dall`unione europea - Camere di Commercio
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È utile sottolineare fin d’ora che il concedente non necessariamente è il fabbricante dei prodotti il cui diritto di vendita in un determinato territorio viene concessa in esclusiva al concessionario. La definizione di cui sopra, dettata ai fini dell’applicazione delle regole comunitarie di diritto antitrust, è l’unica definizione legislativa del contratto di distribuzione, ad eccezione di quella della legge belga del 27 luglio 1961, secondo cui la concessione di vendita è un contratto in virtù del quale un concedente riserva a uno o più concessionari il diritto di vendere in nome e per conto proprio dei prodotti che il primo fabbrica o distribuisce e il secondo si obbliga a rivendere. Inoltre, in alcuni paesi mussulmani, (ad esempio Arabia Saudita, Emirati Arabi, Egitto, Indonesia, Libano e Pakistan), il contratto di distribuzione (chiamato agency) è oggetto della stessa disciplina del contratto di agenzia, la quale è volta a tutelare l’esclusiva del distributore locale. Negli altri paesi del mondo, compresa l’Italia, non esiste una disciplina legale specifica della concessione di vendita. Esiste, però, una giurisprudenza che tutela il concessionario (distributore), facendo, in vario modo, riferimento a una prassi contrattuale interna e internazionale. È anzitutto opportuno distinguere la concessione di vendita da altri contratti di intermediazione commerciale diffusi nella pratica internazionale e, in primo luogo, dai contratti di agenzia, di procacciatore d’affari, di mediazione, i quali non comportano l’acquisto e la rivendita, da parte dell’intermediario, dei prodotti dell’impresa preponente. Nel contratto di concessione, al contrario, accanto all’attività di promozione dei prodotti (svolta anche dall’agente) e di contatto dei clienti (svolta anche dall’agente, dal procacciatore e dal mediatore), il concessionario acquista i prodotti dell’altra parte per poi rivenderli, in nome e per conto proprio, ai clienti. D’altra parte, il concessionario, pur utilizzando il marchio del concedente e distinguendo e valorizzando, generalmente, i prodotti del concedente presso i clienti finali, non gode (e non subisce) di tutto il supporto organizzativo, ideativo, finanziario e pubblicitario che, invece, è generalmente previsto dal contratto di franchising e che impone, al franchisee, lo stile del franchisor, insieme a una disciplina alquanto rigorosa delle modalità di vendita. Più difficile è, talvolta, distinguere il concessionario di vendita dall’importatore che, in un determinato paese, acquista, spesso in esclusiva, i prodotti dell’impresa italiana per rivenderli sul mercato del proprio paese. La differenza è, in tale caso, data dal fatto che l’importatore non è integrato nella rete di vendita dell’impresa italiana: quest’ultima, a differenza di quanto avviene con il concessionario, non ha alcuna informazione sul mercato e sui clienti finali, non concorda specifiche iniziative di promozione dei prodotti, bensì subisce passivamente le politiche di acquisto e le condizioni contrattuali (prezzi, garanzia, consegna, tempi di pagamento) dell’importatore. IL REGOLAMENTO SUGLI ACCORDI DI CONCESSIONE DI VENDITA ESCLUSIVA E DI FRANCHISING ■ IL DIRITTO ANTITRUST E I “VERTICAL RESTRAINTS” La Commissione Europea ha emanato in data 22 Dicembre il Regolamento CE n.2790/1999 relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi verticali e pratiche concordate. DEFINIZIONE DI ACCORDI VERTICALI Accordi o pratiche concordate conclusi tra due o più imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo, ad un livello differente della catena di produzione o di distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni alle quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi (Art. 2) ■ AMBITO DI APPLICAZIONE DEL REGOLAMENTO Il Regolamento sostituisce i Reg.83/83 (distribuzione esclusiva), 83/84 (fornitura esclusiva) e 4087/88 (accordi di franchising). L’ampiezza del suo oggetto, del resto, è tale da comprendere non solo le tre tipologie di accordi anzidetti, ma anche altre tipologie di accordi verticali. L’esenzione prevista dal Regolamento si applica infatti anche agli accordi contenenti disposizioni relative alla cessione all’acquirente o all’uso da parte dell’acquirente di diritti di proprietà intellettuale, a condizione che tali disposizioni non costituiscano l’oggetto primario degli accordi e che esse siano direttamente collegate all’uso, alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da parte dell’acquirente o dei suoi clienti. Il Regolamento 2790 non si applica per converso agli accordi verticali oggetto di altri regolamenti (in primo luogo, non si applica agli accordi per la distribuzione di autoveicoli, II coperti dal Reg. 1475/95). Parimenti i contratti di locazione e di noleggio non rientrano tra i “vertical agreements”, come esplicitato dalle “Guidelines” al Regolamento, che chiariscono come l’esenzione per categoria si applichi sì ai beni venduti e acquistati a fini di locazione a terzi, ma non siano invece contemplati in quanto tali gli accordi di locazione o di leasing, in quanto non vi è vendita di beni o servizi dal fornitore all’acquirente. ESEMPI DI ACCORDI VERTICALI • Contratti di fornitura O.E.M. • Contratti di fornitura di beni o servizi per la loro rivendita* • Contratti di agenzia • Contratti concessione • Contratti di distribuzione selettiva • Contratti di franchising * I contratti di locazione e di noleggio non rientrano tra i “vertical agreements”: vedi “Guidelines” III.2 (i) (25) “Il regolamento di esenzione per categoria si applica anche ai beni venduti e acquistati a fini di locazione a terzi. Non sono invece contemplati in quanto tali gli accordi di locazione o di leasing, in quanto non vi è vendita di beni o servizi dal fornitore all’acquirente”. ■ LE LINEE GUIDA ISPIRATRICI La Commissione è stata ispirata da un atteggiamento “benevolo” nel confronti dei cosiddetti “vertical restraints”. Infatti, in base al “considerando” n.6, gli accordi verticali possono incrementare l’efficienza economica; in base al “considerando” n.8, qualora la quota di mercato rilevante attribuibile al fornitore non superi il 30% si può presumere che gli accordi verticali che non contengano alcune restrizioni aventi effetti concorrenziali gravi siano in genere atti a determinare un miglioramento nella produzione e nella distribuzione. Emerge dal raffronto con la precedente normativa che il Regolamento 2790: • Riguarda sia prodotti che servizi (si riteneva invece che i Reg. 83/83 e 83/84 riguardassero soltanto i prodotti); • Riguarda accordi stipulati tra due o più imprese (i regolamenti precedenti comprendevano soltanto accordi bilaterali); • Riguarda anche, in ipotesi, tipologie di accordi diverse da quelle tradizionali di distribuzione esclusiva e di fornitura esclusiva; il caso più eclatante riguarda i contratti di fornitura per l’utilizzazione industriale e non per la rivendita (quindi non più solo prodotti finali ma anche prodotti intermedi). Diritto & Pratica della distribuzione IL PROBLEMA: CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE La Commissione inoltre, con l’adozione del Regolamento, ha in sotto molti profili dato una svolta rispetto al passato, inaugurando una nuova stagione del diritto antitrust, che in sintesi si ispira ai seguenti principi: AUTO-VALUTAZIONE DEGLI ACCORDI: le imprese sono chiamate ad auto-valutare gli effetti dei loro accordi, senza necessità di notificarli alla Commissione; ciò vale sia per gli accordi verticali rientranti nel Regolamento in virtù della soglia del 30%, sia per quelli che non vi rientrano PRESUNZIONE DI LEGITTIMITÀ DEGLI ACCORDI: le imprese possono, una volta effettuata la propria valutazione della legittimità dell’accordo, evitare qualsiasi notifica alla Commissione. Qualora, poi, dovessero notificare in qualsiasi momento l’accordo alla Commissione, l’accordo sarà dichiarato valido a partire dalla data della stipula, e non più a far data dalla notifica DECENTRAMENTO: con la modernizzazione del diritto antitrust operata dal Regolamento 2790 e, più in generale, ispiratrice del Libro Bianco, viene dato forte impulso al ruolo e alle competenze della autorità antitrust nazionali. APPROCCIO PIÙ ECONOMICO CHE GIURIDICO: ciò porta ad una valutazione non più formale di singole clausole, ma complessiva degli effetti economici dell’accordo. Da tale approccio meno formalistico deriva una struttura del Regolamento diversa rispetto ai regolamenti precedenti. Infatti, mentre detti regolamenti facevano riferimento ad una lista “bianca” di intese consentite, al di fuori della quale tutto o quasi era proibito, il nuovo Regolamento ribalta l’impostazione, prevedendo una lista “nera” di accordi o pratiche vietati, insieme ad una lista “grigia”, di accordi o pratiche consentiti soltanto a determinate condizioni; fuori da tali accordi o pratiche, tutto è consentito (deregolamentazione). LA C.D. LISTA “NERA” (Art.4) LA C.D. LISTA “GRIGIA” (Art.5) Non si applica l’esenzione all’intero accordo se gli accordi, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto: • la restrizione della facoltà dell’acquirente di determinare il proprio prezzo di vendita (salva la facoltà del fornitore di imporre un prezzo massimo o raccomandare un prezzo di vendita); • le restrizioni al territorio in cui (o ai clienti ai quali) l’acquirente può rivendere, con le seguenti eccezioni: (a) la restrizione delle vendite attive nel territorio esclusivo o alla clientela esclusiva riservati al fornitore o da questo attribuiti ad altro acquirente, laddove tale restrizione non limiti le vendite da parte dei clienti dell’acquirente; (b) la restrizione delle vendite agli utenti finali da parte di un acquirente operante al livello di commercio all’ingrosso; (c) la restrizione delle vendite a distributori non autorizzati da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva; (d) la restrizione della facoltà dell’acquirente di vendere componenti, forniti ai fini dell’incorporazione, a clienti che userebbero tali componenti per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore; • la restrizione delle vendite attive o passive agli utenti finali da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva operanti nel commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema di svolgere la propria attività in un luogo di stabilimento non autorizzato; • la restrizione delle forniture incrociate tra distributori all’interno di un sistema di distribuzione selettiva, ivi inclusi i distributori operanti a differenti livelli commerciali; • la restrizione pattuita tra un fornitore di componenti e un acquirente che incorpora tali componenti, la quale limita la possibilità del fornitore di vendere tali componenti come pezzi di ricambio a utenti finali, a riparatori o ad altri prestatori di servizi non incaricati dall’acquirente della riparazione o della manutenzione dei propri prodotti. Non si applica l’esenzione alle seguenti singole obbligazioni contenute in accordi verticali: • un obbligo di non concorrenza, diretto o indiretto, di durata indeterminata o superiore a 5 anni. Un obbligo di non concorrenza tacitamente rinnovabile oltre i cinque anni si considera concluso per una durata indeterminata; • un obbligo diretto o indiretto che imponga all’acquirente, una volta giunto a scadenza l’accordo, di non produrre, acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi, salvo che tale obbligo: (a) si riferisca a beni o servizi in concorrenza con i beni o servizi contrattuali; (b) sia limitato ai locali e terreni da cui l’acquirente ha operato durante il periodo contrattuale, e (c) sia indispensabile per proteggere il “know how” trasferito, e a condizione che la durata dell’obbligo di non concorrenza non sia superiore a un anno dalla scadenza dell’accordo (è impregiudicata la possibilità di imporre una restrizione non limitata nel tempo in relazione all’utilizzazione ed alla diffusione del “know how” che non sia divenuto di pubblico dominio); • un obbligo diretto o indiretto che imponga ai membri di un sistema di distribuzione selettiva di non vendere marche di particolari fornitori concorrenti. SOGLIA DEL 30% ■ LE DISCIPLINA DEGLI ACCORDI CHE RIENTRANO NEL REGOLAMENTO 2790/1999 Nel Regolamento rientrano tutti gli accordi verticali (come definiti dall’art.2), purché il fornitore (o l’acquirente in caso di fornitura esclusiva) non possieda una quota di mercato superiore al 30%. In tale ipotesi il Regolamento prevede il principio che tutto ciò che non è espressamente vietato è lecito. Questo è un elemento di totale novità del Regolamento 2790/1999 e fonte di non pochi problemi sul piano pratico. Gli accordi rientrano nel regolamento soltanto se il fornitore (o l’acquirente, in caso di accordi di fornitura esclusiva - ex Reg.83/84) detiene una quota di mercato non superiore al 30%. Al di sopra di tale soglia la presunzione di legittimità dell’accordo non esiste più. Ciò pone due problemi di difficile soluzione: (a) la definizione del mercato rilevante ai fini del calcolo della soglia, e (b) la valutazione della legittimità degli accordi al di sopra della soglia. III ■ UN PARALLELISMO CON LA PRECEDENTE DISCIPLINA In prima battuta può dirsi che non molto è cambiato, sempre che, beninteso, si tratti di accordi che rientrano nell’ambito della soglia del 30%. Si può inoltre sostenere, in via generale, che il nuovo Regolamento è più permissivo rispetto ai precedenti. In dettaglio, e con specifico riferimento al solo Reg.83/83, relativo agli accordi di distribuzione esclusiva, si può dire che: • tutte le restrizioni espressamente consentite dall’art.2 del Reg.83/83 a carico del concessionario esclusivo sono ancora consentite. • In particolare sono ancora consentiti: il divieto alle vendite “attive” al di fuori del territorio assegnato, l’obbligo di acquistare esclusivamente presso la controparte i prodotti oggetto del contratto; l’obbligo di acquistare assortimenti completi o quantità minime di merce; l’obbligo di vendere i prodotti contrattuali con marchi e secondo la presentazione voluta dal fornitore; l’obbligo di adottare misure di promozione per le vendite; • con riferimento, invece, all’obbligo di non concorrenza (obbligo di non fabbricare o vendere prodotti concorrenti) vi è da precisare che il nuovo regolamento è più restrittivo in quanto limita la durata del patto a 5 anni (mentre, ai sensi del regolamento 83/83, non vi era limitazione temporale); Diritto & Pratica della distribuzione IL PROBLEMA: CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE • il Reg. 2790, d’altro canto, consente - entro i limiti accennati al paragrafo precedente - di stipulare patti di non concorrenza per il periodo successivo alla scadenza del contratto; al contrario, il Reg. 83/83 non consentiva tali pattuizioni; • il Reg. 2790 pare inoltre consentire, a differenza del Reg. 83/83, un patto che riservi al fornitore (o a terzi scelti dal fornitore) determinati clienti. Si può quindi imporre al concessionario non solo di effettuare vendite attive fuori dal territorio, ma anche di effettuare vendite attive a determinati clienti. Le vendite passive non possono invece essere mai vietate al concessionario, come già accadeva in precedenza; • il regolamento 83/83 esentava accordi che prevedevano l’assegnazione di una zona in esclusiva al concessionario, a fronte di determinate restrizioni che venivano imposte al concessionario stesso; pertanto, in assenza di assegnazione di una zona in esclusiva non si poteva configurare l’applicazione del reg.83/83 (era possibile, in alternativa, ricorrere al reg.83/84, dove non era prevista l’assegnazione di un territorio in esclusiva, ma dove non era, al contempo, possibile limitare il territorio del concessionario, nemmeno con riferimento alle vendite attive). Il Reg. 2790/1999, invece, pare consentire accordi nei quali il concessionario si vede assegnata, non in esclusiva, una zona al di fuori della quale non può organizzarsi stabilmente; • sempre con riferimento alla zona, sotto il Reg. 83/83 il concessionario si impegnava a non fare promozione attiva per vendita al di fuori della propria zona; adesso sembra consentito imporgli di astenersi dal farlo soltanto per quei territori riservati al concedente o da questo ad altri soggetti; dal punto di vista sostanziale può non cambiare nulla, ma vi è da considerare tale aspetto nella redazione dei contratti, prevedendo espressamente quali territori sono stati riservati al concedente o da questo a terzi. Con riferimento alla distinzione tra vendite passive e vendite attive, la Commissione, nelle Linee guida, ha precisato che l’uso di Internet a scopi pubblicitari o di vendita di prodotti è in generale considerato come una forma di vendita passiva. ■ LA VALUTAZIONE DELLA QUOTA DI MERCATO (ART. 9) Uno degli aspetti più delicati del Regolamento è senz’altro costituito dalla valutazione della quota di mercato detenuta dal fornitore (o dall’acquirente, in caso di accordi di fornitura esclusiva) e, prima ancora, dalla definizione del mercato rilevante ai fini di tale valutazione. Ai sensi dell’articolo 9 la quota di mercato del 30% viene calcolata sulla base del valore delle vendite sul mercato dei beni o servizi oggetto del contratto e degli altri beni o servizi venduti dal fornitore che siano considerati intercambiabili o sostituibili dall’acquirente, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e dell’uso al quale sono destinati. La definizione di mercato rilevante richiede dunque sia la definizione del mercato rilevante del prodotto sia del mercato geografico rilevante. Quanto al mercato geografico rilevante, secondo la Commissione esso comprende l’area in cui le imprese interessate forniscono servizi o prodotti rilevanti, caratterizzata da condizioni di concorrenza sufficientemente omogenee, distinte e sensibilmente diverse da quelle delle aree geografiche vicine. Si ritiene che in ogni caso debba parlarsi di un mercato di dimensioni almeno nazionali. Quanto al mercato di prodotto rilevante, è necessario fare ricorso, per la sua definizione, ai precedenti della Commissione e della Corte di Giustizia, oltre che agli spunti offerti dalle Linee Guida. Criterio fondamentale per definirlo risulta quello dell’elasticità incrociata (si guarda alla sostituibilità del prodotto dal lato della domanda). In generale, un problema rilevante a cui né il Regolamento 2790 né le Linee Guida danno risposta è quello che sorge quando il fornitore stipula accordi aventi ad oggetto gamme di prodotti non appartenenti allo stesso mercato di prodotto. In tal caso, un’applicazione rigida del Regolamento dovrebbe portare, in caso di superamento della soglia del 30% solo per determinati prodotti e non per altri, alla creazione di reti distributive distinte. Per quanto riguarda le problematiche sorgenti dall’inevitabile modificazione nel tempo delle quote del mercato, il Regolamento prevede una normativa caratterizzata da un minimo di elasticità. In particolare, ai sensi dell’art.9, secondo comma: • la quota di mercato viene calcolata sulla base dei dati relativi all’anno civile precedente; • se la quota di mercato non supera inizialmente il 30% ma successivamente supera tale livello senza tuttavia eccedere il 35%, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di due anni civili consecutivi a decorrere dall’anno in cui la soglia del 30% è stata superata per la prima volta; • se la quota di mercato non supera inizialmente il 30% ma supera in seguito il 35%, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di un anno civile a decorrere dall’anno in cui la soglia del 35% è stata superata per la prima volta; • i benefici previsti dai precedenti due punti non possono essere cumulati in modo da eccedere un periodo di due anni civili. ■ LA VALUTAZIONE DEGLI ACCORDI CHE NON BENEFICIANO DELL’ESENZIONE Gli accordi verticali che non rientrano nel regolamento 2790/1999 non sono presuntivamente illeciti. Al contrario, la Commissione, nelle Linee Guida, ha dettato una serie di regole che IV possono aiutare le imprese nell’auto-valutazione di tali accordi. Infatti la riforma del diritto antitrust adottata dalla Commissione comporta che non esista più la necessità di notifiche preventive degli accordi alla Commissione. Pertanto, anche qualora l’accordo non rientri, a causa del superamento della soglia del 30%, nell’ambito del regolamento, le imprese sono chiamate ad auto-valutare gli accordi e sono esentate dall’onere di notifica preventiva, e potranno notificare, se necessario, l’accordo in un periodo successivo, e a quel punto la Commissione sarà tenuta a dare l’esenzione con effetto retroattivo alla data della stipula. ■ REVOCA DELL’ESENZIONE Nell’ottica di una valutazione economica e non formale degli accordi, ai sensi dell’articolo 6 la Commissione può revocare il beneficio del Regolamento se determinati accordi verticali cui si applica il regolamento producono taluni effetti incompatibili con le condizioni dell’art.81 del Trattato. Lo stesso potere di revoca del beneficio dell’esenzione spetta all’autorità competente di un singolo Stato membro qualora gli effetti incompatibili con l’art.81 si verifichino in detto Stato, o parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto. Ai sensi dell’art.8, poi, la Commissione, con apposito regolamento che si applica non prima di 6 mesi dall’adozione, può dichiarare che il Regolamento 2790 non si applica nei casi in cui reti parallele di restrizioni verticali simili coprano più del 50% di un mercato rilevante. ■ ENTRATA IN VIGORE, DURATA, PERIODO TRANSITORIO Il Regolamento è entrato in vigore il 1° gennaio 2000, e si applica a decorrere dal 1° giugno 2000. Tuttavia l’art.12, primo comma, che prevede la proroga dell’esenzione di cui ai regolamenti n.1983/83, n.1984/83 e n.4087/88 fino al 31 maggio 2000, si applica già a partire dal 1° gennaio 2000. Ciò significa che fino al 31 maggio 2000 è stato possibile stipulare accordi conformi a detti regolamenti. In virtù dell’art.12, comma secondo, agli accordi conformi ai precedenti regolamenti ma non al nuovo regolamento, e stipulati prima del 31 maggio 2000, non si applica il divieto di cui all’art.81, comma 1, durante il periodo compreso tra 1° giugno 2000 ed il 31 dicembre 2001. Il Regolamento 2790 scadrà il 31 maggio 2010. Diritto & Pratica della distribuzione IL PROBLEMA: CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE CONCORRENZA E DISTRIBUZIONE AUTO ■ I REGOLAMENTI DI DISTRIBUZIONE SELETTIVA E IN PARTICOLARE IL REGOLAMENTO 1475/95 IN MATERIA DI DISTRIBUZIONE DI AUTOVEICOLI E RELATIVO SERVIZIO DI ASSISTENZA DELLA CLIENTELA Il Regolamento 1475/95 è entrato in vigore in data 1 luglio 1995 e troverà applicazione sino al 30 Settembre 2002 (data entro la quale o verrà varata una nuova disciplina di esenzione del comparto o troverà applicazione il succitato Regolamento CE n.2790/99 relativo ai cosiddetti “vertical restraints”, ovvero all’esenzione generale delle intese verticali in genere, che dal Giugno 2000 si applica a tutti i settori economici, eccettuata appunto la distribuzione ed assistenza di autoveicoli). Come noto, tale provvedimento esenta dal divieto generale di accordi limitativi della concorrenza quei particolari accordi stipulati tra un produttore automobilistico e un distributore, con i quali il produttore s’impegna a fornire soltanto al distributore, all’interno di un territorio definito, i prodotti contrattuali. ■ I FUTURI SVILUPPI DELLA NORMATIVA COMUNITARIA IN TEMA DI DISTRIBUZIONE SELETTIVA DEGLI AUTOVEICOLI Attualmente non è noto quale orientamento la Commissione Europea deciderà di adottare a seguito della scadenza del succitato Regolamento 1475/95 (il “Regolamento Automotive”) prevista per il 30 Settembre 2002. Per contro in un recente documento valutativo del Regolamento Automotive la Commissione si è espressa in modo molto critico sull’attuale sistema, mettendo particolarmente in discussione il legame vendita-assistenza che connota l’attuale Regolamento Automotive. I PRINCIPALI SCOPI DEL REGOLAMENTO • fare in modo che il sistema distributivo e post-vendita avvenga in modo efficiente a favore dei consumatori • accrescere la possibilità di scelta per i consumatori in conformità al principio del mercato interno • rafforzare l’indipendenza dei concessionari, per accrescerne la competitività • protezione della competizione a livello di aftersales service (dando alle officine indipendenti maggiore opportunità di competere, e incrementando l’accesso di ricambi equivalenti ai concessionari) • distinzione tra clausole/comportamenti ammessi e non ammessi In tale situazione è possibile ipotizzare che la Commissione, alla scadenza del 30 Settembre 2002 assuma una delle tre decisioni qui di seguito indicate: • Rinnovo del Regolamento Automotive per un ulteriore periodo • Emanazione di un Regolamento ponte che riprenda, almeno in parte, le previsioni del Regolamento Automotive • Nessuna normativa specifica per il settore Automotive, le cui reti distributive dovrebbero quindi conformarsi al nuovo Regolamento sugli Accordi Verticali, Reg. 2790/1999 (il “Nuovo Regolamento”). ■ UN RAFFRONTO TRA IL REGOLAMENTO AUTOMOTIVE OGGI ESISTENTE E IL NUOVO REGOLAMENTO Raffrontare il Nuovo Regolamento con il Regolamento Automotive in tema di distribuzione selettiva di autoveicoli non è cosa facile, anche in considerazione del fatto che la stessa Commissione, per spiegare il Nuovo Regolamento, ha pubblicato 45 pagine di Linee Guida. Detto raffronto peraltro presenta sin da ora un certo interesse nel caso in cui si verifichi la terza ipotesi sopra indicata, ovvero nessuna normativa specifica per il settore Automotive, le cui reti distributive dovrebbero quindi conformarsi al Nuovo Regolamento. Come detto in precedenza le principali caratteristiche del Nuovo Regolamento sono in estrema sintesi le seguenti: • esso sancisce una mera presunzione di legalità delle clausole non espressamente vietate; • il Nuovo Regolamento opera a condizione che la quota di mercato detenuta dal concedente non superi il 30% del mercato rilevante; • le imprese sono chiamate ad una auto-valutazione degli accordi e, se li ritengono legittimi, non devono più notificarli alla Commissione (anche nel caso in cui sia superata la suddetta soglia del 30%). Si potrebbe quindi dire che la Commissione abbia formalmente liberalizzato l’approccio ai contratti della distribuzione (prima tutto ciò che non era ammesso era vietato, adesso tutto ciò che non è vietato si presume ammesso). I BENEFICI PER I VARI ATTORI I produttori: hanno la possibilità di conformare la rete distributiva a seconda della proprie strategie, decidendo sul livello della propria presenza nei vari paesi I concessionari: hanno una qualche protezione degli investimenti; hanno scarsa possibilità di operare fuori dal territorio; hanno la possibilità di fissare i prezzi e le condizioni di vendita I consumatori: il regolamento dovrebbe consentire una distribuzione efficiente, e dovrebbe consentire ai consumatori di poter acquistare ovunque V Così facendo peraltro la Commissione ha addossato alle imprese i seguenti potenziali rischi: • errore nella auto-valutazione fatta dalle imprese in merito alla legittimità delle condizioni praticate ai propri concessionari; • rischio che tale auto-valutazione venga contestata dai singoli distributori o dalla stessa Commissione; • più in generale minor certezza del diritto. Con particolare riferimento alla soglia del 30% di mercato (che va inteso sia per prodotto che geografico) si pongono poi, come detto in precedenza, due principali problemi: ovvero (a) la definizione del mercato rilevante ai fini del calcolo della soglia e (b) la valutazione della legittimità degli accordi al di sopra della soglia. Gli aspetti di continuità o discontinuità del Nuovo Regolamento rispetto al Reg.1475/95 risulterebbero essere essenzialmente i seguenti: a) resterebbe immutata per il produttore la possibilità di richiedere ai concessionari il rispetto di determinate condizioni minime, in termini di struttura, di obiettivi minimi di vendita, di stock e di servizio di assistenza b) rimarrebbe immutato il divieto di alcune clausole considerate particolarmente restrittive della concorrenza quali: (b1) l’imposizione diretta o indiretta dei prezzi di rivendita, (b2) le restrizioni assolute al territorio in cui (o ai clienti ai quali) il distributore può rivendere. A quest’ultimo riguardo rimarrebbero inalterati: (i) il divieto di restringere le c.d. “vendite passive” fuori dal territorio assegnato al distributore: l’unico divieto che si può imporre è quello delle vendite attive nonché quello di “organizzarsi” fuori dal territorio; (ii) la possibilità di vietare ai membri della rete di rivendere i prodotti contrattuali a distributori non autorizzati; (iii) il divieto di impedire ai concessionari di rivendere i prodotti contrattuali ad altri distributori autorizzati facenti parte del medesimo network; (iv) la possibilità di vietare le rivendite a distributori non appartenenti alla rete; (v) il divieto di restringere in qualsiasi modo le vendite a clienti finali c) permarrebbe l’impossibilità di vietare al distributore la rivendita di prodotti concorrenti (apparentemente, senza più poter richiedere che ciò avvenga in locali separati, come da attuale Regolamento Automotive) d) non esisterebbe più il legame obbligatorio vendita-assistenza e) non esisterebbe più una tutela specifica dei concessionari sotto alcuni profili, quali ad esempio: (i) il termine di preavviso di 24 mesi per il recesso dal contratto (ii) le procedure di arbitraggio previste dal Reg. 1475/95 per la determinazione di obiettivi minimi e stock. Diritto & Pratica della distribuzione IL PROBLEMA: CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE ■ LA DECISIONE VOLKSWAGEN DELLA COMMISSIONE DEL 28 GENNAIO 1998 Non mancano decisioni recenti della Commissione che sono venute a cassare comportamenti ritenuti volutamente ambigui e lesivi della libera concorrenza da parte del produttore, ed in particolare di alcuni produttori automobilistici: tra queste spiccano le decisioni qui di seguito commentate. La Decisione della Commissione del 28 gennaio 1998 nei confronti di Volkswagen e delle sue filiali Audi AG ed Autogerma S.p.A., (come recentemente riformata dalla sentenza della Corte di Prima Istanza della Comunità Europea del 6 luglio 2000, con una riduzione della sanzione originariamente comminata a 90 milioni di Euro). ■ LA DECISIONE OPEL NEDERLAND DELLA COMMISSIONE DEL 20 SETTEMBRE 2000 La Decisione della Commissione del 20 settembre 2000 nei confronti di Opel Nederland, pubblicata il 28 febbraio 2001 sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, con la quale la Commissione ha inflitto ad Opel un’ammenda di 43 milioni di Euro per aver violato l’Articolo 81.1 del Trattato, restringendo d’intesa con i propri concessionari olandesi la vendita di autovetture a consumatori o concessionari stabiliti in altri Paesi membri. Lo scorso 30 novembre Opel ha presentato ricorso contro tale decisione al Tribunale di Prima Istanza. Queste controversie evidenziano non tanto la perdurante esistenza di aziende ed operatori apparentemente “sprovveduti” in tema di concorrenza, quanto piuttosto il rischio di deferire ai giudici la soluzione di controversie di natura squisitamente economica. LA DECISIONE OPEL NEDERLAND • Decisione 2001/146/CE su GUCE 28.2.2001. Il caso riguarda la limitazione delle vendite all’esportazione, nell’ambito di una strategia generale ed attraverso condotte quali restrizioni di forniture, divieti di esportazione e misure di compartimentazione concordate con i concessionari, nonché il sistematico rifiuto a versare premi riferiti a vendite effettuate a clienti di altri Stati membri tra il 1996 ed il 1998. Peraltro non va ignorato come stia progressivamente mutando la natura e struttura economica del fenomeno sottostante, ove i produttori di autovetture ed autoveicoli in genere, sulla spinta dell’internazionalizzazione prima e della globalizzazione poi, sono andati sempre più riducendo i differenziali di prezzo tra mercato/mercati di produzione e mercati di sbocco. In parallelo si è assistito ad un crescente investimento da parte dei produttori nei canali distributivi, tanto che oggi su molti prodotti (inclusa l’industria “automotive”) il maggiore valore di un’azienda risiede non tanto nel proprio comparto produttivo, quanto piuttosto nella sua rete di distribuzione (ove il produttore interagisce e si coalizza con una rete distributiva autonoma, sempre più professionale e specializzata, a tutto beneficio del consumatore/ utente finale), nonché in taluni beni immateriali, tra i quali spicca il crescente valore del marchio. In questo ambito è indubbio come il settore “automotive” si vada sempre più connotando per la presenza di operatori che - in un genuino scenario di competitività globale che non lascia più spazio a rendite di posizione su nessun mercato mondiale - raggiunti i necessari accordi con la propria rete distributiva ufficiale e fattisi carico di gran parte di tutti i mag- LA DECISIONE VOLKSWAGEN • Decisione 98/273/CE su GUCE 25.4.98. Il caso ha in effetti una peculiarità tutta sua, essendo relativo a produttori tedeschi ed avendo ad oggetto importazioni dall’Italia in Germania di autovetture Audi e Volkswagen a partire dal Settembre 1992, quando la forte svalutazione della lira sul marco tedesco e lo scellino austriaco, non accompagnata da una tempestiva revisione dei listini, rese particolarmente interessante il differenziale di prezzo tra Italia da un lato e Germania ed Austria dall’altro, che fu peraltro apparentemente osteggiato dal produttore e dal suo distributore esclusivo sul mercato italiano. In particolare fu contestato l’ambiguo comportamento verso la rete di vendita, ove soltanto con una circolare del 19 dicembre 1996 quando la procedura di accertamento della Commissione risultava aperta da ormai un anno Autogerma inoltrò una circolare ai propri concessionari, chiarendo come le esportazioni verso clienti finali o concessionari della propria rete fossero assolutamente legittime e non potesse essere in alcun modo penalizzate, né direttamente né indirettamente (influenzando sconti e “margini” alla rete, ovvero il pagamento di “bonus” correlati al raggiungimento di obiettivi di vendita). Risultò infatti che la corresponsione degli sconti ai concessionari italiani era in parte subordinata all’avvenuta immatricolazione delle vetture in Italia, e che in alcuni casi il bonus non era stato corrisposto (rappresentando sinanco causa per legittimare il recesso di Autogerma da contratti di concessione) nel caso di concessionari che avessero rifornito non solo soggetti non appartenenti alla rete, ma anche clienti siti all’estero (tuttavia questo assunto deriva da una lettura erronea della documentazione, con particolare riguardo per ciò che abbia a definirsi come “grey import”, come fu meglio chiarito in sede di appello, a beneficio dei ricorrenti medesimi). Il tutto travalicando i dettami dei Regolamenti sulla distribuzione selettiva relativi al comparto automobilistico (Reg.123/85 prima e 1475/95 poi), in assenza di un’espressa esenzione del contratto di concessione in esame e pertanto violando l’Art.85(1) (ora 81(1)) del Trattato, creando una compartimentazione artificiosa del mercato. L’originaria sanzione ammontava a 102 milioni di Euro, anche in considerazione dell’elevata quota di mercato in ambito UE e del perdurare di detta condotta per oltre dieci anni. VI giori oneri e costi, sono oggi in grado di offrire al consumatore finale sia un prodotto competitivo, a prezzi comparabili su scala mondiale, sia, come “quid pluris” rispetto al valore intrinseco del prodotto, un pacchetto di tutti i correlati servizi di natura finanziaria, assicurativa ed assistenziale in fase di vendita e postvendita che sempre più incidono come variabili nella determinazione della scelta all’acquisto per un consumatore evoluto che ricerca non solo il prezzo più basso tra prodotti e marche per la più parte comparabili, ma sa valutare e bilanciare le variabili in gioco. Pertanto la globalizzazione delle aziende “automotive”, che ha condotto ad una vera concorrenza su scala mondiale connotata oggi da alleanze di vasto respiro, unita agli indubbi vantaggi che un sistema di distribuzione esclusiva e selettiva ha offerto e continua ad offrire ai consumatori - ponendo di fatto fine a politiche di discriminazione dei prezzi ed aumentando l’autonomia ed il potere contrattuale dei distributori “ufficiali” - appare ora in grado di offrire al consumatore finale la migliore garanzia di acquistare, ad un prezzo “giusto”, beni di consumo durevoli accompagnati dalla certezza di un servizio di manutenzione e riparazione specializzato (criterio oltremodo rilevante, soprattutto per quanto concerne l’assistenza post-vendita, allorquando il veicolo venga adibito dall’utente ad attività lavorative). Al riguardo possiamo in ultimo rammentare, nell’ambito del Nuovo Regolamento, alcune disposizioni in materia di commercio elettronico contenute all’interno delle voluminosissime “guidelines” (una sorta di compendioso testo di teorie economiche, atto a supportare i singoli operatori economici nell’effettuare in proprio le valutazioni relative alla legittimità delle pattuizioni assunte con la rete distributiva, alla luce dei dettami del Regolamento stesso) ove si ripropone il principio che ciascun distributore della rete di vendita può vendere anche attraverso Internet, astenendosi unicamente dalla promozione attiva di vendite al di fuori del territorio. Il vero problema diviene l’anacronismo evidente dell’allacciare a criteri di territorialità la disciplina antitrust con riguardo ad un fenomeno che tali limiti territoriali rifugge per sua natura. Ciò sposterà necessariamente in un prossimo futuro termini e “armi” della contesa, con la consapevolezza che il doversi misurare con un mercato realmente globale, che non è assolutamente omogeneo e non è globalmente regolamentato, sia a livello di sistemi giuridici dei singoli Paesi sia a livello di sistema Internet. Ci si trova pertanto necessariamente alla vigilia dell’introduzione di nuovi e più articolati strumenti che, usciti dall’angusto ambito della territorialità, dovranno salvaguardare le legittime aspettative del consumatore e preservare dall’altro gli investimenti effettuati dai produttori per garantire prodotti sicuri e affidabili. Hanno collaborato alla redazione di questo numero: Diego Saluzzo (IVECO S.p.A.), Diego Comba, Marina Motta.