I diritti dei bambini ed il loro esercizio

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I diritti dei bambini ed il loro esercizio
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I diritti dei bambini ed il loro esercizio
Mario Branda
giurista
Il giudice aveva attribuito Marco1, un ragazzino di dodici anni figlio di genitori in fase di divorzio,
alla custodia della madre. Al padre era invece stato riconosciuto un diritto di visita che però si
rivelò di difficile attuazione causa l’opposizione dell’ex coniuge. Ebbe inizio un contenzioso legale
che si risolse in un primo momento con una sentenza del Tribunale cantonale che ordinava
l’esecuzione forzata, se necessario con l’assistenza della polizia, del diritto di visita. Marco e sua
madre si rivolsero allora al Tribunale federale chiedendo l’annullamento della decisione.
Il 17 novembre 1994 l’Alta corte stabiliva2 che tra i ricorrenti vi era un conflitto di interessi e che
pertanto la madre non poteva rappresentare Marco nella procedura di ricorso; aggiungeva poi però
che il ragazzo dodicenne era reputato possedere la capacità di discernimento necessaria per
esprimersi sull’esecuzione del diritto di visita e che si trattava di un aspetto che lo toccava nei diritti
inerenti la sua personalità. Il Tribunale gli riconosceva quindi la facoltà di agire da solo –o tramite
un mandato personalmente conferito ad un legale– per difendere i propri interessi.
Il caso richiama il tema del riconoscimento dei diritti dei minori e quello, non meno importante, del
loro concreto esercizio. Certo il nostro ordinamento considera i minorenni quali titolari di diritti
fondamentali alla stregua degli adulti. Una impostazione peraltro ribadita con la ratifica da parte
della Svizzera della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti del bambino (entrata in vigore il 27
marzo 1997) che, a sua volta, fissa in esplicite norme di legge diritti importanti come quello alla
protezione contro i maltrattamenti o gli abusi, quello all’istruzione e ad un livello di vita adeguato,
ma anche il diritto di essere ascoltato e di esprimersi liberamente all’interno della famiglia, ecc.
Se il nostro sistema legale riconosce il bambino quale soggetto titolare di diritti, la situazione è
meno evidente quanto al loro concreto esercizio. Chi può far valere questi diritti e di fronte a quali
autorità? I giudici (del divorzio in particolare) e le autorità (tutorie) oberati di lavoro sono sempre
attenti a rispettare e far rispettare i diritti dei minori? Il bambino che non ha voce in capitolo ha la
possibilità di far giuridicamente valere le proprie prerogative?
Sono domande legittime. Nella maggior parte delle procedure che lo riguardano il minorenne non
ha qualità di parte: succede nei processi inerenti l’assegnazione dell’autorità parentale, in quelli di
divorzio dei genitori, di adozione, di disciplinamento dei diritti di visita o, in genere, in quelli di
protezione giusta gli art. 307 segg. CCS. In questi casi il bambino non ha la possibilità di rivolgersi
in modo diretto ed indipendente alle autorità o fare ricorso.
Attualmente la situazione è la seguente: se il minorenne ha la qualità di parte nel procedimento e
si trova in una situazione di conflitto di interessi con i genitori (come è generalmente il caso quando
si disciplinano i reciproci diritti e doveri), può difendersi da solo se, come nel caso di Marco, ha la
capacità di discernimento; altrimenti gli viene designato un curatore (per il combinato disposto
degli art. 306 cpv.2 e 392 cifra 2 Codice civile svizzero). Un principio chiaro che tuttavia riguarda
un numero di situazioni piuttosto limitato (principalmente le cause di paternità o di mantenimento);
se il minorenne non ha la qualità di parte –benché l’esito del processo lo interessi direttamente–
non può in concreto e direttamente esercitare i suoi diritti e, in genere, fino a poco tempo fa
neppure poteva vantare un diritto di essere sentito. L’art. 12 della Convenzione delle Nazioni Unite
statuisce ora il diritto del bambino –che ha la capacità di discernimento necessaria– di esprimersi e
di essere ascoltato direttamente o tramite un rappresentante davanti all’autorità giudiziaria o
amministrativa per gli affari che lo riguardano. Si tratta di un significativo passo in avanti (anche se
l’art. 34 cpv.2 Regolamento sulle tutele e curatele già prevedeva questo diritto per le misure di
protezione giusta gli art. 307 segg. CCS).
Ci pare tuttavia essenziale ai fini di una corretta tutela degli interessi dei minori che tale principio
sia applicato in tutte le procedure che riguardano i loro interessi; che laddove il bambino non è
parte nel processo gli sia comunque garantito il diritto di far valere il proprio punto di vista e che se
non è in grado di farlo direttamente o di designare qualcuno al suo posto, gli venga d’ufficio
nominato un difensore (Anwalt des Kindes) con questo preciso compito. È infine auspicabile che ai
minori venga riconosciuta la qualità di parte nei processi civili o amministrativi –almeno in quelli
inerenti l’adozione di misure di protezione– che li riguardano e, quindi, che venga loro riconosciuta
la facoltà di difendersi in modo autonomo e indipendente davanti alle diverse istanze giudiziarie.
Sono senza dubbio queste le migliori garanzie per un’applicazione conforme e davvero efficace dei
principi che presiedono al nostro diritto di famiglia e a quelli della Convenzione sui diritti dei
bambini in particolare.
1
nome modificato
2
sentenza rubricata sotto DTF 120 Ia 369