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Aprile-Giugno 2016 • Vol. 46 • N. 182 • Pp. 125-126
Prospettive in Pediatria
Oncologia pediatrica
Attualmente, circa l’80% dei bambini sopravvive al tumore a 5 anni dalla diagnosi. Nonostante i progressi, le
neoplasie rimangono la principale causa di morte per malattia nei paesi industrializzati e la tossicità del trattamento a breve e lungo termine incide significativamente sulla qualità di vita. La cura dei tumori infantili rappresenta un importante esempio di successo della ricerca scientifica medica, una storia iniziata oltre 50 anni
fa con il trattamento di bambini con leucemia linfoblastica acuta (LLA). Allora, la probabilità di sopravvivenza
era inferiore al 10% rispetto a oggi, in cui la malattia è curabile in oltre l’85% dei casi. Tali progressi sono stati
conseguiti anche in altri tumori infantili (tumore di Wilms, linfomi linfoblastici, malattia di Hodgkin), ma per altri
tumori (leucemia mieloide acuta-LMA, neuroblastoma ad alto rischio, glioma del tronco cerebrale), la sopravvivenza dei pazienti rimane invece insoddisfacente.
La LLA e i tumori cerebrali costituiscono i casi più frequenti e possono essere presi a modello del successo e al tempo stesso delle sfide odierne per migliorare la sopravvivenza e la cura del bambino e adolescente con tumore. Da un lato la LLA è oggi curabile in oltre l’85% dei casi e l’interrogativo oggi rilevante
è come poter migliorare i risultati senza che ciò si traduca in un aumento del rischio di mortalità, morbidità
ed effetti a lungo termine. I tumori cerebrali costituiscono un gruppo eterogeneo di tumori, per i quali l’ulteriore miglioramento potrà avvenire solo attraverso la comprensione della biologia e lo sviluppo di nuove
strategie terapeutiche.
L’obiettivo della sezione è quello di fornire un aggiornamento su sfide a prospettive in LLA e tumori cerebrali con un terzo contributo che affronti lo straordinario scenario terapeutico offerto da strategie terapeutiche innovative, che si colloca nella complessità derivante dalla sperimentazione di nuovi farmaci in età
pediatrica.
Conter e collaboratori illustrano i fattori clinici e biologici che hanno contribuito al miglioramento dei risultati nelle LLA del bambino e adolescente. In una malattia in cui la prognosi è così significativamente
migliorata, un’ulteriore intensificazione della terapia non è ritenuta ragionevole per il rischio di tossicità
eccessiva. In questo scenario le nuove sfide per la LLA sono concentrate sull’identificazione di trattamenti
chemioterapici parimenti efficaci ma a minor rischio di tossicità acuta e/o sequele come le complicanze
infettive, l’osteonecrosi e i danni da radioterapia encefalica, e sull’introduzione di terapie innovative e “mirate”. Infine ci viene ricordato che oltre l’80% dei bambini con LLA vive in paesi con risorse limitate, in cui
l’accesso alle cure è scarso e talora inesistente. La sfida maggiore per la LLA (e non solo) rimane quindi
la globalizzazione delle cure convenzionali.
Nell’articolo di Schiavello et al., viene illustrata la complessità dei tumori cerebrali, che costituiscono la prima
causa di morte per tumore in età pediatrica. La revisione presenta lo stato dell’arte relativo alla terapia delle
principali neoplasie cerebrali pediatriche e le novità in ambito diagnostico e terapeutico. Viene sottolineato
come il miglioramento delle tecniche di citogenetica e sequenziamento del DNA ha permesso di identificare
alcune sindromi predisponenti che devono essere riconosciute, specie nei casi in cui il tumore cerebrale ne sia
la prima manifestazione. I tumori cerebrali del bambino e adolescenti sono diversi da quelli degli adulti. Nell’adulto gli istotipi prevalenti sono gli astrocitomi ad alto grado di malignità, nel bambino prevalgono i gliomi a basso grado e i tumori embrionari (PNET/medulloblastoma), che rappresentano rispettivamente il 50% e il 20%
dei tumori cerebrali nei bambini di età inferiore ai 15 anni. Sforzo cooperativo volto a uniformare e migliorare
la diagnostica e il trattamento, comprensione dei meccanismi biologico-molecolari alla base delle patologie,
terapie mirate secondo specifici gruppi di rischio prognostici in grado di garantire un più attento follow-up delle
sequele, sono indicate come le prospettive più importanti per migliorare la sopravvivenza.
Infine il contributo di Paolucci e collaboratori ci offre un quadro delle opportunità derivanti dalla disponibilità di
nuovi farmaci anche per i tumori in età pediatrica e dalla Direttiva EU Medicines for children (del 2007), che ha
colmato anche per l’Europa il gap con USA sulla sperimentazione in età pediatrica di nuovi farmaci anche in
campo oncologico. È molto forte l’aspettativa, supportata da evidenze di successo, che le terapie che agiscono
direttamente su proteine o meccanismi specifici delle cellule leucemiche e l’immunoterapia con anticorpi e
terapie cellulari possano affiancarsi in modo importante alle strategie terapeutiche oggi impiegate in oncologia pediatrica, specie se saranno identificate le migliori combinazioni con esse. Restano tutte le complessità
sulla sostenibilità degli studi clinici che costituiscono lo standard di cura nei bambini e adolescenti con tumore
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e la conduzione di studi di fase 1/2 con nuovi farmaci in età pediatrica, data la relativa rarità delle patologie
(rispetto agli interessi di mercato). Infine l’introduzione di nuovi farmaci per i quali gli studi di fase 1/2 abbiamo
dimostrato un’efficacia e un profilo di tossicità accettabile, deve avvenire in modo controllato e possibilmente
randomizzato nei pazienti con nuova diagnosi, considerando che con gli ottimi risultati fino a ora ottenuti con
farmaci convenzionali, deve essere dimostrato il loro reale beneficio.
Andrea Biondi
Clinica Pediatrica Università Milano-Bicocca
Fondazione MBBM-Ospedale San Gerardo, Monza
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