trascrizione della lezione audio del 26.11.2012 del corso

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trascrizione della lezione audio del 26.11.2012 del corso
TRASCRIZIONE DELLA LEZIONE AUDIO DEL 26.11.2012
DEL CORSO DI PREPARAZIONE PER L'ESAME DI AVVOCATO
TENUTO DALL'AVV. LUIGI VIOLA SU OVERLEX.COM
Parte 2/3
Come si formula la domanda risarcitoria sul piano dei danni? Va formulata chiedendo il risarcimento del danno non patrimoniale
iure proprio, cioè con riferimento alla posizione del sopravvissuto colpito, e con riguardo allo schema iure successionis per quei
danni che hanno colpito Caia e la cui pretesa si è trasmessa iure successionis. Anche in questo caso si fa riferimento al danno non
patrimoniale per poi innestare le singole norme vulnerate, e per la liquidazione far riferimento a una percentuale del
corrispondente danno alla salute delle tabelle milanesi, comunque lasciando al giudice la possibilità di liquidare la somma
minore o maggiore che ritenga ex art 1226 cc.
I danni da morte sono una categoria, bisogna vedere dentro questa nozione cosa c’è, e abbiamo capito laddove si vada in coma
quali danni si realizzino nel de cuius prima di morire.
La casistica più importante della giurisprudenza si è occupata del caso in cui il danneggiato principale non faccia alcunché.
Tizio è sposato con Caia, la quale viene investita e ricoverata in ospedale dove dopo 10 giorni di attesa lucida della morte questa
sopravviene. (non c’è coma)
Lo schema iure successionis se nulla è detto seguirà la direzione della successione legittima.
Ma può avvenire che Caia invece di limitarsi ad attendere la morte lucidamente, inserisca il proprio diritto al risarcimento del
danno non patrimoniale nel testamento. Può essere questo inserito nel testamento?
La risposta è positiva, perchè il credito risarcitorio è una cosa esistente perchè matura nel de cuius appena si perpetra l’illecito ai
suoi danni, pertanto è cosa esistente sul piano dell’an, al più è incerta sul quantum.
Diversamente opinando si creerebbe disparità di trattamento ingiustificata tra successione legittima e testamentaria, laddove
invece il legislatore attribuisce maggiore libertà proprio a quella testamentaria.
Caia potrebbe dunque inserire il proprio credito risarcitorio nel testamento.
Altresì può donare il credito risarcitorio, perchè è vero che sono vietate donazioni di cosa futura, ma qui si dispone di una cosa
certa e già entrata nel patrimonio del de cuius.
Può comunque Caia vendere il credito risarcitorio? In altri termini, in questo spazio vivendi in cui è ricoverata in ospedale e
ancora capace di intendere e volere, può vendere il credito?
La norma di riferimento è l’art 1260 che si occupa della cessione del credito, e afferma che si può cedere il credito ma non dove
questo abbia carattere personale, e il credito risarcitorio in effetti nasce da una responsabilità riparatoria e dunque personale;
ma la giurisprudenza più recente ha confermato la possibilità di vendere il credito risarcitorio, cass. civ. 52 del 2012.
Ciò in quanto il carattere personale a cui si riferisce il 1260 è quello collegato con la vita del destinatario, si pensi al credito
alimentare o alla rendita vitalizia, e d’altronde l’inciso strettamente personale va interpretato in modo rigoroso essendo
eccezionale rispetto al principio generale di libera cedibilità del credito e libera negozialità di cui al 1322.
Ovviamente si tratta di un vendita a rischio perchè l’acquirente potrebbe non riuscire a dimostrare la responsabilità dell’agente
sempronio e potrebbe perdere il denaro pagato.
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DANNO TANATOLOGICO O DA MORTE IMMEDIATA
Il problema più delicato è quello del danno tanatologico o da morte immediata.
Ci siamo sempre occupati del caso in cui vi sia un apprezzabile lasso di tempo tra lesione e morte e abbiamo visto che il
danneggiato principale può attendere la morte lucidamente, può andare in coma, può procedere a testamento, donare o
vendere il credito.
Che succede se il destinatario dell’evento antigiuridico muore all’istante? Opera lo schema iure successionis?
Tizio è sposato con caia che investita da sempronio muore all’istante.
Tizio può cumulare le proprie pretese iure proprio unitamente a quelle iure successionis? Oppure in difetto del lasso di tempo
potrà agire solo iure proprio?
La questione è complessa e nemmeno la pronuncia SS.UU. 26972 del 2008 ha dato una soluzione appagante.
• Per l’orientamento prevalente, confermato di recente, nei casi di danno tanatologico o da morte immediata non vi è spazio
per lo schema iure successionis con la conseguenza che nel caso tizio potrà agire solo iure proprio, secondo tre argomenti:
1) Quando la vittima è colpita e muore all’istante viene leso non il diritto alla salute ma il bene giuridico vita, e nessuna
norma della carta fondamentale si occupa di questo diritto, pertanto non può trovare tutela
2) Anche ad ammettere tale pretesa risarcitoria, comunque sarebbe un diritto adespota, senza legittimo titolare, perchè
nel momento in cui il soggetto acquisisce il diritto lo perde in quanto muore
3) Non scatta lo schema iure successionis perchè la responsabilità civile è riparatoria e se il danno è irreparabile
l’obbligazione si estingue, cass. civ. 6754 del 2011
(Il medico legale saprà calcolare il tempo tra lesione e morte.)
• La tesi positiva minoritaria (Il danno tanatologico è risarcibile) si basa su 4 argomenti:
1) La costituzione implicitamente tutela il diritto di vita perchè tutela diversi aspetti che presuppongono la permanenza in
vita, inoltre è espressamente previsto dalla convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo nonché dalla recente
costituzione europea
2) La morte immediata per la medicina legale non esiste, tranne nello spappolamento del cervello o decapitazione,
pertanto vi è sempre un istante in cui la vittima si rende conto di morire, e qui matura un danno trasmissibile agli eredi
3) Diversamente opinando si arriverebbe all’absurdum per cui è economicamente più conveniente uccidere che ferire, in
relazione al quantun debeatur, poiché solo la morte farebbe scattare i danni iure successionis. Qui si fa il classico
esempio dell’automobilista che investito il passante si accorge che è ancora vivo e facendo retromarcia lo uccide perchè
sul piano economico risparmia.
4) È vero che la responsabilità civile è riparatoria ma quando il danno è irreparabile non si estingue ma muta in un’ottica
riparatoria sulla falsa riga del 2058
Stando così le cose ben potrà tizio cumulare pretese iure proprio con quelle iure successionis.
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SS.UU. SUL PUNTO
A SS.UU. la pronuncia 26972 del 2008 e seguenti, seguendo l’orientamento minoritario, ha affermato che in effetti la morte
immediata non esiste e pertanto il danno tanatologico da morte immediata può essere risarcito nella sua veste di danno morale
terminale.
Si chiama così perchè è un turbamento psicologico causato dalla consapevolezza del sopravvenire del termine della vita, e si dice
che questo danno morale terminale sia particolarmente penetrante e superiore a tutti i danni iure successionis, e per questa via
si risolve il problema del vantaggio economico dell’uccisione sul ferimento.
In sede di parere dovreste privilegiare quest’ultima tesi del danno morale terminale, in sede di atto potete privilegiare gli
argomenti a voi più confacenti.
Ma questa ricostruzione non è del tutto convincente, perchè:
1) non risolve tutti casi restando senza soluzione lo spappolamento del cervello e decapitazione
2) non esiste l’attesa lucida della morte una volta che il soggetto viene colpito e sa che sta per morire. Come minimo il
soggetto impazzisce e infatti sarebbe più corretto parlare di danno psichico terminale o catastrofale.
3) in realtà la disparità di trattamento essenzialmente resta, infatti se il soggetto che sa di morire soffre più di quello che
non lo sa, allora a maggior ragione se la vittima resta in vita un apprezzabile lasso di tempo soffre di più e resta la
disparità di trattamento per cui è più conveniente uccidere che ferire.
La prova che questo turbamento psicologico terminale inteso come piccola sofferenza in attesa della morte in realtà vada
inquadrata come danno psichico o catastrofale è stata affermata da cass. civ. 4754 del 2011 che ha preferito parlare di danno
catastrofale e poi di cass. civ. 1072 del 2011 che ha preferito parlare di danno psichico terminale.
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