Salone del libro ecco il piano per portarlo a Milano
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Salone del libro ecco il piano per portarlo a Milano
la Repubblica SABATO 23 LUGLIO 2016 43 PER SAPERNE DI PIÙ www.salonelibro.it www.aie.it Salone del libro ecco il piano per portarlo a Milano SARA STRIPPOLI L’ da quella di partenza, in modo da dare l’illusione acustica di una scala infinita, ascendente o discendente, come nel quadro di Escher Salire e scendere. Inutile dire che tutti questi procedimenti, e vari altri, si trovano nelle summe di Bach: i nove canoni delle Variazioni Goldberg, i quattordici Sulle prime otto note del basso delle Variazioni Goldberg, i dieci canoni dell’Offerta musicale e i quattro dell’Arte della fuga. Ma Bach è passato alla storia anche per i 48 preludi e fughe del Clavicembalo ben temperato, che intendevano mostrare le potenzialità musicali di una forma del cosiddetto “temperamento equabile”: cioè, di una divisione musicale dell’ottava in 12 intervalli uguali, ciascuno dei quali corrisponde matematicamente alla radice dodicesima di 2. A definitiva conferma del fatto che Bach sapeva contare perfettamente, ma che questo non gli impediva di scrivere musica che fosse allo stesso tempo non solo esatta, nel senso calviniano di “pianificata, icastica e precisa”, ma anche addirittura più espressiva dello stesso linguaggio naturale. ©RIPRODUZIONE RISERVATA L a Schiappa batte il Maghetto: Jeff Kinney scavalca J. K. Rowling ed è primo nella classifica degli scrittori per ragazzi che guadagnano di più al mondo. Lo scrive Forbes, che assegna il quinto posto a Rachel Renéè Russell, autrice della serie I diari di Nikki, anche questi (come la Schiappa) pubblicati in Italia dal Castoro. Complimenti all’editore, quindi e complimenti al celeberrimo ragazzino senza qualità, del quale in autunno uscirà il decimo volume. Jeff Kinney è un americano dall’aria stralunata, non diversa da quella del suo protagonista. Scrive, disegna e progetta anche la grafica di tutti i volumi. Il Diario di una schiappa è infatti una specie di anastatica di un diario qualsiasi di un adolescente, uno TORINO Associazione italiana editori ha atteso le elezioni amministrative di Torino. Poi si è mossa con rapidità. Il progetto di una Fiera del Libro di Milano ha per titolo “Editori al centro” e sarà messo a disposizione dei componenti del consiglio generale dalle 9 del mattino di mercoledì prossimo. Il pomeriggio si vota. Il dossier circolato dopo la presentazione al consiglio generale del 12 luglio doveva restare riservato. E si intuisce il perché: troppe pressioni in questo momento su chi vuole tenere il Salone a Torino e chi lo vorrebbe a Milano, troppi i rischi che le trattative possano saltare all’ultimo passaggio, troppi i soggetti coinvolti e gli interessi divergenti. Ma che cosa dice il dossier? Eccolo, poche ma convincenti pagine in power point. Primo: nascita di una joint venture con Fiera Milano, con un capitale sociale di 120mila euro: 61.200 dall’ente Fiera e 58.800 da Aie. Per i primi due anni Fiera Milano è pronta ad accollarsi l’85 per cento delle perdite. Nel 2017 la stima è un passivo del 74 per cento che potrebbe scendere al 6 per cento nel 2018. Per la prima edizione un rapporto ricavi-costi di 1.926.000 contro 3.357.000. L’attivo arriverebbe con il terzo anno: il 27 per cento di utili, con i ricavi che crescono a 3.962.000, per poi salire ancora a 4.442.000 nel 2020. Il tutto, si precisa, al netto di contributi pubblici di Regione e Comune. Le spese per il plateatico, continua il documento, ovvero il costo degli stand della Fiera, è allineato con quello offerto dalla Fiera di Torino (da 99 a 120 eu- In un dossier l’offerta che sta convincendo gli editori a lasciare Torino Attivo previsto al terzo anno, Per l’Aie affitti più bassi che al Lingotto BENI CULTURALI Dario Franceschini e l’ex ministro Massimo Bray ro a metro quadrato), con uno sconto del 10 per cento dei soci Aie, che beneficiano anche di altre riduzioni sui servizi accessori. In dieci pagine si trovano le ragioni del “No” a Torino e dei motivi che hanno spinto il presidente di Aie Federico Motta a rivolgersi alla Fiera di Rho. L’obiettivo degli editori, si legge «è lavorare da protagonisti, senza essere ospiti». Perché non Torino allora? La prima risposta è lapidaria: «Non è stato possibile». Poi le spiegazioni: «È stato chiesto di contare di più, di gestirla, di comprarla. La risposta è stata No». Qual è stata allora la strategia di Aie? «Abbiamo atteso pazientemente le elezioni su Torino; assistito al peso crescente della banche, dei ministeri ed enti locali a scapito degli editori, senza consultazioni». Il Salone di Torino è ritenuto un «evento locale con ricaduta nazionale», mentre la Fiera di Milano ambisce ad essere di «portata nazionale e internazionale». L’organizzazione degli spazi, a Torino «è ripetitiva e disordinata», quando la proposta milanese «è innovativa e funzionale». Il Salone di Torino avrebbe poi «penalizzato i piccoli editori», mentre Milano offrirebbe «una valorizzazione delle piccole case editrici, con supporti ad hoc». A Milano il direttore è espressione del consiglio di amministrazione su indicazione di Aie, il presidente è espressione dell’Associazione. Insomma, una solenne bocciatura del tradizionale appuntamento del Lingotto. Torino cerca di correre ai ripari e offre la stessa direzione condivisa. Il presidente della Fondazione per il Libro, che mantiene il marchio, è l’ex-ministro Massimo Bray e la Fondazione, sostenuta dai ministeri della Cultura e dell’Istruzione, farà un bando per la gestione alla quale Aie do- vrà partecipare. Come andrà a finire? Antonio Monaco è uno dei vicepresidenti di Aie e responsabile del gruppo Piccoli Editori: «Quel progetto è soltanto uno scheletro, che dev’essere riempito di contenuti e di un’anima. Lo stiamo elaborando». Certamente «un primo confronto fra i documenti vede in vantaggio Milano», ammette. Ma la decisione, insiste, non è scontata: «Da Torino aspettiamo ancora degli approfondimenti e saranno fondamentali». Stefano Mauri, ad e presidente del Gruppo Gems, ricorda che gli editori sono anche imprenditori: «Noto uno scarto fra le dichiarazioni di apertura verso l’Aie delle amministrazioni piemontesi e la proposta effettiva. Aggiungo che alcune dichiarazioni, come quella secondo la quale agli editori interessa solo una fiera per vendere mentre la Fondazione si occuperà di cultura sono profondamente ingenerose verso chi combatte tutta la vita per lo scouting e la costruzione culturale con i propri autori». Certamente abbiamo un difetto, s’infervora Mauri: «Siamo imprenditori che devono equilibrare costi e ricavi. Ma questo non ci impedisce di fare cultura». Torino intanto scioglie un modo importante sulla location, uno dei punti di preoccupazione per Aie. Un incontro fra la sindaca Chiara Appendino e i vertici della multinazionale francese GL Eevents, proprietaria del Lingotto, chiude un accordo che dimezza il costo degli affitti delle Sale: da 1 milione e 200 mila euro a 600 mila euro. E Gl è disposta a investire 100mila euro per nuove attività del Salone . Mercoledì si decide e in una lettera inviata ieri ai soci Motta chiama alla conta: «Democraticamente siamo chiamati ad esprimere la nostra posizione. Mi auguro che qualunque essa sia ci mostreremo compatti». LA RIVINCITA DELLA REALTÀ COSÌ LA SCHIAPPA SORPASSA IL MAGHETTO ELENA STANCANELLI con una famiglia normale, amici normali e nessun problema particolare tranne l’adolescenza stessa. Quanto di più lontano dal suo rivale, Harry Potter. Che si colloca senza tentennamenti nella categoria letteraria dell’invenzione strabiliante, il gioco di prestigio, l’impossibile. Quello dove tradizionalmente era collocata tutta la letteratura per ragazzi, col suo pantheon di pirati, tigri di Mompracem, burattini. Gente che vive nell’Isola che non c’è o nella tana del Bianconiglio. La saga di J.K. Rowling (di cui il 24 settembre esce per Salani il sequel-testo teatrale Harry Potter e la maledizione dell’erede) è quindi l’ultima di una lunga lista di romanzi di avventura, popolati di creature fantastiche. Chiunque sia nato nel Novecento immagina che la letteratura per l’infanzia sia questo: un viaggio nell’altrove, dove comandano gerarchie opposte alle nostre, e l’età anagrafica non significa niente a paragone dell’ingegno, la capacità di osare, il cuore. Poi qualcosa è cambiato. Harry Potter e la pietra filosofale, il primo volume della serie, esce nel 1997. Il primo Diario di una schiappa esce esattamente dieci anni dopo ed è rosso. Ogni volume infatti si distingue per il colore della copertina. Di storia in storia gli avvenimenti sono talmente minuscoli che potremmo semplicemente registrarli su un sismografo dell’umore, malinco- nie, rancori revocabili. Una sola frase di uno qualsiasi degli otto romanzi di J.K. Rowling contiene più trama dell’intera serie della Schiappa. Che cosa è successo, quali sono le ragioni del sorpasso della realtà sull’immaginazione? Anche la letteratura dei grandi si è polarizzata. Da una parte commissari, omicidi efferatezze, dall’altra vite private, autori che si mettono al centro della narrazione, che si fanno interpreti del proprio tempo in prima persona, che usano la verità esistenziale come credenziale di accesso. Fino alla pura testimonianza, che scarta persino l’idea della letteratura. Ma i ragazzini dovrebbero avere maggiore fiducia, nella vita in generale e nell’invenzione in particolare. Dovrebbero, stando a quello che sapevamo, sapersi abbandonare a qualsiasi elfo o cane parlante. Perché un diario, quando di diari è piena la loro esistenza? Forse perché se vogliono mostri li cercano altrove, forse perché i libri, i romanzi hanno cambiato scaffale nel loro armadio esperienziale. Sono finiti nella zona consolazione, serenità, silenzio. I ragazzi, forse, cercano tra le pagine un po’ di quiete. Per i maghi c’è internet, dove si vedono anche meglio. ©RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale 2016-07-23