Il Patrimonio `Nacional` dell`Ecuador

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Il Patrimonio `Nacional` dell`Ecuador
Il Patrimonio ‘Nacional’ dell’Ecuador
Nel corso degli ultimi due secoli il cioccolato è diventato parte integrante
dell’identità del mondo occidentale: così comune nelle nostre abitudini
alimentari che pochi lo conoscono come un prodotto la cui origine,
nell’albero del cacao, è estranea alle nostre terre. Dai primi viaggio di
Colombo e il successivo arrivo dei Conquistadores, il cacao è diventatato
sempre più intessuto con i costumi Europei. Dalla sua culla nel Sud
America si è espanso come coltura da reddito fondamentale in molte parti
del mondo, e ora, con l’arrivo del 21esimo secolo, affronta ostacoli
importanti che devono essere superati in modo che possa continuare a
ricoprire la sua funzione come fonte di reddito, orgoglio e piacere. Il caso
del cacao Nacional ecuadoriano è emblematico di queste sfide.
Un baccello di cacao Nacional
L’Ecuador è una fonte costante di cacao da quando, nel tardo 16esimo
secolo, vaste distese di cacao selvatico “Forastero” sulla costa di Guayaquil
furono scoperte e indirizzate alla produzione di massa dai Conquistadores.
Le piantagioni ecuadoriane erano e sono molto conosciute per il loro cacao
fine o flavour (parole inglesi che significano, rispettivamente, “fine” ed
“aromatico”), che viene spesso prodotto con il nome Nacional. Gli alberi di
cacao flavour sono caratterizzati da un raccolto poco produttivo, ma dai
sapori ed aromi davvero particolari, e oggi rappresentano una nicchia nel
sovraffollato mercato del cacao (solo il 5% del cacao prodotto e’ flavour).
Nella seconda parte del 19esimo secolo, e nei primi due decenni del
20esimo, l’esportazione del cacao ha continuato ad essere la colonna
portante dell’economia ecuadoriana, soppravvivendo le strutture politiche
ed economiche della colonizzazione, e portando l’Ecuador, come nazione
indipendente, nel mercato globalizzato.
La love story ecuadoriana con il cacao prese una brutta svolta tra il 1920 e
1935, quando vi fu un’epidemia di malattie, ossia Crinipellis perniciosa
(malattia della scopa della strega) e moniliophtora roreri (marciume del
baccello ghiacciato). Uno dei fattori scatenanti fu l’intensa coltivazione del
cacao in monocolture, che causò un indebolimento delle sue difese naturali
contro i funghi invasivi. Il risultato fu che la produzione diminuì al 25% del
suo livello originale (da 40,000 tonnellate a circa 10,000 tonnellatte annue),
e vi fu una conseguente crisi economica, dato che il cacao rappresentava
circa il 60% delle esportazioni nazionali. Infatti, lo sviluppo economico
dell’Ecuador è tracciabile attraverso una serie di boom di esportazioni. Il
primo fu quello pilotato dall’industria del cacao, i cui tempi d’oro durarono
dal 1860 al 1920. Dopo un periodo duro per l’esportazione del cacao, e
difficile per l’economia, l’Ecuador entrò nel suo cosiddetto “periodo della
banana” tra il 1948 e il 1982, quando un’incremento nella richiesta
internazionale delle banane le vedde diventare l’esportazione primaria del
paese. Infine, lo sfruttamento delle risorse petrolifere diventò la fonte
principale di crescita economica tra il 1972 e il 1982. In quest’ultimo
periodo, caratterizzato da un aumento della ricchezza, il governo
ecuadoriano intraprese grossi investimenti nel settore sociale, aumentando
sussidi e incentivi per le imprese domestiche. Tuttavia, la dipendenza dai
prezzi internazionali del petrolio fece sì che, con la fine del boom nei primi
anni ottanta, l’Ecuador non poté più sostenere la sua politica di sviluppo
dell’economia domestica e accumulò un mare di debiti. Per compensare, il
governno dovette abbandonare i suoi sforzi per promuovere l’industria
indirizzata verso il mercato interno, incoraggiando invece la produzione di
esportazioni non tradizionali, in modo da incrementare i livelli di moneta
estera con cui stabilizzare il bilancio e ripagare l’ammontare dei debiti.
Oggi, questo ha lasciato l’Ecuador in una condizione di difficoltà
economica e culturale; serve molto lavoro per ripristinare non solo la
prosperità economica del paese ma anche un senso di orgoglio nazionale in
ciò che viene prodotto. Il cacao rappresenta una rotta realizzabile in questa
direzione. Non solo è parte del patrimonio nazionale ecuadoriano, ma se
coltivato secondo le regole del commercio equosolidale, potrà dare quella
spinta economica di cui il produttore ecuadoriano ha tanto bisogno, allo
stesso tempo procurando il capitale estero con cui ripagare i debiti
nazionali.
Il principale fattore inibitore a questa soluzione è la paura delle epidemie:
uno studio condotto tra il 2004 e il 2010 da Bioversity International,
l’Organizzaione internazionale del cacao (l’ICCO) e il Common Fund for
Commodities (il CFC – un’organizzazione intergovernativa presieduta dalle
Nazioni Unite) dimostra che è la preoccupazione primaria dell’86% dei
produttori di cacao ecuadoriani. Ci sono due potenziali metodi per prevenire
altre epidemie, e quindi rivitalizzare la produzione di cacao. I produttori
possono tornare ad usare i semi “heirloom” (tramandati da generazione a
generazione) come la varietà Nacional, o ricorrere all’uso dei semi “ibridi”,
come il CCN 51. Implicito nell’uso dei semi heirloom è l’adozione dell’
“agroforestazione”, metodo in cui alcuni dei grossi alberi della foresta
vergine vengono lasciati intatti. Questo permette ad una vasta gamma di
specie animali e vegetali di essere conservate, che, a sua volta, aiuta gli
alberi di cacao a rinforzare le loro difese naturali e contribuisce alla
salvaguardia del più grande patrimonio ecuadoriano: la sua incredibile
natura e biodiversità. Inoltre, la conservazione stessa del cacao Nacional è
una misura che promuove la biodiversità, essendo essa una varietà a rischio
di estinzione, sopraffatta com’è dalla crescente popolarità dei semi ibridi.
La sua sparizione sarebbe una perdita incolmabile sia per il patrimonio
nazionale ecuadoriano che per gli amanti del cioccolato di tutto il mondo,
dati i sapori ed aromi unici del cacao Nacional. I semi ibridi, invece, sono
coltivati in grandi monocolture, che richiedono l’uso di pesticidi e
fertilizzanti per renderle resisteni alle malattie e per massimizzare la
produzione. Sin dalle epidemie del cacao degli anni venti, i semi ibridi
vengono usati con grande popolarità, ma hanno fatto poco per aiutare il
piccolo produttore ecuodoriano, incoraggiando, invece, la formazione di
grandi “haciendas”, in cui i benefici economici sono concentrati nelle mani
di pochi grandi proprietari terrieri. Il cacao prodotto dagli ibridi è bulk (“di
massa” in inglese) e non flavour – è un prodotto di qualità inferiore la cui
coltivazione risulta in una perdita di biodiversità sia nella famiglia del cacao
che nell’ambiente circostante. Nel contesto contemporaneo di produzione di
massa del cacao nell’America Latina, ma soprattutto nelle nazioni africane,
è importante che l’Ecuador mantenga il suo posto nel mercato di nicchia del
cacao flavour (rappresentato dalla varietà Nacional) dato che il cacao bulk è
molto più soggetto ai capricci e alle oscillazioni del mercato internazionale.
L’Ecuador deve rianimare la produzione del sopraffino cacao flavour non
solo per assicurarsi entrate di moneta estera, ma anche per portare avanti un
progetto che tuteli un patrimonio ed un orgoglio nazionale. Simbolico degli
sforzi per salvaguardare la varietà Nacional è l’intervento del governo
ecuadoriano che, attraverso l’agenzia INIAP (Institute Nacional Autónomo
de Investigaciones Agropecuarias), sta lavorando per proibire l’incrocio del
seme CCN 51 con varietà di cacao indigene, in modo da fermare la
crescente erosione genetica del cacao Nacional. In parallelo, grosse quantità
di investimento dall’estero sono state allocate a progetti che non solo
promuovono l’uso del seme Nacional in condizioni di agroforestazione, ma
affrontano anche gli aspetti sociali della produzione del cacao. Ad esempio,
il progetto “Cacao Y Huertas” riunisce le associazioni di piccoli agrocoltori
APOV, MINAGUA e CADO per promuovere la coltivazione di cacao
Nacional con il metodo dell’agroforestazione, assicurandosi anche che i
produttori ricevano una quota giusta per il loro lavoro. Inoltre, “Cacao Y
Huertas” impiega emigranti ecuadoriani per vendere il prodotto finale, il
cioccolato, nei paesi che lo importano. In questo modo, non solo viene fatto
qualcosa per l’Ecuador, per il suo popolo, la loro identità nazionale e la
natura che li circonda, ma anche per tutti quelli che amano il cioccolato, le
sue particolarità e la Terra da cui cresce.
Francesco Bassetti
(tradotto dall’inglese da Mara Budgen)