dall`unione europea - Camere di Commercio

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DALL’UNIONE
EUROPEA
DIRITTO & PRATICA
N. 1/2001
In questo numero:
CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE
à IL CONTRATTO DI CONCESSIONE DI VENDITA
à IL NUOVO REGOLAMENTO SUGLI ACCORDI
DI CONCESSIONE DI VENDITA ESCLUSIVA E DI FRANCHISING
à CONCORRENZA E DISTRIBUZIONE AUTO
à LE DECISIONI VOLKSWAGEN E OPEL NEDERLAND DELLA COMMISSIONE UE
Supplemento al n. 4 del 27 marzo 2001 del quindicinale “Richieste & Offerte dal Mondo”
Direttore responsabile Giuliano Lengo - a cura di Diego Comba
CAMERA DI COMMERCIO
INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA
DI TORINO
Diritto & Pratica della distribuzione
IL PROBLEMA:
CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE
IL CONTRATTO DI CONCESSIONE DI VENDITA
■ CHE COS’È IL CONTRATTO DI
CONCESSIONE DI VENDITA
Il regolamento CEE n. 1983/83 del 22 giugno
1983 definisce i contratti di distribuzione come
“accordi ai quali partecipano soltanto due
imprese e nei quali uno dei contraenti si impegna nei confronti dell’altro a fornire soltanto a
lui determinati prodotti ai fini della rivendita in
tutto il territorio o in una parte determinata del
mercato comune”. È utile sottolineare fin d’ora
che il concedente non necessariamente è il fabbricante dei prodotti il cui diritto di vendita in
un determinato territorio viene concessa in
esclusiva al concessionario.
La definizione di cui sopra, dettata ai fini
dell’applicazione delle regole comunitarie di
diritto antitrust, è l’unica definizione legislativa del contratto di distribuzione, ad eccezione
di quella della legge belga del 27 luglio 1961,
secondo cui la concessione di vendita è un contratto in virtù del quale un concedente riserva a
uno o più concessionari il diritto di vendere in
nome e per conto proprio dei prodotti che il primo fabbrica o distribuisce e il secondo si obbliga a rivendere. Inoltre, in alcuni paesi mussulmani, (ad esempio Arabia Saudita, Emirati
Arabi, Egitto, Indonesia, Libano e Pakistan), il
contratto di distribuzione (chiamato agency) è
oggetto della stessa disciplina del contratto di
agenzia, la quale è volta a tutelare l’esclusiva
del distributore locale.
Negli altri paesi del mondo, compresa l’Italia,
non esiste una disciplina legale specifica della
concessione di vendita. Esiste, però, una giurisprudenza che tutela il concessionario (distributore), facendo, in vario modo, riferimento a una
prassi contrattuale interna e internazionale.
È anzitutto opportuno distinguere la concessione di vendita da altri contratti di intermediazione commerciale diffusi nella pratica internazionale e, in primo luogo, dai contratti di agenzia,
di procacciatore d’affari, di mediazione, i quali
non comportano l’acquisto e la rivendita, da
parte dell’intermediario, dei prodotti
dell’impresa preponente. Nel contratto di concessione, al contrario, accanto all’attività di
promozione dei prodotti (svolta anche
dall’agente) e di contatto dei clienti (svolta
anche dall’agente, dal procacciatore e dal
mediatore), il concessionario acquista i prodotti dell’altra parte per poi rivenderli, in nome e
per conto proprio, ai clienti.
D’altra parte, il concessionario, pur utilizzando
il marchio del concedente e distinguendo e
valorizzando, generalmente, i prodotti del concedente presso i clienti finali, non gode (e non
subisce) di tutto il supporto organizzativo, ideativo, finanziario e pubblicitario che, invece, è
generalmente previsto dal contratto di franchising e che impone, al franchisee, lo stile del
franchisor, insieme a una disciplina alquanto
rigorosa delle modalità di vendita.
Più difficile è, talvolta, distinguere il concessionario di vendita dall’importatore che, in un
determinato paese, acquista, spesso in esclusiva, i prodotti dell’impresa italiana per rivenderli sul mercato del proprio paese. La differenza
è, in tale caso, data dal fatto che l’importatore
non è integrato nella rete di vendita dell’impresa italiana: quest’ultima, a differenza di quanto
avviene con il concessionario, non ha alcuna
informazione sul mercato e sui clienti finali,
non concorda specifiche iniziative di promozione dei prodotti, bensì subisce passivamente
le politiche di acquisto e le condizioni contrattuali (prezzi, garanzia, consegna, tempi di
pagamento) dell’importatore.
IL REGOLAMENTO SUGLI
ACCORDI DI CONCESSIONE
DI VENDITA ESCLUSIVA E DI
FRANCHISING
■ IL DIRITTO ANTITRUST E I
“VERTICAL RESTRAINTS”
La Commissione Europea ha emanato in data
22 Dicembre il Regolamento CE n.2790/1999
relativo all’applicazione dell’articolo 81, paragrafo 3, del Trattato CE a categorie di accordi
verticali e pratiche concordate.
DEFINIZIONE DI ACCORDI
VERTICALI
Accordi o pratiche concordate conclusi tra due o più
imprese, operanti ciascuna, ai fini dell’accordo, ad un
livello differente della catena di produzione o di
distribuzione, e che si riferiscono alle condizioni alle
quali le parti possono acquistare, vendere o rivendere
determinati beni o servizi (Art. 2)
■ AMBITO DI APPLICAZIONE
DEL REGOLAMENTO
Il Regolamento sostituisce i Reg.83/83 (distribuzione esclusiva), 83/84 (fornitura esclusiva) e
4087/88 (accordi di franchising). L’ampiezza
del suo oggetto, del resto, è tale da comprendere
non solo le tre tipologie di accordi anzidetti, ma
anche altre tipologie di accordi verticali. L’esenzione prevista dal Regolamento si applica infatti anche agli accordi contenenti disposizioni
relative alla cessione all’acquirente o all’uso da
parte dell’acquirente di diritti di proprietà intellettuale, a condizione che tali disposizioni non
costituiscano l’oggetto primario degli accordi e
che esse siano direttamente collegate all’uso,
alla vendita o alla rivendita di beni o servizi da
parte dell’acquirente o dei suoi clienti.
Il Regolamento 2790 non si applica per converso agli accordi verticali oggetto di altri regolamenti (in primo luogo, non si applica agli
accordi per la distribuzione di autoveicoli,
II
coperti dal Reg. 1475/95). Parimenti i contratti
di locazione e di noleggio non rientrano tra i
“vertical agreements”, come esplicitato dalle
“Guidelines” al Regolamento, che chiariscono
come l’esenzione per categoria si applichi sì ai
beni venduti e acquistati a fini di locazione a
terzi, ma non siano invece contemplati in quanto tali gli accordi di locazione o di leasing, in
quanto non vi è vendita di beni o servizi dal
fornitore all’acquirente.
ESEMPI DI ACCORDI
VERTICALI
• Contratti di fornitura O.E.M.
• Contratti di fornitura di beni o servizi per
la loro rivendita*
• Contratti di agenzia
• Contratti concessione
• Contratti di distribuzione selettiva
• Contratti di franchising
* I contratti di locazione e di noleggio non rientrano
tra i “vertical agreements”: vedi “Guidelines” III.2
(i) (25) “Il regolamento di esenzione per categoria
si applica anche ai beni venduti e acquistati a fini di
locazione a terzi. Non sono invece contemplati in
quanto tali gli accordi di locazione o di leasing, in
quanto non vi è vendita di beni o servizi dal fornitore all’acquirente”.
■ LE LINEE GUIDA ISPIRATRICI
La Commissione è stata ispirata da un atteggiamento “benevolo” nel confronti dei cosiddetti
“vertical restraints”. Infatti, in base al “considerando” n.6, gli accordi verticali possono
incrementare l’efficienza economica; in base al
“considerando” n.8, qualora la quota di mercato rilevante attribuibile al fornitore non superi il
30% si può presumere che gli accordi verticali
che non contengano alcune restrizioni aventi
effetti concorrenziali gravi siano in genere atti
a determinare un miglioramento nella produzione e nella distribuzione.
Emerge dal raffronto con la precedente normativa che il Regolamento 2790:
• Riguarda sia prodotti che servizi (si riteneva invece che i Reg. 83/83 e 83/84
riguardassero soltanto i prodotti);
• Riguarda accordi stipulati tra due o più
imprese (i regolamenti precedenti comprendevano soltanto accordi bilaterali);
• Riguarda anche, in ipotesi, tipologie di
accordi diverse da quelle tradizionali di
distribuzione esclusiva e di fornitura
esclusiva; il caso più eclatante riguarda i
contratti di fornitura per l’utilizzazione
industriale e non per la rivendita (quindi
non più solo prodotti finali ma anche prodotti intermedi).
Diritto & Pratica della distribuzione
IL PROBLEMA:
CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE
La Commissione inoltre, con l’adozione del
Regolamento, ha in sotto molti profili dato una
svolta rispetto al passato, inaugurando una nuova stagione del diritto antitrust, che in sintesi si
ispira ai seguenti principi:
AUTO-VALUTAZIONE DEGLI ACCORDI:
le imprese sono chiamate ad auto-valutare gli
effetti dei loro accordi, senza necessità di notificarli alla Commissione; ciò vale sia per gli
accordi verticali rientranti nel Regolamento in
virtù della soglia del 30%, sia per quelli che
non vi rientrano
PRESUNZIONE DI LEGITTIMITÀ DEGLI
ACCORDI: le imprese possono, una volta
effettuata la propria valutazione della legittimità dell’accordo, evitare qualsiasi notifica alla
Commissione. Qualora, poi, dovessero notificare in qualsiasi momento l’accordo alla Commissione, l’accordo sarà dichiarato valido a
partire dalla data della stipula, e non più a far
data dalla notifica
DECENTRAMENTO: con la modernizzazione del diritto antitrust operata dal Regolamento
2790 e, più in generale, ispiratrice del Libro
Bianco, viene dato forte impulso al ruolo e alle
competenze della autorità antitrust nazionali.
APPROCCIO PIÙ ECONOMICO CHE
GIURIDICO: ciò porta ad una valutazione
non più formale di singole clausole, ma complessiva degli effetti economici dell’accordo.
Da tale approccio meno formalistico deriva una
struttura del Regolamento diversa rispetto ai
regolamenti precedenti. Infatti, mentre detti
regolamenti facevano riferimento ad una lista
“bianca” di intese consentite, al di fuori della
quale tutto o quasi era proibito, il nuovo Regolamento ribalta l’impostazione, prevedendo una
lista “nera” di accordi o pratiche vietati, insieme ad una lista “grigia”, di accordi o pratiche
consentiti soltanto a determinate condizioni;
fuori da tali accordi o pratiche, tutto è consentito (deregolamentazione).
LA C.D. LISTA “NERA” (Art.4)
LA C.D. LISTA “GRIGIA” (Art.5)
Non si applica l’esenzione all’intero accordo se
gli accordi, direttamente o indirettamente, hanno per oggetto:
• la restrizione della facoltà dell’acquirente di
determinare il proprio prezzo di vendita (salva
la facoltà del fornitore di imporre un prezzo
massimo o raccomandare un prezzo di vendita);
• le restrizioni al territorio in cui (o ai clienti ai
quali) l’acquirente può rivendere, con le
seguenti eccezioni: (a) la restrizione delle
vendite attive nel territorio esclusivo o alla
clientela esclusiva riservati al fornitore o da
questo attribuiti ad altro acquirente, laddove
tale restrizione non limiti le vendite da parte
dei clienti dell’acquirente; (b) la restrizione
delle vendite agli utenti finali da parte di un
acquirente operante al livello di commercio
all’ingrosso; (c) la restrizione delle vendite a
distributori non autorizzati da parte dei membri di un sistema di distribuzione selettiva; (d)
la restrizione della facoltà dell’acquirente di
vendere componenti, forniti ai fini dell’incorporazione, a clienti che userebbero tali componenti per fabbricare beni simili a quelli prodotti dal fornitore;
• la restrizione delle vendite attive o passive
agli utenti finali da parte dei membri di un
sistema di distribuzione selettiva operanti nel
commercio al dettaglio, fatta salva la possibilità di proibire ad un membro di tale sistema
di svolgere la propria attività in un luogo di
stabilimento non autorizzato;
• la restrizione delle forniture incrociate tra
distributori all’interno di un sistema di distribuzione selettiva, ivi inclusi i distributori operanti a differenti livelli commerciali;
• la restrizione pattuita tra un fornitore di componenti e un acquirente che incorpora tali
componenti, la quale limita la possibilità del
fornitore di vendere tali componenti come
pezzi di ricambio a utenti finali, a riparatori o
ad altri prestatori di servizi non incaricati
dall’acquirente della riparazione o della
manutenzione dei propri prodotti.
Non si applica l’esenzione alle seguenti singole
obbligazioni contenute in accordi verticali:
• un obbligo di non concorrenza, diretto o indiretto, di durata indeterminata o superiore a 5
anni. Un obbligo di non concorrenza tacitamente rinnovabile oltre i cinque anni si considera concluso per una durata indeterminata;
• un obbligo diretto o indiretto che imponga
all’acquirente, una volta giunto a scadenza
l’accordo, di non produrre, acquistare, vendere o rivendere determinati beni o servizi, salvo che tale obbligo: (a) si riferisca a beni o
servizi in concorrenza con i beni o servizi
contrattuali; (b) sia limitato ai locali e terreni
da cui l’acquirente ha operato durante il
periodo contrattuale, e (c) sia indispensabile
per proteggere il “know how” trasferito, e a
condizione che la durata dell’obbligo di non
concorrenza non sia superiore a un anno dalla
scadenza dell’accordo (è impregiudicata la
possibilità di imporre una restrizione non
limitata nel tempo in relazione all’utilizzazione ed alla diffusione del “know how” che
non sia divenuto di pubblico dominio);
• un obbligo diretto o indiretto che imponga ai
membri di un sistema di distribuzione selettiva di non vendere marche di particolari fornitori concorrenti.
SOGLIA DEL 30%
■ LE
DISCIPLINA
DEGLI
ACCORDI CHE RIENTRANO
NEL REGOLAMENTO 2790/1999
Nel Regolamento rientrano tutti gli accordi
verticali (come definiti dall’art.2), purché il
fornitore (o l’acquirente in caso di fornitura
esclusiva) non possieda una quota di mercato
superiore al 30%.
In tale ipotesi il Regolamento prevede il principio che tutto ciò che non è espressamente vietato è lecito.
Questo è un elemento di totale novità del
Regolamento 2790/1999 e fonte di non
pochi problemi sul piano pratico. Gli accordi rientrano nel regolamento soltanto se il
fornitore (o l’acquirente, in caso di accordi
di fornitura esclusiva - ex Reg.83/84) detiene una quota di mercato non superiore al
30%. Al di sopra di tale soglia la presunzione di legittimità dell’accordo non esiste più.
Ciò pone due problemi di difficile soluzione: (a) la definizione del mercato rilevante
ai fini del calcolo della soglia, e (b) la valutazione della legittimità degli accordi al di
sopra della soglia.
III
■ UN PARALLELISMO CON LA
PRECEDENTE DISCIPLINA
In prima battuta può dirsi che non molto è cambiato, sempre che, beninteso, si tratti di accordi
che rientrano nell’ambito della soglia del 30%.
Si può inoltre sostenere, in via generale, che il
nuovo Regolamento è più permissivo rispetto
ai precedenti. In dettaglio, e con specifico riferimento al solo Reg.83/83, relativo agli accordi
di distribuzione esclusiva, si può dire che:
• tutte le restrizioni espressamente consentite
dall’art.2 del Reg.83/83 a carico del concessionario esclusivo sono ancora consentite.
• In particolare sono ancora consentiti: il divieto alle vendite “attive” al di fuori del territorio
assegnato, l’obbligo di acquistare esclusivamente presso la controparte i prodotti oggetto
del contratto; l’obbligo di acquistare assortimenti completi o quantità minime di merce;
l’obbligo di vendere i prodotti contrattuali con
marchi e secondo la presentazione voluta dal
fornitore; l’obbligo di adottare misure di promozione per le vendite;
• con riferimento, invece, all’obbligo di non
concorrenza (obbligo di non fabbricare o vendere prodotti concorrenti) vi è da precisare
che il nuovo regolamento è più restrittivo in
quanto limita la durata del patto a 5 anni
(mentre, ai sensi del regolamento 83/83, non
vi era limitazione temporale);
Diritto & Pratica della distribuzione
IL PROBLEMA:
CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE
• il Reg. 2790, d’altro canto, consente - entro i
limiti accennati al paragrafo precedente - di
stipulare patti di non concorrenza per il periodo successivo alla scadenza del contratto; al
contrario, il Reg. 83/83 non consentiva tali
pattuizioni;
• il Reg. 2790 pare inoltre consentire, a differenza del Reg. 83/83, un patto che riservi al
fornitore (o a terzi scelti dal fornitore) determinati clienti. Si può quindi imporre al concessionario non solo di effettuare vendite
attive fuori dal territorio, ma anche di effettuare vendite attive a determinati clienti. Le
vendite passive non possono invece essere
mai vietate al concessionario, come già accadeva in precedenza;
• il regolamento 83/83 esentava accordi che
prevedevano l’assegnazione di una zona in
esclusiva al concessionario, a fronte di determinate restrizioni che venivano imposte al
concessionario stesso; pertanto, in assenza di
assegnazione di una zona in esclusiva non si
poteva configurare l’applicazione del
reg.83/83 (era possibile, in alternativa, ricorrere al reg.83/84, dove non era prevista l’assegnazione di un territorio in esclusiva, ma dove
non era, al contempo, possibile limitare il territorio del concessionario, nemmeno con riferimento alle vendite attive). Il Reg.
2790/1999, invece, pare consentire accordi
nei quali il concessionario si vede assegnata,
non in esclusiva, una zona al di fuori della
quale non può organizzarsi stabilmente;
• sempre con riferimento alla zona, sotto il Reg.
83/83 il concessionario si impegnava a non
fare promozione attiva per vendita al di fuori
della propria zona; adesso sembra consentito
imporgli di astenersi dal farlo soltanto per
quei territori riservati al concedente o da questo ad altri soggetti; dal punto di vista sostanziale può non cambiare nulla, ma vi è da considerare tale aspetto nella redazione dei contratti, prevedendo espressamente quali territori sono stati riservati al concedente o da questo a terzi.
Con riferimento alla distinzione tra vendite
passive e vendite attive, la Commissione, nelle
Linee guida, ha precisato che l’uso di Internet a
scopi pubblicitari o di vendita di prodotti è in
generale considerato come una forma di vendita passiva.
■ LA VALUTAZIONE DELLA
QUOTA DI MERCATO (ART. 9)
Uno degli aspetti più delicati del Regolamento
è senz’altro costituito dalla valutazione della
quota di mercato detenuta dal fornitore (o
dall’acquirente, in caso di accordi di fornitura
esclusiva) e, prima ancora, dalla definizione del
mercato rilevante ai fini di tale valutazione.
Ai sensi dell’articolo 9 la quota di mercato del
30% viene calcolata sulla base del valore delle
vendite sul mercato dei beni o servizi oggetto
del contratto e degli altri beni o servizi venduti
dal fornitore che siano considerati intercambiabili o sostituibili dall’acquirente, in ragione delle caratteristiche dei prodotti, dei loro prezzi e
dell’uso al quale sono destinati.
La definizione di mercato rilevante richiede dunque sia la definizione del mercato rilevante del
prodotto sia del mercato geografico rilevante.
Quanto al mercato geografico rilevante, secondo la Commissione esso comprende l’area in
cui le imprese interessate forniscono servizi o
prodotti rilevanti, caratterizzata da condizioni
di concorrenza sufficientemente omogenee,
distinte e sensibilmente diverse da quelle delle
aree geografiche vicine. Si ritiene che in ogni
caso debba parlarsi di un mercato di dimensioni
almeno nazionali. Quanto al mercato di prodotto rilevante, è necessario fare ricorso, per la sua
definizione, ai precedenti della Commissione e
della Corte di Giustizia, oltre che agli spunti
offerti dalle Linee Guida. Criterio fondamentale per definirlo risulta quello dell’elasticità
incrociata (si guarda alla sostituibilità del prodotto dal lato della domanda).
In generale, un problema rilevante a cui né il
Regolamento 2790 né le Linee Guida danno
risposta è quello che sorge quando il fornitore
stipula accordi aventi ad oggetto gamme di prodotti non appartenenti allo stesso mercato di
prodotto. In tal caso, un’applicazione rigida del
Regolamento dovrebbe portare, in caso di superamento della soglia del 30% solo per determinati prodotti e non per altri, alla creazione di
reti distributive distinte.
Per quanto riguarda le problematiche sorgenti
dall’inevitabile modificazione nel tempo delle
quote del mercato, il Regolamento prevede una
normativa caratterizzata da un minimo di elasticità. In particolare, ai sensi dell’art.9, secondo comma:
• la quota di mercato viene calcolata sulla base
dei dati relativi all’anno civile precedente;
• se la quota di mercato non supera inizialmente il 30% ma successivamente supera tale
livello senza tuttavia eccedere il 35%, l’esenzione continua ad applicarsi per un periodo di
due anni civili consecutivi a decorrere
dall’anno in cui la soglia del 30% è stata
superata per la prima volta;
• se la quota di mercato non supera inizialmente il
30% ma supera in seguito il 35%, l’esenzione
continua ad applicarsi per un periodo di un anno
civile a decorrere dall’anno in cui la soglia del
35% è stata superata per la prima volta;
• i benefici previsti dai precedenti due punti
non possono essere cumulati in modo da
eccedere un periodo di due anni civili.
■ LA VALUTAZIONE DEGLI
ACCORDI CHE NON BENEFICIANO DELL’ESENZIONE
Gli accordi verticali che non rientrano nel regolamento 2790/1999 non sono presuntivamente
illeciti. Al contrario, la Commissione, nelle
Linee Guida, ha dettato una serie di regole che
IV
possono aiutare le imprese nell’auto-valutazione di tali accordi. Infatti la riforma del diritto
antitrust adottata dalla Commissione comporta
che non esista più la necessità di notifiche preventive degli accordi alla Commissione.
Pertanto, anche qualora l’accordo non rientri, a
causa del superamento della soglia del 30%,
nell’ambito del regolamento, le imprese sono
chiamate ad auto-valutare gli accordi e sono
esentate dall’onere di notifica preventiva, e
potranno notificare, se necessario, l’accordo in
un periodo successivo, e a quel punto la Commissione sarà tenuta a dare l’esenzione con
effetto retroattivo alla data della stipula.
■ REVOCA DELL’ESENZIONE
Nell’ottica di una valutazione economica e non
formale degli accordi, ai sensi dell’articolo 6 la
Commissione può revocare il beneficio del
Regolamento se determinati accordi verticali
cui si applica il regolamento producono taluni
effetti incompatibili con le condizioni
dell’art.81 del Trattato.
Lo stesso potere di revoca del beneficio
dell’esenzione spetta all’autorità competente di
un singolo Stato membro qualora gli effetti
incompatibili con l’art.81 si verifichino in detto
Stato, o parte di esso avente tutte le caratteristiche di un mercato geografico distinto.
Ai sensi dell’art.8, poi, la Commissione, con
apposito regolamento che si applica non prima
di 6 mesi dall’adozione, può dichiarare che il
Regolamento 2790 non si applica nei casi in cui
reti parallele di restrizioni verticali simili
coprano più del 50% di un mercato rilevante.
■ ENTRATA IN VIGORE, DURATA, PERIODO TRANSITORIO
Il Regolamento è entrato in vigore il 1° gennaio 2000, e si applica a decorrere dal 1° giugno 2000.
Tuttavia l’art.12, primo comma, che prevede
la proroga dell’esenzione di cui ai regolamenti n.1983/83, n.1984/83 e n.4087/88 fino al 31
maggio 2000, si applica già a partire dal 1°
gennaio 2000.
Ciò significa che fino al 31 maggio 2000 è
stato possibile stipulare accordi conformi a
detti regolamenti.
In virtù dell’art.12, comma secondo, agli
accordi conformi ai precedenti regolamenti
ma non al nuovo regolamento, e stipulati prima del 31 maggio 2000, non si applica il
divieto di cui all’art.81, comma 1, durante il
periodo compreso tra 1° giugno 2000 ed il 31
dicembre 2001.
Il Regolamento 2790 scadrà il 31 maggio
2010.
Diritto & Pratica della distribuzione
IL PROBLEMA:
CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE
CONCORRENZA E DISTRIBUZIONE AUTO
■ I REGOLAMENTI DI DISTRIBUZIONE SELETTIVA E IN
PARTICOLARE IL REGOLAMENTO 1475/95 IN MATERIA
DI DISTRIBUZIONE DI AUTOVEICOLI E RELATIVO SERVIZIO DI ASSISTENZA DELLA
CLIENTELA
Il Regolamento 1475/95 è entrato in vigore in
data 1 luglio 1995 e troverà applicazione sino al
30 Settembre 2002 (data entro la quale o verrà
varata una nuova disciplina di esenzione del
comparto o troverà applicazione il succitato
Regolamento CE n.2790/99 relativo ai cosiddetti “vertical restraints”, ovvero all’esenzione
generale delle intese verticali in genere, che dal
Giugno 2000 si applica a tutti i settori economici, eccettuata appunto la distribuzione ed assistenza di autoveicoli).
Come noto, tale provvedimento esenta dal divieto generale di accordi limitativi della concorrenza quei particolari accordi stipulati tra un produttore automobilistico e un distributore, con i
quali il produttore s’impegna a fornire soltanto
al distributore, all’interno di un territorio definito, i prodotti contrattuali.
■ I FUTURI SVILUPPI DELLA
NORMATIVA COMUNITARIA
IN TEMA DI DISTRIBUZIONE
SELETTIVA DEGLI AUTOVEICOLI
Attualmente non è noto quale orientamento la
Commissione Europea deciderà di adottare a
seguito della scadenza del succitato Regolamento 1475/95 (il “Regolamento Automotive”) prevista per il 30 Settembre 2002.
Per contro in un recente documento valutativo
del Regolamento Automotive la Commissione si
è espressa in modo molto critico sull’attuale
sistema, mettendo particolarmente in discussione il legame vendita-assistenza che connota
l’attuale Regolamento Automotive.
I PRINCIPALI SCOPI DEL
REGOLAMENTO
• fare in modo che il sistema distributivo e post-vendita avvenga in modo efficiente a favore dei consumatori
• accrescere la possibilità di scelta per i consumatori
in conformità al principio del mercato interno
• rafforzare l’indipendenza dei concessionari, per
accrescerne la competitività
• protezione della competizione a livello di aftersales service (dando alle officine indipendenti maggiore opportunità di competere, e incrementando
l’accesso di ricambi equivalenti ai concessionari)
• distinzione tra clausole/comportamenti ammessi e
non ammessi
In tale situazione è possibile ipotizzare che la
Commissione, alla scadenza del 30 Settembre
2002 assuma una delle tre decisioni qui di seguito indicate:
• Rinnovo del Regolamento Automotive per un
ulteriore periodo
• Emanazione di un Regolamento ponte che
riprenda, almeno in parte, le previsioni del
Regolamento Automotive
• Nessuna normativa specifica per il settore
Automotive, le cui reti distributive dovrebbero
quindi conformarsi al nuovo Regolamento
sugli Accordi Verticali, Reg. 2790/1999 (il
“Nuovo Regolamento”).
■ UN RAFFRONTO TRA IL
REGOLAMENTO AUTOMOTIVE OGGI ESISTENTE E IL
NUOVO REGOLAMENTO
Raffrontare il Nuovo Regolamento con il Regolamento Automotive in tema di distribuzione
selettiva di autoveicoli non è cosa facile, anche
in considerazione del fatto che la stessa Commissione, per spiegare il Nuovo Regolamento,
ha pubblicato 45 pagine di Linee Guida. Detto
raffronto peraltro presenta sin da ora un certo
interesse nel caso in cui si verifichi la terza ipotesi sopra indicata, ovvero nessuna normativa
specifica per il settore Automotive, le cui reti
distributive dovrebbero quindi conformarsi al
Nuovo Regolamento.
Come detto in precedenza le principali caratteristiche del Nuovo Regolamento sono in estrema
sintesi le seguenti:
• esso sancisce una mera presunzione di legalità
delle clausole non espressamente vietate;
• il Nuovo Regolamento opera a condizione che
la quota di mercato detenuta dal concedente
non superi il 30% del mercato rilevante;
• le imprese sono chiamate ad una auto-valutazione degli accordi e, se li ritengono legittimi,
non devono più notificarli alla Commissione
(anche nel caso in cui sia superata la suddetta
soglia del 30%).
Si potrebbe quindi dire che la Commissione
abbia formalmente liberalizzato l’approccio ai
contratti della distribuzione (prima tutto ciò che
non era ammesso era vietato, adesso tutto ciò
che non è vietato si presume ammesso).
I BENEFICI PER I VARI ATTORI
I produttori: hanno la possibilità di conformare
la rete distributiva a seconda della proprie strategie, decidendo sul livello della propria presenza
nei vari paesi
I concessionari: hanno una qualche protezione
degli investimenti; hanno scarsa possibilità di operare fuori dal territorio; hanno la possibilità di fissare i prezzi e le condizioni di vendita
I consumatori: il regolamento dovrebbe consentire una distribuzione efficiente, e dovrebbe consentire ai consumatori di poter acquistare ovunque
V
Così facendo peraltro la Commissione ha addossato alle imprese i seguenti potenziali rischi:
• errore nella auto-valutazione fatta dalle imprese in merito alla legittimità delle condizioni
praticate ai propri concessionari;
• rischio che tale auto-valutazione venga contestata dai singoli distributori o dalla stessa
Commissione;
• più in generale minor certezza del diritto.
Con particolare riferimento alla soglia del 30%
di mercato (che va inteso sia per prodotto che
geografico) si pongono poi, come detto in precedenza, due principali problemi: ovvero (a) la
definizione del mercato rilevante ai fini del calcolo della soglia e (b) la valutazione della legittimità degli accordi al di sopra della soglia.
Gli aspetti di continuità o discontinuità del Nuovo Regolamento rispetto al Reg.1475/95 risulterebbero essere essenzialmente i seguenti:
a) resterebbe immutata per il produttore la possibilità di richiedere ai concessionari il rispetto di
determinate condizioni minime, in termini di
struttura, di obiettivi minimi di vendita, di stock
e di servizio di assistenza
b) rimarrebbe immutato il divieto di alcune clausole considerate particolarmente restrittive della
concorrenza quali:
(b1) l’imposizione diretta o indiretta dei prezzi di rivendita,
(b2) le restrizioni assolute al territorio in cui
(o ai clienti ai quali) il distributore può rivendere. A quest’ultimo riguardo rimarrebbero
inalterati: (i) il divieto di restringere le c.d.
“vendite passive” fuori dal territorio assegnato al distributore: l’unico divieto che si può
imporre è quello delle vendite attive nonché
quello di “organizzarsi” fuori dal territorio;
(ii) la possibilità di vietare ai membri della
rete di rivendere i prodotti contrattuali a distributori non autorizzati; (iii) il divieto di impedire ai concessionari di rivendere i prodotti
contrattuali ad altri distributori autorizzati
facenti parte del medesimo network; (iv) la
possibilità di vietare le rivendite a distributori
non appartenenti alla rete; (v) il divieto di
restringere in qualsiasi modo le vendite a
clienti finali
c) permarrebbe l’impossibilità di vietare al
distributore la rivendita di prodotti concorrenti
(apparentemente, senza più poter richiedere che
ciò avvenga in locali separati, come da attuale
Regolamento Automotive)
d) non esisterebbe più il legame obbligatorio
vendita-assistenza
e) non esisterebbe più una tutela specifica dei
concessionari sotto alcuni profili, quali ad
esempio:
(i) il termine di preavviso di 24 mesi per il
recesso dal contratto
(ii) le procedure di arbitraggio previste dal
Reg. 1475/95 per la determinazione di obiettivi minimi e stock.
Diritto & Pratica della distribuzione
IL PROBLEMA:
CONCORRENZA E CONTRATTI DI DISTRIBUZIONE
■ LA DECISIONE VOLKSWAGEN DELLA COMMISSIONE
DEL 28 GENNAIO 1998
Non mancano decisioni recenti della Commissione che sono venute a cassare comportamenti ritenuti volutamente ambigui e lesivi della libera concorrenza da parte del produttore, ed in particolare
di alcuni produttori automobilistici: tra queste
spiccano le decisioni qui di seguito commentate.
La Decisione della Commissione del 28 gennaio
1998 nei confronti di Volkswagen e delle sue
filiali Audi AG ed Autogerma S.p.A., (come
recentemente riformata dalla sentenza della Corte
di Prima Istanza della Comunità Europea del 6
luglio 2000, con una riduzione della sanzione originariamente comminata a 90 milioni di Euro).
■ LA DECISIONE OPEL NEDERLAND DELLA COMMISSIONE
DEL 20 SETTEMBRE 2000
La Decisione della Commissione del 20 settembre 2000 nei confronti di Opel Nederland, pubblicata il 28 febbraio 2001 sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee, con la quale la
Commissione ha inflitto ad Opel un’ammenda
di 43 milioni di Euro per aver violato l’Articolo
81.1 del Trattato, restringendo d’intesa con i
propri concessionari olandesi la vendita di autovetture a consumatori o concessionari stabiliti in
altri Paesi membri. Lo scorso 30 novembre
Opel ha presentato ricorso contro tale decisione
al Tribunale di Prima Istanza.
Queste controversie evidenziano non tanto la
perdurante esistenza di aziende ed operatori
apparentemente “sprovveduti” in tema di concorrenza, quanto piuttosto il rischio di deferire
ai giudici la soluzione di controversie di natura
squisitamente economica.
LA DECISIONE OPEL NEDERLAND
• Decisione 2001/146/CE su GUCE 28.2.2001.
Il caso riguarda la limitazione delle vendite
all’esportazione, nell’ambito di una strategia
generale ed attraverso condotte quali restrizioni di forniture, divieti di esportazione e misure
di compartimentazione concordate con i concessionari, nonché il sistematico rifiuto a versare premi riferiti a vendite effettuate a clienti
di altri Stati membri tra il 1996 ed il 1998.
Peraltro non va ignorato come stia progressivamente mutando la natura e struttura economica
del fenomeno sottostante, ove i produttori di
autovetture ed autoveicoli in genere, sulla spinta dell’internazionalizzazione prima e della globalizzazione poi, sono andati sempre più riducendo i differenziali di prezzo tra mercato/mercati di produzione e mercati di sbocco. In parallelo si è assistito ad un crescente investimento
da parte dei produttori nei canali distributivi,
tanto che oggi su molti prodotti (inclusa l’industria “automotive”) il maggiore valore di
un’azienda risiede non tanto nel proprio comparto produttivo, quanto piuttosto nella sua rete
di distribuzione (ove il produttore interagisce e
si coalizza con una rete distributiva autonoma,
sempre più professionale e specializzata, a tutto
beneficio del consumatore/ utente finale), nonché in taluni beni immateriali, tra i quali spicca
il crescente valore del marchio.
In questo ambito è indubbio come il settore
“automotive” si vada sempre più connotando
per la presenza di operatori che - in un genuino
scenario di competitività globale che non
lascia più spazio a rendite di posizione su nessun mercato mondiale - raggiunti i necessari
accordi con la propria rete distributiva ufficiale e fattisi carico di gran parte di tutti i mag-
LA DECISIONE VOLKSWAGEN
• Decisione 98/273/CE su GUCE 25.4.98. Il caso ha in effetti una peculiarità tutta sua, essendo
relativo a produttori tedeschi ed avendo ad oggetto importazioni dall’Italia in Germania di
autovetture Audi e Volkswagen a partire dal Settembre 1992, quando la forte svalutazione
della lira sul marco tedesco e lo scellino austriaco, non accompagnata da una tempestiva revisione dei listini, rese particolarmente interessante il differenziale di prezzo tra Italia da un lato
e Germania ed Austria dall’altro, che fu peraltro apparentemente osteggiato dal produttore e
dal suo distributore esclusivo sul mercato italiano. In particolare fu contestato l’ambiguo comportamento verso la rete di vendita, ove soltanto con una circolare del 19 dicembre 1996 quando la procedura di accertamento della Commissione risultava aperta da ormai un anno Autogerma inoltrò una circolare ai propri concessionari, chiarendo come le esportazioni verso clienti finali o concessionari della propria rete fossero assolutamente legittime e non potesse essere in alcun modo penalizzate, né direttamente né indirettamente (influenzando sconti e
“margini” alla rete, ovvero il pagamento di “bonus” correlati al raggiungimento di obiettivi di
vendita). Risultò infatti che la corresponsione degli sconti ai concessionari italiani era in parte subordinata all’avvenuta immatricolazione delle vetture in Italia, e che in alcuni casi il
bonus non era stato corrisposto (rappresentando sinanco causa per legittimare il recesso di
Autogerma da contratti di concessione) nel caso di concessionari che avessero rifornito non
solo soggetti non appartenenti alla rete, ma anche clienti siti all’estero (tuttavia questo assunto deriva da una lettura erronea della documentazione, con particolare riguardo per ciò che
abbia a definirsi come “grey import”, come fu meglio chiarito in sede di appello, a beneficio
dei ricorrenti medesimi). Il tutto travalicando i dettami dei Regolamenti sulla distribuzione
selettiva relativi al comparto automobilistico (Reg.123/85 prima e 1475/95 poi), in assenza di
un’espressa esenzione del contratto di concessione in esame e pertanto violando l’Art.85(1)
(ora 81(1)) del Trattato, creando una compartimentazione artificiosa del mercato. L’originaria
sanzione ammontava a 102 milioni di Euro, anche in considerazione dell’elevata quota di
mercato in ambito UE e del perdurare di detta condotta per oltre dieci anni.
VI
giori oneri e costi, sono oggi in grado di offrire al consumatore finale sia un prodotto competitivo, a prezzi comparabili su scala mondiale, sia, come “quid pluris” rispetto al valore
intrinseco del prodotto, un pacchetto di tutti i
correlati servizi di natura finanziaria, assicurativa ed assistenziale in fase di vendita e postvendita che sempre più incidono come variabili nella determinazione della scelta all’acquisto per un consumatore evoluto che ricerca non
solo il prezzo più basso tra prodotti e marche
per la più parte comparabili, ma sa valutare e
bilanciare le variabili in gioco. Pertanto la globalizzazione delle aziende “automotive”, che
ha condotto ad una vera concorrenza su scala
mondiale connotata oggi da alleanze di vasto
respiro, unita agli indubbi vantaggi che un
sistema di distribuzione esclusiva e selettiva
ha offerto e continua ad offrire ai consumatori
- ponendo di fatto fine a politiche di discriminazione dei prezzi ed aumentando l’autonomia
ed il potere contrattuale dei distributori “ufficiali” - appare ora in grado di offrire al consumatore finale la migliore garanzia di acquistare, ad un prezzo “giusto”, beni di consumo
durevoli accompagnati dalla certezza di un servizio di manutenzione e riparazione specializzato (criterio oltremodo rilevante, soprattutto
per quanto concerne l’assistenza post-vendita,
allorquando il veicolo venga adibito dall’utente ad attività lavorative).
Al riguardo possiamo in ultimo rammentare,
nell’ambito del Nuovo Regolamento, alcune
disposizioni in materia di commercio elettronico contenute all’interno delle voluminosissime “guidelines” (una sorta di compendioso
testo di teorie economiche, atto a supportare i
singoli operatori economici nell’effettuare in
proprio le valutazioni relative alla legittimità
delle pattuizioni assunte con la rete distributiva, alla luce dei dettami del Regolamento stesso) ove si ripropone il principio che ciascun
distributore della rete di vendita può vendere
anche attraverso Internet, astenendosi unicamente dalla promozione attiva di vendite al di
fuori del territorio.
Il vero problema diviene l’anacronismo evidente dell’allacciare a criteri di territorialità la
disciplina antitrust con riguardo ad un fenomeno che tali limiti territoriali rifugge per sua
natura. Ciò sposterà necessariamente in un
prossimo futuro termini e “armi” della contesa, con la consapevolezza che il doversi misurare con un mercato realmente globale, che
non è assolutamente omogeneo e non è globalmente regolamentato, sia a livello di sistemi giuridici dei singoli Paesi sia a livello di
sistema Internet. Ci si trova pertanto necessariamente alla vigilia dell’introduzione di nuovi e più articolati strumenti che, usciti
dall’angusto ambito della territorialità,
dovranno salvaguardare le legittime aspettative del consumatore e preservare dall’altro gli
investimenti effettuati dai produttori per
garantire prodotti sicuri e affidabili.
Hanno collaborato alla redazione di questo
numero: Diego Saluzzo (IVECO S.p.A.),
Diego Comba, Marina Motta.