GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA JOURNAL OF HISTORY

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GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA JOURNAL OF HISTORY
MEDICINA
NEI
SECOLI
ARTE E SCIENZA
GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA
JOURNAL OF HISTORY OF MEDICINE
Fondato da / Founded by Luigi Stroppiana
QUADRIMESTRALE / EVERY FOUR MONTHS
NUOVA SERIE / NEW SERIES
VOL. 18 - No 1
ANNO / YEAR 2006
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 7-7
Journal of History of Medicine
Introduzione/Introduction
Questo fascicolo raccoglie una serie di contributi volti a illustrare il ricco patrimonio archivistico e documentario conservato presso la Sezione di Storia della Medicina dell'Università di Roma "La
Sapienza". La struttura del fascicolo prevede per ogni archivio un
articolo iniziale di introduzione agli aspetti archivistico-documentali, in una forma agile che lo renda fruibile anche come iniziale guida
al materiale conservato. Sono stati invece affidati a storici e specialisti articoli che, facendo uso del materiale archivistico, illustrassero alcuni aspetti delle ricerche che essi rendono possibili. Il lavoro
degli autori, che hanno intensamente lavorato presso la Sezione, ha
consentito, così, che emergessero alcuni tratti salienti della ricerca
biomedica italiana del Novecento. Gli inventari dei fondi sono disponibili on-line sul sito della Sezione (www.histmed.it).
Il primo nucleo degli archivi, quello sulla scuola malariologica
romana tra Otto e Novecento, è stato trasferito presso l'allora
Istituto negli anni Trenta, quando esso era ancora ospitato nella
Città universitaria nei locali dell'Istituto di Igiene.
Gli altri archivi sono stati donati dai loro proprietari o dai loro
eredi, familiari e intellettuali. In particolare desidero qui ringraziare Giorgio Bignami, Mario Coluzzi, Giovanna Falconieri Erspamer,
Flora Valentino, Giuliana Boera, Ida Bianco Silvestroni, Marco
Ballante. L’ordine della loro citazione è legato unicamente alla successione in cui questo fascicolo presenta gli archivi oggi in nostro
possesso. A tutti loro la Sezione di Storia della Medicina è ugualmente legata da un debito di gratitudine per la generosità con cui
hanno messo a disposizione di un vasto pubblico di ricercatori,
appassionati e studenti un patrimonio umano e scientifico di valore
inestimabile.
Luciana Rita Angeletti
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Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
UN PATRIMONIO DI DOCUMENTI PER LA STORIA DELLA
BIOMEDICINA: GLI ARCHIVI DELLA SEZIONE DI STORIA
DELLA MEDICINA
DELL’UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA”
GIOVANNI PAOLONI
Scuola Speciale Archivisti e Bibliotecari Università degli Studi di Roma
“La Sapienza”, I
SUMMARY
DOCUMENTS FOR THE HISTORY OF BIOMEDICINE: THE ARCHIVES OF
THE SECTION OF HISTORY OF MEDICINE OF THE UNIVERSITY OF
ROME “LA SAPIENZA”
Scientific archives for biomedicine have only recently been brought to the
attention of the scholarly world. The archives conserved in the Section
have different origins, only loosely related to the University of Rome;
together they fully illustrate the achievements and shortcomings of
biological and medical research in Italy from the late 19th century to the
present.
1. Introduzione
Le istituzioni e le idee, è stato giustamente detto, camminano
sulle gambe degli uomini: questo è particolarmente vero nel mondo
scientifico, dove la qualità morale e intellettuale degli uomini, il
loro prestigio e la loro capacità organizzativa e progettuale influenzano in modo determinante, sia in senso positivo che negativo, il
funzionamento di singole istituzioni e/o dell’intero sistema. Non
sono mancate nell’Italia del Novecento personalità scientifiche di
Key words: Scientific Archives – University of Rome “La Sapienza”
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Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
GLI ARCHIVI PER LA STORIA DELLA MALARIA
MARGHERITA BETTINI PROSPERI
Cooperativa ‘RomArchivi’, Roma, I.
SUMMARY
ARCHIVES FOR THE HISTORY OF MALARIA
Archives for the history of malaria and malariology in Italy have been
‘rediscovered’ in the recent past. The Sezione di Storia della Medicina at
Rome University conserves many different personal and institutional
archives closely or loosely related to this topic. Many of them had been
originally gathered and kept at the Istituto di Igiene at Rome University.
Among them the Fondo Casini, of the 20th century, documenting the
activity of public institutions such as the Società per gli Studi della
Malaria and the Scuola Superiore di Malariologia; archives of the end of
the 19th and beginning of the 20th century, such as the Fondo Bignami,
Celli; and many others.
Premessa
La storia della lotta alla malaria, lunga oltre mezzo secolo, sfugge ancora oggi ad uno schema preciso ed esaustivo di riferimenti
archivistici, per via della molteplicità e della eterogeneità dei suoi
attori.
Le fonti archivistiche per la storia della malaria e della lotta antimalarica sono state oggetto di un convegno organizzato dalla
Sezione di Storia della Medicina nel 1998, in occasione della celebrazione del centenario della scoperta dei veicoli di trasmissione
della malaria e del cinquantenario dell’interruzione della mortalità
dovuta alla malattia, al quale hanno partecipato archivisti e studioKeywords: Scientific archives – Malaria – Guido Casini
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Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
ESTRATTI DI ARGOMENTO MALARIOLOGICO
NELL’ARCHIVIO BIGNAMI
DAVIDE RENZI
Roma, I
SUMMARY
MALARIOLOGY OFFPRINTS IN THE BIGNAMI ARCHIVE
The offprint collection in the Bignami archive dates from 1865 to 1972. It
consists of 301 offprints, published in various Western countries, focusing
on malaria and its eradication. The offprints can be classified by subject:
on the zooology of parasites, on malarial infection, on the course and
treatment of malarial fever, on pharmacology. Besides providing a
sample of the state of the art on malariology in the period, they offer
evidence concerning the network and activities of malariologists in Italy
and abroad.
L’archivio Bignami, di carte e documenti relativi all’attività della
famiglia dei celebri medici e malariologi, conserva anche un fondo
di 301 estratti a stampa, datati tra il 1865 e il 1972. Il fondo contiene estratti brevissimi e testi di maggior consistenza raccolti da
Amico (1862-1929) e Francesco Bignami, padre e figlio, ed è
incentrato sul problema della malaria e della sua eradicazione. Si
presenta qui un’analisi schematica del suo contenuto, nell’intento di
indicarne il valore come strumento di ricerca storiografica. La raccolta degli estratti rappresenta un efficace documento di consuetudini di lavoro, oltre che una testimonianza (da integrare con la documentazione archivistica) dell’esistenza di un attivo network di
scambi tra ricercatori nel campo della malariologia1.
Keywords: Scientific archives – Malaria – Amico Bignami – Francesco Bignami
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Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
LA LOTTA ALLA MALARIA IN ITALIA:
CONFLITTI SCIENTIFICI E POLITICA ISTITUZIONALE
GILBERTO CORBELLINI
Dipartimento di Medicina Sperimentale
Sezione di Storia della Medicina
Università degli Studi di Roma “La Sapienza, Roma, I
SUMMARY
ANTIMALARIAL STRATEGIES IN ITALY:
SCIENTIFIC CONFLICTS, INSTITUTIONAL POLICIES
The historiography of malaria in Italy - from the discoveries of the
parasite and its specific mosquito vector to the eradication of the
plasmodia - has characterized the evolution of Italian malariology and
antimalarial strategies as a rationally planned enterprise. The received
view is that the essential scientific contributions and the effective
approaches which ultimately allowed the defeat of the disease were
produced thanks to the unitary effort of an efficient and influential
community of investigators. Even though the outstanding and
international standard of Italian malariologists individually taken cannot
be downplayed, a more thorough exploitation of archival sources shows
that the history of the Italian malariological community was also
characterized by theoretical, academic and personal rivalries, influencing
the evolution of malariology and the institutional debate on antimalarial
strategies. The aim of this paper is to examine the reasons and the
implications - in different periods and institutional dimensions of the
antimalarial activities - of personal and institutional disputes within two
generations of Italian malariologists. The reconstruction of the origins
and of the content of persistent scientific and institutional controversies
within the Italian malariological community does not diminish the value
Keywords: Italian malariology – Angelo Celli – Battista Grassi – Camillo Golgi
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Gilberto Corbellini
of the Italian experience in the field of malariology and the antimalarial
activities. On the contrary, it contributes to a less triumphalistic, but more
realistic and dynamic view of the conquest of Italian malaria.
La storiografia riguardante la malaria e la malariologia in Italia
si è concentrata su problemi riguardanti principalmente le scoperte
scientifiche e le ricadute di tali acquisizioni sul piano delle strategie
di lotta antimalarica, mentre gli studi sull’evoluzione della malattia
in Italia hanno cercato più che altro di applicare al problema malaria categorie storiografiche precostituite (es. primato del progresso
medico vs. primato del progresso igienico-sociale). Minor attenzione è stata dedicata al problema delle condizioni ecologiche (inclusi
ovviamente i fattori sociali ed economici) che hanno per lungo
tempo favorito la trasmissione dell’infezione in Italia1. Ma vi sono
anche fatti e dinamiche scientifiche, istituzionali e personali piuttosto contrastati che hanno caratterizzato gli studi e il dibattito politico-sanitario sugli interventi di lotta antimalarica in Italia, che sarebbe utile approfondire e contestualizzare storicamente, in quanto la
consapevolezza di alcuni contrasti può aiutare a capire, ridefinire o
abbandonare facili o troppo schematici luoghi comuni riguardanti la
storia della malaria in Italia, nonché a fare ulteriore luce sulle radici di alcuni sviluppi dottrinali della medicina italiana. Di fatto, non
devono stupire i conflitti tra scienziati, ed è utile conoscerli perché
arricchiscono il quadro dei fattori che possono giocare nel produrre
risultati e scelte. In particolare, alcuni conflitti personali e tra scuole, esplosi o latenti, hanno condizionato a livello sia locale sia
nazionale l’evoluzione delle strategie di lotta antimalarica, e una
loro disamina consente di capire meglio come si sono articolati gli
sforzi concettuali e pratici nell’affrontare il problema malaria in
Italia.
Questi conflitti sono esplosi, e hanno influenzato diverse dinamiche di politica sanitaria antimalarica, avendo come palcoscenico
principale la capitale d’Italia, Roma. Verosimilmente in ragione del
fatto che nelle campagne intorno a Roma, ma anche in alcune zone
della capitale, la malaria rappresentava un grave problema sanitario,
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La lotta alla malaria in Italia
a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento ha operato a Roma un
nutrito gruppo di medici e biologi, prevalentemente universitari,
che hanno fatto dello studio della malaria l’obiettivo principale
delle loro ricerche, riuscendo a produrre risultati di grande rilevanza e richiamo internazionale. A questo gruppo di medici e biologi,
tra i quali spiccano i nomi di Guido Baccelli, Giuseppe Bastianelli,
Amico Bignami, Angelo Celli, Battista Grassi ed Ettore
Marchiafava, si tende a fare riferimento come alla “scuola romana
di malariologia”, a cui si attribuisce il merito di aver concorso alla
messa a punto di un “metodo italiano” di lotta antimalarica.
Nella realtà, piuttosto che agire sulla base di una comune idea e
con gli stessi obiettivi, questi medici e biologi diedero luogo a una
serie di risentite contrapposizioni per emergere o far emergere il
proprio punto di vista, influenzando anche la politica sanitaria antimalarica a livello nazionale. Il presente contributo si propone di
ricostruire alcune controversie che videro protagonisti malariologi
romani, ma anche altri medici o studiosi della malaria, mostrandone le conseguenze a lungo termine per quanto riguarda la tradizione di studi e la politica sanitaria antimalarica in Italia.
Per capire come mai lo studio della malaria è stato caratterizzato in Italia da forti aspettative, ovvero perché si sono manifestate
tante rivendicazioni di priorità, personalismi e contrasti basta ricordare la diffusione di questa malattia lungo tutta la penisola. Le
prime inchieste sanitarie realizzate dalla giovane nazione italiana
disegnavano un paese praticamente diviso in due dalla malaria. Nel
1879-80 la Commissione d’Inchiesta per l’Esercizio Ferroviario,
presieduta dal Senatore Luigi Torelli, analizzava direttamente le
condizioni igieniche lungo le linee ferroviarie al fine di intervenire
nella protezione dei dipendenti delle ferrovie, constatando che su
8313 km di strade ferrate (al 1° gennaio 1879), ben 3762 si trovavano in zone malariche e di questi 1231 in zone di malaria grave.
Pubblicando nel 1882 la prima “carta della malaria d’Italia”, basata
anche sui dati dei 259 Consigli di Sanità e delle amministrazioni
locali, Torelli richiamava per primo l’attenzione sul fatto che la
malaria fotografava due Italie, quella settentrionale dove (a esclu77
Gilberto Corbellini
sione del litorale veneto) prevaleva la malaria lieve, e quella meridionale (incluse la Maremma e il litorale laziale) dove infieriva la
malaria grave2. La prima statistica sanitaria del Regno veniva pubblicata nel 1887. La malaria risultava essere ancora diffusa su circa
un terzo del territorio italiano; i morti in un anno erano oltre 20.000
ed il numero totale dei casi poteva essere stimato nell’ordine di
circa 2 milioni, su una popolazione complessiva di circa 30 milioni
di persone. La malattia colpiva in modo diverso le Province del
Regno, essendo diffusa maggiormente nel centro, nel sud e nelle
isole. A livello nazionale era circa il 10% la popolazione che viveva stabilmente in zona malarica, e più del triplo vi si stabiliva stagionalmente per lavoro; ma nel Mezzogiorno, su una popolazione di
circa 11 milioni, 8 erano a rischio di contrarre l’infezione. Degli
oltre 20.000 morti ufficiali, circa 18.000 erano concentrati
nell’Italia meridionale e insulare. Gravi erano le ricadute sulla situazione economica del paese, dal momento che la malaria impediva la
coltivazione di oltre 2 milioni di ettari, colpendo in modo pesante i
lavoratori agricoli3. La malattia era, nel centro e sud Italia, strettamente collegata, in un circolo vizioso, agli assetti economico-demografici e fondiari, quali il latifondo, i tipi di coltivazione, le migrazioni stagionali dei contadini, la concentrazione delle popolazioni
nei paesi collinari e montani, lo spopolamento estivo delle pianure
lungo i litorali4.
Un’attenzione generale e particolare per i progressi compiuti
dagli studiosi italiani nella ricerca delle cause della malattia si
manifestò a partire dagli studi che consentirono a Ettore
Marchiafava e Angelo Celli, lavorando negli anni 1884-85 nell’ambito della scuola anatomopatologica romana guidata da Corrado
Tommasi Crudeli5, di confermare le osservazioni di Alphonse
Laveran circa le caratteristiche morfologiche dell’agente eziologico
della malaria. Gli studiosi stabilirono che si trattava di un protozoo
parassita cui diedero il nome di Plasmodium6. Tra la fine del 1885
e i primi mesi del 1886, Camillo Golgi, lavorando ad Abbiategrasso,
scopriva che gli accessi febbrili malarici erano dovuti alla liberazione del parassita nel sangue al termine della fase di “segmenta78
La lotta alla malaria in Italia
zione”, e che le diverse periodicità delle febbri intermittenti dipendevano dall’esistenza di specie differenti di parassiti, con cicli di
sviluppo diversi. Golgi caratterizzò il parassita della malaria quartana (Plasmodium malariae) e quello della terzana primaverile
(Plasmodium vivax)7, mentre l’agente della malaria grave ovvero
delle febbri estivo-autunnali, che causavano migliaia di vittime nel
Lazio e nell’Italia meridionale e insulare, fu descritto alla fine del
1889 da Pietro Canalis, Marchiafava e Celli8. La descrizione morfologica delle diverse specie di parassiti malarici consentì quindi di
correlare, sperimentalmente, la clinica e la patologia della malaria
allo sviluppo del parassita nel sangue e alla sua dislocazione negli
organi interni: anche questi problemi furono affrontati e in larga
parte chiariti attraverso gli studi condotti dalla scuola clinica romana di Guido Baccelli e dal classico studio di Marchiafava e Amico
Bignami del 1892 sulle febbri estivo-autunnali9.
Data la rilevanza scientifica e sociale del problema malaria, in
relazione agli studi sull’eziologia della malaria e sulle caratteristiche clinico-parassitologiche dell’infezione si determinarono immediatamente alcuni conflitti di priorità, che è utile conoscere in quanto probabilmente (anche se la connessione non si può dimostrare)
prepararono anche successivi schieramenti. A parte le riserve
espresse da due importanti figure della comunità medica nazionale,
Angelo Mosso ed Edoardo Maragliano, sulla validità delle osservazioni dei romani Marchiafava e Celli del parassita malarico nei globuli rossi, Marchiafava e Celli contestarono a Golgi l’originalità
delle osservazioni sulla segmentazione del parassita all’interno del
globulo rosso. Inoltre, Battista Grassi manifestò prima delle riserve
circa la natura parassitaria ed endoglobulare dell’agente malarico, e
quindi rivendicò un suo ruolo nella scoperta per aver caratterizzato
il nucleo cellulare10. Infine, Pietro Canalis rivendicava di aver per
primo messo in relazione le semilune con la specificità clinica delle
febbri estivo-autunnali (terzana maligna)11. Queste rivendicazioni si
manifestarono in modi anche particolarmente vivaci, sia attraverso
scambi epistolari sia con pubblicazioni, rappresentando un primo
momento di divisione all’interno di una comunità nazionale di
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Gilberto Corbellini
medici che stavano contribuendo a risolvere il problema malaria.
I disaccordi tra ricercatori e le rivendicazioni di priorità sono del
tutto normali quando si stanno esplorando nuovi territori della
conoscenza, ma possono avere conseguenze in tempi successivi e
contribuire a far luce su piani d’azione intrapresi da alcuni ricercatori che altrimenti non si spiegherebbero. Per esempio, non è improbabile che l’atteggiamento assunto da Camillo Golgi sia in relazione alla scelta di non proporre il nome di Grassi per l’assegnazione
del premio Nobel insieme a Ross, sia per quanto riguarda il ruolo
avuto nella critica della legge per il chinino profilattico voluta da
Celli, sia stato motivato anche da risentimenti maturati negli anni
nei quali si discuteva l’originalità e la valenza delle osservazioni di
Golgi stesso.
Gli studi sulla malaria si stavano comunque concentrando sulle
modalità di trasmissione del parassita. Nel 1894 il medico tropicale
Patrick Manson rilanciava l’ipotesi, già messa in conto ma mai controllata, che fossero le zanzare a fungere da vettore. Manson, partendo dall’analogia con la filariosi, di cui aveva spiegato il meccanismo di trasmissione nel 1879, pensava che le zanzare si infettassero quando pungevano l’uomo e che poi rilasciassero il parassita
nell’acqua quando vi andavano a morire: l’uomo quindi si infettava
bevendo l’acqua inquinata dai germi12. Due anni dopo il patologo
romano Amico Bignami, prendendo come modello la trasmissione
di una malattia parassitaria dei bovini trasmessa dalla puntura delle
zecche, avanzò invece la tesi che le zanzare inoculassero il parassita attraverso la puntura, senza comunque avere ancora le idee chiare su come gli artropodi potessero diventare infettanti13.
Seguendo il suggerimento di Manson, il medico coloniale inglese Ronald Ross realizzò una serie di studi che lo portarono, nel
1897-98, mentre si trovava in India, a dimostrare che un Plasmodio
degli uccelli viene trasmesso dalle zanzare. Egli osservò altresì,
nutrendo una zanzara con sangue malarico umano, che le semilune
producevano nello stomaco della zanzara delle particolari cellule
pigmentate. Ross comprese il ruolo delle zanzare nella trasmissione
della malaria, ma, nonostante avesse osservato gli sporozoiti nelle
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La lotta alla malaria in Italia
ghiandole salivari, non poté verificare che la malaria si trasmette
con la puntura della zanzara, né riuscì a stabilire che un solo genere di zanzare, Anopheles, funge da vettore del parassita malarico
umano. Questi due fondamentali fatti vennero accertati sperimentalmente nel 1898, lavorando con un paziente dell’Ospedale di S.
Spirito in Sassia, da Amico Bignami, Giuseppe Bastianelli e
Battista Grassi, che descrissero anche i cicli di sviluppo, nell’uomo
e nella zanzara, delle tre specie di parassiti malarici presenti in
Italia14. Intorno alla rilevanza delle ricerche che videro protagonista
Grassi in rapporto a quelle di Ross per stabilire quale fosse il genere di zanzara che trasmette la malaria si sviluppò una durissima controversia tra i due ricercatori, con ricorrenti precisazioni storiche,
forme di astiosità e risentimenti personali che sarebbero riecheggiati nell’ambiente della ricerca malariologica anche dopo la morte dei
due protagonisti15.
La polemica tra Grassi e Ross, o meglio, gli attacchi denigratori
di Ross nei confronti di Grassi, trovarono eco anche in Italia. In particolare, uno dei più autorevoli igienisti italiani, Luigi Pagliani, nell’occasione dell’assegnazione nel 1903, da parte dell’Accademia di
Torino, del premio Riberi, per il quale concorrevano Grassi e
Sclavo, presentò una relazione devastante contro Grassi e in cui
prendeva le parti di Ross16. Inoltre, Angelo Celli, che nel dicembre
1898, in occasione della prima seduta della Società Italiana per gli
Studi della Malaria, fondata a Roma, aveva riconosciuto a Grassi un
ruolo cruciale17, dopo lo scontro con Grassi sull’Esanofele (di cui si
dirà più avanti) cominciò a sminuire il peso avuto dallo zoologo
nella scoperta del meccanismo di trasmissione della malaria umana.
Peraltro, una parte importante e politicamente influente della
medicina italiana andava al di là della questione di chi avesse dimostrato il ruolo delle zanzare nella trasmissione della malaria umana,
negando di fatto che le zanzare fossero l’unico vettore dell’agente
malarico, ovvero chiamando in causa un non ben definito “terreno
malarico”. Questa posizione fu espressa da Guido Baccelli in un
famoso intervento in Parlamento da cui scaturì un altrettanto famoso
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Gilberto Corbellini
emendamento alla legge n. 406 del 1901, che aveva lo scopo di rendere più efficace la legislazione sul chinino attraverso il censimento
delle zone malariche e la definizione delle situazioni in cui erano
obbligatorie la cura dei malati e le bonifiche18. Nonché, in modo più
sistematico, dal clinico Giacinto Viola, in una serie di articoli pubblicati su Il Tommasi, e quindi raccolti in una monografia significativamente intitolata Critica della dottrina zanzaro-malarica19.
Fu comunque soprattutto in relazione alle strategie di lotta antimalarica che esplosero le divergenze metodologiche e politicoaccademiche. Per capire la natura di tali divergenze, occorre ricordare che la scoperta del meccanismo di trasmissione dava un nuovo
senso a metodi di fatto già utilizzati, e ne suggeriva anche di nuovi.
In particolare, si sviluppò un serrato confronto, basato sulla generalizzazione dei risultati (positivi o negativi) ottenuti localmente
applicando una particolare strategia antimalarica, in cui i preconcetti dottrinali prevalevano spesso sulle istanze pragmatiche e collaborative. In pratica si costituirono, non solo in Italia, diverse scuole di pensiero su quale dovesse essere il metodo da privilegiare. Agli
estremi vi era chi, come il batteriologo tedesco Robert Koch, sosteneva che l’unico metodo efficace era la cura chininica dei malati, da
effettuare soprattutto durante la stagione interepidemica, e chi puntava invece tutto sulla distruzione delle zanzare, come Ronald Ross,
Leland O. Howard e William C. Gorgas20.
In Italia prevalse inizialmente il concetto che nella lotta antimalarica andavano in primo luogo curati i malati, e questo non solo
perché il dovere del medico rimaneva quello di intervenire contro la
malattia, ma anche in base al presupposto che guarendo completamente le persone infette si poteva eliminare la sorgente da cui le
zanzare assumevano il parassita. Tuttavia, per le difficoltà pratiche,
le campagne antimalariche a base di chinino non corrispondevano
al “metodo Koch”, che implicava anche l’identificazione e la cura
delle persone infette durante il periodo interepidemico. Tali difficoltà erano principalmente la scarsa disponibilità di personale sanitario e le carenze organizzative degli interventi. In tal senso, venne
inizialmente proposto da Battista Grassi e Angelo Celli di associare
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La lotta alla malaria in Italia
al trattamento farmacologico la profilassi meccanica, ovvero la protezione delle abitazioni dalle zanzare mediante reticelle metalliche
applicate a porte e finestre.
Tra Grassi e Celli si sviluppò quindi un’intensa polemica su chi
avesse per primo praticato e dimostrato la profilassi meccanica21,
che si estese immediatamente anche alla questione dell’efficacia dei
preparati chininici prodotti dallo Stato in rapporto a un preparato
industriale privato, l’Esanofele, prodotto dalla Ditta Felice Bisleri
& C. Infatti, mentre Celli si prodigava per l’attuazione della legge
del 23 dicembre 1900, che prevedeva la preparazione da parte dello
Stato e quindi la diffusione di varie formule a base di chinino,
Grassi nel 1901 sperimentava a Ostia l’Esanofele. L’Esanofele era
in sostanza la “mistura Baccelli”, che il clinico romano aveva
inventato nel 1869 per trattare la malaria cronica, composta di “solfato di chinina, tartarato ferro-potassico, acido arsenioso puro e
acqua distillata” secondo proporzioni definite. Le “pillole antimalariche” commercializzate dalla Bisleri venivano presentate come
dotate di azione profilattica, curativa e ricostituente, nonché attive
contro i gametociti dei plasmodi, e dal 1900 diversi medici in varie
parti d’Italia furono invitati o chiesero di sperimentare l’Esanofele.
Attraverso una reclamata sperimentazione effettuata a Ostia nel
1901, Battista Grassi riteneva di aver dimostrato una maggiore efficacia del prodotto rispetto ad altri preparati chininici22. Ma i risultati, nonché la correttezza di Grassi nel condurre l’esperimento,
furono in seguito messi in discussione da Angelo Celli. Ne risultò
un’aspra polemica, condotta principalmente sulle pagine delle rivista medica Il Policlinico, nell’ambito della quale Grassi e Celli non
si risparmiarono colpi: mentre Celli concentrava i suoi attacchi contro l’esperimento di Ostia, sostenendo che molte persone trattate
con Esanofele erano state ricoverate al S. Spirito con malaria grave
e questi casi non venivano conteggiati da Grassi, questi non si limitava a dimostrare che Celli aveva informazioni sbagliate, ma lo
accusava anche di essersi appropriato delle sue idee e di suoi materiali per pubblicare il libro La malaria secondo le nuove vedute23.
La battaglia di Celli contro l’Esanofele e l’“industrialismo scien83
Gilberto Corbellini
tifico” andava comunque al di là del bersaglio “Grassi”, puntando
direttamente contro Felice Bisleri. La ricostruzione di tutta la vicenda richiederebbe troppo spazio, ma è comunque utile ricordare che
essa ebbe una vasta risonanza nel Paese, dato che Celli presentò
un’interpellanza in Parlamento il 3 giugno 1901, che furono pubblicate inchieste giornalistiche sugli interessi di Celli nel monopolio
del chinino di stato (sul Gazzettino di Venezia del 2 e 3 dicembre
1901), nonché sugli interessi personali di Celli nella difesa
dell’Euchinina prodotta dalla ditta tedesca Zimmer, e che vi fu addirittura un processo a Grosseto il 19 febbraio 1902 per dibattere la
causa intentata da Felice Bisleri per diffamazione contro un medico
di Grosseto (nel processo Celli funse allo stesso tempo da testimone e perito).
Sta di fatto che tra il 1900 e il 1904, mentre Celli, con l’appoggio di Giustino Fortunato e di altri parlamentari, e grazie all’azione
esercitata dalla Società Italiana per gli Studi della Malaria, riusciva
a far accogliere in Parlamento la sua idea di concentrare comunque
gli sforzi sulla diffusione del chinino per la cura dei malati e quindi, dal 1904, anche per la profilassi della malaria, Grassi veniva
costantemente attaccato e misconosciuto anche in Italia, e ciò lo
indusse ad abbandonare amareggiato gli studi ‘attivi’ sulla malaria24. Il risentimento di Grassi nei riguardi di Celli spiega probabilmente come mai il sostenitore della spiegazione esclusivamente
anofelica della trasmissione della malattia, vale a dire Grassi,
avrebbe collaborato dal 1906 con quei clinici come Baccelli,
Castellino e Viola che criticavano “l’esclusivismo anofelico”: il
bersaglio comune era infatti la politica antimalarica promossa da
Celli. La ricostruzione della intensa polemica che si scatenò all’interno della comunità medica italiana tra il 1906 e il 1911, che vide
una divisione tra chi era pro e chi era contro le tesi di Celli e il modo
in cui questi aveva impostato la lotta antimalarica attraverso la
legislazione promossa insieme a Giustino Fortunato e ad altri parlamentari, è stato uno degli snodi cruciali della storia politico-istituzionale della malaria in Italia di cui si proverà a sintetizzare i termini nonché i passaggi salienti.
84
La lotta alla malaria in Italia
Nel corso dei primi anni del Novecento, Celli divenne progressivamente assertore e propagandò attraverso gli Atti e il Bollettino
della Società Italiana per gli Studi della Malaria25 una concezione
della lotta antimalarica che prevedeva l’utilizzazione secondo
diverse combinazioni (e a seconda delle condizioni locali) dei
diversi strumenti in grado di agire sia sulle cause efficienti (parassita e zanzara) sia sulle cause concomitanti, migliorando l’ambiente,
le condizioni di vita e la “coscienza igienica” delle popolazioni.
Secondo l’igienista romano, “il problema di liberare dalla malaria
il nostro paese [era] molto più arduo che a qualche semplicista non
sembra”26, e poteva ottenersi solo nel contesto di una collaborazione fra il medico, l’ingegnere idraulico, l’agricoltore e il maestro,
vale a dire come risultato del concorso di interventi sanitari, di bonifiche idrauliche, di una adeguata politica del lavoro e della diffusione dell’istruzione. “Unum facere et alterum non omittere” fu il
motto che Celli coniò e andò ripetendo dal 190227, e a cui tutto sommato avrebbe fatto riferimento la malariologia italiana soprattutto
dalla metà degli anni Venti. In quest’ottica si comprende l’impegno
politico e umanitario di Celli, insieme alla moglie Anna Fraentzel,
per lo sviluppo della legislazione antimalarica, per l’applicazione
delle leggi sul Chinino di Stato e per la diffusione dell’istruzione tra
i contadini28. Nondimeno, Celli, per superare le difficoltà e i ritardi
di interventi che dovevano dipendere dal concorso di più parti
sociali, si fece promotore soprattutto dell’utilizzazione profilattica
del chinino, che fece accogliere anche a livello legislativo, nel 1904,
assicurando la gratuità del farmaco ai poveri e ai lavoratori a rischio
di contrarre la malaria, non solo per la cura ma anche per la profilassi. In realtà, fino al 1902 Celli nei suoi lavori era stato un critico
dell’efficacia profilattica del chinino, anche se in seguito avrebbe
asserito di essere stato un sostenitore della profilassi chininica sin
dal 189929.
L’enfasi posta da Celli sul “chinino profilattico” (nel senso che
malgrado l’unum facere etc. a partire dal 1902-3 egli sostenne prioritariamente la profilassi chininica) e la teoria, che egli difendeva
con forza, secondo la quale la profilassi immunizzava contro l’infe85
Gilberto Corbellini
zione, apparivano a diversi medici, ma soprattutto a Rocco
Santoliquido, a capo della Direzione Generale di Sanità, prive di
fondamento. Così come appariva implausibile l’affermazione che
l’assunzione continuata di chinino alle dosi necessarie per la profilassi fosse innocua. Santoliquido chiese espressamente al Consiglio
Superiore di Sanità di esprimersi sulle tesi di Celli, e il Consiglio si
espresse con un documento che criticava la teoria che l’assunzione
continuata del chinino avesse un effetto immunizzante e fosse priva
di effetti collaterali30. A questo punto va detto che a scatenare lo
scontro tra Celli e Santoliquido, a parte le opposte visioni politiche
(Santoliquido era liberale e fedele giolittiano, mentre Celli era radicale31) furono sia i continui attacchi di Celli alla Direzione Generale
per i ritardi nell’applicazione degli interventi previsti dalla legislazione, sia, in concomitanza con la promulgazione della legge del
1904 che accoglieva l’idea di distribuire gratuitamente il chinino
anche per uso profilattico, un’azione al limite della rilevanza penale, promossa da Celli in qualità di Presidente della Società Italiana
per gli Studi della Malaria.
Celli aveva inviato ai medici provinciali delle zone malariche
una lettera circolare in data 20 giugno 1904 in cui, lasciando intendere un accordo con la Direzione Generale di Sanità, chiedeva loro
di organizzare, con il concorso degli ufficiali sanitari della provincia, campi sperimentali per il controllo dell’efficacia del chinino
usato per la profilassi. Venuto a conoscenza del fatto, il Ministro
dell’Interno, Giovanni Giolitti, emanò una circolare in data 4 agosto 1906 in cui si diffidavano i medici provinciali dal praticare l’esperimento, ricordando che la legge per il chinino profilattico era
già in vigore dal 19 maggio 1904 e che quindi i medici erano obbligati a somministrare il chinino e non potevano mettersi a studiare
l’azione del farmaco in quanto tutti i cittadini italiani avevano diritto alla cura. Criticato dalla Direzione Generale della Sanità, Celli si
difendeva abbastanza maldestramente sostenendo di non avere mai
suggerito di fare esperimenti32.
Nel maggio del 1906 Giolitti firmava, su proposta di
Santoliquido, un decreto che istituiva una Commissione di clinici e
86
La lotta alla malaria in Italia
patologi per studiare l’applicazione delle leggi per il chinino di
stato. La prima riunione si tenne il 4 luglio del 1906 sotto la presidenza di Guido Baccelli, il quale informò i presenti - tra cui Golgi,
Grassi, Badaloni, Castellino, De Renzi, Gosio, Santoliquido e De
Giaxa - che il loro lavoro doveva consistere in un’indagine dettagliata al fine di modificare la legislazione antimalarica33.
Al di là delle intenzioni, abbastanza verosimilmente intese a disarticolare la politica antimalarica affermatasi agli inizi del secolo
grazie all’azione parlamentare di Celli, Fortunato, Franchetti e di
altri, che colpiva peraltro gli interessi del mondo industriale farmaceutico e dei proprietari terrieri - intenzione che Celli costantemente rivendicava accusando di “industrialismo” chiunque criticasse il chinino di Stato34 - l’attività della Commissione e delle sottocommissioni produsse una serie di inchieste, e quindi di campagne
sperimentali, in tutte le zone malariche del Paese, che disegnavano
un quadro assai più complesso della diffusione della malaria in
Italia. In modo particolare, da queste inchieste, che confluirono
nella famosa Relazione Badaloni presentata al Consiglio Superiore
di Sanità nell’agosto del 190935, emergevano tutti i limiti di una
legislazione antimalarica indubbiamente avanzata, ma davvero difficile da applicare per le resistenze sia da parte dei proprietari terrieri che non intendevano pagare il chinino per i loro dipendenti sia
da parte delle popolazioni a rischio che non credevano nell’efficacia del farmaco o non lo assumevano a causa degli effetti collaterali che provocava, e per una organizzazione non del tutto efficiente
delle associazioni a cui veniva affidata la distribuzione del chinino
(in modo particolare la Croce Rossa nell’Agro Pontino, come si
evinceva da un’indagine coordinata da Grassi).
Il consumo di chinino, durante i primi anni dell’applicazione
delle leggi sul “Chinino di Stato”, ebbe quindi un diverso successo
nelle regioni del nord e del sud del Paese. Come risulta dalla
Relazione Badaloni, nelle Province di Alessandria, Milano, Pavia,
Vercelli, Verona e Rovigo, dove la campagne erano coordinate da
Camillo Golgi e Adelchi Negri, la vendita del chinino era stata
accompagnata da un consumo corretto del farmaco per la cura della
87
Gilberto Corbellini
malattia (mentre veniva trascurata l’assunzione a scopo profilattico), e ciò grazie ad un maggior sviluppo delle infrastrutture sanitarie e alla ‘disciplina’ della popolazione. Nelle zone del meridione,
al contrario, alle opposizioni della popolazione al chinino e alla difficoltà oggettiva di reperire i lavoratori avventizi, si aggiungevano
la mancanza di centri di assistenza e la diffidenza dei contadini
verso i medici, identificati tra le categorie avverse, insieme ai grandi proprietari terrieri e ai caporali. Di fatto, l’efficacia del chinino si
esplicava in modo diverso da quello atteso: nel senso che, pur non
venendo assunto a scopo profilattico, veniva accumulato, per venderlo al mercato nero e quindi contrabbandarlo, ma utilizzandolo
comunque quando si manifestava la malattia. In questo modo il farmaco era comunque disponibile e contribuiva a ridurre la mortalità
e la morbilità36.
Il contrasto interno alla comunità malariologica italiana assunse
a questo punto una connotazione schiettamente politica, nonché di
contrapposizione accademica37. In altri termini, la comunità malariologica e medica si divise sulla questione dell’efficacia della profilassi chininica e della legislazione antimalarica, e poiché il problema malaria presentava importanti risvolti economici e sociali, la
polemica si sviluppò a livello pubblico su alcuni quotidiani nazionali, dove alla posizione di Celli veniva contrapposta dai critici del
chinino profilattico - nonché spesso esponenti del Partito Socialista,
come Nicola Badaloni e Giuseppe Tropeano38 - la tesi che la lotta
antimalarica doveva basarsi principalmente sulla cura obbligatoria,
sulle bonifiche, e mirare allo smembramento dei latifondi nel sud
dell’Italia. Nell’ottobre del 1909 veniva fondata a Milano la Lega
Nazionale Contro la Malaria, sotto la presidenza di Golgi e con l’avallo di Baccelli e Grassi, che sanciva formalmente la spaccatura
all’interno della malariologia italiana. Una spaccatura che per circa
un anno, dall’agosto del 1909 all’agosto del 1910, risuonò sulla
stampa quotidiana con attacchi e repliche al vetriolo tra i protagonisti. Per i contenuti e la forma, tra queste polemiche va segnalata
quella, abbastanza garbata, che vide protagonisti Baccelli, Bignami,
Celli e Grassi in relazione a un ordine del giorno votato
88
La lotta alla malaria in Italia
dall’Accademia Medica di Roma, dove in sostanza Baccelli si dissociava pubblicamente dal sostegno dato dall’Accademia alle tesi di
Celli, mentre Bignami e Celli ribadivano la validità della profilassi
chininica, con Grassi che si distingueva sostenendo la non praticabilità del metodo e affermando come unico valido quello della cura
radicale associata alla protezione meccanica39.
Non meno significativi per comprendere la dimensione pubblica
del confronto e come certi rapporti personali tra i protagonisti si fossero gravemente deteriorati sono gli attacchi reciproci che si scambiarono Celli, da una parte, e Badaloni e Alessandro Lustig, dall’altra, sulle pagine dell’Avanti! nel febbraio 1910, ovvero poco dopo
la pubblicazione della Relazione Badaloni e della creazione della
Lega, mentre non meno violenta fu la polemica esplosa su Il
Mattino tra Celli e Pietro Castellino nel marzo dello stesso anno40.
La polemica si spense quindi lentamente anche per il progressivo
ritiro di Celli dall’impegno politico e sanitario a causa della malattia che lo avrebbe portato alla morte nel 1914.
Una provvisoria conclusione che si può trarre dalla ricostruzione
dei contrasti che attraversarono la malariologia e la lotta antimalarica in Italia è che verosimilmente non si può sostenere che in Italia
prese forma un “metodo” definito e condiviso per affrontare la
malaria come problema di sanità pubblica. Né che sul palcoscenico
romano abbia operato una scuola di malariologia caratterizzata da
una visione coerente del problema. Questo non sminuisce in alcun
modo il valore delle ricerche e dell’opera civile dei protagonisti. Gli
studi e l’azione di Celli sono solo resi più verosimili se si riconosce
che la sua tensione morale condizionava spesso negativamente la
sua capacità di valutare criticamente i dati empirici e di cogliere i
vincoli etici e legali a cui doveva comunque sottostare la ricerca
medica. Così come, al di là degli intenti volti a dimostrare l’inadeguatezza della legislazione antimalarica promossa da Celli anche
attraverso attacchi direttamente rivolti contro la sua credibilità
scientifica, (intenti ben evidenti in alcuni documenti del Consiglio
Superiore di Sanità o in relazioni redatte da Baccelli, Golgi e
Grassi), le inchieste e le campagne antimalariche promosse dalle
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Gilberto Corbellini
Commissioni di patologi, clinici e igienisti che hanno operato a partire dal 1906 rappresentarono un contributo a un inquadramento più
realistico del problema malaria in Italia.
BIBLIOGRAFIA E NOTE
1. CORBELLINI G., MERZAGORA L. La malaria tra passato e presente. Catalogo della
mostra allestita presso il Museo di Storia della Medicina dell’Università “La Sapienza”,
Roma, 1998; COLUZZI M. e CORBELLINI G., I luoghi della mal’aria e le cause della
malaria. Medicina nei Secoli 1995; 7:575-598; FANTINI B., Biologie, médecine et
politique de la santé publique: l’exemple historique du paludisme en Italie. Tesi di
Dottorato in Scienze Storiche e Filologiche, Ecole pratique des Hautes Etudes, La
Sorbonne, Paris, 1992.
2. TORELLI L., La carta della malaria d’Italia. Firenze, 1882.
3. CELLI A., La malaria secondo le nuove ricerche. Roma, Società Editrice Dante
Alighieri, 1899.
4. BONELLI F., La malaria nella storia demografica ed economica d’Italia: primi lineamenti di una ricerca. Studi Storici 1966; 4:659-687; CORBELLINI G. e MERZAGORA, La malaria, op. cit. n. 1.
5. Nel 1879 Corrado Tommasi Crudeli e e il batteriologo tedesco Edwin Klebs annunciavano di aver trovato nei terreni paludosi un bacillo, che battezzarono “bacillus malariae”, di essere riusciti a coltivarlo in terreni sintetici e di averlo inoculato in animali
provocando sperimentalmente la febbre. Il bacillo di Klebs-Tommasi Crudeli, alla luce
di più accurate osservazioni microscopiche e indagini sperimentali, si rivelò un miraggio. Cfr. FANTINI B. Biologie, médicine et politique, op. cit. n. 1.
6. MARCHIAFAVA E., CELLI A., Nuove ricerche sulla infezione malarica. Annali di
agricoltura 1885; 35:5-32; vedi FANTINI B., Biologie, médicine et politique de la santé
publique, op. cit. n. 1.
7. MAZZARELLO P., La struttura nascosta. La vita di Camillo Golgi. Bologna, Cisalpino
- Istituto Editoriale Universitario, 1996.
8. MARCHIAFAVA E., CELLI A., Sulle febbri malariche predominanti nell’estate e nell’autunno in Roma. La Riforma Medica 13 settembre 1889; 214; CANALIS P., Intorno
a recenti lavori sui parassiti della malaria. Lettera al Presidente della R. Accademia
Medica di Roma. Roma, Stabilimento Tipografico Italiano, 1890.
9. MARCHIAFAVA E., BIGNAMI A., Sulle febbri malariche estivo-autunnali. Torino,
Ermanno Loescher & C., 1892.
10. I termini delle discussioni che furono sollevate dalla questione circa la natura e la mol-
90
La lotta alla malaria in Italia
tiplicazione dell’agente eziologico della malaria sono efficacemente ricostruire in
MAZZARELLO P. La struttura nascosta, op. cit. n. 7.
11. CANALIS P., Intorno a recenti lavori, op. cit. n. 8. La rivendicazione di Canalis sarebbe successivamente riecheggiata anche nel corso della polemica che esplose tra i medici romani nel 1916 in occasione della successione alla cattedra di clinica medica di
Guido Baccelli, alla quale il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione designò
Ettore Marchiafava. Contro tale deliberazione furono avanzate forti critiche, soprattutto da parte di Achille Sclavo, che metteva in dubbio l’orginalità degli studi effettuati
da Marchiafava. A queste critiche rispondevano sia MARCHIAFAVA E., Per la storia
degli studi della malaria in Roma. Rivista Ospedaliera (sezione scientifica) 1916;
12:3-19; sia BASTIANELLI, G., Ancora a proposito della successione di Guido
Baccelli. Risposa all’articolo del Prof. Sclavo. Rivista Ospedaliera (sezione scientifica) 1916; 12:23-28. Canalis replicava quindi polemicamente: CANALIS, P., Per una
più completa e più esatta storia degli studi della malaria. Risposta del Prof. P. Canalis
ai Professori G. Bastianelli ed E. Marchiafava. L’Igiene Moderna 1916; IX (11):1-10.
12. MANSON P., On the nature and significance of the crescentic and flagellated bodies
in malarial blood. British Medical Journal 8 December1894; 1306-8.
13. Vedi FANTINI B., Biologie, médicine et politique, op. cit. n. 1.
14. Ibid.; cfr. CELLI A., Società italiana per gli studii della malaria. Giornale della Reale
Società Italiana d’Igiene 1898; 12:3-11; GRASSI B., Le recenti scoperte sulla malaria
esposte in forma popolare. Rivista di Scienze Biologiche 1899; 7:3-55; ID., Studi di
uno zoologo sulla malaria. Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1901.
15. Vedi FANTINI B. Biologie, médicine et politique, op. cit. n. 1. Grassi rivendicò per se
stesso un ruolo più determinante di quello di Bignami e Bastianelli nel condurre gli
esperimenti dimostrativi del 1898, soprattutto quando, trovandosi a polemizzare con
Angelo Celli e Luigi Pagliani, affermava che questi avevano tentato di cancellare il
fatto che fu lui a suggerire di utilizzare Anopheles claviger per trasmettere sperimentalmente la malaria. Vedi in particolare GRASSI B., Aggiunta all’opera “Studi di uno
zoologo sulla malaria”. A proposito della storia delle recenti scoperte sul modo di trasmissione della malaria. Risposta del Prof. B. Grassi al Prof. Pagliani. Milano,
Tipografia A. Rancati, 1903.
16. La relazione di Pagliani fu interamente pubblicata in GRASSI B., Aggiunta all’opera.,
op. cit. n. 15.
17. CELLI A., Società italiana, op. cit. n. 14.
18. BACCELLI G., Per la profilassi della malaria. Policlinico (sezione medica) 1901;
VIII: 251-252.
19. Cfr. VIOLA G., Critica della dottrina zanzaro-malarica. Napoli, Stab. Lito-tipografico G. Civelli, 1908. Il volume era in pratica un estratto che raccoglieva quattro artico-
91
Gilberto Corbellini
li pubblicati su Il Tommasi, nn. 35 e 36 del 1907, e nn. 1 e 2 del 1908. Il numero 9 del
30 marzo 1908 pagina 208 de Il Tommasi riportava una lettera di Grassi al direttore,
Pietro Castellino, in cui il primo sfidava Viola a un confrontarsi con lui sull’argomento di fronte a una commissione di esperti: chi fosse stato giudicato perdente avrebbe
dovuto pagare una multa di 2.000 lire “a beneficio di uno zoologo non ancora occupante una cattedra”. La risposta di Viola fu derisoria nei riguardi di Grassi, che a suo
parere pretendeva che le verità scientifiche trovassero il loro “corso legittimo col bollo
dell’ipse dixit solennemente impressovi da un consesso di Illustri”. Chiamato ulteriormente da Viola a dimostrare che le zanzare possono “infettarsi solamente dall’uomo,
e l’uomo infettarsi solo dalle zanzare”, Grassi rispondeva sul numero 14 della rivista
(pp. 329-330) ribadendo che i suoi critici dovevano trovare qualche caso di malaria
senza che vi fosse stata una puntura di “anofeli”. Gli risposero (pp. 330-331) sia il
direttore Pietro Castellino, sia lo stesso Viola (che accennava alla polemica con Ross
punzecchiando Grassi con l’affermazione che al medico inglese andava riconosciuta
l’originalità della “scoperta degli Anopheles”), ribadendo che al di là della possibilità
di ricondurre agli “anofeli” anche i casi di malaria descritti da Viola in assenza di anofelismo, restavano come fatti contrari all’esclusivismo sostenuto da Grassi: l’ignoranza circa il meccanismo di insorgenza e di estinzione dell’epidemia; l’esiguità “del
seme umano” sufficiente a infettare la zanzare; “l’anofelismo il paludismo senza malaria”; il persistere dell’infezione nel latifondo deserto. Se qui viene ricordata questa
polemica è perché in quegli stessi anni Grassi collaborava comunque con Castellino
nella Commissione di patologi, clinici e igienisti che doveva controllare l’applicazione delle leggi antimalariche, e sempre insieme a Castellino e Viola partecipò nell’ottobre del 1909 alla nascita della Lega Nazionale contro la Malaria (vedi infra).
Considerando che le attività della Commissione e della Lega erano dichiaratamente
contro Celli, è significativo il fatto che Celli prendesse le difese di Grassi nella polemica con Viola; vedi CELLI A., La malaria in Italia durante il 1907. Ricerche epidemiologiche e profilattiche. Riassunto. Atti della Società per gli Studi della Malaria
1908; IX:675-729:685.
20. CORBELLINI G. e MERZAGORA L., La malaria, op. cit. n. 1.
21. L’efficacia della protezione meccanica (soprattutto reti metalliche montate sugli infissi delle abitazioni e abbigliamenti protettivi da indossare) era stata ampiamente studiata da Grassi nel corso di esperienze realizzate nel 1899 a Maccarese e quindi nella
piana di Capaccio. Grassi definiva la protezione meccanica uno dei due “marciapiedi
della gran via” (l’altro era la cura obbligatoria) per combattere efficacemente la malaria soprattutto nell’Italia centrale e meridionale. Tuttavia, a causa del disinteresse dei
proprietari terrieri e di una scarsa propaganda igienistica, l’applicazione della protezione meccanica non risultava efficace (gli abitanti delle case non riparavano le reti-
92
La lotta alla malaria in Italia
celle quando si rompevano, o trascuravano di chiudere le porte o addirittura smontavano le reticelle per farne altri usi), né la tecnica fu perfezionata da adeguati studi ingegneristici.
22. Vedi i contributi di Grassi in: GRASSI B. (in collaborazione con BARBA MORVIHY
C., PITTALUGA G., NOÈ G. e RICCIOLI C.), Relazione dell’esperimento di profilassi chimica contro l’infezione malarica fatto a Ostia nel 1901. Milano, Premiato
Stabilimento Tipografico A. Rancati, 1902.
23. Ibid., Introduzione, Riassunti e Commenti a firma di Battista Grassi. Grassi si difende
dall’accusa di “industrialismo scientifico” sostenendo che dopo gli esperimenti di
Grosseto non aveva più avuto finanziamenti dalla Direzione Generale di Sanità e che
dopo le leggi per il chinino di Stato si poteva sperimentare solo l’Esanofele. Vedi anche
GRASSI B., Per la verità, Milano, Tipografia A. Rancati, 1902, dove lo zoologo
risponde agli attacchi del giornale L’Adige di Verona sempre in merito alla vicenda
dell’Esanofele.
24. Grassi smise solo di fare ricerche sperimentali sulla malaria, mentre continuò a intervenire nel dibattito pubblico e come si vedrà partecipò alle commissioni governative
che studiarono l’applicazione delle leggi per il chinino di stato, nonché alla fondazione, nel 1909, della Lega Nazionale Contro la Malaria.
25. Sulla storia della Società Italiana per gli Studi della Malaria vedi BETTINI PROSPERI M. e CORBELLINI G., Una tradizione malariologica durata settant’anni (18981967). In: GEMELLI G., RAMUNNI R. e GALLOTTA V., Isole senza arcipelago.
Imprenditori scientifici, reti e istituzioni tra Otto e Novecento. Bari, Palomar, 2003, pp.
55-82.
26. CELLI A., La malaria in Italia durante il 1901. Ricerche epidemiologiche e profilattiche. Riepilogo. Atti della Società per gli Studi della Malaria 1902; III:628-656: 656.
Il riferimento era chiaramente all’affermazione di Battista Grassi secondo cui la malaria era un “colosso coi piedi di creta”: GRASSI B., Studi di uno zoologo, op. cit. n.
14. Come ha mostrato Mario Coluzzi, Grassi aveva compreso nel corso dei suoi studi
sull’anofelismo senza malaria le basi ecologiche dell’instabilità della malaria in ltalia.
Cfr. COLUZZI M., The clay feet of the malaria giant and its African roots: hypotheses and inferences about origin, spread and control of Plasmodium falciparum.
Parassitologia 1999; 41: 277-283.
27. CELLI A., La malaria in Italia durante il 1901, op. cit. n. 26.
28. ALATRI G., La scuola non è che il principio. In: ALATRI G. e CIACCIARELLI M.
R. (a cura di), La scuola nell’Agro Romano e nell’Agro Pontino dall’Unità d’Italia alle
“città nuove”. Roma, Ed. Poligraf., 1994; ALATRI, G., Anna Fraentzel Celli (18781958). Parassitologia 1998; 40:377-421.
29. CELLI A., La malaria in Italia durante il 1903. Ricerche epidemiologiche e profilat-
93
Gilberto Corbellini
tiche. Riepilogo. Atti della Società per gli Studi della Malaria 1904; V:865-902.
30. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno – Direzione Generale della Sanità
(1882-1915), b. 84, “Consiglio Superiore di Sanità”.
31. Angelo Celli fu eletto per il Partito Repubblicano nel 1892 e rimase in Parlamento fino
alla XXIII legislatura. Fece parte della Commissione di vigilanza per il chinino di
Stato e della Commissione per l’applicazione della legge Baccelli per l’Agro Romano.
32. La vicenda si trova ricostruita con tanto di documentazione allegata nella Relazione
fatta dal Direttore Generale della Sanità al Consiglio Superiore di Sanità nelle adunanze del 14 e 15 giugno 1909 circa l’applicazione delle leggi sul chinino e contro la
malaria, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno - Direzione Generale
della Sanità (1882-1915), b. 96, fasc. 20183.1.
33. Vedi la documentazione sulle prime riunioni della Commissione insediata da Giolitti e
riunitasi per la prima volta sotto la presidenza di Baccelli il 4 luglio 1907, nonché della
sotto-commissione guidata da Golgi che il 4 e 5 luglio definì le metodologie e il programma di lavori, da cui si evince come l’obiettivo fosse la modificazione delle leggi
antimalariche e in modo particolare di quella del1904 sul chinino profilattico. Archivio
Centrale dello Stato, Ministero dell’Intemo - Direzione Generale della Sanità (18821915), b. 94.
34. Particolarmente illuminante è una documentazione ritrovata nell’Archivio Casini, tra
le carte della Società per gli Studi della Malaria. Si tratta di diverse versioni, tra cui
una manoscritta, di un testo redatto da Angelo Celli e da questi sottoposto a Giustino
Fortunato, Leopoldo Franchetti ed Ettore Marchiafava, per richiedere la sottoscrizione. Il documento è intitolato Come procede la esecuzione delle leggi contro la malaria. Rapporto a S.E. il Ministro dell’Intemo On. Giolitti, e come sottolineano le lettere di adesione di Fortunato, Franchetti e Marchiafava (che tra l’altro, consentono di
datare il documento al maggio 1909) presentava accenti fortemente polemici nei
riguardi dell’ “industrialismo”, che toccavano anche Grassi, che i firmatari chiedesero
a Celli di attenuare (trovando parziale accoglienza per le loro richieste): Sezione di
Storia della Medicina Università “La Sapienza” di Roma (proveniente dall’ Istituto di
Parassitologia), Archivio Casini, Società per gli Studi della Malaria, b. 1.
35. BADALONI N., La lotta contro la malaria. Relazione al Consiglio Superiore di sanità. Roma, Tipografia delle Mantellate, 1910. Cfr. anche il verbale della seduta dell’11
agosto 1909 del Consiglio Superiore di Sanità in cui veniva presentata la Relazione
Badaloni (Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Intemo - Direzione Generale
della Sanità (1882-1915), b. 84). Sulle reazioni del mondo contadino nel Mezzogiorno
vedi anche CORTI P., Malaria e società contadina nel Mezzogiorno. In: Storia
d’Italia. Annali 7. Malattia e Medicina, Torino, Einaudi, 1984, pp. 635-678.
36. Le relazioni delle diverse sottocommissioni che condussero le inchieste e coordinaro-
94
La lotta alla malaria in Italia
no le campagne antimalariche localmente sono consultabili presso l’Archivio Centrale
dello Stato, Ministero dell’Interno – Direzione Generale di Sanità, (1882-1915), bb.
81-96.
37. Un’ulteriore polemica che vide contrapporsi Celli e il Consiglio Superiore di Sanità fu
quella riguardante l’efficacia dei cioccolatini di tannato di chinino. Mentre Celli ne
difese l’efficacia e chiamò diversi farmacologi a sostegno della propria posizione, che
mirava di fatto a facilitare la profilassi dei bambini i quali rappresentavano peraltro il
vero anello forte della catena della trasmissione malarica, il Consiglio Superiore di
Sanità si pronunciò contro l’utilizzazione, e i cioccolatini prodotti dalla Farmacia
Militare furono esportati verso altri paesi. Vedi Archivio Centrale dello Stato,
Ministero dell’Interno - Direzione Generale della Sanità (1882-1915), b. 84.
38. La figura di Giuseppe Tropeano, stretto collaboratore di Castellino e di fatto protagonista delle iniziative politiche antimalariche nel Mezzogiorno, è abbastanza indicativa
di una forte connotazione politico-sociale della questione malaria, ovvero di una
sovrapposizione spesso arbitraria di istanze sociali e politico-legislative su quelle prettamente medico-biologiche. Attraverso la battaglia per inquadrare la malaria come una
“questione sociale”, Tropeano approdò a una personale concezione della medicina
sociale in cui i problemi medico-sanitari dovevano essere ricondotti alle loro radici
sociali e quindi affrontati attraverso interventi legislativi. Tropeano sarebbe quindi
transitato dal Partito socialista a quello fascista, continuando abbastanza ottusamente
nelle critiche di natura ‘clinica’ contro l’esclusivismo anofelico e il chinino profilattico fino al 1938. TROPEANO G., Il problema malaria. In: Trattato di Medicina
Sociale, CORUZZI C., TRAVAGLI F., WASSERMANN A. & C. (a cura di), Milano,
1938, vol. II, pp. 503-556.
39. Le lettere di Baccelli, Bignami, Celli e Grassi furono pubblicate su La Tribuna, Il
Popolo Romano, La libera parola e Il giornale d’ltalia.
40. Per dare un’idea dei toni, si può solo ricordare che Lustig si lamentò per le offese personali contenute in un articolo di Celli e che Il Mattino chiosò l’articolo conclusivo di
Castellino del 12 maggio 1910, Polemiche sulla malaria. Ultima risposta all’On. Celli
confessando di aver emendato i contributi dei due antagonisti dei “passi troppo vivaci”. Anche l’ Avanti! commentò negativamente gli attacchi troppo personali contenuti
in alcuni articoli di Celli.
Correspondence should be addressed to:
Gilberto Corbellini, Sezione di Storia della Medicina, Viale dell’Università, 34/A - 00185
Roma. e-mail: gilberto. [email protected]
95
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 103-114
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
VITTORIO ERSPAMER (1909-1999).
LUCIA NEGRI
Dipartimento di Farmacologia, Università di Roma ‘La Sapienza’, Roma, I
SUMMARY
VITTORIO ERSPAMER (1909-1999)
Vittorio Erspamer’s scientific achievements are highlighted by illustrating
his long-life commitment to research and to truth, as well as his untiring
rhythm of work, both in Italy and abroad - in the scientific expeditions
organized to gather amphibians all around the world. His life and career
are set against the background of Italian political and cultural life in the
Novecento.
È importante sottolineare il carattere oggettivo della ricerca
disinteressata e la natura indipendente delle verità che essa persegue.
A chi ripete che la verità è qualcosa di malleabile e di soggettivo,
sfugge che in tal modo la ricerca diventa impossibile. Inoltre costoro
sbagliano quando pensano che un ricercatore non possa seguire la
propria curiosità del tutto indipendentemente dai vantaggi o
dall’utilità che possono derivare dalle sue scoperte. Nessuno nega che
molte ricerche non siano di questo tipo, ma una parte lo è… L’uomo,
come animale sociale, non è interessato soltanto a fare scoperte sul
mondo: uno dei suoi compiti è di agire in esso. L’elemento scientifico
riguarda i mezzi, l’elemento filosofico si occupa dei fini. È
principalmente a causa della sua natura sociale che l’uomo si trova di
fronte a problemi etici. La scienza può dirgli come determinati scopi
possano essere meglio raggiunti. Quel che non può dirgli è se egli
debba perseguire uno scopo piuttosto che un altro.
Bertrand Russell, Wisdom of the West, 1959.
Keywords: Vittorio Erspamer – Neurotransmitters – Serotonine
103
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 115-120
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
L’ARCHIVIO DI VITTORIO ERSPAMER
COSTANZA LISI
Cooperativa ‘RomArchivi’, Roma, I
SUMMARY
THE ERSPAMER ARCHIVE
After graduating from Pavia University in 1935, Vittorio Erspamer (19091999) worked in Germany and held chairs in Pharmacology at Bari,
Pavia and Rome universities. One of the first researchers to take an
interest in neurotransmitters, he isolated enteramine (subsequently named
serotonine). He also isolated, in amphibians and mollusks, peptides
acting on muscle cells and receptors involved in pain-regulatory
mechanisms. The archive contains his laboratory notes, as well as his
malacology and amphibian skins collection.
1. L’archivio: i quaderni di esperienze
L’archivio è stato donato nel 2001 alla Sezione di Storia della
medicina da Giuliana Falconieri, moglie di Vittorio Erspamer e professore di Farmacologia. I materiali versati sono stati da lei selezionati; ma una precedente selezione e riordino era stato eseguito dallo
studioso stesso.
L’archivio è costituito da 64 tra fascicoli, registri, scatole. Si tratta di un archivio privato di non grandi dimensioni, ma ricco; la qualità e la natura del materiale documentario in esso conservato caratterizzano il fondo Erspamer come un archivio con una forte connotazione di documentazione della pratica scientifica. I materiali conservati, infatti, sono in prevalenza relativi all’attività di studio e di
ricerca svolta da Erspamer a partire dagli anni Trenta del
Keywords: Vittorio Erspamer – Scientific archives – Laboratory notes
115
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 127-134
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
L’ARCHIVIO DI GIUSEPPE MONTALENTI
NICOLETTA VALENTE
Memoria srl – Società di servizi archivistici, Roma, I
SUMMARY
THE MONTALENTI ARCHIVE
The archival fund by Giuseppe Montalenti, the distinguished Italian
genetist and biologist, comprehends correspondence - both personal and
scientific -, papers on his activity as a collaborator to the Enciclopedia
Treccani, documentation on Montalenti’s engagement in the politics of
science in Italy and abroad in the 1950s-60s, a collection of offprints and
books. A large part of the archive refers to the activities of the IUSB
(International Union of Biological Sciences).
Alla fine del 1994 fummo invitati da Flora Valentino e Gilberto
Corbellini a fare un sopralluogo presso l’Istituto di Genetica per
presentare una proposta di sistemazione delle carte che erano state
di Giuseppe Montalenti. L’Istituto era stato il suo ultimo luogo di
lavoro e lì aveva lasciato il suo archivio professionale; a Roma egli
si era stabilito nel 1960 quando fu chiamato alla Cattedra di
Genetica dopo aver trascorso vent’anni a Napoli, prima alla
Stazione Zoologica, poi all’Università.
Le carte erano collocate in armadi e classificatori situati in stanze
diverse dell’Istituto, come se la sua memoria marcasse una presenza
diffusa nei luoghi che l’avevano visto a lungo protagonista: ma occorreva ora dare un futuro a questa memoria, a partire dalla salvaguardia
delle sue carte cui non era garantita al tempo un’adeguata vigilanza
sulla loro integrità nonostante l’amorevole cura di Flora Valentino.
Keywords: Scientific archives – Giuseppe Montalenti – Italian genetics
127
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 135-158
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
GENETICA E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE. IL CONTRIBUTO DI GIUSEPPE MONTALENTI ALLA BIOLOGIA
CONTEMPORANEA
FABIO DE SIO
Unità di Storia della Scienza e Archivio Storico, Stazione Zoologica “Anton
Dohrn”, Napoli, I
SUMMARY
GENETICS AND INTERNATIONAL COOPERATION. GIUSEPPE MONTALENTI AND MODERN BIOLOGY
Giuseppe Montalenti (1904-1991) belongs to the generation of scientists
that - through scientific and political efforts - have contributed to the rebuilding of Italian and European science after WWII. In this essay I will
briefly encompass his contribution to the science of Genetics as a
researcher, as an academic and as a science administrator, especially
focusing on his valuable contributions to the field of Human Population
Genetics in the 1950s and 1960s and on his role in the promotion of
projects of international cooperation (viz. the International Biological
Program of the ICSU, 1965-1974).
Giuseppe Montalenti (Asti 1904 - Roma 1991) appartiene alla
generazione di studiosi che, avendo cominciato la propria carriera
scientifica sotto il fascismo, costituirono, all’indomani della liberazione, la classe dirigente cui spettava lo scomodo compito di rifondare la scienza biologica nazionale e di contribuire, al contempo,
alla (ri)costruzione di una comunità scientifica internazionale.
Protagonisti di questo rinnovamento furono pochi individui, accoKeywords: Genetics - History - G. Montalenti
135
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 159-166
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
MONTALENTI E L’EVOLUZIONISMO
BARBARA CONTINENZA
Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, I
SUMMARY
MONTALENTI AND EVOLUTIONISM
The paper highlights the role played by Giuseppe Montalenti in the
dissemination of evolutionism in Italy in the 20th century, from the Thirties
to the Seventies. Through a shrewd use of bibliographic policies translations, introductions to Darwin’s and Darwininian works Montalenti succeeded in popularizing evolutionism, as well as a broader
notion of biology, in the comparatively backward cultural and scientific
Novecento Italian scene.
Nel 1965, Giuseppe Montalenti pubblicava per l’Einaudi un piccolo libro: L’evoluzione. Si trattava, in realtà, della rielaborazione di
un testo già uscito, nel 1958, per la ERI, e a sua volta nato da una
serie di lezioni tenute alla radio dallo stesso Montalenti, “con l’intento preciso”, spiegava l’autore, nella brevissima Prefazione all’edizione Einaudi, “di contribuire a dissipare l’equivoco”1.
L’equivoco, o il “pregiudizio”, come anche lo chiamava in apertura della Prefazione, era quello, “ancora diffuso in Italia, … che
l’evoluzione sia una teoria biologica antiquata, ormai superata
dall’indirizzo sperimentale della scienza moderna; una teoria di cui
non è stato possibile dare una dimostrazione definitiva”.
Proponendosi appunto di dimostrare “la fallacia del giudizio negativo e l’infondatezza dell’atteggiamento scettico” che aveva caratterizzato la storia dell’evoluzionismo nei primi decenni del
Keywords: Evolutionism in Italy – Giuseppe Montalenti
159
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 173-178
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
L’ARCHIVIO DI ADRIANO BUZZATI TRAVERSO
MARGHERITA BETTINI PROSPERI, COSTANZA LISI
Cooperativa ‘RomArchivi’, Roma, I
SUMMARY
THE BUZZATI TRAVERSO ARCHIVE
The life and activity of Adriano Buzzati-Traverso are significantly linked
to the birth and development of genetics in Italy, as well as to the
achievements and the shortcomings of the creation of a ‘modern’ notion
and policy of science in our country. His archive sheds light on public and
private aspects of his activity, especially the creation of important
research centers.
1. Cenni biografici
Adriano Buzzati-Traverso (1913-1983) è stato uno dei più
importanti genetisti e scienziati italiani del Novecento, attivamente
impegnato nella ricerca, ma anche nella definizione di una politica
della scienza in Italia. Fratello dello scrittore Dino Buzzati, nasce a
Milano nel 1913. Negli anni ‘30 stringe contatti con l’ambiente
scientifico statunitense, trascorrendo un periodo negli USA. Nel
1937 è a Pavia, alla facoltà di zoologia. Negli stessi anni coopera
con Luca Cavalli Sforza, interessandosi alla nascente genetica
popolazionale e alla radiogenetica.
Dopo la seconda guerra mondiale, trascorsa in gran parte in
Africa in prigionia, nel 1948, Buzzati -Traverso è nominato come
titolare di una delle prime cattedre di genetica in Italia,
all’università di Pavia, dove resterà fino al 1969. Dal 1952 al 1959
Keywords: Scientific archives – Adriano Buzzati-Traverso – Italian genetics
173
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 179-192
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
TRA BIOLOGIA E UTOPIA. ADRIANO BUZZATI TRAVERSO
NELLA SCIENZA ITALIANA.
MAURO CAPOCCI*
Roma, I
SUMMARY
BIOLOGY AND UTOPIA. ADRIANO BUZZATI TRAVERSO AND ITALIAN
SCIENCE
The paper aims at reconstructing the scientific career of Adriano BuzzatiTraverso, a prominent character in Italian biology after the Second World
War. In the Fifties and the Sixties, he was able to introduce the new
molecular approaches in life sciences. A great scientific manager, much
ahead of his times (at least in Italy), he successfully organized the first
postgraduate courses of genetics and molecular biology in Pavia, and
later created the International Laboratory of Genetics and Biophysics in
Naples. Between 1962 and 1969, this institution gained the greatest
respect in the scientific community, but the political turmoil in 1969
abruptly ended this fascinating attempt to modernize Italian science.
Buzzati-Traverso’s personal archive allows us to reconstruct the detailed
history of his scientific enterprises, focusing particularly on the hard
struggle to modernize management and policies of Italian science.
Adriano Buzzati-Traverso (1913-1983) è stato un personaggio
molto particolare nel contesto delle scienze biomediche italiane
dopo la Seconda Guerra Mondiale. Insieme ad uno sparuto gruppo
di ricercatori, è stato uno dei principali attori del rinnovamento culturale che questo ambito ha conosciuto fino alla fine degli anni
Sessanta. Il suo ruolo è andato oltre la semplice attività scientifica.
Keywords: ILGB (International Laboratory of Genetics and Biophysics)Molecular Biology – Genetics - Science politics - Italian genetics
179
Mauro Capocci
Il suo grande merito è stato infatti quello di pensare la ricerca insieme alla sua organizzazione, introducendo un modello di ‘scienziato-manager’ completamente nuovo per la baronale e ingessata accademia italiana. Il grande risultato ottenuto da Buzzati-Traverso fu la
fondazione, a Napoli nel 1962, del Laboratorio Internazionale di
Genetica e Biofisica (LIGB), frutto di un’intensa attività diplomatica capace di convogliare risorse da diverse fonti istituzionali come
il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN), il Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’EURATOM. Nella mente di
Buzzati-Traverso, il LIGB avrebbe dovuto essere la “European
Cold Spring Harbor”1, un’istituzione capace di attirare scienziati e
finanziamenti da tutto il mondo, costituendo un luogo efficiente di
ricerca e formazione avanzata. Il LIGB era il punto di arrivo di un
percorso lungo più di un decennio che Buzzati-Traverso aveva
intrapreso per portare la ricerca biologica italiana al livello degli
altri paesi sviluppati, non solo per la produzione scientifica ma in
generale per l’organizzazione e la gestione delle risorse. Nel 1950
Buzzati-Traverso scriveva:
oggi si getta via una quantità notevole di pubblico danaro per fare degli
edifici imponenti, lustri, di bella apparenza (almeno per qualche anno);
che poi essi rispondano alle esigenze del buon funzionamento di un
laboratorio sembra questione secondaria… In Italia, con un po’
d’insistenza, si riesce sempre ad ottenere da enti pubblici o privati
quattrini per costruire muri, e magari degli apparecchi costosi, ma quasi
mai si riesce ad ottenere del danaro per il funzionamento di un
laboratorio, per aumentare il personale o per offrire a questo un
trattamento economico meno vergognoso2.
La sua battaglia all’interno dell’accademia italiana fu il frutto
delle numerose esperienze di lavoro all’estero (soprattutto negli
Stati Uniti) che Buzzati-Traverso ebbe sin dagli anni Trenta, quando si avvicinò alla genetica nei laboratori dell’Università dell’Iowa
(con E.W. Lindstrom) e a Berlino (con N.W. TimofeefRessowsky)3. La visita negli Stati Uniti ebbe luogo nel 1934 durante il corso di laurea in Scienze Naturali (all’Università di Milano), e
che fu decisivo per indirizzare Buzzati-Traverso verso la nuova
180
Tra biologia e utopia
genetica di popolazioni. Durante la permanenza americana, ebbe
contatti con alcuni dei più importanti genetisti dell’epoca, tra cui
Thomas Hunt Morgan (che nel 1933 aveva vinto il Nobel per i suoi
lavori pionieristici sui cromosomi), Theodosius Dobzhansky e
Sewall Wright (due dei fondatori della teoria sintetica dell’evoluzione)4. Se l’incontro con Dobzhansky fu decisivo per orientare
Buzzati-Traverso sullo studio della genetica popolazionale della
drosofila, la collaborazione con Timofeef-Ressowsky (poi vittima
delle persecuzioni staliniste) a Berlino aprì a Buzzati-Traverso la
strada della radiogenetica. Proprio allo studio sperimentale dell’evoluzione tramite l’uso di radiazioni si dedicò Buzzati-Traverso
dopo la Guerra, divenuto nel 1948 professore di genetica a Pavia.
Ma più in generale l’ambiente culturale con cui Buzzati-Traverso si
trovò a contatto sin dalla nascita fu decisivo per educarlo ad una
mentalità cosmopolita. Il padre Giulio Cesare era un noto studioso
di diritto internazionale, e aveva insegnato all’ateneo pavese dal
1894 fino alla morte nel 1920. La madre Alba Mantovani era invece nobile, di origine veneziana. Inoltre, Adriano era il fratello dello
scrittore e giornalista Dino Buzzati, una circostanza che lo mise in
contatto con numerosi editori di punta nel panorama italiano. Ne
derivò un’intensa attività di pubblicista e divulgatore scientifico
sulle pagine de L’Europeo, Il Giorno, l’Espresso, Sapere, che lo
rese noto anche al di fuori della comunità scientifica, soprattutto per
la schiettezza dei suoi scritti e la sua autonomia etica ed intellettuale. Nel corso degli anni, infatti, non esitò a schierarsi contro il
Partito Comunista nella vicenda Lysenko5,6, entrando in polemica
con il gruppo di biologi che difendeva la scelta staliniana7. Si attirò
in questo modo alcune antipatie, ma per fortuna della nascente
genetica italiana anche altri biologi vicini al PCI - tra cui Giuseppe
Montalenti e Franco Graziosi - si opposero al lysenkoismo. Ma
anche il Vaticano fu bersaglio degli strali polemici di BuzzatiTraverso, in particolare per le posizioni retrive rispetto al controllo
delle nascite8. Proprio l’essere al di fuori delle due ‘parrocchie’
della cultura italiana fu il tratto distintivo di Buzzati-Traverso, che
prdusse però alterni risultati. Si trovò infatti più volte attaccato da
181
Mauro Capocci
destra e da sinistra. La vicenda napoletana del LIGB è esemplare al
riguardo.
1. Il LIGB
L’archivio di Adriano Buzzati-Traverso ha dato l’opportunità di
comprendere l’origine del LIGB e le complesse circostanze che ne
hanno segnato il destino, prima in positivo poi in negativo. Il LIGB
viene inaugurato nel 1962, dopo diversi anni di pubbliche relazioni
che sono riuscite a far convergere sul laboratorio di Napoli il sostegno nazionale e internazionale da parte di diversi enti. L’idea di un
nuovo luogo di ricerca e formazione, che diventasse punto di riferimento nazionale e internazionale e che fosse dedicato alle nascenti
discipline molecolari, affonda le radici nelle esperienze che
Buzzati-Traverso fece negli Stati Uniti. Negli anni Cinquanta egli
fu infatti il primo direttore del centro di genetica della Scripps
Institution of Oceanography a La Jolla, California, oltre a essere
ricercatore ospite in numerosi istituti.
Tornato in Italia, nel 1957 Buzzati-Traverso assunse la direzione
della Divisione biologica del Centro Nazionale per le Ricerche
Nucleari (CNRN), dipendente dal CNR. Con il patrocinio del
CNRN, furono organizzati due corsi biennali sugli effetti biologici
delle radiazioni ionizzanti, iniziati rispettivamente nel 1957 e nel
1959, che usufruirono anche di un finanziamento della Rockefeller
Foundation. Questi corsi videro la partecipazione di un numero
limitato di studenti (15 nel primo corso, 10 nel secondo), ammessi
per concorso in base al curriculum, ai loro interessi di ricerca e alla
conoscenza della lingua inglese. Nell’archivio di Buzzati-Traverso
(busta 31) sono conservati anche molti dei verbali di questi esami di
ammissione, e tra gli studenti sfilano i nomi dei più importanti
genetisti e biologi molecolari italiani (tra questi Marcello Buiatti,
Guido Modiano, Anna Ruffilli, Mario Terzi). I corsi erano spiccatamente orientati all’attività di laboratorio, e non solo teorici. Inoltre,
tutti gli studenti selezionati godevano di una borsa di studio (le
borse erano offerte dal CNEN e in minor misura da organizzazioni
private), e il loro impegno era a tempo pieno, con lezioni e semina182
Tra biologia e utopia
ri da seguire nonché i cosiddetti “journal club” da tenere a turno, in
modo da dimostrare la capacità di comprensione e critica di diverse
tematiche scientifiche9. Tra i docenti, figurano Seymour Benzer,
Renato Dulbecco, Ronald A. Fisher, Joshua Lederberg, Salvador
Luria: difficile immaginare un corpo insegnanti più prestigioso. Gli
allievi di questi corsi (i “corsari”) li ricordano come un’esperienza
affascinante, faticosa e decisamente innovativa10, che anticipò alcune delle sensazioni poi provate all’interno del Laboratorio di
Napoli. Parte di questi studenti furono infatti chiamati a collaborare nel nuovo istituto, dove di nuovo vissero l’esperienza di sentirsi
parte di un’élite, di un’impresa umana e scientifica di alto valore.
Buzzati-Traverso usò tutte le sue capacità di lobbying per far
convergere sul LIGB diversi interessi. Dal 1959 era a capo dell’Ad
hoc Working Group for Biology nato in seno all’EURATOM, e
sfruttò la posizione per coagulare consenso intorno alla sua impresa. Nell’ottobre 1961 accennò al progetto in una riunione del gruppo, dimostrando di avere ben chiare in mente quali fossero le caratteristiche del futuro istituto, accennando a un corso sulla genetica
del fago che si sarebbe effettivamente concretizzato nel 196311.
Riuscì anche ad attirare il CNR dalla propria parte, in particolare
grazie al sostegno di Luciano Caglioti e del senatore socialista
Carlo Arnaudi. Nei verbali del Consiglio di Presidenza del CNR,
Caglioti e Arnaudi sottolineano infatti la novità dell’iniziativa; in
particolare, è Arnaudi - uno dei pochi politici italiani a comprendere l’importanza della ricerca scientifica - ad affermare che “la validità della nuova istituzione risiede anche nel tentativo di rompere
gli schemi tradizionali”12.
All’interno del CNR, e quindi dell’ambiente accademico, le principali opposizioni provennero dai componenti della Commissione
di Genetica e Medicina, preoccupati dell’autonomia di cui l’Istituto
avrebbe goduto e dei finanziamenti che avrebbe sottratto alle altre
iniziative di ricerca. Il CNEN fu invece da subito disposto a collaborare: la comunità dei fisici fu sempre di grande aiuto per BuzzatiTraverso, che in effetti ne ammirò la capacità di ottenere importanti risultati scientifici e istituzionali, conservando onestà e correttez183
Mauro Capocci
za13; e Felice Ippolito, direttore del CNEN, non fu da meno.
La convenzione tra CNEN, EURATOM e CNR fu finalmente
siglata (EURATOM-CNR-CNEN n. 012-61-12 BIAI) ed entrò in
vigore nel 1962. La localizzazione napoletana fu probabilmente
scelta per motivi geopolitici: al bisogno di sviluppo del
Mezzogiorno si accompagnava il fatto che Luigi Califano, presidente del Comitato Biologia e Medicina del CNR, era un influente
membro dell’ateneo partenopeo; inoltre, la vicinanza con la
Stazione Zoologica – fondata nel 1872 e negli anni Cinquanta
finanziata anche dalla Rockefeller Foundation14 - sarebbe stato un
valore aggiunto per l’impresa scientifica, mentre la bellezza del
golfo di Napoli avrebbe rappresentato un’attrattiva, secondaria ma
comunque da tenere presente, per i ricercatori invitati dall’estero.
Inoltre, un documento conservato nella busta 49, probabilmente del
1966, mostra l’esistenza di un gruppo di ricercatori e manager
scientifici che spinge perché il CNR dedichi degli sforzi a creare a
Napoli una cittadella scientifica di alto livello:
Da oltre cinque anni il nostro gruppo di studiosi (Prof. A. BuzzatiTraverso, Prof. E. Caianiello, Prof. A. Liquori) si è reso conto che nella
città di Napoli si poteva costituire il primo esempio italiano di una “area
della ricerca”… Fin d’allora risultava chiaro che un siffatto complesso
avrebbe potuto comprendere non soltanto istituti già esistenti, ma avrebbe
inevitabilmente catalizzato la localizzazione nell’area di altre attività
scientifico-tecniche e di ricerca industriale, che avrebbero potuto trarre
vantaggio dalla vicinanza di laboratori di ricerca avanzata15.
I primi anni videro l’ascesa del LIGB a livello internazionale,
con studenti e ricercatori di tutto il mondo e pubblicazioni di grande valore. Anche i corsi tenuti con il contributo di diverse organizzazioni internazionali (tra cui la European Molecular Biology
Organization e l’International Cell Research Organization) furono
un successo: quelli sulla genetica del fago, tenuti nel 1963 e nel
1964, una novità fuori dagli Stati Uniti; e poi i primi due corsi al
mondo sull’ibridazione DNA-RNA, tenuti da Sol Spiegelman. Nel
1964 vi fu una prima crisi amministrativa (segnata dalle temporanee
184
Tra biologia e utopia
dimissioni di Buzzati-Traverso). Giovanni Polvani (presidente del
CNR fino al 1965) espresse l’esigenza di restringere la libertà
gestionale goduta dal LIGB, soprattutto in seguito ai timori suscitati dalle vicende giudiziare che coinvolsero l’ex direttore dell’Istituto
Superiore di Sanità, Domenico Marotta, e quello del CNEN, Felice
Ippolito. Ippolito fu arrestato nel marzo 1964, dopo diversi mesi di
indagini suscitate dagli attacchi del socialdemocratico Giuseppe
Saragat, probabilmente in seguito all’opposizione da parte del
CNEN alla privatizzazione dell’energia nucleare in Italia. La campagna contro Ippolito fu fomentata soprattutto dai giornali della
destra e dagli industriali dell’elettricità. L’accusa di irregolarità
amministrative portò a una prima pesante condanna a 11 anni, poi
ridotti in appello. Nel 1968 fu lo stesso Saragat, divenuto presidente della Repubblica, a graziarlo16. Pochi mesi dopo Ippolito, fu arrestato Domenico Marotta, ex direttore dell’ISS, sempre per presunte
irregolarità amministrative. In primo grado Marotta fu condannato
a sei anni, per poi essere assolto in appello17. La politica stava tornando ad occuparsi di scienza, con la consueta miopia.
Nel 1967 finì il contratto con l’EURATOM, e il LIGB passò
sotto il controllo diretto del CNR, con conseguenze sull’inquadramento dei dipendenti. Si fecero strada anche i primi malumori per i
trattamenti economici molto peculiari offerti dal LIGB: molto più
alti della media universitaria italiana (per competere sul mercato
internazionale dei cervelli) e soprattutto non uguali a pari livello.
D’altra parte già nel 1950, nel citato Ricerca, danaro, muri e uomini, pubblicato sulla rivista dello stesso CNR, Buzzati-Traverso
aveva messo per iscritto la necessità di una gestione competitiva e
concorrenziale degli stipendi per i ricercatori, denunciando
Stipendi ridicoli, impossibilità pratica di licenziamento per scarso
rendimento, numero di posti insufficiente e fissato da tabelle organiche
costanti attraverso le ere geologiche, impossibilità di determinare una
concorrenza basata su diversi livelli di stipendio corrispondentemente
alle capacità ed al rendimento, estrema difficoltà di ottenere sia da enti
pubblici sia da enti privati danaro per stipendi a laureati e tecnici, con
185
Mauro Capocci
sufficiente garanzia di continuità18 .
Nella primavera del 1969 la protesta esplose: nel più ampio quadro delle lotte dei tecnici, che seguirono il movimento studentesco
e anticiparono l’autunno caldo19, fu animato da uno sparuto gruppo
di ricercatori, insieme a gran parte dei borsisti e alla quasi totalità
dei dipendenti amministrativi. Le istanze degli occupanti andavano
da una maggiore democraticità nella gestione, a normali richieste
sindacali, fino a una critica ideologica della “corporazione” di
scienziati che Buzzati-Traverso aveva creato con il LIGB20. Dopo
poco più di un mese di protesta generalmente pacifica, durante il
quale il laboratorio continuò a funzionare, Buzzati-Traverso si
dimise. Le conseguenze di questi eventi sono tuttora percepibili
nelle parole dei protagonisti, ognuno di loro legato a una diversa
visione dello psicodramma che ebbe il LIGB come scenario.
Purtroppo gli avvenimenti non sono ricostruibili in modo certo
attraverso fonti documentarie, tuttavia si può con una certa tranquillità affermare che la protesta assunse nel corso dei mesi un sempre più spiccato carattere di avversione nei confronti del direttore,
esasperato da un lato dall’estrema sinistra che rivendicava il carattere sociale della scienza (in contrasto con l’attitudine elitaria di
Buzzati-Traverso)21, dall’altro dall’accademia napoletana, da un
gruppo accademico conservatore che colse l’occasione per espellere dal loro territorio un elemento di disturbo.
Buzzati-Traverso uscì enormemente frustrato da queste vicende,
e non ne fece più parola. Anche negli editoriali di Sapere, rivista di
cui nel 1968 aveva assunto la direzione, non se ne trova traccia,
nonostante i numerosi richiami al sottosviluppo delle istituzioni di
ricerca italiane. Subito dopo le dimissioni dal LIGB, che rimarrà
commissariato per diversi anni, Buzzati-Traverso andò a Parigi
come direttore per la Divisione di Scienze dell’UNESCO. Durante
quest’incarico curò una importante pubblicazione22, per poi spostarsi allo United Nations Environmental Program, per il quale preparò un dettagliato progetto di monitoraggio dei cambiamenti
ambientali sulla Terra, da effettuare con rilevazioni satellitari.
186
Tra biologia e utopia
Proprio in queste pubblicazioni si può forse vedere l’eredità più
forte della vicenda LIGB: l’interesse per temi ambientali e sociali,
già presente negli scritti di Buzzati-Traverso (anche in quelli scientifici23,24), vira gradualmente da un atteggiamento positivistico
quasi neo-illuminista verso un’attitudine più critica verso la società
tecnologica occidentale25,26,27.
2. Utopie
Parallelamente al LIGB, tuttavia, Buzzati-Traverso coltiva anche
due utopie mai divenute realtà, che sono alcune delle tappe più interessanti che si possono ricostruire tramite i documenti presenti nell’archivio. Il primo, direttamente legato al progetto napoletano, è
l’International Studium of Molecular Biology (ISMB), un centro di
ricerca e formazione che avrebbe dovuto associare al LIGB un vero
e proprio campus universitario costruito sul modello delle università americane. L’accordo tra il LIGB, l’Università della CaliforniaBerkeley e la National Science Foundation americane era già pronto a partire nel 1967, con un finanziamento cospicuo proveniente da
oltreoceano. Il progetto prevedeva che il LIGB e Berkeley si associassero e mettessero a disposizione le loro risorse:
The University of California at Berkeley will provide its experience in
graduate education in the form of a flow of professors who embody that
experience. Courses at the Studium will be given by members of the UC
faculty who will be detached … to the faculty of the Studium28.
Il CNR, tramite il LIGB, avrebbe invece messo a disposizione
terreni ed edifici, che avrebbero compreso gli alloggi per gli studenti (20 l’anno, in un corso di studi di 3 anni che avrebbe portato
al conseguimento del titolo di Ph.D, riconosciuto internazionalmente). Il progetto, che doveva partire già dal 1967, si arenò sulla ricerca di uno spazio adatto e disponibile: gli spazi sul terreno della
Mostra d’Oltremare furono più volte oggetto di negoziati, mai andati a buon fine per le resistenze opposte dall’Ente che gestiva questo
residuato fascista. Nel 1969, con la crisi del LIGB, scompariva dall’orizzonte della ricerca italiana un’istituzione di ricerca che avreb187
Mauro Capocci
be dovuto essere “a voluntary (sic) association of masters who will
conjoin their energies in Naples to educate the young scholars to
the level of masters” 29.
Nel 1957, quando Buzzati-Traverso tornò in Italia dagli USA, si
era dato da fare per realizzare quella che chiamò “idea folle”: la
creazione di un’università tecnica con la partecipazione di soggetti
privati, qualcosa di simile al Massachusetts Institute of Technology
di Boston. Un memorandum del 195830 per l’amministratore delegato della farmaceutica Lepetit, Guido Zerilli-Marimò (consegnatogli dall’ing. Luigi Orsini, un consulente della stessa impresa), riassume il progetto di Buzzati-Traverso (elaborato, secondo il memorandum, con il prof. De Finetti, dell’università di Roma, con il prof.
Chisini, di Milano, e con il gen. Nobile, di Napoli). Suddiviso in
due branche, ‘Ramo Ingegneresco’ e ‘Ramo Chimico Biologico’, il
denominato Istituto Superiore di Tecnologia Industriale avrebbe
dovuto avere un numero limitato (500) di studenti dei quali metà
con borse di studio offerte dalle imprese private. La Rockefeller
Foundation sembrava aver assicurato, in via informale, l’appoggio
all’iniziativa, come sempre però vincolata alla garanzia di un finanziamento che assicurasse la durata del progetto su lunga scadenza.
L’ambiente viene pensato come del tutto simile a quello delle università americane, con studenti-lavoratori che vengono impiegati
nell’ordinaria gestione dell’istituto, e soprattutto viene proposto
l’abbattimento della barriera esistente tra i curricula liceali e quelli
tecnici.
Il problema dei finanziamenti si presenta però impossibile da
risolvere. Il ministro per il commercio estero Guido Carli, del
Governo Zoli (in carica tra il 1957 e il 1958) si dimostra interessato all’iniziativa31, e così il presidente della Repubblica Luigi
Einaudi che si raccomanda che l’iniziativa sia basata su un criterio
“veramente privato”32, mentre più tiepida è l’accoglienza degli
imprenditori. Ad esempio Gino Martinoli, amministratore delegato
dell’AGIP Nucleare (come tale beneficiario ideale di un progetto
formativo tecnico di alto livello), che teme che i grandi finanziamenti necessari “non si potranno trovare in Italia soprattutto con un
188
Tra biologia e utopia
impegno a lunga scadenza”33.
All’inizio del 1959, uno spazientito Buzzati-Traverso cerca
ancora il contatto con Guido Zerilli, che tuttavia sembra continuare
ad ignorare le richieste d’aiuto. Con il passare del tempo i tentativi
cambiano forma: si trova nell’archivio (senza data, ma probabilmente della fine del 1958) un “memorandum su la fondazione in
Torino di un Istituto Universitario di Tecnologia”, da affiancare al
Politecnico34. Un altro progetto viene presentato nel giugno 1959 al
Centro di Azione Latina - ente diretto da Zerilli e del cui comitato
direttivo Buzzati-Traverso faceva parte – con la dicitura “Memoria
sulla istituzione in Italia di un istituto interlatino privato di tecnologia intitolato a ‘Enrico Fermi’”. Nel verbale della sessione del 23
Giugno 1959 in cui viene proposta l’iniziativa, l’istituto è denominato “Libera Università Politecnica Interlatina”.
Alla fine del 1960 è Alexander Hollaender, direttore della
Divisione di Biologia dell’Oak Ridge National Laboratory, a scrivere a Enrico Cuccia, potente padre-padrone di Mediobanca, sottolineando la necessità dell’aiuto delle imprese private per lo sviluppo scientifico di un paese. Buzzati-Traverso era stato a Oak Ridge
nella prima metà dell’anno, mentre a giugno fu l’americano a venire in Italia. Si può dunque ipotizzare che Hollaender e BuzzatiTraverso abbiano discusso un piano d’azione. Hollaender fa il nome
di Edoardo Amaldi come referente, il quale a sua volta cita BuzzatiTraverso come persona a cui chiedere consigli in merito alla lettera
di Hollaender. I contatti, che pian piano fanno riprendere forma a un
progetto simile all’Istituto universitario di tecnologia, soprattutto
per ciò che riguarda la partecipazione privata, sono documentati
nell’archivio solo fino al luglio 1962. Cuccia comunque, pur assicurando un generico impegno, non farà mai concessioni nei confronti dell’iniziativa35.
L’attività di lobbying di Buzzati-Traverso non si fermò. Diverse
copie dei progetti per l’Istituto vengono mandate al Senatore
Giuseppe Medici, a Vincenzo Caglioti, a Vittorio Tonolli e ad altri
personaggi della cultura italiana. In una di queste lettere, BuzzatiTraverso parla esplicitamente di un progetto di “graduate school di
189
Mauro Capocci
biologia moderna” (probabilmente il costituendo LIGB) per la
quale ha già 400 milioni annui a disposizione, che “potrebbe forse
costituire l’embrione della più grossa impresa”36.
Tra maggio e giugno del 1962 Martinoli riprende a lavorare sul
progetto, coinvolgendo tra gli altri la Fondazione Olivetti, la
Lepetit, la Montecatini e la società di radio e telefonia Telettra di
Milano. Fino al 1967 i contatti andranno avanti, senza mai arrivare
a un risultato fattivo. Il mondo imprenditoriale italiano si rivela
miope di fronte alle proposte di Buzzati-Traverso e dello sparuto
gruppo di persone che si adoperarono per far compiere un salto di
qualità alla comunità scientifica italiana. In queste vicende, e in particolare nella carriera scientifica di Buzzati-Traverso, si trovano
dunque alcune delle chiavi necessarie per risolvere un problema
storiografico ancora aperto: il rapido declino delle scienze della vita
in Italia dopo un periodo di intensa fioritura nei due decenni del
secondo dopoguerra. L’atteggiamento della classe politica e
imprenditoriale italiana, con cui Buzzati-Traverso ebbe a scontrarsi, va associato alle resistenze dell’accademia, spesso troppo occupata a gestire questioni personalistiche per essere lungimirante.
L’eredità di Buzzati-Traverso è comunque presente nella modernizzazione concettuale in biomedicina che egli riuscì a concretizzare in
quegli anni, insieme a pochi altri scienziati.
BIBLIOGRAFIA E NOTE
*Questo lavoro è stato realizzato grazie a una borsa di studio della Fondazione Antonio
Ruberti.
1. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a V.F. Weisskopf e G. Bernardini (Napoli, 13 dicembre 1962). Archivo CERN, Ginevra: DG 20683.
2. BUZZATI-TRAVERSO A., Ricerca, danaro, muri e uomini. La Ricerca Scientifica 1950;
20(6): 757-760.
3. Si veda a questo proposito il curriculum vitae di Buzzati-Traverso, conservato nella busta
4 dell’archivio, che descrive in modo piuttosto dettagliato le esperienze fatte all’estero.
4. La teoria sintetica dell’evoluzione, o sintesi moderna, è l’unione della teoria darwiniana della selezione naturale con la nuova genetica delle popolazioni. La sintesi ha avuto
190
Tra biologia e utopia
luogo tra l’inizio degli anni Trenta e la metà degli anni Quaranta, e ancora oggi, pur con
consistenti modifiche, rappresenta uno dei fondamenti della biologia.
5. BUZZATI-TRAVERSO A., In Russia si nasce secondo la legge di Lyssenko. L’Europeo
1948; 8 novembre: 22.
6. BUZZATI-TRAVERSO A., Scienza e Partito in URSS. Roma Associazione Italiana per
la Libertà della Cultura, 1954.
7. AZZONE L., et al., Professori a rotocalco. L’Unità 1948; 19 Novembre: 3.
8. BUZZATI-TRAVERSO A., Moltiplicatevi e morite di fame. L’Espresso 1968; 11 agosto.
9. BUZZATI-TRAVERSO A., Attività e Programmi del C.N.E.N. Biologia Roma,
C.N.E.N., 1962.
10. CAPOCCI M. and CORBELLINI G., Adriano Buzzati-Traverso and the foundation of
the International Laboratory of Genetics and Biophysics in Naples (1962-1969).
Studies in History and Philosophy of Science, Part C: Biological and Biomedical
Sciences 2002; 33(3): 489-513.
11. Congresso del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (Trascrizione), Milano 1718 Ottobre 1961. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano BuzzatiTraverso, Busta 14, C3.
12. CNR, Verbale Adunanza del 30 novembre 1961, in Archivio Centrale dello Stato Archivio CNR, Archivi, Editor, 1961.
13. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a E. Amaldi e G. Bernardini (24 aprile e 6 maggio
1954). Archivio Edoardo Amaldi, Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di
Fisica.
14. FANTINI B., The History of the Stazione Zoologica Anton Dohrn. An Outline.
http://www.szn.it/acty99web/acty014.htm.
15. Documento senza titolo (3 fogli), 1966. Sezione di Storia della Medicina, Roma,
Archivio Adriano Buzzati-Traverso, busta 49.
16. PAOLONI G., Ippolito e il nucleare italiano. Le Scienze 2005; 440:72-83.
17. PAOLONI G., Il Caso Marotta. Memorie di scienze fisiche e naturali 1999; V, 23:215222.
18. BUZZATI-TRAVERSO A., Ricerca, danaro, op. cit. n. 2.
19. Furono occupati diversi laboratori in tutta Italia, tra cui Frascati, Ispra e la Casaccia.
20. Anonimo, Una corporazione della scienza: il Laboratorio Internazionale di Genetica
e Biofisica di Napoli. Quaderni Piacentini 1969; 38:121-146.
21. Anche il PCI e i sindacati contribuirono comunque alle proteste, e anzi forse appoggiarono delle manovre per sostituire Buzzati-Traverso.
22. BUZZATI-TRAVERSO A. (ed.), La sfida della scienza. Milano, Mondadori, 1976.
23. BUZZATI-TRAVERSO A., I danni da radiazioni alla specie umana. Ulisse 1961;
191
Mauro Capocci
14(43): 41-45.
24. BUZZATI-TRAVERSO A., Let us plan the survival of a representative sample of the
human race after nuclear war. In: Proceedings of the Second International Congress
of Human Genetics. Roma, 1962, pp. 86-87.
25. BUZZATI-TRAVERSO A., L’uomo su misura. Bari, Laterza, 1968.
26. BUZZATI-TRAVERSO A., L’Enciclica contestata. Testo integrale della Humanae
vitae. Documenti episcopali. Roma, Casini, 1969.
27. BUZZATI-TRAVERSO A., Morte nucleare in Italia. Bari, Laterza, 1982.
28. Agreement for the founding of the International Studium of Molecular Biology.
Appendix A, 1968. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano BuzzatiTraverso, Busta 49.
29. Ibid.
30. Appunto per il Dr. Zerilli - Iniziativa Universitaria. Roma, 6 marzo 1958. Sezione di
Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44.
31. ORSINI, L., Lettera a Adriano Buzzati-Traverso, 7 febbraio 1958. Sezione di Storia
della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44.
32. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a Luigi Orsini, 4 Aprile 1958. Sezione di Storia
della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44.
33. MARTINOLI G., Lettera a Luigi Orsini, 8 Aprile 1958. Sezione di Storia della
Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44.
34. Ibid.
35. CORBELLINI, G. e CAPOCCI, M., La rivoluzione mancata, op. cit. n. 10, p. 483.
36. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a Ernesto Rogers, 13 luglio 1961. Sezione di Storia
della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44.
Correspondence should be addressed to:
Mauro Capocci, e-mail: [email protected]
192
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 199-206
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
L’ARCHIVIO DI IDA BIANCO ED EZIO SILVESTRONI
SARA COCUCCI, MARGHERITA MARTELLI
Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, Università della Tuscia, Viterbo, I
Archivio Centrale dello Stato
SUMMARY
THE BIANCO AND SILVESTRONI ARCHIVE
The Bianco and Silvestroni archive contains documents referring to the
scientific and medico-social activity of the two researchers. Documents
illustrate the aims and methods of campaigns directed to the control of
thalassemia in Italy, obtained through the creation of a specific institution
and the involvement of schools and families. A second group of documents
refers to the scientific activity of the two scientists in the field of
hematology and genetics.
Ida Bianco, nata a Roma nel 1917, si è laureata alla Facoltà di
Medicina e Chirurgia di Roma nel 1941. Allieva interna per due
anni nella Clinica Medica diretta da Cesare Frugoni, ha poi speso
tutta la sua vita, oltre che ad aggiornare i suoi studi e le sue ricerche, a battersi per la prevenzione dell’anemia mediterranea, conosciuta anche come talassemia o morbo di Cooley1. Questo aspetto
del suo impegno, prolungatosi per oltre cinquant’anni, è consistito
nel promuovere screening sistematici della popolazione in età scolare e prematrimoniale soprattutto nelle regioni del Sud, nelle isole
della Sardegna e della Sicilia e nelle zone paludose del Veneto
durante gli anni prebellici e postbellici.
I risultati del lavoro di Ida Bianco sono facilmente ravvisabili nei
dati forniti dalle diverse regioni italiane, in particolar modo da quelKeywords: Ida Bianco - Ezio Silvestroni - Italian genetics - Scientific archives
199
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 207-540
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
IL PROBLEMA DELLA CARATTERIZZAZIONE DELLA
TALASSEMIA INTERMEDIA NELLA RICERCA MEDICA
ITALIANA
STEFANO CANALI
Università degli Studi di Cassino, I
SUMMARY
THE PROBLEM OF CHARACTERIZATION OF THALASSEMIA INTERMEDIA IN ITALIAN MEDICAL RESEARCH
The paper reconstructs the investigations and the debates on thalassemia
intermedia in Italy from 1925 to the end of the 1940s. It examines
particularly the contribution of the studies of Ezio Silvestroni and Ida
Bianco to the identification of clinical features and etiological bases of
thalassemia intermedia and consequently the nature of its relationships
with Cooley’s disease.
Introduzione
La talassemia intermedia rappresenta uno dei disturbi ematologici più complessi ed eterogenei. Legata a una moltitudine di difetti
genetici diversi e compositi e conseguentemente contraddistinta da
uno spettro straordinariamente vasto e variegato di manifestazioni
cliniche, la talassemia intermedia è stata sino all’avvento della diagnosi molecolare sul genotipo, un’entità morbosa quanto mai problematica. La quasi totalità dei soggetti con sindromi beta-talassemiche possono infatti essere classificati come affetti da talassemia
major (morbo di Cooley o anche anemia mediterranea) o da talassemia minor, microcitemia. E circa nel 95% di questi soggetti si
Keywords: Thalassemia intermedia - Ezio Silvestroni - Ida Bianco - RiettiGreppi-Micheli disease - History of hematology
207
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 241-262
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
LA PREVENZIONE DELL’ANEMIA MEDITERRANEA NEL
LAZIO: I DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO IDA BIANCO
MARIO FALCHETTI, RAMONA LUPI, LAURA OTTINI*
Dipartimento di Medicina Sperimentale, *Sezione di Storia della Medicina,
Università “La Sapienza”, Roma, I
SUMMARY
PREVENTION OF MEDITERRANEAN ANEMIA IN LATIUM:
IDA BIANCO ARCHIVES
Mediterranean anemia or beta-thalassemia is a hereditary syndrome
characterized by a severe defect in haemoglobin production and an
altered morphology of red blood cells. Homozygous condition for betathalassemia is characterized by short survival. Heterozygous condition is
clinically found in adolescence and is characterized by a less aggressive
phenotype. Ida Bianco, with her husband Ezio Silvestroni, has conducted
a long struggle for beta-thalassemia prevention in Italy. They were the
first to draw up an accurate map of the distribution of thalassemia in Italy
and to conceive and implement a campaign against this genetic disease by
the development of annual screening on at-school teen-agers and premarriage prevention. Here we focused on the analysis of Ida Bianco’s
archives concerning screenings conducted on middle-schools in the
Latium by the “Centro Studi della Microcitemia” of Rome from 1975 up
to today. The results of the thirty-years prevention work in the Latium will
be described.
Ida Bianco ed il suo archivio
L’anemia mediterranea, una forma di talassemia (b-talassemia)
particolarmente comune in Italia nelle regioni insulari, nel meridioKey words: Prevention - Mediterranean anemia - Population screenings - Ezio
Silvestroni - Ida Bianco
241
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 269-280
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
L’ARCHIVIO E LA VIDEOTECA DELL’ISTITUTO DI STORIA
DELLA MEDICINA DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA
ALESSANDRO ARUTA, ELIO DE ANGELIS
Dipartimento di Medicina Sperimentale
Sezione di Storia della Medicina Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, I
SUMMARY
THE ISTITUTO DI STORIA DELLA MEDICINA ARCHIVE AND VIDEO
COLLECTION
The Istituto di Storia della Medicina at Rome University was to a certain
extent a one-man achievement. Founded by Adalberto Pazzini in 1937, its
collections comprehended books, objects, as well as photographs, movies,
and other didactic video. The Istituto was also a center for publications,
conferences and meetings. The archival sources that document its activity
have been re-evaluated and restored in recent years, together with the
collections housed in the Library and in the Museum.
L’Istituto di Storia della medicina dell’Università di Roma “La
Sapienza” - fondato nel 1937 da Adalberto Pazzini (1898-1975),
che lo diresse quasi fino alla morte - è stato trasferito da circa cinquant’anni nell’edificio che ancora occupa. Sin dagli anni in cui gli
oggetti del museo e i libri della biblioteca dell’Istituto di Storia della
Medicina erano collocati nei locali sotterranei dell’Istituto di Igiene
(1938-1953), Adalberto Pazzini pensava ed ambiva ad una struttura
più consona ad ospitarli, fino a quando, il 13 settembre 1954, dopo
uno straordinario lavoro di allestimento del Museo e di sistemazione della Biblioteca, viene inaugurata la nuova ed attuale sede.
Key
words:
History
of
Archives - Rome University - Scientific videos-history
269
medicine
-
Alessandro Aruta, Elio De Angelis
L’archivio dell’Istituto è stato per molti anni in grande disordine.
L’esame sommario che qui si presenta è frutto di un riordino nel
quale si è cercato di rispettare il più possibile lo stato in cui le carte
erano state conservate. L’archivio riflette l’intreccio molto stretto
fra l’attività personale di Pazzini e quella istituzionale dell’Istituto:
la separazione tra l’una e l’altra è quasi impossibile.
1. Il fondo personale di Adalberto Pazzini
Un primo nucleo di documenti è riferibile all’attività di Pazzini
studioso e Direttore dell’Istituto da lui fondato. Oltre a un repertorio manoscritto di voci mediche, da attribuire all’attività professionale del suo autore, che testimonia della ‘lunga durata’ tra i medici
del genere del “commonplace book”, si trovano appunti per lavori,
databili all’incirca dagli anni ‘30 agli anni ‘50 del Novecento, tra i
quali le prime redazioni di voci dell’Enciclopedia Cattolica e
dell’Enciclopedia Bompiani e dattiloscritti di articoli corretti dall’autore. Un nucleo di appunti e materiale vario è riferibile al lavoro di Pazzini sul ritratto di Andrea Vesalio, che risale al 19651.
I documenti personali di Pazzini conservati nell’archivio si riferiscono alla sua iscrizione o affiliazione a numerose società mediche e storico-mediche. La corrispondenza è di grande interesse: purtroppo quella che resta non è che una frazione del totale, sufficiente, tuttavia, a indicare l’estensione delle relazioni italiane e straniere di Pazzini. Le numerose lettere relative all’organizzazione di
convegni e congressi testimoniano dell’intreccio di cui si è detto tra
le attività dell’Istituto e quelle del suo Direttore2. Vi sono poi serie
di lettere sulle collaborazioni di Pazzini a pubblicazioni (19351963), suoi ringraziamenti per felicitazioni (1940-1963) e per la
cerimonia dell’inaugurazione dell’Istituto (1953). Una serie, ordinata semplicemente per anno, dagli anni ‘30 agli anni ‘70, che riunisce lettere non comprese nelle altre serie, risulta la più interessante:
vi si trovano lettere di Giovanni Papini, di Giovanni Gentile, di alte
autorità ecclesiastiche - fra le quali una di Giovanni Battista
Montini, precedente alla sua ascesa al soglio pontificio - e un lavoro inviato dallo storico della medicina Henry Sigerist negli anni ‘50,
270
L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina
probabilmente in vista di una pubblicazione. Infine vi sono lettere
relative al concorso a cattedra di Pazzini - tra le quali spiccano quelle di Cesare Frugoni e Vittorio Puntoni - e su altri concorsi e questioni universitarie.
2. Materiale vario
In questa sezione sono stati riuniti materiali diversi, riguardanti
soprattutto collaboratori esterni alle diverse attività dell’Istituto, e
in particolare alle pubblicazioni. Presso l’Istituto di Storia della
Medicina, grazie all’infaticabile impegno di Pazzini, si pubblicavano una rivista e diverse collane di studi e saggi. Vi sono lavori dattiloscritti e manoscritti presentati per la pubblicazione: una Storia
della Neuropsichiatria (anni ‘40) di Gustavo Tanfani; il manoscritto dell’opera su Morgagni di Davide Giordano, poi pubblicata negli
anni ‘40 da UTET3, e, sempre dello stesso autore, un testo sulla chirurgia operatoria in Italia; numerosi altri contributi per la rivista.
Sono poi conservati curricula, in alcuni casi accompagnati da
immagini, di diversi personaggi legati alla storia della medicina e
alla medicina in Italia nel Novecento; una corrispondenza del clinico Vittorio Puntoni, risalente al 1946.
In un’ultima sezione sono stati riuniti i materiali d’archivio
diversi che sono stati ritrovati nella sede dell’Istituto, la cui provenienza e uso sono rimasti incerti o impossibili da determinare. Tra
questi, i materiali - diplomi, attestati, fotografie - provenienti dalla
collezione di Raffaele Bastianelli, che ha donato all’Istituto anche
un fondo librario; le carte di Francesco La Cava (1877-1958) di
argomento storico-medico; un fondo di corrispondenza in fotocopia, che comprende, tra le altre, lettere di Camillo Golgi e Aldo
Castellani; copie di documenti di età moderna eseguite presso
l’Archivio di Stato di Roma.
3. Il fondo dell’Istituto e del Museo
In questa sezione sono conservati materiali molto diversi, pochi
dei quali di tipo strettamente amministrativo - la documentazione
sull’attività amministrativa dell’Istituto è notevolmente lacunosa.
271
Alessandro Aruta, Elio De Angelis
Di grande interesse risultano comunque i materiali relativi all’incremento delle collezioni museale e libraria, di cui si conservano i
buoni di carico e i registri inventariali a partire dagli anni ‘30, che
testimoniano dell’assenza di una distinzione chiara fra Biblioteca e
Museo nei primi anni di vita dell’Istituto. Una parte consistente di
questo fondo riguarda l’organizzazione di congressi e convegni
(come già ricordato, questa serie deve essere integrata con i documenti presenti nel fondo personale di Pazzini)4. Completa questa
parte del fondo dell’Istituto nella sua prima fase poco materiale su
uno degli aspetti più controversi dell’attività di Pazzini, quella dei
concorsi per la libera docenza in Storia della Medicina. L’attività
del successore di Pazzini alla direzione dell’Istituto, Luigi
Stroppiana, è documentata da corripondenza e altro materiale (quasi
tutto degli anni ‘70 del Novecento).
Il fondo relativo al Museo di Storia della Medicina comprende,
oltre a una documentazione sulle visite e altra corrispondenza (dal
1946 al 1975), una ricca documentazione fotografica, con testimonianze sulla vita universitaria e del Policlinico “Umberto I”5.
4. La videoteca
Negli stessi anni nei quali viene fondato l’Istituto di Storia della
Medicina, Pazzini pone particolare attenzione alla creazione di un
archivio fotografico, affiancato da un servizio di fotoriproduzione
(per le esigenze di scienziati e ricercatori) e di realizzazione di diapositive, ma in modo particolare il suo interesse è rivolto alla produzione e raccolta di filmati di carattere storico medico, essenzialmente finalizzati a scopi didattici.
Il neonato centro di ricerca costituisce un’entità unica e del tutto
autonoma all’interno della città universitaria. Disponendosi su quattro livelli, l’edificio comprende, oltre agli spazi dedicati alla didattica, agli uffici, al Museo e alla Biblioteca, anche un archivio, unico
nel suo genere per qualità e quantità, di materiale fotografico, cinematografico ed attrezzature per realizzarlo e proiettarlo. Col passare degli anni e attraverso alterne vicende, l’interesse nei confronti di
un così vasto ed importante materiale è venuto meno.
272
L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina
Frutto del generale intervento di rivalutazione, riorganizzazione
e rinnovamento di tutta la Sezione, ad opera dell’attuale direzione,
è lo spiccato interesse rivolto al recupero e ad un nuovo utilizzo di
tutto il prezioso materiale, che grazie alle nuove tecnologie disponibili, è stato possibile trasferire dalla pellicola al più duraturo ed
attuale DVD.
Anche se riversati su un diverso supporto, i filmati non perdono
il sapore di antichità. La visione attraverso il supporto digitale non
altera l’originalità della proiezione, creando un legame diretto tra
periodi storici diversi, in cui ancora si notano i difetti e le impurità
della pellicola originale.
Le modalità di realizzazione dei film vedono Adalberto Pazzini
calarsi direttamente nel ruolo di sceneggiatore-regista e coinvolgono spesso il personale allora attivo presso l’Istituto. A filmati realizzati da società di produzione cinematografiche, quali l’Istituto
Luce, si affiancano numerosi esemplari di prodotti che pur rivelando un alto rigore scientifico, evidenziano una loro natura artigianale. Ampia utilizzazione e valorizzazione è data alle collezioni
museali e ai testi facenti parte della biblioteca.
L’intero materiale trasferito ed attualmente visionabile, risulta
composto da 27 film differenti per tempi e qualità di realizzazione,
che rivelano una spiccata finalità scientifico-didattico-documentaria, marchio inconfondibile di una metodologia che lega la videoteca alle altre sezioni dell’Istituto create da Pazzini.
Purtroppo la deteriorabilità del supporto-pellicola originale e l’usura dovute al tempo, ha causato, in alcuni filmati, la perdita della
pista audio.
Per facilitare la scelta del materiale visionabile, si è pensato di
redigere un elenco, organizzato secondo una successione cronologica, in cui vengono fornite precise indicazioni inerenti le tematiche
trattate, la durata e la qualità di ogni filmato.
1. Spezzoni nuovo Istituto (11 min. ca. – No audio B/N)
Il filmato ripercorre, attraverso alcuni spezzoni, gli anni immediatamente successivi la costruzione del nuovo Istituto di Storia della
273
Alessandro Aruta, Elio De Angelis
Medicina, risalente al 1954, proponendo alcune sezioni interne
quali la biblioteca ed il museo. Particolarmente utile per una ricostruzione storica degli ambienti originali.
2. Se stesso (30 min. ca. – No audio – B/N)
Il filmato propone una descrizione particolareggiata degli ambienti
esterni ed interni dell’Istituto di Storia della Medicina. In particolare le riprese si concentrano sulla facciata, ingresso, biblioteca,
archivio fotografico, museo, orto dei semplici. La mancanza del
sonoro non rende possibile cogliere appieno l’essenza della proiezione che dovrebbe presentare l’Istituto che parla di se stesso in
prima persona.
3. Vasi da farmacia (17 min. ca. – No audio – Colore)
Viene riproposta, dalle origini, la storia dei contenitori per farmaci
e dei vasi da farmacia. Nella ricostruzione si alternano riprese di
oggetti appartenenti alle collezioni del Museo di Storia della
Medicina, ad iconografie tratte da testi.
4. La conquista dell’invisibile (13 min. ca. – B/N)
Il filmato, di produzione e regia esterne, illustra il percorso che,
dalle intuizioni sul contagio di Girolamo Fracastoro ha condotto la
scienza alla scoperta dei microrganismi, alla possibilità della loro
osservazione e del loro studio grazie anche all’utilizzo del microscopio. Particolare attenzione è rivolta ai protagonisti delle principali scoperte quali Louis Pasteur e Robert Koch.
5. Farmacia di ieri e di oggi (8 min. ca. – B/N)
Il filmato, di produzione e regia esterne, descrive le origini, l’evoluzione dei farmaci e la loro composizione, partendo dagli egiziani
per arrivare alla moderna produzione industriale. Protagonisti della
sequenza filmica sono gli oggetti appartenenti alle collezioni del
Museo di Storia della Medicina.
274
L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina
6. Farmaci e vasi (17 min. ca. – Colore)
Il video, partendo dalla civiltà assiro-babilonese, descrive la storia
dei contenitori per farmaci fino ad arrivare alle confezioni in uso
negli anni’50 – ’60. Viene proposta un’ampia rassegna dei vasi e di
gran parte dei contenitori per medicamenti appartenenti alle collezioni del Museo di Storia della Medicina.
7. La nascita della figura umana (10 min. ca. – B/N)
Il filmato, di produzione esterna del libero docente C. Alicandri
Ciufelli, è incentrato sul tema della nascita ed evoluzione delle rappresentazioni della figura umana. Ad illustrarlo viene proposta
un’ampia rassegna di prodotti appartenenti all’arte pittorica e scultorea, che copre un arco di tempo che va dai primi graffiti rinvenuti nelle caverne al periodo classico.
8. Medicina preistorica (8 min. ca. – No audio – B/N)
Nella ricostruzione dell’ambiente e delle abitudini di vita dell’uomo
primitivo, inserito nel contesto della natura del tempo, vengono
descritti le modalità di realizzazione dei primi manufatti umani, tra
cui punte in selce, veneri steatopige e graffiti. Crani con alterazioni, conseguenze di esiti patologici o traumatici chiudono il filmato,
che utilizza in gran parte materiale proveniente dalle collezioni del
Museo di Storia della Medicina.
9. Medicina egiziana (8 min. ca. – B/N)
La voce di un medico egiziano descrive le pratiche e gli interventi
terapeutici soffermandosi in modo particolare sull’arte dell’imbalsamazione. Nelle riprese, a immagini testuali ed iconografiche, si
alternano oggetti facenti parte delle collezioni del Museo di Storia
della Medicina.
10. Sulle orme di Esculapio (10 min. ca. – B/N)
Il filmato, di produzione esterna, illustra la nascita ed evoluzione
della professione farmaceutica, a partire dal laboratorio alchimistico, attraverso le spezierie fino ai laboratori e aule universitarie e le
275
Alessandro Aruta, Elio De Angelis
moderne farmacie.
11. Medicina nel Classicismo (15 min. ca. – B/N)
Il film, realizzato nei locali del Museo di Storia della Medicina, illustra il cammino evolutivo del pensiero medico, dalla medicina teurgico-sacerdotale alla nascita della medicina razionale in Grecia e
alla sua diffusione in Roma, utilizzando gli oggetti presenti nel
museo.
12. Medicina dei semplici (9 min. ca. – B/N)
Film di produzione esterna, realizzato sotto la consulenza di
Adalberto Pazzini e in gran parte girato nei locali dell’Istituto di
Storia della Medicina. I semplici, alchimia ed erboristeria come pratiche farmacologiche.
13. Chirurgia Medioevale (8 min. ca. – Colore)
I dettami della Scuola Medica Salernitana presentati attraverso le
descrizioni iconografiche contenute nel Trattato di chirurgia di
Rolando da Parma.
14. Arte toscana e medicina nel Medioevo (13 min. ca.- No audio –
Colore)
Le pratiche mediche descritte attraverso l’iconografia di artisti
toscani del medioevo. Dai cicli di affreschi del ‘300 alla maniera
fiorentina del ‘500.
15. La strega (9 min. ca. – No audio – Colore)
Pratiche legate all’occulto, tra magia, stregoneria e disordini psichiatrici.
16. Magia dell’assurdo (9 min. ca. – B/N)
Il filmato di produzione esterna, girato sotto la consulenza di
Adalberto Pazzini, descrive i rituali, le pratiche magiche popolari,
gli oggetti e i simboli utilizzati. Il materiale presentato, proviene per
gran parte dalle collezioni del Museo di Storia della Medicina
276
L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina
17. L’ospedale nei secoli (16 min. ca. – B/N)
Il filmato, riferendosi ai luoghi di cura, descrive l’evoluzione delle
forme assistenziali partendo dalla medicina teurgico-templare sino
a giungere alla realizzazione dei moderni complessi ospedalieri. Le
immagini dei luoghi di cura sono tratte da pitture antiche e medievali. Vi sono alcune ricostruzioni facenti parte del materiale museale dell’Istituto di Storia della Medicina.
18. Mostra di storia dell’odontoiatria (Roma, 21 ottobre 1952) (13
min. ca. – no audio – B/N)
Il filmato si divide in due parti. La prima illustra alcuni locali del
Museo della Scienza di Firenze e gli oggetti in essi contenuti. La
seconda parte è totalmente dedicata alla Mostra Storica
dell’Odontoiatria, realizzata da Adalberto Pazzini, presso l’Istituto
Eastman, in occasione del XXVII Congresso di Odontoiatria, tenutosi il 21 ottobre 1952 in Roma.
19. Storia dell’odontoiatria (10 min. ca. - B/N)
Il video, realizzato dalla Società Italiana di Stomatologia su soggetto e commento parlato di Adalberto Pazzini, ripercorre le tappe dell’evoluzione dell’odontoiatria, dalla preistoria fino alle prime forme
di impianto sottoperiostale. In gran parte, la documentazione utilizza materiale del Museo di Storia della Medicina.
20. Storia dell’anestesia (29 min. ca. – B/N)
Vengono ripercorsi i metodi e descritte le sostanze utilizzate per
sedare il dolore negli interventi medico-chirurgici, dall’utilizzazione della neve quale primitivo anestetico fino alla scoperta di sostanze chimiche (cocaina, gas esilarante, novocaina) che hanno reso
possibile intervenire annullando la sofferenza nel paziente.
21. Storia della microbiologia (24 min ca. –B/N)
Il cammino della microbiologia, descritto attraverso i personaggi
che ne sono stati protagonisti. Da Fracastoro, Spallanzani, Jenner,
Koch, Pasteur, fino al nostro Sanarelli.
22. Storia dell’idrologia (11 min. ca. - Colore)
277
Alessandro Aruta, Elio De Angelis
La sacralità e le virtù terapeutiche dell’acqua nei secoli. Il filmato
parte dal mondo preistorico e, attraverso riferimenti al mondo
greco, romano ed islamico, passa poi a descrivere l’idrologia empirica rinascimentale di Paracelso e Bacci, fino ai progressi della chimica nello studio scientifico delle acque presso gli attuali laboratori.
23. Fra l’atomo e l’universo (10 min. ca. – B/N)
Dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, dall’osservazione dell’universo alla scoperta dell’atomo, il cammino e l’evoluzione dell’ottica, dalla scoperta casuale della lente alla creazione dei
primi occhiali, dal cannocchiale galileiano ai microscopi. Il filmato,
prodotto dall’Istituto Luce, presenta diversi oggetti appartenenti
alle collezioni del Museo di Storia della Medicina.
24. Arte e Medicina (24 min. ca. – no audio - Colore)
Il filmato propone in chiave cronologica una rassegna iconografica
illustrante scene di pertinenza medica, sia di patologie che di interventi terapeutici.
25. Lo strumentario (15 min. ca. - Colore)
La rinascita anatomica e la rivoluzione scientifica del XVII secolo
ad opera di Galileo, con il passaggio dalla medicina qualitativa e
soggettiva alla medicina quantitativa ed oggettiva. La natura viene
letta con numeri matematici e si creano nuovi strumenti: il termoscopio, il termometro, il pulsilogio e la stadera di Santorio, primo
tentativo di misurazione del metabolismo. Il video descrive il funzionamento dei vari strumenti.
26. Agostino Bassi (11 min. ca. – B/N)
La biografia di Agostino Bassi viene presentata con particolare
attenzione alle sue scoperte e alla produzione scientifica. Nella realizzazione del filmato vengono utilizzati oggetti e testi appartenenti al museo e alla biblioteca della Sezione.
27. Gli animali soffrono per l’uomo (11 min. ca. – B/N)
278
L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina
La produzione di sieri e vaccini attraverso l’utilizzo di animali
cavie, nell’Istituto Sieroterapico Sclavo alla fine degli anni ’40. Il
filmato è di produzione esterna.
BIBLIOGRAFIA E NOTE
1. PAZZINI A., Uno sconosciuto ritratto di Andrea Vesalio. Roma, Istituto di Storia della
Medicina, 1966.
2. La parte più interessante di questa sezione dell’archivio è probabilmente quella relativa
alla vita universitaria e all’attività dell’Istituto negli anni ‘30 e ‘40: Circolari universitarie e del GUF; Organizzazione di conferenze presso l’Istituto; Organizzazione del VI
Congresso Internazionale di Storia delle Scienze (1942)
3. GIORDANO D., Giambattista Morgagni. Torino, UTET, 1941.
4. In particolare, risultano divisi tra i due fondi i documenti relativi all’organizzazione del
XIV Congresso Internazionale di Storia della Medicina, tenutosi a Roma.
5. Oltre al materiale fotografico che documenta la vita dell’Istituto e dell’università,
Pazzini aveva raccolto anche 38 scatole di foto e altro materiale visuale sulla storia della
medicina: ritratti, illustrazioni, emblemi. Questo materiale fotografico è stato riordinato e riversato su supporto elettronico a cura di Elio De Angelis.
Correspondence should be addressed to:
Alessandro Aruta, Elio De Angelis, Sezione di Storia della Medicina - Viale
dell’Università, 34\a 00185 Roma, I.
e-mail: [email protected]; [email protected]
279
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 281-296
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
NOTE E RIFLESSIONI SU UNA RACCOLTA LIBRARIA
VALERIA ASCIONE
Scuola Archivisti e Bibliotecari
Università “La Sapienza”, Roma, I
SUMMARY
SOME REMARKS ON PAZZINI’S BOOK COLLECTION
The paper describes the private book collection owned by Adalberto
Pazzini and kept in the Library of the Sezione di Storia della Medicina.
Gathered from the 1930s to the 1970s, the collection allows a
reconstruction of the ‘state of the art’ of medical history in this period in
Italy. Books were sent and dedicated to Pazzini by colleagues, mostly
active in Italy and in the Spanish-speaking countries; many of them deal
with the history of medicine, but some also with medicine itself.
1. Introduzione
La collezione libraria custodita presso la biblioteca dell’Istituto
di Storia della Medicina e collocata come raccolta personale di
Adalberto Pazzini è costituita dalle pubblicazioni pervenute allo
studioso a titolo di omaggio nel corso della sua carriera scientifica
ed accademica, come testimoniano le dediche apposte sui frontespizi dei volumi.
Il nucleo più consistente della raccolta è andato formandosi prevalentemente nel corso degli anni ‘50 e ‘60, periodo nel quale l’attività scientifica di Pazzini godeva oramai di fama internazionale e
l’Istituto costituiva una realtà pienamente consolidata in ambito
accademico. Le stesse date di edizione dei volumi risalgono per lo
Keywords: Book collections - Medical history - Adalberto Pazzini
281
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 297-312
Journal of History of Medicine
Articoli/Articles
ADALBERTO PAZZINI E LE ORIGINI DELL’ISTITUTO DI
STORIA DELLA MEDICINA.
MARIA CONFORTI
Dipartimento di Medicina Sperimentale
Sezione di Storia della Medicina
Università “La Sapienza”, Roma, I
SUMMARY
ADALBERTO PAZZINI
AND THE ORIGINS OF THE ISTITUTO DI STORIA DELLA MEDICINA
The first part of the paper deals with the Italian tradition of medical
history in the 1930s, when Adalberto Pazzini became the most successful
medical historian in Italy. Its second part deals with the founding and
renovation (1938 and 1954 respectively) of the Istituto di Storia della
Medicina at Rome University, with a description of the innovative - and
largely utopian - planning of the Library and of the Museum and didactic
collections by Pazzini.
1. Pazzini e la storia della medicina in Italia negli anni ‘30
Gli anni in cui si sviluppa l’attività di Adalberto Pazzini (18981975) coincidono con un periodo di fioritura della storia della medicina in Italia1. Pazzini è stato probabilmente lo storico della medicina di maggior successo pubbblico dei suoi anni: la sua carriera
scientifica e il suo impegno istituzionale illustrano luci e ombre
della ricerca storico-medica italiana nel Novecento. Nato nel 1898,
figlio di un pittore di discreta notorietà, Norberto, Pazzini si laurea
Keywords: Italy - History of Medicine - Roma, Istituto di Storia della Medicina
297
Maria Conforti
nel 1922 in medicina all’Università di Roma, con una tesi discussa
alla scuola di Silvestro Baglioni, celebre fisiologo, a sua volta cultore di storia della medicina2. Nonostante la sua sia una tesi di fisiologia sperimentale, Pazzini inizia un’attività di medico negli ospedali romani del Buon Pastore, agli Ospedali Riuniti e al S. Spirito.
Contemporaneamente annoda legami personali e istituzionali con
alcuni storici della medicina attivi a Roma e in altre città italiane.
Nel 1931 inizia all’università di Roma un ‘corso libero’ di storia
della medicina3. Nel 1932 Pazzini consegue la libera docenza di
Storia della Medicina, e l’incarico alla cattedra con lo stesso titolo
nell’anno accademico 1936-7.
Tra il 1937 e il 1939, quando si è ormai guadagnato un posto di
rilievo tra gli storici, Pazzini ricostruisce in una serie di articoli quasi una monografia a puntate - lo sviluppo della storia della medicina in Italia “nell’ultimo cinquantennio”, e indirettamente alcuni
dati della propria autobiografia4. Gli articoli compaiono sulla
Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, un periodico di
grande tradizione, fondato nel 1910. La rivista, nata come organo
della Società Italiana di Storia delle Scienze Mediche e Naturali,
voluta tra gli altri da Guido Baccelli (1832-1916) era stata il terreno sul quale si erano confrontati, affrontati e infine apertamente
scontrati gli storici della scienza - in particolare il gruppo di Aldo
Mieli (1879-1950) - e gli storici della medicina. La polemica fra
storici della medicina e della scienza non è, in questo periodo, limitata all’Italia: ma in Italia, anche a causa della situazione politica e
del diffuso nazionalismo, assume toni particolarmente aspri5.
L’articolo di Pazzini appare in un momento delicato, nel quale il
divorzio fra i due gruppi si è ormai consumato; gli storici della
medicina, a differenza degli storici della scienza, si sono trasformati in un gruppo forte e compatto, dotato di appoggi politici di alto
livello e in grado di agire con coerenza per ottenere il riconoscimento istituzionale della propria disciplina nelle università. Anche
per Pazzini ricostruire la storia della propria disciplina è una strategia di promozione degli studi storico-medici e delle proprie ambizioni di ottenere dall’università un posto di insegnamento stabile.
298
Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
Pazzini ricorda le antiche tradizioni italiane di storia della medicina, e la grande e meritata fama europea di cui la disciplina aveva
goduto nell’Ottocento: basterebbero del resto i nomi di Salvatore
De Renzi, di Francesco Puccinotti, di Angelo Camillo de Meis a
giustificare questa pretesa di eccellenza. Pazzini ricorda anche che
la storia novecentesca, caratterizzata da un impegno più sbilanciato
sul fronte della divulgazione e dell’apertura pubblica, può essere
fatta iniziare nel 1911, con un’esposizione a Castel S. Angelo voluta per celebrare il cinquantenario del Regno d’Italia6.
Nell’esposizione avevano avuto un notevole rilievo la sezione di
oggetti e testi medici e farmaceutici antichi, di cui era stato curatore Pietro Capparoni (1868-1947)7. Da questo momento in poi l’interesse del gruppo degli storici della medicina romani per l’aspetto
museale non sarebbe più cessato, e avrebbe influenzato non solo il
lavoro del giovane Pazzini, ma la stessa ‘ragione sociale’ scelta dal
gruppo degli storici della medicina al momento di costituirsi in
un’associazione specifica.
Negli anni successivi alla mostra di Castel S. Angelo, infatti, nell’intento di non lasciar disperdere la collezione che comprendeva
pezzi di proprietà di Capparoni e di Giuseppe Carbonelli (18591936), alcuni studiosi - tra i quali Giuseppe Bilancioni (18811935), Capparoni, Carbonelli e lo stesso Baglioni - si erano organizzati per ottenere la creazione di un Museo di Storia dell’Arte
Sanitaria. La collezione era stata donata al Comune di Roma, da cui
ci si aspettava un intervento, che tardava a venire, per la creazione
di un museo. Dopo la prima guerra mondiale, negli anni dell’avvento del fascismo, il gruppo si era formalizzato in associazione,
creando nel 1920 l’Istituto Storico Italiano dell’Arte Sanitaria. Il
museo sarebbe stato effettivamente inaugurato, all’ospedale del S.
Spirito, solo nel 19338. Tuttavia nel frattempo l’associazione aveva
creato una nuova rivista - il Bollettino di Storia dell’Arte Sanitaria,
pubblicato a partire dal 19219. Pazzini vi pubblica articoli - sulle
malattie veneree, sulla iatromatematica, sulla “tazza antimoniale”,
sulla storia della fisiologia dell’apparato uditivo - che si distinguono perché di rado sono allineati sui toni insistentemente nazionali299
Maria Conforti
stici e di ‘rivendicazione nazionale’ esibiti dalla rivista. Nei primi
anni ‘30 muoiono i più anziani della generazione degli storici e collezionisti (Mariano Borgatti, Giovanni Carbonelli) e Pazzini diventa redattore capo del Bollettino, di cui firma numerose recensioni.
Nel 1930, dal 22 al 27 settembre, si tiene a Roma l’VIII congresso internazionale di Storia della Medicina - un avvenimento che
consacra pubblicamente, e su una scena di grande prestigio, il gruppo italiano degli storici della medicina. Pazzini fa parte del
Comitato Esecutivo in qualità di Segretario aggiunto: e vi legge una
relazione sul lebbrosario romano di S. Lazzaro Moro. La terza sessione, che si apre il 26 settembre sotto la presidenza di Henry
Sigerist, allora direttore dell’istituto di Storia della Medicina di
Leipzig, riguarda la “necessità di rendere lo studio della Storia della
Medicina obbligatorio nelle Università”10, un’istanza affidata a
relatori stranieri ma che è evidentemente molto sentita da parte
degli organizzatori italiani.
Nel 1932 Pazzini pubblica una lunga nota sulla medicina dei primitivi in appendice alla voce dell’Enciclopedia Italiana, redatta da
Arturo Castiglioni (1874-1953)11, dedicata alla storia della medicina. L’importanza dell’Enciclopedia per definire il quadro della cultura e della vita scientifica italiana di quegli anni è stata ampiamente sottolineata dalla storiografia: tuttavia manca ancora una ricerca
esaustiva sulle voci mediche e sugli studiosi che sono stati chiamati a redigerle12. L’Enciclopedia, come è noto, è voluta dal filosofo
Giovanni Gentile, che controlla personalmente la qualità delle voci,
chiamando a collaborare i migliori studiosi delle diverse discipline.
Nonostante la forte accentuazione antiscientifica presente nel neoidealismo italiano, l’attualismo gentiliano - che in quegli stessi anni
celebra il fascismo come incarnazione dello stato etico - si dimostra
abbastanza aperto alle istanze provenienti dal mondo delle scienze
esatte e della vita. Direttori della sezione scienze mediche sono il
noto fisiologo e clinico Giacinto Viola (1870-1943), teorico del
costituzionalismo e amico personale di Gentile, e il suo discusso
allievo Nicola Pende (1880-1970). La voce medicina è quasi interamente occupata dalla trattazione storica, il che non accade per le
300
Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
altre scienze.
La nota di Pazzini è da ricollegare al suo interesse, sviluppatosi
in quegli anni, per forme di medicina ‘popolare’ o ‘primitiva’, che
Pazzini ribattezza demoiatrica, ottenendo in seguito il riconoscimento ufficiale per questa denominazione dall’Accademia d’Italia.
Pazzini è convinto che lo studio della medicina primitiva possa illustrare il “subconscio scientifico” della medicina moderna13. Come
ha spesso ripetuto nei suoi scritti, la medicina primitiva è una sorta
di embriologia dei successivi stadi di sviluppo delle scienze mediche14. Questa concezione ha radici nella diffusione in Italia delle
teorie darwiniane, e nella conseguente ridefinizione delle teorie sull’evoluzione umana nella preistoria15. Nella breve bibliografia che
chiude la nota, Pazzini cita i popolari lavori dell’antropologo e biologo John Lubbock (1834-1913) sulla preistoria, Prehistoric times
(1865) e The Origin of Civilization and the primitive condition of
man (1870), che erano stati prontamente tradotti in italiano, nel
1875, da Michele Lessona16 Lubbock era un discepolo - e amico di Darwin. Pazzini adotta - nella nota per l’Enciclopedia così come
in altri lavori - la teoria di Lubbock sui “modern savages”, equivalenti a resti fossili dei primi stadi dell’evoluzione dell’uomo sulla
terra. L’identificazione e lo studio di queste ‘tribù perdute’ consentirebbe, secondo questa teoria, lo studio di credenze, usi e costumi
ormai sorpassati dall’evoluzione - anche la medicina e le pratiche di
cura primitive potrebbero così essere ricostruite sulla scorta di dati
certi e osservazioni scientifiche17.
Tuttavia l’interesse di Pazzini per la preistoria non è influenzato
solo da una visione scientifico-positivista derivata dalla prima diffusione in Italia dell’evoluzionismo. Lo dimostra il suo interesse per la
magia, che lo porta a citare un altro lavoro importante e non molto
diffuso nella cultura italiana, il monumentale lavoro dello storico
americano Lynn Thorndike (1882-1965) su ‘Magic and experimental science’ (pubblicato tra il 1923 e il 1958), che come è noto ha
contribuito al superamento del pregiudizio antistorico verso molte
forme di sapere a torto considerate non scientifiche (magia naturale,
astrologia, alchimia e protochimica), illustrandone invece il nesso
301
Maria Conforti
forte con i successivi sviluppi della scienza ‘razionale’ e sperimentale, e indirettamente anche i nessi con la scienza medica18.
Pazzini deriva inoltre molte delle sue idee dagli scritti di Arturo
Castiglioni (1874-1953), cui negli anni ‘30 si riferisce come ad un
maestro19. I suoi rapporti con lo storico di Trieste, costretto nel 1938
all’esilio in USA per sfuggire alle leggi razziali, si manterranno
sempre formalmente buoni, anche se nel dopoguerra saranno caratterizzati da momenti di freddezza e da qualche scontro aperto20.
Castiglioni, influenzato dalla cultura austriaca e dalle teorie psicoanalitiche, è anch’egli interessato alla dimensione ‘prescientifica’
della medicina. Egli pubblica nel 1934 il testo Incantesimo e magia,
dove si fa riferimento a parecchi scritti di antropologi e in particolare al Ramo d’oro di James Frazer, tradotto in italiano nel 1925;
Frazer è anch’egli uno degli autori citati da Pazzini21.
Per una migliore comprensione dell’opera di Pazzini, così come
di quella di Castiglioni, va ricordata la tradizione della ricerca italiana in antropologia, etnografia e storia delle religioni, che non era
mai venuta meno a partire dall’età positivistica, e che a differenza
di quanto era avvenuto in altri paesi europei non aveva a oggetto
soltanto i paesi ridotti a colonie, ma anche quelle che nel Seicento
erano state chiamate ‘las Indias de por acá’: le ampie zone di sottosviluppo e arretratezza ancora presenti nel paese, e non soltanto
nel Mezzogiorno e nelle isole22. Pazzini, in un suo intervento del
1940, avrebbe comunque posto l’accento sulla necessità di comprendere la medicina dei primitivi anche per servirsene nel contesto
delle colonie dell’ ‘Impero’. Parlando del Centro di Studi per la
medicina indigena asiatica ed africana, istituito a Roma presso
l’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente, Pazzini dice che esso servirà tra l’altro a
meglio conoscere il mondo scientifico di popoli che, per la massa, sono
ancora in uno stato di primitivismo, di studiare il loro pensiero sia nelle
tradizioni che nella loro pratica attuazione, istituire degli utili paralleli
tra il nostro e il loro patrimonio scientifico, approfondire, quando appaia
necessario, le loro conoscenze allo scopo di trarne qualche utilità, se è
possibile, per la nostra scienza ed al fine di conoscere più da vicino la
302
Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
psicologia di quei popoli così distinti (almeno sotto alcuni punti) dalla
nostra, allo scopo di meglio ambientare i nostri medici che si recano ad
esercitare nelle nostre colonie e nell’impero23.
Nel 1935, ricostruendo la storia e illustrando le collezioni del
Museo di Storia dell’Arte sanitaria da poco inaugurato, Pazzini sottolinea come parte integrante del museo sia appunto la propria collezione sulla medicina dei popoli primitivi24. Questa medicina comprende sia quella dei popoli
“viventi in epoche assai remote confinanti con la preistoria... sia quella
dei popoli moderni, arretrati ad uno stadio dello sviluppo psicologico da
farli ritenere simili a quelli: quelli, cioè, che comunemente son detti
selvaggi”25.
Pazzini espone in modo sommario le sue convinzioni sulla
sopravvivenza nella medicina contemporanea di elementi che possono essere considerati ‘magici’, ossia “necessari alla ... vita psicologica”26. La sua collezione riflette questa convinzione e la incarna
e la illustra meglio di quanto possano fare le teorie: Pazzini ha raccolto oggetti - molti dei quali sono riproduzioni - riguardanti la
magia del volto (maschere), quella delle armi, della parola (amuleti e talismani), delle tazze (molte delle quali assai recenti: si tratta di
contenitori per bere pozioni), delle pietre (preziose e per uso medicinale). Accompagna la collezione una serie di ‘plastici’ (calchi) di
rappresentazioni di malattie e una di costumi, in gran parte di ‘stregoni’ africani. Uno dei modelli di Pazzini era la collezione londinese dell’industriale farmaceutico e mecenate della storia della medicina sir Henry Wellcome (1853-1930)27. Come Pazzini e
Castiglioni, e molto prima di loro, Wellcome aveva sviluppato una
concezione di medicina la cui estensione la rendeva pressoché indistinguibile dall’antropologia:
“he was fascinated by anthropology and folklore, as well as medicine, and
developed a somewhat idiosyncratic vision in which all these subjects
were inextricably interlinked”28.
Un altro punto in comune fra Wellcome e gli storici della medi303
Maria Conforti
cina italiani è la propensione - del resto diffusa nella museologia del
tempo - alla ricostruzione, alla creazione di messinscene di tipo
didattico-divulgativo29.
L’interesse per le manifestazioni non rientranti nella storia ‘ortodossa’ e scientifica nella medicina, nonché l’uso spregiudicato, ma
di grande interesse ed efficacia, dell’accostamento di materiali
diversi - oggetti originali, riproduzioni, calchi e frammenti - troveranno una sede appropriata nell’Istituto di Storia della Medicina
dell’Università di Roma, che Pazzini avrebbe fondato in quegli stessi anni, ampliandolo e dirigendolo, a vario titolo, fino alla morte nel
1975.
2. L’Istituto di Storia della Medicina dell’Università di Roma
Pazzini ha più volte descritto la nascita del “proprio” istituto: nel
1933 egli ottiene da Dante De Blasi (1873-1956), igienista e microbiologo, dal 1934 al 1943 presidente del Consiglio Superiore di
Sanità, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università, due e poi
sette stanze nel seminterrato dell’Istituto, per ospitarvi le collezioni
e l’insegnamento del proprio “corso libero” di storia della medicina. Nel 1937 Pazzini riesce a strappare alla Facoltà l’assenso al
finanziamento di un vero e proprio Istituto, dotato di un edificio in
grado di ospitare la collezione museale e libraria: questo sarebbe
stato realizzato solo nel 1953.
Nonostante Pazzini abbia firmato più di cinquecento lavori
scientifici, il risultato più importante dei molti anni lungo i quali si
è svolta la sua attività è probabilmente proprio la creazione
dell’Istituto. Pur contenendo un museo e una biblioteca di impianto
piuttosto tradizionale, esso è stato in origine concepito dal suo fondatore come una sorta di gigantesco e complesso strumento didattico e informativo. Negli stessi anni nei quali il gruppo degli storici
romani della medicina si dedica con successo a un collezionismo di
stampo prevalentemente antiquario, Pazzini - che pure coltiva studi
storici relativi a quello che egli denomina “Medioevo” - mostra
invece di avere idee più aggressivamente moderne riguardo al
modello di storia della medicina da proporre agli studenti e ai col304
Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
leghi dell’università, ma soprattutto al pubblico. Come dimostra il
materiale conservato nell’archivio dell’Istituto, relativo a progetti e
alla realizzazione di filmati cinematografici utili a illustrare e promuovere la disciplina, Pazzini ha fin da subito un senso molto forte
dell’importanza dei media nella divulgazione della scienza e della
sua storia30. In uno dei suoi molti curricula a stampa, pubblicato in
apertura del volume per celebrarne i 30 anni dalla laurea, che è sicuramente compilato da lui, Pazzini elenca fra i suoi titoli scientifici
“sette documentari cinematografici di soggetto storico medico dati
in pubblica visione”31.
Pazzini pensa alla biblioteca di storia della medicina, al museo e
al materiale contenuto nell’Istituto - filmati, riproduzioni di testi,
‘gallerie’ virtuali di ritratti, raccolte di dati diversi - e in generale al
materiale visuale, librario e documentario, come ad un unico corpus
integrato. Un sistema complesso di schede diverse ma coordinate in
un unico insieme - che oggi defineremmo una base di dati - è designato per catalogare e rendere fruibile il tutto: il fine di Pazzini sembrerebbe quello di creare una sorta di ‘metacatalogo’ della storia
della medicina in Italia, istituendo
un centro documentario a scopo didattico, un centro bibliografico e
biobibliografico, un fondo bibliotecario ad uso degli studenti32.
Il documentario è dunque un tentativo, per molti versi innovativo, di ricreare una storia della medicina virtuale, documentata
anche nei suoi aspetti concreti, che sarebbe stata impossibile da
ottenere attraverso la semplice collezione di oggetti e documenti
reali, troppo rari o preziosi per essere materialmente riuniti in un
solo luogo:
Nel documentario si dovrà poter trovare, fedelmente riprodotto,
quel che richiederebbe viaggi e spese non indifferenti per poter
esser visto e anche quel che è impossibile vedere, esistendo solo
nelle illustrazioni ed essendo perduti gli originali33.
Nel 1938 Pazzini è già consapevole che un catalogo multifun305
Maria Conforti
zionale che riunisca le informazioni sul materiale conservato
all’Istituto ne rappresenterebbe il punto focale: un catalogo non solo
della biblioteca o del centro biobibliografico, ma più in generale del
documentario - è da notare che in questi primi progetti Pazzini non
usa il termine ‘museo’. Il lato utopistico di questo progetto non gli
sfugge, se nel 1938 afferma:
Non vi è alcuna fretta; un’opera siffatta richiede una vita intera, e forse
più di una vita, e costituisce, di per sé soltanto, la ragion d’essere di un
istituto34.
Vent’anni dopo, nel 1958, Pazzini avrebbe potuto vantarsi di
aver prodotto con i suoi collaboratori “oltre cinque milioni di schede” per riordinare e rendere fruibile il materiale, non solo testuale,
raccolto all’Istituto, e anche una parte di quello presente in altri luoghi ma riguardante la storia della medicina35. Il ritmo impressionante di catalogazione è ancor oggi ricordato da coloro che hanno
lavorato all’Istituto in quegli anni. E’ probabile che il piano di catalogazione previsto da Pazzini abbia attraversato fasi diverse, che
oggi non è facile ricostruire, anche perché questo lato della sua attività non è ben documentato in ciò che rimane dell’archivio
dell’Istituto. Si ha l’impressione comunque che l’iniziale e più
ambizioso progetto di Pazzini, di unificare tutte le informazioni
sulla storia della medicina, abbia dovuto cedere il passo di fronte
alla necessità di creare cataloghi ‘singoli’ per i diversi materiali.
Oggi l’insieme di cataloghi a schede conservati presso l’Istituto
comprende un catalogo bibliografico tradizionale per autore e un
catalogo per soggetto ‘libero’ (con voci non controllate da un thesaurus); un datario, un’enciclopedia medica, una raccolta di informazioni biografiche - già ricca di più di 2000 nomi nel 1937 - un
catalogo delle immagini di interesse medico e uno delle riproduzioni. Il nucleo originario del progetto di Pazzini è probabilmente da
identificare in una sorta di bibliografia generale a schede sulla storia della medicina, cessata già nei primi anni ‘70, che avrebbe dovuto contenere
tutte le indicazioni bibliografiche possibili, concernenti le fonti di antica
306
Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
medicina, gli studi storico medici, le indicazioni biografiche36.
C’è infine un catalogo a schede, il ‘catalogo unico’, che mostra
al meglio le qualità di Pazzini come collezionista - non di volumi,
ma di informazioni. Il catalogo unico è infatti il tentativo di creare
un catalogo completo di testi a stampa “antichi” (dal XV al tardo
XIX secolo) presenti nelle biblioteche italiane (e straniere: ma i tentativi iniziali di includere la Bibliothèque Nationale di Parigi sono
falliti). Le informazioni sono state ottenute attraverso contatti personali con i bibliotecari delle diverse istituzioni. Benché naturalmente incomplete, le informazioni raccolte presso istituzioni e
collezioni di grande importanza storico-medica, ma ancora oggi non
raggiunte dall’estendersi della catalogazione del Sistema
Bibliotecario Nazionale, rende questo strumento ancora oggi utile.
Nei primi anni ‘40, a guerra iniziata, Pazzini sembra sul punto di
riuscire a ottenere la rapida costruzione dell’Istituto, all’interno
della Città Universitaria la cui creazione è celebrata come una delle
glorie del regime fascista. Nell’archivio dell’Istituto sono conservati gli schizzi di questo primo edificio, eseguiti da un architetto che
non è stato possibile identificare. L’edificio mostra i segni inconfondibili del razionalismo architettonico italiano di quegli anni, così
come quelli della retorica fascista (sulla facciata avrebbero dovuto
essere iscritte frasi di Benito Mussolini, che del resto facevano già
mostra di sé nel museo allestito nei locali dell’Istituto di Igiene).
Con ogni probabilità Pazzini è riuscito a fare inserire il progetto fra
le realizzazioni destinate a celebrare il ventesimo anniversario della
marcia su Roma (1942), che avrebbero compreso un’Esposizione
Universale a Roma. Il progetto, come è noto, non è stato realizzato
a causa della guerra.
Pazzini ottiene invece di costruire l’edificio, in pochi anni, dopo
la fine della Seconda Guerra Mondiale. Qualunque sia la valutazione da dare sulla sua adesione al regime fascista - l’Istituto è stato
molto impegnato nelle attività del GUF - è certo che nell’Italia
repubblicana Pazzini ha saputo sfruttare con grande abilità un network di relazioni del tutto diverse, mettendo a frutto in special
307
Maria Conforti
modo i suoi rapporti con lo storico - in origine allievo di Gaetano
Salvemini - Raffaele Ciasca. Ciasca, divenuto senatore per la
Democrazia Cristiana nei tardi anni Quaranta, gestisce la ricostruzione postbellica di biblioteche e archivi: in questo quadro va visto
il finanziamento per la costruzione dell’Istituto, finalmente inaugurato nel 1953. Nel 1955, grazie all’appoggio di due protagonisti
della medciina italiana di quegli anni, Cesare Frugoni e Valerio
Puntoni, Pazzini ottiene la cattedra di ordinario di Storia della
Medicina alla Facoltà medica di Roma37.
Conclusioni
Pazzini ha lottato con generosità per tutta la vita per ottenere un
riconoscimento non solo della propria attività e del proprio impegno,
ma anche per l’affermazione della propria scuola e della propria
disciplina in ambito accademico38. La sua storia, e quella della istituzione da lui creata, mette in luce con chiarezza i pro e i contro di
una concezione accentuatamente ‘internalista’ della storia della
medicina. In molti casi, tuttavia, va riconosciuto un lato positivo
anche agli atteggiamenti e alle prese di posizione scientifiche più
lontane dalla sensibilità attuale degli storici. Se ad esempio l’insistenza sulle biografie illustri - condivisa da una storiografia scientifica incentrata sull’hero worship - può sembrare oggi anacronistica e
fuorviante, la sua traduzione in ‘umile’ ricerca prosopografica ha
fornito risultati di grande interesse. L’insistenza di Pazzini sulla raccolta minuziosa di notizie da riunire nel documentario, centro di raccolta e smistamento di informazioni, di testi e di oggetti, di materiali d’archivio e di immagini, risulta ancora oggi utile e affascinante
per lo storico, così come il suo progetto di un insieme integrato di
immagini, testi e oggetti, in funzione didattica e divulgativa.
BIBLIOGRAFIA E NOTE
1. Una bibliografia degli scritti di Pazzini, accompagnata da una breve commemorazione
di Luigi Stroppiana, in Medicina nei Secoli 1998; 2: 309-345.
2. Su Baglioni cfr. la voce di BAGLIONI A., in: Dizionario Biografico degli Italiani.
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Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
Roma, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, 1963, vol. V.
3. Cfr. PAZZINI A., Apologia della storia della Medicina, Prolusione al corso libero di
storia della medicina tenuto nella Regia Università di Roma, 1933. Bollettino
dell’Istituto storico dell’Arte sanitaria 1934; 2: 66-77.
4. PAZZINI A., La Storia della Medicina in Italia nell’ultimo cinquantennio. Rivista di
Storia delle Scienze mediche e Naturali 1937; 9-10: 251-259; 1938; 3-479-84; 1938; 910: 218-231; 1938; 11-12: 274-283; 1939; 1-2: 26-38.
5. Si veda l’episodio, ricordato da Claudio Pogliano, della controversia insorta nel 1914
fra Aldo Mieli e Pietro Capparoni sul poco spazio dedicato dalla Rivista critica di storia delle scienze mediche e naturali a temi di storia della scienza, e la considerazione di
Capparoni: “La massima parte dei nostri soci... sono medici che si occupano degli studi
storici della loro scienza”: POGLIANO C., The misfortunes of the history of science in
Italy. In: BERETTA M., POGLIANO C., REDONDI P. (eds.), Journals and History of
Science. Firenze, Olschki, 1998, pp. 97-117:106.
6. Esposizione Internazionale di Roma - Guida generale delle mostre retrospettive di
Castel S. Angelo. Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1911, pp. 106-123. Sulla
mostra etnografica di Roma del 1911, che contribuì a determinare l’atmosfera nella
quale avrebbe in seguito agito Pazzini, cfr. PUCCINI S., L’itala gente dalle molte vite.
Lamberto Loria e la Mostra di Etnografia italiana del 1911. Roma, Meltemi, 2005.
7. Su Capparoni cfr. la voce di CAPPELLETTI V., DI TROCCHIO F., In: Dizionario
Biografico degli Italiani. Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1975, vol. 18.
8. PAZZINI A., Il Museo dell’Accademia di storia dell’arte sanitaria. Estratto da Croce
Rossa 1935;2, pp. 1-23.
9. Cfr. POGLIANO C., The misfortunes..., op. cit. n. 5, p. 103.
10. CAPPARONI P., L’VIII Congresso Internazionale di Storia della Medicina, Roma,
22-27 Settembre 1930. Bollettino dell’Istituto Storico dell’Arte sanitaria 1930; (X) 6:
288-315, 304-5.
11. Enciclopedia Italiana, vol. XXII. Su Castiglioni BELLONI L., Arturo Castiglioni storico della medicina. Rivista di storia delle scienze mediche e naturali 1954; 59-101. Le
lettere di incarico a Pazzini per le voci dell’Enciclopedia, firmate da Gentile, sono conservate nell’Archivio dell’Istituto di Storia della Medicina dell’Università di Roma.
12. Sulle vicende dell’Enciclopedia, TURI G., Il mecenate, il filosofo e il gesuita.
L’«Enciclopedia italiana», specchio della nazione. Bologna, Il Mulino, 2002.
13. PAZZINI A., L’uomo e le malattie. Milano, Bompiani, 1948.
14. PAZZINI A., Della opportunità di un insegnamento storico-scientifico nella Facoltà
di Medicina. Atti e memorie dell’Accademia di storia dell’Arte sanitaria 1953; luglioagosto-settembre: estratto. Si tratta di un testo letto da Pazzini alla “First World
Conference on Medical Education”, tenutasi a Londra il 26 Agosto 1953.
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Maria Conforti
15. Sulla diffusione del darwinismo in Italia, PANCALDI G., Darwin in Italia: impresa
scientifica e frontiere culturali. Bologna, Il Mulino, 1983.
16. LUBBOCK J., I tempi preistorici e l’origine dell’incivilimento, con un capitolo intorno all’uomo preistorico in Italia di Arturo Issel. Versione italiana di Michele Lessona.
Torino, Unione tipografico-editrice, 1875.
17. Nella sua opera Lubbock non accenna che brevemente alle pratiche di cura presso i
popoli primitivi.
18. THORNDIKE L., A History of Magic and Experimental Science. 8 voll., New York,
Columbia University Press, 1923–58.
19. Cfr. la recensione di Pazzini a CASTIGLIONI A., L’orientamento neoippocratico del
pensiero medico contemporaneo. Torino, Ed. Minerva Medica, 1933. Bollettino
dell’Istituto storico Italiano dell’Arte sanitaria 1933 (XIII): 45-46: “In questo lavoro,
che ben si può chiamare l’espressione di un pensiero universale, l’Autore illustre ha
modo di dimostrare ampiamente la sua vasta e genialissima cultura”. Pazzini sottolinea come la rivendicazione storica dell’importanza del neoippocratismo - posizione di
Castiglioni che egli fa propria - vada nella stessa direzione della più fortunata filosofia medica italiana di questi anni, il costituzionalismo: “La teoria umorale, la dottrina
costituzionale, la patologia umorale, la forza sanatrice della natura... per la dimostrazione finale dell’indirizzo ippocratico della medicina moderna”, ibid., p. 46.
20. In una breve corrispondenza negli anni ‘50, conservata presso l’Archivio della Sezione
di Storia della Medicina, i due studiosi si contrappongono su questioni concorsuali.
21. Nel 1952 Pazzini esprime in termini decisamente positivistici la propria critica a
Frazer: “... la critica alle cosiddette leggi magiche del Frazer, esaminate nella loro
essenza naturalistica e in base al concetto di relazione e magia, vengono interpretate
più logicamente come leggi iniziali della Scienza, destituendole da quel senso insito di
magia che generalmente viene loro attribuito”: PAZZINI A., Curriculum. In: Scritti in
onore del Prof. A. Pazzini in occasione del XXX anno di laurea. Saluzzo, Ed. Minerva
Medica, 1952, p. 4.
22. Pazzini conosce le ricerche dell’etnografia e antropologia italiana, da Pitré a
Pettazzoni, da Pigorini al giovane De Martino: “la medicina dei primitivi non è viva
solo presso i popoli selvaggi; essa tramanda radici anche nei nostri popoli”, PAZZINI A., Medicina Popolare. In: Enciclopedia Italiana, vol., p. 732.
23. PAZZINI A., La storia della medicina nell’anno XVII E.FF. Roma, Società Italiana per
il progresso delle Scienze, 1940, p. 5.
24. PAZZINI A., Il Museo, op. cit. n. 8. La collezione Pazzini non è menzionata nelle
descrizioni del museo al momento della sua inaugurazione (1933), dunque deve essere stata aggiunta in seguito al nucleo originario, più decisamente orientato in senso
antiquario. Questo indica, pobabilmente, il ruolo più significativo assunto da Pazzini
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Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina
all’interno del gruppo degli storici della medicina a Roma.
25. Ibid., p. 17.
26. Ibid., p. 18.
27. Cfr. SKINNER G. M., Sir Henry Wellcome’s Museum for the Science of History.
Medical History 1986; 30: 4.
28. SYMONS J., ‘These crafty dealers’: Sir Henry Wellcome as a book collector. In
MYERS R. and HARRIS M. (eds), Medicine, Mortality and the Book Trade. St Paul’s
Bibliographies/Oak Knoll Press 1998, pp. 109-130: 113.
29. Le fotografie di alcune ricostruzioni nel museo Wellcome illustrano gli articoli già
ricordati di Castiglioni e Pazzini nell’Enciclopedia Italiana.
30. Si veda supra, l’elenco dei filmati fatti realizzare da Pazzini.
31. Cfr. PAZZINI A., Curriculum, op. cit. n. 21, p. 4.
32. PAZZINI A., Per un Regio Istituto di Storia della Medicina. In: Lavori di storia della
medicina compilati nell’anno accademico 1936-37. Roma, Arti Grafiche Bodonia,
1938, p. 3.
33. Ibid., p. 4.
34. Ibid., p. 6.
35. PAZZINI A., Il Museo. Roma, Istituto per la Storia della Medicina dell’Università di
Roma, 1958, p. 6.
36. Lavori di Storia della Medicina, op. cit. n. 32. Cfr. anche PAZZINI A., Per una catalogazione bibliografica della Storia della Medicina. Comunicazione presentata al III
International Congress of Medical Librarianship, Amsterdam, maggio 1969. Pagine di
Storia della medicina 1969; 5-11.
37. La notizia ebbe echi anche sulle riviste internazionali, a testimonianza dell’importanza attribuita alla “first official chair of the history of medicine to be assigned since the
unity of Italy”: Journal of the History of Medicine 1956; 106.
38. Una valutazione assai critica dell’attività di Pazzini - e dello stato della disciplina in
Italia - in: BELLONI L. Evoluzione e stato attuale della Storia della Medicina in
Italia. In: CISO (Centro Italiano di Storia Ospitaliera)( a cura di), Storia della sanità
un Italia. Metodo e indicazioni di ricerca. Roma, “Il Pensiero Scientifico” ed., 1978,
pp. 19-24, 22.
Correspondence should be addressed to:
Maria Conforti, Sezione di Storia della Medicina, Viale dell’Università, 34/a, 00185 –
Roma. e-mail: [email protected]
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MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 313-330
Journal of History of Medicine
Museologia Medica/Medical Museology
LA CERAMICA APOTECARIA NEL MUSEO DI STORIA
DELLA MEDICINA DELL’UNIVERSITA’ DI ROMA
“LA SAPIENZA”
ILARIA DE SANTIS E MARIAGRAZIA DEL BUSSO
Roma, I
SUMMARY
PHARMACEUTICAL POTTERY IN THE MUSEUM OF HISTORY OF
MEDICINE OF ROME “LA SAPIENZA”
Chemist’s and pharmaceutical vases are a historical, aesthetic, cultural,
often careless, patrimony that evokes numerous suggestions. It is not
possible to distinguish their history from the history of general ceramics
in order to reconstruct the context in which these manufactured object
were made. Even though manufacture presents a peculiarity of its own it
interlaces with the objects of everyday use and with the production
designed to any specific and different uses. Ceramics is one of the most
flourishing art in Italy; a revival of its techniques arose just in relation
with the ‘rebirth’ of spices commercial trading in Italy.
Esiste un patrimonio di notevole rilievo storico, estetico e culturale, spesso trascurato, in grado di suscitare l’attenzione del pubblico perchè evocatore di molteplici suggestioni: i vasi da farmacia.
Un’attenta analisi, al fine di ricostuire il contesto in cui tali
manufatti sono nati, ci porta necessariamente a tracciare in linee
essenziali la storia dei materiali; non è infatti possibile scindere la
storia dei vasi da farmacia da quella della ceramica in generale.
Questa produzione, per quanto presenti una sua peculiarità, si
Keywords: Pharmaceutical pottery – Ceramics – Museological Collections
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