L`hamburger ci divorerà

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L`hamburger ci divorerà
Estratto da pag.
Lunedì
28/07/2014
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Direttore Responsabile
Diffusione Testata
Antonio Padellaro
49.054
Ritaglio stampa ad uso esclusivo interno, non riproducibile
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Selpress è un'agenzia autorizzata da Repertorio Promopress
La nostra cara bistecca cede ai fast food. Con la crisi la carne costa troppo e
le famiglie si rifugiano nel panino americano (+30%). Le grandi catene ci
invadono, mentre macellai e ristoranti soffrono. Con quali effetti su stomaco
e cucina italiana » pag. 4 • 7 con un racconto di Paolo Sortino Cl
DIVORERÀ
Addio cara
bistecca
divorata
dall'hamburger
COME NEL DOPOGUERRA:
LA CARNE COSTA TROPPO.
MACELLAI E RISTORANTI
SONO IN CRISI, MA I FAST
DOPO MCDONALD'S
ARRIVANO BURGER KING E
Si parla di noi
SUBWAY. MA LO STOMACO
E LA CUCINA ITALIANA
di Silvano Rubino
envenuti nel regno della trasversalità. Accanto
al manager in pausa pranzo | coi colleghi siede
la famiglia di immigrati, a poca distanza dai
ragazzi che grazie al wifi compulsano
smarphone e tablet un gruppo di bambini
scatenati festeggia un compleanno, lungo la
corsia del
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McDrive arrivano, per pranzo, furgoni di
artigiani in giro per lavoro... Ne è passata
d'acqua sotto i ponti da quando l'hamburger era
roba solo per ragazzotti con il Moncler e le
Timberland. Oggi il fast food non è più uno
status symbol, ma un'abitudine sempre più
diffusa, che sta incidendo sugli stili alimentari
degli italiani e mettendo a rischio la supremazia
della vecchia cara bistecca. I numeri di uno
studio di Alix Partners sono inequivocabili: nel
quinquennio 2007-2011, se i ristoranti
tradizionali arrancano con un calo del fatturato
del 2%, quello dei ristoranti di catena è
cresciuto del 13%, con addirittura un +30% per
i fast food. Trend - spiegano da Alix Partners assolutamente confermati anche per il biennio
2012-2013. Per averne conferma basta
guardarsi attorno: i nuovi fast food spuntano
come funghi. L'ultimo di McDonald's, a
Monterotondo, nell'immediato hinterland di
Roma, ha numeri da record: è il più grande
ristorante della catena dotato di corsia drive
d'Italia, con una superficie di circa 800 metri
quadrati su due piani. E una cinquantina di
persone impiegate. Il piano di espansione
prevede, entro il 2015, un centinaio di nuove
aperture (con circa 3mila nuovi posti di lavoro),
portando a oltre 600 i Mac in Italia. Anche
Burger King, altro colosso multinazionale, ha
deciso di investire in Italia: 30 nuovi ristoranti
nel 2014, secondo i dati forniti da Confimprese.
Naturale che anche l'imprenditoria italiana non
voglia stare alla finestra. Crescono le insegne
indipendenti che propongono panini di qualità
(vedi articolo a pag.....), ma fa numeri da boom
anche una catena made in Italy, nonostante
nome e "ambientazione" da cow boy: "Old
Wild West" - oltre 100 ristoranti in tutto il
Paese, 160 milioni di fatturato nel 2013 - è un
marchio dell'azienda udinese Cigierre,
specializzata nel cosiddetto "casual dining".
Fast batte slow Se aggiungiamo che anche
Subway, catena specializzata nei sandwich che
negli Stati Uniti ha superato McDonald's per
punti vendita, è sbarcata in Italia e si prepara a
espandersi, ce n'è abbastanza per dichiarare che,
in Italia, è tutt'altro che vinta la battaglia
iniziata nel 1986 da Slow Food, associazione
nata proprio "in reazione" all'apertura dello
storico McDonald's di piazza di Spagna, per far
argine a un modello di alimentazione
omologato, poco sano e lontano dalle nostre
tipicità: «Certo», ammette Gaetano Pascale,
presidente di Slow Food Italia, «i numeri
lasciano pochi dubbi. Tuttavia, ci sono anche
altri numeri, più incoraggianti, come l'aumento
del consumo di prodotti biologici o dei nostri
presidi slow food. Il modello del fast food,
oggi, è avvantaggiato - oltreché da un potenza
di fuoco mediatica non paragonabile alla nostra
- da una serie di aspetti culturali e normativi. Il
consumatore non viene messo nelle condizioni
di fare una scelta davvero consapevole, non
siamo abituati, a fare scelte in cui l'origine sul
cibo sia uno degli elementi che mettiamo per
realizzare un prodotto ecc».
in campo. E anche la normativa non aiuta:
l'etichettatura dovrebbe prevedere informazioni
sulla reale provenienza, sul tipo di allevamento,
su quanta acqua viene consumata «La crisi»,
aggiunge Pascale, «non ha aiutato, ha spostato
l'attenzione delle persone, che
guardano più alla contingenza che a una
"pianificazione" della propria alimentazione e
quindi della propria salute. Ma il rischio è che
poi si paghino altri costi, che sono costi sociali
legati ai disturbi da sovrappeso, da disfunzioni
metaboliche, sempre più diffusi soprattutto
nelle fasce di reddito più basse». Eppure, se
anche McDonald's negli anni ha voluto
scrollarsi di dosso l'etichetta di venditore di
junk food e ha costruito politiche di marketing
basate proprio sulla qualità delle materie prime,
sulla tracciabilità, sull'inserimento di nuovi
piatti come insalate, frutta, yogurt, un po' è
merito di Slowfood e di altri soggetti che hanno
diffuso una nuova cultura del cibo, della
tracciabilità, del mangiar sano: «Offriamo
prodotti i cui ingredienti sono in larghissima
parte italiani e garantiamo filiere controllate e
di qualità», spiega Emanuela Rovere, direttore
marketing di McDonald's Italia. «Basta questo
per capire come la nostra identità sia cambiata:
non più fast food ma "good food fast"». Ma a
Pascale non basta: «Sono scimmiottature: non è
un valore di per sé la carne italiana, lo è se è
davvero tracciabile». Certo, a tutti piacerebbe
mangiare sano, tipico e a chilometri zero, ma
poi ci si scontra con il bilancio familiare. Il
conto finale di un'osteria slowfood per una
famiglia di quattro persone non è minimamente
paragonabile con quello di un fast food: non a
caso il target famiglie rappresenta il 29% della
quota di mercato di McDonald's, contro il 16
della ristorazione tradizionale. Non solo: per
molte famiglie persino la carne comprata dal
macellaio è diventata un lusso. Secondo
un'indagine di Coldiretti, nel 2013 è crollato il
consumo di carne degli italiani con un taglio del
7 per cento nelle macellazioni. E allora si
capisce come un panino con la polpetta ame
ricana a poco più di un euro possa diventare
una valida alternativa. «Da Old Wild West»,
afferma Marco Di Giusto, amministratore
delegato di Cigierre, «con uno scontrino medio
di 14 euro si può gustare un pasto completo.
Non è vero che il consumatore in tempi di crisi
cerca solo il basso costo, bensì un'offerta di
qualità al giusto prezzo». Concorda Rovere, di
Mac: «I consumatori scelgono ogni giorno
quello che più aggrada senza sposare scelte
ideologiche, secondo una logica inclusiva: oggi
mi faccio un buon hamburger e domani vado a
cercare il formaggio di fossa, ad esempio». Ma
se anche il mondo "slow", attento a tipicità, prodotti locali e salubrità, cominciasse a
ragionare in termini di low cost e di facilità di
accesso per uscire dalla fase di contrapposizione
ideologica con il fast food e mettersi a fargli
concorrenza sullo stesso campo? «Ci
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A tavola meno
carne, crisi dei
macellai
SCENDE IL CONSUMO DI CARNE e chiudono le macellerie. Nel
2013 si è venficato un taglio del 7 per cento nelle macellazioni bovine
secondo un'analisi della Coldiretti. A farne le spese è stata soprattutto
la carne rossa: con la crisi, nel 2013, quasi un italiano su tre (32 per
cento) a pranzo ha consumato esclusivamente un piatto di pasta che
sazia di più e costa di meno mentre solo il 18 per cento ha dichiarato di
fare quotidianamente un pranzo completo con un
primo, un secondo, un contorno e un dolce o un frutto Da qui, l'impatto
sulle macellerie. Secondo l'Unisca-Confcommercio di Roma, infatti, in
tre anni sono scomparse 260 macellerie, 50 delle quali soltanto
nell'ultimo anno. Per quelle rimaste aperte si calcolano calì di fatturato
medi del 20%. Secondo gli operatori del settore, che denunciano calì di
fatturato ben superiori alla media, ormai si consumano prevalentemente
carni bianche e macinato.
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stiamo lavorando», rivela Pascale. «Eataly, per
esempio, mette in evidenza alcune positività
della produzione italiana, ma non è ancora un
modello di spesa quotidiana: vorremmo
costruire un modello con accessibilità di prezzo
e di vicinanza ai consumatori». Un sogno che si
potrà realizzare, avverte Pascale, solo se i
produttori italiani, finalmente, sapranno fare
sistema e costruire una valida alternativa allo
strapotere della polpetta.
QUINQUENNIO tra il 2007 e il
2011, se i ristoranti tradizionali
arrancano con un calo del fatturato
del 2%, quello dei ristoranti di
catena è cresciuto del 13%, con
addirittura un +30% per i fast food
PIZZA IN CRISI Secondo le
indagini di mercato, ormai il 29
per cento delle famiglie italiane
quando escono per mangiare
insieme scelgono il fast food.
Si parla di noi
Contro il 16 per cento che sono
rimaste fedeli a ristoranti e pizzerie.
CRESCITA DEI FAST
FOOD NEL 2007-2011
FEDELI Al RISTORANTI Quasi
quattro adulti su dieci scelgono il
fast food. Ma la maggioranza
(48%) non abbandona i locali
tradizionali. Così come gli anziani:
22 per cento contro 11 per cento.
LE FAMIGLIE CHE
SCELGONO IL
FAST FOOD
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