beati quei popoli che si riconoscono nei simboli. gli

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beati quei popoli che si riconoscono nei simboli. gli
d’Italia
BEATI QUEI POPOLI CHE SI RICONOSCONO
NEI SIMBOLI. GLI ITALIANI NON NE HANNO PIÙ
ANNO LXII N.130
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Aldo Di Lello
Cortei regali, antichi rituali, carrozze
e pennacchi: è bene, ogni tanto,
concentrarsi su ciò che rimane della
storica simbologia politica dei popoli
europei. Non è un tuffo nel passato,
ma una riscoperta di radici. Perché,
quando un simbolo soppravvive ai
secoli, vuol dire che, nel Paese in
cui ciò accade, abita un popolo orgoglioso della propria identità e
della propria storia. Proviamo a mettere a confronto due feste. Quella
del 2 giugno in Italia. E quella del 4
giugno in Gran Bretagna, giorno in
cui la Regina Elisabetta pronuncia il
Queen's Speech, cioè il discorso al
Parlamento. Della festa della Repubblica rimane la suggestione
delle Frecce Tricolori, la parata delle
Forze Armate in via dei Fori Imperiali, il saluto alla folla di Napolitano
dalla Lancia Flavia presidenziale.
Una bella giornata, tutto sommato,
ma una festa all'insegna della "sobrietà" repubblicana, senza particolare enfasi, a beneficio di un popolo
comunque distratto e poco sensibile
alle liturgie istituzionali. Eppure si
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tratta della festa nazionale per eccellenza. Non si pretende che dalle finestre e dai balconi sia tutto uno
sventolar di tricolori, però un po' più di
passione e di partecipazione, quelle
sì, sarebbe lecito attendersele. Invece
l'unica nota di colore è stato il solito
"bagno di folla" di Renzi, che dava il
"cinque" ai passanti di via del Corso.
Solennità addio. L'unica Repubblica
che piace è quella informale e un po'
piaciona, che dà del "tu" ai cittadini, per
poi spremerli come limoni con l'Agen-
zia delle Entrate ed Equitalia. E per più
di due decenni, dal 1977 al 2001, la
Festa della Repubblica fu anche retrocessa a "festicciola", per dare più lustro
al 25 Aprile. Così, per tanto tempo,
molti italiani hanno creduto che fosse
quella la vera festa "nazionale"e che
Bella Ciao fosse il vero inno, invece
del Canto degli Italiani di Goffredo Mameli. E poi, non era stato forse quel
"reazionario" anticomunista di Randolfo Pacciardi a istituire, come ministro della Difesa, la parata del 2 giugno
Gino Strada chieda scusa e risponda: era Brunetta
lʼ«esteticamente incompatibile» con Venezia?
Francesco Signoretta
Non ci sono solo i soldi che sarebbero finiti nelle tasche di qualcuno
che conta, non cʼè solo il tintinnìo
di manette, stavolta scattate dopo
le elezioni europee, a urne chiuse
e risultati noti – i maligni dicono
che con questo ritardo qualche
toga giudiziosa abbia evitato di azzoppare la campagna elettorale di
Renzi – e non cʼè solo il replay
dello scontro tra i garantisti che
aspettano di vederci chiaro e dei
forcaioli che già gridano “in galera,
in galera”. Lo scandalo del Mose a
Venezia, infatti, è anche una lezione a chi parla troppo e a sproposito. Spesso è meglio tacere
che evitare brutte figure. Quando
ci fu la sfida a sindaco della città
lagunare, la candidatura che infastidiva la corsa dellʼuomo del centrosinistra, Orsini, era quella di
Renato Brunetta. E allora tutti i
volti noti furono chiamati a raccolta
per sparare sul nemico. Una fucilazione solenne. E chi sparò la pallottola mortale fu il cuore dʼoro
Gino Strada, il fondatore di Emergency, lʼassociazione umanitaria
che offre cure mediche e chirurgiche gratuite e di alta qualità alle
vittime della guerra e della povertà. Da buon pacifista, Strada
disse che Brunetta era «esteticamente incompatibile» con la città
di Venezia. Il riferimento era alla
sua struttura fisica, troppo basso
per gli occhi delicati dellʼidolo della
sinistra nostrana. Era lʼennesimo
insulto allʼesponente azzurro, che
già era stato etichettato «energumeno tascabile» da DʼAlema e
«professore di una certa statura
accademica» dal gentile Mario
Monti. Ma torniamo a Gino Strada.
A Un giorno da pecora confessò:
«Ho votato una volta sola negli ultimi decenni». Quando? E per chi?
«Per il sindaco di Venezia. Ho
scelto Orsoni perché ho semplicemente pensato che Brunetta fosse
esteticamente incompatibile con la
città. Secondo me lui non cʼentra
niente con Venezia». Parole pesantissime, accolte da uno strano silenzio dai benpensanti della
sinistra. Alla luce di quanto accaduto, con Orsoni finito in manette,
bisognerebbe chiedere a Gino
Strada chi era veramente incompatibile con la città di Venezia. Ma siccome nessuno è colpevole fino a
sentenza definitiva – e il centrodestra è sempre stato garantista – bisognerebbe limitarsi a chiedere a
Gino Strada di chiedere scusa a
Brunetta. Meglio tardi che mai. Lo
insegna la vicenda del Mose.
giovedì 5/6/2014
nel 1950? Perché allora stupirsi se gli
italiani non sanno veramente cosa sia
una festa nazionale? Per la verità,
molti di loro non sanno nemmeno cosa
sia una Nazione. E tale lacuna è, in verità, la causa prima dello scarso pathos
repubblicano del nostro popolo.
Un'aria ben diversa è invece quella
che si è respirata a Londra con il
Queen's Speech. Non è certo una roba
repubblicana. Però è anche vero che
le monarchie, antiquata o meno che
sia la presenza di un re, offrono se
non altro il vantaggio di avere, proprio
nel sovrano, il simbolo vivente dell'unità nazionale. La solennità dei gesti
di quella giornata non può che destare
l'ammirazione anche di un sincero repubblicano. Il discorso della Regina
avviene secondo l'antico e solenne rituale, in cui Elisabetta II parte in carrozza da Buckingham Palace verso
Westminster, scortata dalla Household
Cavalry. Qui, entra dalla Sovereign's
Entrance, procedendo verso la Robin
Room, dove indossa la corona imperiale e il mantello con lo strascico. La
sovrana si reca quindi alla Camera dei
Lord, dove si siede sul trono. A quel
punto, il funzionario noto come Black
Rod va a chiamare i Comuni. A simboleggiare la loro indipendenza dalla Corona, la porta della Camera viene
tradizionalmente chiusa in faccia al
funzionario, fino a quando questo non
bussa con il suo bastone. I “comuni”
seguono a quel punto il Black Rod e lo
Speaker della loro Camera fino alla
Lords' Chamber, dove si dispongono
sul lato opposto della sala rispetto al
trono. Abbiamo descritto un'anticaglia?
No, si tratta invece di una delle massime espressioni dell'orgoglio nazionale britannico e , soprattutto, della sua
solidità istituzionale.
Particolare interessante: quest'anno la
Regina Elisabetta si è recata a Westminster a bordo di una nuova carrozza da parata, detta del Giubileo di
Diamante, costruita con alcuni reperti
unici della storia britannica. Fra questi
i frammenti della Mary Rose, la nave
da guerra di Enrico VIII, dell'albero di
mele di Sir Isaac Newton, e parti dell'ammiraglia di Horatio Nelson, la Hms
Victory. L'identità storica britannica è
praticamente condensata in quel manufatto di elevatissimo pregio. Una
cosa del genere in Italia ce la possiamo solo sognare. E dire che Buckingham Palace costa ai britannici
meno di quanto, agli italiani, costa il
Quirinale.
Tangenti per il Mose di Venezia: trentacinque
in carcere, fra cui il sindaco di centrosinistra Orsoni
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Secolo
d’Italia
GIOVEDì 5 GIUGNO 2014
Sandro Forte
Un vero e proprio terremoto
giudiziario ha investito la
città sulla laguna: il sindaco
Giorgio Orsoni, del centrosinistra, è finito in manette con
le accuse di corruzione, concussione e riciclaggio. Con
lui sono finiti in carcere altre
34 persone, un centinaio gli
indagati. Tra gli arrestati
anche il consigliere regionale del Pd Giampiero Marchese,
gli
imprenditori
Franco Morbiolo e Roberto
Meneguzzo, nonché il generale in pensione Emilio Spaziante
e
lʼassessore
regionale alle Infrastrutture
Renato Chisso, di Forza Italia. Una richiesta di arresto è
stata formulata per il senatore di Forza Italia Giancarlo
Galan (essendo parlamentare, gli atti dovranno essere
tramessi al Senato), coinvolto per il periodo in cui è
stato presidente della Regione Veneto. Lʼinchiesta è
quella della Procura di Venezia sugli appalti per il Mose e
sullʼex amministratore delegato della Mantovani Giorgio
Baita, già colpito da un provvedimento di custodia caute-
lare lo scorso febbraio. Il blitz
è stato eseguito dalla Guardia di Finanza di Venezia nellʼambito dellʼinchiesta avviata
tre anni fa. I pm della Dda
Stefano Ancillotto, Stefano
Buccini e Paola Tonino ave-
vano scoperto che lʼex manager della Mantovani Giorgio Baita, con il beneplacito
del proprio braccio destro Nicolò Buson, aveva distratto
dei fondi relativi al Mose, le
opere di salvaguardia per
Venezia, in una serie di fondi
neri allʼestero. Il denaro, secondo lʼaccusa, veniva portato da Claudia Minutillo,
imprenditrice ed ex segretaria personale di Galan, a San
Marino dove i soldi venivano
riciclati da William Colombelli
grazie alla propria azienda finanziaria Bmc. Nellʼambito
dellʼinchiesta le Fiamme
Gialle avevano scoperto che
almeno 20 milioni di euro,
così occultati, erano finiti in
conti esteri dʼoltre confine e
che, probabilmente, erano
indirizzati alla politica, circostanza che ora ha fatto scattare
lʼoperazione.
Successivamente era finito
in carcere Giovanni Mazzacurati, ai vertici del Consorzio
Venezia
Nuova.
Mazzacurati, poi finito ai domiciliari, era stato definito “il
grande burattinaio” di tutte le
opere relative al Mose. Indagando su di lui erano spuntate fatture false e presunte
bustarelle che hanno portato
allʼarresto di Pio Savioli e
Federico Sutto, consigliere e
dipendente di Cvn, e quattro
imprenditori che si spartivano i lavori milionari.
Gloria Sabatini
«Utile scambio di vedute con Matteo Salvini. Ripartiamo dai contenuti». È quanto scrive su Twitter
Giorgia Meloni a poche ore dallʼincontro con il segretario della Lega
postando una foto insieme. È il
primo incontro tra i due dopo le elezioni europee che hanno avuto ripercussioni forti sugli equilibri
nazionali. Non è un abbraccio né un
asse dʼacciaio, come un poʼ troppo
frettolosamente hanno scritto alcuni
quotidiani. Quello di martedì è stato
un primo assaggio per mettere a
punto possibili collaborazioni su
temi specifici sullo sfondo di un
centrodestra che annaspa e deve
rifondarsi. Tra il nuovo Carroccio
guidato dal giovane europarlamentare milanese (epurato dagli eccessi bossiani) e Fratelli dʼItalia cʼè
un terreno di proposte comuni
(dalla crociata contro lʼeurocrazia di
Bruxelles e la sudditanza alla Merkel allʼimmigrazione), ma anche
grandi distanze sullʼidentità nazionale e il retroterra culturale. Il buon
risultato elettorale di entrambi, con
il partito della Meloni che supera il
milione di voti – raddoppiando i
consensi delle scorse politiche – e
la Lega che recupera punti e supera il 6 per cento, ha messo in
moto un processo di avvicinamento. Le convergenze, però, si costruiscono sui programmi non sulle
percentuali elettorali e le somme algebriche – sostengono la Meloni e
Salvini – la mission è ricostruire un
fronte comune contro la sinistra di
Matteo Renzi per un centrodestra
competitivo che torni protagonista
sulla scena politica e riveda errori
reciproci. Metodo (primarie sì, primarie no) e contenuti (disoccupa-
zione, Europa, riforme, immigrazione, temi “eticamente sensibili”)
sono al centro di un tavolo ancora
virtuale tra le sigle che compongono il centrodestra.
Tutto ancora da decifrare il possibile rientro in campo di Gianfranco
Fini, tutto ancora da verificare, lo
stesso ex presidente della Camera
non svela le carte, parla genericamente del bisogno di nuovo programmi e di una nuova leadership
spiegando di non essere «un uomo
per tutte le stagioni». Molto dipenderà anche dallʼorientamento di
Forza Italia che in queste ore vive
una spaccatura interna sui rapporti
con il governo e sconta le difficoltà
politiche e personali di Berlusconi
ma anche dalle mosse del Nuovo
Centrodestra governativo che, malgrado lʼalleanza elettorale con
lʼUdc, si è rivelato molto al di sotto
delle aspettative della prima ora superando di poco il tetto del 4 per
cento.
Finché Alfano restera «lʼutile stampella» di un governo monocolore di
sinistra la porta degli ex alleati rimane chiusa.
Il primo faccia a faccia Meloni-Salvini: lavori
in corso per un centrodestra da rifondare
A metà giugno via libera all'eterologa in Italia.
Le polemiche si spostano sugli embrioni
GIOVEDì 5 GIUGNO 2014
Roberto Mariotti
Conto alla rovescia per molte coppie italiane. Da metà giugno, con la
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della sentenza della Consulta
che cancella il divieto al ricorso a
un donatore esterno di ovuli e spermatozoi, anche nel nostro Paese
sarà possibile accedere alla fecondazione eterologa. La battaglia dell'associazione Luca Coscioni
contro la legge 40, intervenuta a limitare l'accesso alla procreazione
medicalmente assistita, si sposta
ora su un altro fronte, quello dell'utilizzo degli embrioni a fini di ricerca scientifica. A pochi giorni
dall'udienza della Corte Europea
dei Diritti dell'uomo sul tema, prevista per il 18 giugno, l'associazione
ha annunciato di essersi resa "colpevole" di un reato "non ancora
prescritto", quello di aver esportato
all'estero due embrioni italiani da
utilizzare ai fini di ricerca scientifica, ma "erano troppo deboli e non
è stato possibile utilizzarli". Ad annunciarlo è stato il tesoriere Marco
Cappato. «Il 29 settembre 2003,
nel corso di una fecondazione assistita, sono stati prodotti degli embrioni e nel dicembre 2006 li
abbiamo spediti al Karolinska Institute di Stoccolma», ha spiegato. In
Svezia, infatti, si può fare «quello
che in Italia viene sanzionato da 3
a 6 anni di carcere» ovvero, ricerca. Nel nostro Paese infatti vige
l'intangibilità assoluta degli embrioni, che non possono però ne-
Secolo
d’Italia
Il trucco della Ue: “Cara Italia,
niente manovra correttiva
ma devi essere pronta ad agire”
anche essere soppressi. «Sono
circa 3.000 quelli non utilizzati ne
utilizzabili che giacciono congelati», ha ricordato Filomena Gallo.
Non un gesto di «disobbedienza civile» ma «uno spot pubblicitario»
per Eugenia Roccella, vicepresidente della Commissione Affari Sociali della Camera. Per il ministro
della Salute, Beatrice Lorenzin, con
la sentenza della Corte Costituzionale «si aprirà nel nostro Paese
una fase nuova nel delicato ambito
della procreazione medicalmente
assistita, che non coinvolge solamente aspetti sanitari». Una fase
che introdurrà «cambiamenti importanti in un quadro giuridico più
ampio, riguardo alla filiazione e alla
genitorialità». Nonostante le impli-
cazioni etiche e giurisprudenziali
continuino a far discutere, a dieci
anni dall'approvazione, procede il
progressivo abbattimento dell'impalcatura della legge 40, che il referendum radicale non riuscì a fare
per mancanza del quorum. Intanto
dalla Svizzera arriva il primo via libera Consiglio nazionale che
estende la diagnosi preimpianto
degli embrioni anche a coppie che
rischiano di trasmettere anomalie
cromosomiche come la sindrome di
Down. L'ultima parola spetterà al
popolo elvetico poiché la novità
prevede una modifica costituzionale che implica un referendum obbligatorio. E lì non ci sarà il
problema di scarsa affluenza alle
urne.
guire con la fase finale della trattativa, in Alitalia si lavora su vari fronti,
per chiudere i dossier aperti. A partire da quello degli esuberi. Il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha
messo una parola di chiarezza sui
numeri che girano da mesi: gli esuberi stimati sono «tra i 2.400 e i
2.500, almeno dalle risultanze pubbliche. Poi si dovrà vedere quando
ci sarà la discussione di merito tra
le parti», ha aggiunto il ministro,
spiegando che la regia sarà sotto il
Ministero dei Trasporti, mentre il
Lavoro sarà a disposizione per la
parte sugli ammortizzatori sociali. I
sindacati, in attesa di una convocazione che probabilmente arriverà
per la prossima settimana, non si
sbilanciano. «Continuo a leggere i
giornali, finché non avremo preso
visione del piano industriale non faremo alcun commento», afferma il
segretario generale della Cgil Susanna Camusso. «Quando saremo
in grado di capire se l'azienda ha un
futuro e quali conseguenze può
avere sull'occupazione daremo il
nostro parere», dice anche il leader
della Uil Luigi Angeletti. Più nervose
le sigle di categoria. Il segretario
nazionale della Filt Cgil, Mauro
Rossi, dice no ai licenziamenti e
chiede «un confronto su piano o saranno guai». E la Uiltrasporti lancia
l'allarme piloti che, preoccupati
dagli esuberi e allettati dalle compagnie straniere, stanno lasciando
Alitalia in numero crescente: in un
anno ne sono usciti un centinaio e
nelle ultime settimane si registrano
4-5 dimissioni volontarie a settimana, spiega il coordinatore piloti
Ivan Viglietti.
Alitalia, si vive con l'incubo di 2.500 esuberi.
La Ue avverte: deve restare europea
Franco Bianchini
Duemilacinquecento esuberi per far
decollare l'Alitalia targata Etihad.
Questo il sacrificio che viene chiesto ai lavoratori e che nei prossimi
giorni sarà al centro del confronto
che si aprirà tra le parti. E mentre i
sindacati restano cauti, in attesa di
vedere il Piano industriale che dovrebbe rilanciare la compagnia italiana, torna a farsi sentire l'Europa.
Che avverte: il controllo deve restare in mani europee. In fibrillazione anche le autorità milanesi,
che temono per il destino di Malpensa: il governatore Maroni teme
un raddoppio degli esuberi e vede
rischi anche per l'Expo. Incassato
l'assenso degli emiratini a prose-
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Redazione
Dopo le raccomandazioni all'Italia,
la Commissione Ue ribadisce che
per ora non serve nessuna manovra correttiva ma il governo deve
essere pronto ad agire qualora in
autunno venissero confermate le
stime sull'aggiustamento strutturale
ancora insufficiente, conferma che
il debito non viene ancora aggredito
con la determinazione che chiede
Bruxelles. La Ue invita quindi a fare
molta attenzione ai conti anche nel
2014 e ad accelerare gli interventi
a favore della crescita perché lo
scetticismo dei tecnici sull'impatto
delle riforme resta nero su bianco,
tanto che nei loro documenti di lavoro, accessibili a tutti sul sito della
DG Ecfin e base delle raccomandazioni, c'è ancora la frase con cui
raccomandavano la bocciatura del
rinvio del pareggio richiesta dall'Italia, tolta all'ultimo minuto dal testo
finale con una decisione 'politica'
dal collegio dei 28 Commissari. «La
commissione è stata ragionevole
nelle raccomandazioni, riconosce
che nel 2014 c'è una sostanziale incertezza anche nel quadro macroeconomico, nel primo trimestre
è andata meno bene di quello che
ci aspettavamo e quindi c'è la necessità di essere rigorosi, e pronti a
misure in caso di deviazione», ha
detto il direttore generale della DG
Ecfin Marco Buti, commentando
l'analisi pubblicata. Buti spiega che
la Commissione ha già interpretato
le regole con “ragionevolezza”, perché se si prendesse alla lettera
quanto richiesto dalla “regola del
debito” all'Italia toccherebbe una
manovra da nove miliardi. Ma «nel
quadro di ragionevolezza, ci rendiamo conto che 9 miliardi, o lo
0,6% del pil, non è raggiungibile
quest'anno perché siamo già a
metà, quindi sarebbe una manovra
troppo pesante".
Tra pochi giorni Felipe sarà re, ma le sinistre chiedono
un referendum tra monarchia e repubblica
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Antonio Pannullo
In Spagna tutti gli occhi sono puntati
sul 46enne delfino Felipe incoronato
dal padre Juan Carlos e nel quale
molti delegano la speranza di rafforzare la fiducia nelle istituzioni, in un
Paese in cui «la crisi ha lasciato profonde cicatrici» - come ha ricordato il
re - e mentre cresce il numero di
quanti invocano un referendum per
scegliere fra monarchia e repubblica.
Il governo ha approvato in queste ore
la legge sulla successione che renderà effettiva l'abdicazione, che sarà
discussa l'11 giugno e approvata il 17
in Parlamento. Mercoledì 18 giugno ci
sarà la proclamazione solenne di Felipe VI re di Spagna, in una sessione
plenaria congiunta di Camera e Senato. È previsto che la legge passi con
i voti favorevoli di almeno l'85% dell'emiciclo - PP, Psoe, UPyD, mentre
CiU ha annunciato un voto non contrario - l'astensione dei nazionalisti baschi del Pnv e quelli contrari di parte
del gruppo misto, con i partiti della sinistra e indipendentisti che premono
per un referendum sul modello di
Stato. I "repubblicani" promettono inoltre di continuare le mobilitazioni di
piazza, come quelle cui lunedì scorso
hanno partecipato alcune migliaia di
persone, convocate da Izquierda
Unida, che ha annunciato un emendamento alla legge di successione in
aula. Un'iniziativa che, tuttavia, non ha
Secolo
d’Italia
Allarme in Messico,
c'è una “epidemia” di omicidi
in tutto il Paese
alcuna possibilità di successo, dato
che il Partido Popular del premier Mariano Rajoy e quello socialista, con il
leader dimissionario Alfredo Perez
Rubalcaba, garantiscono i voti utili alla
continuazione della corona. «Il Psoe
che rappresento è di profondi radici
repubblicane e nella transizione è
stato uno dei fermi protagonisti dell'accordo di consenso» fra le forze politiche, ha insistito Rubalcaba. «Credo
che la monarchia abbia in Spagna un
appoggio largamente maggioritario.
Se a qualcuno non piace, cambi la
Costituzione», ha ribadito da parte
sua Rajoy, nel rimarcare la linea rossa
per la consultazione sulla forma di
Stato. Il 50% degli spagnoli è a favore
della monarchia e il 62% di un'abdicazione del re, secondo il sondaggio
pubblicato a gennaio da Sigma dos.
La legge di successione approvata dal
governo non fa parola sullo status giuridico che regolerà le funzione dell'ex
capo dello Stato o del trattamento che
riceverà come ex monarca. Questioni
che, evidentemente, non si considerano prioritarie. Ma che suscitano opinioni divergenti fra i giuristi, soprattutto
quella, cruciale, della inviolabilità o
non imputabilità dell'ex sovrano, prerogativa garantita dalla costituzione in
maniera esclusiva per il re in funzione
e che non contempla la protezione
giuridica in caso di abdicazione. Della
futura famiglia reale faranno parte solo
sei membri: con il re Felipe VI, la regina Letizia - prima monarca ad aver
pagato un mutuo ipotecario - l'erede
Leonor, che diventerà principessa
delle Asturie, la sorella Sofia, Juan
Carlos e Sofia di Grecia.
leader socialista - è arrivato il momento
di semplificare e chiarire. L'ambizione è
trasformare per diversi decenni l'architettura territoriale della Repubblica», scrive
ancora Hollande, che propone di dare
alle regioni più responsabilità per rafforzarle. Il piano è chiaro: «Saranno la sola
collettività competente per sostenere le
imprese e condurre le politiche di formazione e occupazione, per intervenire in
tema di trasporti, dai treni regionali agli
autobus, passando per le strade, gli aeroporti e i porti. Gestiranno licei e scuole
medie. Avranno la responsabilità l'organizzazione delle infrastrutture». In conclusione ci saranno meno rappresentanti
eletti, aggiunge il capo dello Stato, senza
precisare i risparmi che ci saranno con la
sua riforma, promettendo anzi alle nuove
regioni «mezzi finanziari propri e dinamici», come chiedono i presidenti regionali. Ma non mancano malumori e
proteste, in un contesto in cui il presidente deve già scontare un livello di impopolarità abissale. Del resto, Hollande
ha già dovuto ritoccare le sue ambizioni
al ribasso per rassicurare gli eletti della
maggioranza. Le regioni non saranno più
12, come previsto inizialmente, ma 14.
Inoltre, la riforma richiederà più tempo del
previsto. Così, l'annunciata scomparsa
dei consigli generali, istanze locali elette
dai 101 dipartimenti, praticamente gli
stessi dalla Rivoluzione francese, si farà
su diversi anni, con la scomparsa effettiva nel 2020. Sempre che passi la revisione costituzionale, che richiede una
maggioranza dei 3/5 del Parlamento. Il
progetto di legge verrà esaminato in Consiglio dei ministri il 18 giugno, prima della
discussione in Parlamento a luglio. Forte
della sua vittoria nelle recenti elezioni, il
Front National chiede l'organizzazione di
un referendum. Una posizione in linea
con quella della maggioranza dei francesi. Secondo un ultimo sondaggio Ifop,
il 58% della popolazione ritiene che la riforma debba essere oggetto di una consultazione popolare.
Hollande insegue l'antipolitica e stravolge
l'amministrazione della Francia
Redazione
François Hollande, forse per riconquistare popolarità, si mette a inseguire l'ondata di anti-politica che scuote l'Europa.
Stravolge la cartina geografica della
Francia il presidente, che propone una
modifica completa dell'organizzazione
territoriale, riducendo il numero di regioni,
con il dichiarato obiettivo di risparmio
nelle spese dello Stato. Una mossa annunciata sui principali quotidiani regionali
con un articolo dal titolo "Riformare i territori per riformare la Francia" e che prevede, tra l'altro, di rivedere la Costituzione
per sopprimere i consigli regionali nel
2020. Hollande invoca una modifica del
calendario elettorale: l'elezione dei consigli generali che diventano consigli di dipartimento sarà simultanea alle regionali
e si svolgerà nell'autunno 2015, sei mesi
dopo il previsto: «La nostra organizzazione territoriale è invecchiata - spiega il
GIOVEDì 5 GIUGNO 2014
Redazione
Il Messico soffre di una vera e propria
"epidemia della violenza", anche se le
statistiche ufficiali in realtà indicano che
durante il 2013 gli omicidi sono diminuiti
del 16%, ha detto il sottosegretario agli
Interni, Roberto Campa. «Il criterio usato
dall'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stabilisce che con più di 10
omicidi ogni 100 mila abitanti si deve parlare di epidemia», ha sottolineato Campa,
secondo il quale in ben 22 Stati o entità
federali messicani su 32 questa sogli è
superata. La zona di Guerrero, a sud
della costa pacifica, registra il maggior
numero di omicidi (61,59 ogni 100 mila
abitanti), seguito da Sinaloa, più a nord
sulla stessa costa (43,65); Chihuahua, al
centro della frontiera con gli Usa (42,36);
Morelos, al centro-sud (33,55); Durango,
al nord (29,15) e Colima, al sud della
costa occidentale (27,3). Secondo
Campa la strategia adottata dal governo
di Enrique Pena Nieto per combattere la
criminalità organizzata e, in particolare, i
sanguinari clan dei narcos messicani va
tuttavia «nella giusta direzione, come dimostrano le statistiche» degli ultimi 12
mesi. Pochissimi giorni fa il cantante
Tomas Rascon, noto dai suoi fan come
Tito Torbellino, è stato ucciso mentre si
trovava insieme ad alcuni amici in un ristorante giapponese di Ciudad Obregon,
nella Sonora. I giornali locali hanno subito
ricordato i diversi musicisti messicani uccisi rimasti coinvolti negli ultimi anni nelle
guerre tra i diversi cartelli di narcotrafficanti, in lotta tra di loro per il controllo del
mercato della droga e di altre attività criminali. Molti artisti sono stati uccisi con
l'accusa di aver partecipato alle feste di
boss rivali.
Francia, incentivi economici per chi va
al lavoro in bicicletta. E in Italia?
GIOVEDì 5 GIUGNO 2014
Redazione
A qualcuno potrebbe venire in mente
la "coppa Cobram" di un episodio di
Fantozzi, in cui i dipendenti venivano
costretti a una massacrante gara in
bici, ma il tema delle due ruote al lavoro è preso invece molto sul serio in
Francia, dove c'è chi pensa addirittura
a un premio in denaro. In Francia il
primo test di un rimborso di 25 centesimi a chilometro, che faceva parte di
un pacchetto di misure annunciate a
marzo, è partito lo scorso 2 giugno, e
riguarderà 10mila lavoratori. Il progetto, riporta un post sul blog del ministro dei Trasporti Frederic Cuvillier, ha
visto l'adesione volontaria di una ventina di aziende francesi su tutto il territorio nazionale, e durerà sei mesi,
anche se in caso di successo ci sarà
Secolo
d’Italia
una seconda fase più ampia. Il tentativo è di aumentare la quota di lavoratori che usa la bici, ora ferma al 2,4%
con una distanza media percorsa di
3,5 chilometri. «Spero che questo
mezzo di trasporto ecologico e sano scrive il ministro - raggiunga la stessa
dignità degli altri». Dal punto di vista
dei costi, afferma uno studio del governo francese sul sito della European
Cyclist Federation, l'operazione a
lungo termine porta dei guadagni. L'incentivo di 25 centesimi a chilometro
dovrebbe essere sufficiente a raddoppiare la quota di lavoratori che usa
questo mezzo, con dei costi di 109 milioni di euro l'anno largamente compensati dai benefici in termini di minori
spese sanitarie, inquinamento e incidenti, stimati intorno a 570 milioni di
euro. «L'iniziativa è sicuramente lodevole, ma da noi al momento sarebbe
difficile da esportare - spiega Giulietta
Pagliaccio, presidente della Federazione Italiana Amici della Bicicletta
(Fiab) -. In Italia infatti non c'è neanche
la copertura assicurativa per chi va al
lavoro in bici, inoltre i luoghi di lavoro
dovrebbero essere predisposti con
delle aree sicure per il parcheggio e la
possibilità di una doccia per il lavoratore». Diversi Paesi invece, soprattutto
nel nord Europa, hanno incentivi simili
a quello francese, e la percentuale dei
lavoratori che va in bici in Olanda è al
25%, nelle Fiandre al 12% e in Germania al 9%, mentre secondo Pagliaccio non c'è una stima per l'Italia.
Sul fronte dei benefici uno studio della
Commissione Ue del 2011 ha trovato
che se si raddoppiasse il numero di
chilometri percorsi con questo mezzo
in Europa si risparmierebbero da 24 a
54 milioni di tonnellate di CO2 all'anno. Anche i vantaggi per la salute
sono evidenti, afferma l'ufficio europeo
dell'Organizzazione mondiale della
Sanità in un rapporto. Se tutta l'Europa
prendesse esempio da Copenhagen,
dove il 26% delle persone usa la bici,
si potrebbero salvare 10mila persone
l'anno dalla morte a causa dell'inquinamento, creando allo stesso tempo
quasi 8mila posti di lavoro.
mantenere la spesa relativa ai
viaggi sotto ai 1.200 euro, un 26%
spera di riuscire a tenerla sotto i
600 euro, l'8,5% dichiara che
spenderà circa 3 mila euro, il 4,7%
4 mila euro, il 4,4% 5 mila euro.
C'è anche un 5% dichiara che non
spenderà nulla. La metà riesce ad
attenersi al budget prefissato,
mentre il 28% dichiara di spendere
regolarmente di più. Questa percentuale risulta essere comunque
abbastanza bassa se si confronta
a quella degli spagnoli dove, il 52%
degli intervistati dichiara di sforare
puntualmente il proprio budget. I
più abili a rispettare le previsioni di
spesa sono i giovani tra i 18 e i 24
anni (64%), mentre solo il 45%
degli adulti (50+ anni), vi si attiene.
Dal sondaggio emerge anche che
questa categoria ha la percentuale
più alta (il 6%) di chi, quest'anno,
per la prima volta si sta adoperando a prefissarsi un budget per
le proprie vacanze. «Nonostante la
crisi economica, le vacanze sono
sempre più un lusso di cui non si
può fare a meno - dichiara Caterina Toniolo, marketing manager
per il Sud Europa di Skyscanner anche se quasi la metà degli italiani (il 48%) sta cercando di mantenere la spesa relativa ai viaggi
sotto ai 1.200 euro e un 26% spera
proprio di riuscire a tenerla sotto i
600 euro».
Il 56 % degli italiani pronto a viaggiare di più,
ma con una spesa contenuta in 1.200 euro
Redazione
Il 56% degli italiani, in barba alla
crisi, sta cercando di programmare
più vacanze rispetto allo scorso
anno. Lo sostiene il sito di ricerca
viaggi Skyscanner, su mille viaggiatori italiani, secondo il quale si è
comunque sempre più attenti nello
spendere e il 78% dei nostri connazionali ha intenzione di contenere in media le spese entro i
1.989 euro. Di questi, la metà degli
italiani (il 48%) sta cercando di
5
Open day
al “Bambin Gesù”
tra giochi e prevenzione
Redazione
Giochi, laboratori, animazione, ma
anche piccoli test diagnostici e un
contatto diretto con i medici. Saranno queste le possibilità offerte
dall'Open Day dell'ospedale pediatrico Bambino Gesù, in programma
sabato 7 giugno dalle 11 alle 18 nella
sede di San Paolo Fuori le Mura e
che avrà come madrina d'eccezione
Lorella Cuccarini. Nell'arco della
giornata famiglie potranno approfondire con i medici tematiche specifiche, come allergie, obesità,
cardiopatie, problemi dermatologici,
diabete, fibrosi cistica, patologie metaboliche, problemi oculistici. In particolare, i piccoli potranno essere
sottoposti gratuitamente a un test
della saliva messo a punto per individuare la predisposizione genetica
allo sviluppo di malattie epatometaboliche, allo screening elettrocardiografico per la prevenzione delle
cardiopatie aritomogene, all'epiluminescenza per la prevenzione del melanoma, al prick test per gli allergeni
inalanti e alimentari, al test del sudore per valutare la quantità di sodio
e di cloro per la diagnosi della fibrosi
cistica, alla spirometria, al test per la
vista, al testa di valutazione sportiva.
Nel corso di una lezione-gioco, i
bambini potranno poi apprendere alcuni elementi di primo soccorso. Per
tutta la giornata, inoltre, ci saranno
laboratori per realizzare braccialetti,
giocolieri e clown, teatro animato,
cartastorie, postazioni balloon art, il
teatro delle marionetta. Per l'occasione, il parcheggio sotterraneo
adiacente al Bambino Gesù sarà
gratuito.
Forza Italia all'attacco: anche i ministeri
di Salute e Tesoro bocciano Zingaretti
Secolo
6
d’Italia
GIOVEDì 5 GIUGNO 2014
Dissesto idrogeologico:
sostenere in Emilia
le aziende agricole montane
Redazione
«Il Commissario alla sanità, nonché
presidente della Giunta Zingaretti, non
fa altro che collezionare figuracce. Non
sono sufficienti quelle già impartite da
alcuni giudici del Tar del Lazio, come
per la vicenda dellʼAudiomedical center di Roma, come non saranno da
meno quelle che collezionerà sulla vicenda Arcea per la realizzazione della
Roma-Latina, che rischiano di privare i
cittadini del Lazio di introiti miliardari.
Ora assistiamo addirittura ad una bocciatura dellʼaccordo siglato dal presidente Zingaretti con lʼuniversità La
Sapienza, da parte dei ministeri della
Salute e del Tesoro che, con lettera del
27 febbraio 2014, hanno espresso parere non favorevole». Lo dichiara il vicepresidente della commissione Salute
della Regione Lazio Antonello Aurigemma, di Forza Italia, che così continua: «Su questo protocollo il “Robin
Hood de noantri” Nicola Zingaretti ha
invertito il ruolo del celebre personaggio della foresta di Sherwood, che in
questo caso toglie ai poveri, ossia ai
cittadini, per dare ai ricchi. Infatti, le osservazioni avanzate dai due ministeri
fanno riferimento proprio agli aumenti
di spesa che graverebbero sui cittadini,
a seguito della firma di questo protocollo, in barba al decreto legge 517/99
e alla normativa vigente. Con questo
accordo tra università La Sapienza e
Regione Lazio, firmato lʼ11 dicembre
2013, il prode “Robin Hood de noantri”
avrebbe incaricato il direttore generale
dellʼazienda ospedaliera dell'università
di indicare il personale ospedaliero nei
ruoli universitari, naturalmente con
lʼonere economico a carico della Regione. I ministeri evidenziano inoltre
lʼanomala trasformazione dellʼazienda
ospedaliera di Latina in azienda ospedaliera universitaria integrata, cosa
espressamente non consentita dal decreto legge 517/99: anche qui, naturalmente, le spese saranno a carico dei
cittadini. Sempre nella nota congiunta
dei ministeri si evidenziano i maggiori
costi indotti delle aziende ospedaliere
universitarie sulle attività assistenziali
dalle funzioni di didattica e di ricerca,
nella misura dellʼ8%: misura che viola
lʼaccordo Stato-Regioni che stabiliva
tale percentuale in un tetto massimo del
7%. Inoltre gli oneri per i corsi di laurea
saranno a carico dellʼuniversità non
dalla data di stipula dellʼaccordo, dicembre 2013, ma a partire dal 2015,
cioè due anni dopo la sottoscrizione.
Inoltre – ha concluso Aurigemma – non
si capisce il motivo per il quale parte
degli oneri sostenuti dallʼuniversità per il
personale universitario, inserito in attività assistenziali, verrebbe trasferito sui
bilanci della Regione Lazio. Per non
parlare della assegnazione di funzioni
superiori per personale non previsto dal
decreto 517/99, come addirittura la
creazione di figure di responsabile primariale aggregato per i ricercatori, naturalmente tutto a carico della Regione
Lazio».
Redazione
«La Regione Toscana va in controtendenza rispetto alle scelte a livello nazionale che prevedono
unʼattenuazione e poi lʼabolizione
dei finanziamenti allʼeditoria riconoscendo finalmente che il mondo
dellʼeditoria è un mondo di imprese
commerciali che devono trovare
un loro spazio nel mercato. La Toscana no, e vara ora provvidenze a
pioggia che, frantumate come
sono, non serviranno allo sviluppo
e rappresentano solo una regalìa
fatta al settore». Lo dichiarato in
aula Marco Taradash, vicepresidente del Nuovo Centrodestra.
«Cosa apparentemente immotivata – continua – a meno che non
si guardi al calendario e alla scadenza elettorale delle regionali dellʼanno prossimo. Questi 3 milioni di
euro andranno a offrire un generoso contributo da parte della Regione, coi soldi dei cittadini toscani,
a testate che poi, durante la campagna elettorale, dovranno informare sulle attività del governo
regionale. Eʼ un esempio tipico di
voto di scambio, operato nella maniera più subdola e messo in atto
con i soldi dei cittadini. Eʼ una
scelta che non condividiamo come
non la condividerebbero i cittadini
toscani se solo sapessero lʼuso
che si fa dei loro soldi, cosa improbabile per ragioni collegate proprio
al presente provvedimento. Nelle
pieghe della legge ci sono poi limiti
assurdi che di fatto vietano alle
aziende di creare nuova occupazione, udite udite, perché si impone un tetto sul numero dei
praticanti, ovvero su coloro che
stanno per essere stabilizzati.
Questo è un incentivo per gli editori a non regolarizzare gli aspiranti
giornalisti, che oggi sono forse in
Italia la categoria più precaria di
tutte. Dinanzi a un abominio di
questo genere – conclude Taradash – non posso che dichiarare
voto contrario».
Provvidenze all'editoria:
«voto di scambio
alla Regione Toscana»
Redazione
“Il 95% dei Comuni dellʼEmilia
Romagna ha almeno una parte
del territorio soggetto a rischio
idrogeologico per le frane e le alluvioni. Tale situazione è favorita
anche dall'abbandono dellʼattività
agricola, soprattutto nelle aree
marginali dove è più importante
la presenza degli uomini per la
salvaguardia del territorio: tra il
1990 e il 2010 si è verificata una
vera e propria fuga dalla collina e
dalla montagna dellʼEmilia-Romagna”. Lo scrive Andrea Leoni,
di Forza Italia, in una interrogazione alla Giunta regionale per
sapere come giudichi la situazione e la riduzione delle aziende
agricole nelle zone collinari e
montane dellʼEmilia-Romagna.
“Anche nella montagna della provincia di Modena le aziende agricole sono diminuite visto che nel
2000 erano 6.183 mentre nel
2010 sono scese a 4.119. La presenza di aziende agricole – fa notare Leoni - ha sempre fatto si
che ci fosse una manutenzione
dei lati dei fossi e delle strade, dei
greti dei fiumi e delle aree boschive”. Il consigliere chiede
anche se sia intenzione dellʼAmministrazione regionale di centrosinistra dare concretezza alla
prevenzione ambientale "con interventi e finanziamenti adeguati,
anche sostenendo le imprese
agricole nelle zone collinari e
montane dellʼEmilia-Romagna" e,
in caso affermativo, in quali tempi
e con quali modalità.
Tutti i premiati del “Music Awards”:
e l'Oscar va alla musica italiana
Secolo
GIOVEDì 5 GIUGNO 2014
d’Italia
Priscilla Del Ninno
Una festa della musica. Un riconoscimento ai
suoi traguardi commerciali. Un'occasione per
ricordare l'eccellenza dei nostri talenti, maestri di ieri, star di oggi. E allora, sono Ligabue
e Dear Jack gli artisti più acclamati ai Music
Awards. Sono loro, l'artista affermato e i quasi
esordienti emersi ad Amici, ad accendere il
pubblico al Centrale Live del Foro Italico, a
Roma. La loro comparsa sul palco della manifestazione, trasmessa in tv da Raiuno e in
radio su RadioRai2, che premia le stelle della
musica italiana, ha scatenato l'entusiasmo.
Per la rockstar di Correggio, reduce dalle due
date sold out all'Olimpico, bottino pieno con
quattro premi conquistati: oltre al riconoscimento per l'album 5 volte platino Mondovisione e per il singolo Il sale della terra, gli
sono stati attribuiti i premi speciali Top of the
Music per l'album più venduto dell'anno, e
quello EarOne Airplay per l'artista più suonato
dalle radio. A Laura Pausini, invece, sono andati l'ònore e l'onere di aprire la serata con i
padroni di casa Carlo Conti e Vanessa Incontrada.
E sempre a lei, premiata sia per il doppio platino di 20 The Greatest Hits, che per il suo
programma tv Stasera Laura, anche la re-
sponsabilità di consegnare un riconoscimento a Ennio Morricone. Al Maestro, commosso, è andato il Premio Speciale per
l'arrangiamento de La Solitudine, il brano che
ha dato la notorietà a una giovanissima Laura
Pausini. «È una grande eccellenza italiana,
grazie maestro di essere rimasto in Italia», ha
detto la cantante al celebre compositore. Sul
palco, poi, anche duetti inediti o che non si
vedevano da tempo.
Ecco allora Emma e i Modà, Francesco
Renga ed Elisa (che ha scritto per il cantante
bresciano Vivendo Adesso, il brano portato
all'ultimo Sanremo), Fedez con Francesca
Michielin, Max Pezzali con Emis Killa. Un
tuffo nel passato, infine, con Pino Daniele,
che ha rinverdito i fasti di A me me piace 'o
blues. Poi è stata la volta di Biagio Antonacci,
Alessandra Amoroso, Emma. Lorde e George Ezra, invece, gli ospiti internazionali. A
ritirare i loro riconoscimenti anche Marco
Mengoni, Emis Killa, Gigi D'Alessio, Mario
Biondi, Moreno, Max Pezzali, Arisa, Club
Dogo, Luca Carboni, Rocco Hunt.
Assenti alla serata, ma comunque premiati “in
contumacia”, Vasco Rossi, Mina, Adriano Celentano, Zucchero, Renato Zero, Nomadi,
Caparezza, Jovanotti, Fiorella Mannoia.
Modà, la band record di vendite: un successo da condividere con i nuovi talenti
Redazione
Sul podio nelle ultime edizioni del
Festival di Sanremo. Al top delle
classifiche degli album venduti con
Viva i Romantici. Corteggiati – musicalmente parlando – dal cinema,
e seguiti con interesse dalla critica
specializzata. Eppure: «Quattro dischi di platino? Un passo importante, ma non un traguardo»,
liquida la questione “popolarità”
Kekko dei Modà, commentando il
successo dell'album Gioia, premiato ai Music Awards per aver
venduto oltre 120 mila copie (quadruplo platino). «Era importante riconfermare il successo di Viva i
romantici – continua il frontman
della band – e lo abbiamo fatto con
il disco, ma anche con il tour e con
le date internazionali». La tournée,
che ha fatto tappa anche negli Stati
Uniti – spiegano ancora dal gruppo
– «è stata una sorta di esperimento; una palestra per il tour negli
stadi che sta per partire. Ci è pia-
ciuto, lo rifaremo». E allora, ad
aprire i loro prossimi concerti a
Roma e Milano, intanto, saranno i
Dear Jack, la band che si è fatta
conoscere nel corso dell'ultima edizione del talent show Amici. «Ab-
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
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biamo apprezzato che Maria De
Filippi abbia dato spazio a una
band, non succede spesso in tv»,
hanno detto i Modà che poi, in conclusione, hanno voluto aggiungere:
«Il fatto che siano stati definiti i
nuovi Modà è un gran complimento per noi. Non solo, abbiamo
deciso di dargli questa opportunità
perché ci siamo ricordati di quando
avevamo noi 20 anni e di come sarebbe stato bello se qualcuno ce
ne avesse offerta una». Nessuna
paura, però, che i ragazzi guidati
da Alessio rubino loro la scena:
«La nostra carriera finirà quando
non avrò più nulla da dire», ha sottolineato Kekko. Dopo l'estate,
però, il meritato riposo. «Il nuovo
disco è già scritto e pronto in un
cassetto. Ma dopo le vacanze: ora
ci vogliamo riposare. Il loro ultimo
lavoro uscirà dunque verso la fine
del 2015».
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7 agosto 1990 n. 250