Principi e tecniche di internazionalizzazione

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Principi e tecniche di internazionalizzazione
Principi e tecniche di internazionalizzazione
Manuale a cura di Giuseppe Biscarini
1 edizione, dicembre 1996
Giuseppe Biscarini
Niente, più di una vittoria decisiva, può insegnare una lezione
Tom Clancy
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Giuseppe Biscarini
Questo quaderno ICE merita una dedica.
Esso è dedicato a tutti i "Corcisti", compresi tutti quei laureati e diplomati cui ho
avuto, anno dopo anno, il piacere di insegnare.
Di essi invidio ed ammiro tutto: la preparazione, la determinazione, la voglia di
costruirsi un futuro ed, ahimè !, l’età.
Rinnovo per tutti il brindisi che a volte facciamo alla fine dei miei moduli di docenza:
"A noi ed a quelli come noi...
Troppo pochi, purtroppo !"
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Giuseppe Biscarini
Una volta si parlava di esportazione, oggi si parla di internazionalizzazione, domani
si parlerà di globalizzazione.
Il lavoro di molti di noi, una volta, appunto, consisteva nell'andare in giro a vendere:
ricordo con affetto i lavori fatti per "localizzare"1 i cataloghi dei prodotti, oppure
quelli fatti, sempre la sera prima dell'inizio di un viaggio di lavoro, per decidere quali
prezzi applicare, quale valuta usare, che condizioni concedere...
Adesso sappiamo tutti che le necessità delle aziende, specialmente quelle delle
PMI2, sono molto più ampie di quanto pensassimo e che tali necessità passano attraverso un insieme di relazioni e rapporti di cui l'esportazione è solo uno degli
elementi.
Sappiamo anche che il progredire degli scambi e dei mezzi di comunicazione e
trasporto consente di puntare ad ottimizzare le operazioni di gestione e di produzione in maniera una volta impensabile: mangiamo frutta coltivata in Cile o in Sud
Africa e sicuramente i componenti del personal computer che sto utilizzando provengono da mezzo mondo.
Comprendiamo anche molto meglio il peso preponderante che hanno le idee e
quanto Know How sia necessario per far funzionare moltissimi degli oggetti di uso
quotidiano che abbiamo in casa, in ufficio, in azienda.
Infine le attività di internazionalizzazione delle economie più sviluppate ha portato a
modifiche strutturali nella composizione della bilancia dei pagamenti, in quanto in
molti casi le delocalizzazioni produttive hanno portato ad una crescita delle
importazioni di prodotti (i beni la cui produzione è stata delocalizzata) e ad una
contemporanea crescita dei profitti derivanti dagli investimenti.
1. Cioè adattare ad uno o più mercati esteri.
2. PMI = Piccole e Medie Imprese. L'acronimo, nato in Unione Europea, ha il suo equivalente inglese in SME.
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Giuseppe Biscarini
Questa brevissima panoramica può essere confermata dalla lettura delle bilance dei
pagamenti di due Paesi che abbiamo preso ad esempio: USA ed Italia.
Dati in (miliardi) US $
Prodotto Interno Lordo
Saldo Bilancia Commerciale
Export
Import
Bilancia dei servizi
Bilancia degli interessi
USA
Italia
7.585,00
1.895,00
-172,90
105,70
617,40 8,14%
457,10
790,30
351,40
54,70 0,72%
13,70
201,80 2,66%
6,70
24,12%
0,72%
0,35%
Come si vede lo sviluppo porta, nell’ambito della bil ancia dei pagamenti, ad una
diminuzione del peso specifico delle esportazioni (bilancia commerciale), l’export
degli USA è solo l’8,14% del PIL, per l’Italia esso è ben il 24,12%, mentre porta alla
crescita della bilancia degli interessi, che sono il 2,66% del PIL per gli USA e solo
lo 0,35% per l’Italia.
E’ da sottolineare come la bilancia degli interessi, nel caso degli USA, supera il
passivo della bilancia commerciale.
Se per rappresentare una azienda usiamo il paragone di una clessidra, allora una
azienda è lo snodo fra i mercati a monte (quelli di provvista) ed i mercati a valle
(quelli di sbocco): una azienda com bina ciò di cui ha disponibilità per risolvere
bisogni di cui ha conoscenza.
Nella frase che abbiamo appena composto ci sono alcuni elementi che meritano una
più approfondita spiegazione:
...l'azienda è lo snodo...
Il compito di una azienda è comporre risorse di cui ha disponibilità; nel farlo l'a zienda, come poi vedremo, deve essere efficiente ed efficace, quindi misurarsi con
tutti gli attori presenti nel mercato, o che nel mercato potrebbero entrare.
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E' opinione corrente che il mondo dell'economia sia oggi ripartito in tre grandi aree,
o sfere di influenza: l'Unione Europea, il cui simbolo oggi è il Marco (DM) e, forse,
domani sarà l'EURO , gli USA, con lo spazio NAFTA 3, il cui simbolo è il Dollaro, e
l'Asia il cui simbolo è lo Yen.
Sarebbe troppo lungo discutere in questa sede sulle motivazioni per cui questa si tuazione si è venuta a creare, resta il fatto che una PMI italiana, anche se n on dovesse esportare, si troverà a combattere con dei competitori che agiranno nello
spazio europeo e non potrà, quindi, limitarsi a combinare ri sorse restringendo il
proprio orizzonte alla piccola nicchia in cui ha operato fino all'altro ieri.
...mercati a monte...
Una azienda non può limitarsi ai fornitori che si trova intorno, ma deve cercare i
migliori (i migliori o i più economici) ovunque essi possano trovarsi, sia per es sere
sicura di avere trovato quelli giusti, che per limitare i rischi di cambi o.
Al momento in cui stiliamo queste note la nostra Lire è rientrata nello SME 4, come
conseguenza fino a non molto tempo fa le case automobilistiche tedesche
acquistavano una quota importante dei loro compo nenti da aziende italiane, così da
compensare l'e levato costo del DM, che altrimenti avrebbe reso non competitivo il
prezzo dell'auto.
...mercati a valle...
Anche in questo caso abbiamo assistito ad una profonda modifica del modo di
operare di tutte le aziende.
Mentre una volta chiamavamo esportazione un a cosa che altro non era che la vendita
in un mercato più ampio, ma in genere ignorando quasi del tutto i bisogni di questi
altri consumatori e non localiz zando, se non in superficie, i nostri prodotti, oggi si
chiama esportazione un insieme di opera zioni che partono dalla conoscenza dei
bisogni, passano per una analisi dei costi di prodotto, di struttura ed ac cessori e si
concludono con un bene/servizio che ottimizza tutti i fattori: grazie a queste ope razioni la presenza delle aziende "sveglie" sul mercato non è più occasionale, ma
strutturata, stabile, tale da poterla considerare permanente.
3. North America Free Trade Agreement
4. Spazio Monetario Europeo, prevede un cambio "rigido" con possibilità limitate di oscillazione intorno alla parità convenuta.
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Questo, molto in breve, ha portato a sostituire il termine esportazione con quello di
internazionalizzazione.
Una definizione di "internazionalizzazione" è: l 'insieme delle operazioni che una
azienda fà per internazionalizzarsi, ma per quanto ci riguarda internazionalizza zione
vuol dire considerare di avere fornitori e clienti nei posti per noi migliori in tutto il
mondo, non solamente nella nostra nicchia.
Per ogni tipologia di azienda le possibilità di internazionalizzarsi possono essere
molte o molto po che, dipendendo da un insieme di fattori, che poi vedremo.
Va peraltro affermato che alcuni prodotti si prestano difficilmente ad essere ana lizzati secondo l'ottica del presente manuale: in genere i prodotti cosiddetti "et nici"
hanno una serie di rigidità che im pediscono una autentica internazionalizza zione.
Prodotti come il Chianti o la mozzarella di bufala possono difficilmente essere
prodotti ricercando fornitori diversi, in aree diverse, o essere localizzati per adattarli
al gusto di consumatori diversi.
La internazionalizzazione potrà essere limitata, a titolo di esempio, alla bottiglia o
all'imballo, esclu dendo quella ricerca del meglio dei fattori di produzione di cui
abbiamo parlato prima.
Un'altra precisazione va fatta: se la internazionalizzazione comporta una deloca lizzazione pro duttiva la scelta da effettuare diventa se occorre scegliere un'area di
convenienza o un'area di ec cellenza.
Area di convenienza è quella dove il costo dei fattori è in assoluto il più basso. Si
utilizza in ge nere per i beni di tipo più economico o per quelli in cui il prezzo è
l'arma vincente.
Area di eccellenza è invece quella dove la qualità dei fattori è premiant e.
Una azienda si troverà a scegliere uno o l'altro dei due siti possibili (o tutti e due,
potendo) anche in base alle proprie politiche di marketing: se vogliamo fare un
esempio possiamo rifarci ai personal computers ed allora vedremo che l'area di
eccellenza sarà scelta dalle aziende che hanno investito nel proprio marchio (I.B.M.,
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per esempio), mentre quella di convenienza viene opzionata dalle reti commerciali,
per le quali il prezzo dei prodotti da vetrina è premiante.
In generale le aree di eccellenz a sono quelle in cui i governi hanno investito nelle
infrastrutture, fra cui la scolarità, mentre le aree di convenienza sono in Paesi dove, a
causa di diversi motivi, la qua lità delle infrastrutture, fra cui la scuola, non è
particolarmente elevata.
Bene, alla fine di questa premessa possiamo andare a vedere come, dove e con che
tecniche le aziende italiane possono internazionalizzarsi.
Cominciamo con l'analizzare le aziende tramite una matrice, che abbiamo elabo rato
espressamente per facilitare la pres a di decisioni
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Per analizzare, discutere e, quindi, poter utilizzare, questa matrice sono necessarie
alcune premesse metodologiche.
La prima di tali premesse è mutuata da una citazione di Stephen Jay Gould:
"Le tassonomie sono guide all'azione,
non espedienti di ordinamento passivi"5.
In altri termini la matrice deve servire per facilitare l'assunzione di decisioni e per
valutare le realtà aziendali ricorrendo a tecniche che esulano da altre valuta zioni, pur
basilari e necessarie, mentre sa rebbe sbagliato utilizzarla per limitare le proprie
capacità di analisi.
Proprio per aiutare tale comprensione le categorie che sarebbero servite per
identificare i vari tipi di aziende sono state sostituite da numeri, abbiamo cercato
così di evitare che divers e definizioni delle tipologie aziendali potessero restrin gere
il campo di applicazione fino a rendere la tabella inutile (o, al mas simo, utile solo per
esercitazioni accademiche).
Ancora: la tabella non serve a fornire un ordine di grandezza (fatturato) alle aziende
o alle loro ca pacità, ma esclusivamente a comprendere che in presenza di molti dei
parametri evidenziati ci si tro verà di fronte ad aziende le cui strutture ed i cui
comportamenti, molto probabilmente, sa ranno coerenti con quanto viene des critto
dalla matrice.
Di più: non possiamo prescindere dalla posizione dei singoli comparti o settori
merceologici nel proprio ciclo di vita (si veda più avanti). Una azienda collegata
(come terzista, per esem pio) risentirà in misura sinergica della red ditività della
azienda "madre", per cui godrà dei vantaggi che deri vano dal collaborare con una
5. Stephen Jay Gould, Risplendi grande lucciola, Saggi Feltrinelli, Maggio
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azienda situata in una fase espansiva, mentre sof frirà degli svantaggi dipen denti
dall'interagire con una azienda situata in una fase di maturità o di declin o del proprio
ciclo di vita.
Vorremmo a tale proposito ricordare che, secondo le definizioni del marketing,
analizzare i pro pri punti di debolezza deve servire a farli divenire punti di forza: ciò
vuol dire che la conoscenza delle tipo logie della matri ce può aiutare l'im prenditore
ad ottimizzare la gestione della propria azienda.
Infine le capacità imprenditoriali: qualunque rappresentazione della realtà è quasi per
definizione limitata e, quindi, limitante; a maggior ragione ciò è vero quando si tratt a
di descrivere l'impresa e l'intraprendere e l'insieme delle mille caratte ristiche che nel
bene e nel male rappresentano la "cate goria" dell'imprenditore.
In altri termini, possiamo essere certi che un bravo imprenditore porterà avanti la
propria aziend a anche in presenza di notevoli difficoltà ambientali, mentre un
mediocre imprenditore riuscirà solo con difficoltà a lasciarsi portare da un vento
favorevole.
Prima tipologia
Passando ad illustrare la matrice, la prima tipologia che possiamo esaminare è quella
che abbiamo collegato alle capacità di "Craftmanship", cioè alle capacità di
creatività così diffuse in Italia, tanto da essere divenute una specie di archetipo delle
PMI italiane.
Buona parte delle aziende italiane, specialmente di quelle che es portano (e l'esportazione per l'Italia nel suo insieme pesa più del 24% del PIL: ne abbiamo parlato
qualche pagina fà) è com posta da attività fondate e dirette dalla capacità e dalla
intuizione di un singolo.
Il fatto che la capacità di innovare della a zienda sia collegata alle capacità del sin golo fa si che in questa tipologia possano essere comprese sia attività artigianali
intese in senso classico che, per esempio, i casi della grande sartoria e creatività
legata al buon gusto italiano.
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Infatti sappiamo che, in molti casi, tale creatività cessa con il fondatore o, se gli
sopravvive, cambia completamente "pelle", fino a divenire tutta un'altra cosa.
Così, ed il caso della creatività è assolutamente emblematico, l'innovazione non è
studiata per il merca to, ma è ad esso indifferente o, nel caso dei piccoli artigiani, è
collegata ad una richiesta spe cifica, senza alcun tipo di "mediazione" nè di ana lisi
dei bisogni.
I clienti tipici di una azienda di questa tipologia sono pochi come numero e ven gono
selezionati in base a pochi parametri, in quanto, come è evidente, un limite specifico
della presente tipolo gia consiste nella gestione in "time sharing" delle proprie
capacità, cosa che ne limita una effet tiva moltipli cazione.
Ne discende che la struttur a, intesa come insieme di funzioni delegate, è in pratica
inesistente, sia per una questione di opportunità che per una problematica di costo.
La tipologia di cui stiamo parlando si presenta come una produzione su richiesta del
singolo cliente, per cui app are improprio che ci possa essere una esportazione
strutturata6, derivante cioè da una serie di azioni specifiche.
Sempre in questo ambito parlare di internazionalizzazione è estremamente diffi cile,
anche perché i volumi sviluppati dall'interscambio di qu esto tipo di azienda sono
limitatissimi, rendendo scarsa mente conveniente utilizzare fornitori troppo distanti.
Anche nella produzione i piccoli volumi e la necessità di controllare accurata mente il
lavoro svolto ne impediscono lo spostamento in aree più convenienti o meglio
adeguate.
La redditività e le prospettive di questa tipologia sono collegate alla caratteristica
(craftmanship) specificità, per cui la redditività non potrà essere pianificata, di pendendo dalle commesse rice vute e le prospettive po tranno essere splendide, se la
capacità di craftmanship è ottimale, o a ri schio, nel caso in cui la creatività sia in vecchiata o non incontri più le aspettative dei potenziali acquirenti.
Un esempio ?: il grande sarto o il calzolaio all’angolo.
6. Ricordiamo che parliamo di export strutturato quando i prodotti vengono sviluppati (o adattati) per le necessità specifiche dei singoli
mercati.
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Seconda tipologia
Le aziende che si possono apparentare alla tipologia 2 sono in generale quelle che
evidenziano una capacità di nicchia, cioè la capacità di affrontare i bisogni di un
numero ristretto, anche dal punto di vista geografico, di consumatori; questa tipologia mostrerà in maniera prioritaria (ma non, lo ripe tiamo, esclusiva) una forte
capacità di adattare al proprio mercato le innovazioni emerse in altri ambiti.
Di fatto una azienda di nicchia non potrà sviluppare un volume di affari tale da
consentire una ricerca & sviluppo originale, per cui si troverà costretta ad adat tare
alla propria nicchia una R&S presa da altre aree e a farlo molto velocemente, in
modo da non perdere la presa di cui gode nel proprio mercato.
Questa tipologia di azienda non o pererà in termini di marketing, cioè non cer cherà di
identificare i migliori clienti i cui bisogni affrontare e risolvere, ma ope rerà in modo
tale da poter conservare i propri attuali clienti, anche quando altri, in aree
geografiche o con tipologie di co nsumo diverse, potrebbero essere poten zialmente
più appetibili.
Il numero dei clienti potrà, quindi, essere anche non particolarmente elevato e,
comunque, sa ranno tutti concentrati nell'area geografica o nella nicchia di mer cato di
elezione della azien da.
Il modello organizzativo sarà probabilmente incentrato su una vendita estrema mente
aggressiva, con tutte le funzioni (almeno: quelle esistenti) che faranno perno intorno
all'imprenditore.
Anche in questo caso le capacità e le possibilità di internazio nalizzazione sono
limitate.
Infatti una azienda di questo genere avrà un numero ristretto di clienti e, di con seguenza, una limi tata possibilità di poter ricercare fornitori oltre il proprio ba cino
classico; d'altro canto essa potrà cercare clienti al d i fuori della nicchia in cui opera
solo se tali clienti accetteranno il pro dotto origi nario dell'azienda, senza ri chiedere
modifiche.
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La redditività del business sarà generalmente molto bassa (se la nicchia fosse
appetibile sa rebbe già stata aggredita dai più decisi fra i concorrenti più orientati al
marketing) e le prospettive quanto meno incerte: questo tipo di aziende hanno una
elevatissima rotazione, nascendo ed esaurendosi molto spesso con il fondatore.
Un esempio possibile è quello delle piccole aziende ( come quelle che producono
infissi) che ope rano su base locale.
Terza tipologia
L'azienda di tipo 3 mostra già una serie di atteggiamenti più "industriali" ed in ef fetti
il primo mo mento di crescita di una azienda si ha quando il focus sui cos ti diventa di
particolare impor tanza: la innovazione prioritaria è, pertanto, quella definita di
processo, cioè la capacità di pro durre meglio ed a costi più contenuti.
Vorremmo quì indicare che una struttura aziendale che funziona bene è quella che
coniuga efficienza, cioè che ha la capacità di produrre ottimizzando l'uso dei fat tori
di produzione, con efficacia, cioè che ha la capacità di produrre esattamente ciò che
desiderano i consumatori identificati come target otti male.
Se ipotizziamo che ques ta tipologia può, grosso modo, coincidere con le aziende
cosiddette ter ziste, allora comprendiamo che la funzione "efficacia" è affidata al l'azienda cliente, che ha il compito di sviluppare il marketing: alle aziende in og getto
spetta così solo la funzi one "efficienza".
Accettando l'assunto, appare evidente che questa tipologia di aziende non utilizza
scelte di marke ting, se non per quanto riguarda la leva del prezzo, anche perché i
clienti tipo di questa ti pologia sono aziende industriali: quindi poc hi e molto grandi.
Possiamo dire che questa tipologia vende il prezzo ?: allora una struttura, come
modello orga nizzativo, è solo un costo, cui non consegue un miglioramento dei
ricavi.
Aspetti di internazionalizzazione ?
Valutiamo intanto il lato dei c osti di produzione.
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Questa tipologia gestisce, come abbiamo detto, prioritariamente i costi, per cui
cercherà di trovare il miglior fornitore al prezzo più basso possibile, lo cercherà
ovunque (quindi sarà uno dei principali attori nel mercato della deloca lizzazione
produttiva 7) ed investirà in modo da ottenere un controllo il più ampio possibile sia
per non far entrare i suoi concorrenti, che per non rendere conveniente al suo cliente
lo stesso tipo di operazione.
Diverso sarà il caso delle esportazioni.
Questa tipologia produce su commessa delle aziende clienti, quindi ogni prodotto
sarà elaborato in base a specifiche che sono sempre vincolanti: queste specifiche
sono subite da questa tipologia, per cui è difficile che si possa parlare di esporta zione strutturata (ricordiamo che il marketing è affidato prioritariamente alle aziende
che hanno affidato la commessa).
La redditività sarà limitata, dipendendo dai volumi trattati e dal controllo ferreo dei
fattori produttivi, e verrà costantemente con trollata dai committenti i quali, come è
evidente, passeranno commesse solo e fino a quando i costi per unità di prodotto
saranno più bassi di quelli interni in misura rile vante.
Questo tipo di controllo stringente obbliga le aziende di questo tipo ad un ferreo
controllo dei costi, controllo che, in talune aree, avviene anche comprimendo ol tre
misura i salari dei dipen denti.
Quali prospettive ha una azienda di questo tipo ?
Sicuramente quelle legate, come abbiamo detto, ad un controllo di gestione parti colarmente stringente, coniugate con quelle legate al tentativo di impadronirsi di
valore aggiunto nella fi liera, cioè a monte o a valle 8.
Aziende tipiche di questo ambito sono le terziste, che producano componentistica
per la FIAT, o particolari di calzature per le aziende più grandi
7. Nel settore del tessile/abbigliamento tale spinta ha portato ad inventare la figura del cosiddetto “E xport di perfezionamento passivo”,
cioè della esportazione di semilavorati, o di prodotti finiti a marchio di terzi, da Paesi che hanno un costo più basso di mano d’opera.
8. Non è un caso che molti fasonisti abbiano da tempo avviato una serie di produzion i con marchi propri o si siano impossessati di
particolari tecniche di lavorazione o di finitura.
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Quarta tipologia
Mentre una azienda di tipo 3 appare legata ad un severo controllo dei costi, la ti pologia 4 si fo calizza sulla flessibilità, sulla propria capacità, cioè, di rispondere
velocemente alle diverse si tuazioni che si verificano.
I nostri colleghi americani definiscono queste aziende come “me too”, nel senso che
fanno anche loro i prodotti sviluppati dalle aziende leaders.
Non innovando direttamente, queste aziende si trovano a dover mantenere una forte
elasticità, in quanto non possono pianificare i nuovi prodotti che sviluppe ranno,
dovendosi adeguare a lanciarli tutte le volte che le aziende cui essi si riferiscono
introducono significative novità.
Esse, quindi, “copieranno” le innovazioni (o le adatteranno) ed anch e il loro marketing non sarà molto di più che una riedizione del marketing del leader.
Il loro impianto commerciale sarà aggressivo, sia in quanto la velocità è impor tante
per ottenere dei profitti significativi, sia perché l’azienda dovrà cercare di eme rgere
dall’insieme dei concor renti.
La struttura tenderà ad essere focalizzata attorno ai venditori e ad essere molto
“corta” anche come deleghe.
Gli aspetti di internazionalizzazione di questa tipologia cominciano ad essere ab bastanza interessanti.
A monte i fornitori verranno continuamente selezionati, secondo una ottica preva lente di conteni mento dei costi e di mantenimento di flessibilità: in molti casi i
fornitori consegneranno prodotti fi niti ed in tutti i casi si accolleranno i costi di
svilupp o (mentre nella tipologia precedente lo sviluppo di nuovi prodotti è spesso a
carico del richiedente).
A valle le aziende di questo tipo cercheranno in una prima istanza di vendere i
prodotti già sviluppati e solo successivamente avvieranno progetti di loc alizzazione
dei prodotti: l’ottica sarà comunque sempre di vendita, con pochi sviluppi a
medio/lungo termine.
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Giuseppe Biscarini
Questa tipologia di aziende, in particolare, tenderà a vedere non particolarmente
conveniente un in vestimento all’estero, diretto o in Joint Ven ture che sia, in quanto
l’ottica prioritaria sarà quella di incrementare le vendite e non le immobi lizzazioni e
perché ha un bassissimo livello di know how da cedere.
Questa tipologia troverà un limite al proprio sviluppo anche nella propria struttura,
sia perché piccola che perché non dotata di strumenti di analisi adeguati.
Anche se ci sarà redditività, essa sarà comunque abbastanza bassa e collegata al
raggiungimento di elevati volumi, ma il rischio, allora, consisterà nella perdita di
flessibilità.
Quinta tipologia
La tipologia 5 è lo sviluppo naturale della 4 in quanto, raggiunti i volumi, co mincia
ad essere necessaria una politica di fidelizzazione dei clienti, cosa che comporta da
un lato una capacità autonoma di innovazione e, dall’altro, un mark eting che, almeno
in parte, possa dirigere tale in novazione.
Nell’ambito di una politica di fidelizzazione della clientela le tecniche di distribu zione saranno ab bastanza privilegiate, così come quelle di mantenimento di rap porti
commerciali: la strutt ura, organizzata su basi funzionali, privilegerà la sta bilità.
In questo caso le possibilità di internazionalizzazione sono senza dubbio le più
mature: a monte queste aziende selezioneranno i migliori fornitori (quindi non solo i
più economici, ma anche quelli che meglio si integreranno nel sistema), con i quali
opereranno per una collaborazione che serva a ridurre i costi e gli errori di
interfaccia 9; a valle saranno molto brave ad interpretare i bisogni dei propri clienti e
pronte ad avviare produzioni (proprie o in Joint Venture) in Paesi diversi.
Si tratterà in questo caso di un modo per raccogliere le occasioni che il mercato
possa offrire e per ottimizzare i costi, non esclusivamente una delocalizzazione.
9. Costi ed errori di interfaccia sono quelli che si affrontano quando due strutture autonome si trovano a dover interagire fra loro.
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Giuseppe Biscarini
Possiamo indicare molte aziende nel settore d ella meccanica e del tessile abbiglia mento, ma forse il migliore esempio che possiamo fare è nel comparto del mobile.
Sesta tipologia
La tipologia 6 è l’azienda più strutturata ed organizzata, quella che innova sem pre,
anche in termini di marketing, ch e ha un numero elevato di clienti, la cui struttura,
organizzata per progetti o a rete, è adatta per cogliere le opportunità e per sviluppare
nuove idee d’affari.
La redditività è elevata, anche se a volte è possibile che sia differita nel tempo
(quando si tratti di investimenti di particolare rilevanza) e le prospettive estre mamente interessanti.
Per questa tipologia possiamo avere due casi estremi di internazionalizzazione:
Da un lato non ci sarà internazionalizzazione perché l’azienda si troverà a cas a
ovunque (si pensi alla Coca Cola che, di fatto, non esporta, in quanto produce
ovunque ci sia mercato per i suoi prodotti)
Dall’altro, invece, ci sarà una notevole internazionalizzazione, con aziende/filiali sia
commerciali che produttive collocate ovunq ue ne valga la pena.
Anche in questo caso abbiamo esempi sotto i nostri occhi, principalmente nel set tore
alimentare (Nestlè, Danone) o in quello dei detersivi.
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Giuseppe Biscarini
Ciclo di vita del prodotto
L'analisi del ciclo di vita del prodotto ci può consentire di ca pire quali possano es sere le capacità reddi tuali di una business idea: in pratica è lo strumento migliore per
comprendere quale possa es sere il futuro di una iniziativa, specialmente nei casi di
internazionalizzazione.
Non illustreremo, naturalmente, il modello classico, quello che si vede nelle rivi ste,
ma cercheremo di esaminare cosa effettivamente succede sia in azienda, ai suoi conti
ed all'insieme della sua strut tura, che sul mercato, per quanto riguarda clienti e
concorrenti.
Ciclo di Vita del Prodotto
14
12
10
8
6
4
2
0
1
2
3
Domanda
4
Offerta
Costi fissi
E’ chiaro che i numeri indicati sono assolutamente fittizi e che, di conseguenza, le
linee tracciate sono arbitrarie.
Questo modo di visualizzazione del ciclo di vita di un prodotto (o di un mercato)
consente di capire meglio la sua utilizzabilità ai fini di una comprensione delle realtà
aziendali.
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Giuseppe Biscarini
La fase 1, quella di lancio, ipotizza che ci sia una offerta precedente alla domanda
relativa ( si pensi al caso delle scarpe Timberland)
La presenza sul mercato, insieme ad eventuali azioni pubblicitarie (che illustre ranno
il prodotto), del bene attiverà una domanda che, in questa fase, non sarà adeguata a
sostenere il consumo dello stesso.
Non ci sarà una concorrenza, almeno non nella primissima fase, e la nostra azienda
si troverà, pur in presenza di prezzi alti, a non ottenere profitti 10.
Nel momento in cui la domanda si attiverà entreremo nella seconda fase, quella di
introduzione, nella quale la domanda tenderà ad essere superiore all’offerta, cosa che
garantirà una crescita dei vo lumi, un mi glioramento degli aspetti reddituali (anche se
essi saranno erosi dai forti investimenti, stavolta di marketing, neces sari) e
cominceranno ad entrare concorrenti.
In questa situazione la pubblicità cambia obiettivo e tende ad enfatizzare il ma rchio,
invece del pro dotto.
Attenzione alla linea dei costi fissi: anche se è vero che il secondo entrante ha costi
di R&S più bassi, però ha anche ricavi più bassi del leader (il secondo fissa sem pre
un prezzo che sia con correnziale) e dovrà affrontare costi commerciali più alti.
Quando, prima, parlavamo nella matrice delle aziende di tipo 4, ed enfatizzavamo la
flessibilità pen savamo proprio a questa situazione: più tardi si entra in un mer cato
più i profitti si fanno desiderare.
Nel momento in cui si incontrano domanda ed offerta il prodotto entra nella sua fase
di maturità (la terza fase), durante la quale le aziende che detengono quote di
mercato significative otten gono rilevanti profitti e si attiva un forte “effetto ma rea”,
con aziende più o meno piccole che entrano ed escono dal mercato, cercando di
accaparrarsi quote di vendita.
10. Per essere più precisi, l’azienda otterrà profitti dalla gestione caratteristica, ma una perdita nella gestione globale, derivante dagli
elevati costi di impianto e di lancio.
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Giuseppe Biscarini
In termini tecnici, si dice che all’inizio di questa fase il mercato è sul punto di
raggiungere la sua quota di saturazione naturale, quella oltre la quale il merca to di
consumo è quasi solo quello della sostitu zione (pensate al mercato dell’auto).
Guardando alla linea dei costi fissi, è facile capire perché i nuovi entranti non
possano farsi troppo illusioni: per quanto il loro livello di costi sia basso, ci sa ranno
investimenti da fare che sicuramente li renderanno scarsamente competitivi, anche
considerando che ci sarà davvero da combattere per entrare in maniera si gnificativa
sul mercato; oltre a ciò la spesa per la pubblicità comincia a divenire uno degli
investimenti più importanti e necessari.
Si aggiunga che i volumi di produzione raggiunti dalle aziende più importanti si
riflettono in forti risparmi nei costi.
Quando il prodotto comincia ad esaurire il suo ciclo positivo (siamo alla quarta fase,
quella del declino) solo i grandi, presenti da più tempo sul mercato, sono in grado di
ottenere i volumi di pro duzione necessari, ai costi più bassi possibile: per assurdo
senza più costi fissi del prodotto.
I piccoli pian piano scompariranno, lasciando il campo so lo a pochi attori, molto
grandi.
Vogliamo la controprova ? Sempre rifacendoci al mercato delle Timberland, ab biamo avuto un mo mento in cui, anche nelle bancarelle dei mercatini rionali, c’era
l’inflazione delle copie, ma ora sono sul mercato quasi esclus ivamente il lea der ed il
secondo più aggressivo (inutile fare nomi, no?); possiamo anche rico struire questo
ciclo di vita nei Personal Computers o in altri beni che usiamo tutti i giorni.
Come possiamo utilizzare il ciclo di vita del prodotto?
Controllan do il posizionamento (quello vero, non quello che l’imprenditore, sem pre,
si illude di avere) del nostro cliente e mettendolo a confronto con i dati che si
conoscono del mercato, rile vabili dalle principali società di gestione delle infor mazioni.
Poi, controllando quale tipo di innovazione l’azienda stia ipotizzando e mettendo a
paragone le risorse disponibili (non solo finanziarie, ma anche umane, organizza tive,
21
Giuseppe Biscarini
tecnologiche, di mer cato) con quelle necessarie: il mix e la quantità di risorse
necessarie cambierà con il progredire del prodotto verso il suo declino.
L’analisi mediante il ciclo di vita del prodotto è particolarmente importante nelle
problematiche connesse alla internazionalizzazione, in quanto questo tipo di analisi
si può effettuare Paese per Paese prima di decidere se entrare o no, sia per affron tare
possibilità a monte, nel senso di cercare fornitori, che a valle, nella speranza di
trovare un mercato.
Come si vede dalla descrizione fatta i parametri da controllare sono relativamente
pochi e le conclusioni estremamente utili
Ci sembra che sia evidente che, anche se è vero che più cresce la struttura, più si
affrontano costi indiretti che graveranno sui prodotti, una struttura articolata con sente di approfittare meglio delle opportunità del mercato, in positivo, e di modi ficare il proprio comportamento, nel caso di difficoltà nel proprio mercato di base.
Il problema che si manifesta molte volte è che le aziende che vorrebbero, e forse
potrebbero, cambiare in pratica non dispongono delle risorse necessarie perché non
hanno mai inve stito in esse: dalla illustrazione che abbiamo fatto nella nostra matrice
appare evidente che non mancheranno solo le risorse economi che, ma anche umane,
organizzative e, di conseguenza, sarà impossibile anch e sapere verso quale direzione
cambiare.
22
Giuseppe Biscarini
Capacità progettuale
Consentiteci di prendere un pò alla "larga" questo argomento.
Marketing?: è conoscere le regole del gioco così bene da saperle gestirle meglio
degli altri o da saperle cambiare prima degli altri, quando e se fosse necessario.
Se accettiamo quanto ci siamo detti finora allora è evidente che non possiamo evitare
di affrontare i problemi di internazionalizzazione secondo alcuni aspetti
particolarmente importanti:
1
Conoscenza dei mercati
2
Risorse umane in grado di valutare la situazione ed i suoi sviluppi
3
Risorse finanziarie per affrontare gli investimenti necessari
4
Di nuovo risorse umane per gestire il cambiamento.
Il primo dei punti su indicati è stato da noi particolarmente sottolineat o in quanto
occorre conoscere i mercati, i loro bisogni e le loro tendenze prima di decidere cosa
fare.
Questa conoscenza diviene uno dei più importanti vantaggi di cui le aziende che si
siano strutturate in sistema possono godere.
Ecco perchè nelle pagine seguenti cercheremo di illustrare un sistema che ci con senta di prendere decisioni per le nostre attività di internazionalizzazione.
23
Giuseppe Biscarini
IDENTIFICARE IL MERCATO GIUSTO PER I VOSTRI PRODOTTI
Il mercato giusto per i prodotti di una azienda è la base da cui dipendono i suc cessi
del lavoro svolto.
A volte si spendono diverse decine di milioni di Lire (quando ba stano) in visite in
differenti Paesi, mentre la maggior parte delle no tizie di cui si ha bisogno si pos sono
trovare meglio e a costo quasi zero vic ino alla sede dell’azienda. E' pro babile, anche
se doloroso per i nostri sogni, che si possa ap prendere di più sul mer cato brasiliano
in tre/quattro giorni a Roma piut tosto che in quindici giorni in Brasile.
Utilizzando le informazioni disponibili da fonti governative, bancarie o multila terali11
si potranno selezionare pochi mercati, sui quali, una volta affrontato il pro blema,
iniziare ad appro fondire mediante una ana lisi diretta e così concen trare i propri
sforzi.
Così facendo si risparmierà den aro, anche se magari non avremo potuto con trollare
la spiaggia di Ipanema, ed avremo operato una scelta su basi razionali e non
emotive.
Il modo di entrare in un mercato straniero può variare dalla pura e semplice espor tazione ad un investimento diretto globale: generalmente si passa dall'uno all'altro dei
modi in relazione al variare delle situazioni, per cui cerche remo in queste pagine di
capire i meccanismi e di ela borare un iter corretto.
Si dice che il successo nell'esportare discende sostanzial mente da tre cose: il ma nagement 12, il management ed, infine, il management.
Non è solo una questione di scuola: occorre sempre avere a mente che al va riare dei
Paesi la cultura è di versa, lo stile di lavoro è diverso, l'etica negli af fari è diversa, la
burocrazia o i rapporti con il mondo del credito sono di versi, per cui un buon
manager deve gestire la di versità, non pensare di appiattirla nè spo sarla ciecamente.
11. Banca per i Regolamenti Internazionali, ONU, UE, eccetera.
12. Il termine manager è una corruzione dell’italiano maneggiare, ed ha avuto origine dai banchieri italiani che, una
volta, prestavano soldi a tutto il mondo.
24
Giuseppe Biscarini
E' chiaro che l'uomo sul posto (the man on the spot, come dicono i nostri amici
anglosassoni) è più che un fun zionario o dirigente: rappresenta le an tenne di ogni
azienda.
Di casa nel mondo
Diamoci un'occhiata intorno: se definiamo l'Unione Europea (UE) come il no stro
"Home market" sicuramente una parte molto importante dei nostri po tenziali clienti
vive fuori da esso; nel "resto del mondo" ci sono almeno il 75% dei mer cati
potenziali e vi sono, al di là delle enormi dif ferenze che poi vedremo, al cuni punti in
comune.
Intanto si parla quasi ovunque inglese; poi non esistono norme standard nazionali 13
che possano complicare la vita ad un onesto esportatore; infine, tranne che in aree
protette, si combatte contro concorrenti che più o meno parlano il nostro linguaggio
professionale anche se, gli sciocchi, hanno prezzi quasi sempre più bassi dei nostri.
In questi posti, poi, si ha bisogno di tutto, dal cibo alle tecnologie avan zate.
Attenzione, però, gira gira almeno i 4/5 dei commerci internazionali si svol gono
sempre nel solito ambito (NAFTA, UE, ASIA (sud est)) per cui, a meno c he non ci
si trovi a vendere materie prime o beni strutturali, ci troveremo a viaggiare sempre
intorno a casa e a combattere sempre contro gli stessi concorrenti.
Possiamo anche cercare di misurare il grado di dipendenza dei con sumi di un Paese
dai commerci internazionali, usando la tabella se guente:
N.B.: La prima e la seconda colonna indicano il valore pro -capite del com mercio con
l'estero, mentre la terza e la qu arta indicano la percentuale di di pendenza dei
consumi. Dati in US $ riferiti al 1987 14.
13. Per esempio: in Italia IMQ, in Germania DIN, in Inghilterra BSI, in Francia AFNOR.
14. Questi dati per l’Italia e gli USA differisc ono da quelli indicati all’inizio del manuale in quanto questi si riferiscono
al 1987 e quelli al 1995.
25
Giuseppe Biscarini
Export
Import
Export
Import
USA
1.036
1.755
5,6%
9,4%
CANADA
3.831
3.621
25,4%
24,0%
GERMANIA
4.818
3.740
26,0%
20,2%
GRAN BRETAGNA
2.312
2.721
19,3%
22,7%
FRANCIA
2.682
2.861
17,3%
17,9%
ITALIA
1.957
2.189
14,8%
16,6%
OLANDA
6.938
6.279
45,4%
42,9%
SVIZZERA
7.002
7.793
26,1%
28,7%
GIAPPONE
1.887
1.231
9,7%
6,3%
Ciò indica anche visivamente che il primo posto nella classifica dei Paesi esporta tori
ed importatori (come impermeabilità ai mercati) spetta alla piccola Olanda, non già
al grande e potente Gia ppone e che, nel suo complesso, il sistema Europa è ben più
aperto e permeabile dall'esterno di quanto non lo siano gli Stati Uniti o il Giappone.
Ad ogni buon conto generalmente si può stabilire la vostra strategia per l'ex port in
due maniere fondamental i:
-"Andiamo lì, perchè se ci sono i nostri concorrenti vuol dire che ne vale la
pena"
oppure
-"Il mondo intero è pieno di opportunità: guardiamoci intorno e vediamo che
succede".
26
Giuseppe Biscarini
In effetti è vero sia che tutti i nostri grandi concorrenti sono negli ste ssi posti, perchè
sono i posti più ricchi; sia che ci sono dei mer cati, specialmente nei settori di base,
in cui una buona prospezione intro duttiva può portare a casa dei risultati insperati.
Il primo problema, però, consiste nel capire: perchè esporti amo ?
Una azienda può esportare per raggiungere il proprio punto di pa reggio (e allora
deve esportare prodotti fabbricati in azienda) o per incrementare i pro fitti (e allora
può acquistare dove gli conviene).
Si tratta di due atteggiamenti diversi che d evono essere capiti ed analizzati in modo
da evitare di scegliere l'opzione sbagliata per la propria strut tura.
Nel primo caso, infatti, dovremo assolutamente vendere ciò che sappiamo pro durre,
mentre nel secondo caso saremo più liberi di agire in relazi one alle op portunità che
potremo e sapremo cogliere.
Se il nostro mestiere fosse vendere alimentari dovremo essere presenti in Cina ed in
India, piuttosto che in Svizzera 15, mentre se dovessimo ven dere moda (una griffe o
un marchio) potremo produrre, so tto il vo stro controllo, nel territo rio più conveniente
in termini economici o qualitativi.
Per concludere dobbiamo ricordare che il mondo diviene di anno in anno più pic colo, sia in qu anto le spese in Ricerca & Sviluppo tendono a crescere con tinuamente
e, quindi, ad ammortizzarsi in volumi sempre più elevati, cioè an che in aree
geografiche sempre meno familiari; sia perchè i mercati di vengono sempre più vicini
grazie alle facilità di viaggio e di comunica zioni esi stenti.
In breve oggi occorre se mpre più approfonditamente domandarsi:
1
Dove sono i miei clienti;
2
Quanto possono pagare per il mio bene o servizio;
3
Se vogliono quello che posso offrire;
4
Se sono è in grado di offrire quello che vogliono;
15. Naturalmente se doveste vendere Rolls -Royce il rapporto sarebbe inverso.
27
Giuseppe Biscarini
5
Chi sono i concorrenti locali.
Una prima risposta a queste domande è che intanto occorre agire verso i mercati più
interessanti in termini di volumi, facilità di penetrazione, prezzi ot tenibili: poi verso
il resto del mondo.
Naturalmente anche in un paese molto popolato potremmo non avere mer cato a
causa della natura dei nostri prodotti, o dei livelli di reddito o semplicemente per chè
non ci lasciano entrare: il fatto è che non potremo mai saperlo prima.
Nel mondo ci sono più di 155 Paesi ed una popolazione largamente supe riore a 5,5
miliardi di persone: la prima cosa che potrebbe convenire di fare sarà quindi quella
di controllare la distribuzione di tale popolazione.
In base all'elenco che segue si vede che i 9 più popolati paesi (cioè il 5,8% delle na zioni) coprono quasi il 50% della popo lazione.
Paese
Popolazione
Incr. dal 1982
Cina
1,059,802,000
14,984,000
India
730,572,000
15,503,000
USA
234,193,000
2,136,000
Indonesia
160,932,000
3,337,000
Brasile
131,305,000
3,022,000
Giappone
119,205,000
756,000
Bangladesh
96,539,000
2,937,000
Pakistan
94,780,000
2,638,000
Nigeria
85,219,900
2,823,000
28
Giuseppe Biscarini
Qualche commento ?
Intanto nell'elenco non c'è nessun Paese europeo e fra i Paesi pro grediti ci sono solo
USA e Giappone.
A parte USA e Giappone, gli altri Paesi rappresentano importi asso lutamente irrilevanti di PIL nel panorama mondiale.
Molto più importante per il nostro lavoro è che i primi due Paesi (Cina e India)
ancora non sono particolarmente rilevanti per il nostro commercio estero, ma la
tendenza è ad investirvi massicciamente; altrettanto degno di nota è che il tasso di
crescita dei Paesi su indicati risulta estremamente variabile, anche se i demografi ci
informano che, in linea generale, i Paesi che au mentano di più quanto al nu mero
degli abitanti sono quelli che pro grediscono più lenta mente in termini eco nomici 16.
Questo elenco è anche importante per comprendere come la popola zione (ed il suo
tasso di crescita) sia un indicatore applicabile solo per un certo tipo di beni e ser vizi,
ma che non esiste una connessione vali da globalmente per tutti i prodotti e per tutti i
servizi.
Un altro meccanismo di valutazione di un Paese può essere quello che lega il Valore
Aggiunto per Addetto al tasso di crescita globale del Paese stesso:
16. Mentre non è sempre vero il contrario.
29
Giuseppe Biscarini
Valore
aggiunto
(US $)
Tasso
di
crescita
GIAPPONE
54,791
4,9%
USA
39,603
2,6%
GERMANIA 17
37,181
2,9%
FRANCIA
27,800
3,0%
ITALIA
20,925
4,0%
GRAN BRETAGNA
20,525
3,8%
Questa tabella stabilisce alcune correlazioni molto interessanti, la più impor tante
delle quali c i sembra quella che indica come tutti quei Paesi in cui il va lore aggiunto
sia superiore al valore aggiunto italiano siano potenziali clienti degli ita liani.
17. Il dato si riferisce a prima della riunificazione.
30
Giuseppe Biscarini
Segmenti di mercato
Sappiamo (già dal marketing) che la pura e semplice popolazione ha una i mportanza
solamente parziale e che, in generale, l'atteggiamento più corretto consiste nel
ragionare in termini di segmenti di mercato.
In base a tale ragionamento la popolazione può essere divisa in di verse categorie che
possono includere, per esem pio, il tipo di occu pazione, il sesso, i livelli di reddito,
quelli di educazione ed il posto di lavoro e di residenza.
A seconda della tipologia dei nostri prodotti un mercato può essere inte ressante in
relazione ai settori parziali indipendentemente d alla popolazione globale.
Questo modo di ragionare ci consentirà anche di combinare segmenti uguali in Paesi
fra loro adiacenti che così facendo possono divenire interessanti, mentre presi sin golarmente potreb bero anche non esserlo affatto 18.
Un altro aspetto che merita di essere considerato è quello della di stribuzione per età:
anche se le generalizzazioni non sono mai giu ste, si sa che la popo lazione per età dei
Paesi in via di sviluppo e di quelli sviluppati si organizza in linea di mas sima
secondo le strutture demografiche seguenti
Questo dato è assumibile come vero in Paesi molto popolati, quali il Messico e
l'Indonesia e, fatte le debite proporzioni con il numero totale degli abitanti, anche in
molte aree del cosid detto terzo mondo.
Quanto abbiamo detto, per esempio, renderà percentualmente meno produt tive le
esportazioni nei Paesi del terzo mondo a tutte quelle aziende che cre ano e vendono
prodotti per la terza età; sarà un vantaggio, in vece, per quelle aziende che offrono
cibo, abbiglia mento, educa zione.
Merita di essere ricordato, comunque, che nel 2000 circa l'80% della po polazione
mondiale vivrà in Asia, Africa ed America Latina: e saranno per il 95% giovani e
poveri.
18. Pensate ai Paesi Arabi che presi singolarmente non sono importanti, mentre la loro somma li fà valutare diversamente.
31
Giuseppe Biscarini
Popolazione rurale ed urbana
Uno degli elementi che si misuran o per primi in fase di analisi è quello rela tivo alla
percentuale di po polazione che vive in città nei confronti di quella che vive in zone
rurali.
In molti Paesi il grado di urbanizzazione è strettamente collegato al tasso di cre scita
della popolazion e, anche se il rap porto non è lo stesso che si ha nei Paesi sviluppati.
Molte città del terzo mondo sono infatti circondate da ghetti in cui la po polazione
residente non è impiegata nell'industria o nei servizi, ma si tratta piutto sto di sottoimpiegat i o di persone ai margini della locale le galità e comunque al di fuori dei
normali canali di consumo 19.
Non possiamo, naturalmente, emettere in questa sede pareri morali o giudizi di al cun
tipo (e se anche potessimo non lo faremmo), ma dob biamo collegare queste tipologie
abitative ai tipi di consumo possibili in quanto una distribu zione di popo lazione del
tipo da noi accennato può in dicare ampie possibilità di vendita per prodotti base,
quali il cibo, i mac chinari impiegati nell'industria alimentare, i prodotti in generale
necessari ad incrementare la resa agricola per ettaro.
Ambienti un pò più sviluppati ci possono consentire la vendita di qu anto è colle gato
con una ampia edilizia popolare o con un consumo di energia elet trica agli inizi.
Oltre questi elementari esempi esiste tutta una gamma di prodotti che sono stret tamente collegati all'ambiente in cui si vive: è dimo strato statisticamente che si
vendono più macchine fotografiche in città che in campa gna, mentre il con sumo
della margarina vegetale è tipico delle aree ur bane, rispetto al burro che è un
prodotto più "rurale".
Un piccolo consiglio: non prendiamo per oro colato questi esempi: essi possono
essere, peggio che sbagliati, assolutamente fuorvianti per il nostro lavoro.
19. Pensate solo a Mexico City, o, ancor peggio, a Calcutta.
32
Giuseppe Biscarini
Densità della popolazione
La densità della popolazione è il secondo fattore da considerare in quanto in gene rale20 più la popolazione è in un'area ristretta più è facile fare pubblicità, curare la di stribuzione, prestare un servizio adeguato.
Per di più la tendenza è verso una urbanizzazione accelerata: considerate che si
stima che Mexico City avrà nel 2000 più di 30 milioni di abitanti.
Quanto possono pagare?
Dobbiamo partire dalla premessa che i nostri clienti non hanno una per cezione assoluta del prezzo dei beni o servizi che desiderano acquistare e che per tali beni o
servizi il valore (l'immagine del va lore) cambia al variare delle situazioni: questo
deriva, ovviamente, dalla diversa rispondenza ai bisogni di beni e/o servizi pro gettati
per altre situazioni.
La differenza fra un cliente ed un potenziale cliente, comunque, sono i soldi che ha
in tasca.
Abbiamo appena visto che possiamo sapere dove sono i clienti, ma ancora non
sappiamo se possono o no pagare per i nostri prodotti 21.
Questa precisazione serv e ad evitarci brutte figure professionali, in qu anto generalmente i Paesi più po veri trattano con dei fondi inter nazionali, per cui hanno soldi
solamente per i beni primari o da in vestimento.
Questa, infatti, è la verità: i Paesi poveri hanno (qualche volta) i capitali per pa gare
le infrastrutture, ma solo un numero limitatissimo dei loro abitanti può per mettersi
beni che non siano di prima neces sità: questo comporta una so stanziale restrizione al
mercato dei beni di consumo voluttuari.
20. Come al solito prendete i miei esempi con molt a cautela.
21. Che è, detto per inciso, il motivo per cui i commerci avvengono generalmente fra un gruppo ristretto di Paesi.
33
Giuseppe Biscarini
Il misuratore classico per conoscere se un Paese è povero o ricco è il PIL (Prodotto
Interno Lordo o, come si dice in inglese, GNP, Gross National Product), il cui
indicatore varia dai 3,000 Miliardi di Dollari prodotti ogni anno negli USA, ai 500
milioni di Dollari prodotti dal Ciad o dal Lesotho.
Reddito per abitante
In effetti è senz'altro più importante conoscere il reddito pro -capite che quello na zionale, cioè dividere il PIL per il numero degli abitanti.
Questo ci consente di farci una idea ben diversa di qua nto accade: infatti il Kuwait,
che ha un PIL di solo 30 Miliardi di Dollari, ha però solamente 1,5 Milioni di
abitanti, così che il suo reddito pro capite è fra i più alti del mondo, con più di
$20,000 per abitante (30.000.000.000 : 1.500.000 = 20.000) me ntre il Brasile, che
ha un PIL superiore ai 240 Miliardi di Dollari, ha anche più di 131 milioni di
abitanti, quindi un reddito pro capite di solo $ 1,800 (240.000.000.000 :
131.000.000 = 1.832).
E' evidente che l'appetibilità dell'uno o dell'altro mercato dipende dalla tipo logia dei
nostri prodotti.
Per aiutarci ad orientarci potranno essere utili le colonne seguenti:
34
Giuseppe Biscarini
TOP TEN per PIL e per Reddito pro capite
PIL
Reddito Pro capite
USA
Kuwait
Russia
Svizzera
Giappone
Svezia
Germania
Danimarca
Francia
Stati Uniti
Gran Bretagna
Germania
Italia
Norvegia
Cina
Canada
Brasile
Belgio
Canada
Olanda
Come si vede, a parte il Kuwait, che è un Paese disabitato ed esportatore so lamente
di petrolio, dalla seconda colonna mancano assolutamente Paesi che non siano a
regime parlamentare e manca anche l'Italia, ma questa è un'altra storia.
35
Giuseppe Biscarini
Quanto possono pagare ?
1.
Economie sviluppate 22
$ 6/15,000
2.
Economie ex pianificate
$ 2/6,500
3.
Paesi esportatori di petrolio
$ 8/20,000
4.
NIC23
$ 1,5/4,000
5.
Paesi poveri 24
$ 0,1/1,000
Si tratta di una tabella che indica il reddito disponibile per abitante e che ci con sente
di stabilire che per lo stesso bene da noi venduto dov remo prevedere dei prezzi
ampiamente differenti nei diversi Pa esi.
Infatti è chiaro che per un bene qualunque, fermo restando che tutti ten dono a
spendere prima in alimentazione poi nel resto, dovremo chiedere prezzi di versi in
base al reddito spendibile.
Vi prego, come al solito, di non prendere per oro colato qua nto ho appena detto, ma
di considerarlo in relazione alle situazioni, ai pro dotti, ai momenti, alle ne cessità.
22. USA, Canada, CEE, Giappone.
23. Stà per Paesi di nuova industrializzazione, fra cui buona parte di quelli del Sud Est asiatico .
24. Come sappiamo buona parte dell'umanità.
36
Giuseppe Biscarini
Strategie per la fissazione di prezzi per i mercati internazionali
Il prezzo, come è ovvio, è uno degli elementi più importanti da defi nire, anche
perchè viene sempre di più fissato dal mercato piuttosto che a par tire dai costi. Ogni
azienda ha una conoscenza approfondita del proprio mer cato domestico, ma certamente avrà difficoltà a fissare in maniera adeguata i prezzi in tutti i p aesi in cui po trà
esportare.
Tralasciamo volutamente i fattori legati agli aspetti legali e fiscali, per of frire una
breve ( troppo breve ! ) panoramica sulle tecniche di export pricing.
Nel fissare i prezzi oggi si usa definire alcune tipologie, di cui tre sono particolarmente utili: scrematura, pe netrazione e prezzo per un obiettivo.
Scrematura vuol dire utilizzare la produzione per ottenere profitti mag giori, lavorando quindi piuttosto in diversi mercati, investendo in nicchie piccole e fa cendo in
modo che i canali commerciali che scegliamo rappresentino una fonte di reddito
fuori dalla mischia; i problemi consi stono principalmente nel fatto che piccole quote
di mercato, essendo marginali, possono essere facil mente sconfitte e che è facile
commettere errori nella struttura dei costi, non esistendo un mercato di riferimento
da cui trarre insegnamento.
E' una politica utilizzabile solo nel caso in cui si abbiano prodotti ad ampia ri conoscibilità, dotati di un appeal vincente.
Penetrazione importa, invece, una quota di tutto rispetto, che si può otte nere quasi
sempre a partire da un mercato base e con prezzi almeno allineati a quelli dei con correnti. I vantaggi, costi con trollati e volumi adeguati ai costi fissi e di ri cerca,
hanno una controparte di svantaggio nel fatto che, quasi sempre, si è sog getti ad attacchi da parte di concorrenti altrettanto agguerriti, per cui, alla lunga, ci si trova
quasi sempre ad adottare anche politiche di marketing troppo com plesse perchè ne
valga la pena.
Si può utilizzare solamente se si hanno, come poi vedremo, risorse non indif ferenti,
insieme alla capacità di produrre e gestire volumi rilevanti.
37
Giuseppe Biscarini
Prezzo per un obiettivo, che, in generale, ci sembra abbastanza giusto, vuol dire
che i prezzi di un pr odotto vengono fissati in base alla quota di mer cato25 che si
vuole detenere e che a tale obiettivo sono allineati. Vuol anche dire che mag giore è
la quota di mercato che una società detiene, minori sono i suoi costi, quindi maggiori
(a parità di ricavo unitario) sono le risorse che possono essere destinate alla R & S,
al marketing, alla produzione, alle ri sorse umane; per di più una so cietà può
abbassare, se necessario, i propri prezzi fino a fare guerra ad eventuali disturbatori.
Naturalmente ques to non vuol dire che i prezzi debbano essere i più bassi del seg mento, anzi!.
Seiko (in Europa) e Sony (negli USA) hanno conquistato, e conservano, il proprio
mercato con prezzi bassi ed una aggressiva politica di marketing: una volta vinto
hanno progressivamente aumentato i propri prezzi fino ad essere divenuti se non i
più costosi, al meno allineati ai com petitori sopravvissuti.
Da notare che, per i consumatori, ciò è stato utilissimo in quanto i prezzi dei pro dotti
di cui parliamo (Orologi ed Hi Fi) sono diminuiti in maniera notevole ri spetto a
qualche anno fa.
Questa politica è rischiosa nel breve periodo in quanto parte dalla pre sunzione che i
costi si abbasseranno ed investe fondi che non sempre si hanno: è possibile, quindi,
che ci sia stato un errore di marketing e che il prodotto non sia adatto, così come è
possibile che il mercato si modifichi strada facendo, ma, in condi zioni normali, essa
è la più convin cente.
Il prezzo è, come noto, una componente del marketing mix. Questo vuol dire che
non esiste un prezzo assoluto, neanche per i prodotti a regime control lato26, ma che
esistono prezzi che vengono fissati in base alle ne cessità contingenti. Vediamoli:
Rapporto prezzo-prodotto. E' il modo base per differenziare un pro dotto dai suoi
competitori e consiste nel fissare un prezzo a par tire da quello del concor rente cui ci
si riferisce, stabilendo con ciò una convenienza. Come è chiaro funziona solo se
possiamo permetterci di mante nerlo nonostante le re azioni della con correnza.
25. O di profitto, o di quello che deciderete.
26. Pensate alla pasta alimentare.
38
Giuseppe Biscarini
Possiamo anche pensare ad una funzionalità , che noi possediamo (e non i nostri
concorrenti) e che risolva uno o più problemi dei con sumatori: occorre però possederla. La moda corrente per gli analisti di marketing è quella della superiorità quale
"plus" di un prodotto: occorre che anche essa ci sia e che sia percepibile da parte dei
consumatori, altrimenti non ce n'è per nessuno.
Prezzo/promozioni, in quanto non c'è dubbio che un prodotto appog giato promozio nalmente valga più, agli occhi dei consumatori , di un prodotto povero di
promozione. Attenzione, però: un prodotto perchè sia percepito valido, deve avere
già vinto la propria batta glia 27.
Prezzo e distribuzione, che parte dalla considerazione che un prodotto in vendita in
punti vendita adatti può s puntare un prezzo mag giore rispetto all’equi valente
distribuito male, in quanto ritenuto più affidabile.
Il servizio aggiunge un valore tremendo ai prezzi, in quanto i con sumatori, in
genere, sono disposti a pagare di più per un prodotto di cui hanno a vuto certificata
direttamente la qualità 28. Il concetto di affidabilità è in fatti basato su quanto si
conosce, non su cose che si leggono 29.
Come è distribuito il reddito ?
In tutti i paesi il reddito pro capite è come la storiella del pollo di cui par la il Trilussa
ma, mentre tale distribuzione non statistica è vergo gnosamente sbilanciata nei Paesi
poveri, lo è un pò di meno (vergognosamente) in quelli sviluppati.
E' difficile stimare la distribuzione del reddito all'interno dei Paesi sia perchè mol ti
governi non sono interessati a pubblicizzare questo fatto, sia perchè i ter mini di
analisi non sono fra loro uniformi.
27. Hertz ha investito per molti anni in affidabilità prima di potersi pemettere un prezzo superiore a quello Avis.
28. Pensate all'Aspirina Bayer rispetto ai suoi concorrenti.
29. Un Rolex ottiene un prezzo pauroso per un orologio che potrebbe costar poche migliaia di lire senza la stessa idea di affidabilità.
39
Giuseppe Biscarini
La distribuzione del reddito generalmente si misura in base alla per centuale di proprietà detenuta da classi di abitanti pari al 2 0% del totale: per intenderci in Francia il
40% della popolazione detiene il 70% del PIL, mentre nelle Filippine il 40% della
popolazione detiene il 94% del PIL.
In generale comunque si considera che nei Paesi sviluppati la quota di red dito detenuta dal primo 20 percentile è largamente inferiore a quella detenuta nei Paesi po veri
del mondo, fino ad arrivare all'assurdo del Ni caragua di Somoza, dove l'80% del PIL
era posseduto da sole 5 famiglie.
40
Giuseppe Biscarini
Statistiche e bugie
Abbiamo appena detto quanto pos siamo imparare su un Paese estero dalle stati stiche, ma non abbiamo ancora detto cosa dob biamo attenderci da tali statistiche.
I dati statistici nazionali sono notoriamente inaccurati in molti Paesi anche svilup pati:
si pensi in un Paese sottosviluppat o, dove anche le statistiche hanno un compito
politico.
Per esempio un governo locale può aumentare il proprio PIL al fine di otte nere una
diversa distribuzione delle risorse da parte del go verno centrale, oppure dei prestiti o
finanziamenti da parte d ei Paesi sviluppati (e fin quì va tutto bene) op pure perchè
sottostima o sovrastima il "nero" esistente in ogni Paese.
Tanto per evitare polemiche 30, si ritiene da un lato che circa il 20% del PIL degli
USA sia "stimato" e, dall'altro, che in molti Paesi in via di svi luppo si sottovalu tino i
dati relativi al commercio rurale o al puro e semplice baratto 31; infine un elemento da
non trascurare consiste nel fatto che le statistiche inter nazionali sono generalmente
espresse in Dollari, ma che non è scritto da nessuna parte che il cambio debba es sere
quello vero 32 piuttosto che quello ufficiale.
Un'altra differenza può derivare dal fatto che il potere di acquisto lo cale varia in relazione alle abitudini, per cui un abito in Cina costa comunque molto meno c he in
qualunque altro posto; altrettanto vale per un pasto in un nor male ristorante in Italia:
non si può non tenerne conto qu ando si pianifica un in vestimento estero.
30. Cioè per confermare che tutto il mondo è paese.
31. Che, come è not o, rappresentava circa il 20% del commercio estero della scomparsa Unione Sovietica.
32. Cioè quello del "mercato nero".
41
Giuseppe Biscarini
Vogliono quello che abbiamo? Oppure: abbiamo quello che vogliono ?
A questo punto abbiamo sempre il solito problema, quello da cui avevamo preso
l'avvio: il nostro pro dotto può aprire un mercato significativo o questo mercato deve
esistere già da prima?
Non è assolutamente una domanda pleonastica in quanto capita abbastanza spesso
che altri prodotti, oppure prodotti che potremmo fare, ma che non abbiamo an cora in
catalogo, potrebbero essere i best sellers nel mercato che stiamo stu diando; così
come gli stessi prodotti potrebbero avere valenze di verse in diversi mercati.
Generalmente capita che abbiamo da vendere una famiglia di prodotti che, nel mer cato nazionale o in quelli nostri storici, funziona abbastanza bene: quello che
dobbiamo fare non è semplicemente offrire i nostri prodotti così come sono, ma
ottimizzare tale offerta.
Ecco che allora abbiamo:
Quale prodotto o prodotti posso esportare ? Questo atteggiamento consiste
nell'esportare esat tamente quello che stiamo vendendo in casa, ot tenendo così vo lumi di vendita ag giuntivi ad un costo marginale, in base alla premessa che il prodotto risolverà esattamente le stesse necessità che risolve in casa più o meno senza
modifiche.
Ho dei prodotti che possono soddisfare una serie di necessità diverse in
esportazione rispetto al mio mercato ? Per esempio le bici clette, che da noi sono
un veicolo da tempo li bero, sono invece un mezzo di trasporto standard in India:
come posso affrontare il problema ?
42
Giuseppe Biscarini
Che modifiche debbo apportare ai miei prodotti per poterli vendere bene
all'estero ? Le cucine che vendiamo in Italia pos sono, con piccolissime modifiche,
andare bene in tutto il nostro Home market (l'Europa), ma sicura mente dovrò
apportare delle sostanziali modifiche (in grande) per venderle negli USA o in
Canada, oppure (in piccolo) per venderle in Giappone 33.
Alcune modifich e, come le differenze nel voltaggio dell'elettricità, pos sono essere
corrette con poco lavoro, altre, come la dimensione dei pen sili, importano modifiche
agli standard di produzione.
In generale si troverà che i beni di investimento hanno bisogno di m odifiche
marginali rispetto a quelle necessarie per i beni di con sumo ma, anche, che queste
modifiche sono sostanzialmente meno costose di quelle.
Abbiamo un brevetto o un marchio registrato commerciabili ? Questa può
essere una opportunità, specialmente nei Paesi in cui dogana e norme di im portazione sono chiaramente strutturati per tenere fuori gli stranieri. In tali casi la
licenza di produ zione che si può concedere ad un residente è l'unico metodo utilizza bile.
Ci sono prodotti che non produciamo ma che possiamo commercializzare o
prodotti che possono essere venduti in collegamento con i nostri ? E' il caso
classico delle aziende ali mentari che, espor tando i propri pro dotti nei Paesi del
medio oriente, si sono trovati in mano una organizza zione di vendita che è stata in
grado di trattare con successo anche altri pro dotti.
Questo ci porta anche a suggerire uno sguardo diverso dal solito a ciò che pos siamo
vendere: in molti Paesi del terzo mondo possiamo offrire anche i nostri macchinari
usati proponendoli in collegamento con i servizi di cui abbiamo par lato prima.
33. Naturalmente si tratta di una semplificazione.
43
Giuseppe Biscarini
Chi sono i nostri concorrenti ?
Il governo della Costa d'Avorio ottiene un prestito finalizzato dalla Banca Mondiale.
Il governo pubblicizza l'esistenza di una gara inter nazionale, il cui pa gamento è garantito da quel finanziamento. Pensate di partecipare, affron tando così grandi spese
al buio ? Probabilmente no, in quanto è possibile la gara sarà vinta da una società
francese che conosce l'Africa francofona, ha contatti con il Ministero degli Esteri
francese e con i funzio nari francesi della Banca Mondiale: così va il mondo.
Vogliamo dire che una parte importantissima del nostro lavoro con siste nell'accumulare dati che ci consentano di non combattere le battaglie sbagliat e, entrando in
competizione dove i nostri concor renti sono enormemente più forti di noi. In effetti
in una corretta pianificazione dovremo iniziare dai mercati più comodi e solo suc cessivamente passare a lavo rare su quelli problematici.
Che faranno i miei concorrenti ? Prima di tutto identifichiamoli. Possiamo solo
dire che essi si dividono in 3 categorie:
1°
Concorrenti locali, che probabilmente offrono una gamma abba stanza approfondita di prodotti e servizi, ma che possono aver lasciato fuori delle aree, probabilmente tecnologiche.
2°
Concorrenti da Paesi sviluppati, la cui concorrenza sarà sempre o quasi in centrata sui livelli di qualità e di servizio.
3°
Concorrenti da Paesi sottosviluppati che, avendo distinzioni di prezzo, ma
non particolarmen te di qualità e servizio, si batteranno per il mass -market.
Naturalmente non è solo così; consideriamo i casi di grandi lavori di co struzioni per i
quali la norma oggi è un capo commessa nazionale, una società di in gegneria europea, nord americana o gia pponese e mano d'opera coreana: in bocca al lupo nel cer care vantaggi per la nostra Azienda.
Quali vantaggi hanno i miei concorrenti ? Molto spesso, è evi dente, il vantaggio
principale è quello del prezzo per cui special mente in prodotti di massa da ven dere
in Paesi del terzo mondo gli stabili menti devono es sere situati in una qualche zona di
convenienza.
44
Giuseppe Biscarini
Un altro vantaggio è, come accennato, quello tariffario, per cui con verrà produrre in
loco; infine abbastanza spesso accade che i go verni preferiscano acquistare quello
che viene prodotto sul posto, con ovvie conse guenze.
Quali vantaggi ho io ? A questo punto del nostro lavoro dovrebbe es serci chiaro se
possiamo vantare un prezzo migliore, una migliore qualità, un marchio affermato,
una nuova tecnologia o, special mente nei casi in cui si sia già pre senti come società,
una comprovata affidabilità.
Se non si dispone di un vantaggio certo non si riuscirà mai ad en trare stabilmente in
un mercato; se il nostro vantaggio è solo il prezzo, dovremo fare in modo di non ag gravare i nostri costi fissi e fare in modo di preoccuparci con molta atten zione di
quanto possono produrre a costi più bassi dei nostri.
Il mercato è grande abbastanza da consentirmi di entrare con profitto ? Certo
che se i concor renti sono fortissimi, ma il mer cato è grande abbastanza, può valere la
pena di penetrare, ma dobbiamo assolu tamente essere sicuri che ci sia spazio an che
per i nostri prodotti.
Non c'è niente di peggio di un ottimo lavoro di penetrazione che porta a ca sa metà
del fatturato previsto e perdite invece che profitti.
45
Giuseppe Biscarini
Come restringere la nostra scelta
Esportare è un investimento che costa in termini finan ziari, di cono scenze tecniche e
di risorse umane e non tutte le aziende possono o vo gliono permette rselo.
Arrivati a questo punto, quindi, converrà cercare di ottenere infor mazioni aggiuntive
a costo zero 34.
Le strade preferite sono quelle di andare a parlare con l' ICE (Istituto per il Commer cio Estero), con il Ministero per il Commercio Estero, con le Camere di
Commercio 35, con le principali Banche, special mente se del Paese su cui state in vestigando.
Dovremo poi cercare di misurare e prevedere la domanda po tenziale e, non avendo
soldi da buttare, eviteremo di pensare a costose ricerche di mer cato, ma ci faremo
delle previsioni fatte in casa, tenendo a mente un consiglio: cerchiamo di esaminare
il nostro Paese bersaglio utilizzando tutte (e non una sola) le tecniche di cui ora
parleremo in modo da ri durre le possibilità di er rore.
34. Non preoccupatevi: ci andremo a Rio, prima o poi !.
35. Ce ne sono di molto bene organizzate.
46
Giuseppe Biscarini
Cinque modi per prevedere la domanda
1 Predire il futuro partendo dal passato. In altre parole vogliamo dire che si
devono prendere i dati storici e proiettarli nel futuro prossimo mediante estra polazioni ma tematiche.
Per fare questo occorrono dati statistici c he possiamo ottenere ab bastanza facilmente
anche in Paesi sottosviluppati, in quanto, stori camente, il modo migliore per imporre
tasse consiste nell'agire sul commercio (ricordatevi che abbiamo parlato prima di
statistiche e bugie !).
Questo meccanismo è abbastanza funzionale se lo si applica a breve termine in
quanto già a medio termine emergono fenomeni che rendono fuorviante tale ana lisi:
si pensi, per esempio, a previsioni effet tuate su tale base nei Paesi esportatori di
petrolio prima del 1973 (an no del grande shock), oppure a previsioni fatte sui
consumi interni del Kuwait prima che ci pensasse Saddam Hussein.
Un altro problema consiste nel fatto che potremmo trascurare un mer cato qualora
buona parte dei consumi provenga dall'importazione, per c ui i consumi non risul tino
adeguatamente evidenziati dalle stati stiche interne.
2 Predire l'ignoto partendo dal noto. Se, per esempio, ci tro viamo a vendere
apparecchiature elettriche, potrà essere facile pre vedere un aumento di do manda dei
nostri prodotti in Paesi che stiano investendo nella propria elet trificazione. Per di più
si sa ormai che mano a mano che i singoli Paesi rag giungono una certa soglia di PIL
i consumi tendono ad adeguarsi statistica mente ad alcuni qu adri di riferimento: po tremo così predire con sufficiente ac curatezza quanto accadrà in un Paese utiliz zando la nostra esperienza matu rata in altri Paesi. Anche in questo caso dobbiamo
fare attenzione a valutare correttamente le differenze stori che, politiche, culturali e
così via.
3 Cerchiamo di comprendere quali indicatori di macroeconomia sono collegati
ai diversi livelli di consumo dei nostri prodotti. Se ipotiz ziamo di dover vendere
mobili da ufficio, sa premo che il nostro lavoro sarà col legato, per esempio, al
47
Giuseppe Biscarini
numero totale dei di pendenti, a quello degli impie gati, all'ampiezza del set tore
servizi, al grado di urba nizzazione, alla percen tuale della forza lavoro occupata
nell'industria ma nufatturiera.
Possiamo semplicemente organizzare questi dati in due sc ale:
(1)
(2)
(3)
Basso
Medio
Alto
a)
N.ro tot. Dipendenti
6 Mil.
6/12 Mil. + di 12 Mil.
b)
Numero di impiegati
1,5 Mil.
1,5/6 Mil.
+ di 6 Mil.
c)
Servizi come % del PIL
5-10%
10-15%
+ di 15%
d)
Popolaz. urba.ta
10-15%
15-25%
+ di 25%
e)
Ind. Manuf.ra
8-15%
15-30%
+ di 30%
a
b
c
d
e
alto
alto
alto
alto
alto
Belgio
basso
alto
alto
alto
medio
Arabia Saudita
basso
basso
medio
basso
basso
Germania
E’ evidente che i tre mercati che abbiamo messo a paragone espon gono prospettive
largamente diverse e che s iano sufficienti ad esemplificare qu anto stavamo
sostenendo.
48
Giuseppe Biscarini
Uno dei problemi di questa analisi è che essa fornisce una imma gine statica, nel
senso che non ci mostra come i vari cambiamenti abbiano modifi cato il consumo dei
beni da noi pro dotti.
Certo, avendo le necessarie informazioni si potrebbe ridisegnare il primo spec chio a
cadenza, poniamo, decennale: ma almeno per l'Arabia Saudita (se fosse questo il
mercato sotto esame) ce lo possiamo scor dare.
4 Predire la domanda partendo dalle modifiche nel reddito. Questa tecnica cerca
di misurare quali modifiche strutturali acca dono ai consumi al variare del reddito.
Le variazioni al reddito ed ai consumi sono indicate su base percen tuale e la formula
si ottiene dividendo l'incremento percentuale dell a domanda per l'in cremento percentuale del reddito.
Proviamo a fare un esempio, pensando di vendere, come già prima, dei mo bili da
ufficio
1. Troviamo il livello di reddito dei singoli o delle famiglie nel Paese sotto esame.
2. Cerchiamo di conoscere le modifiche che si prevedono per il reddito nel periodo
sotto esame.
3. Dividiamo le variazioni attese nel reddito per i livelli at tuali, in modo da cono scere l'incremento percentuale. Se, per esempio, il reddito dell'anno in corso è di
US$ 10,000 e si prevede che aumenti di US $ 500 per ognuno dei 5 anni in
esame, avremo US $ 500 x 5 = US $ 2,500 che diviso US $ 10,000 dà una per centuale di incremento del 25%, per il periodo in oggetto.
4. Troviamo il mercato attuale dei mobili per ufficio.
5. Cerchiamo di capire come la domanda per mobili da ufficio sia variata in passato
in relazione al reddito. Se per esempio il reddito in passato è aumentato del 25% e
le vendite di mobili per ufficio sono cresciute del 45% avremo una elasticità al
reddito di 1,8 (4 5 diviso 25).
6. Moltiplichiamo la crescita prevista del reddito (il 25% visto al punto 3°) per la
elasticità al reddito (l'1,8 ottenuto al punto 5°) e potremo pre vedere una crescita
49
Giuseppe Biscarini
nel periodo per il mer cato del mobile da ufficio pari al 45%, cioè il 9 % per
ognuno dei 5 anni.
Se l'elasticità al reddito fosse stata solo dello 0,75, allora avremmo avuto una cre scita nel mercato pari a 25 x 0,75 = 18,75, cioè un tasso di crescita infe riore alla
crescita prevista del reddito.
In generale si considera che più cresce il reddito, minore è il tasso di au mento degli
articoli base (quali gli alimentari) e maggiore il tasso di au mento dei beni voluttuari.
Ci sono due limitazioni a questo tipo di analisi:
-Abbiamo preso l'elasticità del passato e l'abbiamo utili zzata per il futuro: speriamo
bene;
-Anche un tasso di crescita elevato non ci garantisce un ampio mer cato, cioè il tasso
di crescita dei mobili per ufficio potrebbe essere elevato, ma il volume totale delle
vendite potrebbe essere piccolo (pensiamo al m ercato potenziale dei mobili da
ufficio in Kuwait); il tasso di crescita per l'abbigliamento po trebbe essere basso, ma i
volumi estremamente alti (come è il caso del mer cato europeo).
5 Cerchiamo di conoscere quali sono le intenzioni dei governi nel periodo in
esame. Specialmente nel terzo mondo buona parte dei piani di spesa governativi
sono a 5 o 10 anni e sono stati approvati da organi smi internazionali che li
finanziano.
In questo modo si possono avere delle indicazioni preziose non solo sulle ten denze,
ma anche sulla affidabilità delle conclusioni che avete tratto.
50
Giuseppe Biscarini
Come può aiutarci il governo italiano.
In diversi modi. Intanto, come abbiamo detto, c'è l'Istituto per il Com mercio Estero
che ha funzionari ben preparati dislocati in molti uffici sparsi per il mondo.
Oltre a tali funzionari l'ICE ha una serie di servizi che vanno da ana lisi nazio nali 36 e
settoriali 37 fino ad analisi specifiche 38 o distributive 39; ha anche, ed è molto impor tante, un servizio di assistenza in loco, che arriva fino ad offrire informazioni commerciali o pura e semplice as sistenza logistica come quando, in occasione delle
missioni com merciali, si occupa di organizzare in contri con im prenditori locali in teressati ad entrare in rapporto con l'Italia.
Gli Addetti co mmerciali delle Ambasciate d'Italia si occupano piut tosto dei con tratti
governativi, per cui hanno, per le normali attività commerciali delle aziende, una
importanza relativa.
Tutti gli altri organismi di cui si può parlare hanno una importanza so pratutto documentale, nel senso che, come l'ONU, la WTO o la Banca Mondiale, hanno tutta
una serie di dati relativi allo interscambio che pos sono essere utili per capire cosa si
compera in giro e da chi.
36. Tipo "Germania, statistiche fondamentali".
37. Come "L'esportazione ortofrutticola italiana".
38. Citerei "Flussi di esportazione del mobile italiano".
39. "La grande distribuzione in Francia".
51
Giuseppe Biscarini
Possiamo vendere qualcosa a quella gente ?
A questo punto, specialmente se avremo lavorato bene, dovremmo avere una li sta ristretta ed in ordine di importanza discendente di pochi Paesi e si potrebbe pen sare
che sia ora di andare a Ipanema (pardon : Rio de Janeiro!) a vedere di vender loro
qualcosa.
Non è ancora ora.
Ci sono ancora alcuni dettagli che è bene chiarire prima di buttare via soldi e al cuni
ostacoli da superare (le NTB = Barriere non tariffarie) che non sono scritti da
nessuna parte, ma la cui esistenza è nota a tutti gli addetti ai lavori 40.
Queste barriere si ottengono imponendo regolamenti assurdi o standards di qualità o
sanitari incredibili o sovvenzionando aziende nazionali o fis sando regolamenti finan ziari che di fatto rendano nulla la redditività del mercato.
I francesi, che di queste cose sono maestri, impedirono in pratica l'importa zione di
videoregistratori giapponesi decidendo che ognuno di essi doveva essere tim brato da
un funzionario di dogana e che l'unica do gana autorizzata era quella di Poitiers: i
containers arrivavano lì, venivano aperti, i videoregi stratori venivano sballati uno per
uno e timbrati uno per uno dall'unico funzio nario di dogana au torizzato che,
poverino, aveva una redditività di timbratura mi nima : non più di 200 timbrate al
giorno.
I giapponesi, che non sono stupidi, concessero una licenza di pro duzione alla Thom son CSF e, oplà, tutto andò a posto 41. Gli olandesi furono più au daci, imponendo che
il Paese di origine delle uova fre sche fosse stampato su ogni uovo.
In affetti alcune di queste barrie re possono essere aggirate conce dendo licenze di
fabbricazione o producendo sul posto, per cui una corretta valu tazione delle vo stre
possibilità e delle vostre decisioni strategiche è ancora una volta preliminare.
40. Provate un pò a vendere del Chianti a Ca rrefour in Francia.
41. Il risultato è però che il costo dell'elettronica di consumo in Francia è notevolmente più elevato rispetto al resto d'Europa.
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Giuseppe Biscarini
Barriere internazionali. Alcune di q ueste barriere sono politiche. Il COCOM è un
Comitato preposto a decidere su quali beni dovesse esistere un embargo nei con fronti di Paesi cattivi; un pò di tempo alcuni uomini politici proposero di im pedire
l'importazione dei pompelmi israeliani. Bisog na solo sedersi ed aspet tare che gli
imbecilli scompaiano anche se, purtroppo, hanno una resi stenza incredibile 42.
Barriere psicologiche. Anche su queste si può fare poco: l'elettronica ci vile italiana
è ritenuta inaffidabile, per cui non la vuole nessu no. Certamente queste attitudini si
possono correggere, ma se l'azienda per la quale lavoriamo desidera profitti a breve
termine, senza investimenti, allora al cuni dei Paesi della lista dei potenziali sono as solutamente fuori gioco.
Possiamo gestire il mercato ? Certo che se non sarà disponibile personale per garantire il livello di servizio che i clienti si aspettano da noi è buia; al trettanto lo è se
la produzione non accetta di discutere quelle piccole o grandi modifiche di cui un
mercato ha bisogno. Infine se non avremo le risorse finanziarie per lanciarci in una
avventura tanto vale scegliere qualcosa di più abborda bile.
42. Un proverbio dice che le madri degli imbecilli sono sempre incinte.
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Giuseppe Biscarini
I rischi finanziari
Purtroppo ancora non possiamo andare in Brasile.
Infatti, come capitò allo scrivente, può accadere che il buon Ghed dafi di turno decida che gli stranieri, cattivi, non debbano essere pa gati e tolga ogni vali dità alle
Lettere di Credito precedente mente garantite43, oppure che blocchi la converti bilità
della moneta locale con il Dollaro.
Voglio di re che gli aspetti finanziari vanno sempre attentamente conside rati prima di
iniziare. Non sono al corrente di vere e proprie confische che non siano rien trate
dopo una qual che trattativa e/o mancetta, ma una piccola azienda potrebbe non avere
la solidità finanziaria necessaria a so pravvivere dopo un brusco scos sone del genere.
Nelle grandi multinazionali il controllo dei rischi finanziari spetta ad un ufficio appo sito: nella nostra piccola o media azienda dovremo fare da soli utiliz zando pochi e
sopratutto non costosi strumenti.
43. Eravamo assicurati e non ci s uccesse nulla, ma aziende meno fortunate fallirono.
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Giuseppe Biscarini
Cosa possiamo apprendere dalla bilancia dei pagamenti di un Paese
Ogni Paese pubblica con cadenza regolare (mensile in genere) le transa zioni che
hanno avuto luogo fra i residenti e gli stranieri (Persone e/o Aziende).
Ciò comprende ogni esportazione, importazione, pagamento o in casso di dividendi,
interessi, provvigioni e investimenti, commercio di preziosi e di ban conote.
Sappiamo che quando ciò che si esporta è più o meno uguale a ciò che si importa si
considera il Paese in equilibrio: naturalmente ciò non può ac cadere sempre ed
esattamente, ma un buon governo non può non tenere conto dei propri surplus e dei
propri deficit e non puntare ad un loro riequilibrio.
Così oltre ai Paesi debitori esistono i Paesi credi tori, i più importanti dei quali sono
naturalmente il Giappone e la Germania.
Partita doppia. La bilancia dei pagamenti funziona secondo il principio della partita
doppia, cioè ogni transazione (per esempio l'acquisto di una Mercedes te desca)
comporta una operazione a debito (l'acquisto) ed una a credito (il paga mento): la
somma dei debiti rappresenta quanto un Paese deve globalmente all'e stero, mentre la
somma dei crediti indica quanto un Paese ha da ricevere.
E' ovvio che il totale si annulla e che, q uindi, non ha alcun senso: ve diamo però cosa
accade in pratica.
Se io non ho i marchi necessari a pagare l'acquisto della Mercedes dovrò ac quistarli
in banca per cui si avrà un'altra partita doppia, a fronte della quale, però, escono Lire
in cambio di M archi cosa che, se non riequili brata da adeguati acquisti esteri di Lire
impoverisce le difese del sistema economico del Paese (ci sa ranno così troppe Lire
offerte sui mercati con conseguente perdita del loro valore di concambio).
L'esposizione della bilancia dei pagamenti. La bilancia dei paga menti, secondo i
regolamenti del Fondo Monetario Internazio nale (IMF, poi lo vedremo) si esprime
quasi sempre secondo il modello (semplificato) che se gue in modo da poterlo
controllare globalmente su base st atistica.
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Giuseppe Biscarini
BILANCIA DEI PAGAMENTI
I.
Partite correnti
Debiti
A. Bilancia commerciale
Importazioni
BILANCIA COMMERCIALE
B. Servizi, incluso noli, assicu razioni, viaggi, turismo, spese,
royalties, servizi di costruzi one Uscite
BILANCIA DEI BENI E SERVIZI
C. Reddito degli investimenti, pro fitti ed interessi di investimenti
esteri, dividenti ed utili reinves titi
Uscite
BILANCIA DEI BENI, SERVIZI E PROFITTI
D. Trasferimenti unilaterali, pensioni, doni, aiuti economici e mi litari
Uscite
BILANCIA DELLE PARTITE CORRENTI
II. Movimenti di capitali
E. Investimenti diretti
Uscite
F. Investimenti finanziari
Incremento
G. Fin.ti a lungo termine
Uscite
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H. Capitali a breve
Incremento
BILANCIA DEI MOVIMENTI DI CAPITALI
III. Riserve ufficiali
I. Oro
Uscite
J. Valute
Uscite
K. Diritti speciali di prelievo
Uscite
L. Riserve presso l'IMF
Decremento
Crediti
Esportazioni
Entrate
Entrate
Entrate
Entrate
Decremento
Entrate
Decremento
Entrate
Entrate
Entrate
Incremento
BILANCIA DELLE RISERVE UFFICIALI
44. Generalmente si tratta di partite di privati.
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Giuseppe Biscarini
Interpretare le varie bilance. Come abbiamo detto la bilancia dei pa gamenti
chiude sempre in pareggio, secondo i principi della partita dop pia, anche se sappiamo che ci sono Paesi cre ditori e Paesi debitori.
Questa espressione si riferisce allo squilibrio di una delle varie bi lance di cui ab biamo parlato e generalmente è causata da squilibri nella bilancia com merciale.
Un Paese è come una famiglia: occorre che le entrate coprano le uscite altrimenti o
avete altre fonti cui attingere o consu mate le vostre riserve (per esempio vendendo la
casa in cui abitate).
Lo stato può adottare diversi meccanismi correttivi:
1 Ridurre le importazioni imponendo un blocco totale o barriere tarif farie o non tariffarie;
2 Svalutare la moneta;
3 Introdurre un controllo nei cambi, così da acquistare all'estero solo qu ando ci sia
valuta disponibile.
4 Ridurre i costi di produzione in modo da tornare competitivi.
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Giuseppe Biscarini
Come prevenire rischi finanziari controllando la bilancia dei pagamenti.
Ci sono alcuni segnali di pericolo che ci possono mettere sull'avviso:
- Il deficit commerciale del Paese è strutturale o si tratta di un pro blema occasionale
?
- Se è un trend a lungo termine esso, si è aggravato o è migliorato nell'ultimo pe riodo
?
- E' un problema generato da scarsità di esportazioni o nasce da importa zioni eccessive ?
- Le sue esportazioni sono non competitive su una base strutturale o è "solo" un
problema di costi?
- Le importazioni stanno crescendo a causa di beni di lusso o si tratta di beni ne cessari per la produzione ?
- E' intervenuto il FMI ?
- Che indicazioni ha dato ?
- Che percentuale di esportazioni serve a pagare i debiti e quanta è invece di sponibile per le importazioni vitali ?
- Come si stanno muovendo le riserve in valute ed oro ?
- Il Paese sta ricevendo finanziamenti da grandi banche ?
- Gli investitori locali ed internazionali stanno ancora investendo ?
- C'è in corso una esportazione di capitali ?
- C'è una forte inflazione ?
- La Banca Centrale sta acquistando la propria moneta ?
- Quali sono le previsioni degli organismi internazionali ?.
58
Giuseppe Biscarini
Come è evidente alcuni di questi elementi sono facilmente ottenibili, mentre altri
sono pure e semplici valutazioni.
Naturalmente alcune di queste valutazioni sono semplificate dal fatto che al cune
decisioni, dolorose per la popolazione locale 45, verranno difficilmente prese.
45. Deflazione, aumento della disoccupazione, controllo dei salari, per esempio.
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Giuseppe Biscarini
La moneta mondiale: come fu, come è e come sarà
Un pò di storia. Sir Isaac Newton (si, quello della mela !) stabilì un giorno, nella
sua veste di "Master of the Mint of the British Empire" 46 (correva l'anno 1717) che
da allora in poi un'oncia d'oro fino sa rebbe stata acquistata o ven duta per 3 sterline,
17 scellini e 10,5 pennies. Il sole non tramontava mai su ll'Impero, esisteva un com mercio mondiale, per il 90% incentrato su Londra, ed occorreva uno standard 47 che
consentisse di concambiare le varie valute coinvolte nel com mercio mondiale, sta bilendo un valore che impedisse feno meni speculativi 48, inutili in un mondo an glocentrico.
La convertibilità della sterlina fu sospesa solo due volte in 200 anni: du rante le
guerre napoleoniche e in occasione della Prima guerra mondiale.
La ragione delle sospensioni fu semplice: occorrevano un sacco di soldi per vin cere
le guerre, per cui furono stampate un monte di sterline che non si sa rebbero potute
mai convertire in oro, pena il fallimento della Gran Bretagna.
La fine della prima guerra mondiale, con lo sconquasso determinato dalla Grande
Depressione e la cadut a di affidabilità della sterlina determinò la conclusione della
convertibilità in oro della sterlina il cui valore da quel giorno fu determinato dal mer cato e sancì l'inizio dell'era del Dollaro, che stiamo an cora vivendo.
Questa era iniziò a Bretton Woo ds (nel New Hampshire) nel 1944: in tale oc casione
i Ministri delle finanze delle maggiori potenze die dero origine al Fondo Monetario
Internazionale, sancirono che il Dollaro (non più la Sterlina) era con vertibile in oro e
che il valore di un'oncia d 'oro era da allora fissato in 35 Dollari 49. Stabilirono anche
che i rapporti fra le monete (ancorati al Dollaro) erano fissi e che qualora detti rap porti avessero avuto una varia zione superiore all'1% (pensate un pò: 1% !) il governo
46. Vogliamo dire Governatore della Banca d'Inghilterra" ?.
47. SI, questo fu il primo Gold Standard.
48. O meglio che li consentisse solo a favore dell'Impero inglese.
49. Attenzione però: per ottenere un'oncia d'oro i 35 Dollari dovevano essere consegnati dalle Banche Centrali dei Paesi aderenti, non
dai semplici citta dini. Era già chiaro che non c'era oro sufficiente per con vertire tutti i dollari in giro: ne parleremo poi.
60
Giuseppe Biscarini
interessato sarebbe intervenuto con una serie di misure, la più radicale delle quali
sarebbe stata una svalutazione fino al 10% del valore della moneta.
Il sistema non era niente male, forse solo un pò ottimista, ma garan tiva i governi,
istituiva una stanza di compensazione autorevole (l'IMF 50) e consentiva ai commerci
mondiali di operare per il meglio con pochi rischi di valuta.
Il giocattolo si guasta. Fino intorno al '65 andò tutto bene: i com merci prosperavano, il mondo viveva in pace (beh: più o meno !) gli USA produ cevano da soli più
di metà del petrolio, delle automobili e dei manu fatti in genere ed i dol lari messi in
circolo dai vari Piani Marshall torna vano negli USA per ac quistare beni che, però, e
questo fu il punto dolente, con sentivano pian piano alle ec onomie europee e a quella
giapponese di cre scere e di iniziare a dre nare Dollari in squili brio (cioè grazie
all'acquisto di beni finiti) giacchè una parte sempre più impor tante dei traffici
mondiali veniva ad essere gestita da Paesi che si trovavano co n ciò ad essere creditori degli USA.
Che fare con questi Dollari ?: che diamine, li trasformiamo in oro !.
Già fra il 1948 ed il 1971 la riserva aurea degli Stati Uniti s'era di mezzata eppure
erano state onorate solo una parte delle richieste 51 ed il tempo era maturo per bloccare la convertibilità in oro, che fu di chiarata dall'allora Presidente Nixon durante
l'agosto del 1971.
Fu sostanzialmente un bene in quanto da quel momento le monete ebbero il valore
che la gente dava loro e gli scambi furono f issati dal libero mer cato, salvo interventi
casuali ed occasionali delle Banche Centrali.
Ed Oggi ?. Oggi esiste una situazione abbastanza chiara, funzio nale eppure provvisoria. Esiste una specie di moneta mondiale che sono i Diritti Speciali di Preli evo (o
SDR 52) del Fondo Monetario Inter nazionale che funzionano un pò da standard aureo
(e infatti vengono chiamati Gold Pa per, cioè carta d'oro) nei con fronti dei Paesi di
quasi tutto il mondo, sup portati dal Dollaro per la sua area, dallo Yen per la sua e
50. In realtà il Fondo Monetario Internazionale esisteva già: furono aumentati i suoi compiti, grazie alla autorevolezza
che si era guadagnata.
51. E già questo era chiaro indice che il meccanismo di Bretton Woods non era in equilibrio come i suoi fon
datori avevano sperato.
52. La sigla sta per Special Drawing Rights.
61
Giuseppe Biscarini
dall'ECU ( quando verrà sarà l’EURO) per l'Europa. Dobbiamo dire che l'ECU
sarebbe nulla se non avesse dentro il Marco tedesco a dargli so lidità.
I Diritti Speciali di Prelievo valgono circa Lit 2.250 ciascuno.
Indichiamo di seguito la graduatoria dei DSP ( o SDR) dei primi 12 Paesi nel Fondo
Monetario Internazionale (Fonte: Il Sole 24 Ore):
USA
Giappone
Germania
Gran Bretagna
Francia
Arabia Saudita
Italia
Canada
Russia
Olanda
Cina
Belgio
25,526
8,241
8,241
7,414
7,414
5,130
4,590
4,320
4,313
3,444
3,385
3,102
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Giuseppe Biscarini
Gestire il rischio di cambio
Il fatto è che ora che dobbiamo esportare ci troviamo fronte ad una situ azione un pò
più difficile che nel passato. Infatti dobbiamo non solo occu parci del fatto che
abbiamo da vendere in giro per il mondo, d obbiamo anche preoccu parci di capire
come possiamo farci pagare.
Consideriamo che ogni giorno nel mondo vengono acquistati e ven duti circa 250 Mi liardi di Dollari: questo vuol dire che c'è qualcuno che acquista e qual cuno che vende
beni e servizi e, na turalmente, qualcuno che ci guada gna e qualcuno che ci rimette.
Come lavora il mercato. Quando andiamo in Banca ed acquistiamo un li bretto di
Traveler's checques (assegni da viaggio), effettuiamo in realtà una operazione di
Pronti contro Termine (Denaro contro Lettera, usando un'altra terminologia). Vuol
dire che paghiamo Dollari al prezzo di oggi, mentre la nostra banca li rim borserà
all'American Express quando co minceremo a firmarli ed a spenderli. Questo vuol
dire che mentre è chiaro quanto sono c ostati a noi non sarà chiaro quanto coste ranno
al nostro venditore: uno dei due ci rimet terà.
Al contrario, se pensiamo di avere bisogno di Dollari fra 6 mesi o un anno, pos siamo
acquistarli ora, sperando che il cambio fra 6 o 12 mesi possa va riare in maniera sfavorevole per il venditore di valuta.
Così avremo addebitato ad un altro il rischio di cambio, garantendoci una vendita ad
un prezzo fissato sia per noi che per l'acquirente dei nostri prodotti.
In realtà avremo introdotto nella trattativa una terza funzione (generalmente una
banca) la quale si procurerà al momento neces sario ed al costo stabi lito i Dollari (o
qualunque altra valuta di cui si stia parlando).
E allora chi rischia ?
Se il cambio è variato in modo che i Dollari avrebbero potuto fruttarci più Lire noi
avremo perso dei potenziali ricavi, mentre se il Dollaro do vesse valere meno Lire un
63
Giuseppe Biscarini
signore o una società che hanno acqui stato valuta per le proprie necessità le pa gheranno più di quanto le avrebbero pa gate alla scadenza.
Chi guadagna ? : comunque sempre le strutture di intermediazione.
Gli attori?. Nel mercato dei cambi ci sono quelli che hanno bisogno del mer cato,
cioè gli importatori e gli esportatori; coloro che fanno il mer cato, cioè le principali
Banche commerciali int ernazionali; ed, in fine, le Borse che sono il luogo in cui
domanda ed offerta si incon trano.
64
Giuseppe Biscarini
I RISCHI POLITICI
Oggi, salvo qualche Paese da operetta, il rischio politico è molto dimi nuito grazie al
mutato clima politico generale, ma è comunque sempre possibile una qualche
rivoluzione che blocchi i nostri soldi da qual che parte nel mondo per troppo tempo
perchè possiamo permettercelo.
Vediamo quindi un pò di cosette (si, prima o poi ci andremo a Rio !).
Mito n. 1: il rischio di nazionalizzazione o di c onfisca del nostro la voro, salvo
qualche area di intolleranza brutale (l'Iraq o la Libia, per esempio) è abba stanza
limitato e in molti casi in cui i governi deside ravano prendersi carico in prima
persona di alcuni tipi di industrie le hanno sempli cemente acquistate e pagate ai
vecchi proprietari.
Mito n. 2: il rischio di frequenti cambiamenti politici, tali da rendere l'ambiente
senza sicurezza o prospettive è una cosa sicuramente possibile, ma comun que ha un
certo grado di predicibilità.
Mito n. 3: il rischio di un attacco diretto al nostro settore di attività. Certo può ac cadere, tipo la Coca Cola che fu boicottata dagli arabi perchè venduta in Israele, ma
se se ne parla è appunto perchè si tratta di una cosa strana.
Mito n. 4: i regimi che proteg gono la libera iniziativa sono i più sicuri. Non è sempre
così: le Filippine di Marcos, per esempio erano si a favore della libera iniziativa, ma
non di quella di tutti, quanto di quella del capo e di pochi suoi pa renti. Gli altri, tutti
gli altri, veniva no trattati a pesci in faccia a meno che non avessero acceduto a pre cise richieste delle perso nalità del regime.
65
Giuseppe Biscarini
Vendiamoci bene al Paese che sceglieremo
In molti casi emergono delle ostilità da parte di governi, special mente locali, che derivano da fregature prese in passato o da im magini stereoti pate.
In questi casi conviene confezionare (oltre che per i nostri capi) un bel pro gramma
integrato.
Bilancia dei pagamenti. Illustriamo sempre gli impatti positivi che il nostro lavoro
potrà avere sulla bilancia dei pagamenti della zona dove in vestiremo o dove
apriremo i nostri uffici.
Uso di risorse locali. Altrettanto chiaramente indichiamo che utiliz zeremo risorse,
anche finanziarie, locali, creando così un reddito ag giuntivo al territorio.
Salvaguardia dell'ambiente. Ricordiamo che oggi la differenza fra un buon
business ed una impresa respinta dall'ambiente sociale consiste in molti casi nella
protezione ambientale e nella salvaguar dia ecologica: oggi è il miglior investi mento
che ci sia, anche se la sua redditività non è im mediatamente mi surabile
esclusivamente in termini monetari.
Trasferimento di tecnologie e capitali. E' una delle armi mi gliori: ogni territorio
può avere bisogno della tecnologia che gli por tate e dei soldi che grazie a voi
gireranno.
Creazione di occupazione. Ogni Paese ha problemi di disoc cupazione: se noi gliene
risolviamo qualcuno non potranno che essercene grati.
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Giuseppe Biscarini
Come valutare i livelli di rischio
Ogni sistema politico è come una famiglia, ampia finchè si vuol e, ma comunque
collegata da rapporti interni, sotterranei, che un estraneo deve studiare accurata mente prima di poter operare.
Voglio dire che per quanto ci si muova con cautela ci si troverà sem pre legati all'una
o all'altra delle parti di un qualunq ue conflitto so ciale e che converrà per tanto essere
pronti a cambiare cavallo ed attitudini quando e come neces sario53.
Intanto evitiamo di credere acriticamente alle notizie di corridoio, in qu anto i cambiamenti, quando accadono, sono sempre precedut i da alcuni sintomi suffi cientemente chiari e leggibili; poi evitiamo di ragionare in termini di "così era una volta,
così sarà domani" in qu anto nulla è più in gannevole dell'espe rienza dei residenti.
A questo proposito merita di essere citato l'anzia no giornalista occi dentale che, ricordando gli anni di Mao e delle guardie rosse, conti nuava a parlare di rivolu zione
permanente mentre Deng Xsiao Ping già dichiarava che il colore dei gatti era irrile vante purchè servissero a cacciare i topi 54.
53. Se vi sembro cinico, vi ricordo che il nostro compito consiste nel vendere e nel gua dagnare: tutto il resto è poesia.
54. Questo resta valido anche dopo Piazza Tien An Men.
67
Giuseppe Biscarini
Come fare
1 Impariamo il maggior numero di cose possibili del Paese in esame;
2 Identifichiamo le aree di rischio che dovremo monitorizzare; queste sa ranno generiche 55, specifiche 56 e politiche 57.
3 Cerchiamo di conoscere i rischi tecnici relativi al nostro prodotto.
4 Cerchiamo di identificare degli indicatori che ci consentano di seguire an che da
casa ciò che sta accadendo.
Quest'ultimo punto potrà esserci utile probabilmente solo dopo che avremo svi luppato un buon livello di esperienza, ma non è sicura mente un caso che alcune società
petrolifere sono uscite dall'Iran ben prima che ne par tisse lo Shah, mentre operano
ancora in Libia.
55. Possibilità di esproprio, controllo dei cambi, distruzione degli impianti, tasse, restrizioni al movimento di merci e fondi, costo del
lavoro.
56. Restrizioni al diritto di proprietà, obbligo di utilizzare componenti locali, obbligo di un minimo di export.
57. Certo: un partito che inciti all'odio verso gli stranieri o i non correligio nari potrebbe andare al potere pro prio dopo che avete
investito dei soldi in un Paese.
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Giuseppe Biscarini
Come minimizzare il rischio
OK: abbiamo venduto il progetto ai nostri capi, lo abbiamo fatto approvare
SIMEST 58 o dal Ministero per il Commercio Estero 59 e siamo pronti a muovere.
Ci sembra però che siano ancora possibili alcuni passi prima di get tarsi nell'avventura:
Cerchiamo un'assicurazione politica nazionale. Sicuramente un uomo politico della
nostra regione potrà parlare per noi al Ministero degli Esteri per farci ap poggiare dai
Rappresentanti in loco del nostro Paese.
Cerchiamo di coinvolgere dei personaggi del Paese ospite nel nostro investi mento: i
burocrati potranno dare fastidio ad uno straniero, ma più dif ficilmente lo da ranno ad
un padrino locale.
Facciamo in modo di non dipendere dalla casa madre per le importazioni di com ponenti, così che se dovremo interrompere i pagamenti a causa di problemi lo cali a
non essere pagati a loro volta saranno altri e non noi.
Se lo potremo, associamo il governo locale ai nostri profitti, in modo che sia inte ressato a spremerci, non a farci fuori (figurativamente, s'intende).
58. Per le Joint Venture
59. Per i finanziamenti relativi alla Legge 394/81.
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Giuseppe Biscarini
PICCOLO SOMMARIO
-
Non eliminiamo Paesi senza avere effettuato uno screening ac curato
Facciamo in modo che il nostro progetto (lo studio di fattibilità) illustri
chiaramente i profitti potenziali per la nostra azienda e per il Paese ospite
Ricordiamo che i maggiori ostacoli non verranno da guerre civili o da con fische, ma da piccole modifi che legislative
Ricordiamo che un sistema politico è in continua variazione, per cui non
dovremo mai abbassare la guardia
-
Cerchiamo di conoscere quali sono le nostre aree di rischio
Cerchiamo di non essere un osservatore passivo: chi mena per primo mena
due volte
Non siamo rigidi: come dicono in Cina il bambu si piega se condo la dire zione
del vento e resiste meglio della quercia.
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Giuseppe Biscarini
Visitare il Paese
Era ora.
Sulla spiaggia di Ipanema siamo stesi al sole, ma almeno sappiamo cosa stiamo a
fare (e non è quello che pensate !)
Non stiamo pensando a chi incontrare, nè stiamo raccogliendo infor mazioni che più
comodamente avremo già raccolto a casa, nè stiamo visi tando i ministeri per
conoscere quali offerte possono essere fatte ad un investitore este ro.
Un viaggio a Rio richiede obiettivi precisi:
Confermare le informazioni avute
Contattare di persona i partners potenziali
Valutare la concorrenza locale
Scegliere un agente da un elenco già controllato
Presentare i nostri prodotti ad una fiera
Valutare i costi dei servizi complementari ai nostri prodotti
Ricevere le debite approvazioni governative
Sottoscrivere un mandato di agenzia
Supervisionare ricerche di mercato
Condurre un approfondito studio di fattibilità
VENDERE
Se credete che io abb ia dimenticato qualcosa...
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Giuseppe Biscarini
Fiere, Mostre e Missioni commerciali. E' l'unico elemento di cui finora non
abbiamo parlato. L'ICE ne organizza di ottime; ad altre partecipa in modo da
raggruppare le aziende più piccole e far loro diminuire i costi operativi. Generalmente servono per tutte le cose di cui allo specchietto precedente, sono cioè la
conclusione di un lungo lavoro logico effet tuato a tavolino.
Si usano anche per mostrare i propri prodotti agli intermediari che abbiamo in dividuato da casa.
La migliore ragione, comunque, per a andare a Rio non è quella che ci aspet tiamo,
ma invece è capire cosa effettivamente accade. Ci sono molte cose che i do cumenti
non sono in grado di illustrare e che invece la realtà può indi carci meglio di ogni
altra cosa.
Pensiamo alle cinture di sicurezza, per le quali stando alle analisi esi ste in Brasile un
mercato enorme: andiamo, guardiamo un tassista gui dare e torniamo a casa.
Un altro aspetto che in molti casi si può chiarire solo dal posto è quello rela tivo ai
costi di produzione, in quanto esistono molte voci immateriali che non sono pre ventivabili.
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Giuseppe Biscarini
Alcuni consigli pratici
Definiamo la nostra posizione negoziale e sappiamo in anticipo cosa possiamo e
cosa non possiamo concedere.
Facciamo attenzione alle p iccole concessioni, altrimenti ci trove remo cosa dopo cosa
ad avere concesso più di quanto in nostro po tere o, cosa ancora peggiore, tanto da
rendere un contratto antie conomico.
Non dobbiamo avere fretta: in molti Paesi la trattativa è un'arte che ri chiede dei
tempi adeguati.
Prepariamo una tattica dilatoria già costruita, in modo da poter ri correre anche a
consigli da casa in maniera organica.
Consideriamo che la o le nostre controparti sono persone che devono vi vere in un
ambiente, per cui aiutiam ole a salvare la faccia.
Ricordiamo sempre che un buon contratto non è un contratto cape stro, anzi è un
accordo in cui i benefici sono mutualmente chiari e soddi sfacenti.
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Giuseppe Biscarini
Come entrare in un mercato: costi e benefici
OK: abbiamo scelto un Paese, abbiam o esaminato i rischi e le op portunità, ab biamo
trovato un partner.
E adesso?
Adesso dobbiamo decidere in che modo fornirgli il bene che la no stra azienda abitualmente vende.
Come abbiamo detto precedentemente esistono due motivi fonda mentali per
esportare:
-Per ottenere volumi di vendita (ma non necessariamente profitti, può an che essere
sufficiente una diversa copertura dei costi fissi);
-Per ottenere profitti (ma non necessariamente occupazione di macchinari o Per sone).
La premessa è necessaria in quanto se dovete esportare per otte nere volumi di
vendita alcune delle opzioni di cui parleremo poi sono chiara mente inapplicabili:
teniamolo a mente.
Oltre a ciò dobbiamo ricordare quanto abbiamo visto nell’analizzare la nostra
matrice, cioè che alcu ne tipologia di azienda hanno possibilità di scelta estrema mente limitate.
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Giuseppe Biscarini
Esportazione
Si può esportare in due modi: direttamente o facendolo fare da qu alcun altro. Nel
secondo caso ci si appoggia in generale a qualche Ufficio Ac quisti o a qualche s ocietà commissionaria. Una società commissionaria ha il vantaggio per noi di non
presentare costi fissi e di permetterci di fare esperienza intanto che vendiamo.
Generalmente gli Uffici Acquisti (Buyng Offices) appartengono a Grandi Magazzini
o a catene di negozi, non vengono pagati dalle società che espor tano e si specializ zano nel livello qualitativo dei proprietari, co prendo una ampia gamma di prodotti,
mentre le società commissionarie vengono pagate su base provvigio nale e si specializzano o per settori merceologici o per aree di destinazione.
Le società commissionarie tendono ad operare su una base di im port-export, privilegiando la propria capacità di intermediazione.
I BO possono essere utili per esportare prodotti, ma tendono a depau perare l'apporto
del marchio e della tecnologia della azienda esportatrice, limitan done così le
capacità contrattuali; le società commissionarie ten dono infatti ad esportare la
propria gamma di prodotti, limitando le possibilità di innovazione delle aziende e, di
fatto, impedendone la crescita oltre un certo livello, in quanto sanno che ad un certo
punto una azienda esporta trice inevitabilmente le sostituirà nella funzione.
In molti casi non sono sufficientemente adeguate in quanto impediscono alle aziende
delle serie ed artico late politiche di marketing.
Una bella serie di vantaggi ha fatto però prosperare queste strutture: la man canza di
rischi commerciali e finanziari, la conoscenza appro fondita di mercati profit tevoli, la
gestione immediata di vol umi anche importanti.
In questa categoria di esportazione rientrano anche le forme di col laborazione fra
strutture che controllano il mercato ed altre che vo gliono vendere senza troppi inve stimenti: fino a non molto tempo fa la Walt Di sney non esisteva in Italia, se non in
quanto un gruppo di disegnatori cre ava o traduceva le storie che poi veni vano
75
Giuseppe Biscarini
stampate e pubblicate sotto il marchio CWD dalla Mondadori, traendone un profitto
in termini di per centuale sulla cifra d'affari.
Esportazione diretta
Esportare direttamente comporta una serie non indifferente di costi e di cono scenze,
ma i vantaggi sono altrettanto rilevanti in termini di vendite più alte, di maggiore
controllo, di informazioni dirette dai mer cati e di familiarità con le operazio ni
internazionali. Il passaggio da esportazione indi retta a diretta non dovrebbe essere
repentino, al fine di evitare inutili ri percussioni, ma storica mente è sempre avve nuto,
quindi occorre pianificarlo.
Concessione di licenze commerciali
In senso lato questo metodo consiste nella vendita di conoscenze aziendali ad un
estraneo in quanto si tratta di cedere know -how, marchi e bre vetti, tecniche di pro duzione e confezionamento, per fino il nome azien dale, il tutto accompagnato ge neralmente da assistenza tecnica manage riale e finalizzata al controllo di qualità.
Il licensing non è il metodo migliore per approfondire la conoscenza di un mer cato,
ma consente profitti extra con piccoli investimenti ed otti mizza l'uso delle risorse
aziendali qualora esse fossero insufficienti per ogni altro mezzo di pene trazione.
Esso è comunque l'unico metodo utilizzabile ove le barriere esistenti (tariffarie e
non) impediscano una presenza diretta.
Per di più i contratti di assistenza tecnica e operativa general mente colle gati con il
licensing sono una fonte di profitto extra che non fa mai male.
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Giuseppe Biscarini
Joint ventures
In un certo senso sia l'esportazione diretta che il licensing si pos sono consi derare
joint ventures in quanto comportano una rela zione duratura con u n agente distri butore o con un licenziatario.
Una vera joint venture, però, comporta un ben diverso coinvolgi mento in un
mercato, essendo rappresentata da una partecipazione azionaria e ge stionale.
Una joint venture ha una serie di vantaggi importanti : il margine è più elevato, i ri schi sono ripartiti e, se il nostro partner conosce bene il mer cato, i vantaggi in ter mini di sicurezza e marketing sono notevoli. Certo il partner ha i suoi di ritti che limi tano le nostre libertà operative, ma d'altro canto, egli può rappre sentarci presso
l'ambiente del Paese ospite ed age volare il nostro lavoro in mille modi.
Un ultimo vantaggio è che una joint venture ci consentirà di produrre di più senza
affrontare il rischio di un investimento globale.
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Giuseppe Biscarini
Società controllate al 100%
Più una società è grande, più tenderà ad avere delle controllate al 100%. Una grande
società ha le risorse umane e finanziarie neces sarie per affrontare investimenti
globali e per dirigerli e controllarli, può usare le fonti di app rovvigionamento più
convenienti, la forza di lavoro migliore ed al prezzo più basso, localiz zare i profitti
dove conviene.
Una situazione di questo genere è tipica delle società di computers, i cui cen tri di ricerca sono in Europa o negli USA (la famo sa Silicon Valley), gli ap provvigio namenti provengono da un pò tutto il mondo ed il mon taggio tende ad essere negli
USA per il mercato nord ame ricano, in Irlanda per il mercato europeo e a Singapore
o nelle Fi lippine per il resto del mondo.
In una situazione del genere è praticamente impossibile avere dei partners nelle sin gole aziende: pensiamo semplicemente alla riparti zione dei profitti su scala mondiale
e alle complicazioni che essa comporta.
Una bella serie di scelte, no ? Eccoci quindi a
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Giuseppe Biscarini
Come decidere.
Certo, crediamo di avere bene illustrato la gamma delle scelte e dei mo tivi che ci
sono a monte, ma crediamo che ancora una scelta sia difficile.
Le scelte infatti dipendono da una serie ampia di fattori, guidati dalle scelte di poli tica aziendale, che coinvolgono diversi punti che indichiamo di seguito, ricor dando
però che alcune decisioni non possono essere prese a causa delle tipologie di
aziende, già illustrate nella matrice all’inizio di questo testo.
Le caratteristiche del mercato. Alcune delle caratteristiche che in fluenzano la
decisione sul come entrare in un mercato dipendono dalle dimensioni dello stesso,
dalla competizione, dalla localizza zione, dalle in frastrutture di marketing. Certo se il
mercato è piccolo sceglieremo il metodo più economico; se le spese di trasporto sa ranno eccessive potremo scegliere di istallarci in un Paese: altret tanto potremo fare
per i Paesi che detengono legami privilegiati con altre aree del mondo.
Non è un caso che i giapponesi abbiano a suo te mpo deciso di im piantare stabilimenti in Portogallo: era un'area povera e quindi ogni investimento era il benve nuto;
in più non aveva una industria automobili stica nazionale che si sarebbe op posta e ne
era nota la volontà di entrare nella Comunità Eur opea.
Ambiente politico/sociale. Abbiamo già esaminato prima questo punto. Ora dob biamo solo dire che le valutazioni che abbiamo effettu ato sono da incro ciare con le
varie possibilità di azione, esprimendo e "pesando" per ognuna i lati posi tivi e quelli
negativi.
Tipo di prodotto. Questo è un aspetto importante da valutare su cui non ab biamo
speso parole in quanto ci possiamo fare poco. Ci sono co munque tre aspetti da va lutare:
1°
Se il prodotto può essere disponibile per tutti i modi possibili. In fatti in caso di
investimenti particolarmente avanzati dal punto di vista tecnologico sarà abba stanza
79
Giuseppe Biscarini
difficile impiantare uno stabili mento in Libia. CosÏ, se si tratterà di una so cietà di
servizi, non sarà conveniente por tare i Consulenti dal l'Italia in quanto un buon
ingegnere egiziano costa meno della metà di quello italiano e può applicare lo stesso
know-how.
2°
Il grado di adattamento di cui il prodotto ha bisogno. Certo, se il pro dotto è la
Coca Cola sarà possibile produrla ovunque, cam biando solo pochis sime cose, ma se
si tratterà di macchine utensili industriali converrà produrle solo in aree di
eccellenza, in quanto non si avrà bi sogno di adattamenti (se non marginali), ma di
affidabilità 60.
Si parla molto, oggi, di marchi globali, offrendo appunto l'esempio della Marlboro e
della Coca Cola ma, attenzione, a fronte di pochi esempi di suc cesso se ne possono
fare un'enormità di fallimento.
3°
E' infine estremamente importante sapere se il vostro prodotto ha un'im magine
precisa o se la sua validità si basa sul prezzo. Il Giap pone è oggi un grande importa tore di abbigliamento italiano non solo per lo stile, ma anche per il livello qua litativo
di un capo "Made in Italy": sicuramente non acquisterebbe lo stesso capo "Made in
Korea" o, almeno, non lo acquisterebbe allo stesso prezzo.
Risorse necessarie. La scelta dipende dalla quantità e dalla qu alità di risorse che
avete disponibili: una azienda che abbia dispo nibilità potrà deci dere di entrare in
ogni mercato utilizzando il me todo migliore, ma una piccola si dovrà adattare a ciò
che potrà fare, ottimizzando quanto avrà a disposi zione.
Profitti attesi. Alla fin fine questa sarà una delle principali discrimi nanti in quanto,
naturalmente, esportiamo comunque per avere profitti. Il calcol o non è però sempli cissimo in quanto se esportiamo solamente av remo bassi investi menti, quasi nulli, e
profitti minimi; se impianteremo una joint venture produt tiva avremo più elevati in vestimenti, ma mag giori profitti diretti ed anche profitti in diretti, derivanti dagli
eventuali contratti di assistenza tecnica e dalle even tuali vendite di semicompo nenti.
60. E, in effetti, la Coca Cola è prodotta ovunque, mentre i grandi sistemi IBM lo sono in due o tre posti al mondo.
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Giuseppe Biscarini
Per concludere
Abbiamo fatto tutte le analisi possibili in Italia, siamo andati in Brasile a farne di ul teriori, abbiamo scelto la tecnica p er noi più giusta per vendere nel Paese più adatto.
Abbiamo anche raccomandato il giusto grado di flessibilità e di adattabi lità alle situazioni.
Manca solo di vendere.
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Giuseppe Biscarini
Il mestiere più antico : vendere
In passato vendere era molto più semplice di quan to lo sia oggi: i concor renti erano
di meno e in un certo senso facevano tutti parte dello stesso club. Erano in fatti tutti
europei e nord americani. Sono poi arrivati i giapponesi e, a valanga, buona parte del
Sud Est asiatico: adesso chi sa quanti anc ora ne arriveranno.
Questo ha fatto si che alcuni elementi dell'esportare abbiamo as sunto particolare
rilevanza. Uno di questi è la figura dell'Agente o del Distribu tore.
Trovare l'agente o il distributore giusto
In questo capitolo tratteremo allo st esso modo le figure dell'agente e del di stributore,
ma in realtà fra loro esistono notevoli differenze. l'agente è un li bero professionista
incaricato di promuovere la ven dita di beni o servizi su base esclusiva in un de terminato territorio e non ha alcuna responsabilità di natura economica nella chiu sura
di un contratto.
Un distributore, invece, acquista da noi al prezzo più basso possibile e cerca di ven dere al prezzo più alto possibile, accollandosi anche tutti i ri schi inerenti.
Va detto che in molti Paesi la legge locale impone di usare un agente an che quando a
rigore di termini non ce ne sarebbe bisogno.
Comunque una volta che avete deciso che avete bisogno di un agente la cosa mi gliore è darsi da fare per trovarlo, magari se guendo i pun ti:
82
Giuseppe Biscarini
1
?
I nomi di cui dispongiamo 61 sono adeguati a coprire tutto il territorio del Paese
2
C’è bisogno di personaggi che abbiano esperienze precedenti in pro dotti come
il nostro ?
3
Di che risorse fisiche, di personale, finanziarie devono di sporre ?
4
Il nome giusto deve avere forti contatti locali ? Con quali per sone ?
5
Quanto sono importanti le conoscenze tecniche specifiche ?
6
Che tipo di esperienza internazionale deve avere ?
Naturalmente in Paesi sviluppati un agente sceglierà noi intanto che noi
gliamo, mentre in aree diverse potremo avere un potere maggiore.
lo sce-
Se lo avremo tratto da un elenco prima di visitare il Paese, ci converrà scri vere ai potenzialmente validi una lettera che sia strutturata in modo da vendervi adeguata mente, compren da cataloghi e listini e se possibile una lista di refe renze.
Il tipo di risposte che otterremo sarà esso stesso una "risposta" deno tando interesse o
meno, capacità o meno, possibilità o meno di raggiungere un ac cordo.
I dettagli di un accordo devono essere concordati ed elencati per iscritto in quanto
solo un contratto ben strutturato e onnicompren sivo consente di evi tare successivamente litigi legati a diverse inter pretazioni.
Attenzione: cerchiamo di intenderci. Un buon contratto non rende perci ò stesso un
agente in grado di lavorare bene, così come un cattivo contratto non impedisce ad un
buon agente di renderci un la voro splendido.
61. Che avrò trovato tramite le stesse fonti di cui abbi amo parlato precedente mente, compreso l'ICE.
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Giuseppe Biscarini
Farsi pagare
E' un problema ovunque, ma almeno in condizioni normali si incassa ab bastanza
normalmente o si hanno segnali netti nei casi di insol venza.
All'estero è tutto più complicato: prima che i segnali possano pervenirci il bub bone
potrebbe essere già scoppiato.
Occorre quindi molta attenzione anche ai dettagli apparentemente più irri levanti
sperando che anche in noi si sviluppi prima o poi quel fiuto che ogni professioni sta
di questo settore deve avere.
A parte il fiuto, in generale i mezzi di pagamento (nei confronti di un agente o di stributore) possono essere:
Soldi in anticipo (altrimenti detto: caccia i soldi). Presuppone una grossa fiducia
in noi da parte della controparte circa la nostra capa cità di rispettare la nostra parte
del contratto.
In effetti si tratta di un metodo usato molto raramente nelle normali re lazioni d'affari,
salvo che nei casi in cui si produca su esclusive specifiche del cliente o che i rap porti
con esso non siano consolidati.
Rimessa diretta. Questo è l'esatto contrario del punto precedente: sa remo pagati
quando la merce sarà arrivata. Si usa per pic cole partite e con clienti di cui si ab bia
la massima fiducia su base sto rica62.
Presenta il rischio spiacevolissimo che se un cliente non dovesse pagarvi vi trove reste scoperti con pochissime possibilità di recupe rare il vostro credito.
Con i livelli depressi del petro lio, buona parte dei Paesi OPEC si tro vano in condizioni di impossibilità di onorare tutti gli impegni assunti; vengono così onorati gli
impegni vincolanti e, diciamo così, trascu rati gli altri: a tale propo sito ci sono in giro
dei racconti dell'orror e un pò ovunque.
62. Oppure nei casi di fatturati infragruppo.
84
Giuseppe Biscarini
Lettera di Credito. Andiamo un pò meglio. Una lettera di credito funziona in modo
che è la banca del nostro cliente a dirci che pa gherà per lui le nostre fat ture.
Esistono diverse gradazioni di L/C:
Garantita, che vuol dire che la banca si impegna a pagare,
Irrevocabile, che vuol dire che l'impegno non potrà essere revocato per nes sun motivo senza il nostro accordo,
Confermata da primaria banca nazionale , che vuol dire che la nostra banca si im pegna a pagarci qualunque cosa accada.
Documenti contro pagamento. Descrive esattamente il mezzo: conse gneremo al
nostro cliente i documenti necessari a sdoganare la merce se lui ce la paga. Ha il
problema che in molti Paesi del terzo mondo le banche locali si preoccupano piutto sto del proprio c liente che di noi e tendono a consegnare la documentazione un pò
allegramente.
Il pagamento può essere alla partenza della merce, al suo arrivo o a ter mine.
La differenza fra una Lettera di Credito ed il Pagamento contro Do cumenti sta nel
fatto che nel primo caso è coinvolta una banca, mentre il se condo rapporto si svolge
direttamente fra creditore e debitore.
85
Giuseppe Biscarini
La burocrazia
Adesso viene il brutto: abbiamo selezionato il mercato, abbiamo scelto il me todo di
penetrazione e selezionato il personagg io giusto, con cui ab biamo stilato un con tratto
e definito le modalità di paga mento.
Mancano solo le formalità: armiamoci di pazienza e cominciamo, ricordando che in
questo modulo parliamo solamente delle documentazioni standard.
Documentazioni per l'esportazione. A prima vista la massa di do cumenti necessari
è tale da distruggere chiunque. In alcuni casi servono fino a 100 copie per ognuno di
circa 50 documenti diversi: è quanto serve a voi, al vostro spedizio niere, alla vostra
banca, al vostro governo63, alla banca del vo stro cliente, al go verno del vostro
cliente 64, al vostro cliente ed, infine, alle do gane dei Paesi coin volti. Poi ci si rende
conto che per la maggior parte si tratta di lavoro di routine e che gli spedizionieri e le
banche sono organizzatissimi e possono aiutarvi.
Vediamo una lista dei documenti generalmente necessari, ricor dando che ogni giorno
ne inventano qualcun'altro.
Fattura pro-forma ed Ordine di acquisto. Questi documenti danno i dettagli dei
termini di vendita contratt uali fra noi ed i nostri clienti. La fattura pro -forma conferma i nostri termini di vendita, qu anto a tipo e quantità dei pro dotti, prezzo di
vendita e pagamento, termini di resa e di assicurazione. L'ordine di acquisto con ferma o modifica i termini de lla fattura pro-forma. In molti casi, quando cioè la fat tura pro-forma viene considerata esatta dal cliente, questi non provvede ne anche ad
emettere un vero e proprio ordine di acquisto, ma si limita a confermare il docu mento da noi emesso, in molti cas i usandolo per avviare il pagamento tramite la
propria banca.
63. In alcuni tipi di prodotto, per esempio le armi o i materiali tossici o inquinanti, occorrono specifiche ap
64. Vedasi la nota precedent e.
provazioni governative.
86
Giuseppe Biscarini
Bill of lading. E' un documento di particolare importanza in quanto chiari sce a tutte
le parti, contraenti ed intermediari, chi è il legale pro prietario della merce fino ad av venuto pagamento . Il Bill of lading viene generalmente emesso dallo spedizioniere e
vale anche come ricevuta delle merci a lui affi date.
Polizza di assicurazioni. Chiunque la paghi, la polizza viaggia in ge nere con la
merce in modo che ognuno dei successivi transiti co nosca il valore di assicura zione.
Fattura. Si emette al momento della spedizione dei beni e rappre senta la conferma
sanzionatoria della fattura pro -forma.
Dichiarazione di esportazione. Non sono più molti i beni, ma al cune categorie di
prodotti hanno un premio all'export che viene ero gato dal governo italiano, ma ap provato dalla UE. Per avere diritto a questo premio occorre emettere una dichia razione di esporta zione che darà di ritto allo sgravio rela tivo.
Fattura consolare. E' una copia della v era e propria fattura che deve es sere vidimata dal consolato di destinazione per certificare l'avvenuta impor tazione di beni e
serve per controllare le quantità importate quando esse siano soggette a contin gentamento.
Certificato di origine. Serve per definire l’origine dei beni importati o esportati; in
alcuni casi è un documento richiesto da dazi o da contingenti, oppure da accordi di
scambio reciproco (per esempio l’importazione di olio dalla Tunisia).
Fattura doganale. E' un documento che serve nei casi in cui i beni im portati siano
soggetti ad imposizione da parte del Paese di desti nazione. Per esempio nei Paesi del
Sud America, per alcuni prodotti) esistono dazi do ganali che gravano sui valori CIF:
detti valori sono certificati dalla fattura d oganale.
Quelli che abbiamo indicato sono i documenti tipici: ne esistono di speci fici per
alcuni settori (quello delle armi, quello degli alimentari, quello delle dro ghe per uso
medico, quello dei materiali tossici o comunque pe ricolosi e, ab bastanza recente,
quello per i rifiuti), così come alcuni Paesi si sono inventati delle documen tazioni
buffe65: vediamone qualcuna.
65. I Paesi arabi del cosiddetto Fronte del rifiuto richiedono tuttora una dichiarazione attestante che la marce da loro acquistata non è
stata in alcun modo manipolata da ebrei.
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Giuseppe Biscarini
Licenze di importazione, vengono utilizzate per limitare l'importazione di al cuni
beni.
Permessi di cambio, specialmente dove il c ambio è soggetto a con trolli, vengono
utilizzati per canalizzare l'esborso in valute pre giate in settori mer ceologici ritenuti
prioritari.
Quote, che, come le licenze di importazione si utilizzano per limi tare l'import di certi
beni. Possono anche es sere volontarie, come le quote trimestrali che i fab bricanti di
auto giapponesi si sono im poste per alcuni Paesi europei.
88
Giuseppe Biscarini
Il Licensing: opportunità e bassi rischi.
Una volta il licensing era visto come una esportazione di seconda mano, qualcosa
come se fosse nè carne (produrre nel posto), nè pesce (esportarci prodotti finiti).
Le opinioni stanno pian piano cambiando in quanto questo metodo di espor tazione
ha indubbi vantaggi, intanto perchè consente di ot tenere notevoli risultati anche nel
caso di piccole aziende, poi per chè è uno dei po chi modi che consente di esportare
(e di farseli pagare) anche i beni im materiali dell'azienda, quali know -how, tecni che
di direzione, assistenza tecnica, controllo di qualità e materie prime o semi lavorati.
Si tratta, come si intuisce, di un pacchetto abbastanza ampio, i cui van taggi non
sempre sono stati adeguatamente calcolati.
Certo, in alcuni casi i Paesi che ci chiedono del licensing non hanno mer cati sufficientemente ampi da poterselo permettere o st rutture così avanzate da poterlo ge stire.
Sostanzialmente dobbiamo decidere quando ci conviene concedere una li cenza di
produzione e quando no; le caratteristiche incrociate del mercato e dei nostri pro dotti
ce lo diranno:
1
Il mercato ha un basso poten ziale, per cui non interessa per una esporta zione,
ma potrebbe generare ricavi extra provenienti dall'assistenza tecnica
2
E' impossibile esportare sia a causa delle restrizioni all'import, sia per chè non
si può trovare un importatore adatto
3
I nostri prodotti sono troppo costosi per gli standard del mer cato
4
Potremmo non avere risorse sufficienti per ogni altro modo di pene trazione
5
Abbiamo bisogno di un immediato cash flow e non possiamo permet terci il
costo degli investimenti necessari
89
Giuseppe Biscarini
6
Non abbiamo le risorse necessarie, ma vogliamo recuperare almeno parte
degli in vestimenti in R & S che abbiamo affrontato.
7
Vogliamo difendere i nostri marchi ed i nostri prodotti, così conce diamo una
licenza ufficiale in modo che l'azienda che ha la nostra l icenza cercherà di
proteggere il proprio investimento. Le polo Lacoste vengono imitate in tutto il
mondo, ma la situazione in Thailandia era divenuta eccessiva: l’azienda ha con cesso
una licenza ad un produttore locale che si sta dannando per proteggere il proprio
investimento.
8
Le modifiche richieste dal mercato locale sono troppe per le nostre ca pacità
finanziarie
90
Giuseppe Biscarini
Caratteristiche di una licenza
Chiaramente noi abbiamo bisogno di lui e lui ha bisogno di noi per cui, come ab biamo detto, un contratt o deve essere soddisfacente per tutti e due.
Cominciamo.
La nostra controparte ha compreso il potenziale dei nostri pro dotti ed intende
investirci ?
-
E' già stato nostro agente e vuole ora crescere con noi ?
-
Produce già altri prodotti e vuole satura re la propria capacità pro duttiva
Vuole aggiornare la propria tecnologia e, piuttosto che inve stire al buio de sidera fare un investimento finalizzato ?
Ottenere una licenza può essere il modo migliore per lui per en trare nel mondo
dell'industria ?
-
La nostra controparte ha le conoscenze tecniche necessarie ?
-
Se già produce, possiede la tecnologia necessaria ?
-
Il suo marketing è adeguato alle nostre necessità ?
Naturalmente la lista non è esaustiva ed i punti di cui abbiamo parlato indicano che
la ricerca di un partner in un rapporto di licenza comporta gli stessi problemi della ri cerca di un agente, per cui vale la pena di impiegare il tempo necessario.
91
Giuseppe Biscarini
Errori da evitare
Generalmente non ci sono eccessivi rischi finanziari in un rapporto d i licenza, ma eccessivi non vuol dire assenza completa. Probabil mente il rischio più grande po trebbe
essere quello di perdere i nostri marchi, ma per questo possiamo stendere un buon
contratto, anche se tale difesa vale poco nei casi in cui la legge l ocale sia un pò
ballerina.
Il rischio successivo è quello che il nostro licenziatario si metta a pro durre beni di un
livello qualitativo inferiore a quello di cui abbiamo biso gno nel tenta tivo di vendere
di più: questo problema si può evitare solo sce gliendo un partner giusto.
Il rischio peggiore, però, consiste nell'aver creato un concorrente, uno cioè che alla
scadenza della licenza produce (ed esporta in mercati per noi ricchi) un pro dotto
analogo al nostro, conoscendo a puntino i nostri punti fort i e quelli deboli.
L'unica difesa in questo caso consiste nel mantenere per noi la migliore tec nologia
disponibile in modo che in caso di discussioni si possano ren dere immediatamente
obsolete le conoscenze che avevamo distribuito.
Un ultimo aspetto è qu ello dei pagamenti. La licenza si paga quasi sempre sulla base
di royalties e per evitare che esse siano di piccolo importo con viene richie dere di
fissare un minimo garantito (se ci riusciamo), mentre l'assistenza tecnica si paga
come tutte le merci, sec ondo i meccanismi che abbiamo visto prima e prendendo
adeguate garanzie 66.
Come abbiamo detto, un meccanismo in grado di incrementare an che sostanzialmente i redditi del licensing consiste nell'aggiungere alcune voci ac cessorie alla vera
e propria lice nza. Le possibilità di pendono dalla na tura del business: in al cuni casi la
concessione di una licenza è più interes sante per il "contorno" che per la natura
stessa della licenza.
66. In questo caso particolare vi conviene stabilire adeguate garanzie per il pagamento delle "competenze accessorie" perchè sarà
difficile puntare i piedi per alcune partite solamente.
92
Giuseppe Biscarini
In generale conviene concludere il contratto di licenza e poi iniziare le trattative per
il resto, in quanto le prestazioni accessorie costano molto e, in termini logici, sono
piuttosto addebitabili alla società nella nuova situ azione che nella vecchia.
Franchising
Non possiamo trascurare, anche se non è uno strumento esclu sivamente usato nella
internazionalizzazione, il franchising, proprio per le implicazioni per l'esporta zione
di tale mezzo di distribuzione.
Una delle migliori riuscite nel franchising è quella della Benetton
mezzo, ha conquistato il mondo .
67
che, con tale
Intanto definiamo che franchising consiste nel distribuire i propri beni attra verso una
serie di franchisees 68 che utilizzano il marchio del franchi sor69, accettano di acquistare alcuni prodotti esclusivamente da lui e di ven dere alle con dizioni da l ui
stabilite, uniformandosi alla politica di im magine e di stan ding definita nel con tratto
di franchise 70: in quasi tutto il mondo gli hamburgers della MacDonald hanno lo
stesso sapore e la stessa immagine.
Contrariamente al solito ho usato una serie di termini stranieri per chè sono quelli ti pici di questo tipo di contratto.
Trovare un franchisee adeguato è più difficile che trovare un partner in un rap porto
di licensing, in quanto nel franchising non si cedono sola mente i diritti di riprodurre
un prodotto, ma l'intero sistema ope rativo del business aziendale.
E' per questo che le franchises migliori sono nell'area del fast -food, dell'ab bigliamento, del noleggio auto e della gestione di alberghi: non è necessario un ele vato
67. Anche se loro lo definiscono piuttosto come un licensing.
68. Singolare franchisee; è il commerciante che accetta di partecipare al contratt o.
69. E' l'azienda che stabilisce un contratto di distribuzione e da cui hanno origine i beni o servizi oggetto del contratto.
70. E' il contratto quadro che regola tutti i rapporti in essere fra il franchisor ed il franchisee.
93
Giuseppe Biscarini
impiego di capitali e gli skills aziendali sono facil mente trasferibili perchè vengono
applicati meccanica mente.
Attenzione: non si tratta di applicazioni superficiali, in quanto in molti casi la per sonalizzazione al Paese ospite è estremamente impor tante.
Nel caso dei Mac Donald considerate che, all'inizio, quelli venduti in Giappone ave vano una quantità di grasso doppia rispetto ai normali ham burgers, perchè quello è il
normale gusto giapponese: ora, na turalmente, la composizione è tornata ad essere la
stessa del resto del mondo.
Il pericolo più grande consiste nel creare un concorrente che, par tendo dalla vo stra
franchise, possa poi lasciarvi. La migliore inte grazione è quella di en trare
nell'azionariato della franchise nazio nale, in modo da evitare simili in convenienti.
94
Giuseppe Biscarini
Gli accordi di licensing: alcuni punti importanti
-Definite chiaramente cosa concedete in licenza: ciò potrebbe es sere un semplice
elemento segreto, così come tutto un procedi mento produttivo.
Il pacchetto totale deve anche comprendere l'ass istenza tecnica, il con trollo di
qualità, il management, il marketing. Una descrizione det tagliata di tutti i termini del
contratto impedirà errori e discussioni in futuro. In generale più è complesso il
contratto di licenza maggiore deve essere il cont rollo che avremo sulle opera zioni.
-Specifichiamo chiaramente i territori oggetto dell'accordo. Ovviamente non vor remo
il nostro nuovo partner in concorrenza con noi in territori che già serviamo o che
abbiamo pianificato di servire. Naturalmente que sto potrà crearci qualche problema
con il governo del Paese in cui abbiamo impiantato il business, ma cer tamente
potremo comunque illu strare la redditività deri vante dalla licenza con cessa
indipendente mente dalle possibilità di espor tazione.
-Assicuriamo un alto livello qualitativo. Un basso livello qualitativo ci dan neggerà a
lungo ed avremo poche possibilità di controllarlo ex post.
-Facciamo in modo che i nostri segreti restino in nostre mani o che siano sal vaguardati ben oltre i termini del cont ratto di licenza. In generale un se greto non difeso
vale molto, molto poco.
-Insistiamo su un minimo garantito per quanto riguarda le royalties.
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Giuseppe Biscarini
Countertrade
Più le cose cambiano più restano le stesse. Il primo mezzo di scam bio fu il baratto
ed ora molti contratti si concludono grazie al counter trade che altro non è che una
forma di baratto definita con un termine inglese.
In molti Paesi produttori di materie prime, e in molti Paesi dell'area ex co munista, le
uniche possibilità di esportazione co nsistono in mate rie prime o nei beni prodotti
grazie ai contratti di licenza. E' quindi ovvio che essi cerchino di fare in modo che il
pagamento di un con tratto avvenga mediante ciò che essi hanno e non mediante
valuta, che non hanno o che vogliono dest inare ad altri scopi.
Ciò consente anche loro di bloccare il prezzo di quanto essi hanno da of frire, togliendolo alle variazioni del libero mercato.
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Giuseppe Biscarini
Impariamo dai migliori: come i giapponesi impiantano le joint ventures
Impiantare una buona joint v enture è come avere un bambino mo dello. Ne ven gono
considerati bene i genitori, contribuisce al loro benessere ed esso è effet tivamente
sotto il loro controllo.
Una cattiva joint venture invece ha spesso origine dal desiderio dei due geni tori di
controllare il ragazzo, fino al punto di dare ordini in contrasto fra loro.
Non è sbagliato, infatti, considerare una joint venture come un ma trimonio, anche se
la definizione più conveniente è che una joint venture è la parte cipazione di due
aziende alla proprietà, direzione e controllo di una terza, creata per portare be nefici
a tutte e due.
Americani ed europei hanno quasi sempre cercato un meccanismo di con trollo che
consentisse loro di dirigere integralmente gli in vestimenti all'e stero, mentre i
giapponesi hanno fatto largamente ri corso alle joint ventures, mante nendo così un
"low profile". Conside riamo, tanto per fare un esempio, che gli in vestimenti di retti
del Giappone nelle Filippine sono largamente superiori a quelli americani, ma che,
nelle Filippine, non ci sono assolu tamente manifestazioni anti giapponesi.
Il fatto è che i giapponesi hanno coltivato dei partners locali, creando così un ampio
movimento d'opinione a loro favore.
Ma, attenzione, minore visibilità non vuol certo dire minor e controllo: ecco come
fanno i giapponesi, passando prima attraverso una ana lisi dei vantaggi e degli
svantaggi.
97
Giuseppe Biscarini
Vantaggi
1
Probabilmente il vantaggio maggiore è che è necessario un livello di in vestimenti larga-mente inferiore a quelli necessari se si investe da soli.
2
Il partner può offrire risorse locali che probabilmente da soli nean che potremmo iniziare a trovare. Non parlo solo di risorse umane, ma an che di capitali,
immobili, utenze, facilitazioni economi che e così via 71.
3
Un partner locale può fornirci appoggi politici che, special mente in aree sottosviluppate (fra cui l'Italia), possono essere vitali.
4
In alcune aree del mondo alcuni settori tecnologici o di mer cato sono ristretti
per legge: così il settore della gomma in Malesia o quello del petrolio in molti Paesi
OPEC.
5
Un partner giusto potrà aprirci strade commerciali inaspettate.
71. Pensate ad uno straniero che voglia da solo investire in zona Cassa del Mezzogiorno.
98
Giuseppe Biscarini
Svantaggi
1
Il grande svantaggio è la perdita di controllo. Pensiamo sola mente ai problemi,
che già abbiamo superficialmente affrontato prima, r elativi alla loca lizzazione dei
profitti o alla politica di remune razione del capitale adottata dalla casa madre.
2
Il controllo del management è un altro punto critico: acquiste remo (come joint
venture) dove ci converrà o dal partner ?
3
Un altro problema sta nel fatto che, specialmente all'inizio, dedi cheremo alla
nuova azienda una quota di investimento umano sicuramente superiore a quello
conferito dal partner locale, indi -pendentemente dalla ri partizione delle quote.
99
Giuseppe Biscarini
Come prendere una decisione
E siamo al punto. Generalmente i giapponesi si basano su alcuni punti fermi.
1
Quanto mi costa ?
2
Quali sono i miei benefici ?
3
Che percentuale del pacchetto azionario voglio ?
4
Quali sono i miei potenziali partners e cosa offrono ?
5
Come valuto quello che i miei partners offrono 72 ?
6
La ripartizione azionaria riflette quanto i miei partners of frono ?
7
Il contributo dei partners può cambiare con il tempo ?
8
Questo cambiamento può riflettersi nella struttura socie taria ?
9
Di quale quota h o bisogno per controllare effettivamente la so cietà ?
1O
Che ne pensa il governo del Paese ospite ?.
72. Inclusi, ovviamente, i vantaggi "immateriali" derivanti da una conoscenza dell'ambiente locale.
100
Giuseppe Biscarini
Esercitare il controllo per essendo in minoranza
Molte società hanno cessato di utilizzare le joint ventures proprio per la diffi coltà di
controllarle.
Questo problema è tanto più grande quanto è minore la vostra quota.
I Giapponesi (sempre loro !) hanno ormai un controllo quasi totale di molte delle
economie situate nel sud est asiatico, anche in presenza di le gislazioni locali a loro
sfavorevoli, utilizzando pochi meccanismi ormai consolidati:
A.
Mantenere il controllo delle funzioni base. Queste includono:
- La possibilità di finanziare l'azienda;
- La fornitura di componenti vitali della produzione;
- La fornitura di macchinari essenziali;
- L'esperienza necessaria a produrre;
- L'accesso ai mercati internazionali;
- L'esperienza di marketing;
Se disponiamo del controllo di almeno una delle funzioni su indicate potremo
controllare la società anche da una posizione di minoranza.
Naturalmente, se avremo investito molto in questa impresa vorremo il suc cesso ad
ogni costo, anche se brutalmente in minoranza.
B.
Un'altra pratica normale consiste nell'inventarsi partners lo cali, in modo da
arrivare alla maggioranza richiesta dalla legge.
101
Giuseppe Biscarini
Naturalmente dovremo mettere comunque in conto che non potremo licen ziare il cugino di uno dei nostri partners, ma almeno sapremo quali sono gli elementi della
bilancia.
C.
Selezioniamo come partners entità finanziarie, quali banche ed assicu razioni
che, anche se devono rispondere del profitto dell'investimento, non de vono preoccuparsi del controllo della ge stione ordinaria.
D.
Stabiliamo un basso livello di capitale sociale ed un alto livello di debiti, ga rantiti dalla casa madre. Ciò impedirà ai possesso ri locali di in tervenire in ma niera
pesante nella gestione.
E.
Un'altra possibilità consiste nel fare in modo che il partner lo cale sia una
azienda non interessata ad entrare in concorrenza con noi: certo, le cose possono
cambiare, ma a meno che non sia no traumatiche potremo sempre fare qualcosa.
F.
Un altro modo, abbastanza utilizzato, consiste nello stabilire a priori quali
compiti spettano a noi e quali al nostro partner locale, in modo che, fin chè le cose
non cambiano, avremo la possibilità di ope rare liberamente.
102
Giuseppe Biscarini
Investimenti diretti: Grandi Rischi, Grandi Possibilità.
Paragonato al metodo del licensing, questo metodo è veramente un passo da gi gante.
In molti casi si tratta di una scelta obbligata da motivi di eccellenza tec nica o economica, in molti casi si tratta di decisioni politiche 73: ad ogni buon conto, coloro che
devono decidere si troveranno alla fine a doman darsi cosa è giusto e cosa è sbagliato
fare.
Consideriamo che nei casi di investimento diretto ciò che trasferiamo è non solo un
pò di soldi, ma tutte le nostre conoscenze tecniche e specifiche: un patri monio in
molti casi inarrivabile.
Nell'investire in un Paese estero i vantaggi possono derivare gene ralmente da:
1)
La posizione;
2)
L'azienda stessa.
73. Quando le case giapponesi dichiararono nel 1985 che avrebbero modificato le quote di autol imitazione volontaria delle
importazioni negli USA, la Chrysler decise di investire in un'area di eccellenza (in Europa) invece che negli USA.
103
Giuseppe Biscarini
Vantaggi di posto
In molti casi il vantaggio di investire nel mercato che si desidera con quistare è impagabile. Esistono però anche altri vantaggi: molte aziende USA hanno inve stito in
Irlanda anche perchè è la porta della UE, non solo per le of ferte presentate dal
governo locale.
I costi sono infatti un grosso motivo: molte aziende si sono posizio nate nelle Filip pine, o in Messico o in Corea proprio per quello.
Altri vantaggi possono essere interessanti: le tasse, per esempio, o il con trollo antiinquinamento, o la distanza dal luogo di vendita dei beni pro dotti: ogni mer cato ha i
suoi problemi e noi dovremo cono scerli tutti.
I vantaggi aziendali
Generalmente tali vantaggi sono collegati al posto in cui stiamo, altri menti saremmo
capaci di produrre dove siamo localizzati per tutto il mondo.
Se la nostra tecnologia fosse esclusiva, il nostro prodotto clamoroso, il nostro mar chio perfettamente conosciuto a tutti i potenziali con sumatori, non saremmo legati ad
una localizzazione in quanto potremmo ottenere co munque un pre mium price.
Non essendo mai così dovremo affrontare un rischio investendo da qualche parte, in
modo da recuperare grazie al prezzo o all'eccellenza qualcosa che abbiamo perso a
casa.
104
Giuseppe Biscarini
Avremo da affrontare la legge di Murphy 74 o da affrontare qualcosa che va storta nel
momento peggiore: ma questo non sarà il rischio peggiore.
La possibilità peggiore è che, una volta affrontato tutto, ci possiamo rendere conto di
avere investito non nel posto migliore: in questo caso la no stra perdita sarà totale,
non, come nel caso dell'importazione o della joint venture, limitata a parti dolorose,
ma non irreparabili, del patri monio aziendale.
Oltretutto quando ci siemo non potremo tornare indietro senza subire co munque una
perdita gravissima.
E' vero, però, che in molti casi non potremo non esserci, sia perchè potremmo
perdere dinamiche di export, sia perchè può accadere che nostri concor renti ci dichiarino guerra importando beni prodotti in aree di eccellenza.
Il problema di fondo è, comunque, se conviene inv estire o esportare.
Nessuno potrà, mai, fare una tabella di formule da seguire. Dovremo sempre ri farci a
quanto abbiamo analizzato fin quì e, se decide remo di investire, attenerci a poche
linee specifiche:
Il Paese che ci interessa ha
(a)
Un ampio mercato,
(b)
Accesso ad un mercato regionale,
(c)
Accesso ad un mercato a tariffe agevolate,
(d)
Basso costo del lavoro,
(e)
Mano d'opera esperta,
(f)
Fattori produttivi eccellenti 75,
(g)
Basse tasse,
74. Se qualcosa può rompersi sicuramente si romperà.
75. Costo delle materie prime, affitti, elettricità, altri f attori produttivi.
105
Giuseppe Biscarini
(h)
Incentivi governativi.
Tutti questi punti potranno fornir ci indicazioni sia sul dove investire che sul come ot tenere il profitto che l'azienda si aspetta dall'investimento.
Alla fine di tutto
Quanto abbiamo visto in queste pagine serve non solo ad investire al cune lire all'estero.
Serve sostanzialmente a co noscere le nostre capacità di orientarci nel mer cato
mondiale.
Il mercato mondiale è, infatti, sempre meno una notazione astratta e sem pre più un
fatto reale.
Capita a tutti di vestirsi con capi provenienti da tutto il mondo, così come è sem pre
più evid ente che, al di là delle ovvie differenze, siamo tutti parte di un inter scambio
globale.
Capire quanto ciò sottintende e modifica il nostro modo di vivere vuol dire capire
che siamo sempre più parte del mondo che ci cir conda.
Vorremmo concludere, per qua nto ciò possa sembrarvi inutile, con una cita zione:
Tutti campano vendendo qualcosa
Robert L. Stevenson
106