Testo della conferenza

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Testo della conferenza
LE ARMI DEL COMBATTIMENTO SPIRITUALE:
Conferenza di P. Armando Santoro omv
L’ESAME DI COSCIENZA, LA LOTTA AL DIFETTO PREDOMINANTE, VINCERE LA DESOLAZIONE
INTRODUZIONE: LA MENTALITÀ DEL COMBATTENTE
– Molti infatti, senza troppo riflettere, hanno posta la perfezione nel rigore della vita, nella macerazione della carne, nei cilizi, nei flagelli, nelle lunghe veglie, nei digiuni e in altre simili asprezze
e fatiche corporali. Altri, e particolarmente le donne, credono di aver fatto molto cammino se dicono
molte preghiere vocali; se partecipano a parecchie messe e a lunghe salmodie; se frequentemente vanno
in chiesa e si ritemprano al banchetto eucaristico. Molti altri (tra cui talvolta se ne ritrova qualcuno che,
vestito dell'abito religioso, vive nei chiostri) si sono persuasi che la perfezione dipenda del tutto dal
frequentare il coro, dal silenzio, dalla solitudine e dalla regolata disciplina: e così chi in queste e chi in
altre simili azioni ritiene che sia fondata la perfezione. Il che però non è così! […] [Basando tutta la loro
perfezione in queste cose esterne senza una profonda conversione e umile conversione, si illudono di
essere santi perché fanno qualcosa, ma il loro cuore è superbo e vanitoso] La vita spirituale non
consiste nelle suddette cose, essa non consiste in altro che nella conoscenza della bontà e della
grandezza di Dio, e della nostra nullità e inclinazione a ogni male; nell'amore suo e nell'odio di noi stessi;
nella sottomissione non solo a Lui, ma a ogni creatura per amor suo; nella rinuncia a ogni nostro volere e
nella totale rassegnazione al suo divino beneplacito: inoltre essa consiste nel volere e nel fare tutto
questo semplicemente per la gloria di Dio, per il solo desiderio di piacere a Lui, e perché così Egli vuole e
merita di essere amato e servito. Questa è la legge d'amore impressa dalla mano dello stesso Signore nei
cuori dei suoi servi fedeli. Questo è il rinnegamento di noi stessi, che da noi ricerca (cf Lc 9,23). Questo è
il giogo soave e il peso suo leggero (cf Mt 11, 30). Questa è l'obbedienza, alla quale con l'esempio e con
la parola il nostro Redentore e Maestro ci chiama. E perché, aspirando tu all'altezza di tanta perfezione,
devi fare continua violenza a te stesso per espugnare generosamente e annullare tutte le voglie, grandi o
piccole che siano, necessariamente conviene che con ogni prontezza d'animo ti prepari a questa
battaglia: infatti la corona non si dà se non a quelli che combattono valorosamente. Siccome tale
battaglia è più di ogni altra difficile (poiché combattendo contro di noi, siamo insieme combattuti da noi
stessi), così la vittoria ottenuta sarà più gloriosa di ogni altra e più cara a Dio. […] Ora che tu vedi in che
consiste la perfezione cristiana e che per acquistarla devi intraprendere una continua e asprissima guerra
contro te stesso, c'è bisogno che ti provveda di quattro cose, come di armi sicurissime e necessarissime,
per riportare la palma e restare vincitrice in questa spirituale battaglia. Queste sono: la diffidenza di noi
stessi, la confidenza in Dio, l'esercizio e l'orazione.
• La diffidenza di noi stessi e confidenza in Dio
– La via per giungere a conoscere e gustare perfettamente Me, vita eterna, è che tu non esca mai dal
vero conoscimento di te stessa, e se tu ti abbasserai nella valle dell’umiltà, conoscerai Me in te.
Da questa conoscenza trarrai quanto ti è necessario. Nessuna virtù può avere in sé vita, se non dalla
carità; l’umiltà poi è la balia e nutrice della carità. Nella conoscenza di te stessa ti umilierai, vedendo che
tu non esisti per virtù tua, ma il tuo essere viene da Me, che vi ho amati prima che veniste all’esistenza,
e che volendovi di nuovo creare alla grazia, per l’amore ineffabile che vi ho portato, vi ho lavato e creato
un’altra volta nel Sangue dell’Unigenito mio Figliuolo, sparso con tanto fuoco d’amore. – CDS, Dialogo 4.
AVVISI PER NON ERRARE NEL CAMMINO DELLA PERFEZIONE
10° Non misurare Dio alla tua piccolezza immaginandotelo come Lui non è, perché così facendo Gli faresti
un grande torto e oltraggio. Se non osi andare a chiederGli perdono quando manchi nei tuoi buoni
propositi e sei tornato ai peccati di prima, stai impicciolendo a tua misura la misericordia di Dio, come se
Dio fosse un pover’uomo come te, pensi che Lui sia come noi e che si stanchi di tanta tua instabilità,
fiacchezza e dimenticanze e che per questo si vendichi dei tuoi peccati, levandoti gli aiuti e lasciandoti
cadere in maggior rovine e forse credi anche che, con le tue colpe, Gli impedisci di farti delle grazie. Ma
questi ragionamenti sono schiocchi, degni della nostra ignoranza umana, ma non degni di Dio! No, non è
tale il nostro Dio!
Dai a Dio ciò che è Gli conviene e,
cioè, l’essere Lui buono, misericordioso,
compassionevole, Padre amorevole che ci tollera e ci perdona. Se tu hai questo concetto di Lui, Egli si
lascia obbligare ad usarti misericordia. – P. PIO BRUNO LANTERI, Direttorio spirituale personale.
• L’esercizio spirituale
Per comprendere cos’è un esercizio spirituale bisogna guardare all’analogia agli esercizi a cui si sottopone
un atleta guidato da un allenatore o di un allievo di un maestro che insegna a suonare il piano. L’atleta nella
gara che vuol vincere non farà gli esercizi d’allenamento, ma giocherà, così l’allievo musicista alla fine non
farà più i pedanti esercizi per sciogliere le dita, ma suonerà con scioltezza e spontaneità acquisita.
Parimenti nel campo dello spirito, occorre sottoporre se stessi a faticosi esercitazioni, «allenamenti»
spirituali, per acquisire poi quella scioltezza dello spirito che si muove agilmente nella libertà dell’amore.
Ancora non amiamo nella pienezza della nostra libertà, per cui abbiamo bisogno di alcuni esercizi che ci
aiutino ad acquisire la libertà del volo dello spirito. Non potremo volare liberamente nelle vie dell’amore
finché non saremo totalmente liberi. Ogni esercizio ha lo scopo di farci acquisire maggior libertà per amare.
Non ha quindi nessun valore in sé se non quello di aiutarmi ad acquisire più ampie capacità d’amore e quindi
crescendo nell’amore ogni esercizio tende a sparire per lasciar spazio all’amore che si muove nella sua
libertà, come affermava il grande s. Agostino: «Ama e fa’ ciò che vuoi».
L’ESAME DI COSCIENZA
L’esame di coscienza è considerato da molti maestri spirituali il primo e il più importante tra gli esercizi
spirituali. La pratica concreta dell’esame di coscienza passa da un iniziale livello morale e introspettivo di esso
ad un successivo livello ci consapevolezza dell’azione di Dio in sé e attorno a sé che si realizza nello sguardo
d’amore unitivo.
Nel principiante che inizia a camminare le vie spirituali venendo fuori dai meandri del mondo, dei suoi piaceri e
delle sue effimere luci l’esame di coscienza ha una valenza prettamente morale e introspettiva. Deve
interrogarsi sui suoi comportamenti, se segue le abitudini acquisite quando non conosceva l’amore di Dio.
Il peccatore convertito inizia il suo cammino d’amore per il Signore necessariamente in un modo egoista, si
avvicina a Dio perché non trova pace in sé, sta male, vive un malessere profondo, infatti non può esserci pace
per chi pecca: «Non c’è pace per l’empio» (Is 48,22) e «empio» nella Bibbia è chi non osserva la Legge di Dio.
La sua attenzione d’amore è ancora rivolta su di sé perché vuol star bene e cerca Dio perché: «Quanti salariati
in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!» (Lc 15,17).
Il neofita non è ancora capace di quello sguardo d’amore che specchiandosi in Dio ritrova se stesso in una
nuova dimensione di bellezza e di grazia. Piano piano imparerà a conoscersi di più e meglio specchiandosi in
Gesù, ma all’inizio vivrà, quasi necessariamente l’esame di coscienza prevalentemente come un movimento
introspettivo, per questo è importante che non si dimentichi di considerare sempre la misericordia di Dio, senza
la quale ogni visione di noi stessi è ributtante:
– Questo cognoscimento di sé e di me in sé, truova e sta sopra la terra della vera umilità; la quale è
tanto grande quanto la larghezza del cerchio, cioè il cognoscimento che ha avuto di sé, unito in me come
decto è. Ché altrimenti non sarebbe cerchio senza fine né senza principio: anco avarebbe principio,
avendo cominciato a cognoscere sé, e finirebbe nella confusione se questo cognoscimento non fusse unito
in me. – CDS, Dialogo, X.
SCHEMA DI UN ESAME DI COSCIENZA
1) Chiedere luce di discernimento allo Spirito Santo: chiedo di guardarmi come mi guarda Dio
2) Ringraziare il Padre dei doni ricevuti nella giornata e il bene fatto in essa.
3) Esame della giornata: la nostra preoccupazione deve essere quella di vedere ciò che è accaduto in noi, quale lavoro
Dio vi ha compiuto, cosa ci è stato chiesto. Solo in un secondo momento si prendono in esame le nostre azioni.
4) Vera contrizione del cuore.
Ciò che ci aiuta a conoscere meglio noi stessi nella verità, più che un esame di coscienza minuto su ciò che si è
fatto di male nella vita o nella giornata è una considerazione affettuosa della Passione di Gesù, un fermarsi
davanti ad un Crocifisso, guardare le sue piaghe, il suo volto dolcissimo ricoperto di sputi per me, il suo Cuore
tenerissimo squarciato per me, le sue labbra che sussurrano nel silenzio del nostro cuore: «Io ti ho amato
così… e tu…?». Noi conosceremo meglio noi stessi specchiandoci in Dio piuttosto che specchiandoci in noi
stessi e nel nostro vissuto:
– Credo che non arriveremo mai a conoscerci, se insieme non procureremo di conoscere Dio.
Contemplando la sua grandezza, scopriremo la nostra miseria; considerando la sua purezza
riconosceremo la nostra sozzura; e innanzi alla sua umiltà vedremo quanto ne siamo lontani. Vi sono in
ciò due vantaggi: primo, perché una cosa bianca messa vicina a una nera appare più bianca, come una
nera messa vicino a una bianca; e in secondo luogo, perché la nostra intelligenza e volontà, portate ora
su Dio e ora su di noi, si rendono più nobili e più disposte al bene. – T. D’AVILA, Castello int., 1M, 2, § 9-10
LA LOTTA AL DIFETTO PREDOMINANTE
È importante affrontare con determinazione la lotta contro noi stessi e ciò che ci impedisce ad amare nella
verità e nella libertà. Dobbiamo esercitarsi ad individuare quali sono i nostri difetti che sono tutti frutti di
disordini affettivi interiori e combatterli strenuamente tutti:
– Poco importa che un uccello sia legato a un filo sottile o grosso; anche se sottile, finché sarà legato, è
come se fosse grosso, perché non gli consentirà di volare. È vero che è più facile spezzare il filo sottile;
ma anche se facile, finché non lo spezza, non vola. […] È una pena vedere alcune anime che, come navi
cariche di tesori, sono ricche di opere buone, di esercizi di pietà, di virtù e di doni divini, ma non
progrediscono né arrivano al porto della perfezione, perché non hanno il coraggio di disfarsi di un piccolo
gusto, di un attaccamento o di un’affezione, che è la stessa cosa. Basterebbe che con un volo ardito
spezzassero quel filo di attaccamento e si liberassero dalla remora dell’appetito. – GDC, Salita, I, 11 §4.
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Però se i nostri difetti li affrontassimo tutti insieme, l’esperienza ci dice, ne ricaveremmo ben poca santità.
Occorre impostare bene la strategia di lotta contro noi stessi e individuare prima di tutto i nostri difetti più gravi
che ci appaiono tali davanti agli occhi di Dio e del prossimo, individuarne tra essi il più grosso e dichiarargli
guerra su tutti i fronti. La lotta al difetto predominante è uno dei più antichi esercizi spirituali che trova le sue
radici negli insegnamenti dei monaci del deserto che hanno trovato nelle Conferenze di Giovanni Cassiano la
loro diffusione:
– Non si deve comunque pensare che uno, interessato a combattere un solo vizio senza guardarsi intanto
anche dagli altri, corra pericolo di venire colto più facilmente e inopinatamente dai colpi delle altre
passioni. Questo non potrà accadere in nessun modo. Non è infatti possibile che, mentre uno mantiene in
uno stato di guerra la vigilanza della propria mente, tutto sollecito com’egli è per l’emendazione della
propria anima contro gli attacchi di una passione, non sia poi in grado di conservare certa quale
complessiva ripugnanza e una simile custodia anche di fronte agli altri vizi. Per quale motivo infatti
dovrebbe egli meritare di ottenere la vittoria su quella passione, da cui desidera rendersi libero, se poi,
proprio lui si rende indegno di quella liberazione per il continuato contagio da lui subìto da parte di altri
vizi?”. – GIOVANNI CASSIANO, Le conferenze, V, 14.
S. Ignazio, nei suoi Esercizi Spirituali, insieme all’Esame di coscienza insegna anche l’«Esame particolare»
invitando l’esercitante e fermarsi tre volte durante la giornata: la prima volta alla mattina appena alzato, per
chiedere l’aiuto di vincersi in quel determinato difetto; la seconda volta, nel primo pomeriggio e la terza volta
alla sera, esaminandosi se sia caduto o meno segnandosi su un foglio le volte che è caduto. In questo modo può
facilmente tenere sotto controllo il suo cammino concreto e verificare se ci siano o meno miglioramenti. Si
tenga presente che questa metodologia è indicata soprattutto ai principianti. Il segnarsi le cadute è molto utile
per loro e il rendersi conto dei miglioramenti da settimana a settimana è uno sprone a far sempre meglio.
Questo esercizio ignaziano che ricalca gli insegnamenti riportati da Cassiano può essere accomodato, a mio
giudizio, in un modo positivamente più efficace attraverso quello che P. Herbert Alphonso sj nel suo testo La
vocazione personale alla luce degli Esercizi Spirituali, chiama «riorientamento». Il riorientamento in
questione parte da un principio opposto: non si prende di mira il difetto predominante, bensì un’icona del volto
di Gesù che ha colpito e ferito fortemente il nostro cuore. L’esame particolare così si riduce ad uno sguardo
d’amore verso quest’icona interiore che mi attira tanto, guardando la quale mi oriento verso quel volto unico di
Gesù che devo far riflettere dal mio volto. In Gesù, infatti, siamo stati amati e scelti dall’eternità e la nostra
identità personale è in Lui e non fuori di Lui. Guardando Gesù ritrovo me stesso nella sua più alta e autentica
verità. Lo sguardo interiore verso il volto dell’Amato Gesù allora diventa una purificazione del cuore continua
ed efficace, combattendo via via il nostro difetto predominante del momento.
L’occhio dell’attenzione quindi non è sul difetto, ma sul volto di Gesù senza difetti. Questo fa sì che la
purificazione sia più profonda perché realizzata nell’amore per Gesù e non tanto in un atto di conoscenza della
nostra intelligenza.
VINCERE LA DESOLAZIONE
S. Ignazio di Loyola nei suoi esercizi Spirituali la descrive;
– […] oscurità dell’anima, mozione verso le cose basse
e terrene, inquietudine di diverse agitazioni e
tentazioni che muovono a sfiducia, senza speranza, senza amore [cioè a non sentire in sé speranza e
amore], e trovandosi tutta pigra, tiepida, triste e come separata dal suo Signore. – Esercizi Spirituali, 317.
Prima di tutto bisogna capire che la desolazione e il suo contrario che è la consolazione e desolazione, indicano
degli stati psicologici della persona, non degli stati ontologici di essa (ontologico= che riguarda l’essere). Non
si è buoni perché si hanno sentimenti buoni, ma se si accoglie e opera il bene, né si è cattivi perché si hanno
sentimenti cattivi, ma se si accoglie e opera il male. Non si ha il cuore sporco perché si è avuto un pensiero
sporco, ma se si accoglie e vuole un pensiero sporco. Per vincere le desolazioni bisogna innanzi tutto
convincersi di questo, altrimenti cadremo nell’inganno di crederci peccatori essendo nella grazia di Dio o di
illuderci di essere santi vivendo in peccato:
– I Padri hanno sempre inteso che la tentazione arriva all’uomo dall’esterno, ma poiché il cuore è l’organo
della decisione, dell’opzione, e dunque dell’adesione, è nel cuore che l’uomo fa sue certe realtà. Quando il
cuore aderisce alla tentazione, dunque al peccato, comincia a custodire una memoria del peccato. Allora
le immagini, i ricordi, le impressioni, le sensazioni e i pensieri di peccato si presentano al cuore come a lui
propri. E la lotta si sposta all’interiorità dell’uomo. Ma l’uomo che accoglie la redenzione e aderisce ad
essa rinunciando al peccato, accoglie l’azione dello Spirito Santo e offre al suo cuore tutta l’attenzione e
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lo spazio all’immagine di Dio in lui rimasta sepolta sotto il peccato. Allora è chiaro che anche le immagini,
le impressioni peccaminose che si svegliano nell’uomo e inabitano la coscienza, benché percepite come
qualcosa di interno, di fatto appartengono all’uomo vecchio, l’uomo di carne che l’uomo
spirituale percepisce come estraneo, come colui che gli impedisce di essere libero e di vivere i frutti
dello Spirito. – MARKO IVAN RUPNIK, Discernimento I, 39.
Come reagire quando ci troviamo desolati? Innanzi tutto non cadendo nel tranello di cui abbiamo parlato di
pensarci lontano da Dio per queste emozioni che sentiamo, e, in secondo luogo, occorre che reagiamo in modo
contrario a dove i sentimenti di desolazione vorrebbero condurmi: continuare a pregare lo stesso, anche se ci
appare inutile e non ne abbiamo voglia e continuare a comportarsi come quando non siamo desolati, bensì
consolati, avendo la fiducia che la desolazione sarà vinta, perché Dio ha promesso che non saremo tentati al di
sopra delle nostre forze, perché il Signore nella prova che permette ci dona sempre la grazia sufficiente per
uscirne vincitori (1Cor 10,13; cf Es. Sp. N. 320).
È importante chiedersi anche se questa desolazione non sia causata da nostre negligenze e peccati, infatti Dio
suol levare le sue consolazioni a chi non lo serve con diligenza. Ma se un’attento esame di noi stessi ci assolve
dalla negligenza, dobbiamo accettare in pace questa situazione d’animo, accettandola dalle mani di Dio che la
permette per un nostro maggior bene e istruirci sulle sue vie in modo che non confidiamo in noi stessi e nelle
nostre capacità spirituali e non poniamo il nido nelle sue consolazioni dimenticandoci di ergerci fino alla mano
e al cuore di chi ce le dona (cf Es. Sp. N. 322).
Si cerchi poi di non cambiare le decisioni già prese nella tranquillità d’animo e di non prenderne di nuove, (cf
Es. Sp. N. 322) perché in questo stato di desolazione siamo più condizionabili psicologicamente da qdpds (cf
Es. Sp. N. 318): prendiamoci tempo e sfuggiamo a quella fretta che il nemico suole istigarci: «Nella
conversione e nella calma sta la vostra salvezza, nell'abbandono confidente sta la vostra forza» (Is 30,15).
Armiamoci di fede, di speranza e di carità che sono «l’armatura di Dio» del soldato cristiano:
Ef 6 [10]Per il resto, attingete forza nel Signore e nel vigore della sua potenza. [11]Rivestitevi
dell'armatura di Dio, per poter resistere alle insidie del diavolo. […] [16]Tenete sempre in mano lo scudo
della fede, con il quale potrete spegnere tutti i dardi infuocati del maligno; [17]prendete anche l'elmo
della salvezza e la spada dello Spirito, cioè la parola di Dio. [18]Pregate inoltre incessantemente con ogni
sorta di preghiere e di suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando
per tutti i santi, [19]e anche per me…
Nella desolazione occorre, come amava dire s. Caterina da Siena, «virili», cioè forti, senza paura. Chi si lascia
prendere il cuore dalla paura nella desolazione è già quasi vinto. Per questo bisogna accogliere la tentazione
non già nella sua provenienza diabolica, bensì nella sua permissione divina: Dio tutto fa e permette per amore e
permette la mia desolazione perché sia un’occasione per amarlo, non per altro e tale concepiamola anche noi:
un’occasione per amare l’Amato Signore.
Nella desolazione bisogna poi convincersi nella fede che Dio non ci vuole tristi, perché Lui è il Dio della gioia
e della pace e quindi bisogna combattere quella tristezza e quel senso di scoraggiamento che spesso è unito alla
tristezza con atteggiamenti e comportamenti volutamente improntati alla gioia e alla serenità, l’atteggiamento
gioioso e sereno vissuto a forza di colpi della volontà diventerà sentito dal cuore per grazia dello Spirito Santo:
– Sebbene non si senta accesa, ma fredda nei suoi affetti, non lasci di sforzare dei desideri e parole
infuocate per dimostrarsi innamorata di Dio, perché se persevera in quelle dimostrazioni, parole, e segni
d'amore, e persiste a trattare con Dio con devozione fervente, troverà col tempo che veramente
l'ama; come accade a chi ha bisogno di dormire, ma non ha sonno, eppure vorrebbe dormire, per
provocare il sonno si mette a giacere, chiude gli occhi, lascia ogni pensiero, finge di dormire, pian piano
di nascosto s'insinua il sonno, e dorme davvero. Così in quest'esercizio si abbia pazienza se non subito si
accende il fuoco, perché il cuore nostro, pieno com’è d'amore del mondo e di se stesso, è come un legno
verde che con tutti i carboni accesi di sotto, sebbene si soffi, non subito s'accende; prima fa fumo
solamente, poi fa fumo e fiamma, infine fa fiamma senza fumo. Come accade a chi stimando la bellezza
mortale e usando parole studiate, forzate d'amore, lodando, cantando, fingendosi innamorato, infine
s'accende d'amore, e tutto si consuma d’amore, così e ancora di più s'accenderà all'amore di Dio, chi pur
non sentendo né provando nulla nel sentimento, ugualmente si profonde in suscitare in sé affetti, parole
e gesti come se sentisse il cuore scoppiare d’amore. Se non desiste presto e ha fede, pazienza e fiducia,
alla fine quel cuore, fatto da Dio per Lui, gusterà sul serio quella fiamma eterna che arde e non consuma.
– P. PIO BRUNO LANTERI, Scritti Ascetici, 2269b:T1,3.
Nella desolazione bisogna poi convincersi nella fede che Dio non ci vuole tristi, perché Lui è il Dio della gioia
e della pace e quindi bisogna combattere quella tristezza e quel senso di scoraggiamento che spesso è unito alla
tristezza, con atteggiamenti e comportamenti volutamente improntati alla gioia e alla serenità, l’atteggiamento
gioioso e sereno vissuto a forza di colpi della volontà diventerà sentito dal cuore per grazia dello Spirito Santo.
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