GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA JOURNAL OF HISTORY
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GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA JOURNAL OF HISTORY
MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA GIORNALE DI STORIA DELLA MEDICINA JOURNAL OF HISTORY OF MEDICINE Fondato da / Founded by Luigi Stroppiana QUADRIMESTRALE / EVERY FOUR MONTHS NUOVA SERIE / NEW SERIES VOL. 18 - No 1 ANNO / YEAR 2006 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 7-7 Journal of History of Medicine Introduzione/Introduction Questo fascicolo raccoglie una serie di contributi volti a illustrare il ricco patrimonio archivistico e documentario conservato presso la Sezione di Storia della Medicina dell'Università di Roma "La Sapienza". La struttura del fascicolo prevede per ogni archivio un articolo iniziale di introduzione agli aspetti archivistico-documentali, in una forma agile che lo renda fruibile anche come iniziale guida al materiale conservato. Sono stati invece affidati a storici e specialisti articoli che, facendo uso del materiale archivistico, illustrassero alcuni aspetti delle ricerche che essi rendono possibili. Il lavoro degli autori, che hanno intensamente lavorato presso la Sezione, ha consentito, così, che emergessero alcuni tratti salienti della ricerca biomedica italiana del Novecento. Gli inventari dei fondi sono disponibili on-line sul sito della Sezione (www.histmed.it). Il primo nucleo degli archivi, quello sulla scuola malariologica romana tra Otto e Novecento, è stato trasferito presso l'allora Istituto negli anni Trenta, quando esso era ancora ospitato nella Città universitaria nei locali dell'Istituto di Igiene. Gli altri archivi sono stati donati dai loro proprietari o dai loro eredi, familiari e intellettuali. In particolare desidero qui ringraziare Giorgio Bignami, Mario Coluzzi, Giovanna Falconieri Erspamer, Flora Valentino, Giuliana Boera, Ida Bianco Silvestroni, Marco Ballante. L’ordine della loro citazione è legato unicamente alla successione in cui questo fascicolo presenta gli archivi oggi in nostro possesso. A tutti loro la Sezione di Storia della Medicina è ugualmente legata da un debito di gratitudine per la generosità con cui hanno messo a disposizione di un vasto pubblico di ricercatori, appassionati e studenti un patrimonio umano e scientifico di valore inestimabile. Luciana Rita Angeletti 7 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 9-44 Journal of History of Medicine Articoli/Articles UN PATRIMONIO DI DOCUMENTI PER LA STORIA DELLA BIOMEDICINA: GLI ARCHIVI DELLA SEZIONE DI STORIA DELLA MEDICINA DELL’UNIVERSITA’ “LA SAPIENZA” GIOVANNI PAOLONI Scuola Speciale Archivisti e Bibliotecari Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, I SUMMARY DOCUMENTS FOR THE HISTORY OF BIOMEDICINE: THE ARCHIVES OF THE SECTION OF HISTORY OF MEDICINE OF THE UNIVERSITY OF ROME “LA SAPIENZA” Scientific archives for biomedicine have only recently been brought to the attention of the scholarly world. The archives conserved in the Section have different origins, only loosely related to the University of Rome; together they fully illustrate the achievements and shortcomings of biological and medical research in Italy from the late 19th century to the present. 1. Introduzione Le istituzioni e le idee, è stato giustamente detto, camminano sulle gambe degli uomini: questo è particolarmente vero nel mondo scientifico, dove la qualità morale e intellettuale degli uomini, il loro prestigio e la loro capacità organizzativa e progettuale influenzano in modo determinante, sia in senso positivo che negativo, il funzionamento di singole istituzioni e/o dell’intero sistema. Non sono mancate nell’Italia del Novecento personalità scientifiche di Key words: Scientific Archives – University of Rome “La Sapienza” 9 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 51-62 Journal of History of Medicine Articoli/Articles GLI ARCHIVI PER LA STORIA DELLA MALARIA MARGHERITA BETTINI PROSPERI Cooperativa ‘RomArchivi’, Roma, I. SUMMARY ARCHIVES FOR THE HISTORY OF MALARIA Archives for the history of malaria and malariology in Italy have been ‘rediscovered’ in the recent past. The Sezione di Storia della Medicina at Rome University conserves many different personal and institutional archives closely or loosely related to this topic. Many of them had been originally gathered and kept at the Istituto di Igiene at Rome University. Among them the Fondo Casini, of the 20th century, documenting the activity of public institutions such as the Società per gli Studi della Malaria and the Scuola Superiore di Malariologia; archives of the end of the 19th and beginning of the 20th century, such as the Fondo Bignami, Celli; and many others. Premessa La storia della lotta alla malaria, lunga oltre mezzo secolo, sfugge ancora oggi ad uno schema preciso ed esaustivo di riferimenti archivistici, per via della molteplicità e della eterogeneità dei suoi attori. Le fonti archivistiche per la storia della malaria e della lotta antimalarica sono state oggetto di un convegno organizzato dalla Sezione di Storia della Medicina nel 1998, in occasione della celebrazione del centenario della scoperta dei veicoli di trasmissione della malaria e del cinquantenario dell’interruzione della mortalità dovuta alla malattia, al quale hanno partecipato archivisti e studioKeywords: Scientific archives – Malaria – Guido Casini 51 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 63-74 Journal of History of Medicine Articoli/Articles ESTRATTI DI ARGOMENTO MALARIOLOGICO NELL’ARCHIVIO BIGNAMI DAVIDE RENZI Roma, I SUMMARY MALARIOLOGY OFFPRINTS IN THE BIGNAMI ARCHIVE The offprint collection in the Bignami archive dates from 1865 to 1972. It consists of 301 offprints, published in various Western countries, focusing on malaria and its eradication. The offprints can be classified by subject: on the zooology of parasites, on malarial infection, on the course and treatment of malarial fever, on pharmacology. Besides providing a sample of the state of the art on malariology in the period, they offer evidence concerning the network and activities of malariologists in Italy and abroad. L’archivio Bignami, di carte e documenti relativi all’attività della famiglia dei celebri medici e malariologi, conserva anche un fondo di 301 estratti a stampa, datati tra il 1865 e il 1972. Il fondo contiene estratti brevissimi e testi di maggior consistenza raccolti da Amico (1862-1929) e Francesco Bignami, padre e figlio, ed è incentrato sul problema della malaria e della sua eradicazione. Si presenta qui un’analisi schematica del suo contenuto, nell’intento di indicarne il valore come strumento di ricerca storiografica. La raccolta degli estratti rappresenta un efficace documento di consuetudini di lavoro, oltre che una testimonianza (da integrare con la documentazione archivistica) dell’esistenza di un attivo network di scambi tra ricercatori nel campo della malariologia1. Keywords: Scientific archives – Malaria – Amico Bignami – Francesco Bignami 63 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 75-96 Journal of History of Medicine Articoli/Articles LA LOTTA ALLA MALARIA IN ITALIA: CONFLITTI SCIENTIFICI E POLITICA ISTITUZIONALE GILBERTO CORBELLINI Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Storia della Medicina Università degli Studi di Roma “La Sapienza, Roma, I SUMMARY ANTIMALARIAL STRATEGIES IN ITALY: SCIENTIFIC CONFLICTS, INSTITUTIONAL POLICIES The historiography of malaria in Italy - from the discoveries of the parasite and its specific mosquito vector to the eradication of the plasmodia - has characterized the evolution of Italian malariology and antimalarial strategies as a rationally planned enterprise. The received view is that the essential scientific contributions and the effective approaches which ultimately allowed the defeat of the disease were produced thanks to the unitary effort of an efficient and influential community of investigators. Even though the outstanding and international standard of Italian malariologists individually taken cannot be downplayed, a more thorough exploitation of archival sources shows that the history of the Italian malariological community was also characterized by theoretical, academic and personal rivalries, influencing the evolution of malariology and the institutional debate on antimalarial strategies. The aim of this paper is to examine the reasons and the implications - in different periods and institutional dimensions of the antimalarial activities - of personal and institutional disputes within two generations of Italian malariologists. The reconstruction of the origins and of the content of persistent scientific and institutional controversies within the Italian malariological community does not diminish the value Keywords: Italian malariology – Angelo Celli – Battista Grassi – Camillo Golgi 75 Gilberto Corbellini of the Italian experience in the field of malariology and the antimalarial activities. On the contrary, it contributes to a less triumphalistic, but more realistic and dynamic view of the conquest of Italian malaria. La storiografia riguardante la malaria e la malariologia in Italia si è concentrata su problemi riguardanti principalmente le scoperte scientifiche e le ricadute di tali acquisizioni sul piano delle strategie di lotta antimalarica, mentre gli studi sull’evoluzione della malattia in Italia hanno cercato più che altro di applicare al problema malaria categorie storiografiche precostituite (es. primato del progresso medico vs. primato del progresso igienico-sociale). Minor attenzione è stata dedicata al problema delle condizioni ecologiche (inclusi ovviamente i fattori sociali ed economici) che hanno per lungo tempo favorito la trasmissione dell’infezione in Italia1. Ma vi sono anche fatti e dinamiche scientifiche, istituzionali e personali piuttosto contrastati che hanno caratterizzato gli studi e il dibattito politico-sanitario sugli interventi di lotta antimalarica in Italia, che sarebbe utile approfondire e contestualizzare storicamente, in quanto la consapevolezza di alcuni contrasti può aiutare a capire, ridefinire o abbandonare facili o troppo schematici luoghi comuni riguardanti la storia della malaria in Italia, nonché a fare ulteriore luce sulle radici di alcuni sviluppi dottrinali della medicina italiana. Di fatto, non devono stupire i conflitti tra scienziati, ed è utile conoscerli perché arricchiscono il quadro dei fattori che possono giocare nel produrre risultati e scelte. In particolare, alcuni conflitti personali e tra scuole, esplosi o latenti, hanno condizionato a livello sia locale sia nazionale l’evoluzione delle strategie di lotta antimalarica, e una loro disamina consente di capire meglio come si sono articolati gli sforzi concettuali e pratici nell’affrontare il problema malaria in Italia. Questi conflitti sono esplosi, e hanno influenzato diverse dinamiche di politica sanitaria antimalarica, avendo come palcoscenico principale la capitale d’Italia, Roma. Verosimilmente in ragione del fatto che nelle campagne intorno a Roma, ma anche in alcune zone della capitale, la malaria rappresentava un grave problema sanitario, 76 La lotta alla malaria in Italia a partire dagli anni Ottanta dell’Ottocento ha operato a Roma un nutrito gruppo di medici e biologi, prevalentemente universitari, che hanno fatto dello studio della malaria l’obiettivo principale delle loro ricerche, riuscendo a produrre risultati di grande rilevanza e richiamo internazionale. A questo gruppo di medici e biologi, tra i quali spiccano i nomi di Guido Baccelli, Giuseppe Bastianelli, Amico Bignami, Angelo Celli, Battista Grassi ed Ettore Marchiafava, si tende a fare riferimento come alla “scuola romana di malariologia”, a cui si attribuisce il merito di aver concorso alla messa a punto di un “metodo italiano” di lotta antimalarica. Nella realtà, piuttosto che agire sulla base di una comune idea e con gli stessi obiettivi, questi medici e biologi diedero luogo a una serie di risentite contrapposizioni per emergere o far emergere il proprio punto di vista, influenzando anche la politica sanitaria antimalarica a livello nazionale. Il presente contributo si propone di ricostruire alcune controversie che videro protagonisti malariologi romani, ma anche altri medici o studiosi della malaria, mostrandone le conseguenze a lungo termine per quanto riguarda la tradizione di studi e la politica sanitaria antimalarica in Italia. Per capire come mai lo studio della malaria è stato caratterizzato in Italia da forti aspettative, ovvero perché si sono manifestate tante rivendicazioni di priorità, personalismi e contrasti basta ricordare la diffusione di questa malattia lungo tutta la penisola. Le prime inchieste sanitarie realizzate dalla giovane nazione italiana disegnavano un paese praticamente diviso in due dalla malaria. Nel 1879-80 la Commissione d’Inchiesta per l’Esercizio Ferroviario, presieduta dal Senatore Luigi Torelli, analizzava direttamente le condizioni igieniche lungo le linee ferroviarie al fine di intervenire nella protezione dei dipendenti delle ferrovie, constatando che su 8313 km di strade ferrate (al 1° gennaio 1879), ben 3762 si trovavano in zone malariche e di questi 1231 in zone di malaria grave. Pubblicando nel 1882 la prima “carta della malaria d’Italia”, basata anche sui dati dei 259 Consigli di Sanità e delle amministrazioni locali, Torelli richiamava per primo l’attenzione sul fatto che la malaria fotografava due Italie, quella settentrionale dove (a esclu77 Gilberto Corbellini sione del litorale veneto) prevaleva la malaria lieve, e quella meridionale (incluse la Maremma e il litorale laziale) dove infieriva la malaria grave2. La prima statistica sanitaria del Regno veniva pubblicata nel 1887. La malaria risultava essere ancora diffusa su circa un terzo del territorio italiano; i morti in un anno erano oltre 20.000 ed il numero totale dei casi poteva essere stimato nell’ordine di circa 2 milioni, su una popolazione complessiva di circa 30 milioni di persone. La malattia colpiva in modo diverso le Province del Regno, essendo diffusa maggiormente nel centro, nel sud e nelle isole. A livello nazionale era circa il 10% la popolazione che viveva stabilmente in zona malarica, e più del triplo vi si stabiliva stagionalmente per lavoro; ma nel Mezzogiorno, su una popolazione di circa 11 milioni, 8 erano a rischio di contrarre l’infezione. Degli oltre 20.000 morti ufficiali, circa 18.000 erano concentrati nell’Italia meridionale e insulare. Gravi erano le ricadute sulla situazione economica del paese, dal momento che la malaria impediva la coltivazione di oltre 2 milioni di ettari, colpendo in modo pesante i lavoratori agricoli3. La malattia era, nel centro e sud Italia, strettamente collegata, in un circolo vizioso, agli assetti economico-demografici e fondiari, quali il latifondo, i tipi di coltivazione, le migrazioni stagionali dei contadini, la concentrazione delle popolazioni nei paesi collinari e montani, lo spopolamento estivo delle pianure lungo i litorali4. Un’attenzione generale e particolare per i progressi compiuti dagli studiosi italiani nella ricerca delle cause della malattia si manifestò a partire dagli studi che consentirono a Ettore Marchiafava e Angelo Celli, lavorando negli anni 1884-85 nell’ambito della scuola anatomopatologica romana guidata da Corrado Tommasi Crudeli5, di confermare le osservazioni di Alphonse Laveran circa le caratteristiche morfologiche dell’agente eziologico della malaria. Gli studiosi stabilirono che si trattava di un protozoo parassita cui diedero il nome di Plasmodium6. Tra la fine del 1885 e i primi mesi del 1886, Camillo Golgi, lavorando ad Abbiategrasso, scopriva che gli accessi febbrili malarici erano dovuti alla liberazione del parassita nel sangue al termine della fase di “segmenta78 La lotta alla malaria in Italia zione”, e che le diverse periodicità delle febbri intermittenti dipendevano dall’esistenza di specie differenti di parassiti, con cicli di sviluppo diversi. Golgi caratterizzò il parassita della malaria quartana (Plasmodium malariae) e quello della terzana primaverile (Plasmodium vivax)7, mentre l’agente della malaria grave ovvero delle febbri estivo-autunnali, che causavano migliaia di vittime nel Lazio e nell’Italia meridionale e insulare, fu descritto alla fine del 1889 da Pietro Canalis, Marchiafava e Celli8. La descrizione morfologica delle diverse specie di parassiti malarici consentì quindi di correlare, sperimentalmente, la clinica e la patologia della malaria allo sviluppo del parassita nel sangue e alla sua dislocazione negli organi interni: anche questi problemi furono affrontati e in larga parte chiariti attraverso gli studi condotti dalla scuola clinica romana di Guido Baccelli e dal classico studio di Marchiafava e Amico Bignami del 1892 sulle febbri estivo-autunnali9. Data la rilevanza scientifica e sociale del problema malaria, in relazione agli studi sull’eziologia della malaria e sulle caratteristiche clinico-parassitologiche dell’infezione si determinarono immediatamente alcuni conflitti di priorità, che è utile conoscere in quanto probabilmente (anche se la connessione non si può dimostrare) prepararono anche successivi schieramenti. A parte le riserve espresse da due importanti figure della comunità medica nazionale, Angelo Mosso ed Edoardo Maragliano, sulla validità delle osservazioni dei romani Marchiafava e Celli del parassita malarico nei globuli rossi, Marchiafava e Celli contestarono a Golgi l’originalità delle osservazioni sulla segmentazione del parassita all’interno del globulo rosso. Inoltre, Battista Grassi manifestò prima delle riserve circa la natura parassitaria ed endoglobulare dell’agente malarico, e quindi rivendicò un suo ruolo nella scoperta per aver caratterizzato il nucleo cellulare10. Infine, Pietro Canalis rivendicava di aver per primo messo in relazione le semilune con la specificità clinica delle febbri estivo-autunnali (terzana maligna)11. Queste rivendicazioni si manifestarono in modi anche particolarmente vivaci, sia attraverso scambi epistolari sia con pubblicazioni, rappresentando un primo momento di divisione all’interno di una comunità nazionale di 79 Gilberto Corbellini medici che stavano contribuendo a risolvere il problema malaria. I disaccordi tra ricercatori e le rivendicazioni di priorità sono del tutto normali quando si stanno esplorando nuovi territori della conoscenza, ma possono avere conseguenze in tempi successivi e contribuire a far luce su piani d’azione intrapresi da alcuni ricercatori che altrimenti non si spiegherebbero. Per esempio, non è improbabile che l’atteggiamento assunto da Camillo Golgi sia in relazione alla scelta di non proporre il nome di Grassi per l’assegnazione del premio Nobel insieme a Ross, sia per quanto riguarda il ruolo avuto nella critica della legge per il chinino profilattico voluta da Celli, sia stato motivato anche da risentimenti maturati negli anni nei quali si discuteva l’originalità e la valenza delle osservazioni di Golgi stesso. Gli studi sulla malaria si stavano comunque concentrando sulle modalità di trasmissione del parassita. Nel 1894 il medico tropicale Patrick Manson rilanciava l’ipotesi, già messa in conto ma mai controllata, che fossero le zanzare a fungere da vettore. Manson, partendo dall’analogia con la filariosi, di cui aveva spiegato il meccanismo di trasmissione nel 1879, pensava che le zanzare si infettassero quando pungevano l’uomo e che poi rilasciassero il parassita nell’acqua quando vi andavano a morire: l’uomo quindi si infettava bevendo l’acqua inquinata dai germi12. Due anni dopo il patologo romano Amico Bignami, prendendo come modello la trasmissione di una malattia parassitaria dei bovini trasmessa dalla puntura delle zecche, avanzò invece la tesi che le zanzare inoculassero il parassita attraverso la puntura, senza comunque avere ancora le idee chiare su come gli artropodi potessero diventare infettanti13. Seguendo il suggerimento di Manson, il medico coloniale inglese Ronald Ross realizzò una serie di studi che lo portarono, nel 1897-98, mentre si trovava in India, a dimostrare che un Plasmodio degli uccelli viene trasmesso dalle zanzare. Egli osservò altresì, nutrendo una zanzara con sangue malarico umano, che le semilune producevano nello stomaco della zanzara delle particolari cellule pigmentate. Ross comprese il ruolo delle zanzare nella trasmissione della malaria, ma, nonostante avesse osservato gli sporozoiti nelle 80 La lotta alla malaria in Italia ghiandole salivari, non poté verificare che la malaria si trasmette con la puntura della zanzara, né riuscì a stabilire che un solo genere di zanzare, Anopheles, funge da vettore del parassita malarico umano. Questi due fondamentali fatti vennero accertati sperimentalmente nel 1898, lavorando con un paziente dell’Ospedale di S. Spirito in Sassia, da Amico Bignami, Giuseppe Bastianelli e Battista Grassi, che descrissero anche i cicli di sviluppo, nell’uomo e nella zanzara, delle tre specie di parassiti malarici presenti in Italia14. Intorno alla rilevanza delle ricerche che videro protagonista Grassi in rapporto a quelle di Ross per stabilire quale fosse il genere di zanzara che trasmette la malaria si sviluppò una durissima controversia tra i due ricercatori, con ricorrenti precisazioni storiche, forme di astiosità e risentimenti personali che sarebbero riecheggiati nell’ambiente della ricerca malariologica anche dopo la morte dei due protagonisti15. La polemica tra Grassi e Ross, o meglio, gli attacchi denigratori di Ross nei confronti di Grassi, trovarono eco anche in Italia. In particolare, uno dei più autorevoli igienisti italiani, Luigi Pagliani, nell’occasione dell’assegnazione nel 1903, da parte dell’Accademia di Torino, del premio Riberi, per il quale concorrevano Grassi e Sclavo, presentò una relazione devastante contro Grassi e in cui prendeva le parti di Ross16. Inoltre, Angelo Celli, che nel dicembre 1898, in occasione della prima seduta della Società Italiana per gli Studi della Malaria, fondata a Roma, aveva riconosciuto a Grassi un ruolo cruciale17, dopo lo scontro con Grassi sull’Esanofele (di cui si dirà più avanti) cominciò a sminuire il peso avuto dallo zoologo nella scoperta del meccanismo di trasmissione della malaria umana. Peraltro, una parte importante e politicamente influente della medicina italiana andava al di là della questione di chi avesse dimostrato il ruolo delle zanzare nella trasmissione della malaria umana, negando di fatto che le zanzare fossero l’unico vettore dell’agente malarico, ovvero chiamando in causa un non ben definito “terreno malarico”. Questa posizione fu espressa da Guido Baccelli in un famoso intervento in Parlamento da cui scaturì un altrettanto famoso 81 Gilberto Corbellini emendamento alla legge n. 406 del 1901, che aveva lo scopo di rendere più efficace la legislazione sul chinino attraverso il censimento delle zone malariche e la definizione delle situazioni in cui erano obbligatorie la cura dei malati e le bonifiche18. Nonché, in modo più sistematico, dal clinico Giacinto Viola, in una serie di articoli pubblicati su Il Tommasi, e quindi raccolti in una monografia significativamente intitolata Critica della dottrina zanzaro-malarica19. Fu comunque soprattutto in relazione alle strategie di lotta antimalarica che esplosero le divergenze metodologiche e politicoaccademiche. Per capire la natura di tali divergenze, occorre ricordare che la scoperta del meccanismo di trasmissione dava un nuovo senso a metodi di fatto già utilizzati, e ne suggeriva anche di nuovi. In particolare, si sviluppò un serrato confronto, basato sulla generalizzazione dei risultati (positivi o negativi) ottenuti localmente applicando una particolare strategia antimalarica, in cui i preconcetti dottrinali prevalevano spesso sulle istanze pragmatiche e collaborative. In pratica si costituirono, non solo in Italia, diverse scuole di pensiero su quale dovesse essere il metodo da privilegiare. Agli estremi vi era chi, come il batteriologo tedesco Robert Koch, sosteneva che l’unico metodo efficace era la cura chininica dei malati, da effettuare soprattutto durante la stagione interepidemica, e chi puntava invece tutto sulla distruzione delle zanzare, come Ronald Ross, Leland O. Howard e William C. Gorgas20. In Italia prevalse inizialmente il concetto che nella lotta antimalarica andavano in primo luogo curati i malati, e questo non solo perché il dovere del medico rimaneva quello di intervenire contro la malattia, ma anche in base al presupposto che guarendo completamente le persone infette si poteva eliminare la sorgente da cui le zanzare assumevano il parassita. Tuttavia, per le difficoltà pratiche, le campagne antimalariche a base di chinino non corrispondevano al “metodo Koch”, che implicava anche l’identificazione e la cura delle persone infette durante il periodo interepidemico. Tali difficoltà erano principalmente la scarsa disponibilità di personale sanitario e le carenze organizzative degli interventi. In tal senso, venne inizialmente proposto da Battista Grassi e Angelo Celli di associare 82 La lotta alla malaria in Italia al trattamento farmacologico la profilassi meccanica, ovvero la protezione delle abitazioni dalle zanzare mediante reticelle metalliche applicate a porte e finestre. Tra Grassi e Celli si sviluppò quindi un’intensa polemica su chi avesse per primo praticato e dimostrato la profilassi meccanica21, che si estese immediatamente anche alla questione dell’efficacia dei preparati chininici prodotti dallo Stato in rapporto a un preparato industriale privato, l’Esanofele, prodotto dalla Ditta Felice Bisleri & C. Infatti, mentre Celli si prodigava per l’attuazione della legge del 23 dicembre 1900, che prevedeva la preparazione da parte dello Stato e quindi la diffusione di varie formule a base di chinino, Grassi nel 1901 sperimentava a Ostia l’Esanofele. L’Esanofele era in sostanza la “mistura Baccelli”, che il clinico romano aveva inventato nel 1869 per trattare la malaria cronica, composta di “solfato di chinina, tartarato ferro-potassico, acido arsenioso puro e acqua distillata” secondo proporzioni definite. Le “pillole antimalariche” commercializzate dalla Bisleri venivano presentate come dotate di azione profilattica, curativa e ricostituente, nonché attive contro i gametociti dei plasmodi, e dal 1900 diversi medici in varie parti d’Italia furono invitati o chiesero di sperimentare l’Esanofele. Attraverso una reclamata sperimentazione effettuata a Ostia nel 1901, Battista Grassi riteneva di aver dimostrato una maggiore efficacia del prodotto rispetto ad altri preparati chininici22. Ma i risultati, nonché la correttezza di Grassi nel condurre l’esperimento, furono in seguito messi in discussione da Angelo Celli. Ne risultò un’aspra polemica, condotta principalmente sulle pagine delle rivista medica Il Policlinico, nell’ambito della quale Grassi e Celli non si risparmiarono colpi: mentre Celli concentrava i suoi attacchi contro l’esperimento di Ostia, sostenendo che molte persone trattate con Esanofele erano state ricoverate al S. Spirito con malaria grave e questi casi non venivano conteggiati da Grassi, questi non si limitava a dimostrare che Celli aveva informazioni sbagliate, ma lo accusava anche di essersi appropriato delle sue idee e di suoi materiali per pubblicare il libro La malaria secondo le nuove vedute23. La battaglia di Celli contro l’Esanofele e l’“industrialismo scien83 Gilberto Corbellini tifico” andava comunque al di là del bersaglio “Grassi”, puntando direttamente contro Felice Bisleri. La ricostruzione di tutta la vicenda richiederebbe troppo spazio, ma è comunque utile ricordare che essa ebbe una vasta risonanza nel Paese, dato che Celli presentò un’interpellanza in Parlamento il 3 giugno 1901, che furono pubblicate inchieste giornalistiche sugli interessi di Celli nel monopolio del chinino di stato (sul Gazzettino di Venezia del 2 e 3 dicembre 1901), nonché sugli interessi personali di Celli nella difesa dell’Euchinina prodotta dalla ditta tedesca Zimmer, e che vi fu addirittura un processo a Grosseto il 19 febbraio 1902 per dibattere la causa intentata da Felice Bisleri per diffamazione contro un medico di Grosseto (nel processo Celli funse allo stesso tempo da testimone e perito). Sta di fatto che tra il 1900 e il 1904, mentre Celli, con l’appoggio di Giustino Fortunato e di altri parlamentari, e grazie all’azione esercitata dalla Società Italiana per gli Studi della Malaria, riusciva a far accogliere in Parlamento la sua idea di concentrare comunque gli sforzi sulla diffusione del chinino per la cura dei malati e quindi, dal 1904, anche per la profilassi della malaria, Grassi veniva costantemente attaccato e misconosciuto anche in Italia, e ciò lo indusse ad abbandonare amareggiato gli studi ‘attivi’ sulla malaria24. Il risentimento di Grassi nei riguardi di Celli spiega probabilmente come mai il sostenitore della spiegazione esclusivamente anofelica della trasmissione della malattia, vale a dire Grassi, avrebbe collaborato dal 1906 con quei clinici come Baccelli, Castellino e Viola che criticavano “l’esclusivismo anofelico”: il bersaglio comune era infatti la politica antimalarica promossa da Celli. La ricostruzione della intensa polemica che si scatenò all’interno della comunità medica italiana tra il 1906 e il 1911, che vide una divisione tra chi era pro e chi era contro le tesi di Celli e il modo in cui questi aveva impostato la lotta antimalarica attraverso la legislazione promossa insieme a Giustino Fortunato e ad altri parlamentari, è stato uno degli snodi cruciali della storia politico-istituzionale della malaria in Italia di cui si proverà a sintetizzare i termini nonché i passaggi salienti. 84 La lotta alla malaria in Italia Nel corso dei primi anni del Novecento, Celli divenne progressivamente assertore e propagandò attraverso gli Atti e il Bollettino della Società Italiana per gli Studi della Malaria25 una concezione della lotta antimalarica che prevedeva l’utilizzazione secondo diverse combinazioni (e a seconda delle condizioni locali) dei diversi strumenti in grado di agire sia sulle cause efficienti (parassita e zanzara) sia sulle cause concomitanti, migliorando l’ambiente, le condizioni di vita e la “coscienza igienica” delle popolazioni. Secondo l’igienista romano, “il problema di liberare dalla malaria il nostro paese [era] molto più arduo che a qualche semplicista non sembra”26, e poteva ottenersi solo nel contesto di una collaborazione fra il medico, l’ingegnere idraulico, l’agricoltore e il maestro, vale a dire come risultato del concorso di interventi sanitari, di bonifiche idrauliche, di una adeguata politica del lavoro e della diffusione dell’istruzione. “Unum facere et alterum non omittere” fu il motto che Celli coniò e andò ripetendo dal 190227, e a cui tutto sommato avrebbe fatto riferimento la malariologia italiana soprattutto dalla metà degli anni Venti. In quest’ottica si comprende l’impegno politico e umanitario di Celli, insieme alla moglie Anna Fraentzel, per lo sviluppo della legislazione antimalarica, per l’applicazione delle leggi sul Chinino di Stato e per la diffusione dell’istruzione tra i contadini28. Nondimeno, Celli, per superare le difficoltà e i ritardi di interventi che dovevano dipendere dal concorso di più parti sociali, si fece promotore soprattutto dell’utilizzazione profilattica del chinino, che fece accogliere anche a livello legislativo, nel 1904, assicurando la gratuità del farmaco ai poveri e ai lavoratori a rischio di contrarre la malaria, non solo per la cura ma anche per la profilassi. In realtà, fino al 1902 Celli nei suoi lavori era stato un critico dell’efficacia profilattica del chinino, anche se in seguito avrebbe asserito di essere stato un sostenitore della profilassi chininica sin dal 189929. L’enfasi posta da Celli sul “chinino profilattico” (nel senso che malgrado l’unum facere etc. a partire dal 1902-3 egli sostenne prioritariamente la profilassi chininica) e la teoria, che egli difendeva con forza, secondo la quale la profilassi immunizzava contro l’infe85 Gilberto Corbellini zione, apparivano a diversi medici, ma soprattutto a Rocco Santoliquido, a capo della Direzione Generale di Sanità, prive di fondamento. Così come appariva implausibile l’affermazione che l’assunzione continuata di chinino alle dosi necessarie per la profilassi fosse innocua. Santoliquido chiese espressamente al Consiglio Superiore di Sanità di esprimersi sulle tesi di Celli, e il Consiglio si espresse con un documento che criticava la teoria che l’assunzione continuata del chinino avesse un effetto immunizzante e fosse priva di effetti collaterali30. A questo punto va detto che a scatenare lo scontro tra Celli e Santoliquido, a parte le opposte visioni politiche (Santoliquido era liberale e fedele giolittiano, mentre Celli era radicale31) furono sia i continui attacchi di Celli alla Direzione Generale per i ritardi nell’applicazione degli interventi previsti dalla legislazione, sia, in concomitanza con la promulgazione della legge del 1904 che accoglieva l’idea di distribuire gratuitamente il chinino anche per uso profilattico, un’azione al limite della rilevanza penale, promossa da Celli in qualità di Presidente della Società Italiana per gli Studi della Malaria. Celli aveva inviato ai medici provinciali delle zone malariche una lettera circolare in data 20 giugno 1904 in cui, lasciando intendere un accordo con la Direzione Generale di Sanità, chiedeva loro di organizzare, con il concorso degli ufficiali sanitari della provincia, campi sperimentali per il controllo dell’efficacia del chinino usato per la profilassi. Venuto a conoscenza del fatto, il Ministro dell’Interno, Giovanni Giolitti, emanò una circolare in data 4 agosto 1906 in cui si diffidavano i medici provinciali dal praticare l’esperimento, ricordando che la legge per il chinino profilattico era già in vigore dal 19 maggio 1904 e che quindi i medici erano obbligati a somministrare il chinino e non potevano mettersi a studiare l’azione del farmaco in quanto tutti i cittadini italiani avevano diritto alla cura. Criticato dalla Direzione Generale della Sanità, Celli si difendeva abbastanza maldestramente sostenendo di non avere mai suggerito di fare esperimenti32. Nel maggio del 1906 Giolitti firmava, su proposta di Santoliquido, un decreto che istituiva una Commissione di clinici e 86 La lotta alla malaria in Italia patologi per studiare l’applicazione delle leggi per il chinino di stato. La prima riunione si tenne il 4 luglio del 1906 sotto la presidenza di Guido Baccelli, il quale informò i presenti - tra cui Golgi, Grassi, Badaloni, Castellino, De Renzi, Gosio, Santoliquido e De Giaxa - che il loro lavoro doveva consistere in un’indagine dettagliata al fine di modificare la legislazione antimalarica33. Al di là delle intenzioni, abbastanza verosimilmente intese a disarticolare la politica antimalarica affermatasi agli inizi del secolo grazie all’azione parlamentare di Celli, Fortunato, Franchetti e di altri, che colpiva peraltro gli interessi del mondo industriale farmaceutico e dei proprietari terrieri - intenzione che Celli costantemente rivendicava accusando di “industrialismo” chiunque criticasse il chinino di Stato34 - l’attività della Commissione e delle sottocommissioni produsse una serie di inchieste, e quindi di campagne sperimentali, in tutte le zone malariche del Paese, che disegnavano un quadro assai più complesso della diffusione della malaria in Italia. In modo particolare, da queste inchieste, che confluirono nella famosa Relazione Badaloni presentata al Consiglio Superiore di Sanità nell’agosto del 190935, emergevano tutti i limiti di una legislazione antimalarica indubbiamente avanzata, ma davvero difficile da applicare per le resistenze sia da parte dei proprietari terrieri che non intendevano pagare il chinino per i loro dipendenti sia da parte delle popolazioni a rischio che non credevano nell’efficacia del farmaco o non lo assumevano a causa degli effetti collaterali che provocava, e per una organizzazione non del tutto efficiente delle associazioni a cui veniva affidata la distribuzione del chinino (in modo particolare la Croce Rossa nell’Agro Pontino, come si evinceva da un’indagine coordinata da Grassi). Il consumo di chinino, durante i primi anni dell’applicazione delle leggi sul “Chinino di Stato”, ebbe quindi un diverso successo nelle regioni del nord e del sud del Paese. Come risulta dalla Relazione Badaloni, nelle Province di Alessandria, Milano, Pavia, Vercelli, Verona e Rovigo, dove la campagne erano coordinate da Camillo Golgi e Adelchi Negri, la vendita del chinino era stata accompagnata da un consumo corretto del farmaco per la cura della 87 Gilberto Corbellini malattia (mentre veniva trascurata l’assunzione a scopo profilattico), e ciò grazie ad un maggior sviluppo delle infrastrutture sanitarie e alla ‘disciplina’ della popolazione. Nelle zone del meridione, al contrario, alle opposizioni della popolazione al chinino e alla difficoltà oggettiva di reperire i lavoratori avventizi, si aggiungevano la mancanza di centri di assistenza e la diffidenza dei contadini verso i medici, identificati tra le categorie avverse, insieme ai grandi proprietari terrieri e ai caporali. Di fatto, l’efficacia del chinino si esplicava in modo diverso da quello atteso: nel senso che, pur non venendo assunto a scopo profilattico, veniva accumulato, per venderlo al mercato nero e quindi contrabbandarlo, ma utilizzandolo comunque quando si manifestava la malattia. In questo modo il farmaco era comunque disponibile e contribuiva a ridurre la mortalità e la morbilità36. Il contrasto interno alla comunità malariologica italiana assunse a questo punto una connotazione schiettamente politica, nonché di contrapposizione accademica37. In altri termini, la comunità malariologica e medica si divise sulla questione dell’efficacia della profilassi chininica e della legislazione antimalarica, e poiché il problema malaria presentava importanti risvolti economici e sociali, la polemica si sviluppò a livello pubblico su alcuni quotidiani nazionali, dove alla posizione di Celli veniva contrapposta dai critici del chinino profilattico - nonché spesso esponenti del Partito Socialista, come Nicola Badaloni e Giuseppe Tropeano38 - la tesi che la lotta antimalarica doveva basarsi principalmente sulla cura obbligatoria, sulle bonifiche, e mirare allo smembramento dei latifondi nel sud dell’Italia. Nell’ottobre del 1909 veniva fondata a Milano la Lega Nazionale Contro la Malaria, sotto la presidenza di Golgi e con l’avallo di Baccelli e Grassi, che sanciva formalmente la spaccatura all’interno della malariologia italiana. Una spaccatura che per circa un anno, dall’agosto del 1909 all’agosto del 1910, risuonò sulla stampa quotidiana con attacchi e repliche al vetriolo tra i protagonisti. Per i contenuti e la forma, tra queste polemiche va segnalata quella, abbastanza garbata, che vide protagonisti Baccelli, Bignami, Celli e Grassi in relazione a un ordine del giorno votato 88 La lotta alla malaria in Italia dall’Accademia Medica di Roma, dove in sostanza Baccelli si dissociava pubblicamente dal sostegno dato dall’Accademia alle tesi di Celli, mentre Bignami e Celli ribadivano la validità della profilassi chininica, con Grassi che si distingueva sostenendo la non praticabilità del metodo e affermando come unico valido quello della cura radicale associata alla protezione meccanica39. Non meno significativi per comprendere la dimensione pubblica del confronto e come certi rapporti personali tra i protagonisti si fossero gravemente deteriorati sono gli attacchi reciproci che si scambiarono Celli, da una parte, e Badaloni e Alessandro Lustig, dall’altra, sulle pagine dell’Avanti! nel febbraio 1910, ovvero poco dopo la pubblicazione della Relazione Badaloni e della creazione della Lega, mentre non meno violenta fu la polemica esplosa su Il Mattino tra Celli e Pietro Castellino nel marzo dello stesso anno40. La polemica si spense quindi lentamente anche per il progressivo ritiro di Celli dall’impegno politico e sanitario a causa della malattia che lo avrebbe portato alla morte nel 1914. Una provvisoria conclusione che si può trarre dalla ricostruzione dei contrasti che attraversarono la malariologia e la lotta antimalarica in Italia è che verosimilmente non si può sostenere che in Italia prese forma un “metodo” definito e condiviso per affrontare la malaria come problema di sanità pubblica. Né che sul palcoscenico romano abbia operato una scuola di malariologia caratterizzata da una visione coerente del problema. Questo non sminuisce in alcun modo il valore delle ricerche e dell’opera civile dei protagonisti. Gli studi e l’azione di Celli sono solo resi più verosimili se si riconosce che la sua tensione morale condizionava spesso negativamente la sua capacità di valutare criticamente i dati empirici e di cogliere i vincoli etici e legali a cui doveva comunque sottostare la ricerca medica. Così come, al di là degli intenti volti a dimostrare l’inadeguatezza della legislazione antimalarica promossa da Celli anche attraverso attacchi direttamente rivolti contro la sua credibilità scientifica, (intenti ben evidenti in alcuni documenti del Consiglio Superiore di Sanità o in relazioni redatte da Baccelli, Golgi e Grassi), le inchieste e le campagne antimalariche promosse dalle 89 Gilberto Corbellini Commissioni di patologi, clinici e igienisti che hanno operato a partire dal 1906 rappresentarono un contributo a un inquadramento più realistico del problema malaria in Italia. BIBLIOGRAFIA E NOTE 1. CORBELLINI G., MERZAGORA L. La malaria tra passato e presente. Catalogo della mostra allestita presso il Museo di Storia della Medicina dell’Università “La Sapienza”, Roma, 1998; COLUZZI M. e CORBELLINI G., I luoghi della mal’aria e le cause della malaria. Medicina nei Secoli 1995; 7:575-598; FANTINI B., Biologie, médecine et politique de la santé publique: l’exemple historique du paludisme en Italie. Tesi di Dottorato in Scienze Storiche e Filologiche, Ecole pratique des Hautes Etudes, La Sorbonne, Paris, 1992. 2. TORELLI L., La carta della malaria d’Italia. Firenze, 1882. 3. CELLI A., La malaria secondo le nuove ricerche. Roma, Società Editrice Dante Alighieri, 1899. 4. BONELLI F., La malaria nella storia demografica ed economica d’Italia: primi lineamenti di una ricerca. Studi Storici 1966; 4:659-687; CORBELLINI G. e MERZAGORA, La malaria, op. cit. n. 1. 5. Nel 1879 Corrado Tommasi Crudeli e e il batteriologo tedesco Edwin Klebs annunciavano di aver trovato nei terreni paludosi un bacillo, che battezzarono “bacillus malariae”, di essere riusciti a coltivarlo in terreni sintetici e di averlo inoculato in animali provocando sperimentalmente la febbre. Il bacillo di Klebs-Tommasi Crudeli, alla luce di più accurate osservazioni microscopiche e indagini sperimentali, si rivelò un miraggio. Cfr. FANTINI B. Biologie, médicine et politique, op. cit. n. 1. 6. MARCHIAFAVA E., CELLI A., Nuove ricerche sulla infezione malarica. Annali di agricoltura 1885; 35:5-32; vedi FANTINI B., Biologie, médicine et politique de la santé publique, op. cit. n. 1. 7. MAZZARELLO P., La struttura nascosta. La vita di Camillo Golgi. Bologna, Cisalpino - Istituto Editoriale Universitario, 1996. 8. MARCHIAFAVA E., CELLI A., Sulle febbri malariche predominanti nell’estate e nell’autunno in Roma. La Riforma Medica 13 settembre 1889; 214; CANALIS P., Intorno a recenti lavori sui parassiti della malaria. Lettera al Presidente della R. Accademia Medica di Roma. Roma, Stabilimento Tipografico Italiano, 1890. 9. MARCHIAFAVA E., BIGNAMI A., Sulle febbri malariche estivo-autunnali. Torino, Ermanno Loescher & C., 1892. 10. I termini delle discussioni che furono sollevate dalla questione circa la natura e la mol- 90 La lotta alla malaria in Italia tiplicazione dell’agente eziologico della malaria sono efficacemente ricostruire in MAZZARELLO P. La struttura nascosta, op. cit. n. 7. 11. CANALIS P., Intorno a recenti lavori, op. cit. n. 8. La rivendicazione di Canalis sarebbe successivamente riecheggiata anche nel corso della polemica che esplose tra i medici romani nel 1916 in occasione della successione alla cattedra di clinica medica di Guido Baccelli, alla quale il Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione designò Ettore Marchiafava. Contro tale deliberazione furono avanzate forti critiche, soprattutto da parte di Achille Sclavo, che metteva in dubbio l’orginalità degli studi effettuati da Marchiafava. A queste critiche rispondevano sia MARCHIAFAVA E., Per la storia degli studi della malaria in Roma. Rivista Ospedaliera (sezione scientifica) 1916; 12:3-19; sia BASTIANELLI, G., Ancora a proposito della successione di Guido Baccelli. Risposa all’articolo del Prof. Sclavo. Rivista Ospedaliera (sezione scientifica) 1916; 12:23-28. Canalis replicava quindi polemicamente: CANALIS, P., Per una più completa e più esatta storia degli studi della malaria. Risposta del Prof. P. Canalis ai Professori G. Bastianelli ed E. Marchiafava. L’Igiene Moderna 1916; IX (11):1-10. 12. MANSON P., On the nature and significance of the crescentic and flagellated bodies in malarial blood. British Medical Journal 8 December1894; 1306-8. 13. Vedi FANTINI B., Biologie, médicine et politique, op. cit. n. 1. 14. Ibid.; cfr. CELLI A., Società italiana per gli studii della malaria. Giornale della Reale Società Italiana d’Igiene 1898; 12:3-11; GRASSI B., Le recenti scoperte sulla malaria esposte in forma popolare. Rivista di Scienze Biologiche 1899; 7:3-55; ID., Studi di uno zoologo sulla malaria. Roma, Accademia Nazionale dei Lincei, 1901. 15. Vedi FANTINI B. Biologie, médicine et politique, op. cit. n. 1. Grassi rivendicò per se stesso un ruolo più determinante di quello di Bignami e Bastianelli nel condurre gli esperimenti dimostrativi del 1898, soprattutto quando, trovandosi a polemizzare con Angelo Celli e Luigi Pagliani, affermava che questi avevano tentato di cancellare il fatto che fu lui a suggerire di utilizzare Anopheles claviger per trasmettere sperimentalmente la malaria. Vedi in particolare GRASSI B., Aggiunta all’opera “Studi di uno zoologo sulla malaria”. A proposito della storia delle recenti scoperte sul modo di trasmissione della malaria. Risposta del Prof. B. Grassi al Prof. Pagliani. Milano, Tipografia A. Rancati, 1903. 16. La relazione di Pagliani fu interamente pubblicata in GRASSI B., Aggiunta all’opera., op. cit. n. 15. 17. CELLI A., Società italiana, op. cit. n. 14. 18. BACCELLI G., Per la profilassi della malaria. Policlinico (sezione medica) 1901; VIII: 251-252. 19. Cfr. VIOLA G., Critica della dottrina zanzaro-malarica. Napoli, Stab. Lito-tipografico G. Civelli, 1908. Il volume era in pratica un estratto che raccoglieva quattro artico- 91 Gilberto Corbellini li pubblicati su Il Tommasi, nn. 35 e 36 del 1907, e nn. 1 e 2 del 1908. Il numero 9 del 30 marzo 1908 pagina 208 de Il Tommasi riportava una lettera di Grassi al direttore, Pietro Castellino, in cui il primo sfidava Viola a un confrontarsi con lui sull’argomento di fronte a una commissione di esperti: chi fosse stato giudicato perdente avrebbe dovuto pagare una multa di 2.000 lire “a beneficio di uno zoologo non ancora occupante una cattedra”. La risposta di Viola fu derisoria nei riguardi di Grassi, che a suo parere pretendeva che le verità scientifiche trovassero il loro “corso legittimo col bollo dell’ipse dixit solennemente impressovi da un consesso di Illustri”. Chiamato ulteriormente da Viola a dimostrare che le zanzare possono “infettarsi solamente dall’uomo, e l’uomo infettarsi solo dalle zanzare”, Grassi rispondeva sul numero 14 della rivista (pp. 329-330) ribadendo che i suoi critici dovevano trovare qualche caso di malaria senza che vi fosse stata una puntura di “anofeli”. Gli risposero (pp. 330-331) sia il direttore Pietro Castellino, sia lo stesso Viola (che accennava alla polemica con Ross punzecchiando Grassi con l’affermazione che al medico inglese andava riconosciuta l’originalità della “scoperta degli Anopheles”), ribadendo che al di là della possibilità di ricondurre agli “anofeli” anche i casi di malaria descritti da Viola in assenza di anofelismo, restavano come fatti contrari all’esclusivismo sostenuto da Grassi: l’ignoranza circa il meccanismo di insorgenza e di estinzione dell’epidemia; l’esiguità “del seme umano” sufficiente a infettare la zanzare; “l’anofelismo il paludismo senza malaria”; il persistere dell’infezione nel latifondo deserto. Se qui viene ricordata questa polemica è perché in quegli stessi anni Grassi collaborava comunque con Castellino nella Commissione di patologi, clinici e igienisti che doveva controllare l’applicazione delle leggi antimalariche, e sempre insieme a Castellino e Viola partecipò nell’ottobre del 1909 alla nascita della Lega Nazionale contro la Malaria (vedi infra). Considerando che le attività della Commissione e della Lega erano dichiaratamente contro Celli, è significativo il fatto che Celli prendesse le difese di Grassi nella polemica con Viola; vedi CELLI A., La malaria in Italia durante il 1907. Ricerche epidemiologiche e profilattiche. Riassunto. Atti della Società per gli Studi della Malaria 1908; IX:675-729:685. 20. CORBELLINI G. e MERZAGORA L., La malaria, op. cit. n. 1. 21. L’efficacia della protezione meccanica (soprattutto reti metalliche montate sugli infissi delle abitazioni e abbigliamenti protettivi da indossare) era stata ampiamente studiata da Grassi nel corso di esperienze realizzate nel 1899 a Maccarese e quindi nella piana di Capaccio. Grassi definiva la protezione meccanica uno dei due “marciapiedi della gran via” (l’altro era la cura obbligatoria) per combattere efficacemente la malaria soprattutto nell’Italia centrale e meridionale. Tuttavia, a causa del disinteresse dei proprietari terrieri e di una scarsa propaganda igienistica, l’applicazione della protezione meccanica non risultava efficace (gli abitanti delle case non riparavano le reti- 92 La lotta alla malaria in Italia celle quando si rompevano, o trascuravano di chiudere le porte o addirittura smontavano le reticelle per farne altri usi), né la tecnica fu perfezionata da adeguati studi ingegneristici. 22. Vedi i contributi di Grassi in: GRASSI B. (in collaborazione con BARBA MORVIHY C., PITTALUGA G., NOÈ G. e RICCIOLI C.), Relazione dell’esperimento di profilassi chimica contro l’infezione malarica fatto a Ostia nel 1901. Milano, Premiato Stabilimento Tipografico A. Rancati, 1902. 23. Ibid., Introduzione, Riassunti e Commenti a firma di Battista Grassi. Grassi si difende dall’accusa di “industrialismo scientifico” sostenendo che dopo gli esperimenti di Grosseto non aveva più avuto finanziamenti dalla Direzione Generale di Sanità e che dopo le leggi per il chinino di Stato si poteva sperimentare solo l’Esanofele. Vedi anche GRASSI B., Per la verità, Milano, Tipografia A. Rancati, 1902, dove lo zoologo risponde agli attacchi del giornale L’Adige di Verona sempre in merito alla vicenda dell’Esanofele. 24. Grassi smise solo di fare ricerche sperimentali sulla malaria, mentre continuò a intervenire nel dibattito pubblico e come si vedrà partecipò alle commissioni governative che studiarono l’applicazione delle leggi per il chinino di stato, nonché alla fondazione, nel 1909, della Lega Nazionale Contro la Malaria. 25. Sulla storia della Società Italiana per gli Studi della Malaria vedi BETTINI PROSPERI M. e CORBELLINI G., Una tradizione malariologica durata settant’anni (18981967). In: GEMELLI G., RAMUNNI R. e GALLOTTA V., Isole senza arcipelago. Imprenditori scientifici, reti e istituzioni tra Otto e Novecento. Bari, Palomar, 2003, pp. 55-82. 26. CELLI A., La malaria in Italia durante il 1901. Ricerche epidemiologiche e profilattiche. Riepilogo. Atti della Società per gli Studi della Malaria 1902; III:628-656: 656. Il riferimento era chiaramente all’affermazione di Battista Grassi secondo cui la malaria era un “colosso coi piedi di creta”: GRASSI B., Studi di uno zoologo, op. cit. n. 14. Come ha mostrato Mario Coluzzi, Grassi aveva compreso nel corso dei suoi studi sull’anofelismo senza malaria le basi ecologiche dell’instabilità della malaria in ltalia. Cfr. COLUZZI M., The clay feet of the malaria giant and its African roots: hypotheses and inferences about origin, spread and control of Plasmodium falciparum. Parassitologia 1999; 41: 277-283. 27. CELLI A., La malaria in Italia durante il 1901, op. cit. n. 26. 28. ALATRI G., La scuola non è che il principio. In: ALATRI G. e CIACCIARELLI M. R. (a cura di), La scuola nell’Agro Romano e nell’Agro Pontino dall’Unità d’Italia alle “città nuove”. Roma, Ed. Poligraf., 1994; ALATRI, G., Anna Fraentzel Celli (18781958). Parassitologia 1998; 40:377-421. 29. CELLI A., La malaria in Italia durante il 1903. Ricerche epidemiologiche e profilat- 93 Gilberto Corbellini tiche. Riepilogo. Atti della Società per gli Studi della Malaria 1904; V:865-902. 30. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno – Direzione Generale della Sanità (1882-1915), b. 84, “Consiglio Superiore di Sanità”. 31. Angelo Celli fu eletto per il Partito Repubblicano nel 1892 e rimase in Parlamento fino alla XXIII legislatura. Fece parte della Commissione di vigilanza per il chinino di Stato e della Commissione per l’applicazione della legge Baccelli per l’Agro Romano. 32. La vicenda si trova ricostruita con tanto di documentazione allegata nella Relazione fatta dal Direttore Generale della Sanità al Consiglio Superiore di Sanità nelle adunanze del 14 e 15 giugno 1909 circa l’applicazione delle leggi sul chinino e contro la malaria, Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno - Direzione Generale della Sanità (1882-1915), b. 96, fasc. 20183.1. 33. Vedi la documentazione sulle prime riunioni della Commissione insediata da Giolitti e riunitasi per la prima volta sotto la presidenza di Baccelli il 4 luglio 1907, nonché della sotto-commissione guidata da Golgi che il 4 e 5 luglio definì le metodologie e il programma di lavori, da cui si evince come l’obiettivo fosse la modificazione delle leggi antimalariche e in modo particolare di quella del1904 sul chinino profilattico. Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Intemo - Direzione Generale della Sanità (18821915), b. 94. 34. Particolarmente illuminante è una documentazione ritrovata nell’Archivio Casini, tra le carte della Società per gli Studi della Malaria. Si tratta di diverse versioni, tra cui una manoscritta, di un testo redatto da Angelo Celli e da questi sottoposto a Giustino Fortunato, Leopoldo Franchetti ed Ettore Marchiafava, per richiedere la sottoscrizione. Il documento è intitolato Come procede la esecuzione delle leggi contro la malaria. Rapporto a S.E. il Ministro dell’Intemo On. Giolitti, e come sottolineano le lettere di adesione di Fortunato, Franchetti e Marchiafava (che tra l’altro, consentono di datare il documento al maggio 1909) presentava accenti fortemente polemici nei riguardi dell’ “industrialismo”, che toccavano anche Grassi, che i firmatari chiedesero a Celli di attenuare (trovando parziale accoglienza per le loro richieste): Sezione di Storia della Medicina Università “La Sapienza” di Roma (proveniente dall’ Istituto di Parassitologia), Archivio Casini, Società per gli Studi della Malaria, b. 1. 35. BADALONI N., La lotta contro la malaria. Relazione al Consiglio Superiore di sanità. Roma, Tipografia delle Mantellate, 1910. Cfr. anche il verbale della seduta dell’11 agosto 1909 del Consiglio Superiore di Sanità in cui veniva presentata la Relazione Badaloni (Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Intemo - Direzione Generale della Sanità (1882-1915), b. 84). Sulle reazioni del mondo contadino nel Mezzogiorno vedi anche CORTI P., Malaria e società contadina nel Mezzogiorno. In: Storia d’Italia. Annali 7. Malattia e Medicina, Torino, Einaudi, 1984, pp. 635-678. 36. Le relazioni delle diverse sottocommissioni che condussero le inchieste e coordinaro- 94 La lotta alla malaria in Italia no le campagne antimalariche localmente sono consultabili presso l’Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno – Direzione Generale di Sanità, (1882-1915), bb. 81-96. 37. Un’ulteriore polemica che vide contrapporsi Celli e il Consiglio Superiore di Sanità fu quella riguardante l’efficacia dei cioccolatini di tannato di chinino. Mentre Celli ne difese l’efficacia e chiamò diversi farmacologi a sostegno della propria posizione, che mirava di fatto a facilitare la profilassi dei bambini i quali rappresentavano peraltro il vero anello forte della catena della trasmissione malarica, il Consiglio Superiore di Sanità si pronunciò contro l’utilizzazione, e i cioccolatini prodotti dalla Farmacia Militare furono esportati verso altri paesi. Vedi Archivio Centrale dello Stato, Ministero dell’Interno - Direzione Generale della Sanità (1882-1915), b. 84. 38. La figura di Giuseppe Tropeano, stretto collaboratore di Castellino e di fatto protagonista delle iniziative politiche antimalariche nel Mezzogiorno, è abbastanza indicativa di una forte connotazione politico-sociale della questione malaria, ovvero di una sovrapposizione spesso arbitraria di istanze sociali e politico-legislative su quelle prettamente medico-biologiche. Attraverso la battaglia per inquadrare la malaria come una “questione sociale”, Tropeano approdò a una personale concezione della medicina sociale in cui i problemi medico-sanitari dovevano essere ricondotti alle loro radici sociali e quindi affrontati attraverso interventi legislativi. Tropeano sarebbe quindi transitato dal Partito socialista a quello fascista, continuando abbastanza ottusamente nelle critiche di natura ‘clinica’ contro l’esclusivismo anofelico e il chinino profilattico fino al 1938. TROPEANO G., Il problema malaria. In: Trattato di Medicina Sociale, CORUZZI C., TRAVAGLI F., WASSERMANN A. & C. (a cura di), Milano, 1938, vol. II, pp. 503-556. 39. Le lettere di Baccelli, Bignami, Celli e Grassi furono pubblicate su La Tribuna, Il Popolo Romano, La libera parola e Il giornale d’ltalia. 40. Per dare un’idea dei toni, si può solo ricordare che Lustig si lamentò per le offese personali contenute in un articolo di Celli e che Il Mattino chiosò l’articolo conclusivo di Castellino del 12 maggio 1910, Polemiche sulla malaria. Ultima risposta all’On. Celli confessando di aver emendato i contributi dei due antagonisti dei “passi troppo vivaci”. Anche l’ Avanti! commentò negativamente gli attacchi troppo personali contenuti in alcuni articoli di Celli. Correspondence should be addressed to: Gilberto Corbellini, Sezione di Storia della Medicina, Viale dell’Università, 34/A - 00185 Roma. e-mail: gilberto. [email protected] 95 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 103-114 Journal of History of Medicine Articoli/Articles VITTORIO ERSPAMER (1909-1999). LUCIA NEGRI Dipartimento di Farmacologia, Università di Roma ‘La Sapienza’, Roma, I SUMMARY VITTORIO ERSPAMER (1909-1999) Vittorio Erspamer’s scientific achievements are highlighted by illustrating his long-life commitment to research and to truth, as well as his untiring rhythm of work, both in Italy and abroad - in the scientific expeditions organized to gather amphibians all around the world. His life and career are set against the background of Italian political and cultural life in the Novecento. È importante sottolineare il carattere oggettivo della ricerca disinteressata e la natura indipendente delle verità che essa persegue. A chi ripete che la verità è qualcosa di malleabile e di soggettivo, sfugge che in tal modo la ricerca diventa impossibile. Inoltre costoro sbagliano quando pensano che un ricercatore non possa seguire la propria curiosità del tutto indipendentemente dai vantaggi o dall’utilità che possono derivare dalle sue scoperte. Nessuno nega che molte ricerche non siano di questo tipo, ma una parte lo è… L’uomo, come animale sociale, non è interessato soltanto a fare scoperte sul mondo: uno dei suoi compiti è di agire in esso. L’elemento scientifico riguarda i mezzi, l’elemento filosofico si occupa dei fini. È principalmente a causa della sua natura sociale che l’uomo si trova di fronte a problemi etici. La scienza può dirgli come determinati scopi possano essere meglio raggiunti. Quel che non può dirgli è se egli debba perseguire uno scopo piuttosto che un altro. Bertrand Russell, Wisdom of the West, 1959. Keywords: Vittorio Erspamer – Neurotransmitters – Serotonine 103 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 115-120 Journal of History of Medicine Articoli/Articles L’ARCHIVIO DI VITTORIO ERSPAMER COSTANZA LISI Cooperativa ‘RomArchivi’, Roma, I SUMMARY THE ERSPAMER ARCHIVE After graduating from Pavia University in 1935, Vittorio Erspamer (19091999) worked in Germany and held chairs in Pharmacology at Bari, Pavia and Rome universities. One of the first researchers to take an interest in neurotransmitters, he isolated enteramine (subsequently named serotonine). He also isolated, in amphibians and mollusks, peptides acting on muscle cells and receptors involved in pain-regulatory mechanisms. The archive contains his laboratory notes, as well as his malacology and amphibian skins collection. 1. L’archivio: i quaderni di esperienze L’archivio è stato donato nel 2001 alla Sezione di Storia della medicina da Giuliana Falconieri, moglie di Vittorio Erspamer e professore di Farmacologia. I materiali versati sono stati da lei selezionati; ma una precedente selezione e riordino era stato eseguito dallo studioso stesso. L’archivio è costituito da 64 tra fascicoli, registri, scatole. Si tratta di un archivio privato di non grandi dimensioni, ma ricco; la qualità e la natura del materiale documentario in esso conservato caratterizzano il fondo Erspamer come un archivio con una forte connotazione di documentazione della pratica scientifica. I materiali conservati, infatti, sono in prevalenza relativi all’attività di studio e di ricerca svolta da Erspamer a partire dagli anni Trenta del Keywords: Vittorio Erspamer – Scientific archives – Laboratory notes 115 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 127-134 Journal of History of Medicine Articoli/Articles L’ARCHIVIO DI GIUSEPPE MONTALENTI NICOLETTA VALENTE Memoria srl – Società di servizi archivistici, Roma, I SUMMARY THE MONTALENTI ARCHIVE The archival fund by Giuseppe Montalenti, the distinguished Italian genetist and biologist, comprehends correspondence - both personal and scientific -, papers on his activity as a collaborator to the Enciclopedia Treccani, documentation on Montalenti’s engagement in the politics of science in Italy and abroad in the 1950s-60s, a collection of offprints and books. A large part of the archive refers to the activities of the IUSB (International Union of Biological Sciences). Alla fine del 1994 fummo invitati da Flora Valentino e Gilberto Corbellini a fare un sopralluogo presso l’Istituto di Genetica per presentare una proposta di sistemazione delle carte che erano state di Giuseppe Montalenti. L’Istituto era stato il suo ultimo luogo di lavoro e lì aveva lasciato il suo archivio professionale; a Roma egli si era stabilito nel 1960 quando fu chiamato alla Cattedra di Genetica dopo aver trascorso vent’anni a Napoli, prima alla Stazione Zoologica, poi all’Università. Le carte erano collocate in armadi e classificatori situati in stanze diverse dell’Istituto, come se la sua memoria marcasse una presenza diffusa nei luoghi che l’avevano visto a lungo protagonista: ma occorreva ora dare un futuro a questa memoria, a partire dalla salvaguardia delle sue carte cui non era garantita al tempo un’adeguata vigilanza sulla loro integrità nonostante l’amorevole cura di Flora Valentino. Keywords: Scientific archives – Giuseppe Montalenti – Italian genetics 127 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 135-158 Journal of History of Medicine Articoli/Articles GENETICA E COOPERAZIONE INTERNAZIONALE. IL CONTRIBUTO DI GIUSEPPE MONTALENTI ALLA BIOLOGIA CONTEMPORANEA FABIO DE SIO Unità di Storia della Scienza e Archivio Storico, Stazione Zoologica “Anton Dohrn”, Napoli, I SUMMARY GENETICS AND INTERNATIONAL COOPERATION. GIUSEPPE MONTALENTI AND MODERN BIOLOGY Giuseppe Montalenti (1904-1991) belongs to the generation of scientists that - through scientific and political efforts - have contributed to the rebuilding of Italian and European science after WWII. In this essay I will briefly encompass his contribution to the science of Genetics as a researcher, as an academic and as a science administrator, especially focusing on his valuable contributions to the field of Human Population Genetics in the 1950s and 1960s and on his role in the promotion of projects of international cooperation (viz. the International Biological Program of the ICSU, 1965-1974). Giuseppe Montalenti (Asti 1904 - Roma 1991) appartiene alla generazione di studiosi che, avendo cominciato la propria carriera scientifica sotto il fascismo, costituirono, all’indomani della liberazione, la classe dirigente cui spettava lo scomodo compito di rifondare la scienza biologica nazionale e di contribuire, al contempo, alla (ri)costruzione di una comunità scientifica internazionale. Protagonisti di questo rinnovamento furono pochi individui, accoKeywords: Genetics - History - G. Montalenti 135 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 159-166 Journal of History of Medicine Articoli/Articles MONTALENTI E L’EVOLUZIONISMO BARBARA CONTINENZA Università di Roma “Tor Vergata”, Roma, I SUMMARY MONTALENTI AND EVOLUTIONISM The paper highlights the role played by Giuseppe Montalenti in the dissemination of evolutionism in Italy in the 20th century, from the Thirties to the Seventies. Through a shrewd use of bibliographic policies translations, introductions to Darwin’s and Darwininian works Montalenti succeeded in popularizing evolutionism, as well as a broader notion of biology, in the comparatively backward cultural and scientific Novecento Italian scene. Nel 1965, Giuseppe Montalenti pubblicava per l’Einaudi un piccolo libro: L’evoluzione. Si trattava, in realtà, della rielaborazione di un testo già uscito, nel 1958, per la ERI, e a sua volta nato da una serie di lezioni tenute alla radio dallo stesso Montalenti, “con l’intento preciso”, spiegava l’autore, nella brevissima Prefazione all’edizione Einaudi, “di contribuire a dissipare l’equivoco”1. L’equivoco, o il “pregiudizio”, come anche lo chiamava in apertura della Prefazione, era quello, “ancora diffuso in Italia, … che l’evoluzione sia una teoria biologica antiquata, ormai superata dall’indirizzo sperimentale della scienza moderna; una teoria di cui non è stato possibile dare una dimostrazione definitiva”. Proponendosi appunto di dimostrare “la fallacia del giudizio negativo e l’infondatezza dell’atteggiamento scettico” che aveva caratterizzato la storia dell’evoluzionismo nei primi decenni del Keywords: Evolutionism in Italy – Giuseppe Montalenti 159 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 173-178 Journal of History of Medicine Articoli/Articles L’ARCHIVIO DI ADRIANO BUZZATI TRAVERSO MARGHERITA BETTINI PROSPERI, COSTANZA LISI Cooperativa ‘RomArchivi’, Roma, I SUMMARY THE BUZZATI TRAVERSO ARCHIVE The life and activity of Adriano Buzzati-Traverso are significantly linked to the birth and development of genetics in Italy, as well as to the achievements and the shortcomings of the creation of a ‘modern’ notion and policy of science in our country. His archive sheds light on public and private aspects of his activity, especially the creation of important research centers. 1. Cenni biografici Adriano Buzzati-Traverso (1913-1983) è stato uno dei più importanti genetisti e scienziati italiani del Novecento, attivamente impegnato nella ricerca, ma anche nella definizione di una politica della scienza in Italia. Fratello dello scrittore Dino Buzzati, nasce a Milano nel 1913. Negli anni ‘30 stringe contatti con l’ambiente scientifico statunitense, trascorrendo un periodo negli USA. Nel 1937 è a Pavia, alla facoltà di zoologia. Negli stessi anni coopera con Luca Cavalli Sforza, interessandosi alla nascente genetica popolazionale e alla radiogenetica. Dopo la seconda guerra mondiale, trascorsa in gran parte in Africa in prigionia, nel 1948, Buzzati -Traverso è nominato come titolare di una delle prime cattedre di genetica in Italia, all’università di Pavia, dove resterà fino al 1969. Dal 1952 al 1959 Keywords: Scientific archives – Adriano Buzzati-Traverso – Italian genetics 173 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 179-192 Journal of History of Medicine Articoli/Articles TRA BIOLOGIA E UTOPIA. ADRIANO BUZZATI TRAVERSO NELLA SCIENZA ITALIANA. MAURO CAPOCCI* Roma, I SUMMARY BIOLOGY AND UTOPIA. ADRIANO BUZZATI TRAVERSO AND ITALIAN SCIENCE The paper aims at reconstructing the scientific career of Adriano BuzzatiTraverso, a prominent character in Italian biology after the Second World War. In the Fifties and the Sixties, he was able to introduce the new molecular approaches in life sciences. A great scientific manager, much ahead of his times (at least in Italy), he successfully organized the first postgraduate courses of genetics and molecular biology in Pavia, and later created the International Laboratory of Genetics and Biophysics in Naples. Between 1962 and 1969, this institution gained the greatest respect in the scientific community, but the political turmoil in 1969 abruptly ended this fascinating attempt to modernize Italian science. Buzzati-Traverso’s personal archive allows us to reconstruct the detailed history of his scientific enterprises, focusing particularly on the hard struggle to modernize management and policies of Italian science. Adriano Buzzati-Traverso (1913-1983) è stato un personaggio molto particolare nel contesto delle scienze biomediche italiane dopo la Seconda Guerra Mondiale. Insieme ad uno sparuto gruppo di ricercatori, è stato uno dei principali attori del rinnovamento culturale che questo ambito ha conosciuto fino alla fine degli anni Sessanta. Il suo ruolo è andato oltre la semplice attività scientifica. Keywords: ILGB (International Laboratory of Genetics and Biophysics)Molecular Biology – Genetics - Science politics - Italian genetics 179 Mauro Capocci Il suo grande merito è stato infatti quello di pensare la ricerca insieme alla sua organizzazione, introducendo un modello di ‘scienziato-manager’ completamente nuovo per la baronale e ingessata accademia italiana. Il grande risultato ottenuto da Buzzati-Traverso fu la fondazione, a Napoli nel 1962, del Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica (LIGB), frutto di un’intensa attività diplomatica capace di convogliare risorse da diverse fonti istituzionali come il Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (CNEN), il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e l’EURATOM. Nella mente di Buzzati-Traverso, il LIGB avrebbe dovuto essere la “European Cold Spring Harbor”1, un’istituzione capace di attirare scienziati e finanziamenti da tutto il mondo, costituendo un luogo efficiente di ricerca e formazione avanzata. Il LIGB era il punto di arrivo di un percorso lungo più di un decennio che Buzzati-Traverso aveva intrapreso per portare la ricerca biologica italiana al livello degli altri paesi sviluppati, non solo per la produzione scientifica ma in generale per l’organizzazione e la gestione delle risorse. Nel 1950 Buzzati-Traverso scriveva: oggi si getta via una quantità notevole di pubblico danaro per fare degli edifici imponenti, lustri, di bella apparenza (almeno per qualche anno); che poi essi rispondano alle esigenze del buon funzionamento di un laboratorio sembra questione secondaria… In Italia, con un po’ d’insistenza, si riesce sempre ad ottenere da enti pubblici o privati quattrini per costruire muri, e magari degli apparecchi costosi, ma quasi mai si riesce ad ottenere del danaro per il funzionamento di un laboratorio, per aumentare il personale o per offrire a questo un trattamento economico meno vergognoso2. La sua battaglia all’interno dell’accademia italiana fu il frutto delle numerose esperienze di lavoro all’estero (soprattutto negli Stati Uniti) che Buzzati-Traverso ebbe sin dagli anni Trenta, quando si avvicinò alla genetica nei laboratori dell’Università dell’Iowa (con E.W. Lindstrom) e a Berlino (con N.W. TimofeefRessowsky)3. La visita negli Stati Uniti ebbe luogo nel 1934 durante il corso di laurea in Scienze Naturali (all’Università di Milano), e che fu decisivo per indirizzare Buzzati-Traverso verso la nuova 180 Tra biologia e utopia genetica di popolazioni. Durante la permanenza americana, ebbe contatti con alcuni dei più importanti genetisti dell’epoca, tra cui Thomas Hunt Morgan (che nel 1933 aveva vinto il Nobel per i suoi lavori pionieristici sui cromosomi), Theodosius Dobzhansky e Sewall Wright (due dei fondatori della teoria sintetica dell’evoluzione)4. Se l’incontro con Dobzhansky fu decisivo per orientare Buzzati-Traverso sullo studio della genetica popolazionale della drosofila, la collaborazione con Timofeef-Ressowsky (poi vittima delle persecuzioni staliniste) a Berlino aprì a Buzzati-Traverso la strada della radiogenetica. Proprio allo studio sperimentale dell’evoluzione tramite l’uso di radiazioni si dedicò Buzzati-Traverso dopo la Guerra, divenuto nel 1948 professore di genetica a Pavia. Ma più in generale l’ambiente culturale con cui Buzzati-Traverso si trovò a contatto sin dalla nascita fu decisivo per educarlo ad una mentalità cosmopolita. Il padre Giulio Cesare era un noto studioso di diritto internazionale, e aveva insegnato all’ateneo pavese dal 1894 fino alla morte nel 1920. La madre Alba Mantovani era invece nobile, di origine veneziana. Inoltre, Adriano era il fratello dello scrittore e giornalista Dino Buzzati, una circostanza che lo mise in contatto con numerosi editori di punta nel panorama italiano. Ne derivò un’intensa attività di pubblicista e divulgatore scientifico sulle pagine de L’Europeo, Il Giorno, l’Espresso, Sapere, che lo rese noto anche al di fuori della comunità scientifica, soprattutto per la schiettezza dei suoi scritti e la sua autonomia etica ed intellettuale. Nel corso degli anni, infatti, non esitò a schierarsi contro il Partito Comunista nella vicenda Lysenko5,6, entrando in polemica con il gruppo di biologi che difendeva la scelta staliniana7. Si attirò in questo modo alcune antipatie, ma per fortuna della nascente genetica italiana anche altri biologi vicini al PCI - tra cui Giuseppe Montalenti e Franco Graziosi - si opposero al lysenkoismo. Ma anche il Vaticano fu bersaglio degli strali polemici di BuzzatiTraverso, in particolare per le posizioni retrive rispetto al controllo delle nascite8. Proprio l’essere al di fuori delle due ‘parrocchie’ della cultura italiana fu il tratto distintivo di Buzzati-Traverso, che prdusse però alterni risultati. Si trovò infatti più volte attaccato da 181 Mauro Capocci destra e da sinistra. La vicenda napoletana del LIGB è esemplare al riguardo. 1. Il LIGB L’archivio di Adriano Buzzati-Traverso ha dato l’opportunità di comprendere l’origine del LIGB e le complesse circostanze che ne hanno segnato il destino, prima in positivo poi in negativo. Il LIGB viene inaugurato nel 1962, dopo diversi anni di pubbliche relazioni che sono riuscite a far convergere sul laboratorio di Napoli il sostegno nazionale e internazionale da parte di diversi enti. L’idea di un nuovo luogo di ricerca e formazione, che diventasse punto di riferimento nazionale e internazionale e che fosse dedicato alle nascenti discipline molecolari, affonda le radici nelle esperienze che Buzzati-Traverso fece negli Stati Uniti. Negli anni Cinquanta egli fu infatti il primo direttore del centro di genetica della Scripps Institution of Oceanography a La Jolla, California, oltre a essere ricercatore ospite in numerosi istituti. Tornato in Italia, nel 1957 Buzzati-Traverso assunse la direzione della Divisione biologica del Centro Nazionale per le Ricerche Nucleari (CNRN), dipendente dal CNR. Con il patrocinio del CNRN, furono organizzati due corsi biennali sugli effetti biologici delle radiazioni ionizzanti, iniziati rispettivamente nel 1957 e nel 1959, che usufruirono anche di un finanziamento della Rockefeller Foundation. Questi corsi videro la partecipazione di un numero limitato di studenti (15 nel primo corso, 10 nel secondo), ammessi per concorso in base al curriculum, ai loro interessi di ricerca e alla conoscenza della lingua inglese. Nell’archivio di Buzzati-Traverso (busta 31) sono conservati anche molti dei verbali di questi esami di ammissione, e tra gli studenti sfilano i nomi dei più importanti genetisti e biologi molecolari italiani (tra questi Marcello Buiatti, Guido Modiano, Anna Ruffilli, Mario Terzi). I corsi erano spiccatamente orientati all’attività di laboratorio, e non solo teorici. Inoltre, tutti gli studenti selezionati godevano di una borsa di studio (le borse erano offerte dal CNEN e in minor misura da organizzazioni private), e il loro impegno era a tempo pieno, con lezioni e semina182 Tra biologia e utopia ri da seguire nonché i cosiddetti “journal club” da tenere a turno, in modo da dimostrare la capacità di comprensione e critica di diverse tematiche scientifiche9. Tra i docenti, figurano Seymour Benzer, Renato Dulbecco, Ronald A. Fisher, Joshua Lederberg, Salvador Luria: difficile immaginare un corpo insegnanti più prestigioso. Gli allievi di questi corsi (i “corsari”) li ricordano come un’esperienza affascinante, faticosa e decisamente innovativa10, che anticipò alcune delle sensazioni poi provate all’interno del Laboratorio di Napoli. Parte di questi studenti furono infatti chiamati a collaborare nel nuovo istituto, dove di nuovo vissero l’esperienza di sentirsi parte di un’élite, di un’impresa umana e scientifica di alto valore. Buzzati-Traverso usò tutte le sue capacità di lobbying per far convergere sul LIGB diversi interessi. Dal 1959 era a capo dell’Ad hoc Working Group for Biology nato in seno all’EURATOM, e sfruttò la posizione per coagulare consenso intorno alla sua impresa. Nell’ottobre 1961 accennò al progetto in una riunione del gruppo, dimostrando di avere ben chiare in mente quali fossero le caratteristiche del futuro istituto, accennando a un corso sulla genetica del fago che si sarebbe effettivamente concretizzato nel 196311. Riuscì anche ad attirare il CNR dalla propria parte, in particolare grazie al sostegno di Luciano Caglioti e del senatore socialista Carlo Arnaudi. Nei verbali del Consiglio di Presidenza del CNR, Caglioti e Arnaudi sottolineano infatti la novità dell’iniziativa; in particolare, è Arnaudi - uno dei pochi politici italiani a comprendere l’importanza della ricerca scientifica - ad affermare che “la validità della nuova istituzione risiede anche nel tentativo di rompere gli schemi tradizionali”12. All’interno del CNR, e quindi dell’ambiente accademico, le principali opposizioni provennero dai componenti della Commissione di Genetica e Medicina, preoccupati dell’autonomia di cui l’Istituto avrebbe goduto e dei finanziamenti che avrebbe sottratto alle altre iniziative di ricerca. Il CNEN fu invece da subito disposto a collaborare: la comunità dei fisici fu sempre di grande aiuto per BuzzatiTraverso, che in effetti ne ammirò la capacità di ottenere importanti risultati scientifici e istituzionali, conservando onestà e correttez183 Mauro Capocci za13; e Felice Ippolito, direttore del CNEN, non fu da meno. La convenzione tra CNEN, EURATOM e CNR fu finalmente siglata (EURATOM-CNR-CNEN n. 012-61-12 BIAI) ed entrò in vigore nel 1962. La localizzazione napoletana fu probabilmente scelta per motivi geopolitici: al bisogno di sviluppo del Mezzogiorno si accompagnava il fatto che Luigi Califano, presidente del Comitato Biologia e Medicina del CNR, era un influente membro dell’ateneo partenopeo; inoltre, la vicinanza con la Stazione Zoologica – fondata nel 1872 e negli anni Cinquanta finanziata anche dalla Rockefeller Foundation14 - sarebbe stato un valore aggiunto per l’impresa scientifica, mentre la bellezza del golfo di Napoli avrebbe rappresentato un’attrattiva, secondaria ma comunque da tenere presente, per i ricercatori invitati dall’estero. Inoltre, un documento conservato nella busta 49, probabilmente del 1966, mostra l’esistenza di un gruppo di ricercatori e manager scientifici che spinge perché il CNR dedichi degli sforzi a creare a Napoli una cittadella scientifica di alto livello: Da oltre cinque anni il nostro gruppo di studiosi (Prof. A. BuzzatiTraverso, Prof. E. Caianiello, Prof. A. Liquori) si è reso conto che nella città di Napoli si poteva costituire il primo esempio italiano di una “area della ricerca”… Fin d’allora risultava chiaro che un siffatto complesso avrebbe potuto comprendere non soltanto istituti già esistenti, ma avrebbe inevitabilmente catalizzato la localizzazione nell’area di altre attività scientifico-tecniche e di ricerca industriale, che avrebbero potuto trarre vantaggio dalla vicinanza di laboratori di ricerca avanzata15. I primi anni videro l’ascesa del LIGB a livello internazionale, con studenti e ricercatori di tutto il mondo e pubblicazioni di grande valore. Anche i corsi tenuti con il contributo di diverse organizzazioni internazionali (tra cui la European Molecular Biology Organization e l’International Cell Research Organization) furono un successo: quelli sulla genetica del fago, tenuti nel 1963 e nel 1964, una novità fuori dagli Stati Uniti; e poi i primi due corsi al mondo sull’ibridazione DNA-RNA, tenuti da Sol Spiegelman. Nel 1964 vi fu una prima crisi amministrativa (segnata dalle temporanee 184 Tra biologia e utopia dimissioni di Buzzati-Traverso). Giovanni Polvani (presidente del CNR fino al 1965) espresse l’esigenza di restringere la libertà gestionale goduta dal LIGB, soprattutto in seguito ai timori suscitati dalle vicende giudiziare che coinvolsero l’ex direttore dell’Istituto Superiore di Sanità, Domenico Marotta, e quello del CNEN, Felice Ippolito. Ippolito fu arrestato nel marzo 1964, dopo diversi mesi di indagini suscitate dagli attacchi del socialdemocratico Giuseppe Saragat, probabilmente in seguito all’opposizione da parte del CNEN alla privatizzazione dell’energia nucleare in Italia. La campagna contro Ippolito fu fomentata soprattutto dai giornali della destra e dagli industriali dell’elettricità. L’accusa di irregolarità amministrative portò a una prima pesante condanna a 11 anni, poi ridotti in appello. Nel 1968 fu lo stesso Saragat, divenuto presidente della Repubblica, a graziarlo16. Pochi mesi dopo Ippolito, fu arrestato Domenico Marotta, ex direttore dell’ISS, sempre per presunte irregolarità amministrative. In primo grado Marotta fu condannato a sei anni, per poi essere assolto in appello17. La politica stava tornando ad occuparsi di scienza, con la consueta miopia. Nel 1967 finì il contratto con l’EURATOM, e il LIGB passò sotto il controllo diretto del CNR, con conseguenze sull’inquadramento dei dipendenti. Si fecero strada anche i primi malumori per i trattamenti economici molto peculiari offerti dal LIGB: molto più alti della media universitaria italiana (per competere sul mercato internazionale dei cervelli) e soprattutto non uguali a pari livello. D’altra parte già nel 1950, nel citato Ricerca, danaro, muri e uomini, pubblicato sulla rivista dello stesso CNR, Buzzati-Traverso aveva messo per iscritto la necessità di una gestione competitiva e concorrenziale degli stipendi per i ricercatori, denunciando Stipendi ridicoli, impossibilità pratica di licenziamento per scarso rendimento, numero di posti insufficiente e fissato da tabelle organiche costanti attraverso le ere geologiche, impossibilità di determinare una concorrenza basata su diversi livelli di stipendio corrispondentemente alle capacità ed al rendimento, estrema difficoltà di ottenere sia da enti pubblici sia da enti privati danaro per stipendi a laureati e tecnici, con 185 Mauro Capocci sufficiente garanzia di continuità18 . Nella primavera del 1969 la protesta esplose: nel più ampio quadro delle lotte dei tecnici, che seguirono il movimento studentesco e anticiparono l’autunno caldo19, fu animato da uno sparuto gruppo di ricercatori, insieme a gran parte dei borsisti e alla quasi totalità dei dipendenti amministrativi. Le istanze degli occupanti andavano da una maggiore democraticità nella gestione, a normali richieste sindacali, fino a una critica ideologica della “corporazione” di scienziati che Buzzati-Traverso aveva creato con il LIGB20. Dopo poco più di un mese di protesta generalmente pacifica, durante il quale il laboratorio continuò a funzionare, Buzzati-Traverso si dimise. Le conseguenze di questi eventi sono tuttora percepibili nelle parole dei protagonisti, ognuno di loro legato a una diversa visione dello psicodramma che ebbe il LIGB come scenario. Purtroppo gli avvenimenti non sono ricostruibili in modo certo attraverso fonti documentarie, tuttavia si può con una certa tranquillità affermare che la protesta assunse nel corso dei mesi un sempre più spiccato carattere di avversione nei confronti del direttore, esasperato da un lato dall’estrema sinistra che rivendicava il carattere sociale della scienza (in contrasto con l’attitudine elitaria di Buzzati-Traverso)21, dall’altro dall’accademia napoletana, da un gruppo accademico conservatore che colse l’occasione per espellere dal loro territorio un elemento di disturbo. Buzzati-Traverso uscì enormemente frustrato da queste vicende, e non ne fece più parola. Anche negli editoriali di Sapere, rivista di cui nel 1968 aveva assunto la direzione, non se ne trova traccia, nonostante i numerosi richiami al sottosviluppo delle istituzioni di ricerca italiane. Subito dopo le dimissioni dal LIGB, che rimarrà commissariato per diversi anni, Buzzati-Traverso andò a Parigi come direttore per la Divisione di Scienze dell’UNESCO. Durante quest’incarico curò una importante pubblicazione22, per poi spostarsi allo United Nations Environmental Program, per il quale preparò un dettagliato progetto di monitoraggio dei cambiamenti ambientali sulla Terra, da effettuare con rilevazioni satellitari. 186 Tra biologia e utopia Proprio in queste pubblicazioni si può forse vedere l’eredità più forte della vicenda LIGB: l’interesse per temi ambientali e sociali, già presente negli scritti di Buzzati-Traverso (anche in quelli scientifici23,24), vira gradualmente da un atteggiamento positivistico quasi neo-illuminista verso un’attitudine più critica verso la società tecnologica occidentale25,26,27. 2. Utopie Parallelamente al LIGB, tuttavia, Buzzati-Traverso coltiva anche due utopie mai divenute realtà, che sono alcune delle tappe più interessanti che si possono ricostruire tramite i documenti presenti nell’archivio. Il primo, direttamente legato al progetto napoletano, è l’International Studium of Molecular Biology (ISMB), un centro di ricerca e formazione che avrebbe dovuto associare al LIGB un vero e proprio campus universitario costruito sul modello delle università americane. L’accordo tra il LIGB, l’Università della CaliforniaBerkeley e la National Science Foundation americane era già pronto a partire nel 1967, con un finanziamento cospicuo proveniente da oltreoceano. Il progetto prevedeva che il LIGB e Berkeley si associassero e mettessero a disposizione le loro risorse: The University of California at Berkeley will provide its experience in graduate education in the form of a flow of professors who embody that experience. Courses at the Studium will be given by members of the UC faculty who will be detached … to the faculty of the Studium28. Il CNR, tramite il LIGB, avrebbe invece messo a disposizione terreni ed edifici, che avrebbero compreso gli alloggi per gli studenti (20 l’anno, in un corso di studi di 3 anni che avrebbe portato al conseguimento del titolo di Ph.D, riconosciuto internazionalmente). Il progetto, che doveva partire già dal 1967, si arenò sulla ricerca di uno spazio adatto e disponibile: gli spazi sul terreno della Mostra d’Oltremare furono più volte oggetto di negoziati, mai andati a buon fine per le resistenze opposte dall’Ente che gestiva questo residuato fascista. Nel 1969, con la crisi del LIGB, scompariva dall’orizzonte della ricerca italiana un’istituzione di ricerca che avreb187 Mauro Capocci be dovuto essere “a voluntary (sic) association of masters who will conjoin their energies in Naples to educate the young scholars to the level of masters” 29. Nel 1957, quando Buzzati-Traverso tornò in Italia dagli USA, si era dato da fare per realizzare quella che chiamò “idea folle”: la creazione di un’università tecnica con la partecipazione di soggetti privati, qualcosa di simile al Massachusetts Institute of Technology di Boston. Un memorandum del 195830 per l’amministratore delegato della farmaceutica Lepetit, Guido Zerilli-Marimò (consegnatogli dall’ing. Luigi Orsini, un consulente della stessa impresa), riassume il progetto di Buzzati-Traverso (elaborato, secondo il memorandum, con il prof. De Finetti, dell’università di Roma, con il prof. Chisini, di Milano, e con il gen. Nobile, di Napoli). Suddiviso in due branche, ‘Ramo Ingegneresco’ e ‘Ramo Chimico Biologico’, il denominato Istituto Superiore di Tecnologia Industriale avrebbe dovuto avere un numero limitato (500) di studenti dei quali metà con borse di studio offerte dalle imprese private. La Rockefeller Foundation sembrava aver assicurato, in via informale, l’appoggio all’iniziativa, come sempre però vincolata alla garanzia di un finanziamento che assicurasse la durata del progetto su lunga scadenza. L’ambiente viene pensato come del tutto simile a quello delle università americane, con studenti-lavoratori che vengono impiegati nell’ordinaria gestione dell’istituto, e soprattutto viene proposto l’abbattimento della barriera esistente tra i curricula liceali e quelli tecnici. Il problema dei finanziamenti si presenta però impossibile da risolvere. Il ministro per il commercio estero Guido Carli, del Governo Zoli (in carica tra il 1957 e il 1958) si dimostra interessato all’iniziativa31, e così il presidente della Repubblica Luigi Einaudi che si raccomanda che l’iniziativa sia basata su un criterio “veramente privato”32, mentre più tiepida è l’accoglienza degli imprenditori. Ad esempio Gino Martinoli, amministratore delegato dell’AGIP Nucleare (come tale beneficiario ideale di un progetto formativo tecnico di alto livello), che teme che i grandi finanziamenti necessari “non si potranno trovare in Italia soprattutto con un 188 Tra biologia e utopia impegno a lunga scadenza”33. All’inizio del 1959, uno spazientito Buzzati-Traverso cerca ancora il contatto con Guido Zerilli, che tuttavia sembra continuare ad ignorare le richieste d’aiuto. Con il passare del tempo i tentativi cambiano forma: si trova nell’archivio (senza data, ma probabilmente della fine del 1958) un “memorandum su la fondazione in Torino di un Istituto Universitario di Tecnologia”, da affiancare al Politecnico34. Un altro progetto viene presentato nel giugno 1959 al Centro di Azione Latina - ente diretto da Zerilli e del cui comitato direttivo Buzzati-Traverso faceva parte – con la dicitura “Memoria sulla istituzione in Italia di un istituto interlatino privato di tecnologia intitolato a ‘Enrico Fermi’”. Nel verbale della sessione del 23 Giugno 1959 in cui viene proposta l’iniziativa, l’istituto è denominato “Libera Università Politecnica Interlatina”. Alla fine del 1960 è Alexander Hollaender, direttore della Divisione di Biologia dell’Oak Ridge National Laboratory, a scrivere a Enrico Cuccia, potente padre-padrone di Mediobanca, sottolineando la necessità dell’aiuto delle imprese private per lo sviluppo scientifico di un paese. Buzzati-Traverso era stato a Oak Ridge nella prima metà dell’anno, mentre a giugno fu l’americano a venire in Italia. Si può dunque ipotizzare che Hollaender e BuzzatiTraverso abbiano discusso un piano d’azione. Hollaender fa il nome di Edoardo Amaldi come referente, il quale a sua volta cita BuzzatiTraverso come persona a cui chiedere consigli in merito alla lettera di Hollaender. I contatti, che pian piano fanno riprendere forma a un progetto simile all’Istituto universitario di tecnologia, soprattutto per ciò che riguarda la partecipazione privata, sono documentati nell’archivio solo fino al luglio 1962. Cuccia comunque, pur assicurando un generico impegno, non farà mai concessioni nei confronti dell’iniziativa35. L’attività di lobbying di Buzzati-Traverso non si fermò. Diverse copie dei progetti per l’Istituto vengono mandate al Senatore Giuseppe Medici, a Vincenzo Caglioti, a Vittorio Tonolli e ad altri personaggi della cultura italiana. In una di queste lettere, BuzzatiTraverso parla esplicitamente di un progetto di “graduate school di 189 Mauro Capocci biologia moderna” (probabilmente il costituendo LIGB) per la quale ha già 400 milioni annui a disposizione, che “potrebbe forse costituire l’embrione della più grossa impresa”36. Tra maggio e giugno del 1962 Martinoli riprende a lavorare sul progetto, coinvolgendo tra gli altri la Fondazione Olivetti, la Lepetit, la Montecatini e la società di radio e telefonia Telettra di Milano. Fino al 1967 i contatti andranno avanti, senza mai arrivare a un risultato fattivo. Il mondo imprenditoriale italiano si rivela miope di fronte alle proposte di Buzzati-Traverso e dello sparuto gruppo di persone che si adoperarono per far compiere un salto di qualità alla comunità scientifica italiana. In queste vicende, e in particolare nella carriera scientifica di Buzzati-Traverso, si trovano dunque alcune delle chiavi necessarie per risolvere un problema storiografico ancora aperto: il rapido declino delle scienze della vita in Italia dopo un periodo di intensa fioritura nei due decenni del secondo dopoguerra. L’atteggiamento della classe politica e imprenditoriale italiana, con cui Buzzati-Traverso ebbe a scontrarsi, va associato alle resistenze dell’accademia, spesso troppo occupata a gestire questioni personalistiche per essere lungimirante. L’eredità di Buzzati-Traverso è comunque presente nella modernizzazione concettuale in biomedicina che egli riuscì a concretizzare in quegli anni, insieme a pochi altri scienziati. BIBLIOGRAFIA E NOTE *Questo lavoro è stato realizzato grazie a una borsa di studio della Fondazione Antonio Ruberti. 1. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a V.F. Weisskopf e G. Bernardini (Napoli, 13 dicembre 1962). Archivo CERN, Ginevra: DG 20683. 2. BUZZATI-TRAVERSO A., Ricerca, danaro, muri e uomini. La Ricerca Scientifica 1950; 20(6): 757-760. 3. Si veda a questo proposito il curriculum vitae di Buzzati-Traverso, conservato nella busta 4 dell’archivio, che descrive in modo piuttosto dettagliato le esperienze fatte all’estero. 4. La teoria sintetica dell’evoluzione, o sintesi moderna, è l’unione della teoria darwiniana della selezione naturale con la nuova genetica delle popolazioni. La sintesi ha avuto 190 Tra biologia e utopia luogo tra l’inizio degli anni Trenta e la metà degli anni Quaranta, e ancora oggi, pur con consistenti modifiche, rappresenta uno dei fondamenti della biologia. 5. BUZZATI-TRAVERSO A., In Russia si nasce secondo la legge di Lyssenko. L’Europeo 1948; 8 novembre: 22. 6. BUZZATI-TRAVERSO A., Scienza e Partito in URSS. Roma Associazione Italiana per la Libertà della Cultura, 1954. 7. AZZONE L., et al., Professori a rotocalco. L’Unità 1948; 19 Novembre: 3. 8. BUZZATI-TRAVERSO A., Moltiplicatevi e morite di fame. L’Espresso 1968; 11 agosto. 9. BUZZATI-TRAVERSO A., Attività e Programmi del C.N.E.N. Biologia Roma, C.N.E.N., 1962. 10. CAPOCCI M. and CORBELLINI G., Adriano Buzzati-Traverso and the foundation of the International Laboratory of Genetics and Biophysics in Naples (1962-1969). Studies in History and Philosophy of Science, Part C: Biological and Biomedical Sciences 2002; 33(3): 489-513. 11. Congresso del Comitato Nazionale per l’Energia Nucleare (Trascrizione), Milano 1718 Ottobre 1961. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano BuzzatiTraverso, Busta 14, C3. 12. CNR, Verbale Adunanza del 30 novembre 1961, in Archivio Centrale dello Stato Archivio CNR, Archivi, Editor, 1961. 13. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a E. Amaldi e G. Bernardini (24 aprile e 6 maggio 1954). Archivio Edoardo Amaldi, Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Fisica. 14. FANTINI B., The History of the Stazione Zoologica Anton Dohrn. An Outline. http://www.szn.it/acty99web/acty014.htm. 15. Documento senza titolo (3 fogli), 1966. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, busta 49. 16. PAOLONI G., Ippolito e il nucleare italiano. Le Scienze 2005; 440:72-83. 17. PAOLONI G., Il Caso Marotta. Memorie di scienze fisiche e naturali 1999; V, 23:215222. 18. BUZZATI-TRAVERSO A., Ricerca, danaro, op. cit. n. 2. 19. Furono occupati diversi laboratori in tutta Italia, tra cui Frascati, Ispra e la Casaccia. 20. Anonimo, Una corporazione della scienza: il Laboratorio Internazionale di Genetica e Biofisica di Napoli. Quaderni Piacentini 1969; 38:121-146. 21. Anche il PCI e i sindacati contribuirono comunque alle proteste, e anzi forse appoggiarono delle manovre per sostituire Buzzati-Traverso. 22. BUZZATI-TRAVERSO A. (ed.), La sfida della scienza. Milano, Mondadori, 1976. 23. BUZZATI-TRAVERSO A., I danni da radiazioni alla specie umana. Ulisse 1961; 191 Mauro Capocci 14(43): 41-45. 24. BUZZATI-TRAVERSO A., Let us plan the survival of a representative sample of the human race after nuclear war. In: Proceedings of the Second International Congress of Human Genetics. Roma, 1962, pp. 86-87. 25. BUZZATI-TRAVERSO A., L’uomo su misura. Bari, Laterza, 1968. 26. BUZZATI-TRAVERSO A., L’Enciclica contestata. Testo integrale della Humanae vitae. Documenti episcopali. Roma, Casini, 1969. 27. BUZZATI-TRAVERSO A., Morte nucleare in Italia. Bari, Laterza, 1982. 28. Agreement for the founding of the International Studium of Molecular Biology. Appendix A, 1968. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano BuzzatiTraverso, Busta 49. 29. Ibid. 30. Appunto per il Dr. Zerilli - Iniziativa Universitaria. Roma, 6 marzo 1958. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44. 31. ORSINI, L., Lettera a Adriano Buzzati-Traverso, 7 febbraio 1958. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44. 32. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a Luigi Orsini, 4 Aprile 1958. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44. 33. MARTINOLI G., Lettera a Luigi Orsini, 8 Aprile 1958. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44. 34. Ibid. 35. CORBELLINI, G. e CAPOCCI, M., La rivoluzione mancata, op. cit. n. 10, p. 483. 36. BUZZATI-TRAVERSO A., Lettera a Ernesto Rogers, 13 luglio 1961. Sezione di Storia della Medicina, Roma, Archivio Adriano Buzzati-Traverso, Busta 44. Correspondence should be addressed to: Mauro Capocci, e-mail: [email protected] 192 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 199-206 Journal of History of Medicine Articoli/Articles L’ARCHIVIO DI IDA BIANCO ED EZIO SILVESTRONI SARA COCUCCI, MARGHERITA MARTELLI Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali, Università della Tuscia, Viterbo, I Archivio Centrale dello Stato SUMMARY THE BIANCO AND SILVESTRONI ARCHIVE The Bianco and Silvestroni archive contains documents referring to the scientific and medico-social activity of the two researchers. Documents illustrate the aims and methods of campaigns directed to the control of thalassemia in Italy, obtained through the creation of a specific institution and the involvement of schools and families. A second group of documents refers to the scientific activity of the two scientists in the field of hematology and genetics. Ida Bianco, nata a Roma nel 1917, si è laureata alla Facoltà di Medicina e Chirurgia di Roma nel 1941. Allieva interna per due anni nella Clinica Medica diretta da Cesare Frugoni, ha poi speso tutta la sua vita, oltre che ad aggiornare i suoi studi e le sue ricerche, a battersi per la prevenzione dell’anemia mediterranea, conosciuta anche come talassemia o morbo di Cooley1. Questo aspetto del suo impegno, prolungatosi per oltre cinquant’anni, è consistito nel promuovere screening sistematici della popolazione in età scolare e prematrimoniale soprattutto nelle regioni del Sud, nelle isole della Sardegna e della Sicilia e nelle zone paludose del Veneto durante gli anni prebellici e postbellici. I risultati del lavoro di Ida Bianco sono facilmente ravvisabili nei dati forniti dalle diverse regioni italiane, in particolar modo da quelKeywords: Ida Bianco - Ezio Silvestroni - Italian genetics - Scientific archives 199 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 207-540 Journal of History of Medicine Articoli/Articles IL PROBLEMA DELLA CARATTERIZZAZIONE DELLA TALASSEMIA INTERMEDIA NELLA RICERCA MEDICA ITALIANA STEFANO CANALI Università degli Studi di Cassino, I SUMMARY THE PROBLEM OF CHARACTERIZATION OF THALASSEMIA INTERMEDIA IN ITALIAN MEDICAL RESEARCH The paper reconstructs the investigations and the debates on thalassemia intermedia in Italy from 1925 to the end of the 1940s. It examines particularly the contribution of the studies of Ezio Silvestroni and Ida Bianco to the identification of clinical features and etiological bases of thalassemia intermedia and consequently the nature of its relationships with Cooley’s disease. Introduzione La talassemia intermedia rappresenta uno dei disturbi ematologici più complessi ed eterogenei. Legata a una moltitudine di difetti genetici diversi e compositi e conseguentemente contraddistinta da uno spettro straordinariamente vasto e variegato di manifestazioni cliniche, la talassemia intermedia è stata sino all’avvento della diagnosi molecolare sul genotipo, un’entità morbosa quanto mai problematica. La quasi totalità dei soggetti con sindromi beta-talassemiche possono infatti essere classificati come affetti da talassemia major (morbo di Cooley o anche anemia mediterranea) o da talassemia minor, microcitemia. E circa nel 95% di questi soggetti si Keywords: Thalassemia intermedia - Ezio Silvestroni - Ida Bianco - RiettiGreppi-Micheli disease - History of hematology 207 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 241-262 Journal of History of Medicine Articoli/Articles LA PREVENZIONE DELL’ANEMIA MEDITERRANEA NEL LAZIO: I DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO IDA BIANCO MARIO FALCHETTI, RAMONA LUPI, LAURA OTTINI* Dipartimento di Medicina Sperimentale, *Sezione di Storia della Medicina, Università “La Sapienza”, Roma, I SUMMARY PREVENTION OF MEDITERRANEAN ANEMIA IN LATIUM: IDA BIANCO ARCHIVES Mediterranean anemia or beta-thalassemia is a hereditary syndrome characterized by a severe defect in haemoglobin production and an altered morphology of red blood cells. Homozygous condition for betathalassemia is characterized by short survival. Heterozygous condition is clinically found in adolescence and is characterized by a less aggressive phenotype. Ida Bianco, with her husband Ezio Silvestroni, has conducted a long struggle for beta-thalassemia prevention in Italy. They were the first to draw up an accurate map of the distribution of thalassemia in Italy and to conceive and implement a campaign against this genetic disease by the development of annual screening on at-school teen-agers and premarriage prevention. Here we focused on the analysis of Ida Bianco’s archives concerning screenings conducted on middle-schools in the Latium by the “Centro Studi della Microcitemia” of Rome from 1975 up to today. The results of the thirty-years prevention work in the Latium will be described. Ida Bianco ed il suo archivio L’anemia mediterranea, una forma di talassemia (b-talassemia) particolarmente comune in Italia nelle regioni insulari, nel meridioKey words: Prevention - Mediterranean anemia - Population screenings - Ezio Silvestroni - Ida Bianco 241 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 269-280 Journal of History of Medicine Articoli/Articles L’ARCHIVIO E LA VIDEOTECA DELL’ISTITUTO DI STORIA DELLA MEDICINA DELL’UNIVERSITÀ DI ROMA ALESSANDRO ARUTA, ELIO DE ANGELIS Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Storia della Medicina Università degli Studi di Roma “La Sapienza”, I SUMMARY THE ISTITUTO DI STORIA DELLA MEDICINA ARCHIVE AND VIDEO COLLECTION The Istituto di Storia della Medicina at Rome University was to a certain extent a one-man achievement. Founded by Adalberto Pazzini in 1937, its collections comprehended books, objects, as well as photographs, movies, and other didactic video. The Istituto was also a center for publications, conferences and meetings. The archival sources that document its activity have been re-evaluated and restored in recent years, together with the collections housed in the Library and in the Museum. L’Istituto di Storia della medicina dell’Università di Roma “La Sapienza” - fondato nel 1937 da Adalberto Pazzini (1898-1975), che lo diresse quasi fino alla morte - è stato trasferito da circa cinquant’anni nell’edificio che ancora occupa. Sin dagli anni in cui gli oggetti del museo e i libri della biblioteca dell’Istituto di Storia della Medicina erano collocati nei locali sotterranei dell’Istituto di Igiene (1938-1953), Adalberto Pazzini pensava ed ambiva ad una struttura più consona ad ospitarli, fino a quando, il 13 settembre 1954, dopo uno straordinario lavoro di allestimento del Museo e di sistemazione della Biblioteca, viene inaugurata la nuova ed attuale sede. Key words: History of Archives - Rome University - Scientific videos-history 269 medicine - Alessandro Aruta, Elio De Angelis L’archivio dell’Istituto è stato per molti anni in grande disordine. L’esame sommario che qui si presenta è frutto di un riordino nel quale si è cercato di rispettare il più possibile lo stato in cui le carte erano state conservate. L’archivio riflette l’intreccio molto stretto fra l’attività personale di Pazzini e quella istituzionale dell’Istituto: la separazione tra l’una e l’altra è quasi impossibile. 1. Il fondo personale di Adalberto Pazzini Un primo nucleo di documenti è riferibile all’attività di Pazzini studioso e Direttore dell’Istituto da lui fondato. Oltre a un repertorio manoscritto di voci mediche, da attribuire all’attività professionale del suo autore, che testimonia della ‘lunga durata’ tra i medici del genere del “commonplace book”, si trovano appunti per lavori, databili all’incirca dagli anni ‘30 agli anni ‘50 del Novecento, tra i quali le prime redazioni di voci dell’Enciclopedia Cattolica e dell’Enciclopedia Bompiani e dattiloscritti di articoli corretti dall’autore. Un nucleo di appunti e materiale vario è riferibile al lavoro di Pazzini sul ritratto di Andrea Vesalio, che risale al 19651. I documenti personali di Pazzini conservati nell’archivio si riferiscono alla sua iscrizione o affiliazione a numerose società mediche e storico-mediche. La corrispondenza è di grande interesse: purtroppo quella che resta non è che una frazione del totale, sufficiente, tuttavia, a indicare l’estensione delle relazioni italiane e straniere di Pazzini. Le numerose lettere relative all’organizzazione di convegni e congressi testimoniano dell’intreccio di cui si è detto tra le attività dell’Istituto e quelle del suo Direttore2. Vi sono poi serie di lettere sulle collaborazioni di Pazzini a pubblicazioni (19351963), suoi ringraziamenti per felicitazioni (1940-1963) e per la cerimonia dell’inaugurazione dell’Istituto (1953). Una serie, ordinata semplicemente per anno, dagli anni ‘30 agli anni ‘70, che riunisce lettere non comprese nelle altre serie, risulta la più interessante: vi si trovano lettere di Giovanni Papini, di Giovanni Gentile, di alte autorità ecclesiastiche - fra le quali una di Giovanni Battista Montini, precedente alla sua ascesa al soglio pontificio - e un lavoro inviato dallo storico della medicina Henry Sigerist negli anni ‘50, 270 L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina probabilmente in vista di una pubblicazione. Infine vi sono lettere relative al concorso a cattedra di Pazzini - tra le quali spiccano quelle di Cesare Frugoni e Vittorio Puntoni - e su altri concorsi e questioni universitarie. 2. Materiale vario In questa sezione sono stati riuniti materiali diversi, riguardanti soprattutto collaboratori esterni alle diverse attività dell’Istituto, e in particolare alle pubblicazioni. Presso l’Istituto di Storia della Medicina, grazie all’infaticabile impegno di Pazzini, si pubblicavano una rivista e diverse collane di studi e saggi. Vi sono lavori dattiloscritti e manoscritti presentati per la pubblicazione: una Storia della Neuropsichiatria (anni ‘40) di Gustavo Tanfani; il manoscritto dell’opera su Morgagni di Davide Giordano, poi pubblicata negli anni ‘40 da UTET3, e, sempre dello stesso autore, un testo sulla chirurgia operatoria in Italia; numerosi altri contributi per la rivista. Sono poi conservati curricula, in alcuni casi accompagnati da immagini, di diversi personaggi legati alla storia della medicina e alla medicina in Italia nel Novecento; una corrispondenza del clinico Vittorio Puntoni, risalente al 1946. In un’ultima sezione sono stati riuniti i materiali d’archivio diversi che sono stati ritrovati nella sede dell’Istituto, la cui provenienza e uso sono rimasti incerti o impossibili da determinare. Tra questi, i materiali - diplomi, attestati, fotografie - provenienti dalla collezione di Raffaele Bastianelli, che ha donato all’Istituto anche un fondo librario; le carte di Francesco La Cava (1877-1958) di argomento storico-medico; un fondo di corrispondenza in fotocopia, che comprende, tra le altre, lettere di Camillo Golgi e Aldo Castellani; copie di documenti di età moderna eseguite presso l’Archivio di Stato di Roma. 3. Il fondo dell’Istituto e del Museo In questa sezione sono conservati materiali molto diversi, pochi dei quali di tipo strettamente amministrativo - la documentazione sull’attività amministrativa dell’Istituto è notevolmente lacunosa. 271 Alessandro Aruta, Elio De Angelis Di grande interesse risultano comunque i materiali relativi all’incremento delle collezioni museale e libraria, di cui si conservano i buoni di carico e i registri inventariali a partire dagli anni ‘30, che testimoniano dell’assenza di una distinzione chiara fra Biblioteca e Museo nei primi anni di vita dell’Istituto. Una parte consistente di questo fondo riguarda l’organizzazione di congressi e convegni (come già ricordato, questa serie deve essere integrata con i documenti presenti nel fondo personale di Pazzini)4. Completa questa parte del fondo dell’Istituto nella sua prima fase poco materiale su uno degli aspetti più controversi dell’attività di Pazzini, quella dei concorsi per la libera docenza in Storia della Medicina. L’attività del successore di Pazzini alla direzione dell’Istituto, Luigi Stroppiana, è documentata da corripondenza e altro materiale (quasi tutto degli anni ‘70 del Novecento). Il fondo relativo al Museo di Storia della Medicina comprende, oltre a una documentazione sulle visite e altra corrispondenza (dal 1946 al 1975), una ricca documentazione fotografica, con testimonianze sulla vita universitaria e del Policlinico “Umberto I”5. 4. La videoteca Negli stessi anni nei quali viene fondato l’Istituto di Storia della Medicina, Pazzini pone particolare attenzione alla creazione di un archivio fotografico, affiancato da un servizio di fotoriproduzione (per le esigenze di scienziati e ricercatori) e di realizzazione di diapositive, ma in modo particolare il suo interesse è rivolto alla produzione e raccolta di filmati di carattere storico medico, essenzialmente finalizzati a scopi didattici. Il neonato centro di ricerca costituisce un’entità unica e del tutto autonoma all’interno della città universitaria. Disponendosi su quattro livelli, l’edificio comprende, oltre agli spazi dedicati alla didattica, agli uffici, al Museo e alla Biblioteca, anche un archivio, unico nel suo genere per qualità e quantità, di materiale fotografico, cinematografico ed attrezzature per realizzarlo e proiettarlo. Col passare degli anni e attraverso alterne vicende, l’interesse nei confronti di un così vasto ed importante materiale è venuto meno. 272 L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina Frutto del generale intervento di rivalutazione, riorganizzazione e rinnovamento di tutta la Sezione, ad opera dell’attuale direzione, è lo spiccato interesse rivolto al recupero e ad un nuovo utilizzo di tutto il prezioso materiale, che grazie alle nuove tecnologie disponibili, è stato possibile trasferire dalla pellicola al più duraturo ed attuale DVD. Anche se riversati su un diverso supporto, i filmati non perdono il sapore di antichità. La visione attraverso il supporto digitale non altera l’originalità della proiezione, creando un legame diretto tra periodi storici diversi, in cui ancora si notano i difetti e le impurità della pellicola originale. Le modalità di realizzazione dei film vedono Adalberto Pazzini calarsi direttamente nel ruolo di sceneggiatore-regista e coinvolgono spesso il personale allora attivo presso l’Istituto. A filmati realizzati da società di produzione cinematografiche, quali l’Istituto Luce, si affiancano numerosi esemplari di prodotti che pur rivelando un alto rigore scientifico, evidenziano una loro natura artigianale. Ampia utilizzazione e valorizzazione è data alle collezioni museali e ai testi facenti parte della biblioteca. L’intero materiale trasferito ed attualmente visionabile, risulta composto da 27 film differenti per tempi e qualità di realizzazione, che rivelano una spiccata finalità scientifico-didattico-documentaria, marchio inconfondibile di una metodologia che lega la videoteca alle altre sezioni dell’Istituto create da Pazzini. Purtroppo la deteriorabilità del supporto-pellicola originale e l’usura dovute al tempo, ha causato, in alcuni filmati, la perdita della pista audio. Per facilitare la scelta del materiale visionabile, si è pensato di redigere un elenco, organizzato secondo una successione cronologica, in cui vengono fornite precise indicazioni inerenti le tematiche trattate, la durata e la qualità di ogni filmato. 1. Spezzoni nuovo Istituto (11 min. ca. – No audio B/N) Il filmato ripercorre, attraverso alcuni spezzoni, gli anni immediatamente successivi la costruzione del nuovo Istituto di Storia della 273 Alessandro Aruta, Elio De Angelis Medicina, risalente al 1954, proponendo alcune sezioni interne quali la biblioteca ed il museo. Particolarmente utile per una ricostruzione storica degli ambienti originali. 2. Se stesso (30 min. ca. – No audio – B/N) Il filmato propone una descrizione particolareggiata degli ambienti esterni ed interni dell’Istituto di Storia della Medicina. In particolare le riprese si concentrano sulla facciata, ingresso, biblioteca, archivio fotografico, museo, orto dei semplici. La mancanza del sonoro non rende possibile cogliere appieno l’essenza della proiezione che dovrebbe presentare l’Istituto che parla di se stesso in prima persona. 3. Vasi da farmacia (17 min. ca. – No audio – Colore) Viene riproposta, dalle origini, la storia dei contenitori per farmaci e dei vasi da farmacia. Nella ricostruzione si alternano riprese di oggetti appartenenti alle collezioni del Museo di Storia della Medicina, ad iconografie tratte da testi. 4. La conquista dell’invisibile (13 min. ca. – B/N) Il filmato, di produzione e regia esterne, illustra il percorso che, dalle intuizioni sul contagio di Girolamo Fracastoro ha condotto la scienza alla scoperta dei microrganismi, alla possibilità della loro osservazione e del loro studio grazie anche all’utilizzo del microscopio. Particolare attenzione è rivolta ai protagonisti delle principali scoperte quali Louis Pasteur e Robert Koch. 5. Farmacia di ieri e di oggi (8 min. ca. – B/N) Il filmato, di produzione e regia esterne, descrive le origini, l’evoluzione dei farmaci e la loro composizione, partendo dagli egiziani per arrivare alla moderna produzione industriale. Protagonisti della sequenza filmica sono gli oggetti appartenenti alle collezioni del Museo di Storia della Medicina. 274 L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina 6. Farmaci e vasi (17 min. ca. – Colore) Il video, partendo dalla civiltà assiro-babilonese, descrive la storia dei contenitori per farmaci fino ad arrivare alle confezioni in uso negli anni’50 – ’60. Viene proposta un’ampia rassegna dei vasi e di gran parte dei contenitori per medicamenti appartenenti alle collezioni del Museo di Storia della Medicina. 7. La nascita della figura umana (10 min. ca. – B/N) Il filmato, di produzione esterna del libero docente C. Alicandri Ciufelli, è incentrato sul tema della nascita ed evoluzione delle rappresentazioni della figura umana. Ad illustrarlo viene proposta un’ampia rassegna di prodotti appartenenti all’arte pittorica e scultorea, che copre un arco di tempo che va dai primi graffiti rinvenuti nelle caverne al periodo classico. 8. Medicina preistorica (8 min. ca. – No audio – B/N) Nella ricostruzione dell’ambiente e delle abitudini di vita dell’uomo primitivo, inserito nel contesto della natura del tempo, vengono descritti le modalità di realizzazione dei primi manufatti umani, tra cui punte in selce, veneri steatopige e graffiti. Crani con alterazioni, conseguenze di esiti patologici o traumatici chiudono il filmato, che utilizza in gran parte materiale proveniente dalle collezioni del Museo di Storia della Medicina. 9. Medicina egiziana (8 min. ca. – B/N) La voce di un medico egiziano descrive le pratiche e gli interventi terapeutici soffermandosi in modo particolare sull’arte dell’imbalsamazione. Nelle riprese, a immagini testuali ed iconografiche, si alternano oggetti facenti parte delle collezioni del Museo di Storia della Medicina. 10. Sulle orme di Esculapio (10 min. ca. – B/N) Il filmato, di produzione esterna, illustra la nascita ed evoluzione della professione farmaceutica, a partire dal laboratorio alchimistico, attraverso le spezierie fino ai laboratori e aule universitarie e le 275 Alessandro Aruta, Elio De Angelis moderne farmacie. 11. Medicina nel Classicismo (15 min. ca. – B/N) Il film, realizzato nei locali del Museo di Storia della Medicina, illustra il cammino evolutivo del pensiero medico, dalla medicina teurgico-sacerdotale alla nascita della medicina razionale in Grecia e alla sua diffusione in Roma, utilizzando gli oggetti presenti nel museo. 12. Medicina dei semplici (9 min. ca. – B/N) Film di produzione esterna, realizzato sotto la consulenza di Adalberto Pazzini e in gran parte girato nei locali dell’Istituto di Storia della Medicina. I semplici, alchimia ed erboristeria come pratiche farmacologiche. 13. Chirurgia Medioevale (8 min. ca. – Colore) I dettami della Scuola Medica Salernitana presentati attraverso le descrizioni iconografiche contenute nel Trattato di chirurgia di Rolando da Parma. 14. Arte toscana e medicina nel Medioevo (13 min. ca.- No audio – Colore) Le pratiche mediche descritte attraverso l’iconografia di artisti toscani del medioevo. Dai cicli di affreschi del ‘300 alla maniera fiorentina del ‘500. 15. La strega (9 min. ca. – No audio – Colore) Pratiche legate all’occulto, tra magia, stregoneria e disordini psichiatrici. 16. Magia dell’assurdo (9 min. ca. – B/N) Il filmato di produzione esterna, girato sotto la consulenza di Adalberto Pazzini, descrive i rituali, le pratiche magiche popolari, gli oggetti e i simboli utilizzati. Il materiale presentato, proviene per gran parte dalle collezioni del Museo di Storia della Medicina 276 L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina 17. L’ospedale nei secoli (16 min. ca. – B/N) Il filmato, riferendosi ai luoghi di cura, descrive l’evoluzione delle forme assistenziali partendo dalla medicina teurgico-templare sino a giungere alla realizzazione dei moderni complessi ospedalieri. Le immagini dei luoghi di cura sono tratte da pitture antiche e medievali. Vi sono alcune ricostruzioni facenti parte del materiale museale dell’Istituto di Storia della Medicina. 18. Mostra di storia dell’odontoiatria (Roma, 21 ottobre 1952) (13 min. ca. – no audio – B/N) Il filmato si divide in due parti. La prima illustra alcuni locali del Museo della Scienza di Firenze e gli oggetti in essi contenuti. La seconda parte è totalmente dedicata alla Mostra Storica dell’Odontoiatria, realizzata da Adalberto Pazzini, presso l’Istituto Eastman, in occasione del XXVII Congresso di Odontoiatria, tenutosi il 21 ottobre 1952 in Roma. 19. Storia dell’odontoiatria (10 min. ca. - B/N) Il video, realizzato dalla Società Italiana di Stomatologia su soggetto e commento parlato di Adalberto Pazzini, ripercorre le tappe dell’evoluzione dell’odontoiatria, dalla preistoria fino alle prime forme di impianto sottoperiostale. In gran parte, la documentazione utilizza materiale del Museo di Storia della Medicina. 20. Storia dell’anestesia (29 min. ca. – B/N) Vengono ripercorsi i metodi e descritte le sostanze utilizzate per sedare il dolore negli interventi medico-chirurgici, dall’utilizzazione della neve quale primitivo anestetico fino alla scoperta di sostanze chimiche (cocaina, gas esilarante, novocaina) che hanno reso possibile intervenire annullando la sofferenza nel paziente. 21. Storia della microbiologia (24 min ca. –B/N) Il cammino della microbiologia, descritto attraverso i personaggi che ne sono stati protagonisti. Da Fracastoro, Spallanzani, Jenner, Koch, Pasteur, fino al nostro Sanarelli. 22. Storia dell’idrologia (11 min. ca. - Colore) 277 Alessandro Aruta, Elio De Angelis La sacralità e le virtù terapeutiche dell’acqua nei secoli. Il filmato parte dal mondo preistorico e, attraverso riferimenti al mondo greco, romano ed islamico, passa poi a descrivere l’idrologia empirica rinascimentale di Paracelso e Bacci, fino ai progressi della chimica nello studio scientifico delle acque presso gli attuali laboratori. 23. Fra l’atomo e l’universo (10 min. ca. – B/N) Dall’infinitamente grande all’infinitamente piccolo, dall’osservazione dell’universo alla scoperta dell’atomo, il cammino e l’evoluzione dell’ottica, dalla scoperta casuale della lente alla creazione dei primi occhiali, dal cannocchiale galileiano ai microscopi. Il filmato, prodotto dall’Istituto Luce, presenta diversi oggetti appartenenti alle collezioni del Museo di Storia della Medicina. 24. Arte e Medicina (24 min. ca. – no audio - Colore) Il filmato propone in chiave cronologica una rassegna iconografica illustrante scene di pertinenza medica, sia di patologie che di interventi terapeutici. 25. Lo strumentario (15 min. ca. - Colore) La rinascita anatomica e la rivoluzione scientifica del XVII secolo ad opera di Galileo, con il passaggio dalla medicina qualitativa e soggettiva alla medicina quantitativa ed oggettiva. La natura viene letta con numeri matematici e si creano nuovi strumenti: il termoscopio, il termometro, il pulsilogio e la stadera di Santorio, primo tentativo di misurazione del metabolismo. Il video descrive il funzionamento dei vari strumenti. 26. Agostino Bassi (11 min. ca. – B/N) La biografia di Agostino Bassi viene presentata con particolare attenzione alle sue scoperte e alla produzione scientifica. Nella realizzazione del filmato vengono utilizzati oggetti e testi appartenenti al museo e alla biblioteca della Sezione. 27. Gli animali soffrono per l’uomo (11 min. ca. – B/N) 278 L’archivio e la videoteca dell’Istituto di Storia della Medicina La produzione di sieri e vaccini attraverso l’utilizzo di animali cavie, nell’Istituto Sieroterapico Sclavo alla fine degli anni ’40. Il filmato è di produzione esterna. BIBLIOGRAFIA E NOTE 1. PAZZINI A., Uno sconosciuto ritratto di Andrea Vesalio. Roma, Istituto di Storia della Medicina, 1966. 2. La parte più interessante di questa sezione dell’archivio è probabilmente quella relativa alla vita universitaria e all’attività dell’Istituto negli anni ‘30 e ‘40: Circolari universitarie e del GUF; Organizzazione di conferenze presso l’Istituto; Organizzazione del VI Congresso Internazionale di Storia delle Scienze (1942) 3. GIORDANO D., Giambattista Morgagni. Torino, UTET, 1941. 4. In particolare, risultano divisi tra i due fondi i documenti relativi all’organizzazione del XIV Congresso Internazionale di Storia della Medicina, tenutosi a Roma. 5. Oltre al materiale fotografico che documenta la vita dell’Istituto e dell’università, Pazzini aveva raccolto anche 38 scatole di foto e altro materiale visuale sulla storia della medicina: ritratti, illustrazioni, emblemi. Questo materiale fotografico è stato riordinato e riversato su supporto elettronico a cura di Elio De Angelis. Correspondence should be addressed to: Alessandro Aruta, Elio De Angelis, Sezione di Storia della Medicina - Viale dell’Università, 34\a 00185 Roma, I. e-mail: [email protected]; [email protected] 279 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 281-296 Journal of History of Medicine Articoli/Articles NOTE E RIFLESSIONI SU UNA RACCOLTA LIBRARIA VALERIA ASCIONE Scuola Archivisti e Bibliotecari Università “La Sapienza”, Roma, I SUMMARY SOME REMARKS ON PAZZINI’S BOOK COLLECTION The paper describes the private book collection owned by Adalberto Pazzini and kept in the Library of the Sezione di Storia della Medicina. Gathered from the 1930s to the 1970s, the collection allows a reconstruction of the ‘state of the art’ of medical history in this period in Italy. Books were sent and dedicated to Pazzini by colleagues, mostly active in Italy and in the Spanish-speaking countries; many of them deal with the history of medicine, but some also with medicine itself. 1. Introduzione La collezione libraria custodita presso la biblioteca dell’Istituto di Storia della Medicina e collocata come raccolta personale di Adalberto Pazzini è costituita dalle pubblicazioni pervenute allo studioso a titolo di omaggio nel corso della sua carriera scientifica ed accademica, come testimoniano le dediche apposte sui frontespizi dei volumi. Il nucleo più consistente della raccolta è andato formandosi prevalentemente nel corso degli anni ‘50 e ‘60, periodo nel quale l’attività scientifica di Pazzini godeva oramai di fama internazionale e l’Istituto costituiva una realtà pienamente consolidata in ambito accademico. Le stesse date di edizione dei volumi risalgono per lo Keywords: Book collections - Medical history - Adalberto Pazzini 281 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 297-312 Journal of History of Medicine Articoli/Articles ADALBERTO PAZZINI E LE ORIGINI DELL’ISTITUTO DI STORIA DELLA MEDICINA. MARIA CONFORTI Dipartimento di Medicina Sperimentale Sezione di Storia della Medicina Università “La Sapienza”, Roma, I SUMMARY ADALBERTO PAZZINI AND THE ORIGINS OF THE ISTITUTO DI STORIA DELLA MEDICINA The first part of the paper deals with the Italian tradition of medical history in the 1930s, when Adalberto Pazzini became the most successful medical historian in Italy. Its second part deals with the founding and renovation (1938 and 1954 respectively) of the Istituto di Storia della Medicina at Rome University, with a description of the innovative - and largely utopian - planning of the Library and of the Museum and didactic collections by Pazzini. 1. Pazzini e la storia della medicina in Italia negli anni ‘30 Gli anni in cui si sviluppa l’attività di Adalberto Pazzini (18981975) coincidono con un periodo di fioritura della storia della medicina in Italia1. Pazzini è stato probabilmente lo storico della medicina di maggior successo pubbblico dei suoi anni: la sua carriera scientifica e il suo impegno istituzionale illustrano luci e ombre della ricerca storico-medica italiana nel Novecento. Nato nel 1898, figlio di un pittore di discreta notorietà, Norberto, Pazzini si laurea Keywords: Italy - History of Medicine - Roma, Istituto di Storia della Medicina 297 Maria Conforti nel 1922 in medicina all’Università di Roma, con una tesi discussa alla scuola di Silvestro Baglioni, celebre fisiologo, a sua volta cultore di storia della medicina2. Nonostante la sua sia una tesi di fisiologia sperimentale, Pazzini inizia un’attività di medico negli ospedali romani del Buon Pastore, agli Ospedali Riuniti e al S. Spirito. Contemporaneamente annoda legami personali e istituzionali con alcuni storici della medicina attivi a Roma e in altre città italiane. Nel 1931 inizia all’università di Roma un ‘corso libero’ di storia della medicina3. Nel 1932 Pazzini consegue la libera docenza di Storia della Medicina, e l’incarico alla cattedra con lo stesso titolo nell’anno accademico 1936-7. Tra il 1937 e il 1939, quando si è ormai guadagnato un posto di rilievo tra gli storici, Pazzini ricostruisce in una serie di articoli quasi una monografia a puntate - lo sviluppo della storia della medicina in Italia “nell’ultimo cinquantennio”, e indirettamente alcuni dati della propria autobiografia4. Gli articoli compaiono sulla Rivista di storia delle scienze mediche e naturali, un periodico di grande tradizione, fondato nel 1910. La rivista, nata come organo della Società Italiana di Storia delle Scienze Mediche e Naturali, voluta tra gli altri da Guido Baccelli (1832-1916) era stata il terreno sul quale si erano confrontati, affrontati e infine apertamente scontrati gli storici della scienza - in particolare il gruppo di Aldo Mieli (1879-1950) - e gli storici della medicina. La polemica fra storici della medicina e della scienza non è, in questo periodo, limitata all’Italia: ma in Italia, anche a causa della situazione politica e del diffuso nazionalismo, assume toni particolarmente aspri5. L’articolo di Pazzini appare in un momento delicato, nel quale il divorzio fra i due gruppi si è ormai consumato; gli storici della medicina, a differenza degli storici della scienza, si sono trasformati in un gruppo forte e compatto, dotato di appoggi politici di alto livello e in grado di agire con coerenza per ottenere il riconoscimento istituzionale della propria disciplina nelle università. Anche per Pazzini ricostruire la storia della propria disciplina è una strategia di promozione degli studi storico-medici e delle proprie ambizioni di ottenere dall’università un posto di insegnamento stabile. 298 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina Pazzini ricorda le antiche tradizioni italiane di storia della medicina, e la grande e meritata fama europea di cui la disciplina aveva goduto nell’Ottocento: basterebbero del resto i nomi di Salvatore De Renzi, di Francesco Puccinotti, di Angelo Camillo de Meis a giustificare questa pretesa di eccellenza. Pazzini ricorda anche che la storia novecentesca, caratterizzata da un impegno più sbilanciato sul fronte della divulgazione e dell’apertura pubblica, può essere fatta iniziare nel 1911, con un’esposizione a Castel S. Angelo voluta per celebrare il cinquantenario del Regno d’Italia6. Nell’esposizione avevano avuto un notevole rilievo la sezione di oggetti e testi medici e farmaceutici antichi, di cui era stato curatore Pietro Capparoni (1868-1947)7. Da questo momento in poi l’interesse del gruppo degli storici della medicina romani per l’aspetto museale non sarebbe più cessato, e avrebbe influenzato non solo il lavoro del giovane Pazzini, ma la stessa ‘ragione sociale’ scelta dal gruppo degli storici della medicina al momento di costituirsi in un’associazione specifica. Negli anni successivi alla mostra di Castel S. Angelo, infatti, nell’intento di non lasciar disperdere la collezione che comprendeva pezzi di proprietà di Capparoni e di Giuseppe Carbonelli (18591936), alcuni studiosi - tra i quali Giuseppe Bilancioni (18811935), Capparoni, Carbonelli e lo stesso Baglioni - si erano organizzati per ottenere la creazione di un Museo di Storia dell’Arte Sanitaria. La collezione era stata donata al Comune di Roma, da cui ci si aspettava un intervento, che tardava a venire, per la creazione di un museo. Dopo la prima guerra mondiale, negli anni dell’avvento del fascismo, il gruppo si era formalizzato in associazione, creando nel 1920 l’Istituto Storico Italiano dell’Arte Sanitaria. Il museo sarebbe stato effettivamente inaugurato, all’ospedale del S. Spirito, solo nel 19338. Tuttavia nel frattempo l’associazione aveva creato una nuova rivista - il Bollettino di Storia dell’Arte Sanitaria, pubblicato a partire dal 19219. Pazzini vi pubblica articoli - sulle malattie veneree, sulla iatromatematica, sulla “tazza antimoniale”, sulla storia della fisiologia dell’apparato uditivo - che si distinguono perché di rado sono allineati sui toni insistentemente nazionali299 Maria Conforti stici e di ‘rivendicazione nazionale’ esibiti dalla rivista. Nei primi anni ‘30 muoiono i più anziani della generazione degli storici e collezionisti (Mariano Borgatti, Giovanni Carbonelli) e Pazzini diventa redattore capo del Bollettino, di cui firma numerose recensioni. Nel 1930, dal 22 al 27 settembre, si tiene a Roma l’VIII congresso internazionale di Storia della Medicina - un avvenimento che consacra pubblicamente, e su una scena di grande prestigio, il gruppo italiano degli storici della medicina. Pazzini fa parte del Comitato Esecutivo in qualità di Segretario aggiunto: e vi legge una relazione sul lebbrosario romano di S. Lazzaro Moro. La terza sessione, che si apre il 26 settembre sotto la presidenza di Henry Sigerist, allora direttore dell’istituto di Storia della Medicina di Leipzig, riguarda la “necessità di rendere lo studio della Storia della Medicina obbligatorio nelle Università”10, un’istanza affidata a relatori stranieri ma che è evidentemente molto sentita da parte degli organizzatori italiani. Nel 1932 Pazzini pubblica una lunga nota sulla medicina dei primitivi in appendice alla voce dell’Enciclopedia Italiana, redatta da Arturo Castiglioni (1874-1953)11, dedicata alla storia della medicina. L’importanza dell’Enciclopedia per definire il quadro della cultura e della vita scientifica italiana di quegli anni è stata ampiamente sottolineata dalla storiografia: tuttavia manca ancora una ricerca esaustiva sulle voci mediche e sugli studiosi che sono stati chiamati a redigerle12. L’Enciclopedia, come è noto, è voluta dal filosofo Giovanni Gentile, che controlla personalmente la qualità delle voci, chiamando a collaborare i migliori studiosi delle diverse discipline. Nonostante la forte accentuazione antiscientifica presente nel neoidealismo italiano, l’attualismo gentiliano - che in quegli stessi anni celebra il fascismo come incarnazione dello stato etico - si dimostra abbastanza aperto alle istanze provenienti dal mondo delle scienze esatte e della vita. Direttori della sezione scienze mediche sono il noto fisiologo e clinico Giacinto Viola (1870-1943), teorico del costituzionalismo e amico personale di Gentile, e il suo discusso allievo Nicola Pende (1880-1970). La voce medicina è quasi interamente occupata dalla trattazione storica, il che non accade per le 300 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina altre scienze. La nota di Pazzini è da ricollegare al suo interesse, sviluppatosi in quegli anni, per forme di medicina ‘popolare’ o ‘primitiva’, che Pazzini ribattezza demoiatrica, ottenendo in seguito il riconoscimento ufficiale per questa denominazione dall’Accademia d’Italia. Pazzini è convinto che lo studio della medicina primitiva possa illustrare il “subconscio scientifico” della medicina moderna13. Come ha spesso ripetuto nei suoi scritti, la medicina primitiva è una sorta di embriologia dei successivi stadi di sviluppo delle scienze mediche14. Questa concezione ha radici nella diffusione in Italia delle teorie darwiniane, e nella conseguente ridefinizione delle teorie sull’evoluzione umana nella preistoria15. Nella breve bibliografia che chiude la nota, Pazzini cita i popolari lavori dell’antropologo e biologo John Lubbock (1834-1913) sulla preistoria, Prehistoric times (1865) e The Origin of Civilization and the primitive condition of man (1870), che erano stati prontamente tradotti in italiano, nel 1875, da Michele Lessona16 Lubbock era un discepolo - e amico di Darwin. Pazzini adotta - nella nota per l’Enciclopedia così come in altri lavori - la teoria di Lubbock sui “modern savages”, equivalenti a resti fossili dei primi stadi dell’evoluzione dell’uomo sulla terra. L’identificazione e lo studio di queste ‘tribù perdute’ consentirebbe, secondo questa teoria, lo studio di credenze, usi e costumi ormai sorpassati dall’evoluzione - anche la medicina e le pratiche di cura primitive potrebbero così essere ricostruite sulla scorta di dati certi e osservazioni scientifiche17. Tuttavia l’interesse di Pazzini per la preistoria non è influenzato solo da una visione scientifico-positivista derivata dalla prima diffusione in Italia dell’evoluzionismo. Lo dimostra il suo interesse per la magia, che lo porta a citare un altro lavoro importante e non molto diffuso nella cultura italiana, il monumentale lavoro dello storico americano Lynn Thorndike (1882-1965) su ‘Magic and experimental science’ (pubblicato tra il 1923 e il 1958), che come è noto ha contribuito al superamento del pregiudizio antistorico verso molte forme di sapere a torto considerate non scientifiche (magia naturale, astrologia, alchimia e protochimica), illustrandone invece il nesso 301 Maria Conforti forte con i successivi sviluppi della scienza ‘razionale’ e sperimentale, e indirettamente anche i nessi con la scienza medica18. Pazzini deriva inoltre molte delle sue idee dagli scritti di Arturo Castiglioni (1874-1953), cui negli anni ‘30 si riferisce come ad un maestro19. I suoi rapporti con lo storico di Trieste, costretto nel 1938 all’esilio in USA per sfuggire alle leggi razziali, si manterranno sempre formalmente buoni, anche se nel dopoguerra saranno caratterizzati da momenti di freddezza e da qualche scontro aperto20. Castiglioni, influenzato dalla cultura austriaca e dalle teorie psicoanalitiche, è anch’egli interessato alla dimensione ‘prescientifica’ della medicina. Egli pubblica nel 1934 il testo Incantesimo e magia, dove si fa riferimento a parecchi scritti di antropologi e in particolare al Ramo d’oro di James Frazer, tradotto in italiano nel 1925; Frazer è anch’egli uno degli autori citati da Pazzini21. Per una migliore comprensione dell’opera di Pazzini, così come di quella di Castiglioni, va ricordata la tradizione della ricerca italiana in antropologia, etnografia e storia delle religioni, che non era mai venuta meno a partire dall’età positivistica, e che a differenza di quanto era avvenuto in altri paesi europei non aveva a oggetto soltanto i paesi ridotti a colonie, ma anche quelle che nel Seicento erano state chiamate ‘las Indias de por acá’: le ampie zone di sottosviluppo e arretratezza ancora presenti nel paese, e non soltanto nel Mezzogiorno e nelle isole22. Pazzini, in un suo intervento del 1940, avrebbe comunque posto l’accento sulla necessità di comprendere la medicina dei primitivi anche per servirsene nel contesto delle colonie dell’ ‘Impero’. Parlando del Centro di Studi per la medicina indigena asiatica ed africana, istituito a Roma presso l’Istituto per il Medio ed Estremo Oriente, Pazzini dice che esso servirà tra l’altro a meglio conoscere il mondo scientifico di popoli che, per la massa, sono ancora in uno stato di primitivismo, di studiare il loro pensiero sia nelle tradizioni che nella loro pratica attuazione, istituire degli utili paralleli tra il nostro e il loro patrimonio scientifico, approfondire, quando appaia necessario, le loro conoscenze allo scopo di trarne qualche utilità, se è possibile, per la nostra scienza ed al fine di conoscere più da vicino la 302 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina psicologia di quei popoli così distinti (almeno sotto alcuni punti) dalla nostra, allo scopo di meglio ambientare i nostri medici che si recano ad esercitare nelle nostre colonie e nell’impero23. Nel 1935, ricostruendo la storia e illustrando le collezioni del Museo di Storia dell’Arte sanitaria da poco inaugurato, Pazzini sottolinea come parte integrante del museo sia appunto la propria collezione sulla medicina dei popoli primitivi24. Questa medicina comprende sia quella dei popoli “viventi in epoche assai remote confinanti con la preistoria... sia quella dei popoli moderni, arretrati ad uno stadio dello sviluppo psicologico da farli ritenere simili a quelli: quelli, cioè, che comunemente son detti selvaggi”25. Pazzini espone in modo sommario le sue convinzioni sulla sopravvivenza nella medicina contemporanea di elementi che possono essere considerati ‘magici’, ossia “necessari alla ... vita psicologica”26. La sua collezione riflette questa convinzione e la incarna e la illustra meglio di quanto possano fare le teorie: Pazzini ha raccolto oggetti - molti dei quali sono riproduzioni - riguardanti la magia del volto (maschere), quella delle armi, della parola (amuleti e talismani), delle tazze (molte delle quali assai recenti: si tratta di contenitori per bere pozioni), delle pietre (preziose e per uso medicinale). Accompagna la collezione una serie di ‘plastici’ (calchi) di rappresentazioni di malattie e una di costumi, in gran parte di ‘stregoni’ africani. Uno dei modelli di Pazzini era la collezione londinese dell’industriale farmaceutico e mecenate della storia della medicina sir Henry Wellcome (1853-1930)27. Come Pazzini e Castiglioni, e molto prima di loro, Wellcome aveva sviluppato una concezione di medicina la cui estensione la rendeva pressoché indistinguibile dall’antropologia: “he was fascinated by anthropology and folklore, as well as medicine, and developed a somewhat idiosyncratic vision in which all these subjects were inextricably interlinked”28. Un altro punto in comune fra Wellcome e gli storici della medi303 Maria Conforti cina italiani è la propensione - del resto diffusa nella museologia del tempo - alla ricostruzione, alla creazione di messinscene di tipo didattico-divulgativo29. L’interesse per le manifestazioni non rientranti nella storia ‘ortodossa’ e scientifica nella medicina, nonché l’uso spregiudicato, ma di grande interesse ed efficacia, dell’accostamento di materiali diversi - oggetti originali, riproduzioni, calchi e frammenti - troveranno una sede appropriata nell’Istituto di Storia della Medicina dell’Università di Roma, che Pazzini avrebbe fondato in quegli stessi anni, ampliandolo e dirigendolo, a vario titolo, fino alla morte nel 1975. 2. L’Istituto di Storia della Medicina dell’Università di Roma Pazzini ha più volte descritto la nascita del “proprio” istituto: nel 1933 egli ottiene da Dante De Blasi (1873-1956), igienista e microbiologo, dal 1934 al 1943 presidente del Consiglio Superiore di Sanità, direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università, due e poi sette stanze nel seminterrato dell’Istituto, per ospitarvi le collezioni e l’insegnamento del proprio “corso libero” di storia della medicina. Nel 1937 Pazzini riesce a strappare alla Facoltà l’assenso al finanziamento di un vero e proprio Istituto, dotato di un edificio in grado di ospitare la collezione museale e libraria: questo sarebbe stato realizzato solo nel 1953. Nonostante Pazzini abbia firmato più di cinquecento lavori scientifici, il risultato più importante dei molti anni lungo i quali si è svolta la sua attività è probabilmente proprio la creazione dell’Istituto. Pur contenendo un museo e una biblioteca di impianto piuttosto tradizionale, esso è stato in origine concepito dal suo fondatore come una sorta di gigantesco e complesso strumento didattico e informativo. Negli stessi anni nei quali il gruppo degli storici romani della medicina si dedica con successo a un collezionismo di stampo prevalentemente antiquario, Pazzini - che pure coltiva studi storici relativi a quello che egli denomina “Medioevo” - mostra invece di avere idee più aggressivamente moderne riguardo al modello di storia della medicina da proporre agli studenti e ai col304 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina leghi dell’università, ma soprattutto al pubblico. Come dimostra il materiale conservato nell’archivio dell’Istituto, relativo a progetti e alla realizzazione di filmati cinematografici utili a illustrare e promuovere la disciplina, Pazzini ha fin da subito un senso molto forte dell’importanza dei media nella divulgazione della scienza e della sua storia30. In uno dei suoi molti curricula a stampa, pubblicato in apertura del volume per celebrarne i 30 anni dalla laurea, che è sicuramente compilato da lui, Pazzini elenca fra i suoi titoli scientifici “sette documentari cinematografici di soggetto storico medico dati in pubblica visione”31. Pazzini pensa alla biblioteca di storia della medicina, al museo e al materiale contenuto nell’Istituto - filmati, riproduzioni di testi, ‘gallerie’ virtuali di ritratti, raccolte di dati diversi - e in generale al materiale visuale, librario e documentario, come ad un unico corpus integrato. Un sistema complesso di schede diverse ma coordinate in un unico insieme - che oggi defineremmo una base di dati - è designato per catalogare e rendere fruibile il tutto: il fine di Pazzini sembrerebbe quello di creare una sorta di ‘metacatalogo’ della storia della medicina in Italia, istituendo un centro documentario a scopo didattico, un centro bibliografico e biobibliografico, un fondo bibliotecario ad uso degli studenti32. Il documentario è dunque un tentativo, per molti versi innovativo, di ricreare una storia della medicina virtuale, documentata anche nei suoi aspetti concreti, che sarebbe stata impossibile da ottenere attraverso la semplice collezione di oggetti e documenti reali, troppo rari o preziosi per essere materialmente riuniti in un solo luogo: Nel documentario si dovrà poter trovare, fedelmente riprodotto, quel che richiederebbe viaggi e spese non indifferenti per poter esser visto e anche quel che è impossibile vedere, esistendo solo nelle illustrazioni ed essendo perduti gli originali33. Nel 1938 Pazzini è già consapevole che un catalogo multifun305 Maria Conforti zionale che riunisca le informazioni sul materiale conservato all’Istituto ne rappresenterebbe il punto focale: un catalogo non solo della biblioteca o del centro biobibliografico, ma più in generale del documentario - è da notare che in questi primi progetti Pazzini non usa il termine ‘museo’. Il lato utopistico di questo progetto non gli sfugge, se nel 1938 afferma: Non vi è alcuna fretta; un’opera siffatta richiede una vita intera, e forse più di una vita, e costituisce, di per sé soltanto, la ragion d’essere di un istituto34. Vent’anni dopo, nel 1958, Pazzini avrebbe potuto vantarsi di aver prodotto con i suoi collaboratori “oltre cinque milioni di schede” per riordinare e rendere fruibile il materiale, non solo testuale, raccolto all’Istituto, e anche una parte di quello presente in altri luoghi ma riguardante la storia della medicina35. Il ritmo impressionante di catalogazione è ancor oggi ricordato da coloro che hanno lavorato all’Istituto in quegli anni. E’ probabile che il piano di catalogazione previsto da Pazzini abbia attraversato fasi diverse, che oggi non è facile ricostruire, anche perché questo lato della sua attività non è ben documentato in ciò che rimane dell’archivio dell’Istituto. Si ha l’impressione comunque che l’iniziale e più ambizioso progetto di Pazzini, di unificare tutte le informazioni sulla storia della medicina, abbia dovuto cedere il passo di fronte alla necessità di creare cataloghi ‘singoli’ per i diversi materiali. Oggi l’insieme di cataloghi a schede conservati presso l’Istituto comprende un catalogo bibliografico tradizionale per autore e un catalogo per soggetto ‘libero’ (con voci non controllate da un thesaurus); un datario, un’enciclopedia medica, una raccolta di informazioni biografiche - già ricca di più di 2000 nomi nel 1937 - un catalogo delle immagini di interesse medico e uno delle riproduzioni. Il nucleo originario del progetto di Pazzini è probabilmente da identificare in una sorta di bibliografia generale a schede sulla storia della medicina, cessata già nei primi anni ‘70, che avrebbe dovuto contenere tutte le indicazioni bibliografiche possibili, concernenti le fonti di antica 306 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina medicina, gli studi storico medici, le indicazioni biografiche36. C’è infine un catalogo a schede, il ‘catalogo unico’, che mostra al meglio le qualità di Pazzini come collezionista - non di volumi, ma di informazioni. Il catalogo unico è infatti il tentativo di creare un catalogo completo di testi a stampa “antichi” (dal XV al tardo XIX secolo) presenti nelle biblioteche italiane (e straniere: ma i tentativi iniziali di includere la Bibliothèque Nationale di Parigi sono falliti). Le informazioni sono state ottenute attraverso contatti personali con i bibliotecari delle diverse istituzioni. Benché naturalmente incomplete, le informazioni raccolte presso istituzioni e collezioni di grande importanza storico-medica, ma ancora oggi non raggiunte dall’estendersi della catalogazione del Sistema Bibliotecario Nazionale, rende questo strumento ancora oggi utile. Nei primi anni ‘40, a guerra iniziata, Pazzini sembra sul punto di riuscire a ottenere la rapida costruzione dell’Istituto, all’interno della Città Universitaria la cui creazione è celebrata come una delle glorie del regime fascista. Nell’archivio dell’Istituto sono conservati gli schizzi di questo primo edificio, eseguiti da un architetto che non è stato possibile identificare. L’edificio mostra i segni inconfondibili del razionalismo architettonico italiano di quegli anni, così come quelli della retorica fascista (sulla facciata avrebbero dovuto essere iscritte frasi di Benito Mussolini, che del resto facevano già mostra di sé nel museo allestito nei locali dell’Istituto di Igiene). Con ogni probabilità Pazzini è riuscito a fare inserire il progetto fra le realizzazioni destinate a celebrare il ventesimo anniversario della marcia su Roma (1942), che avrebbero compreso un’Esposizione Universale a Roma. Il progetto, come è noto, non è stato realizzato a causa della guerra. Pazzini ottiene invece di costruire l’edificio, in pochi anni, dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. Qualunque sia la valutazione da dare sulla sua adesione al regime fascista - l’Istituto è stato molto impegnato nelle attività del GUF - è certo che nell’Italia repubblicana Pazzini ha saputo sfruttare con grande abilità un network di relazioni del tutto diverse, mettendo a frutto in special 307 Maria Conforti modo i suoi rapporti con lo storico - in origine allievo di Gaetano Salvemini - Raffaele Ciasca. Ciasca, divenuto senatore per la Democrazia Cristiana nei tardi anni Quaranta, gestisce la ricostruzione postbellica di biblioteche e archivi: in questo quadro va visto il finanziamento per la costruzione dell’Istituto, finalmente inaugurato nel 1953. Nel 1955, grazie all’appoggio di due protagonisti della medciina italiana di quegli anni, Cesare Frugoni e Valerio Puntoni, Pazzini ottiene la cattedra di ordinario di Storia della Medicina alla Facoltà medica di Roma37. Conclusioni Pazzini ha lottato con generosità per tutta la vita per ottenere un riconoscimento non solo della propria attività e del proprio impegno, ma anche per l’affermazione della propria scuola e della propria disciplina in ambito accademico38. La sua storia, e quella della istituzione da lui creata, mette in luce con chiarezza i pro e i contro di una concezione accentuatamente ‘internalista’ della storia della medicina. In molti casi, tuttavia, va riconosciuto un lato positivo anche agli atteggiamenti e alle prese di posizione scientifiche più lontane dalla sensibilità attuale degli storici. Se ad esempio l’insistenza sulle biografie illustri - condivisa da una storiografia scientifica incentrata sull’hero worship - può sembrare oggi anacronistica e fuorviante, la sua traduzione in ‘umile’ ricerca prosopografica ha fornito risultati di grande interesse. L’insistenza di Pazzini sulla raccolta minuziosa di notizie da riunire nel documentario, centro di raccolta e smistamento di informazioni, di testi e di oggetti, di materiali d’archivio e di immagini, risulta ancora oggi utile e affascinante per lo storico, così come il suo progetto di un insieme integrato di immagini, testi e oggetti, in funzione didattica e divulgativa. BIBLIOGRAFIA E NOTE 1. Una bibliografia degli scritti di Pazzini, accompagnata da una breve commemorazione di Luigi Stroppiana, in Medicina nei Secoli 1998; 2: 309-345. 2. Su Baglioni cfr. la voce di BAGLIONI A., in: Dizionario Biografico degli Italiani. 308 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina Roma, Istituto dell’Enciclopedia Treccani, 1963, vol. V. 3. Cfr. PAZZINI A., Apologia della storia della Medicina, Prolusione al corso libero di storia della medicina tenuto nella Regia Università di Roma, 1933. Bollettino dell’Istituto storico dell’Arte sanitaria 1934; 2: 66-77. 4. PAZZINI A., La Storia della Medicina in Italia nell’ultimo cinquantennio. Rivista di Storia delle Scienze mediche e Naturali 1937; 9-10: 251-259; 1938; 3-479-84; 1938; 910: 218-231; 1938; 11-12: 274-283; 1939; 1-2: 26-38. 5. Si veda l’episodio, ricordato da Claudio Pogliano, della controversia insorta nel 1914 fra Aldo Mieli e Pietro Capparoni sul poco spazio dedicato dalla Rivista critica di storia delle scienze mediche e naturali a temi di storia della scienza, e la considerazione di Capparoni: “La massima parte dei nostri soci... sono medici che si occupano degli studi storici della loro scienza”: POGLIANO C., The misfortunes of the history of science in Italy. In: BERETTA M., POGLIANO C., REDONDI P. (eds.), Journals and History of Science. Firenze, Olschki, 1998, pp. 97-117:106. 6. Esposizione Internazionale di Roma - Guida generale delle mostre retrospettive di Castel S. Angelo. Bergamo, Istituto Italiano d’Arti Grafiche, 1911, pp. 106-123. Sulla mostra etnografica di Roma del 1911, che contribuì a determinare l’atmosfera nella quale avrebbe in seguito agito Pazzini, cfr. PUCCINI S., L’itala gente dalle molte vite. Lamberto Loria e la Mostra di Etnografia italiana del 1911. Roma, Meltemi, 2005. 7. Su Capparoni cfr. la voce di CAPPELLETTI V., DI TROCCHIO F., In: Dizionario Biografico degli Italiani. Roma, Istituto dell’Enciclopedia Italiana, 1975, vol. 18. 8. PAZZINI A., Il Museo dell’Accademia di storia dell’arte sanitaria. Estratto da Croce Rossa 1935;2, pp. 1-23. 9. Cfr. POGLIANO C., The misfortunes..., op. cit. n. 5, p. 103. 10. CAPPARONI P., L’VIII Congresso Internazionale di Storia della Medicina, Roma, 22-27 Settembre 1930. Bollettino dell’Istituto Storico dell’Arte sanitaria 1930; (X) 6: 288-315, 304-5. 11. Enciclopedia Italiana, vol. XXII. Su Castiglioni BELLONI L., Arturo Castiglioni storico della medicina. Rivista di storia delle scienze mediche e naturali 1954; 59-101. Le lettere di incarico a Pazzini per le voci dell’Enciclopedia, firmate da Gentile, sono conservate nell’Archivio dell’Istituto di Storia della Medicina dell’Università di Roma. 12. Sulle vicende dell’Enciclopedia, TURI G., Il mecenate, il filosofo e il gesuita. L’«Enciclopedia italiana», specchio della nazione. Bologna, Il Mulino, 2002. 13. PAZZINI A., L’uomo e le malattie. Milano, Bompiani, 1948. 14. PAZZINI A., Della opportunità di un insegnamento storico-scientifico nella Facoltà di Medicina. Atti e memorie dell’Accademia di storia dell’Arte sanitaria 1953; luglioagosto-settembre: estratto. Si tratta di un testo letto da Pazzini alla “First World Conference on Medical Education”, tenutasi a Londra il 26 Agosto 1953. 309 Maria Conforti 15. Sulla diffusione del darwinismo in Italia, PANCALDI G., Darwin in Italia: impresa scientifica e frontiere culturali. Bologna, Il Mulino, 1983. 16. LUBBOCK J., I tempi preistorici e l’origine dell’incivilimento, con un capitolo intorno all’uomo preistorico in Italia di Arturo Issel. Versione italiana di Michele Lessona. Torino, Unione tipografico-editrice, 1875. 17. Nella sua opera Lubbock non accenna che brevemente alle pratiche di cura presso i popoli primitivi. 18. THORNDIKE L., A History of Magic and Experimental Science. 8 voll., New York, Columbia University Press, 1923–58. 19. Cfr. la recensione di Pazzini a CASTIGLIONI A., L’orientamento neoippocratico del pensiero medico contemporaneo. Torino, Ed. Minerva Medica, 1933. Bollettino dell’Istituto storico Italiano dell’Arte sanitaria 1933 (XIII): 45-46: “In questo lavoro, che ben si può chiamare l’espressione di un pensiero universale, l’Autore illustre ha modo di dimostrare ampiamente la sua vasta e genialissima cultura”. Pazzini sottolinea come la rivendicazione storica dell’importanza del neoippocratismo - posizione di Castiglioni che egli fa propria - vada nella stessa direzione della più fortunata filosofia medica italiana di questi anni, il costituzionalismo: “La teoria umorale, la dottrina costituzionale, la patologia umorale, la forza sanatrice della natura... per la dimostrazione finale dell’indirizzo ippocratico della medicina moderna”, ibid., p. 46. 20. In una breve corrispondenza negli anni ‘50, conservata presso l’Archivio della Sezione di Storia della Medicina, i due studiosi si contrappongono su questioni concorsuali. 21. Nel 1952 Pazzini esprime in termini decisamente positivistici la propria critica a Frazer: “... la critica alle cosiddette leggi magiche del Frazer, esaminate nella loro essenza naturalistica e in base al concetto di relazione e magia, vengono interpretate più logicamente come leggi iniziali della Scienza, destituendole da quel senso insito di magia che generalmente viene loro attribuito”: PAZZINI A., Curriculum. In: Scritti in onore del Prof. A. Pazzini in occasione del XXX anno di laurea. Saluzzo, Ed. Minerva Medica, 1952, p. 4. 22. Pazzini conosce le ricerche dell’etnografia e antropologia italiana, da Pitré a Pettazzoni, da Pigorini al giovane De Martino: “la medicina dei primitivi non è viva solo presso i popoli selvaggi; essa tramanda radici anche nei nostri popoli”, PAZZINI A., Medicina Popolare. In: Enciclopedia Italiana, vol., p. 732. 23. PAZZINI A., La storia della medicina nell’anno XVII E.FF. Roma, Società Italiana per il progresso delle Scienze, 1940, p. 5. 24. PAZZINI A., Il Museo, op. cit. n. 8. La collezione Pazzini non è menzionata nelle descrizioni del museo al momento della sua inaugurazione (1933), dunque deve essere stata aggiunta in seguito al nucleo originario, più decisamente orientato in senso antiquario. Questo indica, pobabilmente, il ruolo più significativo assunto da Pazzini 310 Adalberto Pazzini e le origini dell’Istituto di Storia della Medicina all’interno del gruppo degli storici della medicina a Roma. 25. Ibid., p. 17. 26. Ibid., p. 18. 27. Cfr. SKINNER G. M., Sir Henry Wellcome’s Museum for the Science of History. Medical History 1986; 30: 4. 28. SYMONS J., ‘These crafty dealers’: Sir Henry Wellcome as a book collector. In MYERS R. and HARRIS M. (eds), Medicine, Mortality and the Book Trade. St Paul’s Bibliographies/Oak Knoll Press 1998, pp. 109-130: 113. 29. Le fotografie di alcune ricostruzioni nel museo Wellcome illustrano gli articoli già ricordati di Castiglioni e Pazzini nell’Enciclopedia Italiana. 30. Si veda supra, l’elenco dei filmati fatti realizzare da Pazzini. 31. Cfr. PAZZINI A., Curriculum, op. cit. n. 21, p. 4. 32. PAZZINI A., Per un Regio Istituto di Storia della Medicina. In: Lavori di storia della medicina compilati nell’anno accademico 1936-37. Roma, Arti Grafiche Bodonia, 1938, p. 3. 33. Ibid., p. 4. 34. Ibid., p. 6. 35. PAZZINI A., Il Museo. Roma, Istituto per la Storia della Medicina dell’Università di Roma, 1958, p. 6. 36. Lavori di Storia della Medicina, op. cit. n. 32. Cfr. anche PAZZINI A., Per una catalogazione bibliografica della Storia della Medicina. Comunicazione presentata al III International Congress of Medical Librarianship, Amsterdam, maggio 1969. Pagine di Storia della medicina 1969; 5-11. 37. La notizia ebbe echi anche sulle riviste internazionali, a testimonianza dell’importanza attribuita alla “first official chair of the history of medicine to be assigned since the unity of Italy”: Journal of the History of Medicine 1956; 106. 38. Una valutazione assai critica dell’attività di Pazzini - e dello stato della disciplina in Italia - in: BELLONI L. Evoluzione e stato attuale della Storia della Medicina in Italia. In: CISO (Centro Italiano di Storia Ospitaliera)( a cura di), Storia della sanità un Italia. Metodo e indicazioni di ricerca. Roma, “Il Pensiero Scientifico” ed., 1978, pp. 19-24, 22. Correspondence should be addressed to: Maria Conforti, Sezione di Storia della Medicina, Viale dell’Università, 34/a, 00185 – Roma. e-mail: [email protected] 311 MEDICINA NEI SECOLI ARTE E SCIENZA, 18/1 (2006) 313-330 Journal of History of Medicine Museologia Medica/Medical Museology LA CERAMICA APOTECARIA NEL MUSEO DI STORIA DELLA MEDICINA DELL’UNIVERSITA’ DI ROMA “LA SAPIENZA” ILARIA DE SANTIS E MARIAGRAZIA DEL BUSSO Roma, I SUMMARY PHARMACEUTICAL POTTERY IN THE MUSEUM OF HISTORY OF MEDICINE OF ROME “LA SAPIENZA” Chemist’s and pharmaceutical vases are a historical, aesthetic, cultural, often careless, patrimony that evokes numerous suggestions. It is not possible to distinguish their history from the history of general ceramics in order to reconstruct the context in which these manufactured object were made. Even though manufacture presents a peculiarity of its own it interlaces with the objects of everyday use and with the production designed to any specific and different uses. Ceramics is one of the most flourishing art in Italy; a revival of its techniques arose just in relation with the ‘rebirth’ of spices commercial trading in Italy. Esiste un patrimonio di notevole rilievo storico, estetico e culturale, spesso trascurato, in grado di suscitare l’attenzione del pubblico perchè evocatore di molteplici suggestioni: i vasi da farmacia. Un’attenta analisi, al fine di ricostuire il contesto in cui tali manufatti sono nati, ci porta necessariamente a tracciare in linee essenziali la storia dei materiali; non è infatti possibile scindere la storia dei vasi da farmacia da quella della ceramica in generale. Questa produzione, per quanto presenti una sua peculiarità, si Keywords: Pharmaceutical pottery – Ceramics – Museological Collections 313