Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale Analisi dei punti

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Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale Analisi dei punti
Istituto per la Certificazione
Etica ed Ambientale
Strada Maggiore 29
40125 Bologna (Bo) ITALY
tel. ++39 +51 272986 fax. ++39 +51 232011
web: www.icea.info e.mail: icea@icea.
Analisi dei punti critici nelle filiere dei prodotti biologici,
misure preventive e sistema di controllo UE
dott. Pulga Alessandro (Direttore Tecnico ICEA)
Il sistema di controllo e certificazione in agricoltura biologica
L'agricoltura biologica è un metodo di produzione definito dal punto di vista legislativo a livello comunitario
con un regolamento, il Regolamento CEE 2092/91, e a livello nazionale con il D.M. 220/95.
Il termine "agricoltura biologica" indica un metodo di coltivazione e di allevamento che ammette solo
l'impiego di sostanze naturali, presenti cioè in natura, escludendo l'utilizzo di sostanze di sintesi chimica
(concimi, diserbanti, insetticidi).
Agricoltura biologica significa sviluppare un modello di produzione che eviti lo sfruttamento eccessivo delle
risorse naturali, in particolare del suolo, dell'acqua e dell'aria, utilizzando invece tali risorse all’interno di un
modello di sviluppo che possa durare nel tempo.
Per salvaguardare la fertilità naturale del terreno gli agricoltori biologici utilizzano materiale organico e,
ricorrendo ad appropriate tecniche agricole, non lo sfruttano in modo intensivo.
Per quanto riguarda i sistemi di allevamento, si pone la massima attenzione al benessere degli animali, che
si nutrono di erba e foraggio biologico e non assumono antibiotici, ormoni o altre sostanze che stimolino
artificialmente la crescita e la produzione di latte. Inoltre, nelle aziende agricole devono esserci ampi spazi
perché gli animali possano muoversi e pascolare liberamente. Nella trasformazione dei prodotti si punta a
limitare il più possibile l’impiego di additivi, eccipienti e coadiuvanti tecnologici, privilegiando le pratiche di
lavorazione che permettono di preservare le particolari caratteristiche della materia prima di origine.
Le coltivazione
In agricoltura biologica non si utilizzano sostanze chimiche di sintesi
(concimi, diserbanti, anticrittogamici, insetticidi, pesticidi in genere). Alla
difesa delle colture si provvede innanzitutto in via preventiva,
selezionando specie resistenti alle malattie e intervenendo con tecniche di
coltivazione appropriate, come, per esempio:
- la rotazione delle colture: non coltivando consecutivamente sullo stesso
terreno la stessa pianta, da un lato si ostacola l'ambientarsi dei parassiti e
dall'altro si sfruttano in modo più razionale e meno intensivo le sostanze
nutrienti del terreno;
- la piantumazione di siepi ed alberi che, oltre a ricreare il paesaggio,
danno ospitalità ai predatori - naturali dei parassiti e fungono da barriera
fisica a possibili inquinamenti esterni;
- la consociazione: coltivando in parallelo piante sgradite l'una ai parassiti dell'altra.
In agricoltura biologica si usano fertilizzanti naturali come il letame opportunamente compostato ed altre
sostanze organiche compostate (sfalci, ecc.) e sovesci, cioè incorporazioni nel terreno di piante
appositamente seminate, come trifoglio o senape.
In caso di necessità, per la difesa delle colture si interviene con sostanze naturali vegetali, animali o
minerali: estratti di piante, insetti utili che predano i parassiti, farina di roccia o minerali naturali per
correggere struttura e caratteristiche chimiche del terreno e per difendere le coltivazioni dalle crittogame.
Il ricorso a tecniche di coltivazione biologiche ricostruisce l’equilibrio nelle aziende agricole; qualora,
comunque, si rendesse necessario intervenire per la difesa delle coltivazioni da parassiti e altre avversità,
l’agricoltore può fare ricorso esclusivamente alle sostanze di origine naturale espressamente autorizzate e
dettagliate dal Regolamento europeo (con il criterio della cosiddetta “lista positiva”).
Al fine di garantire l’assenza di OGM e promuovere la conduzione biologica a partire dall’inizio del ciclo
produttivo il Reg. CEE 2092/91,dal 1995, ha imposto l’impiego di sementi e materiale di moltiplicazione
anch’essi ottenuti con metodo biologico. Visto il perdurare della carenza di sementi e materiale di
moltiplicazione è stato previsto un regime di deroga fino alla fine del 2003.
Il Italia l’agricoltore che può dimostrare di non aver trovato sul mercato sementi, astoni e marze certificate
bio può richiedere deroga all’ENSE che, una volta verificata la banca dati istituzionale, accetta o meno la
deroga. Vedi: Reg. CEE 2092/91 art. 1, 6, 6 bis e allegato I parte A, allegato II parte A e B, allegato III parte
A
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Gli allevamenti
Anche l’allevamento biologico segue criteri normativi definiti
dall’Unione Europea, attraverso il Regolamento CE 1804/99 e a
livello nazionale con il D.M. n.91436 del 4 Agosto 2000.
Principi generali
Gli animali devono essere alimentati secondo i loro fabbisogni con
prodotti vegetali ottenuti con metodo di produzione biologico,
coltivati di preferenza nella stessa azienda o nel comprensorio in
cui l'azienda ricade.
L'allevamento degli animali con metodo biologico è strettamente
legato alla terra. Il numero dei capi allevabili è in stretta relazione
con la superficie disponibile.
I sistemi di allevamento adottati devono soddisfare i bisogni
etologici e fisiologici degli animali. Pertanto essi devono consentire
agli animali allevati di esprimere il loro comportamento naturale e debbono garantirgli sistemi di vita
adeguati.
Sono vietati il trapianto degli embrioni e l'uso di ormoni per regolare l'ovulazione eccetto in caso di
trattamento veterinario di singoli animali. L'impiego di razze ottenute mediante manipolazione genetica è
vietato.
Il trasporto del bestiame deve essere quanto più breve possibile ed effettuarsi in modo da affaticare il meno
possibile gli animali. Le operazioni di carico e scarico devono effettuarsi senza brutalità. E' vietato l'uso di
calmanti durante il tragitto.
Il trattamento degli animali al momento della macellazione o dell'abbattimento deve limitare la tensione e,
nello stesso tempo, offrire le dovute garanzie rispetto all'identificazione e alla separazione degli animali
biologici da quelli convenzionali.
Scelta delle razze
E' preferibile allevare razze autoctone, che siano ben adattate alle condizioni ambientali locali, resistenti alle
malattie e adatte alla stabulazione all'aperto.
Ricoveri e norme igieniche
Le condizioni di allevamento devono tenere conto del comportamento innato degli animali. In particolare. le
strutture per l'allevamento devono essere salubri, correttamente dimensionate al carico di bestiame e
devono consentire l'isolamento dei capi che necessitano di cure mediche. Inoltre deve essere assicurato
sufficiente spazio libero a disposizione degli animali. Per ogni specie e categoria di animali il Regolamento
CE 1804/99 definisce degli spazi minimi che devono essere garantiti sia al coperto (in stalle, ricoveri) sia
all'aperto (paddock e altro).
Alimentazione
La dieta deve essere bilanciata in accordo con i fabbisogni nutrizionali degli animali. Il 100% degli alimenti
dovrebbe essere di origine biologica controllata. Tuttavia, poiché ci possono essere delle difficoltà
nell'approvvigionamento di alimenti biologici, è consentito l' impiego di alimenti non biologici fino al limite
massimo del 10 % per i ruminanti e del 20% per gli altri animali, calcolati sulla sostanza secca della razione
alimentare. Tale deroga è applicabile comunque solo fino al 24 agosto 2002.
Non possono comunque mai essere somministrati agli animali allevati con metodo biologico: stimolatori di
crescita o stimolatori dell'appetito sintetici; conservanti e coloranti; urea; sottoprodotti animali (es. residui di
macello o farine di pesce) ai ruminanti e agli erbivori monogastrici, fatta eccezione per il latte e i prodotti
lattiero-caseari; escrementi o altri rifiuti animali; alimenti sottoposti a trattamenti con solventi (es. panelli di
soia o altri semi oleosi) o addizionati di agenti chimici in genere; organismi geneticamente modificati;
vitamine sintetiche.
Vedi: Reg. CEE 2092/91 art. 1 e allegato I parte B, allegato II parte C, D, E, allegato III parte B
D.M. n° 91436 del 4 Agosto 2000, D.M. n°10329 del 29 marzo 2001
Preparazione alimentare
Requisiti e specifiche di prodotto
Nei prodotti alimentari multi ingrediente è necessario garantire la
presenza almeno pari al 70% di ingredienti ottenuti con metodo
biologico certificati (la percentuale viene calcolata facendo riferimento
al totale degli ingredienti di origine agricola escludendo acqua, sale,
additivi ammessi, ecc.).
Gli ingredienti convenzionali devono rientrare in una lista positiva molto
ristretta di ingredienti non disponibili in quantità sufficiente sul mercato
comunitario (es. zucchero di barbabietola, fruttosio, organismi
acquatici diversi dai prodotti dell’acquacoltura, olio di girasole, ecc.)
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La commercializzazione di prodotti ottenuti con materie prime in conversione all’agricoltura biologica è
possibile solo per i prodotti mono ingrediente.
E’ necessario, inoltre, rispettare liste positive ristrette di additivi,eccipienti e coadiuvanti tecnologici ritenuti
innocui dalla commissione UE (es. acido citrico, acido ascorbico, farina di semi
di carrube, ecc.).
Tra gli aromi è ammesso esclusivamente l’impiego di sostanze aromatizzanti
naturali o preparazioni aromatiche naturali. E’ vietato l’impiego di coloranti di
sintesi, additivi non blandi e, comunque, qualsiasi ingrediente (anche
proveniente da agricoltura convenzionale) ottenuto o derivato da OGM.
Quando il contenuto in ingredienti bio è compreso tra il 70 e il 95% è
necessario riportare in etichetta la percentuale esatta di ingredienti certificati e
precisare la loro tipologia nella lista degli ingredienti (normalmente viene
utilizzato un segnale di richiamo in prossimità degli ingredienti certificati).
I prodotti che possono vantare una percentuale superiore al 95% non devono
riportare la % di ingredenti bio e vengono premiati con la possibilità di applicare
un apposito logo e label UE.
Requisiti di processo
Gli impianti di trasformazione e condizionamento devono garantire la lavorazione separata dei prodotti da
agricoltura biologica oltre che la chiara identificazione e rintracciabilità delle materie prime e del prodotto
finito.
Il termine “biologico” deve essere sempre correlato al metodo di produzione agricolo. E’ vietato, quindi,
indicare in etichetta “prodotto biologico” mentre l’indicazione corretta è “prodotto/ingrediente da agricoltura
biologica” o, nei casi previsti, “in conversione all’agricoltura biologica”.
Nella etichettatura e pubblicità non devono essere contenute affermazioni che suggeriscano all’acquirente
che il metodo biologico costituisca garanzia di qualità organolettica, nutritiva o sanitaria superiore.
Vedi: Reg. CEE 2092/91 art. 1,5 e allegato I parte C, allegato III parte C, allegato VI
Chi controlla e garantisce le produzioni biologiche?
Il Reg. CEE 2092/91 prevede l’obbligo d’assoggettamento al sistema di controllo e certificazione per tutti gli
operatori della filiera che producono, trasformano, condizionano e importano da paesi terzi prodotti da
agricoltura biologica. Definisce, inoltre, i requisiti del Sistema di Controllo al fine di imporre condizioni di
uniformità e mutuo riconoscimento della certificazione in tutti i Paesi aderenti all’Unione Europea.
E’ stato imposta, quindi, una certificazione regolamentata (la prima esperienza nel settore agroalimentare
alla quale ha fatto seguito la certificazione DOP/IGP ai sensi del Reg. CEE 2081/92).
Ogni paese deve identificare un’autorità pubblica di riferimento che è responsabile della applicazione del
sistema e della sua sorveglianza.
In Italia è l’autorità competente è il MiPAF (Ministero delle Politiche Agricole e Forestali) che, a sua volta, ha
autorizzato dieci Organismi di Controllo dopo averne valutato l'idoneità secondo i criteri definiti dallo stesso
regolamento comunitario e dal D.L. 220/95.
L’attività di vigilanza sull’operato degli organismi autorizzati è stata, in parte, delegata alle autorità pubbliche
competenti a livello regionale.
Unione Europea
Requisiti richiesti all’organismo di controllo
Requisiti obbligatori
ƒ Struttura che salvaguardi l’imparzialità
ƒ Personale permanente (no rapporti di tipo economico
con gli operatori controllati
ƒ Personale competente (qualificato)
ƒ Sedi, dotazioni tecniche e strutture informatiche
adeguate
ƒ Struttura organizzativa in almeno 4 regioni province
autonome
ƒ Soddisfare i requisiti della norma EN 45011
(l’accreditamento non è al momento obbligatorio).
Ministero delle Politiche Agricole
Autorità garante dell'applicazione nello Stato Membro
Regioni
Assessorati Regionali o Prov.
Sorvegliano sugli O.d.C.
Organismi di Controllo
Controllo e Certificazione
11 enti in Italia
circa 60.000 operatori controllati
Il MiPAF valuta gli Organismi di Controllo sulla base dei
in tutta Italia
requisiti sopra elencati.
Tale riconoscimento è requisito indispensabile ai fini dello svolgimento dell’attività di certificazione.
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Il Regime di Controllo CEE, attivo in Europa da oltre 10 anni, è stato
preso ad esempio in altre aree del mondo, in particolare negli USA
e in Giappone, dove molto recentemente sono stati attivati sistemi di
certificazione regolamentati.
NOP (National organic Programme) Rule 7 CFR 205, JAS (Japan
Agriculture Standards)
Requisiti volontari
Accreditamento UNI CEI EN 45011
Alcuni organismi di certificazione operanti nel settore dell’agricoltura biologica, nonostante non sia un
requisito obbligatorio,hanno comunque richiesto ed ottenuto l’accreditamento del SINCERT sulla base della
norma UNI EN 45011 (= ISO 65) per quanto riguarda specificatamente il sistema di controllo e certificazione
Reg. CEE 2092/91).
Ad oggi, 7 Organismi italiani su 10 sono accreditati, uno è in fase di accreditamento.
ICEA è accreditato SINCERT (numero accreditamento 040)
Accreditamento IFOAM
IFOAM International Federation of Organic Agricoltura Moviments è il movimento di tutti i soggetti interessati
all’agricoltura biologica a livello mondiale.
La sua missione è:
•
promuovere l’agricoltura biologica in tutti i sistemi agricoli per un impatto sostenibile a livello
ambientale, sociale ed economico.
•
istituire e revisionare periodicamente gli standard di base dell’agricoltura biologica (attualmente
tradotti in 19 lingue).
•
garantire un alto livello degli standard e dei sistemi di controllo in agricoltura biologica attraverso
l’IFOAM accreditation program (IOAS), puntando verso l’equivalenza in tutto il mondo dei programmi
di certificazione.
Alcuni organismi , pur operando nell’ambito del Regime di Controllo CEE,hanno conservato e implementato
degli schemi di certificazione basati su standard privati più restrittivi rispetto alla normativa vigente. A volte
questi schemi di certificazione coprono settori che al momento non rientrano ancora nel campo di
applicazione del Reg. CEE 2092/91 (es. acquacoltura) o che, comunque, soffrono di carenze normative (es.
vino). Gli standard privati ,normalmente, prendono a riferimento le direttive internazionali dell’IFOAM (IFOAM
Basic Standards) e i programmi di certificazione possono essere sottoposti al relativo accreditamento
Sono tre gli Organismi di Controllo italiani accreditati, un altro è in fase di accreditamento.
Gli enti accreditati IFOAM per i loro programmi di certificazione volontari sono 19 in tutto il mondo.
ICEA si è impegnato a dare continuità al programma volontario di
certificazione garanziaAIAB (accreditato IFOAM dal 1998) sulla base
dei disciplinari di produzione e trasformazione dell’Associazione
Italiana per l’Agricoltura Biologica.
Certificazione di prodotto e processo
La certificazione del biologico prevista dal Regime di controllo CEE si
prospetta, quindi, come una certificazione di prodotto e processo produttivo in cui la norma tecnica di
riferimento è costituita dal Reg. CEE 2092/91 e successive modifiche ed integrazioni.
Nel caso dei programmi di certificazione volontari la norma tecnica di riferimento è il disciplinare privato
prodotto dallo stesso organismo di certificazione o da un altro ente (normatore) referenziato.
Gli enti di controllo accreditati SINCERT sulla base delle norme UNI EN 45011 hanno definito, inoltre, un
ulteriore requisito di prodotto.
Requisito di prodotto:
ƒ p.a. non ammessi < 10 ppb (sul prodotto edule)
Rif. Contaminazione accidentale come da Decreto Ministero della Sanità del 18.05.2000
In pratica il prodotto può essere definito (e certificato) da agricoltura biologica quando:
ƒ è stato ottenuto nel rispetto del Reg. CEE 2092/92 e successive modifiche ed integrazioni
ƒ è esente, nelle parti destinate al consumo alimentare, da residui di prodotti fitosanitari non ammessi.
Il prodotto si considera esente anche qualora sia riscontrabile, sulla parte edule, un residuo di prodotti
fitosanitari non ammessi uguale o inferiore al limite pari a 0,01 mg./Kg (= 0,01 ppm = 10 ppb).
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Perché è stato preso a riferimento questo parametro?
ƒ La concentrazione di 10 ppb, per molte prove analitiche coincideva (al momento della decisione) con la
sensibilità degli strumenti di misura comunemente utilizzati. Ancora oggi pochi laboratori sono in grado
risultati attendibili su questi livelli di sensibilità.
ƒ La normativa italiana ha, comunque, fissato un termine di riferimento relativo alla contaminazione
accidentale (10 ppb appunto) che viene preso a riferimento anche nei contenziosi tra fornitore/cliente e
autorità pubbliche ed operatori.
Utilizzando i termini del “qualitatese” si può dire che:
…il sistema di certificazione si basa sull’audit ed approvazione del sistema di gestione e controllo del
processo produttivo messo in atto dall’operatore richiedente per l’ottenimento delle produzioni biologiche;
seguito da una sorveglianza continua; effettuata attraverso la verifica periodica della conformità dei processi
e prove di controllo su campioni, prelevati sia dal mercato sia dai luoghi di produzione e/o trasformazione.
L’obiettivo è di dare, attraverso una valutazione iniziale e successive verifiche di sorveglianza,
un’assicurazione indipendente con adeguato livello di fiducia, che le produzioni certificate siano conformi ai
requisiti richiesti dalla normativa vigente in materia di produzioni ottenute con metodo biologico.
L’azienda che vuole avviare la produzione biologica notifica la sua intenzione alla Regione o Assessorato
Provinciale competente e ad uno degli Organismi di controllo autorizzati.
L’Organismo procede alla prima ispezione con propri tecnici qualificati che esaminano l’azienda e prendono
visione dei diversi appezzamenti, controllandone la rispondenza con i diversi documenti catastali, dei
magazzini, delle stalle e di ogni altra struttura aziendale.
Se dall’ispezione emerge il rispetto della normativa, l’azienda viene ammessa nel sistema di controllo, e
avvia la conversione, un periodo di “disintossicazione” del terreno che, a seconda dell’uso precedente di
prodotti chimici e delle coltivazioni può durare due o più anni (2 anni per i terreni precedentemente occupati
da colture annuali, tre anni per i terreni coltivati con colture perenni).
Le produzioni raccolte nei primi 12 mesi (a partire dalla data di inizio conversione) non possono essere
certificate (sono da considerare di tipo convenzionale).
Trascorso tale periodo le produzioni potranno essere certificate come “in conversione all’agricoltura
biologica”.
Possono essere certificate come “da agricoltura biologica” solo:
ƒ le produzioni di colture annuali seminate dopo la data di fine conversone;
ƒ le produzioni di colture arboree raccolte dopo la data di fine conversione.
Per le produzioni zootecniche il periodo di conversione varia a seconda delle specie e della tipologia
produttiva (6 mesi per i ruminanti da latte, 12 mesi per quelli da carne, 6 settimane per le ovaiole, 10
settimane per il pollame da carne, ecc.).
Nel caso delle produzioni zootecniche il prodotto in conversione non può avere alcuna qualifica e
certificazione .
La valorizzazione sul mercato,quindi,può avvenire solo dopo il superamento del periodo di conversione .
Le unità di preparazione alimentare, ovviamente, non devono superare alcun periodo di conversione e una
volta dimostrata la conformità dei prodotti e della gestione del processo produttivo possono entrare in
attività e commercializzare il prodotto ottenuto.
Attività di sorveglianza e sanzioni
L’Organismo in fase di sorveglianza effettua più ispezioni l’anno, anche a sorpresa, e preleva campioni da
sottoporre ad analisi.
Le aziende agricole che producono con il metodo biologico devono registrare i dati significativi della loro
attività (mezzi tecnici e materia prime acquistate, operazioni colturali, vendite di prodotti biologici) su appositi
registri predisposti dal Ministero, mentre presso gli allevamenti e le unità di preparazione vengono
normalmente utilizzati registri forniti dall’ente di controllo o le registrazioni già esistenti, purché
opportunamente implementate.
In caso di infrazione l’Organismo di certificazione applica sanzioni che possono partire dal ritiro della
certificazione relativa ad una specifica partita di prodotto e/o sospensione della validità dell’autorizzazione
alla stampa di etichette fino, in caso di infrazioni gravi e ripetute, al ritiro del certificato di conformità per tutte
le produzioni aziendali.
Nel caso venga rilevato l’impiego di prodotti non ammessi in agricoltura, ad esempio, viene ritirata la
certificazione della produzione dell’annata e nuovamente attribuito il periodo di conversione.
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Nei casi in cui l’azienda non è in grado di soddisfare prescrizioni dell’organismo o applicare nei tempi
opportuni gli adeguamenti strutturali richiesti da eventuali modifiche apportate alla normativa di riferimento,
viene sospesa la certificazione di conformità dell’azienda.
Tutti i provvedimenti vengono comunicati all’autorità competente (Mi.P.A.F. e Regioni) e agli altri Organismi
di Controllo. Questi ultimi, infatti, prendendo in carico un’azienda sanzionata da un altro O.d.C. devono
garantire la continuità del provvedimento da questi deciso.
Quando, a causa di gravi e/o ripetute infrazioni, viene ritirato il certificato di conformità dell’azienda, questa
non può rientrare nel sistema per almeno un anno.
Come riconoscere i prodotti biologici
La garanzia che ci troviamo davanti ad un prodotto proveniente da agricoltura biologica è data dalle
indicazioni in etichetta.
L’etichetta dei prodotti biologici, infatti, deve riportare le seguenti indicazioni:
- nome dell’organismo di controllo autorizzato, e suo codice, preceduto dalla sigla IT;
- codice dell’azienda controllata;
- numero di autorizzazione (sia per i prodotti agricoli freschi che trasformati)
- la dicitura “organismo di controllo autorizzato con D.M. Mi.P.A.F. n……. del ……… in applicazione
del Reg. CEE n.2092/91”.
Sono invece facoltative e ammesse solo a condizioni particolari
- l’indicazione “Agricoltura biologica-Regime di controllo CE”
- il logo europeo
Alla fine la dicitura in etichetta potrà essere:
Agricoltura biologica – Regime di controllo CE (facoltativo)
Controllato da XXX, organismo di controllo autorizzato con D.M. MiPAF
n. XXX del XXX in applicazione del Reg. CEE n.2092/91
IT XXX Z123 T 000001
Il problema OGM
Il settore del biologico è noto per essere assolutamente contrario all’utilizzo di OGM e loro derivati nel
settore agroalimentare. I disciplinari volontari internazionali (in conformità ai Basic Standard IFOAM), fin
dalle prime fasi di diffusione di questo nuovo metodo agricolo, hanno previsto in modo chiaro tale divieto.
Il Reg. CEE 2092/91 (prima forma di controllo e certificazione regolamentata nel settore), anche se può
sembrare strano, ha visto l’introduzione dell’esplicito divieto di impiego di OGM e derivati, in tutte le fasi della
produzione, solo dopo otto anni dalla prima approvazione del testo base (vedi Reg. CE 1804/99).
Il Reg. CEE 2092/91 modificato dal Reg. CE 1804/99 (ART. 5 punto 2 h) prevede:
Per fare riferimento al metodo biologico è necessario che:
…il prodotto sia stato ottenuto senza l'impiego di organismi geneticamente modificati e/o prodotti derivati da
tali organismi…
Lo stesso regolamento all’art. 13 prevede che il Comitato europeo (ex art. 14) può definire:
“…le misure applicativa sulla base dell'evidenza scientifica o del progresso tecnico ai fini dell'applicazione
del divieto di impiego di OGM o di derivati di OGM, con particolare riguardo ad una soglia minima per
contaminazioni inevitabili, che non deve essere superata (Reg. CEE 1804/99)”.
Fino ad oggi, in ambito UE, non è stata definita alcuna soglia minima specifica per contaminazioni OGM
inevitabili in agricoltura biologica1.
Oggi, in particolare alla luce delle nuove normative europee che prevedono la convivenza con gli OGM
autorizzati, il mondo del biologico (inteso come movimento e mondo produttivo) si trova di fronte ad un bivio.
1
Per quanto attiene gli antiparassitari non ammessi, per i quali il Reg. CEE 2092/91 prevede sempre il divieto di impiego, precedenti
contenziosi legali nati da risultati analitici positivi hanno preso a riferimento il Decreto Ministero della Sanità del 18.05.2000 per quanto
attiene il capitolo contaminazione accidentale (fissato per regolamentare i casi di presenza accidentale di principi attivi non registrati ai
sensi della normativa fitasanitaria).
Il D.L. all’art 4, punto 7 fissa una soglia tolleranza (per contaminazione accidentale) pari a 10 ppb (=0,01 ppm = mg/Kg).
Tale limite è stato trasposto anche per il biologico.
In pratica il principio è: se il regolamento non permette l’impiego di una sostanza, si può accettare solo una presenza accidentale
fissata per legge.
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Insistere ancora per la “tolleranza zero” (da intendersi come risultato analitico alle prove qualitativa o
quantitativa) o prevedere una soglia minima di accettazione della contaminazione accidentale tecnicamente
inevitabile, così come è stata prevista per i prodotti convenzionali.
Ragionando sulla base dei principi ispiratori (principio di cautela, tutela della bio-diversità e delle produzioni
tipiche ed autoctone, ecc.) non ci sono dubbi! Vige l’assoluto rifiuto degli OGM, evidentemente non solo nel
biologico ma anche nel convenzionale.
Del resto, acquisire una soglia di contaminazione accidentale significa, implicitamente, accettare anche la
minima presenza di OGM e la possibilità che, come è successo in altri casi, la soglia venga poi alzata.
E poi come reagirà il consumatore che ha tante aspettative sui prodotti bio (tra le prime evidentemente la
garanzia circa l’assenza di OGM)?
Tutti principi lineari e coerenti che però oggi si scontrano con le problematiche tecniche che inevitabilmente
nascono da una convivenza che sicuramente provocherà gravi problemi a tutti coloro che, a torto o ragione,
“vogliono restarne fuori”.
Il Reg. CEE 2092/91 ha previsto evidentemente requisiti molto stringenti per i produttori assoggettati al
Regime di Controllo.
1. Obbligo di impiego di sementi e materiale di moltiplicazione ottenuto con metodo biologico.
Nonostante l’obbligo sia stato introdotto a partire dal 1995 con possibilità di deroga fino al 2003 (in
Italia è gestito dall’ENSE), evidentemente necessario vista l’iniziale assenza sul mercato di tali
materiali; ancora oggi l’agricoltore biologico, per alcune specie e varietà, non trova sufficiente
disponibilità o una adeguata rete commerciale. La deroga è stata prorogata, con maglie più
stringenti, fino al 2006.
2. Evidenza circa il non impiego di OGM anche per le materie prime/ingredienti di tipo
convenzionale ammessi.
La dichiarazione della ditta produttrice (o meglio la certificazione volontaria non OGM) a garanzia
dell’ assenza OGM deve essere richiesta oltre che per gli additivi e coadiuvanti tecnologici, anche
per gli ingredienti di origine agricola di tipo convenzionale. Le indagini analitiche per la verifica degli
OGM, previste nei piani di autocontrollo dell’operatore, devono essere orientata anche su queste
ultime componenti e, più in particolare, sulle sostanza che risultino meno manipolate o, comunque,
soggette a trattamenti termici e con solventi.
Lo stesso principio vale per l’alimentazione animale dove una parte, suppur minima, può essere
ancora di origine convenzionale
Con l’entrata in vigore delle nuove normative circa la convivenza l’assenza sarà evidentemente
correlata al rispetto della soglia di contaminazione accidentale tecnicamente inevitabile pari allo
0,9%. E’ chiaro che a questo punto l’obiettivo della “tolleranza zero” (PCR qualitativa o quantitativa
negativa) viene inevitabilmente messo in discussione.
3. A partire dal 2006 sarà vietato l’impiego di materie prime provenienti da agricoltura
convenzionale nell’alimentazione del bestiame.
Il settore del biologico dove più frequentemente si riscontrano tracce di OGM è, evidentemente,
quello mangimistico.
Nel corso delle sue attività ICEA effettua numerose analisi e,sulla base di una prima verifica dei dati
acquisiti negli ultimi anni, emerge in modo chiaro che questo è il settore critico.
Sui prodotti destinato all’uso umano, fino ad oggi, il sistema si può dire che “ha tenuto”. Nel settore
mangimistico, invece, sono frequentissimi i risultati positivi sulla frazione di mangimi convnoralmente
del 0,2 – 0,7%) sui mangimi certificati “da agricoltura biologica”.
4. A partire dal 2007 è previsto che la produzione di mangimi per l’agricoltura biologica avvenga
in linee ed impianti dedicati.
Questa sembra essere la soluzione strutturale anche se di difficile applicazione (è molto difficile
giustificarne i costi).
Purtroppo la nostra esperienza ci ha portato a rilevare risultati positivi (sempre nei termini
sopraindicati) anche nei pochi impianti dedicati solo al biologico o al biologico e non OGM certificato.
E’ evidente che oltre alle possibilità di contaminazione nell’impianto è necessario prevenire anche le
contaminazioni nei trasporti e nell’intera struttura logistica, sempre che in campo sia andato tutto
bene.
Dimostrazione chiara ed evidente di quanto sia difficile, complicata (forse impossibile) e
sicuramente costosa una “serena” convivenza con gli OGM.
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La rintracciabilità nel biologico
La rintracciabilità, pur essendo al momento requisito obbligatorio solo per quanto concerne le produzioni
zootecniche (mediante disposizioni applicative ministeriale: all. II D.L. n° 91436 del 4 agosto 2000), assume
per quanto concerne la l’intera filiera di produzione con metodo biologico un ruolo importante, in particolare
per quanto attiene:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
la responsabilizzazione del produttore circa la conformità di tutte le sue forniture ai requisiti fissati
dalla normativa vigente e dal Regolamento per la certificazione, in particolare per quanto concerne i
requisiti di prodotto;
la possibilità di identificare le partite non conformi provvedendo, eventualmente al loro ritiro dal
mercato;
la possibilità di garantire il non impiego di OGM e/o prodotti derivati da tali organismi mediante il
controllo e l’eventuale analisi in corrispondenza dei veri punti critici della filiera, già a partire dalla
produzione primaria;
la corretta gestione delle diverse specifiche imposte dai numerosi schemi di certificazione
regolamentati e volontari esistenti nel biologico (Reg. CEE 2092/91, NOP per il mercato USA, JAS
per il mercato giapponese, certificazione volontarie accreditate IFOAM, ecc.)
Un efficace procedura di rintracciabilità consente, in caso di contestazione, di identificare le vere
responsabilità della non conformità limitando spesso i danni e la quantità di prodotto oggetto di
contestazione e/o sanzione.
Tutti gli operatori della catena alimentare che produce alimenti “biologici” devono impegnarsi a sviluppare
procedure, preventivamente approvate dagli Organismi di Controllo, che garantiscono l’applicazione del
sistema di tracciabilità senza soluzioni di continuità ed a sottoporsi ai relativi controlli. Fa parte dei sistema di
tracciabilità la conservazione dei documenti accompagnatori dei prodotti biologici e l’attivazione di procedure
(informatica o cartacea) che assicurino una registrazione documentale sistematica e tempestiva del carico e
scarico.
Produzione agricola
Le registrazioni obbligatorie imposte dalla normativa vigente, se correttamente attuate, consentono di risalire
a tutti i mezzi tecnici, incluse le sementi e il materiale di moltiplicazione, impiegati in fase di coltivazione.
E’ importante nelle registrazioni porre particolare attenzione nell’indicare i riferimenti al numero identificativo
dell’appezzamento coltivato.
Alla corretta tenuta delle registrazioni obbligatorie è necessario affiancare l’archiviazione di tutte le schede
tecniche, etichette, cartellini che riportano i dati tecnici significativi del prodotto impiegato.
Allevamenti
Per quanto concerne in particolare gli allevamenti zootecnici condotti con metodo biologico, così com’è
necessario creare un sistema di registrazioni che permetta di risalire a tutti gli interventi veterinari effettuati
sul singolo capo o su un gruppo/lotto omogeneo, è opportuno correlare al capo o lotto tutte le informazioni
possibili circa l’alimentazione e le relative integrazioni, la data e i lotti di produzione ottenuti.
Quando è destinato alla macellazione il capo deve essere accompagnato da tutti i dati significativi che
permettano, nelle successive fasi della filiera, di risalire all’allevamento di origine e alla data di inserimento
nel circuito biologico.
Trasformazione primaria
Nella trasformazione primaria è opportuno:
• ricorrere il più possibile allo stoccaggio differenziato delle partite provenienti da diversi fornitori;
• gestire registrazioni di carico/scarico riferite alle singole celle, tank o silos in modo da riuscire ad
identificare, con ragionevole attendibilità, l’origine delle partite entrate, presenti ed uscite.
Prodotti multi ingrediente e Mangimistica
Oltre alle misure indicate al punto precedente è opportuno seguire le seguenti indicazioni.
• Il numero di lotto riportato nella confezione, mediante tutti i documenti di registrazione interni, deve
trovare correlazione con tutti i dati significativi relativi al prodotto. L’insieme delle registrazioni interne e
delle indicazioni riportate sul prodotto deve permettere di risalire in modo chiaro e trasparente, alle
partite/lotti di materia prima/ingrediente utilizzati in fase di produzione.
• L’indicazione del numero di lotto nei documenti di uscita destinati all’acquirente, quando possibile, rende
più facile e mirata una malaugurata operazione di ritiro dal mercato.
Distribuzione
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Gli operatori che svolgono attività di distribuzione, non operando alcuna manipolazione sulle caratteristiche
intrinseche del prodotto, risultano essere in realtà soggetti passivi e dipendenti, in caso di non conformità,
dal corretto operare del fornitore e, comunque, di tutta la catena che lo ha preceduto.
Il prodotto finale che acquistano dal fornitore, una volta che è stato emesso il certificato di prodotto, fornisce
le garanzie conseguenti all’applicazione del regime di controllo in tutte le precedenti fasi.
E’ opportuno che il distributore, nel suo ruolo di capofiliera, al fine di tutelare la sua attività, imponga
contrattualmente ai suoi fornitori adeguati requisiti di rintracciabilità.
La rintracciabilità di filiera può essere certificata
Esiste una norma UNI 10939 (aprile 2001) che definisce i principi e specifica i requisiti per l’attuazione di un
sistema di rintracciabilità di filiera dei prodotti agroalimentari.
Sono già attivi sistemi di filiera certificati da enti che operano nel settore volontario (es. CSQA certifica la
filiera latte crudo di Granarolo, così come la filiera olivicola UNIPRO). Tali sistemi sono basati sono basati sul
rispetto dei seguenti requisiti:
ƒ deve essere definita l’organizzazione che coordina la filiera e gestisce il sistema di rintracciabilità
della filiera stessa
ƒ devono essere formalizzati gli accordi tra le diverse organizzazioni coinvolte per l’attuazione del
sistema di rintracciabilità
ƒ il prodotto deve essere identificato nelle e tra le organizzazioni coinvolte
ƒ i flussi dei materiali devono essere registrati
ƒ se necessario il prodotto deve essere separato
ƒ devono essere definite le modalità per la gestione dei dati
ƒ deve essere definito un piano di controllo allo scopo di assicurare il corretto funzionamento del
sistema di rintracciabilità da parte di ogni organizzazione coinvolta.
La certificazione della rintracciabilità di filiera s’inquadra nell’ambito delle certificazioni volontarie di prodotto.
Recentemente è stata pubblicata una nuova norma UNI che specifica i requisiti per l’attuazione dei sistemi di
rintracciabilità interaziendale. Questa nuova norma permette ad una azienda, indipendentemente
dall’appartenenza o meno ad una filiera di poter sottoporre a certificazione un efficace sistema di
rintracciabilità interno.
Possibili sinergie con il biologico
Gli O.d.C. che operano nel biologico, come l’ICEA, hanno acquisito negli anni un notevole livello di fiducia da
parte degli operatori e dei consumatori ma non intervengono su altri aspetti o requisiti di prodotto le cui
competenze rientrano nell’ambito di altri schemi di certificazione, per lo più volontari, gestiti da organismi
diversi.
L’azienda deve soddisfare, in modo spesso disordinato ed incoerente, gli obblighi imposti dai diversi schemi
di certificazione.
La gestione integrata di tali schemi di certificazione in relazione a specifici prodotti o processi permetterebbe
alle organizzazioni interessate di raggiungere una maggiore efficienza del proprio sistema di qualità e di
ottenere una più efficace riconoscibilità delle caratteristiche di qualità da parte dei consumatori o degli
utilizzatori finali.
ICEA e CSQA hanno sottoscritto un accordo che punta nell’immediato a:
promuovere e sviluppare tutte le possibili sinergie tra le specifiche attività di certificazione
formare personale qualificato da entrambi gli enti.
L’obbiettivo per l’immediato futuro è la creazione di un nuovo schema gestionale di certificazione “biologico –
qualità” e l’eventuale attivazione di un marchio congiunto.
La conformità a questo sistema gestionale permette, quindi, all’azienda di accedere con facilità alle diverse
certificazioni di prodotto richieste dal mercato.
Il Disciplinare tecnico definisce i principi e specifica i requisiti per l’attuazione di uno schema integrato di
certificazione che unisce i principi della certificazione del biologico (ai sensi della normativa comunitaria,
nazionale, regionale ed internazionale vigente) con quelli della certificazione di conformità volontaria e/o
regolamentata di prodotto.
Particolare applicazione possono trovare gli schemi di rintracciabilità e controllo di filiera applicati alla
certificazione dei prodotti agroalimentari da agricoltura biologica.
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Altri possibili aspetti valorizzanti che possono caratterizzare questo tipo di certificazione sono:
ƒ controlli e analisi pianificate e/o sistematiche
ƒ origine nazionale e locale (olio di oliva, carne, ecc.)
ƒ requisiti specifici di prodotto o processo più stringenti e particolari rispetto alla normativa cogente
ƒ altri requisiti di qualità mercantile
ƒ requisiti specifici di fornitura
ƒ requisiti gestionali e igienico sanitari particolari (es. BRS – British Retail Consortium)
Lo schema non sostituisce le varie tipologie di certificazione, peraltro regolate in ambiti diversi
rispettivamente cogente e volontario, ma intende attivarne le sinergie.
Istituto per la
Certificazione Etica
ed Ambientale
CSQA Srl
Certificazioni
Via San Gaetano, 74
36013 Thiene (Vi)
tel+39 +445 366094
fax. +39 +445 382672
[email protected]
www.csqa.it
Strada Maggiore , 29
40125- Bologna – ITALY
tel. +39 +51 272986
fax. +39 +51 232011
[email protected]
www.icea.info
Indirizzi web utili
www.icea.info
www.aiab.it
www.organicxseeds.com/it/index.htm
www.naturanetwork.it
www.politicheagricole.it
Internazionali
www.ifoam.org
www.fao.org/organicag/
Il mercato
www.naturabella.com
www.prezzibio.it
www.organic-europe.net
www.organicinsight.com/sample_page
s.pdf
Ricerca
www.organicresearch.org/resources_europe.html
Alessandro Pulga è il Direttore Tecnico di ICEA – Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale (ICEA).
ICEA è l’ente di certificazione fondato da l’Associazione Italiana per l’Agricoltura Biologica (AIAB), Banca Popolare Etica,
ANAB (Associazione Nazionale Architettura Bio Ecologica), Demeter (Associazione per la tutela della qualità
biodinamica in Italia) e ACU (Associazione Consumatori Utenti)
ICEA è il principale organismo di certificazione del biologico in Italia e controlla circa 14.000 operatori sul territorio
nazionale (sono 16 gli uffici operativi a livello regionale) ed opera anche in paesi terzi (in particolare Paesi dell’est e del
bacino del mediterraneo).
Opera nel settore della certificazione regolamentata (agricoltura biologica, IGP) e volontaria sia nel settore food che no
food (bioagriturismi, tessile biologico, cosmesi bio ecologica, ecc.). Recentemente ha avviato parterchip con CSQA
(sistemi qualità e certificazione di prodotto nel settore agroalimentare) e ICILA (ente accreditato FSC per la forestazione
sostenibile)ai fini della collaborazione nelle attività di ispezione e sviluppo di schemi di certificazione congiunti.
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