatore. È la Chiesa, con la sua
tradizione e con il magistero dei suoi pastori che
di per sé traccia questo discernimento attraverso i
tempi e gli spazi per la comunità ecclesiale nella
sua globalità. È questa una prima accezione in cui
può essere inteso il discernimento. Ma poiché ciò
vale per la Chiesa nella sua interezza, per le singole comunità ecclesiali e la vita individuale delle
persone con tutta la sua portata concreta, si può
parlare di discernimento in tanti modi. C’è inoltre
il discernimento che riguarda gli spiriti.
«Discernete gli spiriti», dice l’Apostolo (cf 1Cor
12,10). C’è poi il discernimento delle mozioni interiori, dei pensieri e dei sentimenti, c’è il discernimento delle vocazioni, degli stati di vita, ecc.
C’è il discernimento delle persone individuali e
1 Per un percorso storico del discernimento e per
una sua trattazione particolareggiata in tutte le dimensioni sopra richiamate, ved. M. Ruiz Jurado, Il discernimento spirituale. Teologia, storia, pratica, Cinisello Balsamo
1997. Ved. inoltre l’articolo Discernement des ésprits, in
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delle comunità. C’è anche un discernimento che
riguarda piú strettamente la morale.1
Questo libro affronta il discernimento e ne dischiude le dinamiche come arte di comunicare tra
Dio e l’uomo e di comprendersi reciprocamente. A
motivo di questo suo approccio alla realtà fondamentale del discernimento, affronta le accezioni sopra menzionate in modo trasversale.
In tale chiave—il discernimento come comunicazione tra Dio e l’uomo—vanno rispettate due
tappe del cammino: una prima tappa di purificazione, che porta ad un’autentica conoscenza di sé
in Dio e di Dio nella propria storia, e una seconda
in cui il discernimento diviene un habitus. A motivo delle dinamiche diverse proprie a queste due
fasi del discernimento, il testo viene diviso in due
volumi. In questa prima parte sarà trattata la prima
tappa, secondo la scansione seguente: il primo capitolo offre i riferimenti teologici che costituiscono
il quadro in cui collocare il discernimento—quale
idea di Dio e dell’uomo rende ragione del fatto
che questi due soggetti possano comunicarsi e intendersi reciprocamente nell’amore e nella libertà—, il secondo capitolo spiega che cos’è il discernimento e infine il terzo capitolo introduce alle
dinamiche della prima fase del discernimento.
Va chiarito che, nonostante sia utile la conoscenza di testi che trattano questo tema, il discernimento tuttavia è una realtà alla quale bisogna
essere iniziati, che richiede un approccio espeDictionnaire de spiritualité, III, Paris
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I. Dove si colloca
il discernimento
Esiste una relazione reale tra Dio e l’uomo? Se
sí, in che cosa consiste? Ha una sua oggettività?
Dio e l’uomo possono comunicarsi e comprendersi veramente? Quale linguaggio adoperano
Dio e l’uomo quando si comunicano? È un linguaggio univoco, analogico o dialettico? Dio comanda e l’uomo soltanto obbedisce, esegue? Oppure l’uomo pensa che cosa piacerebbe a Dio
sulla base di alcuni comandamenti divini e lo realizza? Esiste uno spazio di autonomia per l’uomo
all’interno del grande disegno divino?
I maestri della vita spirituale non sarebbero
d’accordo con il modo di impostare la questione
sottesa a questi interrogativi. Per loro queste due
realtà non possono essere trattate come se fossero divise. Il rapporto tra Dio e l’uomo si compie
nello Spirito santo, la Persona divina che rende
1 Cf T. ·pidlík, La spiritualità dell’Oriente cristiano.
I: Manuale sistematico, Roma 1985, 25-30. Ved. anche P.
Floren-skij, Colonna e fondamento della verità, Milano
1974, 153-188 e M. Tenace, Dir e l’uomo. II:
Dall’immagine di Dio alla somiglianza, Roma 1997, 17-
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l’uomo partecipe dell’amore del Padre nel Figlio.1
Questa partecipazione, cioè la presenza dell’amore divino nell’uomo, rende possibile l’accesso a
Dio e all’uomo, creato in questo amore. Non solo. Tale inabitazione divina in noi fa sí che Dio
non rimanga esterno alla nostra realtà umana, ma
diventi—come dice Pavel Evdokimov—un fatto
interno della nostra natura.2
Tra la persona umana e il suo Signore esiste
quindi una comunicazione vera che, per avere la
garanzia della libertà, si avvale dei pensieri e dei
sentimenti dell’uomo. I Padri hanno optato normalmente per il linguaggio simbolico, ritenendolo
il linguaggio in cui la comunicazione divino-umana si realizza piú autenticamente.3 Per loro il discernimento è una preghiera, una vera e propria
arte della vita nello Spirito santo. Il discernimento
fa parte dunque della relazione vissuta tra Dio e
l’uomo, anzi è proprio uno spazio in cui l’uomo
sperimenta il rapporto con Dio come esperienza
di libertà, addirittura come possibilità di crearsi.
Nel discernimento, l’uomo sperimenta la sua
identità come creatore della propria persona. In
questo senso, è l’arte in cui l’uomo dischiude se
stesso nella creatività della storia e crea la storia
creando se stesso.
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2 P. Evdokimov, L’Esprit-Saint et l’Église d’après la
tradition liturgique, in L’Esprit-Saint et l’Église. Actes du
symposium…, Paris 1969, 98.
3 Cf, ad esempio, S. Brock, I tre modi dell’autorivelazione di Dio, in Id., L’occhio luminoso. La visione spi-
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I. Dove si colloca il discernimento
Il discernimento è quindi una realtà relazionale, come lo è la fede stessa. La fede cristiana è infatti una realtà relazionale, perché il Dio che ci si
rivela si comunica come amore, e l’amore presuppone il riconoscimento di un “tu”.4 Dio è amore
perché comunicazione assoluta, eterna relazionalità, sia nell’atto primordiale dell’amore reciproco
delle tre Persone divine, che nella creazione.
Perciò l’esperienza della relazione libera che l’uomo sperimenta nel discernimento non è mai solo
relazione tra uomo e Dio, ma include la relazione
uomo-uomo e addirittura uomo-creato, dal momento che entrare in una relazione autentica con
Dio significa entrare in quell’ottica d’amore che è
una relazione vivificante con tutto ciò che esiste.
Far propria questa visione significa cogliere l’infrastruttura coesiva di fili che legano e connettono insieme ogni parte della creazione e fanno
emergere la comunione all’essere di tutto l’esistente. Dal momento che tutti questi fili indicano
lo stesso aspetto della realtà divina, la loro prerituale di sant’E-frem, Roma 1999, 43-46.
4 Cf V. Ivanov, Ty esi, in Sobr. Soã. III, Bruxelles
1979, 263-268 e Id. Anima, in ibid., 270-293.
5 Cf tutta la funzione della materia nella salvezza
come emerge nella teologia orientale, quale strumento e
contesto per la potenza salvifica di Dio e la ricapitolazione in Cristo dell’intera creazione. A titolo di esempio,
ved. il permanere di questa sensibilità attraverso autori
ed epoche diverse: Giovanni Dama-sceno, Contro le immagini, I, 16, Nicola Cabasilas, La vita in Cristo, PG 150,
581 B. V. Solov’ëv, Soãinenija VI, 35ss, cf ·pidlík, in La
mistica...., Roma 1984, 658ss, A. Schmemann, The World
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senza nelle cose, negli oggetti, nella produzione
umana infonde ad essi nuovo significato, tramite
il quale ogni cosa ed ogni azione è capace di assumere un significato piú profondo. Ci viene cosí
offerta una visione essenzialmente sacramentale
del mondo dove, attraverso le cose, abbiamo accesso alla loro verità.5 Il discernimento è allora
l’arte di comprendere se stessi tenendo conto di
questa struttura coesiva, dell’insieme, vedersi nell’unità perché si vede con l’occhio di Dio che vede l’unità di vita.
Capirsi con Dio
Noi crediamo in Dio Padre, Figlio e Spirito santo. Un Dio ideale, un Dio-concetto non avrebbe
per noi cristiani un peso indiscusso e assoluto. Noi
cristiani siamo tali perché la rivelazione ci comunica un Dio Trinità, al quale ci rivolgiamo come a tre
Persone. Invocando ogni Persona, invochiamo infatti tutto Dio, dal momento che ogni Persona esiste in una relazione di unità indissolubile e totale
con le altre due. Quando affermiamo di credere in
Dio Padre, allo stesso tempo diciamo di credere
nello Spirito santo e nel Figlio. Lo stesso vale per
ciascuna delle Persone divine: il riferimento a
ognuna di loro abbraccia automaticamente la loro
comunione trinitaria, rimandando alle altre due
Persone divine. In questo senso, il primo articolo
del Credo è di importanza capitale: “Credo in un
as a Sacrament, London 1994, I. Zizioulas, Il creato come eucarestia, Magnano 1994.
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I. Dove si colloca il discernimento
solo Dio Padre”. Affermare di credere in Dio è
semplicemente molto piú ambiguo, perché sarebbe
infatti un’affermazione piú aperta alle interpretazioni, comprensioni e addirittura alle idolatrie piú diverse—dalle idee, ai concetti, alle statue, ai riti, dall’astrattismo fino a realtà propriamente sensuali. Ma
credere in Dio Padre vuol dire che Dio è una concretezza al di là di ogni possibile manipolazione,
dato che “Padre” significa una persona, e la persona non è un concetto, ma una realtà, una concretezza.6 Dire “Padre” significa indicare un volto, e il
volto—anche se mai visto—è sempre concreto e
designa una realtà personale, precisa, in se stessa
oggettiva. Dicendo “Padre”, diciamo la concretezza di Dio nelle tre Persone, come pure la concretezza delle loro relazioni. Allo stesso tempo però,
dire “Credo in Dio Padre” significa anche affermare la propria identità, svelare il proprio volto,
perché chi pronuncia la parola “Padre” si dichiara
figlio, una figliolanza che scopre proprio in virtú
della rivelazione di Dio come Padre.7
L’articolo di fede “Credo in un solo Dio Padre”
esplicita la relazione che esiste tra l’uomo e Dio,
che è appunto quella della figliolanza. La fede è
pertanto una relazione da figli. Questo vuol dire allora che non ci si può accostare alla questione della fede con dei principi e una termi-nologia astratti.
6 Cf Atanasio, Ad Serap., ep. III.
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L’amore come concretezza di relazioni
libere
La persona di Dio che noi crediamo, contempliamo e adoriamo nell’unità del Dio tripersonale,
si rivela come concretezza di relazioni libere e di
comunicazione. Il Dio tripersonale è anzitutto rivelazione di sé come assenza di necessità. In Dio
ogni Persona sussiste in un amore assolutamente
libero, al di là di ogni legge di necessità. Quando
Giovanni dice che Dio è amore, afferma che Dio
è libero e che l’amore significa libera adesione,
relazionalità libera. Se non c’è una relazione libera, non si può parlare di amore, ma di un’altra
realtà. In Dio c’è un amore libero non solo tra le
tre Persone, ma anche di ogni Persona verso la
natura divina che ciascuna di loro possiede interamente.8 La libera relazionalità in Dio va intesa pertanto in modo interpersonale: ogni Persona divina
possiede la natura di Dio dandole un’impronta del
tutto personale—del Padre, o del Figlio, o dello
Spirito santo—di modo che la loro relazione include anche la natura che tutte le Persone possiedono completamente, ciascuna a suo modo. Si
7 Cf T. ·pidlík, Noi nella Trinità. Breve saggio sulla
Trini-tà, Roma 2000.
8 Su questo ved. M. I. Rupnik, Dire l’uomo. I: Per
una cultura della pasqua, Roma 1997, 77-89.
9 Ved. S. Bulgakov, Glavy o tr oi ã nosti,
«Pravoslavnaja Mysl’» 1928, I, 66-70, oppure, in traduzione italiana, dello stesso autore, L’Agnello di Dio, Roma
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I. Dove si colloca il discernimento
tratta quindi di una relazione complessa, ma completamente libera, di un’adesione cosí libera che
Giovanni può dire: «Dio è amore».
La relazione di Dio nelle sue Persone santissime è una comunicazione non solo nel senso che
le Persone divine comunicano tra di loro, ma anzitutto nel senso che si comunicano nell’amore
reciproco, dando se stesse nell’amore. Questa comunicazione intradivina non è isolata dalla comunicazione di Dio verso il suo creato. Dio non solo
comunica verso la creazione—e soprattutto verso
l’uomo come persona creata—ma si comunica.
Solo grazie al fatto che Dio è amore noi possiamo
giungere alla conoscenza di Lui, perché l’amore
significa relazione, cioè comunicazione, quindi
comunicarsi.9 La nostra conoscenza di Dio non è
dunque una conoscenza teorica, astratta, ma una
conoscenza comunicativa, una conoscenza cioè
all’interno della quale avviene un comunicarsi.
Dio si comunica in modo personale nella sua relazione libera con noi uomini. Lo Spirito santo—che
è il comunicatore per eccellenza della Santissima
Trinità al mondo creato—comunica Dio in modo
personale, cioè nella maniera del “comunicarsi”.
Dio si rende presente alla persona umana quando
questa si dispone in un atteggiamento conoscitivo. Tale conoscenza, che possiamo chiamare simbolico-sapienziale, porta ad una vita simile a Dio.
La conoscenza di Dio è cosí anche una comunicazione dell’arte di vivere: Dio comunica all’uomo,
cioè a livello creaturale, la sua somiglianza.
L’uomo è l’immagine di Dio. Ma, per opera della
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redenzione operata da Dio stesso e dello Spirito
santo che ci comunica la salvezza compiuta da
Cristo, l’uomo può conoscere Dio e realizzare
questa conoscenza come similitudine a Dio. Dio,
in un certo senso, comunica all’uomo il suo modo
di essere che è l’amore. Pertanto, anche la persona umana diventa simile a Dio quando spende la
sua vita alla maniera dell’amore, cioè in comunione. La similitudine a Dio si realizza in una vita di
relazioni libere, in una adesione libera come immagine della Trinità. Il modo di vivere acquisito
dall’uomo nella conoscenza di Dio è quindi quello della Chiesa, della comunità, tant’è vero che è
la Chiesa a generarci come credenti.
I. Dove si colloca il discernimento
La conoscenza di Dio non è dunque una conoscenza astratta, di stampo teorico, a cui poi
l’uomo dà conseguentemente una interpretazione
pratica, etico-morale. Il Dio Tripersonale non può
essere mai ridotto a una dottrina, a un elenco di
precetti, a uno sforzo ascetico, ma si conosce solo all’interno di un comunicarsi reciproco, dove
l’assoluta iniziativa appartiene alla libera relazionalità d’amore di Dio Padre al quale l’uomo risponde con un atto di fede che di fatto, come ab-
biamo intravisto, è un atto relazionale, un atto
cioè allo stesso tempo dell’amore e della libertà,
dal momento che è riconoscere l’altro in tutta la
sua oggettività e aderire a lui fino ad orientarsi
radicalmente a Lui.10 La fede come una radicale
affermazione dell’Altro, di Dio, vuol dire aderire
con tutto se stessi all’oggettività di Dio. Anche la
fede come contenuto, come insegnamento, come
mentalità, come morale, si dischiude all’uomo tramite l’amore, cioè quell’atteggiamento di riconoscimento, di estasi, dell’essere protesi e orientati
verso l’Altro. Questo perché anche in Dio stesso—la Persona teologicamente intesa—tutto è
comprensibile attraverso l’amore, la libera adesione. Perciò si può dire che nella persona l’oggettività è la libertà. L’oggettività dell’altro, di Dio o di
un altro uomo, significa proprio la sua relazionalità libera, che io non posso mai possedere. Non
si può dire di credere in Dio se non per amore,
l’unica forza che dopo il peccato è capace di distogliere l’uomo da se stesso e di orientarlo radicalmente all’altro.11 Credere in Dio Padre, Figlio e
Spirito santo significa amare Dio Padre, Figlio e
Spirito santo. Questo comporta già uno stile di vita. Infatti, credere in Dio, conoscere Dio, amare
Dio sono realtà che si possono comprendere e
realizzare solo all’interno di un vissuto concreto
che si muove all’interno della tradizione, della
1990, 161-162 o Il Paraclito, Bologna 1971, 345-350.
Ved. anche G. M. Zanghí, Dio che è amore. Trinità e vita
in Cristo, Roma 1991, 78 e A. Jevtiç, L’infinito cammino.
Umanazione di Dio e deificazione dell’uomo, Sotto il
Monte-Schio 1996, 195-252.
10 V. Solov’ëv, La critica dei principi astratti, in Id.,
Sulla Divinoumanità e altri scritti, Milano 1971, 197-210.
11 Cf V. Solov’ëv, Il significato dell’amore e altri
scritti, Milano 1983, 88-101.
Credere è amare
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Chiesa. Lo scisma tra credere e amare è un effetto
del peccato gravemente dannoso. Tale scisma
produce nell’uomo un’infinità di altri scismi, di altre frantumazioni, che poi si cercherà illusoriamente di vincere con i piú vari “-ismi”: dogmatismo, moralismo, psicologismo, e via dicendo.
Credere in Dio, conoscere Dio, proprio perché è
possibile solo amando Dio, aprendosi allo Spirito,
è una conversione, è un rinunciare al principio
del male, al principio della morte costituito dal
peccato, per aderire radicalmente e liberamente a
Dio come supremo bene perché amore tripersonale.12
Dunque, possiamo credere solo se ci lasciamo
pervadere dall’amore di Dio, perché la fede cresce dall’amore.13 In 1Cor 13, Paolo non dice infatti
«se non avessi amato», ma «se non avessi l’amore»:
ciò significa che Dio ci crea donando il suo amore
e che l’uomo esiste solo in quanto lo Spirito santo
lo fa inabitare dall’amore di Dio, che non è iniziativa dell’uomo, ma accoglienza del dono di Dio. Il
peccato ci ha isolati dall’amore di Dio. L’uomo
tenta di realizzare la sua vita al di fuori dell’amore, assecondando in se stesso quella dimensione
chiamata da Paolo “carne”, che è la parte vulnerabile, la parte che percepisce vicine la fragilità e la
morte e che vuole salvarsi affermando se stessa in
maniera esclusiva, unilaterale, chiedendo per sé
tutto il creato e le relazioni degli altri. La carne significa di fatto ribellione allo spirito, cioè a quella
dimensione della persona umana capace di aprirsi
allo Spirito di Dio che con la sua azione inabita la
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I. Dove si colloca il discernimento
persona. La carne è ribellione all’apertura, a una
relazione reale, all’agape, alla carità, è la rinuncia
all’intelligenza dell’amore. Il grande rischio al quale difficilmente ci sottraiamo è che all’interno di
questa nostra realtà non redenta finiamo per imprigionare anche Dio, cercando di affermare una
conoscenza di Dio realizzata in questo modo autoaffermativo, dove di fatto siamo noi a dare forma e contenuto alla rivelazione di Dio. Si può infatti pensare Dio nell’ottica della carne, cioè con
quell’intelligenza che ragiona con i criteri della
carne. E forse non c’è peggior cosa che pensare
Dio con un’intelligenza esercitata in modo riduttivo, con una razionalità non piú integra. Questa
razionalità tarpata, amputata, si riconosce per il
suo atteggiamento di dominio, di possessione, di
esaurimento di tutte le possibilità, per il suo sentimento di onnipotenza. La trappola principale in
cui cade e da cui si fa ingannare è la metodologia
del ragionamento, di una logica perfetta, impeccabile, per evitare le sorprese, per chiudere il sistema, per sentirsi esauriente e onnipotente. Ma la si
trova in fallo perché non riesce a sistemare la
questione della libertà. Ha un approccio dualista:
è ideologica, perché cerca di sistemare la libertà
creando degli spazi di libertà e per la libertà, ma
di fatto non promuove la libera adesione, non infiamma il cuore come espressione dell’integralità
dell’uomo, perciò di fatto non promuove la conversione se non con principi etici, con imperativi
morali, esaurendosi tuttavia nel suo fallimento che
la costringe o a scendere a compromessi—perché
non si può vivere come si pensa—oppure ad ab17
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bassare il pensiero, per non soffrire del fallimento
etico. La trappola che tuttavia prima o poi esploderà a causa della falsa libertà è il pensare di
giungere alla conoscenza di Dio, a decifrare la sua
volontà, deducendone poi i passi morali e ascetici, senza l’esperienza di essere redenti, senza cioè
l’esperienza del risveglio di quell’amore di Dio
che ci inabita e che è l’unico capace di assumerci
integralmente, di farci sperimentare l’integralità e
di rivolgerci ad una sfera di relazioni libere, sia
verso Dio che verso l’altro. Se la conoscenza di
Dio non deriva dall’esperienza del suo amore verso di noi sperimentato e compreso nell’atto della
redenzione, è illusione o idolatria egoista della
propria ragione, quella ragione che gonfia. Va qui
certamente richiamato Ger 31, dove il profeta proclama che il frutto della nuova alleanza conclusa
con la casa di Israele sarà la conoscenza del
Signore sulla base dell’esperienza della sua misericordia: «Non dovranno piú istruirsi gli uni gli altri,
dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi
conosceranno dal piú piccolo al piú grande, dice
il Signore; poiché io perdonerò le loro iniquità e
non mi ricorderò piú del loro peccato». Si tratta
della stessa realtà annunciata in 1Gv 4, dove è
spiegato chiaramente che non si può amare Dio
se non sul fondamento di essere amati da lui.
I. Dove si colloca il discernimento
salvezza per me
Il discernimento è dunque l’arte della vita spirituale in cui io comprendo come Dio si comunica
a me, come Dio—il che è lo stesso—mi salva, come si attua in me la redenzione in Gesú Cristo,
che lo Spirito santo rende salvezza per me. Il discernimento è quell’arte in cui io sperimento la libera adesione a un Dio che liberamente si è affidato nelle mie mani in Gesú Cristo, un’arte pertanto in cui le realtà in me, nel creato, nelle persone intorno a me, nella storia mia personale e in
quella piú generale smettono di essere mute per
cominciare a comunicarmi l’amore di Dio.14 Non
solo. Il discernimento è anche quell’arte spirituale
in cui riesco ad evitare l’inganno, l’illusione, e a
decifrare e leggere le realtà in modo vero, vincendo i miraggi che esse possono presentare per me.
Il discernimento è l’arte di parlare con Dio, non il
parlare con le tentazioni, neppure con quelle su
Dio.
Per evitare illusioni sull’amore
Il discernimento come accoglienza della
Il discernimento è espressione di un’intelligenza contemplativa, è un’arte che presuppone il saper contemplare, vedere Dio. Ora, Dio è l’amore
e noi sappiamo che l’amore si realizza alla maniera di Cristo e dello Spirito santo, che sono i
due rivelatori del Padre. L’amore ha dunque sem-
12 V. Solov’ëv, I fondamenti spirituali della vita,
Roma 1998, 27-35.
13 Cf V. Ivanov, Dostoevskij. Tragedija – Mif –
Mistika, in Sobr. Soã. IV, Bruxelles 1987, 503-555.
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