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La [ir]responsabilità risarcitoria dei giudici nazionali per violazione del diritto
dell’Unione
di Fabio Ferraro
Sommario: 1. Introduzione. – 2. Responsabilità di uno Stato membro per i danni arrecati ai singoli da una violazione del
diritto dell’Unione da parte di un organo giurisdizionale supremo – 3. Segue: l’intangibilità del giudicato e
l’indipendenza dei giudici - 4. Il regime della responsabilità risarcitoria degli Stati membri e la normativa nazionale che
limita la responsabilità dei giudici. - 5. La violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale da parte dei giudici nazionali
di ultima istanza - 6. Segue. L’omesso rinvio pregiudiziale quale violazione sufficientemente caratterizzata del diritto
dell’Unione e/o presupposto per l’avvio della procedura di infrazione. – 7. La violazione del diritto dell’Unione da parte
dei giudici non di ultima istanza. - 8. Il fondamento della responsabilità risarcitoria dello Stato-Giudice nel nostro
ordinamento
1. Il tema scottante della responsabilità civile dei giudici nazionali si è
arricchito negli ultimi anni di ulteriori profili di rilevante interesse a seguito di alcune
sentenze della Corte di giustizia che possono essere elevate al rango di leading cases
della giurisprudenza dell’Unione1.
Ci riferiamo alle note sentenze Köbler2 e Traghetti del Mediterraneo 3 che
hanno espressamente riconosciuto la responsabilità risarcitoria degli Stati membri per
le violazioni del diritto dell’Unione commesse dai giudici nazionali, ravvivando un
complesso dibattito teorico ed aprendo nuovi scenari in merito alla tutela dei diritti
dei singoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione. La peculiare responsabilità dello
Stato per le decisioni degli organi giurisdizionali nazionali in contrasto con il diritto
dell’Unione altro non è che un’ulteriore espressione del principio di effettività, il
quale, tra l’altro, è stato formalizzato ed esplicitato nel Trattato di Lisbona (art. 19,
par. 1, secondo comma, TUE).
1
Cfr. H. TONER, Thinking the unthinkable? State Liability for Judicial Acts after Factortame (III), in YEL, 1997, p. 165
ss.; G. ANAGNOSTARAS, The Principle of State Liability for Judicial Breaches: The Impact of European Community
Law, in EPL, 2001, p. 281 ss.; D. SIMON, La résponsabilité des Etats membres en cas de violations du droit
communautaire par une jurisdiction suprême, in Juris Classeur. Europe, 2003, p. 3 ss.; E. SCODITTI, Violazione del
diritto comunitario derivante da provvedimento giurisdizionale: illecito dello Stato e non dei giudici, in Foro it. 2006,
IV, 418; G. ALPA, La responsabilità dello Stato per "atti giudiziari". A proposito del caso Köbler c. Repubblica
d'Austria, in NGCC, 2005, p. 1 ss.; A. PALMIERI, Corti di ultima istanza, diritto comunitario e responsabilità dello
Stato: luci ed ombre di una tendenza irreversibile, in Foro it., 2006, IV, 419; G. STROZZI, Responsabilità degli Stati
membri per fatto del giudice interno in violazione del diritto comunitario, in DUE 2009, p. 881.
2
Corte di giustizia, sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, in Racc. I-10239.
3
Corte di giustizia, sentenza 13 giugno 2006, causa C-173/03, Traghetti del Mediterraneo, in Racc. I-5177.
1
La Corte ha ricostruito il rimedio risarcitorio facendo leva prioritariamente sul
predetto principio e sugli altri pilastri teorici che maggiormente qualificano il
rapporto dell’ordinamento dell’Unione con il diritto nazionale: segnatamente quelli
del primato delle norme del diritto dell’Unione e della loro uniforme applicazione e
di leale collaborazione tra istituzioni europee e Stati membri di cui all’art. 4, par. 3,
TUE (ex art. 10 CE), nonché sul parallelo regime della responsabilità dell’Unione ex
artt. 268 e 340, secondo comma, del TFUE 4.
Tuttavia, la responsabilità patrimoniale dello Stato, a differenza di quella
dell’Unione, non viene espressamente richiamata nei Trattati UE e FUE né
tantomeno nel Trattato di Lisbona, al di là del formale riconoscimento del principio
di effettività, sono individuabili elementi idonei a modificare il quadro concettuale
precedentemente definito. Resta quindi fermo il principio costantemente affermato
dalla giurisprudenza della Corte di giustizia secondo il quale il risarcimento dello
Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso
imputabili è "inerente al sistema del Trattato"5. Difatti, in origine i Trattati comunitari
ed oggi i Trattati UE e FUE si pongono come obiettivo principale l’integrazione tra i
cittadini europei, i quali vengono elevati al rango di soggetti di diritto
4
Cfr., sul tema della responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione, ex multis, A.
BARAV, La plenitude des competences du juge national en sa qualité de juge communautaire, in L’Europe et le droit:
mélanges en hommage à Jean Boulouis, Paris, 1992, p. 1 ss.; F. SCHOCKWEILER, La responsabilitè de l’autorité
nationale en case de violation du droit communautaire, in RTDE, 1992, p. 27 ss.; J. STEINER, From Direct Effects to
Francovich: Shifting Means of Enforcement of Community Law, in ELR, 1993, 2, p. 3 ss.; A. BARONE, R. P ARDOLESI, Il
fatto illecito del legislatore, in Foro it., 1994, IV, p. 145 ss.; A. TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati
membri dell’Unione europea, ivi, 1995, IV, p. 13 ss.; G. CATALANO, Responsabilità dello Stato per violazione del
diritto comunitario: atto secondo, ivi, 1996, IV, p. 321 ss.; G. TESAURO, Responsabilité des Etats Membres pour
violation du droit communautaire, in RMCUE, 1996, p. 27 ss.; O. DUBOS, Le principe de la responsabilité de l'État
pour violation du droit communautaire, in Rev. AE, 1997, p. 209 ss.; F. TORIELLO, La responsabilità civile dello Stato
per violazione del diritto comunitario nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Contr. impresa/E., 1997, p. 685
ss.; M. WATHELET, S. VAN RAEPENBUSCH, La responsabilité des États membres en cas de violation du droit
communautaire. Vers un alignement de la responsabilité de l’État sur celle de la Communauté ou l’inverse?, in CDE,
1997, p. 13 ss. ; A. DI MAJO, Responsabilità e danni nelle violazioni del diritto comunitario, in EDP, 1998, p. 745 ss.;
V. ROPPO, La responsabilità civile dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Contr. Impresa/E., 1999, p. 101
ss.; L. FUMAGALLI, La responsabilità degli Stati membri per la violazione del diritto comunitario, Milano, 2000, p. 229;
A. SAGGIO, La responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Danno e responsabilità, 2001, p. 223
ss.; E. S CODITTI , Ancora sull'illecito dello Stato per mancata attuazione di Direttiva comunitaria, in Foro it., 2003, I, p.
2015 ss.; U. VILLANI, Il risarcimento dei danni da inosservanza degli obblighi comunitari da parte degli Stati, in
Iustitia, 2003, p. 241; F. F ERRARO, La responsabilità risarcitoria degli Stati membri per violazione del diritto
comunitario, Milano, 2008; A. BIONDI, M. FARLEY, The Right to Damages in European Law, Amsterdam, 2009.
5
Corte di giustizia, sentenze 19 novembre 1991, cause riunite C-6/90, C-9/90, Francovich e a ., in Racc. I-5357, p.to 35;
5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur SA, in Racc. 1996, I-1029; p.to 31; 26 marzo
1996, causa C-392/93, British Telecommunications, in Racc. I-1631, p.to 38; 23 maggio 1996, causa C-5/94, Hedley
2
dell’ordinamento dell’Unione. La prefigurazione di una responsabilità dello Stato per
illecito presenta come tratto qualificante un’ampliata valorizzazione della tutela dei
diritti dei singoli dinanzi ai giudici nazionali 6. Questi ultimi esercitano un ruolo
fondamentale in tema di risarcimento dei danni, sia in senso negativo che positivo,
perché, da un lato, possono coinvolgere la responsabilità dello Stato e, dall’altro,
sono chiamati a pronunciarsi sulle azioni promosse dai soggetti danneggiati dalle
violazioni commesse da altri giudici nazionali, potendo eventualmente sollevare un
rinvio pregiudiziale d’interpretazione dinanzi la Corte di giustizia 7.
In tale contesto, c’è da chiedersi se e in che misura l’obbligo a carico degli
Stati di risarcire i danni derivanti dalle decisioni degli organi giurisdizionali nazionali
incide su questi ultimi e sull’esercizio della loro funzione giurisdizionale, considerato
che spesso non vengono applicate ed interpretate correttamente le sentenze della
Corte di giustizia ed i principi in esse contenuti. Sono state, infatti, espresse delle
preoccupazioni in merito alle ricadute delle sentenze Köbler e Traghetti del
Mediterraneo sulla certezza del diritto e sull’indipendenza dei giudici, oltre che più in
generale sul principio classico della separazione dei poteri.
Con il presente contributo intendiamo ritornare su questo argomento ed in
particolare sulla questione se nell’ambito del diritto dell’Unione sussiste soltanto una
responsabilità dello Stato o anche quella personale dei giudici nazionali, con
l’obiettivo di soffermarsi altresì sia sulle connesse problematiche delle conseguenze
della violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale da parte dei giudici nazionali sia
sul fondamento nel nostro ordinamento della responsabilità dello Stato-Giudice.
Lomas, Racc. I-2553, p.to 24; 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94 e da C-188/94 a C-190/94, Dillenkofer
e a., in Racc. I-4845, p.to 20; 2 aprile 1998, causa C-127/95, Norbrook Laboratories, in Racc. I-1531, p.to 106.
6
Cfr. al riguardo Avv. gen. Tesauro, conclusioni 28 novembre 1995, cause riunite C-46/93 e 48/93, Brasserie du
Pêcheur SA, in Racc. I-1029.
7
Com’è noto, il nucleo centrale delle competenze del giudice nazionale si snoda attraverso tre linee direttrici:
disapplicazione del diritto nazionale contrastante con le norme del diritto dell’Unione provviste di efficacia diretta;
interpretazione conforme delle disposizioni nazionali ai contenuti e agli obiettivi dell’ordinamento dell’Unione; e
risarcimento del danno per violazione del diritto dell’Unione. È altrettanto noto che siffatte competenze si esercitano
avvalendosi della cooperazione con la Corte di giustizia, per mezzo del meccanismo del rinvio pregiudiziale di cui
all’art. 267 del Trattato FUE.
3
2.
La giurisprudenza della Corte ha costantemente affermato che lo Stato
viene considerato nella sua unità, di guisa che la sua responsabilità opera rispetto a
qualsiasi ipotesi di violazione e quale che sia l'organo la cui azione od omissione vi
abbia dato origine8. Tutti gli organi dello Stato, ivi comprese le autorità
amministrative e gli enti locali, sono tenuti a disapplicare la normativa nazionale
contrastante con il diritto dell’Unione provvisto di efficacia diretta ovvero, dove
possibile, ad interpretare la prima conformemente al secondo, adottando i
provvedimenti necessari ad assicurare ed agevolare la piena efficacia di tale diritto, al
fine anche di non coinvolgere la responsabilità dello Stato di appartenenza.
Pertanto, se viene meno ad un dovere derivante dal diritto dell’Unione, lo Stato
dovrà risponderne appieno, senza potersi trincerare dietro le prerogative della
funzione esercitata da chi abbia materialmente commesso il danno, in considerazione
dell’indifferenza dell’organo che abbia causato il danno.
Dopo aver nitidamente affermato il principio dell’imputabilità allo Stato dei
danni commessi dagli organi del potere legislativo ed amministrativo, era lecito
attendersi che prima o poi la stessa questione sarebbe stata sollevata anche con
riferimento alle decisioni degli organi giurisdizionali nazionali9.
Il problema si è posto altresì nel campo del diritto internazionale, nei confronti
del quale il diritto dell’Unione mantiene indissolubili legami genetici e funzionali.
Ebbene, costituisce un principio consolidato nel diritto internazionale e nella CEDU
che lo Stato, in quanto entità unitaria, è responsabile per la violazione degli impegni
assunti, senza che rilevi la circostanza che l’atto o il comportamento da cui ha avuto
origine il danno sia imputabile al potere giudiziario 10. Tale principio di per sé non
8
Corte di giustizia, 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du Pêcheur SA, in Racc. I-1029, p.ti 3236; sentenza 1 giugno 1999, causa C-302/97, Konle, in Racc. I-3099, p.to 64.
9
H. TONER, Thinking the unthinkable? cit., p. 165; G. ANAGNOSTARAS, The principle of State Liability for Judicial
Breaches, cit., p. 281.
10
Tale principio risulta espressamente dall'art. 4, n. 1, del Progetto di articoli sulla responsabilità degli Stati, elaborato
dalla Commissione di diritto internazionale e sottoposto all’attenzione dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite,
il quale statuisce che “il comportamento di qualsiasi organo dello Stato è considerato come un atto dello Stato secondo
il diritto internazionale, indipendentemente dalle funzioni (legislative, esecutive, giudiziarie o altre) che esso esercita,
qualunque sia la posizione che esso occupa nell'organizzazione dello Stato e qualunque sia la sua natura in quanto
organo del governo centrale o di una collettività territoriale dello Stato”. Cfr. B. CONFORTI , Diritto internazionale,
Napoli, 2006, p. 321; L. FUMAGALLI , Illecito e responsabilità, in S. M. CARBONE, R. LUZZATTO, A. SANTA MARIA (a
4
rappresenta una novità assoluta neppure per il sistema dell’Unione, considerato che
esso è desumibile dalle precedenti sentenze della Corte di giustizia in argomento ed è
alquanto condiviso negli Stati membri11.
Del resto, lo stretto legame dell’ordinamento dell’Unione con il diritto
internazionale non esaurisce la disciplina e le possibilità di evoluzione del principio
in esame e ciò si riflette positivamente sulla posizione giuridica dei singoli. Com’è
noto, il processo di integrazione europea ha dato vita ad un ordinamento sui generis
ovvero ad un phénomène nouveau, caratterizzato da alcune peculiarità ed originalità
non riscontrabili in alcuna precedente organizzazione internazionale 12. Per tale
motivo, a differenza del diritto internazionale generale, il sistema dell’Unione
prevede che il risarcimento del danno a carico dello Stato inadempiente si realizzi sul
piano nazionale direttamente in favore del singolo danneggiato, persona fisica o
giuridica.
Inoltre, nell’ambito del diritto dell’Unione il principio dell’indifferenza
dell’organo o funzionario che abbia causato il danno risponde anche ad un’esigenza
di effettività del sistema, in quanto non è ipotizzabile che tutte le problematiche
nazionali vengano portate all’attenzione della Corte di giustizia.
In conformità con queste premesse, la Corte di Lussemburgo ha riconosciuto
che il principio della responsabilità degli Stati membri di risarcire i danni trova
applicazione finanche nell’ipotesi in cui la violazione del diritto dell’Unione derivi
cura di), Istituzioni di diritto internazionale, Torino, 2006, p. 281; F. SALERNO, Diritto internazionale. Principi e
norme, Padova, 2008, p. 387.
11
Cfr. Avv. Gen. Léger, conclusioni 8 aprile 2003, causa C-224/01, p.ti 77 e ss.
12
A. MIGLIAZZA , Le Comunità europee in rapporto al diritto internazionale e al diritto degli Stati membri, Milano
1964; P. REUTER, Le droit international comme source de droit communataire, in W. J. GANSHOF VAN DER M EERSCH (a
cura di), Les Novelles. Droit des Communaetés européenes, Bruxelles, 1969, p. 437; P. P ESCATORE, International Law
and Community Law – A Comparative Analysis, in CML Rev., 1970, p. 167; W. J. GANSHOF VAN DER M EERSCH,
L'Ordre Juridique des Communautes Europeennes et le Droit International, in RC, 1975; K. M. M EESSEN , The
application of rules of public international law within Community law, in CML Rev., 1976, p. 485; O. JACOTGUILLARMOD, Droit commuautaire et droit international public, Genève, 1979; P. FOIS, Sulla questione dei rapporti
tra diritto comunitario e diritto internazionale, in Riv. dir. int. priv. proc., 1984, p. 5; J. BOULOUIS, Le droit des
Communautés européennes dans ses rapports avec le droit international général, in RC, 1992, p. 9; E. CANNIZZARO,
Sul controllo di legittimità degli comunitari contrastanti con il GATT, Riv. dir. int., 1996, p. 119 ; M. L. FORLATI
P ICCHIO, Il diritto dell’Unione europea fra dimensione internazionale e transnazionalità, in Jus, 1999, 461; S.
AMADEO, La Corte di giustizia delle Comunità Europee ed i rapporti tra diritto comunitario e diritto internazionale
generale, in Riv. dir. int. pri. proc., 2000, p. 895; L. SICO, Ordinamento comunitario e diritto internazionale: un
matrimonio ancora non a rischio di scioglimento, in Dir. pubbl. comp. eur., 2003, p. 1704; A. GIANELLI, Unione
Europea e diritto internazionale consuetudinario, Torino, 2004.
5
dalla decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado. Esemplifica bene una
tale posizione la sentenza Köbler nella parte in cui evidenzia che la tutela dei diritti
derivanti dal diritto comunitario “... sarebbe affievolita se fosse escluso che i singoli
possano, a talune condizioni, ottenere un risarcimento allorché i loro diritti sono
lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un
organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro”13. Si tratta di una
pronuncia che rimarrà nella storia delle sentenze della Corte di giustizia14, poiché è
stato dichiarato per la prima volta ed in modo espresso che la responsabilità
risarcitoria degli Stati membri si estende anche alle decisioni giurisdizionali.
In particolare, chiamata a pronunciarsi dal Tribunale civile di Vienna, al quale
il Köbler si era rivolto, la Corte ha nitidamente affermato che dai caratteri
fondamentali e tipici del sistema comunitario (ora dell’Unione) discende il diritto
dei singoli al risarcimento dei danni causati da una decisione di un organo
giurisdizionale supremo di uno Stato membro 15. Ciò alla luce del fatto che un
organo giurisdizionale di ultimo grado costituisce per definizione l'ultima istanza
dinanzi alla quale i singoli possono far valere i diritti ad essi riconosciuti dal diritto
dell’Unione.
Le indicazioni contenute in tale sentenza e le sue ricadute nei sistemi
nazionali non possono essere messe in discussione dal fatto che, nel merito, la Corte
ha ritenuto che nel caso di specie non esistessero i presupposti per la condanna dello
13
Corte di giustizia, sentenza 30 settembre 2003, cit., p.to 33. Il tema è stato affrontato, sebbene in un’ottica diversa, in
due altre pronunce della Corte di giustizia (sentenze 9 dicembre 2003, causa C-129/00, Commissione c. Italia, in Racc.
I-14637; 13 gennaio 2004, causa C-453/00, Kühne & Heitz NV, in Racc. I-837). In particolare, nella prima sentenza la
Corte di giustizia ha riconosciuto la responsabilità del nostro Paese per non aver modificato una disposizione che viene
interpretata ed applicata “...in sede amministrativa e da una parte significativa degli organi giurisdizionali – compresa
la Corte suprema di Cassazione - in modo tale da rendere l’esercizio del diritto al rimborso di tributi riscossi in
violazione del diritto comunitario eccessivamente difficile per il contribuente...” (p.to 41). Cfr. L. S. ROSSI, G. DI
FEDERICO, Case C-129, Commissione v. Repubblica Italiana, in CML Rev., 2005, p. 829.
14
Cfr. S. BASTIANON, Giudici nazionali e responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario, in Resp. civ.
prev., 2004, p. 57; C. D. CLASSEN , Case C-224/01, Köbler, in CML Rev., 2004, p. 813; P. PIVA , La tradizionale
irresponsabilità del giudice davanti al diritto comunitario. Note a margine della "Koblerizzazione" del diritto
comunitario e del diritto degli Stati membri, in Il diritto della regione, 2004, p. 809; E. SCODITTI , “Francovich” presa
sul serio: la responsabilità dello Stato per violazione del diritto comunitario derivante dal provvedimento
giurisdizionale, in Foro it., 2004, IV, 4; G. ALPA , La responsabilità dello Stato per "atti giudiziari". A proposito del
caso Kobler c. Repubblica d'Austria, cit., p. 1.
15
Corte di giustizia, sentenza Köbler, cit. , p.to 33.
6
Stato austriaco al risarcimento del danno, in tal modo discostandosi dalle
conclusioni dell’Avvocato generale 16.
3.
I principi contenuti nella sentenza della Corte di giustizia non sono di
certo passati inosservati, anzi sono stati criticati, con argomenti essenzialmente basati
sulle peculiarità della funzione giudiziaria17. Il riconoscimento della responsabilità di
cui si discute pone essenzialmente due ordini di problemi, l’uno riguardante
l’intangibilità del giudicato e l’altro concernente l’indipendenza del potere
giudiziario.
Quanto alla prima preoccupazione, occorre sottolineare che il problema del
rapporto tra diritto dell’Unione e autorità di cosa giudicata è piuttosto complesso, in
quanto la Corte ha tentato di contemperare il principio della primauté del diritto
dell’Unione con quello della certezza del diritto e della buona amministrazione della
giustizia, lasciando al giudice interno la possibilità di ritornare sui propri passi
soltanto in casi eccezionali18 ovvero in presenza di talune condizioni19, in
particolare quando il diritto nazionale lo consenta.
Al di là dell’orientamento che la Corte ha assunto in ordine al controverso
rapporto tra giudicato e primato del diritto dell’Unione, ampiamente dibattuto in
dottrina20, la questione si presenta in termini diversi nel caso di specie, giacché il
riconoscimento del principio della responsabilità dello Stato per la decisione di un
organo giurisdizionale di ultimo grado non ha di per sé come conseguenza di
16
Avv. gen. Léger, conclusioni 8 aprile 2003, causa C-224/01, Köbler, in Racc.I-10239.
Cfr., ex multis, G. ALPA , La responsabilità dello Stato per “atti giudiziari”, cit.; F. B IONDI, Un “brutto” colpo per la
responsabilità civile dei magistrati, in Forum di Quaderni Costituzionali, 2006, p. 839; T. GIOVANNETTI , La
responsabilità civile dei magistrati come strumento di nomofilachia? Una strada pericolosa, in Foro it. 2006, IV, 423.
18
Corte di giustizia, sentenza 18 luglio 2007, causa C-119/05, Lucchini, in Racc. I-6199; sentenza 3 settembre 2009,
causa C-2/08, Fallimento Olimpiclub.
19
Corte di giustizia, sentenza 1° giugno 1999, causa C-126/97, Eco Swiss, in Racc. I-3055; sentenza 16 marzo 2006,
causa C-234/04, Kapferer, in Racc. I-2585.
20
Cfr., ex multis, R. BARATTA , La cosa giudicata non limita il principio della primaute´ ... peraltro espunto dal
progetto di riforma dell’Unione europea, in Giust. civ., 2007, p. 2659 ss.; P. BIAVATI, La sentenza Lucchini: il
giudicato nazionale cede al diritto comunitario, in Rass. Trib., 2007, p. 1579; F. LAJOLO , L’Europa abbatte un mito: il
giudicato, in Dir. comm. int., 2007, p. 724; E. SCODITTI, Giudicato nazionale e diritto comunitario, in Foro it. , 2007,
IV, 534; E. CANNIZZARO, Sui rapporti fra sistemi processuali nazionali e diritto dell'Unione europea, in Dir. Un. eur.,
2008, 3, p. 447; G. VITALE, Il recupero degli aiuti di Stato illegittimamente erogati tra autorita` del giudicato ed
incompatibilita` con il mercato comune in una recente sentenza della Corte di giustizia, in Dir. Un. eur. 2008, p. 595
ss.; R. CONTI, C'era una volta il ... giudicato, in Corr. Giur., 2010, p. 170.
17
7
rimettere in discussione l'autorità della cosa definitivamente giudicata di una tale
decisione21.
In altre parole, non è possibile mettere sullo stesso piano l’azione di
risarcimento dei danni nei confronti dello Stato membro inadempiente con i diversi
strumenti di tutela sostanziale operanti nell’ambito degli ordinamenti nazionali. Ne
consegue che appare pienamente condivisibile l’orientamento della Corte nella
sentenza Köbler, in forza del quale è possibile conciliare il principio del
risarcimento del danno con quello del rispetto del giudicato, senza che tali principi
si escludano a vicenda22.
In tal senso occorre tener presente che l'autorità della sentenza passata in
giudicato può venire in discussione solo allorché esiste una triplice identità - di
oggetto, di causa e di parti - tra due controversie, di cui una definitivamente
giudicata e l’altra sopravvenuta successivamente. Questo tipo di identità può non
ricorrere nel rapporto tra una controversia già risolta ed una successiva concernente
unicamente l’accertamento della responsabilità extracontrattuale dello Stato, in
considerazione della possibile diversità di causa petendi, petitum e legittimato
passivo.
In sostanza, è difficilmente ipotizzabile che l’autonoma azione di
responsabilità, finalizzata sic et simpliciter al risarcimento dei danni imputabili allo
Stato per violazione del diritto dell’Unione, coincida sempre e comunque con una
controversia già risolta e passata in giudicato avente ad oggetto una questione di
tutela sostanziale 23. Tanto più che la res judicata può contribuire a prefigurare le
condizioni per ottenere il risarcimento del danno causato da una sentenza non in
linea con il diritto dell’Unione.
Le conclusioni che possono trarsi dalla richiamata giurisprudenza sono
molteplici. Anzitutto, l’autorità della cosa giudicata non costituisce di per sé un
21
Sentenza Köbler, cit. punto 39.
In senso contrario C. D. CLASSEN , cit., p. 818; P. WATTEL, Köbler, CILFIT and Welthgrove: We can´t go on meeting
like this, CML Rev., 2004, p. 177 e ss.
23
E così, ad esempio, non sembra che vi possa essere discrasia tra la sentenza passata in giudicato di rigetto
dell’impugnazione di un atto nazionale contrastante con il diritto dell’Unione e la sentenza di condanna dello Stato al
risarcimento dei danni per violazione di tale diritto.
22
8
ostacolo al riconoscimento della responsabilità patrimoniale dello Stato per la
decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, ma occorre valutare
caso per caso se sussistano o meno i presupposti per la condanna al risarcimento
dei danni.
Certo è che nessun sistema giuridico tollera che la validità dei rapporti
giuridici sia discussa all’infinito, sicché grava sull’interessato l’onere di agire
tempestivamente in giudizio per il risarcimento del danno subito. Anche sotto
questo profilo, così come in relazione al limite temporale imposto al ricorrente
per richiedere il riesame di una decisione amministrativa o giudiziale definitiva,
è necessario contemperare la tutela dei diritti dei singoli con il principio della
certezza del diritto 24.
La Corte ha ritenuto infondata pure la seconda preoccupazione emersa nel
caso Köbler circa il rischio di compromettere l’indipendenza dei giudici, laddove ha
evidenziato che il principio del risarcimento dei danni per violazione del diritto
comunitario non investe la responsabilità personale del giudice, ma soltanto quella
dello Stato 25; sicché, tale principio non mette in discussione i valori fondamentali
dell’autonomia e dell’indipendenza del potere giudiziario. Anzi, il giudice nazionale
riveste un ruolo talmente rilevante nella tutela dei diritti derivanti ai singoli
dall’attuazione del diritto dell’Unione, che esso è stato qualificato - prima
dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che ha bandito la parola comunitario,
sostituendola con dell’Unione - come “giudice comunitario di diritto comune”
ovvero come “giudice decentrato del diritto comunitario”26.
Rispetto all'argomento, pure avanzato nella causa Köbler, concernente il
paventato rischio che l'autorità di un giudice di ultimo grado sia pregiudicata dal
24
In tal senso, infatti, risulta necessario differenziare la decisione giurisdizionale che abbia acquisito carattere definitivo
in seguito ad una sentenza di un giudice di ultima istanza, da quella in cui la decisione giurisdizionale non sia stata
oggetto di impugnazione entro i termini previsti dal diritto nazionale.
25
Cfr. al riguardo il successivo paragrafo 4.
26
Dalla giurisprudenza della Corte si evince che l’espressione organi del diritto comunitario, di solito riferita ai giudici
nazionali, non deve essere intesa in senso letterale, ma piuttosto in modo simbolico. Pertanto, non è stata accolta la tesi
che ritiene imputabile alla Comunità anche un atto nazionale illegittimo, sul presupposto che gli organi degli Stati
membri agirebbero, in base ad uno sdoppiamento di funzioni, come organi della Comunità nell’attuazione del diritto
comunitario (Corte di giustizia, sentenza 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, in Racc. 629, p.to 16; Avv. gen.
Léger, conclusioni 8 aprile 2003, causa C-224/01, Köbler, in Racc.10239, p.to 66).
9
fatto che le sue decisioni divenute definitive possano essere rimesse in discussione
implicitamente mediante un procedimento che consente di far dichiarare la
responsabilità dello Stato a causa di tali decisioni, la Corte ha ribaltato la questione
sostenendo invece che “l'esistenza di un rimedio giuridico che consenta, a talune
condizioni, la riparazione degli effetti dannosi di una decisione giurisdizionale
erronea potrebbe senz'altro essere considerata nel senso che corrobora la qualità
di un ordinamento giuridico e quindi in definitiva anche l'autorità del potere
giurisdizionale” 27.
Rilevanti appaiono, poi, le osservazioni dell’Avvocato generale Geelhoed
nella causa Commissione/Italia nella parte in cui sottolineano che l'indipendenza del
potere giudiziario non deve essere di ostacolo all'accertamento di una violazione del
Trattato dovuta ad una giurisprudenza contrastante con il diritto dell’Unione, in
quanto tale indipendenza sta soltanto a significare che le istanze giudiziarie devono
dirimere i concreti casi controversi senza essere influenzate dall'esterno,
specialmente dagli altri organi dello Stato 28. Per il resto, invece, il potere giudiziario
funziona come un ramo dell'apparato dello Stato entro i limiti posti dalla
Costituzione, dalle leggi nazionali e dal diritto dell’Unione.
Inoltre, non può essere ignorato che la responsabilità risarcitoria degli Stati
membri può sorgere anche per atti di più organi statali, di modo che la decisione del
giudice nazionale di ultima istanza può contribuire a determinare tale responsabilità
ovvero aggiungersi a leggi, provvedimenti e prassi amministrative nazionali
contrastanti con il diritto dell’Unione29. Di conseguenza, l’indipendenza dei giudici
nazionali, se fosse interpretata nel senso di limitare l’obbligo risarcitorio degli Stati
membri, potrebbe rappresentare il pretesto per paralizzare l’azione di responsabilità
patrimoniale fondata su violazioni gravi e manifeste da parte di altri organi statali.
27
Sentenza Köbler, cit., p.to 43.
Avv. gen. L. A. Geelhoed, conclusioni 3 giugno 2003, causa C-129/00, Commissione c. Italia, in Racc. I-10239, p.to
56.
29
P. MARTÍN RODRÍGUEZ, La responsabilidad del Estado por actos judiciales en derecho comunitario, in Revista de
Derecho Comunitario Europeo, 2004, p. 859.
28
10
4.
Sotto la spinta della pronuncia Köbler, nel nostro ordinamento si è
posto il problema della compatibilità delle limitazioni sulla responsabilità dei
giudici contenute nella legge 13 aprile 1988, n. 117 con il principio della
responsabilità risarcitoria dei Paesi membri per violazione del diritto dell’Unione30.
La risposta della Corte a tale questione si snoda attraverso due linee direttrici
che, partendo dal riconoscimento della responsabilità risarcitoria dello Stato per le
decisioni degli organi giurisdizionali, arriva a censurare la normativa nazionale sulla
responsabilità dei giudici sulla base di talune argomentazioni tutt’altro che
irrilevanti.
Per un verso, infatti, la Corte afferma che il diritto dell’Unione osta ad una
legislazione nazionale che escluda il principio di responsabilità dello Stato in caso
di violazione del diritto comunitario (oggi diritto dell’Unione) imputabile ad un
organo giurisdizionale supremo, per il solo motivo che tale violazione risulti da
un’interpretazione di norme giuridiche. E lo stesso discorso viene essenzialmente
formulato in relazione alle disposizioni nazionali che non consentono la
responsabilità dello Stato nell’ipotesi in cui le violazioni del diritto dell’Unione da
parte dei giudici nazionali siano connesse alla valutazione dei fatti e delle prove.
Per altro verso, la Corte ritiene che la responsabilità degli Stati membri di
risarcire i danni cagionati ai singoli non possa essere limitata dall’esistenza di una
normativa che preveda la responsabilità dei giudici solo per dolo o colpa grave.
In particolare, si deve considerare che le limitazioni contenute nella legge
nazionale risultavano in contrasto con i principi, sempre ricavabili dall’ordinamento
dell’Unione, di equivalenza e di effettività. Ed invero, le condizioni stabilite dalle
legislazioni nazionali in materia di responsabilità risarcitoria, al pari di qualsiasi
altra azione nazionale fondata su diritti di derivazione comunitaria, non possono
essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna
(c.d. principio di equivalenza o non discriminazione) e non possono essere
30
V. R OPPO , Responsabilità dello Stato per fatto della giurisdizione e diritto europeo: una case story in attesa del
finale, in Riv. Dir. Priv., 2006, p. 347; F. FERRARO , Questioni aperte sul tema della responsabilità extracontrattuale
degli Stati membri per violazione del diritto comunitario, in Dir. un. eur., 2007, p. 55; P. MORELLI, Quarto grado di
giudizio per i “diritti Ue”. Il danno del giudice: respinte le restrizioni della legge 117/88, in Dir. e giust., 2006, p. 104.
11
congegnate in modo tale da rendere praticamente impossibile o eccessivamente
difficile ottenere il risarcimento (c.d. principio di effettività). Questi principi di
carattere generale, ed in particolare modo quello di effettività, hanno messo in
discussione le previsioni contenute nella legge 117/88 concernenti la responsabilità
dello Stato per i provvedimenti dei giudici interni.
Nel suo complesso, la legge n. 117/88 conduceva ad un’esenzione di fatto da
ogni responsabilità dello Stato in merito ai danni causati ai singoli da violazioni del
diritto dell’Unione riconducibili a decisioni dei giudici nazionali. A questo riguardo,
però, occorre correttamente inquadrare le varie questioni sollevate dalla causa
Traghetti del Mediterraneo, poiché la responsabilità civile dei giudici nazionali non
è una species del genus della responsabilità extracontrattuale dello Stato per
violazione del diritto dell’Unione, bensì le due forme di responsabilità si collocano
su piani autonomi e distinti 31. Tuttavia, il rischio è che queste due forme di
responsabilità si sovrappongano e creino confusione, poiché la legge n. 117/88
disciplina entrambi i profili, vale a dire sia l’azione principale rivolta contro lo Stato
(art. 2) che quella in seconda battuta e di rivalsa esercitabile nei confronti del
magistrato (art. 8).
Per quanto concerne la responsabilità risarcitoria dello Stato per le decisioni
dei giudici nazionali, la Corte ha correttamente affermato che le previsioni
contenute
nella
normativa
nazionale,
coerentemente
con
la
precedente
giurisprudenza della Corte32, trovano applicazione se e nella misura in cui non
pregiudichino il diritto dell’Unione e, in particolare, la sostanza stessa del principio
della responsabilità risarcitoria degli Stati membri.
In relazione alla responsabilità civile dei giudici, invece, la Corte non si è
espressa, condizionata dalla formulazione dei quesiti pregiudiziali, ma avrebbe
dovuto dichiarare la sua irrilevanza ai fini dell’accertamento della responsabilità
risarcitoria dello Stato, considerato che il diritto dell’Unione riconosce formalmente
un solo responsabile: lo Stato. Se poi lo Stato italiano intenda consentire un’azione
31
32
G. TESAURO, Diritto dell’Unione Europea, Padova, 2010, p. 377.
Cfr. Corte di giustizia, sentenza Brasserie, cit. p.to 66.
12
civile nei confronti del giudice, è una questione puramente interna, che, come tale,
va risolta sul piano nazionale. Vero è che tale legge ha avuto un’applicazione
piuttosto limitata, se non addirittura eccezionale, perché prevede taluni requisiti
piuttosto restrittivi e anche in buona misura irragionevoli (quale, ad esempio,
l’esclusione della responsabilità in relazione all’attività di interpretazione delle
norme di diritto, che costituisce un aspetto imprescindibile nella decisione di tutte o
quasi tutte le controversie), ciò nondimeno rientra nella discrezionalità dello Stato
stabilire le condizioni e i limiti della responsabilità civile dei giudici.
Peraltro, a conferma di quanto evidenziato, appare ragionevole ritenere che la
responsabilità personale dei giudici nazionali sia soggetta a requisiti più severi
rispetto a quelli richiesti per il riconoscimento di una responsabilità risarcitoria
dello Stato per violazione della normativa dell’Unione, poiché essa rileva in termini
autonomi quale specifica fattispecie di responsabilità professionale ed è
condizionata dall’accertamento dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa
grave nei giudici implicati. Viceversa, la responsabilità risarcitoria dello Stato non è
configurata secondo i tradizionali canoni civilistici della colpa, ma è riconducibile
ad una nozione in senso lato di colpevolezza alla stregua della quale rileva in via
preminente l’idoneità della condotta dello Stato nazionale ad arrecare un
pregiudizio rilevante ai singoli per effetto della mancata applicazione della
disciplina dell’Unione. Per tale motivo, essa non è subordinata alla necessaria
esistenza del predetto requisito soggettivo, che rappresenta soltanto uno degli
elementi di valutazione per verificare l’esistenza del carattere sufficientemente
caratterizzato (o qualificato) della violazione del diritto dell’Unione. Sotto questo
profilo può ritenersi che la fattispecie in esame identifichi una figura tipica di
responsabilità, estranea alle esperienze degli Stati membri e che deriva dalla
integrazione dell’ordinamento dell’Unione con quelli nazionali.
In definitiva, le soluzioni innanzi prospettate sono univoche e concordanti nel
ritenere che lo spazio concesso all’autonomia degli Stati membri in relazione alle
azioni risarcitorie promosse nei loro confronti deve necessariamente esercitarsi
13
entro i confini tracciati dalla giurisprudenza della Corte a tutela della difesa dei
diritti dei singoli, fermo restando che nell’ambito del diritto dell’Unione vige il
principio dell’indifferenza dell’organo o funzionario che abbia commesso la
violazione33. Non vi è quindi alcun rischio di andare incontro ad uno snaturamento
del giudizio di responsabilità civile dei magistrati, che eventualmente può
discendere soltanto dal diritto nazionale.
5.
Le sentenze Köbler e Traghetti del Mediterraneo sembrano introdurre un
quid pluris agli elementi da prendere in considerazione per dimostrare l’esistenza di
una responsabilità dello Stato a risarcire i danni causati ai singoli: la mancata
osservanza, da parte dell’organo giurisdizionale nazionale di ultima istanza, del suo
obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art. 267, terzo co., TFUE (ex art. 234,
terzo co., CE).
La rilevanza da attribuire a tale omissione, ai fini del risarcimento dei danni a
carico degli Stati membri, si presenta però alquanto problematica e controversa,
atteso che il Trattato non prefigura alcun rimedio esperibile in caso di violazione
dell’obbligo contenuto nell’art. 267, 3° comma, TFUE.
L’obbligo sancito dal 3° comma dell’art. 267 TFUE non è assoluto, poiché può
venire meno in presenza di determinate condizioni, individuate dalla giurisprudenza
dell’Unione in funzione delle caratteristiche proprie del diritto dell’Unione, delle
particolari difficoltà che la sua interpretazione presenta e del rischio di divergenze di
giurisprudenza all’interno dell’Unione. Al riguardo la nota sentenza Cilfit 34,
confermata dalla successiva giurisprudenza della Corte35, ha chiarito che il giudice
può decidere di astenersi dal sottoporre alla Corte un rinvio pregiudiziale ex art. 267,
3° comma, TFUE se la questione non sia rilevante, sia stata già oggetto di
interpretazione della Corte ovvero se la corretta applicazione del diritto comunitario
33
Sentenza 17 aprile 2007, causa C-470/03, AGM-COS.MET, in Racc. I-2749.
Corte di giustizia, sentenza 6 ottobre 1982, causa 283/81, CILFIT, in Racc. 3415, p.to 16.
35
Corte di giustizia, sentenza 17 maggio 2001, causa C-340/99, TNT Traco, in Racc. I-4109, p.to 35; sentenza del 15
settembre 2005, causa C-495/03, Intermodal, in Racc. I-8151.
34
14
(oggi dell’Unione) si imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli
dubbi.
Al di fuori di questi casi, si tratta di valutare se in caso di violazione
dell’obbligo di rinvio pregiudiziale sussistono o meno i tre presupposti per l’esistenza
della responsabilità risarcitoria dello Stato, vale a dire che la norma dell’Unione
violata sia preordinata a conferire diritti; che si tratti di una violazione
sufficientemente caratterizzata (o qualificata); che sussista un nesso di causalità tra la
violazione dell’obbligo posto a carico dello Stato membro ed il danno subito dal
soggetto leso. L’Avvocato generale Léger ha sostenuto al riguardo che la
responsabilità risarcitoria dello Stato potrebbe sorgere per il solo fatto della
violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale da parte del giudice le cui decisioni
non sono impugnabili, ma questo orientamento desta perplessità sotto vari profili 36.
Ci si riferisce in primis al fatto che il rinvio pregiudiziale non attribuisce un
vero e proprio diritto soggettivo al singolo, visto che la decisione in proposito spetta,
almeno da un punto di vista formale, al giudice a quo. In proposito è degna di
menzione la sentenza Kempter nella parte in cui ribadisce che l’art. 267 TFUE ha
istituito una cooperazione diretta tra la Corte e i giudici nazionali attraverso un
procedimento estraneo ad ogni iniziativa delle parti37. Ed invero, il “diritto alla Corte
di giustizia” non trova una piena espressione né una tutela effettiva negli ordinamenti
degli Stati membri, salvo alcuni casi eccezionali, rappresentati, in particolare, dalla
Repubblica Federale di Germania e dalla Spagna, che consentono di porre fine alla
violazione38.
Più precisamente, la Corte costituzionale tedesca ritiene che la Corte di
giustizia sia un “giudice naturale o precostituito per legge” ai sensi dell’art. 101 della
Costituzione, per cui esiste un diritto del singolo alla Corte di giustizia. Di
conseguenza, nell’ipotesi in cui l’obbligo di rinvio da parte del giudice di ultima
istanza sia disatteso, la Corte Costituzionale può essere chiamata a valutare la
36
Conclusioni Köbler, cit., p.ti 144 e ss.; Traghetti, cit., punti 75 e ss.
Corte di giustizia, sentenza 12 febbraio 2008, causa C-206, in Racc. I-411, p.to 41.
38
Cfr. C. SCHEPISI, Rinvio pregiudiziale obbligatorio ed effettività della tutela giurisdizionale, Trieste, 2003, p. 32.
37
15
legittimità del giudizio sulla base dell’art. 101 della Legge Fondamentale tedesca 39.
Seppur con un approccio più cauto rispetto a quello della Corte Costituzionale
tedesca, il Supremo Tribunal Consitucional della Spagna non ha escluso di poter
sindacare la violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale sulla base della copertura
costituzionale del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.
Per contro, nel nostro ordinamento non sussiste un vero e proprio diritto alla
Corte di giustizia, poiché non vi è la possibilità di contestare e quindi sanzionare la
violazione dell’obbligo di sollevare un rinvio pregiudiziale. Non costituisce un
rimedio esperibile l’art. 111, terzo comma della Costituzione, in quanto la Corte di
Cassazione ha sempre escluso la possibilità di invocare un conflitto o diniego di
giurisdizione, evidenziando che l’art. 267 costituisce una norma internazionale a
carattere procedurale 40. Il ricorso nell’interesse della legge proponibile dal
procuratore generale presso la Corte di Cassazione ai sensi dell’art. 363 c.p.c. o altri
rimedi prospettati in dottrina non sono mai stati presi in seria considerazione, sicché
possiamo affermare che l’inadempimento all’obbligo di cui si discute non provoca
immediate conseguenze nel nostro ordinamento 41.
Qualche spiraglio potrebbe aprirsi se ci poniamo nell’ottica della Convenzione
europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, giacché nell’ipotesi di
omesso rinvio di una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia da parte di una
giurisdizione nazionale di ultima istanza, si potrebbe prefigurare, ai sensi dell’art. 6,
par. 1, della CEDU, una violazione dei diritti fondamentali ad un equo processo e ad
un giudice precostituito per legge. Infatti, in forza di una giurisprudenza costante
della Corte europea dei diritti dell'uomo, «se il diritto di adire la Corte mediante
questioni pregiudiziali non è assoluto (...), non è escluso che in talune circostanze il
rifiuto opposto da un giudice nazionale, chiamato a pronunciarsi in ultimo grado,
possa ledere il principio di equità del procedimento, quale enunciato all'art. 6, n. 1,
39
Bundesverfassungsgericht, sentenza del 5 agosto 1998, in Europäische Zeitschrift für Wirtschaftsrecht 1998, p. 728 e
ordinanza del 9 gennaio 2001, in 1BvR 1036/99.
40
Cassazione Civile, Sez. Unite, ordinanza 2 dicembre 2005, n. 26228; v. anche Cassazione Civile, Sez. Unite, sentenza
29 aprile 2005, n. 8882.
41
Cfr. C. SCHEPISI , cit., p. 144 e ss.
16
della convenzione, in particolare allorché un tale rifiuto appare viziato da
arbitrarietà»42.
Questi principi sono richiamati anche dall’art. 47, par. 2, della Carta dei diritti
fondamentali dell’Unione Europea, che a seguito del Trattato di Lisbona ha acquisito
efficacia vincolante, aprendo in tal modo nuovi scenari in merito alla tutela dei diritti
dei singoli, anche in vista della futura adesione dell’UE alla CEDU. Ad avvalorare
tale conclusione soccorrerebbe altresì l’art. 19 TUE (ex art. 220 del TCE) che, con
specifico riferimento al diritto fondamentale al giudice precostituito per legge,
attribuisce ai giudici dell’Unione il compito di assicurare il rispetto del diritto
nell’interpretazione e applicazione dei Trattati.
Ma l’ostacolo maggiore sembra un altro. In ogni caso risulterebbe difficile, se
non impossibile, riuscire a provare il nesso di causalità diretta tra l’inadempimento
dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, da una parte, ed il danno subito, dall’altra, perché
il singolo dovrebbe dimostrare che, se ci fosse stato il rinvio pregiudiziale al giudice
naturale, la decisione dell’organo giurisdizionale di ultima istanza gli sarebbe stata
favorevole.
Le perplessità evidenziate sembrano trovare conferma nella più recente
giurisprudenza di merito. In particolare, il Tribunale di Genova, giudice del rinvio
pregiudiziale della causa Traghetti del Mediterraneo, dopo la sentenza della Corte di
giustizia e la riassunzione della causa, ha riconosciuto la responsabilità risarcitoria
dello Stato italiano per i danni causati dall’omesso rinvio pregiudiziale alla Corte di
giustizia, sotto il profilo della perdita di chance 43. A ben vedere, il giudice rileva che
“nell’ipotesi in cui la Corte di giustizia, investita della questione pregiudiziale,
avesse ritenuto la incompatibilità degli aiuti erogati dalla Tirrenia … ben può
42
V. decisioni 23 marzo 1999 sulla ricevibilità del ricorso di André Desmots contro Francia (n. 41358/98, punto 2); 25
gennaio 2000, Peter Moosbrugger contro Austria (n. 44861/98, punto 2), e sentenze sul merito Coëme e a. contro
Belgio del 22 giugno 2000 (nn. 32492/96, 32547/96, 33209/96 e 33210/96, punto 114), nonché decisioni 4 ottobre 2001
sulla ricevibilità di Nicolas Calena Santiago contro Spagna (n. 60350/00), e 13 giugno 2002 sulla ricevibilità del
ricorso di Lambert Bakker contro Austria (n. 43454/98, punto 2), consultabili sul sito internet della Corte EDU
(http://www.echr.coe.int/echr/).
43
Tribunale di Genova, VI Sez. Civile, sentenza 27 febbraio 2009, n. 1329, non ancora pubblicata. La questione non è
ancora definitivamente risolta, considerato che il Tribunale di Genova ha disposto con separata ordinanza la
prosecuzione del giudizio in relazione alla domanda di risarcimento dei danni per illecito commesso dallo Stato-
17
presumersi che la Corte di Cassazione … avrebbe cassato la sentenza della Corte di
appello alla quale avrebbe rimesso gli atti per la decisione della causa”. Il giudice
interno parla del danno in termini di perdita di chance, ma collega comunque
l’inadempimento all’obbligo di rinvio pregiudiziale ad una violazione (o possibile
violazione) della normativa in tema di aiuti di Stato alle imprese.
Infine, è indicativo che la pronuncia Köbler, contrariamente a quanto suggerito
dall’Avvocato generale Léger 44, abbia focalizzato l’attenzione sul merito della
violazione di diritto dell’Unione contenuta nella sentenza austriaca, evitando di
affrontare direttamente la questione della sussistenza della responsabilità risarcitoria
dello Stato nell’ipotesi di mera violazione dell’obbligo di rinvio. Evidentemente,
questo approccio prudente nella risoluzione dei quesiti risponde anche all’esigenza di
evitare che la riluttanza di alcuni organi giurisdizionali interni ad utilizzare il rinvio
pregiudiziale possa compromettere il clima di fiducia e di leale collaborazione
instauratosi tra giudici nazionali e Corte di giustizia. Occorre quindi evitare “una
guerra tra Corti” che potrebbe compromettere la funzionalità del principale rimedio
giurisdizionale, sia pure indiretto, dell’Unione. Se poi i Paesi membri stabiliscono
autonomamente di fissare delle condizioni più favorevoli per il risarcimento dei danni
o prefigurare una responsabilità sostitutiva o aggiuntiva a quella dello Stato, è una
questione di diritto interno, senza però essere da quest’ultimo né richiesta né,
tantomeno, imposta.
In definitiva, l’omesso rinvio pregiudiziale sembra assumere rilevanza soltanto
in presenza anche di una responsabilità dello Stato riconducibile a provvedimenti
giurisdizionali in contrasto con il diritto dell’Unione. Altrimenti, l’interessato non
riuscirebbe a dimostrare l’esistenza dei tre requisiti indispensabili alla condanna della
Stato al risarcimento dei danni. La soluzione che sembra più ragionevole è quella di
considerare che la responsabilità risarcitoria dello Stato per la decisione degli organi
giurisdizionali di ultima istanza discende necessariamente non solo dalla semplice
trasgressione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale, bensì anche dalla violazione di una
Giudice, sollevando un nuovo rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia (causa C-140/09, in GUUE C 153 04.07.2009,
p. 24).
18
norma dell’Unione. Resta da puntualizzare al riguardo che, ai fini dell’azione
risarcitoria, l’inadempimento all’obbligo di rinvio pregiudiziale si può accompagnare
alla violazione, oltre che di una norma dell’Unione, anche di un principio o di un
diritto fondamentale dell’Unione45.
6. Quanto evidenziato in precedenza non significa che l’obbligo di rinvio
pregiudiziale, definito eloquentemente come la via regina per la tutela in sede
comunitaria contro la normativa e prassi nazionale illegittima46, sia per ciò stesso
privo di sanzione e di rimedio, e che possa essere, pertanto, impunemente
inosservato.
Occorre, infatti, garantire il corretto funzionamento del rinvio pregiudiziale e
l’ineludibile esigenza di uniforme applicazione del diritto dell’Unione che esso
persegue. Non a caso i principi sulla responsabilità dello Stato per violazione del
diritto dell’Unione di cui si discute sono stati sviluppati dalla Corte di giustizia
proprio in occasione di rinvii pregiudiziali d’interpretazione effettuati da giudici
nazionali.
Al di là dei possibili rimedi ipotizzabili nell’ambito della CEDU, si può
sostenere che la violazione dell’art. 267, terzo comma, TFUE non sia priva di
significato, ma assuma comunque rilevanza ai fini dell’azione risarcitoria. Vale a
dire, cioè, che quando si accompagna all’inadempimento di una norma o principio
fondamentale
dell’Unione
ricorre
senz’altro
il
requisito
della
violazione
sufficientemente caratterizzata, senza che sia necessario interrogarsi sull’esistenza
degli altri elementi che devono essere presi in considerazione dal giudice interno
(margine di discrezionalità, scusabilità, chiarezza, intenzionalità etc.). Il riferimento
è, ad esempio, alla scarsa chiarezza o precisione della norma di diritto dell’Unione,
che di regola assume un rilievo decisivo, ma che non può rappresentare una scusante
44
45
Punto 151.
Cfr. G. STROZZI, cit., in particolare p. 898.
46
A. TIZZANO, La tutela dei privati nei confronti degli Stati membri dell’Unione europea, in Foro it., 1995, IV, 13; v. anche P.
P ESCATORE, Le renvoi préjudiciel. L’évolution du système, in Etudes de droit communautaire européen 1962-2007, Ed.
Bruylant, Bruxelles, 2008, p. 17; M. CONDINANZI – R. MASTROIANNI, Il contenzioso dell’Unione Europea, Torino,
2009, p. 186.
19
nell’ipotesi di omesso rinvio pregiudiziale, tenuto conto della specificità della
funzione giurisdizionale. Anzi, proprio nei casi più complessi e controversi il giudice
interno è vieppiù vincolato a rivolgersi al giudice dell’Unione, considerato che in tali
casi aumentano in senso esponenziale le probabilità di decisioni contrastanti con il
diritto dell’Unione e, conseguentemente, i rischi di pregiudicare la sua uniforme
applicazione.
In effetti, l’omissione dell’obbligo di rinvio, se accompagnata dalla contrarietà
della decisione giurisdizionale ad una norma o principio fondamentale del diritto
dell’Unione, integra di per sé gli estremi di una violazione sufficientemente
caratterizzata, anche, e soprattutto, perché tale ipotesi patologica può aprire la strada
al passaggio in giudicato della sentenza contrastante con il diritto dell’Unione che,
verosimilmente, non consentirebbe più o comunque renderebbe estremamente
difficile una tutela sostanziale dell’interessato da parte dei giudici nazionali, atteso
che occorre contemperare il principio del primato del diritto dell’Unione con quello
del giudicato e quindi della certezza del diritto.
In quest’ottica verosimilmente si spiega il riferimento nelle sentenze Köbler e
Traghetti del Mediterraneo al solo carattere manifesto (e non anche grave) della
violazione, che appare andare nella direzione della semplificazione della
dimostrazione delle condizioni per l’esistenza della responsabilità risarcitoria dello
Stato nell’ipotesi di inadempimento all’obbligo di rinvio pregiudiziale e di una norma
o principio dell’Unione. L’utilizzo di questa sorta di “corsia privilegiata” non appare
smentita dalle pronunce successive alle sentenze Köbler e Traghetti del
Mediterraneo, che richiamano nuovamente il carattere grave e manifesto della
violazione, ai fini dell’accertamento della responsabilità patrimoniale degli Stati,
poiché esse si riferiscono ad ipotesi diverse da quelle concernenti l’omesso rinvio
pregiudiziale da parte dei giudici di ultima istanza 47.
Più agevole, invece, pare ricondurre la mera violazione dell’obbligo di rinvio
pregiudiziale, intesa anche come contrarietà all’art. 19 TUE, alla responsabilità dello
47
V. Corte di giustizia, 12 dicembre 2006, causa C-446/04, Test Claimants in the FII Group Litigation e
Commissioners of Inland Revenue, in Racc. I-11753, p.to 218; sentenza AGM-COS.MET, p.ti 77 e ss.
20
Stato membro sanzionabile con una procedura di infrazione ai sensi degli artt. 258 e
259 TFUE (ex artt. 226 e 227 TCE). In tal caso, infatti, si configura una
responsabilità di tipo oggettivo, giacché per censurare la condotta di un Paese
membro è sufficiente la mera violazione di una norma o principio di diritto
dell’Unione primario o secondario, di un accordo internazionale o di una sentenza dei
giudici dell’Unione, indipendentemente dalla positiva verifica circa l’esistenza di
ulteriori requisiti.
E’ il caso di precisare che questo rimedio appare difficilmente utilizzabile nelle
ipotesi di “... pronunce giurisdizionali isolate o fortemente minoritarie in un contesto
giurisprudenziale
caratterizzato
da
un
diverso
orientamento,
o
ancora
un'interpretazione smentita dal supremo giudice nazionale, che di norma non
vengono prese in considerazione per accertare l’inadempimento statale agli obblighi
dell’Unione ai sensi degli artt. 258 e ss. TFUE 48. Resta fermo che non si può
prescindere da una valutazione di tutte le circostanze rilevanti del caso concreto, le
quali possono eccezionalmente condurre a soluzioni differenti.
Ad ogni modo, il limite maggiore di che questo rimedio è un altro. È ben noto,
infatti, che esso non è nella disponibilità dei privati, che possono soltanto sollecitare
l’avvio della procedura, ma non possono – almeno allo stato attuale del diritto
dell’Unione – impugnare il rifiuto o l’inerzia della Commissione, considerato
l’ampio, se non illimitato, potere discrezionale di cui beneficia questa istituzione.
Detta lacuna non è stata certamente colmata dalle garanzie introdotte dalla stessa
Commissione a tutela dei privati che propongono delle denunce49, i quali continuano
a non poter sindacare sul piano giurisdizionale, con un’azione di annullamento, in
carenza o di responsabilità extracontrattuale, le scelte di questa istituzione, a meno
che non si possa ritenere che l’efficacia vincolante della Carta dei diritti fondamentali
48
Corte di giustizia, sentenza Commissione c. Italia, cit., punto 32.
Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Mediatore europeo relativa ai rapporti con gli autori di
denunce in materia di violazioni del diritto comunitario, COM(2002)141 def.), in GUCE C 244 del 10 ottobre 2002, p.
5.
49
21
implichi un ripensamento o almeno un’attenuazione dell’orientamento consolidato
della Corte in argomento 50.
7. Ancora una notazione sulla violazione dell’art. 267 TFUE appare opportuna.
I principi desumibili dalle sentenze Köbler e Traghetti del Mediterraneo non
dovrebbero applicarsi, in linea di principio, alle violazioni del diritto dell’Unione
riconducibili alle decisioni di un giudice di grado inferiore nell’ordinamento giuridico
nazionale, sia perché su di esso non grava l’obbligo di sollevare un quesito
pregiudiziale alla Corte di giustizia, sia in quanto la sua decisione può essere
impugnata dinanzi ad un giudice di grado superiore51. Ciò nonostante, non è del tutto
da escludere che, in presenza di una violazione sistematica e conclamata del diritto
dell’Unione da parte di un giudice non di ultima istanza, possa sorgere una
responsabilità dello Stato membro52. In effetti, la circostanza che si tratti di un
giudice inferiore non minimizza il vulnus che può essere causato sul piano della
certezza del diritto, specie nell’ipotesi in cui sussista un vero e proprio contrasto
giurisprudenziale tra i giudici dell’Unione e quelli nazionali 53. In tal caso la natura del
rinvio pregiudiziale impone al giudice nazionale anche non di ultima istanza di
ricorrere all’art. 267 TFUE, non essendo possibile e comunque risultando
estremamente difficile riuscire a correggere l’orientamento consolidato del giudice
superiore.
50
Sul punto v., ex multis, Corte di giustizia, sentenze 14 febbraio 1989, causa 247/87, Star Fruit, in Racc. 291, p.to 11;
20 febbraio 1997, causa C-107/95, Bilanzbuchhalter c. Commissione, in Racc. I-947, p.to 19, 21 gennaio 1999, causa C207/97, Commissione c. Belgio, in Racc. I-275, p.ti 24 e ss.; 6 luglio 2000, causa C-236/99, Commissione c. Belgio, in
Racc. I-5657; 22 febbraio 2005, causa C-141/02 P, Commissione c. T-Mobile Austria GmbH (già Max.mobil
Telekommunikation Service GmbH), in Racc. I-1283, p.ti 70 e ss.
51
Ricordiamo che la Corte di giustizia (sentenza Commissione/Italia, cit., p.to 33) ha dichiarato che “... Quando una
normativa nazionale forma oggetto di divergenti interpretazioni giurisprudenziali che siano plausibili e che conducano,
alcune ad un'applicazione della detta normativa compatibile con il diritto comunitario, altre ad un'applicazione
incompatibile con esso, occorre dichiarare che, per lo meno, tale normativa non è sufficientemente chiara per garantire
un'applicazione compatibile con il diritto comunitario”.
52
In tal senso cfr. Avv. gen. L. A. Geelhoed, conclusioni Commissione c. Italia, cit., p.to 63.
53
In tal senso è stato evidenziato che “…affronti diretti all’autorità di un tribunale comunitario potrebbero far sorgere
la responsabilità di uno Stato membro per violazione del diritto comunitario imputabile ad un organo giurisdizionale,
anche non di ultima istanza, in virtù di un’estensione della giurisprudenza esposta dalla Corte di giustizia nella
sentenza 30 settembre 2003, causa C 224/01, Köbler” (Avv. gen. Ruiz-Jarabo Colomer, conclusioni 10 novembre 2005,
causa C-206/04P, Mulhens GmbH & Co. KG/UAMI).
22
Pertanto, in queste ipotesi la violazione dell’obbligo di rinvio pregiudiziale
accompagnata ad una sentenza in contrasto con una norma o principio fondamentale
dell’Unione potrebbe consentire al privato di agire direttamente contro lo Statogiudice senza esperire gli altri mezzi di ricorso interno54.
La soluzione prospettata si ispira ad un principio di ragionevolezza che trova
applicazione nella giurisprudenza della Corte Europea dei diritti dell’uomo,
consentendo il c.d. ricorso per saltum. Ciò significa che la possibilità di dichiarare
ricevibile l’azione risarcitoria contro lo Stato, nonostante l’omessa impugnazione
della pronuncia dinanzi al giudice di ultima istanza, è in linea con la giurisprudenza
della Corte EDU, la quale ha costantemente affermato che non vi è bisogno di
esaurire i ricorsi interni tutte le volte in cui tale esaurimento sarebbe in pratica inutile,
o comunque sarebbe un onere ingiusto e eccessivamente gravoso per la vittima della
violazione55. Se la Corte EDU ha affermato l’esistenza di questo diritto in favore del
soggetto danneggiato da una violazione della CEDU, tanto più esso deve essere
riconosciuto nell’ambito dell’Unione europea ove vige in tema di responsabilità
risarcitoria dello Stato una regola meno severa del previo esaurimento dei mezzi di
ricorso interni. Invero, la Corte ha avuto modo di chiarire che, in forza di un principio
generale comune agli ordinamenti giuridici degli Stati membri, i soggetti lesi devono
dimostrare di aver agito con ragionevole diligenza per evitare il danno o limitarne
l’entità, senza che sia ad essi imposto di esperire sistematicamente tutti i mezzi di
tutela giurisdizionale a loro disposizione, in quanto ciò risulterebbe in contrasto con il
principio di effettività56.
Peraltro, un’altra differenza discende dal fatto che nel sistema della CEDU i
soggetti lesi possono richiedere alla Corte EDU di condannare gli Stati membri al
pagamento dell’equa soddisfazione entro il termine di sei mesi dal previo
54
In questi termini, cfr. G. STROZZI , cit. , p. 897.
V. Corte europea dei diritti dell’uomo, sentenze 20.02.1991, Vernillo c. Francia; 16.12.1997, Raninen c. Francia;
20.05.1998, Gautrin et al. C. Francia. Difatti, i mezzi di ricorso interno sono inesistenti e inaccessibili nei seguenti casi:
o perché sono inefficaci o inadeguati; o perché il diniego o il ritardo irragionevole di giustizia li ha resi in pratica inutili;
o perché le circostanze speciali ostacolano il funzionamento della giustizia locale al punto da rendere quasi impossibile
esperire ricorsi interni; o infine perché le misure legislative e le prassi amministrative illecite o le situazioni di gross
violations generano la presunzione che i mezzi di ricorso interno siano inefficaci o inadeguati.
56
V. Corte di giustizia, sentenza 24 marzo 2009, C-445/06, Danske Slagterier, in Racc. I-2119, p.ti 60 e ss.
55
23
esaurimento dei mezzi di ricorso interno, mentre nell’ambito dell’Unione il
risarcimento dei danni a carico degli Stati viene in concreto deciso dai giudici
nazionali, applicando i termini di prescrizione e di decadenza previsti dalle regole
procedurali di ciascuno Stato membro.
8.
Le azioni risarcitorie contro gli Stati membri per violazione del diritto
dell’Unione passano quindi attraverso i “canali” previsti dai vari ordinamenti
giuridici interni. Tale discrezionalità degli Stati membri – definita dalla Corte di
giustizia “autonomia procedurale” 57 – deve comunque esercitarsi entro i confini
stabiliti dalla Corte di giustizia ed in via prioritaria occorre rispettare i predetti
principi di effettività e di equivalenza (o di non discriminazione) 58.
Nel nostro paese uno dei nodi problematici dell’autonomia procedurale in tema
di risarcimento dei danni concerne il suo fondamento normativo.
Per quanto riguarda la responsabilità dello Stato-Giudice, si può fare
riferimento, oltre che alla legge 117/88, applicata nei modi e nei termini indicati dalla
sentenza Traghetti del Mediterraneo, al regime della responsabilità extracontrattuale
di cui all’art. 2043 c.c. In tal senso si è pronunciato il Tribunale di Genova che ha
ritenuto corretta la scelta operata da parte attrice di convenire in giudizio lo Stato per
sentire accertare la responsabilità dello stesso ex art. 2043 c.c., richiamando la
57
V., in tal senso, Corte di giustizia, sentenze 16 dicembre 1976, causa 33/76, Rewe, Raccolta, p. 1989, punto 5; 20
settembre 2001, causa C-453/99, Courage e Crehan, ivi, p. I-6297, punto 29; 11 settembre 2003, causa C-13/01,
Safalero, ivi, p. I-8679, punto 49; 13 marzo 2007, causa C-432/05, Unibet, ivi, p. I-2271, punto 39; 7 giugno 2007,
cause riunite da C-222/05 a C-225/05, Van der Weerd e a., ivi, p. I-4233, punto 28; 12 febbraio 2008, causa C-2/06,
Kempter, ivi, p. I-411, punto 57.
58
Tali principi sono stati enunciati per la prima volta nella pronuncia Rewe, cit., punto 5. Cfr., ex multis, le sentenze
Francovich, cit., punti 41-43; 14 dicembre 1995, causa C-312/93, Peterbroeck, Raccolta, p. I-4599, punto 12; 10 luglio
1997, causa C 261/95, Palmisani, ivi, p. I-4025, punto 27; 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler, ivi, p. I-10239,
punto 58; 26 gennaio 2010, Transportes Urbanos y Servicios Generales, causa C-118/08, punto 31, non ancora
pubblicata. Cfr. N. C. KAKOURIS, Do Member States Possess Judicial Procedural Autonomy?, in CML Rev., 1997, p.
1389 ss.; R. LUZZATTO, Note sul diritto dei singoli ad una tutela giurisdizionale piena ed effettiva contro le violazioni
del diritto comunitario, in Ius, 1999, p. 373 ss.; A. ADINOLFI, La tutela giurisdizionale nazionale delle situazioni
soggettive individuali conferite dal diritto comunitario, in DUE, 2001, p. 41 ss. L. DANIELE, Forme e conseguenze
dell’impatto del diritto comunitario sul diritto processuale interno, ivi, 2001, p. 61 ss.; M. DOUGAN, National Remedies
before the European Court of Justice, Oxford, 2004; R. A. JACCHIA , M. F RIGO , Responsabilità extracontrattuale degli
Stati membri, effettività e rimedi giurisdizionali nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in RDIPP, 2008, p. 643
ss.
24
sentenza Konle della Corte di Giustizia, che parla espressamente in termini di
responsabilità extracontrattuale dello Stato 59.
Tuttavia, non si può ritenere che la questione sia stata definitivamente risolta in
relazione al titolo della responsabilità. In particolare, l’orientamento espresso dal
giudice di merito appare difforme rispetto a quello accolto di recente dalla Corte di
Cassazione in relazione alla responsabilità dello Stato-Legislatore. Tale giudice
supremo, con la sentenza del 10 marzo/17 aprile 2009, n. 9147 (Sez. unite, civile) 60, è
di recente tornato sui propri passi, rigettando l’orientamento che riconduceva il diritto
al risarcimento dei danni subiti per mancata attuazione del diritto dell’Unione all’art.
2043 c.c. 61. Specificatamente, la sentenza 9147/2009, relativa all’annosa questione
dei medici specializzandi, ha affermato che “i profili sostanziali della tutela
apprestata dal diritto comunitario inducono a reperire gli strumenti utilizzabili nel
diritto interno fuori dallo schema della responsabilità civile extracontrattuale e in
quello dell’obbligazione ex lege dello Stato inadempiente, di natura indennitaria per
attività non antigiuridica”, con la conseguenza che la pretesa risarcitoria “è
assoggettata al termine di prescrizione ordinaria (decennale) perché diretta
all’adempimento di un obbligazione ex lege (di natura indennitaria), riconducibile
come tale all’area della responsabilità contrattuale”. Il punto di partenza della
richiamata sentenza, i cui principi sono stati poi confermati nella successiva
pronuncia, sempre delle Sezioni Unite della Suprema Corte di Cassazione, del 25
febbraio 2010, n. 4547, è che i due ordinamenti sono distinti e tra loro autonomi
anche se coordinati. Muovendo quindi da questa visione dualista dei due ordinamenti,
che appariva ormai affievolita nelle ultime pronunce della Corte Costituzionale62, il
59
Corte di giustizia, sentenza 1 giugno 1999, causa C-302/97, cit. punto 59.
In Danno e responsabilità, 2010, 28, con nota di R. CONTI; cfr. anche E. SCODITTI, La violazione comunitaria dello
Stato fra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, in Foro It., 2010, I, 168.
61
Cass., sez. lav., sentenza 7 luglio 1998, n. 6613, INPS c. Ciaramella, e sentenza 11 giugno 1998, n. 5846, INPS c.
Jacobaccio, entrambe in Foro it., 1998, I, 2790; sez. unite, civile, sentenza 22 luglio 1999, n. 500, Com. Fiesole c.
Vitali, ivi, 1999, 2487; sez. lav., sentenza 9 aprile 2001, n. 5249, Pederzoli e a. c. INPS, in Dir. Lav., 2002, II, 36; sez.
III, civ., sentenza 16 maggio 2003, n. 7630, Repubblica italiana c. Gronchi, in Foro it., 2003, I, 2015, con nota di E.
SCODITTI.
62
Ordinanza del 13 febbraio 2008, n. 103 (in GU del 16 aprile 2008), la quale ha affermato che “ratificando i Trattati
comunitari, l'Italia è entrata a far parte dell'ordinamento comunitario, e cioè di un ordinamento giuridico autonomo,
integrato e coordinato con quello interno, ed ha contestualmente trasferito, in base all'art. 11 Cost., l'esercizio di poteri
anche normativi (statali, regionali o delle Province autonome) nei settori definiti dai Trattati medesimi”.
60
25
giudice nazionale arriva ad una conclusione contraddittoria laddove configura la
responsabilità dello Stato di natura indennitaria per attività non antigiuridica. In altre
parole, non appare condivisibile, da un punto di vista teorico, qualificare una
violazione grave e manifesta del diritto dell’Unione da parte dello Stato come attività
non antigiuridica, prefigurando in tal modo una forma di responsabilità da atto lecito.
Non sembra poi che tale ricostruzione sia proprio in linea con la giurisprudenza
dell’Unione in argomento, la quale appare piuttosto fare riferimento alla
responsabilità extracontrattuale degli Stati membri63, soprattutto nelle ipotesi in cui
richiama la disciplina della corrispondente azione esercitabile contro l’Unione ai
sensi degli articoli 268 e 340, 2° e 3°comma, TFUE (ex articoli 235 e 288, 2° e
3°comma, TCE). Infatti, la tutela dei diritti attribuiti ai singoli dal diritto dell’Unione
non può variare in funzione della natura, nazionale o dell’Unione, dell’organo che ha
cagionato il danno64.
Ad ogni buon conto, da un punto di vista sostanziale non può che essere visto
con favore l’estensione del termine di prescrizione, da cinque a dieci anni, che
discende dal riconoscimento della responsabilità contrattuale dello Stato, in quanto
tale affermazione si colloca nell’ottica di una più favorevole tutela dei diritti dei
soggetti danneggiati. Pur restando invariata la divergenza di fondo sulla ricostruzione
della natura del rapporto tra diritto dell’Unione e l’asimmetria tra i due regimi di
responsabilità (dell’Unione e dello Stato), la soluzione della Corte di Cassazione
sembra aver posto le premesse per un’applicazione delle condizioni procedurali
fissate dal diritto nazionale, segnatamente, della durata della prescrizione,
maggiormente conforme al principio di effettività dei rimedi giurisdizionali.
Nondimeno, occorre accertare se la prefigurazione di una responsabilità
contrattuale di natura indennitaria dello Stato finisca per tutelare gli interessi del
danneggiato in modo meno soddisfacente della responsabilità extracontrattuale di cui
all’art. 2043 c.c., giacché l’utilizzo della parola indennizzo ci induce a ritenere che
tale forma di condanna possa non essere commisurata all’entità del danno
63
Corte di giustizia, sentenza Konle, cit. punto 59.
26
effettivamente subito. Peraltro, non appare ragionevole ipotizzare che lo Stato possa
risultare obbligato a risarcire il soggetto leso in misura e secondo condizioni
procedurali sensibilmente differenti, a seconda dell’organo che abbia commesso la
violazione del diritto dell’Unione e, quindi, del diverso fondamento dell’azione
risarcitoria (extracontrattuale o contrattuale) 65. Resta, infatti, da chiedersi se lo
snaturamento del principio dell’indifferenza dell’organo che abbia commesso la
violazione costituisca un prezzo troppo caro da pagare per garantire l’autonomia
procedurale dello Stato italiano in materia di danni.
Ad ogni modo, tale autonomia potrebbe risultare in contrasto con i principi di
equivalenza e di effettività nella misura in cui si traduca in una situazione
discriminatoria o tale da rendere eccessivamente difficile la tutela dei diritti dei
singoli. In particolare, la stessa incertezza sulle condizioni procedurali da rispettare
può costituire di per sé una violazione del principio di effettività66.
64
Corte di giustizia, sentenze Brasserie, cit., punto 42 e del 4 giugno 2000, causa C-352/98 P, Bergaderm e Goupil c.
Commissione, in Racc., p. I-5291, punto 41.
65
In questi termini, R. CONTI, cit., in part. p. 37.
66
Corte di giustizia, sentenza 16 luglio 2009, causa C-69/08, Visciano c. Inps, p.to 46.
27