Studio di un algoritmo per misurare online la sezione trasversa del

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Studio di un algoritmo per misurare online la sezione trasversa del
Università di Pisa
Facoltà di Scienze Matematiche Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Fisica
Anno Accademico 2002/2003
Elaborato Finale
Studio di un algoritmo per misurare online la sezione
trasversa del fascio a CDFII
Candidato
Sonia Budroni
Relatore
Dr. Giorgio Chiarelli
Indice
Introduzione
1
1 Obiettivi della misura
2
2 Tevatron e CDFII
3
2.1 Il Tevatron . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
5
2.1.1 La macchina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.1.2 Il fascio di protoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 6
2.1.3 Il fascio di antiprotoni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
2.2 Il Collider Detector at Fermilab CDFII . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
7
2.2.1 Il Silicon Detector . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
8
2.2.2 Central Outer Tracker . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9
2.2.3 La ricostruzione delle tracce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 10
2.3 Il sistema di trigger . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11
2.4 Il Silicon Vertex Tracker (SVT) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13
3 Descrizione dell’algoritmo
15
3.1 Metodo di misura per la determinazione della larghezza del fascio . . 15
3.2 Selezione del campione di tracce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.2.1 Selezione delle tracce . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 18
2
3.2.2 Correzione dovuta alla posizione del fascio . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
4 Analisi dei risultati
23
4.1 Determinazione della larghezza del fascio e dell’emittanza . . . . . . . . . 23
4.2 Confronto con i dati offline . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .28
Conclusioni
32
Bibliografia
33
3
Introduzione
Scopo di questo lavoro è stato lo sviluppo di un algoritmo che permetta di misurare in
tempo reale le dimensioni della sezione trasversa dei fasci di protoni e di antiprotoni in
collisione all’acceleratore Tevatron di Fermilab.
Questa quantità fisica è direttamente legata ad importanti parametri dei fasci circolanti.
L’obiettivo finale è di realizzare uno strumento di monitoraggio in grado di fornire una
continua diagnostica dello stato dei fasci.
Le dimensioni trasverse dei fasci e le loro inclinazioni rispetto al piano ideale possono
essere ricavate offline con una precisione confrontabile con quella ottenuta attraverso
l’applicazione dell’algoritmo qui descritto, ma la possibilità di misurarle online permette
di intervenire immediatamente sullo stato dei fasci, di correggere eventuali anomalie di
questi e di migliorare le stesse prestazioni della macchina.
L’apparato utilizzato è un sottoinsieme dei rivelatori che compongono il Collider
Detector at Fermilab (CDFII), in funzione presso il Fermi National Accelerator
Laboratory situato a circa 50 km a ovest di Chicago. In particolare è stata utilizzata
l’informazione proveniente dal rivelatore di vertice (SVXII), dalla camera centrale di
tracciatura (COT), e da una parte del sistema di trigger (SVT).
Questo lavoro è stato svolto presso il Fermilab e presso i laboratori della sezione di Pisa
dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare.
4
CAPITOLO 1
Obiettivo della misura
Nell’esperimento CDFII è stato introdotto, per la prima volta in un collisionatore
adronico, un dispositivo capace di individuare al livello di trigger, vertici secondari
(separati dal vertice primario) nel piano trasverso. Tale strumento permette di
raccogliere campioni molto abbondanti e ad alta purezza in cui sono presenti adroni di
sapore b e c. Questo risultato è ottenuto identificando tracce la cui origine appare
distanziata nel piano trasverso rispetto al punto d’interazione, e che quindi hanno
maggiore probabilità di derivare dal decadimento di particelle a lunga vita media.
Un elemento indispensabile per l’utilizzo del trigger di vertici secondari è la conoscenza
online delle condizioni del fascio del Tevatron. La posizione del fascio, infatti, non è
costante nel tempo così come l’allineamento lungo l’asse ideale del fascio. Perché si
possano identificare correttamente i vertici secondari è pertanto necessario sapere in
ogni momento la vera posizione del fascio e la sua sezione trasversa.
Questo lavoro descrive la messa a punto di un algoritmo capace di misurare in tempo
reale la dispersione del fascio nel piano trasverso e il suo allineamento. Tale
informazione permette, inoltre, di misurare altre quantità ad essa legate, in particolare il
β*, cioè il valore della funzione di betatrone1 (β) nel punto di incrocio dei “pacchetti”, e
l’emittanza. Soprattutto la misura di quest’ultima quantità è fondamentale per eventuali
interventi online sullo stato dei fasci.
Essa è una misura dell’inviluppo del fascio.
x′
La posizione (X,Y) di una particella
x
nel piano traverso del fascio in un punto dell’
orbita, può essere descritta come X=x(s) ed Y=y(s)
Fig.1: ellisse nello spazio delle fasi.
dove s indica una coordinata curvilinea lungo l’orbita.
1
β è la funzione che compare nella soluzione periodica dell’equazione del moto di una particella in un
sincrotrone. Non dipende dalla particella ed è funzione del solo reticolo magnetico dell’anello.
5
Se definiamo X’ ed Y’ le derivate rispetto ad s delle funzioni X ed Y, l’inviluppo del
fascio sarà rappresentato da due ellissi nel piano X-X’ ed Y-Y’ rispettivamente.
L’emittanza è quindi definita come l’area dell’ellisse (π⋅x⋅x’ in figura1) nel sistema di
coordinate X-X’ o Y-Y’ [1].
Al Tevatron la sezione trasversa del fascio σ (z) è legata a queste due quantità nel
seguente modo:
σ ( z) =
ε (β * + ( z − z0 ) 2 / β * )
(1)
dove z0 è la posizione lungo l’asse z del punto di minimo della funzione β ed
ε = (εp⋅ ε p )/(εp + ε p ). εp e ε p rappresentano le emittanze rispettivamente del fascio di
protoni e di antiproni [2].
CAPITOLO 2
Tevatron e CDFII
CDFII
Tevatron
Veduta dall’alto di Fermilab
6
2.1 Il Tevatron
2.1.1 La macchina
Il Tevatron è l’anello principale del complesso di acceleratori di Fermilab. Si tratta di un
sincrotrone a magneti superconduttori del raggio di 1 km in grado di produrre collisioni
tra protoni p e antiprotonip operando con un’energia nel centro di massa di 1.96 TeV.
La luminosità istantanea, che indica il tasso di collisioni per unità di tempo, è definita al
Tevatron come:
Np ⋅ N p ⋅ B
L ∝ 2π (σ 2 +σ 2 ) f
p
p
dove f è la frequenza di rivoluzione (47,7 kHz), B è il numero di “pacchetti” per fascio
(36), Np e N p il numero rispettivamente di protoni (tipicamente 1011) e antiprotoni
(tipicamente 109) per ciascun “pacchetto”, σp (σ p ) è la dimensione del fascio (~ 30 µm)
nel piano trasverso, calcolata nel punto di interazione. Il fattore di proporzionalità
dipende dalle dimensioni longitudinali del pacchetto nel punto di interazione e dalla sua
funzione β*.
Tevatron ha quattro zone di interazione nelle quali protoni e antiprotoni vengono fatti
collidere, attorno ad una di queste è installato il rivelatore CDF II.
2.1.2 Il fascio di protoni
Il processo di produzione dei protoni ha inizio attraverso la ionizzazione dell’idrogeno
gassoso. Gli ioni prodotti vengono accelerati fino ad un’energia di 750 keV prima di
essere iniettati in un acceleratore lineare (Linac) che li porta a 400 MeV. I protoni così
ottenuti vengono quindi accelerati da un sincrotrone di 75 m di raggio (Booster) che ne
aumenta l’energia fino 8 GeV e li raccoglie in “pacchetti” (“bunches”). Questi sono
successivamente introdotti nell’iniettore principale (Main Injector), un sincrotrone che
aumenta l’energia dei protoni a 150 GeV prima di iniettarli nel Tevatron.
7
Fig.2: complesso degli acceleratori di Fermilab (il Recycler è un anello di accumulazione che
non viene ancora utilizzato di routine per l’iniezione nel Tevatron).
2.1.3 Il fascio di antiprotoni
Gli antiprotoni sono prodotti facendo interagire il fascio di protoni provenienti
dall’iniettore principale (prelevati all’energia di 120 GeV) su un bersaglio di nickel. Una
lente di litio collima i prodotti di interazione negativi. I “pacchetti” di antiprotoni sono
così introdotti in un anello di accumulazione, dove se ne riduce la dispersione in energia,
raccolti in un fascio continuo e infine iniettati nell’accumulatore. Quando è disponibile
un numero sufficientemente elevato di antiprotoni questi vengono nuovamente
raggruppati in “pacchetti” e iniettati nel Main Injector che li accelera fino a raggiungere
i 150 GeV. Infine vengono immessi nel Tevatron nel verso opposto a quello dei protoni.
2.2 Il Collider Detector at Fermilab CDF II
CDF II è un rivelatore progettato per studiare vari aspetti della fisica delle alte energie
attraverso collisionipp. I molteplici strumenti che lo compongono permettono, tra le
8
altre cose, la misura dell’impulso di particelle cariche, l’identificazione di fotoni,
elettroni, muoni e la misura dell’energia di fotoni e di getti adronici.
Verranno descritte nel seguito solo le parti del rivelatore più importanti nella
determinazione delle grandezze utilizzate per la costruzione dell’algoritmo: il rivelatore
di vertice al silicio, Silicon VerteX detector II (SVX II), la camera a deriva (COT) e il
trigger sui vertici secondari, Silicon Vertex Tracker (SVT) [3].
Il rivelatore è costruito attorno al punto nominale d’interazione con simmetria
approssimativamente azimutale intorno all’asse del fascio e speculare lungo la direzione
del fascio. Il sistema di coordinate adottato riflette la simmetria del rivelatore. Si tratta di
una terna destrorsa la cui origine si trova nel punto nominale di interazione, l’asse z è
parallelo alla direzione del fascio con verso uguale a quello dei protoni, l’asse x punta
verso il centro dell’acceleratore e l’asse y è verticale.
2.2.1 L’apparato di tracciatura
La tracciatura di particelle cariche a CDFII è ottenuta con un sistema integrato,
composto di rivelatori al silicio e di una camera a deriva. Il rivelatore al silicio
principale, utilizzato in questo lavoro è il Silicon VerteX detector II (SVX II).
SVX II
SVXII è un sistema di tracciatura al silicio basato sulla rivelazione, grazie all’utilizzo di
una tecnologia a microstrisce, dell’energia rilasciata dalle particelle cariche che lo
attraversano. La risoluzione sul singolo hit è di ∼ 20 µm. Lungo l’asse z è diviso in tre
strutture cilindriche (“barrels”), che ricoprono una lunghezza di 96 cm, segmentate
azimutalmente attorno all’asse del fascio in 12 “spicchi” (“wedges”). Ciascun barrel
viene a sua volta diviso in due semibarrel (di lunghezza ∼15 cm). Ogni barrel contiene
cinque strati di sensori al silicio istallati a diverse distanze radiali dal fascio (2,5 cm ÷ 10
cm) (Fig.3). Ciascun rivelatore è predisposto per una lettura su doppia faccia. Su un lato
sono disposti sensori in grado di effettuare una lettura lungo z per mezzo di microstrisce
non parallele all’asse del fascio, sull’altro lato è invece possibile una lettura nel piano
trasverso (microstrisce parallele all’asse z). Per questo lavoro utilizzeremo solo queste
9
ultime informazioni, infatti (come verrà spiegato in seguito) per la misura online della
dimensione trasversa del fascio non si può utilizzare la coordinata z.
Fig.3: schema di SVXII lungo l’asse z e attorno all’angolo azimutale.
2.2.2 Central Outer Tracker (COT)
La COT è una camera a deriva di forma cilindrica, lunga circa 3 m, che occupa lo spazio
compreso tra 44 cm e 132 cm di distanza radiale dal fascio. Rappresenta il rivelatore più
esterno del sistema di tracciatura di CDFII. Nella COT ci sono 8 strati di celle, ognuna
contiene 12 strati di fili di lettura alternati con fili che mantengono uniforme il campo
elettrico. Al passaggio di una particella carica, gli elettroni prodotti dalla ionizzazione
dalla miscela gassosa presente all’interno della camera sono raccolti sul filo di lettura. Il
tempo di deriva, circa 100 ns, è inferiore al tempo di volo che separa due “pacchetti”
(396 ns). Questo è necessario per poter usare l’informazione della camera al primo
livello di trigger. La risoluzione spaziale sul singolo hit è di circa 180 µm.
10
2.2.3 La ricostruzione delle tracce
All’interno del tracciatore un solenoide mantiene un campo magnetico uniforme di 1.4
T, parallelo all’asse del fascio, che imprime alla particella carica una traiettoria
elicoidale. La ricostruzione delle tracce avviene interpolando i punti misurati dal sistema
di tracciatura con un fit ad elica parametrizzata da:
•
cotθ : cotangente dell’angolo polare dell’elica, estrapolata al punto di massimo
avvicinamento all’asse z;
•
C: raggio di curvatura, direttamente legato all’impulso trasverso;
•
Z0: coordinata z estrapolata al punto di massimo avvicinamento all’asse del
fascio;
•
φ0: angolo azimutale estrapolato nel punto di massimo avvicinamento all’asse
del fascio;
•
d : parametro d’impatto, la distanza di minimo avvicinamento all’origine degli
assi nel piano traverso.
Quest’ultima quantità risulterà molto importante ai fini di questo lavoro.
y
(x0 , y0)
C
d
φ(R)
x
z
φ0
Fig.4: parametri della traccia di una particella carica positivamente.
11
2.3 Il sistema di Trigger
La frequenza di collisione del Tevatron, ottenuta moltiplicando la luminosità istantanea
(attualmente
≅ 5⋅1031 cm-2 s-1) per la sezione d’urto anelasticapp (∼60 mb), è pari a
circa 3 MHz. In CDFII la scrittura degli eventi su nastro magnetico avviene ad una
frequenza di circa 50 Hz. Per questo risulta fondamentale separare gli eventi di fondo da
quelli che possono essere considerati interessanti fin dal momento della loro
acquisizione. Tale obiettivo è perseguito dal sistema di trigger, che analizza le
informazioni provenienti dal detector e decide se scrivere l’evento sul nastro. Il sistema
di trigger è strutturato su tre livelli, ognuno dei quali seleziona solo una parte degli
eventi che riceve e la invia al livello successivo per un’analisi più approfondita. Il primo
livello è realizzato interamente in hardware, il secondo presenta anche una parte
software, mentre il terzo è implementato totalmente in software.
Poiché il trigger seleziona eventi con caratteristiche fisiche diverse, esistono dei percorsi
di trigger, chiamati path, che identificano un’unica combinazione delle richieste dei tre
livelli.
Livello 1
Il livello 1 è in grado di acquisire ed analizzare le informazioni provenienti dai
calorimetri, dalle camere muoniche e dalla camera a deriva. Ci concentriamo su queste
ultime che sono quelle più inerenti al presente lavoro.
La distanza temporale tra un pacchetto di p (o dip) e il successivo è di 396 ns (anche se
il trigger è stato progettato per ricevere eventi ogni 132 ns). Il tempo di latenza, cioè il
tempo massimo che il trigger impiega per accettare o meno l’evento arrivato è, per
questo livello, di circa 5.5 µs. Per evitare la sovrapposizione di eventi, cioè l’arrivo di
ulteriori dati da analizzare mentre il trigger è ancora impegnato ad elaborare la decisione
per l’evento precedente, il sistema è stato strutturato per raccogliere e processare in
parallelo informazioni relative a 42 urti (quanti ne avvengono in 5.5 µs con 132 ns di
intervallo tra pacchetti). Ogni evento che supera il livello 1 viene indirizzato in uno dei
quattro registri del livello 2.
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Le informazioni provenienti dalla camera a deriva vengono elaborate, a questo livello,
dall’ eXtremely Fast Tracker (XFT) un processore che permette la ricostruzione delle
tracce che hanno un pt maggiore di 1,5 GeV/c nel piano trasverso alla direzione del
fascio con una risoluzione azimutale di 0.02 rad e una risoluzione sull’impulso trasverso
σ(1/pt) migliore del 2 % (c/GeV).
Livello 2
Gli eventi che hanno superato una prima selezione nel livello 1, vengono ricevuti dai
quattro registri del livello 2. Il tempo di latenza è di circa 20 µs nei quali vengono
eseguite diverse operazioni:
•
i primi 10 µs circa, sono utilizzati per leggere i dati dal rivelatore e compiere la
loro elaborazione;
•
nei restanti 10 µs circa, viene presa la decisione di accettare o meno l’evento.
In questo livello è di particolare interesse la ricostruzione degli eventi nel sistema di
tracciatura. Infatti, grazie al processore SVT (una descrizione più approfondita di questo
sarà fornita in seguito), è possibile utilizzare i dati provenienti dal rivelatore al silicio,
insieme alle informazioni della camera a deriva fornite dal livello 1, per ricostruire nel
piano trasverso le tracce con pt maggiore di 2 GeV/c, con risoluzioni confrontabili con
quelle finali dell’offline . Le informazioni provenienti dai 72 “spicchi” (12 “spicchi” per
sei semibarrel) di SVXII vengono processate in parallelo e rese disponibili per le
successive procedure di analisi.
Livello 3
A questo livello il trigger è costituito da una rete di processori
in parallelo che
ricostruisce l’evento che ha superato il trigger di livello 2 utilizzando la piena
risoluzione del detector. Gli algoritmi utilizzati sono molto simili a quelli utilizzati per
l’analisi offline. Una volta ultimata la ricostruzione dell’evento, se questo ha passato la
selezione di livello 3, viene scritto su nastro magnetico.
13
2.4 Il Silicon Vertex Tracker (SVT)
SVT è un processore che opera al secondo livello di trigger, in grado di ricostruire, sul
piano trasverso all’asse del fascio, i parametri (d, φ, pt) della traiettoria di particelle
cariche con impulso trasverso (pt) superiore ai 2 GeV/c con una risoluzione sul
parametro d’impatto delle tracce dell’ordine dei 30 µm. Nel ristretto tempo disponibile
al secondo livello di trigger non è possibile ricostruire le tracce utilizzando
l'informazione in z, pertanto nell'algoritmo che andiamo a descrivere non abbiamo
informazioni su questo parametro.
Il nucleo dell’SVT è formato da 12 sistemi identici (slices) che lavorano in parallelo.
Tale geometria riprende direttamente la divisione dell’SVXII, lungo l’angolo azimutale,
in dodici “spicchi”, ciascuno di ampiezza pari a 30°. Ogni slice mette in relazione gli
impulsi trovati in uno “spicchio” di SVXII, con la traccia ricostruita dall’XFT nella
corrispondente regione angolare della camera a deriva.
Il compito di SVT è quello di ricostruire le tracce nel silicio in un tempo compatibile con
la decisione del secondo livello di trigger (minore di 20 µs).
Una ricostruzione delle tracce nel silicio con piena risoluzione, come quella fatta offline,
richiede un lungo tempo di computazione. Il principio di funzionamento di SVT può
essere schematizzato in due fasi:
•
una prima selezione delle tracce, a risoluzione limitata (∼10 volte
meno granulare di quella del silicio), avviene senza operare nessun
fit. L’informazione della camera a deriva e del silicio è confrontata
con mappe prememorizzate di tracce reali;
•
una ricostruzione a piena risoluzione, delle tracce che hanno passato
la prima selezione, viene fatta con un fit semplificato dove le tracce
sono linearizzate.
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Una traccia attraversando gli strati di SVXII eccita una certo numero di hits. SVT
riceve in input la lista di hits eccitati nel silicio e i parametri (d, φ, pt) delle tracce
ricostruite da XFT nel piano trasverso.
L ’architettura dell’SVT è schematizzata in figura 5:
SVX
COT
HIT
FINDERS
XFT
ASSOCIATIVE
MEMORY
SVX HITS
HIT
BUFFER
COT TRACKS
TRACK
FITTERS
SVT TRACK
Fig.5: architettura di SVT
Le altezze dell’impulso rilasciato nell’SVXII da una traccia di un evento accettato dal
livello 1 vengono passate ad un sistema detto Hit Finder che calcola la posizione dell’hit
dividendo i dati in ingresso in 10 canali. Gli hit trovati, appartenenti ad uno stesso strato
del rivelatore vengono fatti confluire in un unico canale di dati e inviati, così come le
tracce ricostruite dalla COT, alla Memoria Associativa.
Nella Memoria Associativa, che si fa carico della prima parte dell’algoritmo, sono state
registrate le possibili combinazioni di hits e tracce XFT che rappresentano il 90% circa,
di tracce reali. La Memoria Associativa decide se inoltrare o meno ogni traccia allo
stadio successivo, confrontando le combinazioni che riceve in input con l’ insieme di
soluzioni possibili memorizzate in precedenza. Il confronto avviene in parallelo e
15
quando ha esito positivo si forma la traccia candidata. Per aumentare la velocità di
esecuzione, la selezione delle tracce candidate viene effettuata con una risoluzione
piuttosto grossolana (circa 200 µm). L’alta velocità nel processare i dati è assicurata da
un’architettura che analizza simultaneamente tutte le tracce in parallelo e dal fatto che
non si opera nessun fit ma si seleziona mediante un confronto.
Gli hits e le tracce XFT selezionati dalla Memoria Associativa in questo confronto,
vengono inviati al Track Fitter che esegue la seconda parte dell’algoritmo operando un
fit completo con la risoluzione originale del silicio. Per velocizzare le operazioni, a
questo livello si effettua un fit linearizzato, più semplice dal punto di vista
computazionale [4]. È a questo punto che il Silicon Vertex Tracker calcola l’impulso
trasverso (pt ), l’angolo azimutale (φ) e il parametro d’impatto (d) delle tracce ricostruite
con una risoluzione simile a quella dell’offline.
In questo modo viene diminuito il tempo di ricostruzione delle tracce analizzate perché il
fit non viene fatto su tutto il campione ma solo sulle tracce selezionate nella prima parte
dell’algoritmo di funzionamento di SVT.
CAPITOLO 3
Descrizione dell’algoritmo
3.1 Metodo di misura per la determinazione della larghezza del fascio.
Per la costruzione dell’algoritmo è stato utilizzata una relazione geometrica, nel piano
trasverso, tra coppie di tracce originate nel vertice primario. È possibile estrarre la
larghezza del fascio, σf, dalla correlazione tra il parametro d’impatto, d, e la posizione
del vertice primario mediante gli angoli azimutali delle tracce.
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Osservando il disegno in Fig.6 si può verificare, nell’approssimazione di tracce rettilinee
nel piano trasverso, la seguente relazione valida per una traccia passante nel punto
(xv,yv)
d = yv ⋅ cosφ - xv⋅ sinφ
(1)
dove (xv,yv) rappresentano le coordinate del vertice primario e φ, l’angolo azimutale
della traccia considerata.
y
φ
yv
x
xv
d
Fig.6: relazione tra il parametro d’impatto, le coordinate del vertice primario e l’angolo
azimutale.
Partendo dalla relazione (1), e chiamando d1 e d2 i parametri d’impatto di una coppia di
tracce uscenti dallo stesso vertice,siamo in grado di scrivere la correlazione tra queste
due grandezze nel modo seguente:
<d1⋅d2> = <( yv⋅ cosφ1 - xv⋅ sinφ1) ⋅ (yv⋅cosφ2 - xv⋅sinφ2)> .
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(2)
Il valor medio del prodotto tra i parametri d’impatto può essere espresso in funzione di
due nuove variabili angolari così definite:
∆Φ = φ1 − φ2
Φ=½ (φ1 + φ2 ).
Applicando alla (2) alcune formule trigonometriche otteniamo:
<d1d2> = ½(<xv2> + <yv2>)⋅ cos(∆Φ) + ½(<xv2> - <yv2>)⋅ cos(2Φ) - <xvyv>⋅ sin(2Φ) .
(3)
La correlazione tra le due grandezze considerate, può essere interpretata come il
prodotto scalare tra d1 e d2. Diagonalizzando, a questo punto, la matrice del prodotto
scalare espressa rispetto alla base {xv ,yv}, possiamo scrivere la (3) rispetto alla base
ortogonale {ρ1,ρ2}:
<d1d2>=½(<σ1 2> + <σ22>)⋅ cos(∆Φ) + ½(<σ12> - <σ22>)⋅ cos(2Φ - 2α)
(4)
dove σ12 =< ρ12 >, σ22 =< ρ22> e α rappresenta l’angolo di rotazione del nuovo sistema
di riferimento rispetto al primo.
Nell’approssimazione in cui la sezione trasversa del fascio sia circolare poniamo
σf2 = ½ (σ12 + σ22 ) ed otteniamo:
<d1d2> = σf2cos(∆Φ) .
(5)
Si è così trovata un’importante relazione di linearità [5] tra la correlazione dei parametri
d’impatto delle coppie di tracce provenienti dal vertice primario e la larghezza attuale
del fascio.
18
Tale metodo non tiene conto delle risoluzioni relative ai parametri d’impatto, ma
un’analisi effettuata non trascurando gli errori di misura porta allo stesso risultato.
Se esprimiamo le grandezze d1 e d2 con le relative incertezze abbiamo, infatti:
<(d1 + ε1 )(d2 + ε2 )> = <d1d2> + <ε1d2> +<d1ε2> +<ε1ε2>.
Gli ultimi tre termini a destra dell’uguale sono nulli perché è ipotizzabile che gli errori
sulle due grandezze siano scorrelati e che l’errore su una sia indipendente dalla misura
dell’altra quantità.
3.2 Selezione del campione di tracce
Per applicare il metodo descritto nel paragrafo precedente ai dati raccolti, è stato scritto
un codice che permette di calcolare la larghezza del fascio attuale per ciascuno dei 72
“spicchi” di SVXII .
3.2.1 Selezione delle tracce.
L’algoritmo seleziona gli eventi di buona qualità, filtrando i dati provenienti da un
periodo continuo di presa dati (run) attraverso una serie di richieste:
•
pt > 2 GeV/c;
•
χ2 < 25;
•
d < 0.02 cm;
•
∆φ > 10 mrad.
Impulso trasverso (pt) maggiore di 2 GeV/c. A valori inferiori dell’impulso traverso
l’errore sul parametro d’impatto dovuto allo scattering multiplo coulombiano delle
tracce cariche nel materiale del tubo a vuoto e nel silicio stesso, aumenta e degrada la
precisione della misura. Inoltre SVT è ottimizzato per avere piena efficienza per tracce
con pt superiore a 2 GeV/c.
19
Fig.7: distribuzione dell’impulso trasverso delle tracce utilizzate.
χ2 minore di 25.0. Alti valori di χ2 indicano che il fit linearizzato non interpola
correttamente i punti della traccia. Tracce con un tale χ2 tendono ad essere di qualità
inferiore, con una probabilità maggiore di contenere hit di rumore (finti) e quindi di
avere una misura poco accurata del parametro d’impatto.
Il valore del taglio è stato determinato confrontando le tracce trovate da SVT con quelle
ricostruite offline e cercando un compromesso accettabile tra qualità del campione di
tracce ed efficienza del trigger.
Parametro d’impatto (d) minore di 0.02 cm. La distribuzione di questa grandezza
(Fig.8) è approssimativamente gaussiana. Questa richiesta serve ad eliminare le code
non gaussiane. Queste sono molto importanti nell’uso standard di SVT, che seleziona
tracce provenienti da decadimenti di sapori pesanti, ma che, per quest’applicazione
(misura delle dimensioni del fascio), sono dannose.
20
La richiesta di |d|<200 micron corrisponde a circa quattro deviazioni standard ed ha
un’efficienza molto alta per tracce provenienti dal vertice primario.
Fig.8: distribuzione del parametro d’impatto con sovrapposto un fit gaussiano. d1 e d2 sono i
parametri d’impatto di una coppia di tracce.
Differenza tra gli angoli azimutali delle coppie di tracce considerate (∆φ) maggiore di
0.01 rad. Questa richiesta serve ad eliminare i “ghosts” (cioè le coppie di tracce
identiche generate da SVT e corrispondenti in realtà ad una sola traccia reale) e le coppie
e+e− provenienti dalla conversione di fotoni nella parete del tubo a vuoto. La probabilità
che una coppia di tracce buone, provenienti dal vertice primario, abbia un angolo
relativo inferiore a 10 mrad è piccola, circa dell’1 % [5].
21
Fig.9: distribuzione dell’angolo azimutale ∆φ tra le coppie di tracce.
La selezione descritta ha come obiettivo principale quello di migliorare la purezza del
campione analizzato cosa che, per questa misura, è molto più importante della sua
abbondanza.
A questo punto le coppie sono formate permutando tutte le tracce selezionate
appartenenti ad uno stesso “spicchio”.
3.2.2 Correzione dovuta alla posizione del fascio
Una grandezza utilizzata in questa misura è il parametro d’impatto corretto (dcorr ) che
esprime la minima distanza della traccia dal vertice primario nel piano trasverso. Il
vertice primario, infatti, può non trovarsi sull’asse ideale del fascio in quanto il fascio
può, nel tempo, spostarsi sul piano trasverso. Il parametro d’impatto corretto può essere
espresso in funzione del parametro d’impatto d, che indica, invece, la distanza rispetto
all’origine del sistema di riferimento, nel seguente modo:
dcorr = d + xv⋅ sin(φ) - yv⋅ cos(φ)
22
Per ciascuna traccia si è quindi calcolato il dcorr e il suo valor medio, mediando su tutte le
tracce appartenenti ad uno stesso “spicchio”. Una procedura analoga è stata seguita per
la correlazione tra i parametri d’impatto e per il suo valor medio D dato da:
D = <dcorr1 ⋅ dcorr2> - <dcorr1> ⋅ <dcorr2>
dove <dcorr1 ⋅ dcorr2>, <dcorr1> e <dcorr2> rappresentano, per ogni ”spicchio”,
rispettivamente la correlazione mediata su tutte le coppie di tracce e i valori medi dei
parametri d’impatto.
Utilizzando a questo punto la relazione di linearità trovata nel paragrafo 3.1 <d1d2> =
σf2cos(∆Φ) e sostituendo nella formula <d1d2> con il D trovato precedentemente, siamo
in grado di ricavareσf . Per far questo abbiamo posto cos(∆Φ) uguale ad uno. Questo
tipo di approssimazione è lecita se pensiamo alla distribuzione di cos∆Φ (Fig.10). I
valori sono disposti soprattutto attorno ad 1 che indica la quasi collinearità delle coppie
della maggior parte di tracce considerate.
Fig.10: distribuzione di cos∆Φ per le coppie di tracce del campione.
23
Mediando infine sui valori ottenuti per i 12 “spicchi” di uno stesso semibarrel è stata
calcolata laσf relativa a ciascuno di essi.
CAPITOLO 4
Analisi dei risultati
4.1 Determinazione della larghezza del fascio e dell’emittanza
L’algoritmo sopra descritto è stato applicato a dati appartenenti a 4 run2 diversi raccolti
appositamente per la calibrazione di SVT durante tre differenti store3 del fascio. Il
campione analizzato è abbondante (circa 70k-100k eventi per run) e statisticamente
molto simile ai dati processati online da SVT.
La selezione apportata dall’algoritmo a questo campione ha dato i risultati riportati in
tabella:
Numero di
Numero del
Numero di
Numero di
store
run
eventi
coppie di tracce
1140
142000
76459
10932
1140
142009
101780
14658
1634
149484
132779
26674
1795
152133
126857
28462
I run 142000 e 142009 sono stati presi a distanza di qualche ora [7]. Ci aspettiamo
quindi che i parametri dei fasci relativi a questi run siano simili.
2
Periodo continuativo di acquisizione dati dell’esperimento (qualche ora) in cui le condizioni del trigger e
del rivelatore sono praticamente costanti.
3
Risultato di un ciclo completo di produzione di antiprotoni. Il tempo in cui tali antiprotoni circolano nel
Tevatron è la durata dello store (tipicamente tra le dieci e le venti ore).
24
Utilizzando solo tracce appartenenti ad uno stesso “spicchio”, si è calcolata la larghezza
del fascio in sei differenti posizioni lungo l’asse z, corrispondenti alle sei posizioni dei
centri dei barrels di SVT. I risultati ottenuti sono mostrati nei seguenti grafici
χ2 /dof=0.39
Fig.11: dimensioni trasverse del fascio in funzione della posizione del centro del barrel per il
run 142000.
25
χ2/dof = 1.69
Fig.12: dimensioni trasverse del fascio in funzione della posizione del centro del barrel per il
run142009.
χ2 /dof = 5.11
Fig.13: dimensioni trasverse del fascio medie in funzione della posizione del centro del barrel
per il run 149484.
26
χ2/dof = 1.07
Fig.14: dimensioni trasverse del fascio medie in funzione della posizione del centro del barrel
per il run 152133.
Si è quindi operato un fit ai dati riportati nelle figure precedenti con la funzione (1) del
primo capitolo, σ ( z ) = ε ( β * + ( z − z 0 ) 2 / β * ) . Assumendo che le emittanze del fascio
di protoni (εp ) e del fascio di antiprotoni (ε p ) siano uguali, ε (che nella formula
rappresenta una pseudo-emittanza (pag.2)) risulta uguale a εeff/2 [2], la funzione diviene
σ ( z) =
ε eff
2
( β * + ( z − z0 ) 2 / β * ) . I valori dei risultati dei fit per i tre parametri
sono riportati nella seguente tabella:
27
β* (cm)
z (cm)
(27.30±5.02)E-07
(48.30±10.4)
(13.50±5.31)
142009
(32.60±2.48)E-07
(37.30±4.50)
(6.420±2.03)
1634
149484
(36.20±2.61) E-07
(42.79±4.30)
(5.130±1.94)
1795
152133
(29.20±5.21)E-07
(74.90±1.50)
(13.60±2.04)
Numero di
Numero di
Emittanza (ε)
store
run
(cm Rad)
1140
142000
1140
Una prima verifica sul corretto sviluppo dell’algoritmo è data dal calcolo dell’emittanza
invariante ε*. Questa quantità, che rappresenta un parametro conosciuto per ogni store, è
legata all’emittanza effettiva εeff
dalla seguente relazione:
ε eff =
ε*
6π ⋅ γ
. γ è il
fattore relativistico e vale 1045. Applicando questa relazione si ottengono:
Numero di store
Run
1140
1140
1634
1795
142000
142009
149848
152133
Emittanza invariante
(π⋅mm⋅mrad)
17,12±3,14
20,44±1,61
22.69±1.63
18.31±3.16
Considerando che il β* è un parametro nominale dell’acceleratore, che al Tevatron vale
35 cm, si possono calcolare le emittanze invarianti fissando questa quantità nel fit.
Nella tabella seguente sono confrontate le emittanze effettive specifiche di ogni run,
fornite dalla Beams Division di Fermilab [8] e quelle ottenute fissando il β* a 35 cm:
28
Numero di
store
Run
1140
1140
1634
1795
142000
142009
149848
152133
Emittanza invariante Emittanza invariante
misurata dalla Beam
(π⋅mm⋅mrad)
Division (π⋅mm⋅mrad)
(21.94±1.09)
Non disponibile
(19.43±0.85)
Non disponibile
(25.08±0.78)
23.75
(30.09±.0.80)
19.22
Questo confronto, soprattutto per il run 152133, sembra dare dei risultati incompatibili.
Una spiegazione potrebbe essere data dal fatto che i valori della coordinata z nell’analisi
dei dati online sono fissati a priori nel centro di ogni barrel e questo potrebbe forzare il
fit. Se infatti confrontiamo i dati della Beam Division con quelli ottenuti non fissando β*
i risultati del confronto sembrano essere più compatibili in quanto con un parametro
libero in più, il fit si adatta meglio al vincolo su z.
4.2 Confronto con i dati offline
I seguenti grafici, uno per ogni run, permettono di confrontare le misure ottenute
dall’implementazione dell’algoritmo sviluppato con quelle ottenute online. Sulle ascisse
è rappresentata la coordinata z del centro di ciascuno dei sei barrel (cm), sulle ordinate la
misura delle dimensioni del fascio (σf ) in µm.
29
Run 142000
50
45
sigma (micron)
40
35
offline
online
offline no z
30
25
20
15
-50
-40
-30
-20
-10
0
10
20
30
40
50
Z (cm)
Fig.15: confronto tra le misure online (punti rosa), quelle offline (punti blu) e le misure offline
senza la correzione su z (punti gialli) per il run 142000.
Run 142009
60
50
sigma (micron)
40
offline
online
offline no z
30
20
10
0
-50
-40
-30
-20
-10
0
10
20
30
40
50
Z (cm)
Fig.16: confronto tra le misure online (punti rosa), quelle offline (punti blu) e le misure offline
senza la correzione su z (punti gialli) per il run 142009.
30
Run 149484
50
45
sigma (micron)
40
35
offline
online
30
offline no z
25
20
15
-50
-40
-30
-20
-10
0
10
20
30
40
50
Z (cm)
Fig.17: confronto tra le misure online (punti rosa), quelle offline (punti blu) e le misure offline
senza la correzione su z (punti gialli) per il run 149484.
Run 152133
50
45
sigma (micron)
40
offline
35
online
offline no z
30
25
20
15
-50
-40
-30
-20
-10
0
10
20
30
40
50
Z (cm)
Fig.18: confronto tra le misure online (punti rosa), quelle offline (punti blu) e le misure offline
senza la correzione su z (punti gialli) per il run 152133.
31
In questi grafici vengono confrontate le misure della larghezza del fascio nel piano
trasverso ottenute utilizzando le informazioni sulle tracce ricostruite con un analisi
offline a piena risoluzione (punti blu), e quelle potenzialmente utilizzabili online (punti
rosa) ottenute applicando l’algoritmo alle informazioni provenienti da SVT.
Dall’osservazione di questi plot si può notare che i dati relativi ad un’analisi online
indicano una dimensione trasversa del fascio sistematicamente maggiore di quella
misurata offline di circa il 10 ÷ 15 %. Se pensiamo a quanto detto nei paragrafi
precedenti, una spiegazione a questo potrebbe essere data da un fascio non perfettamente
parallelo all’asse del detector che causa un’apparente dispersione nel piano traverso.
Questo effetto non è presente nella misura offline, dove le informazioni lungo l’asse z
delle tracce ricostruite nella camera a deriva sono usate per correggere questa
inclinazione.
Per effettuare un confronto tra le due misure che sia il più vicino possibile alla situazione
reale, e verificare questa ipotesi, possiamo rimuovere la correzione lungo z nell’analisi
offline. I punti così ottenuti (in giallo nei plot) subiscono uno spostamento verso l’alto. A
questo punto il confronto tra la misura in tempo reale e quella offline, risulta
compatibile.
Conclusioni
È stato messo a punto un algoritmo per misurare in tempo reale le dimensioni trasverse
del fascio. L’algoritmo è stato implementato e testato in alcuni run speciali, i risultati
sono stati confrontati con quelli disponibili calcolati offline.
La misura delle dimensioni del fascio nel punto di collisione ottenuta utilizzando le
informazioni online rese disponibili da SVT risulta compatibile con quella ottenuta
offline. I valori delle emittanze che si possono calcolare sono in accordo, all’interno
delle intrinseche limitazioni della misura, con quanto indipendentemente misurato dalla
32
Beams Division. È presente solo un modesto spostamento sistematico dovuto ad
un’eventuale inclinazione del fascio.
33
Bibliografia
[1] P. Schmuser Basic Course on Accelerator Optics, in S.Turner(ed.), 5^ Cern
Accelerator School Settembre 1992, CERN-94-01-V-1.
[2] J. Slaughter, J. Estrada, K. Genser, A. Jansson, P. Lebrun, J. C. Yun, S.Lai,
Tevatron Run II Luminosity, Emittance and Collision Point Size,
http://beamdocs.fnal.gov/DocDB/0005/000592/003/PAC2003_lum_v10_2.pdf
[3] The CDFII Technical Design Report, Fermilab PUB-96-390-E Nov 1996.
[4] S. Donati et al., The CDF Silicon Vertex Tracker, CDF nota interna 4960.
[5] L. Ristori, S. Donati, Measuring Beam width and SVX impact parameter resolution
CDF nota interna 4189.
[6] L. Ristori, comunicazione personale.
[7] CDF Electronic Logbook del 29 Marzo 2002.
[8] http://www-bd.fnal.gov/SDA_Viewer/shot_emittances_catalog.jsp
34