Ordinanza n. 9943/2012

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Ordinanza n. 9943/2012
Dipartimento di Giurisprudenza
Corte Suprema di Cassazione
DIRITTO PROCESSUALE CIVILE
prof. Antonio Carratta
prof. Giorgio Costantino
prof. Giuseppe Ruffini
Ufficio dei Referenti
per la Formazione Decentrata
dott. Maria Acierno
dott. Pietro Curzio
dott. Luigi Scarano
Cass. 18 giugno 2012, n. 9943, per esteso e massimata
Cass. 16 maggio 2012, n. 7679, massimata
Cass. 11 maggio 2012, n. 7327, massimata
App. Milano, ord. 18 aprile 2012, massimata
Trib. Torino 30 aprile 2012, massimata
Estratto da Foro italiano, 2012, parte I, colonne 3059 e ss.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VITRONE Ugo - Presidente Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere Dott. RORDORF Renato - Consigliere Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sui ricorsi riuniti iscritti ai n.ri 9074 e 12379 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2009
di:
COMUNE DI AVELLINO, in persona del sindaco p.t., autorizzato a stare in giudizio da Delib.
G.M. 20 marzo 2009, n. 145 e determinazione dirigenziale n. 773 del 24 marzo 2009 ed
elettivamente domiciliato in Roma, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, unitamente
all'avv. Preziosi Claudio, che lo rappresenta e difende, per procura a margine del ricorso.
- ricorrente principale -
contro
COMPAGNIA GENERALI SERVIZI E FINANZA s.p.a. in persona del Presidente del consiglio di
amministrazione sig. D.G.M., in qualità di cessionario, con scrittura autenticata il 15 giugno 2005
dal notar Tommaso D'Amaro da Scafati (rep. n. 47398, raccolta 14739 registrata il 1 luglio 2005, al
n. 737), del credito controverso della s.a.s. Rainone Costruzioni di Vinko Mladen & C, estinta per
cancellazione dal registro delle imprese del (OMISSIS), elettivamente domiciliato in Nocera
Inferiore alla P.za D'Amora n. 3 presso l'avv. Castaldi Filippo, che la rappresenta e difende, per
procura a margine del controricorso;
- ricorrente e avv. R.G., procuratore di se medesimo, con domicilio eletto in Roma alla Via Calatafimi n. 11,
presso l'avv. BULDO Elisabetta, che ha notificato altro ricorso in data 14 maggio 2009;
- ricorrente incidentale e RAINONE COSTRUZIONI s.a.s. di Vinko Madlen & C, in liquidazione, già Rainone Costruzioni
di Angelo Rainone & C. s.a.s., in persona del legale rappresentante p.t. già selettivamente
domiciliato nel giudizio di appello in Napoli, alla Via G. Carducci n. 19, presso l'avv. Magri Ennio,
unitamente ai procuratori costituiti avv. R., R. Rainone e Filippo Castaldi;
- intimata per la cassazione della sentenza della Corte di appello di Napoli n. 4406 del 5-23 dicembre 2008,
notificata in data 23 gennaio 2009, dalla cessionaria del credito controverso, al Comune di Avellino
in proprio, unitamente alla cessione di tale diritto del 15 giugno 2005;
Udita la relazione del Cons. FORTE Fabrizio e sentiti l'avv. Preziosi per il ricorrente, l'avv.
Castaldi, per la controricorrente e il P.M. Dott. FIMIANI Pasquale, che ha concluso per la
inammissibilità del ricorso principale e l'accoglimento di quello incidentale.
Svolgimento del processo
Con atto notificato il 3 marzo 1995, il Comune di Avellino proponeva opposizione al decreto
ingiuntivo di pagamento alla s.a.s. Rainone Costruzioni di Angelo Rainone & C. di L..
1.143.457.512 e accessori, fondato su ricognizione di debito dell'ente locale, contenuta nella Delib.
consiglio comunale 10 luglio 1991, n. 199 e l'adito Tribunale di Nocera Inferiore revocava
l'ingiunzione per incompetenza territoriale.
Riassunta la causa dinanzi al Tribunale di Avellino dalla s.a.s.
Rainone Costruzioni con atto del 30 novembre 1998, che chiedeva la condanna del comune a pagare
all'attrice la somma di cui ai decreto ingiuntivo, l'ente locale eccepiva l'inesistenza del credito,
perchè sorto dal contratto di appalto del 15 settembre 1978, nullo per mancata copertura finanziaria.
Il Tribunale di Avellino, con sentenza del 5 dicembre 2003, affermava che l'atto del 1978 era stato
sanato dal successivo contratto del 4 giugno 1980, approvato dal CO.RE.CO. nel dicembre dello
stesso anno e alla base della citata delibera ricognitoria del 1991, ed ha accolto, in ragione del rinvio
del nuovo contratto al D.P.R. 16 luglio 1962, n. 1063, artt. 35 e 36 la domanda di condanna a pagare
la somma di cui sopra a titolo di interessi dovuti per i ritardi nei pagamenti, negando l'anatocismo
per essere stati gli accessori calcolati sempre e solo sulla sorta capitale.
Su gravame del comune, la Corte d'appello di Napoli, dopo la nomina di un c.t.u. per il computo del
dovuto per i ritardati pagamenti dei lavori, con sentenza del 23 dicembre 2008, in accoglimento
parziale dell'impugnazione, ha ritenuto unica fonte dell'obbligo il contratto del 4 giugno 1980 e
condannato il comune a pagare alla s.a.s. Rainone Euro 402.649,22, con gli interessi successivi fino
al saldo.
Questi ultimi si sono liquidati, in base ai tassi di cui al D.P.R. n. 1063 del 1962 fissati anno per
anno, a decorrere dal giugno 1980, con decreti del Ministero dei Lavori pubblici a tassi variabili dal
10 al 21%, in quanto richiamati nel nuovo contratto per il pagamento del prezzo dei soli lavori
d'esecuzione della fognatura e non di quelli per la costruzione della strada e della piazza.
Nessun rilievo, infatti, secondo il ricorrente, si è dato dai giudici di appello alla previsione, nello
stesso contratto del 1980, del più basso tasso convenzionale del 5% per i ritardi nei pagamenti del
corrispettivo del rapporto per costruire la piazza e la strada, che avrebbe determinato una notevole
riduzione di quanto preteso a controparte.
Nella pendenza del giudizio di appello, la società Rainone ha, con atto del 15 giugno 2005, ceduto il
credito controverso alla Compagnia generali servizi e Finanza s.p.a., controricorrente nel presente
giudizio, che ha notificato il 23 gennaio 2009 al comune di Avellino la avvenuta cessione del suo
diritto ai sensi dell'art. 1264 c.c., quando già dal 25 maggio 2007 la s.a.s. Rainone Costruzioni di
Vinko Mladen & C. si era cancellata dal registro delle imprese.
Per la cassazione della indicata sentenza di appello, il Comune di Avellino propone ricorso n.
9074/09 di quattro motivi, notificato il 9 aprile 2009, cui resiste, con controricorso notificato il 18 22 maggio successivo, la cessionaria del credito controverso già della s.a.s. Rainone, cioè la
Compagnia Generali Servizi e Finanza s.p.a..
Propone altro ricorso n. 12379/09 l'avv. R.G., già difensore della società esecutrice dei lavori, che
denuncia l'omessa pronuncia sulla sua istanza di attribuzione delle spese di giudizio nei gradi di
merito.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente devono riunirsi, ai sensi dell'art. 335 c.p.c., i due ricorsi iscritti con diverso
numero di registro generale, avendo entrambi ad oggetto la medesima sentenza. Sempre in via
preliminare, deve esaminarsi la eccezione della controricorrente d'inammissibilità del ricorso per
cassazione proposto dall'ente locale, per essere stato notificato il 9 aprile 2009 alla s.a.s.
Rainone quando già era estinta, perchè cancellata due anni prima dal registro delle imprese. Il
ricorso risulta notificato tra l'altro ai procuratori costituiti della creditrice in primo grado presso il
domicilio da loro eletto in quel grado (co. avv. Ennio Magri in Napoli Via Carducci n. 19) e, con
questi, anche alla Rainone Costruzione di Vinko Mladen & C. in liquidazione s.a.s., già Rainone
Costruzioni di Angelo Rainone, cancellata dal registro delle imprese in data (OMISSIS).
La società controricorrente, cessionaria prima del ricorso per cassazione del credito controverso,
aveva nelle more notificato la cessione, ai sensi dell'art. 1264 c.c., e, insieme a detto atto, la copia
della sentenza d'appello munita di formula esecutiva che lo liquida, in data 23 gennaio 2009 al
comune di Avellino, quale debitore ceduto, ponendo in essere in tal modo un comportamento che
serve ad escludere la liberazione del debitore in caso di pagamento al creditore cedente,
concorrendo in tal modo a indurre in errore la ricorrente circa la esistenza almeno alla data di detta
notificazione, della società che in fatto nessun pagamento avrebbe potuto ricevere, per essersi
cancellata dal registro delle imprese (sugli effetti della notificazione della cessione del credito, cfr.
Cass. 3 luglio 2011 n. 15364 e Cass. 5 novembre 2009 n. 23463).
La questione proposta con l'eccezione di inammissibilità della controricorrente non attiene al profilo
processuale della notificazione della impugnazione, ma a quello sostanziale della evocazione in
causa, nel giudizio di legittimità, di un soggetto privo della capacità giuridica, con errore che incide
sulla stessa identificazione del soggetto passivo della vocatio in jus e comporta quindi la mancata
instaurazione del contraddittorio in sede di legittimità (in tal senso, cfr. da Cass. 29 marzo 1995 n.
3762 a Cass. 18 gennaio 2010 n. 651).
Peraltro la controricorrente in questa sede, quale successore a titolo particolare dell'originario
creditore ormai estinto, in assenza di ogni altro successore, è anche l'unico soggette legittimato
passivo nella controversia (così, Cass. 11 maggio 2010 n. 1137 e 17 marzo 2009 n. 6444).
Nel caso concreto, si pone quindi l'ulteriore problema della successione a titolo particolare nel
rapporto controverso, essendosi costituita quale controricorrente la società cessionaria del credito,
che è unica legittimata a ricorrere o a controricorrere nel giudizio di cassazione vertente su tale
rapporto (Cass. 28 dicembre 2011 n. 29385, 21 marzo 2010 n. 6845 e 17 marzo 2009 n. 6444), con
conseguente possibile eventuale rilievo sanante del regolare contraddittorio, anche in rapporto alla
eccezione di inammissibilità della controricorrente, che ha notificato il suo atto difensivo in data 19
- 22 maggio 2009, quando ancora non era passata in giudicato la decisione impugnata del 23
dicembre 2008, non essendo decorso ancora alla data della notificazione il termine lungo di
cui all'art. 327 c.p.c. nella versione ratione temporis in concreto applicabile.
2. Con risoluzione dei precedenti contrasti sugli effetti della cancellazione delle società commerciali
di persone, questa Corte ha affermato che queste ultime si estinguono contestualmente alla loro
cancellazione dal registro delle imprese, che determina la immediata perdita della loro capacità
giuridica e/o soggettività limitata (S.U. 22 febbraio 2010 n. 4060).
In quanto il ricorso notificato a soggetto inesistente non può dar luogo a un contraddittorio sanato
dalla costituzione del successore (Cass. 1 aprile 2004 n. 6409 e 30 marzo 2007 n. 7981), non si
versa in una fattispecie di nuova interpretazione della giurisprudenza di norme processuali, che
possa giustificare una condotta violativa di queste e conforme alla precedente lettura delle stesse
regole del processo (sul c.d. "overruling", cfr. da S.U. 11 luglio 2011 n. 15144 a Cass. 28 febbraio
2012 n. 3042). La questione appare perciò di speciale rilevanza, in riferimento alle società e ai modi
di estinzione di esse come quello effetto della cancellazione di esse dal registro delle imprese, nei
quali non vi è la individuazione preventiva ed ex lege dei soggetti che subentrano alla parte non più
esistente (come avviene, invece, per la incorporazione di società, che si ritiene in genere renda lecita
la notifica del ricorso all'incorporata e la sanatoria con la notifica del controricorso da questa ultima,
prima del passaggio in giudicato della sentenza impugnata: cfr., in tal senso, S.U. 14 settembre 2010
n. 19509 e 23 luglio 2010 n. 17383, sulla scia di vari analoghi precedenti).
In rapporto alla cancellazione delle società di persone, appare pertanto opportuno investire le
sezioni unite della questione di massima, di particolare importanza (art. 374 c.p.c.), della esistenza,
all'atto della estinzione, di eventuali rapporti ancora pendenti delle società alla data in cui esse si
sono cancellate, ovvero di sopravvenienze attive o passive o di altri rapporti in qualsiasi modo o
comunque collegati al patrimonio societario in astratto estinto e concretamente ancora in vita. Le
soluzioni possibili della questione possono essere almeno tre: a) inammissibilità del ricorso, per la
notifica di esso a soggetto inesistente; b) la mancata estinzione sul piano processuale del soggetto
societario anche in ragione dell'affidamento nella sua esistenza dell'altra parte, determinato dalla
stessa condotta processuale e sostanziale della società cancellata, in sede di merito; c) il perdurare,
dopo la estinzione della società, di un patrimonio di scopo della società, costituito dai rapporti
pendenti o controversi alla data dell'estinzione e da sopravvenienze, da assimilare all'eredità
giacente (art. 528 c.c. e segg.), con facoltà del ricorrente di chiedere la nomina d'un curatore
speciale, cui notificare la impugnazione, per il conflitto di interessi sul bene già appartenuto al
patrimonio della società cancellata, insito nella stessa causa in corso.
2.1. La prima delle indicate soluzioni è quella comunemente accolta da questa Corte, dopo la
sentenza citata delle S.U. n. 4060 del 2010;
con essa si afferma la inammissibilità del ricorso per cassazione, notificato ad una società cancellata
e estinta (così: Cass. 8 ottobre 2010 n. 20878 e 16 maggio 2012 n. 7679, relative a società di
persone, e Cass. 5 novembre 2010 n. 22548 per le società di capitali, tra altre).
In relazione alla seconda soluzione prospettata della questione, anche se si afferma che il principio
generale della apparenza del diritto e dell'affidamento non può avere rilievo quando vi siano
strumenti di pubblicità idonei a rendere edotto il ricorrente della intervenuta estinzione del soggetto
intimato (così Cass. 29 aprile 2010 n. 10297), varie pronunce di questa Corte hanno applicato tale
principio, in rapporto all'ignoranza incolpevole di una parte sulla sopravvenuta capacità o incapacità
giuridica dell'altra (cfr., ad es. S.U. 28 luglio 2005 n. 15783). Si è già ritenuto inapplicabile l'art.
2193 c.c. in sede processuale, con conseguente inopponibilità della iscrizione nel registro delle
imprese della cancellazione della società, alla parte non resa edotta dell'evento estintivo nel
processo con i mezzi in questo previsti (art. 300 c.p.c.), dichiarandosi ammissibile il ricorso per
cassazione per essere inopponibile al ricorrente l'evento estintivo non dichiarato in udienza nè
notificato nel giudizio di merito alla parte ricorrente (cfr., tra altre, Cass. 6 agosto 2008 n. 21161,
Cass. 2 marzo 2006 n. 4652, relativa ad una società in accomandita, Cass. 15 giugno 2004 n. 11269,
Cass. 22 agosto 2003 n. 12350 e Cass. 10 marzo 2001 n. 4741).
Anche tale soluzione non è in astratto incompatibile con la sentenza n. 4060 del 2010, che afferma
la esistenza di una presunzione di estinzione della società di persone in caso di cancellazione di
questa dal registro delle imprese, comunque superabile dalla prova della esistenza di rapporti ancora
pendenti, ostativa a detta estinzione.
In particolare la società si è cancellata prima di avere liquidato ogni suo pregresso rapporto, come
avrebbe dovuto essere in base agli artt. 2312 e 2315 c.c., anche se tale condotta fa presumere la
rinuncia dalla società ad ogni azione, non potendo nessun socio surrogarla nella richiesta di tutela
giurisdizionale di tali rapporti (sul tema, cfr. Cass. 16 luglio 2010 n. 16758). Nella concreta
fattispecie la società, quale parte costituita nel merito e i suoi procuratori, hanno omesso, nel
giudizio di appello, di dare notizia dell'evento estintivo della capacità giuridica della società
verificatosi nel 2007, prima del passaggio in decisione della causa, così impedendo la interruzione
del processo.
Sì è così esercitato il diritto di difesa della s.a.s. Rainone con un comportamento dei patrocinanti
della stessa che, in caso di costituzione del contraddittore successore universale nei rapporti, si
ritiene possa sanare persino la notificazione dell'impugnazione alla persona fisica defunta presso il
difensore, se questo non abbia nel merito comunicato in udienza o notificato all'altra parte la morte
della parte (cfr. Cass. 30 marzo 2007 n. 7981 e Cass. 16 aprile 2003 n. 6045).
Quando la società si cancelli, pur avendo azioni o rapporti in corso, ovvero avendoli ceduti a terzi,
anche dopo la notifica di tale cessione ai sensi dell'art. 1264 c.c., può dubitarsi, che, per
l'affidamento ingenerato della sua esistenza con il permanere nel processo di rapporti ad essa
riferibili, possa darsi poi rilievo all'effetto estintivo della cancellazione di cui, nell'esercizio del
diritto di difesa, non si è resa edotta la controparte, salvo che non si provi la consapevolezza del
notificante della avvenuta estinzione della società notificata. Si tratterebbe di una perpetuatio del
soggetto societario ai soli finì processuali, generalmente ammessa prima della citata risoluzione del
contrasto sulla cancellazione delle società dal registro delle imprese da parte delle sezioni unite nel
2010, con cui non necessariamente è incompatibile, per quanto già detto. In ordine, infine, alla
esistenza del conflitto di interessi sul credito implicito nell'azione in corso, che potrebbe legittimare
la richiesta di nomina di un curatore speciale dei beni e rapporti della società estinta, e la notifica a
questo dell'impugnazione, tale soluzione appare, sul piano logico, la più coerente con l'effetto
estintivo della cancellazione. Le censure proposte in ricorso che tendono a ridurre l'entità del credito
controverso confliggono con l'interesse del titolare del diritto a vederne confermata la misura,
quando la identità di quest'ultimo non sia stata comunicata nella causa di merito o non possa
desumersi nel corso del processo di merito.
Nell'incertezza determinata dalla mancata identificazione per legge del successore nel rapporto
controverso, si potrebbe configurare un diritto a chiedere la nomina di un curatore speciale cui
notificare il ricorso, per sanare il contraddittorio (Cass. 15 luglio 2009 n. 16477 e 9 marzo 2006 n.
5082).
3. E' quindi opportuno rimettere le cause riunite al Primo presidente, perchè le assegni alle sezioni
unite per risolvere la questione degli effetti della cancellazione della società nei processi in corso
nei quali essa è costituita, soprattutto se i difensori non abbiano notificato o comunicato in udienza,
nel giudizio di merito, la perdita della capacità giuridica di tale parte societaria; chiara è infatti la
particolare importanza di massima della questione stessa, in assenza di successori automaticamente
individuabili del soggetto venuto meno.
P.Q.M.
La corte ordina trasmettersi gli atti al Primo presidente della Corte di Cassazione, per la
assegnazione eventuale alle sezioni unite, ai fini di risolvere la questione di massima di particolare
importanza, di cui in motivazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della prima sezione civile della Corte di cassazione,
il 23 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 18 giugno 2012
Massima
Va rimessa al primo presidente della corte di cassazione, perché valuti l’opportunità
dell’assegnazione alle sezioni unite, la questione di massima di particolare
importanza relativa agli effetti della cancellazione della società dal registro delle
imprese nei processi in corso, in particolare se i difensori non abbiano notificato o
comunicato in udienza, nel giudizio di merito, la perdita della capacità giuridica
dell’ente.
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 16-05-2012, n. 7679
La cancellazione dal registro delle imprese della società equivale alla morte della
persona fisica, con conseguente soggezione dei processi in corso alle regole generali
dettate dagli art. 299 ss. c.p.c., sicché a seguito della cancellazione è inammissibile il
ricorso proposto nei confronti della società estinta. (2)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 16-05-2012, n. 7679
A seguito della cancellazione di una società dal registro delle imprese è
inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti dell’ex liquidatore,
atteso che questi non riveste la qualità di successore processuale dell’ente estinto,
ma risponde quale soggetto gravato da responsabilità risarcitoria per l’illecito
derivante dall’aver chiuso la liquidazione senza aver provveduto al previo
soddisfacimento di un creditore sociale. (3)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 16-05-2012, n. 7679
L’estinzione della società derivante dalla sua cancellazione dal registro delle
imprese intervenuta dopo la sentenza presuppone la successione nel processo dei
soci ai sensi dell’art. 110 c.p.c. e impone che il ricorso per cassazione vada proposto
soltanto nei confronti di questi; tuttavia, il socio diviene successore della società
esclusivamente a condizione che abbia riscosso la propria quota in base al bilancio
finale di liquidazione e risponde entro tale limite, diversamente dovendosi affermare
il difetto di legittimazione processuale del socio alla prosecuzione del processo
originariamente instaurato contro la società e l’inammissibilità del ricorso per
cassazione proposto nei suoi confronti. (4)
CORTE DI CASSAZIONE; sezione tributaria; sentenza, 11-05-2012, n. 7327
È inammissibile il ricorso per cassazione proposto nei confronti di società estinta a
seguito di cancellazione dal registro delle imprese, né il processo può proseguire nei
confronti della società stessa ovvero nei confronti dell’ex liquidatore o dell’ex socio
amministratore, poiché le norme tributarie e civilistiche non prevedono alcun
subentro automatico di questi nei rapporti con l’amministrazione finanziaria. (5)
CORTE D’APPELLO DI MILANO; ordinanza, 18-04-2012
Non è manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale degli art.
2495 c.c. e 328 c.p.c., nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della
società per effetto di volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il
processo prosegua o sia proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti
della società cancellata, sino alla formazione del giudicato, in riferimento agli art. 3,
24 e 111 Cost. (6)
TRIBUNALE DI TORINO; sentenza, 30-04-2012
In caso di cancellazione di una società dal registro delle imprese, i singoli soci non
sono legittimati all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata
alla società prima della cancellazione, ma che essa ha scelto di non esperire,
sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro (nella specie, è stata dichiarata
inammissibile la domanda relativa a diritti di credito derivanti da un inadempimento
contrattuale verificatosi anteriormente alla cancellazione). (7)
Nota di richiami
(1, 2, 3, 4, 5, 6, 7) I. - Le pronunce in epigrafe affrontano a vario titolo la
problematica dell’estinzione della società quale conseguenza della cancellazione dal
registro delle imprese, disciplinata dall’art. 2495, 2° comma, c.c., nel testo risultante
dalla novella compiuta con l’art. 4 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 6.
In particolare, i provvedimenti in rassegna affermano o presuppongono l’adesione
all’interpretazione prospettata da Cass., sez. un., 22 febbraio 2010, nn. 4060, 4061 e
4062, Foro it., 2011, I, 1498, con nota di richiami, più volte richiamate, nella parte in
cui ritengono che la cancellazione delle società di capitali e delle cooperative dal
registro delle imprese, avendo natura costitutiva, estingue le società, pur ove risultino
pendenti rapporti giuridici sostanziali o processuali.
In termini, v. anche Cass. 16 maggio 2012, n. 7676, id., Mass., 405, e Fisco 1, 2012,
3772, con nota di A. BORGOGLIO; ord. 3 novembre 2011, n. 22863, Foro it., Rep.
2011, voce Riscossione delle imposte, n. 112, e Fisco 1, 2011, 7049, richiamata da
Cass. nn. 7679, 7327 e Trib. Torino in epigrafe; 4 maggio 2011, n. 9744, Foro it.,
Rep. 2011, voce Società, n. 781, in motivazione, differenziando sul punto la
disciplina delle vicende estintive della qualità di imprenditore individuale; 5
novembre 2010, n. 22548, id., Rep. 2010, voce cit., n. 877, richiamata da Cass. nn.
9943, 7679 e 7327 in epigrafe; Comm. trib. prov. Bologna 30 maggio 2011, id., Rep.
2011, voce Riscossione delle imposte, n. 111; Comm. trib. reg. Basilicata 5 gennaio
2012, n. 3, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>; Comm. trib. prov. Genova 3
febbraio 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Tributi in genere, n. 1741, e Riv. giur. trib.,
2011, 515, con nota di C. GLENDI, Cancellazione-estinzione delle società e
cessazione della materia del contendere nei giudizi in corso; Comm. trib. prov.
Catania 27 gennaio 2011, Foro it., Rep. 2011, voce cit., n. 1742, e Riv. giur. trib.,
2011, 517, con nota di C. GLENDI, Cancellazione-estinzione, cit.; App. Roma 15
marzo 2012, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>; App. Napoli 27 febbraio 2012,
ibid.; Trib. Modena 20 marzo 2012, ibid.; Trib. Napoli 8 febbraio 2012, ibid.; Trib.
Ravenna 20 gennaio 2012, <www.ilcaso.it>; Trib. Piacenza 14 aprile 2011, ibid.;
Trib. Bari 3 giugno 2009, Foro it., Rep. 2011, voce Società, n. 792, e Trib. Lucca,
decr. 12 gennaio 2009, id., Rep. 2009, voce Impresa, n. 31, entrambe in Riv. dir. soc.,
2010, 826, con nota sul punto adesiva di A. DELL’OSSO, Osservazioni
sull’estinzione delle società di capitali e sul rapporto tra gli art. 2191 e 2495, 2°
comma, c.c. Da ultimo, analogamente, in relazione a società di persone, Cass. 7
febbraio 2012, n. 1677, Corriere giur., 2012, 1075, con nota adesiva di V.S. DE
CARO, Un altro tassello per la teoria della natura costitutiva della cancellazione dal
registro delle imprese di società di persone.
In dottrina, sull’effetto estintivo-costitutivo della cancellazione, v., da ultimo, V. DE
CAMPO, Estinzione della società: presupposti necessari per la tutela del creditore
insoddisfatto, in Società, 2011, 1143; G. DELLA PIETRA, Fusione e cancellazione:
la Spoon River delle società commerciali, ibid., 585, critico sulla soluzione
prospettata dalla Suprema corte in relazione alla diminuita tutela dei creditori sociali;
V. SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali e responsabilità di soci e
liquidatori, in Danno e resp., 2011, 1137; F. FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti
della cancellazione della società alla luce delle pronunce delle sezioni unite della
Cassazione, in Riv. not., 2010, 1467 ss. e 1479 ss.; nonché, anche in relazione ai
profili fiscali, V. FICARI, Cancellazione dal registro delle imprese delle società di
capitali, «abuso della cancellazione» e buona fede nei rapporti tra amministrazione
finanziaria e contribuente, in Riv. dir. trib., 2010, I, 1038. Diversa la ricostruzione di
G.P. ALLECA, Le sezioni unite e l’estinzione delle società a seguito della
cancellazione, in Riv. dir. civ., 2010, II, 648 ss. (e già Iscrizione della cancellazione,
estinzione e fallimento, in Riv. società, 2010, 720 ss.), per il quale in virtù del
novellato art. 10, 2° comma, l. fall., tutte le società cancellatesi volontariamente
cessano da quel momento di essere centri di imputazione di nuova attività, e tuttavia
non sono del tutto scomparse in quanto possono ancora essere insolventi e dichiarate
fallite. Sicché, l’iscrizione determina la perdita della personalità giuridica dell’ente e
con essa della capacità da quel momento di essere titolare di nuovi rapporti giuridici,
ma non della responsabilità per le obbligazioni contratte sino a quel momento, per la
durata del termine annuale entro il quale può essere dichiarato il fallimento ai sensi
della norma citata ovvero in caso di apertura della procedura per i cinque anni che
seguono la sua chiusura. Pertanto, entro questo intervallo, la società deve sempre
considerarsi titolare sia dei beni ancora presenti o sopravvenuti nel suo patrimonio,
sia dei valori che le disposizioni concorsuali possono consentire di riportare nella
massa fallimentare, e conserva la capacità sostanziale e processuale necessaria alla
cura dei propri rapporti ancora pendenti, sicché la società come contratto e
patrimonio autonomo si estingue definitivamente soltanto con il decorso del termine
suddetto.
Ancora difforme l’interpretazione di taluna giurisprudenza per la quale l’estinzione
resta ferma ove sussistano rapporti giuridici passivi pendenti, ma non in presenza di
attività, perché ciò implicherebbe che non vi è stato il completamento delle
operazioni di liquidazione; pertanto, deve cancellarsi l’iscrizione della cancellazione
dal registro delle imprese ai sensi dell’art. 2191 c.c. Così, Trib. Milano 21 novembre
2011, Giur. it., 2012, 841, con nota di S. LUONI, Vecchie e nuove questioni in tema
di cancellazione di società e di rapporti pendenti; Trib. Padova 2 marzo 2011, Foro
it., Rep. 2011, voce cit., n. 39, e Società, 2011, 900, con nota di G. ZAGRA,
Cancellazione della cancellazione di società di capitali dal registro delle imprese,
richiamata da Trib. Torino in epigrafe, per la quale presupposto della cancellazione
della società dal registro delle imprese è l’effettivo compimento della liquidazione,
sicché, qualora il soggetto a ciò legittimato (nella specie, il liquidatore) dimostri che
la liquidazione non è terminata, è possibile provvedere, ai sensi dell’art. 2191 c.c.,
alla cancellazione dal registro delle imprese dell’iscrizione della cancellazione della
società; Trib. Milano 26 maggio 2010, <www.ilcaso.it>; Trib. Como, decr. 18
maggio 2007, Foro it., Rep. 2008, voce Società, n. 903, e Giur. comm., 2008, II, 700,
con nota adesiva di A. PANDOLFI, L’estinzione delle società di capitali e il
problema delle sopravivenze e delle sopravvenienze attive, e Trib. Como, decr. 24
aprile 2007, Foro it., Rep. 2008, voce cit., n. 907, e Società, 2008, 889, con nota
adesiva di P. D’ALESSANDRO, Cancellazione della società e sopravvivenze attive:
opportunità e legittimità della riapertura della liquidazione, entrambe anche in Giur.
comm., 2008, II, 1247, con nota sul punto parzialmente adesiva di A. ZORZI,
Sopravvenienze attive e cancellazione ex art. 2191 c.c. della cancellazione della
società; cfr. Comm. trib. reg. Milano 15 giugno 2011, n. 79, <www.fiscoediritto.it>.
In dottrina, in termini, v. M.S. SPOLIDORO, Nuove questioni sulla cancellazione
delle società davanti alle sezioni unite, in Notariato, 2010, 650 s. (e già Seppellimento
prematuro. La cancellazione delle società di capitali dal registro delle imprese ed il
problema delle sopravvenienze attive, in Riv. società, 2007, 823 ss., spec. 832 ss.); V.
SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali, cit., 1134 ss., e Estinzione
delle società di capitali e attività e passività residue, in Notariato, 2009, 682 ss. e 686
s., in relazione alle sopravvivenze attive, mentre le sopravvenienze attive
ricadrebbero in una comunione tra i soci, verificandosi un mutamento soggettivo e
non oggettivo del credito sociale; E. GABELLINI, L’estinzione delle società: prime
riflessioni sulle ricadute processuali conseguenti al revirement della Corte suprema,
in Riv. trim. dir. e proc. civ., 2011, 342 s.
Contra, nel senso che a fronte della cancellazione della società dal registro delle
imprese, pur in presenza di attività, si ha l’estinzione della società alla quale consegue
una comunione tra i soci sui beni eventualmente residuati dalla liquidazione ovvero
sopravvenuti, v., in motivazione, Cass. n. 7327 in epigrafe; e, in termini, Cass., ord. 3
novembre 2011, n. 22863, cit.; Trib. Bologna 8 ottobre 2010, Foro it., Rep. 2011,
voce cit., n. 793, e Società, 2011, 271, con nota parzialmente adesiva di E.E.
BONAVERA, Sopravvenienze attive di società estinta in seguito alla cancellazione
dal registro delle imprese, per la quale la cancellazione (nel caso di specie di società
cooperativa) resta ferma nonostante le sopravvenienze attive rispetto alla
cancellazione, le quali danno luogo ad un fenomeno di successione in capo ai soci,
che ne comporta il riparto tra loro, in regime di comunione ordinaria ai sensi degli art.
1100 s. c.c., mentre deve escludersi per tale ragione la possibilità di nominare un
curatore speciale per la persona giuridica ormai estinta; e, in dottrina, F. TEDIOLI,
Riflessi processuali della equiparazione tra la cancellazione della società dal registro
delle imprese e la sua estinzione, in Giusto processo civ., 2011, 1248 ss.; F.
FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1477 ss., per i quali
si realizza una comunione sul diritto reale e una solidarietà attiva tra gli ex soci per i
crediti; G. IACCARINO, Sopravvenienze attive alla cancellazione della società:
soluzioni operative dopo l’ultimo orientamento della Cassazione, in Società, 2009,
550 ss.; A. BASSO, in Codice commentato delle s.p.a. diretto da G. FAUCEGLIA e
G. SCHIANO DI PEPE, Torino, 2007, II, sub art. 2495, 1590; C. PASQUARIELLO,
in Il nuovo diritto delle società a cura di A. MAFFEI ALBERTI, Padova, 2005, sub
art. 2495, 2294; M. VAIRA, in Il nuovo diritto societario diretto da COTTINO,
BONFANTE, CAGNASSO e MONTALENTI, Bologna, 2004, III, sub art. 24922496, 2146; ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle società a cura di G.
OLIVIERI-G. PRESTI-F. VELLA, Bologna, 2003, 366; A. SANTUS-G. DE
MARCHI, Scioglimento e liquidazione delle società di capitali nella riforma del
diritto societario, in Riv. not., 2003, 632; nonché M. SPERANZIN, L’estinzione delle
società di capitali in seguito alla iscrizione della cancellazione nel registro delle
imprese, in Riv. società, 2004, 537 ss., e P. D’ALESSANDRO, Cancellazione della
società, cit., 894, sulla base di un fenomeno successorio; e, nel senso della efficacia
costitutiva con irreversibilità degli effetti della cancellazione e preclusione della sua
riviviscenza, v. anche G. ZAGRA, Cancellazione della cancellazione di società di
capitali dal registro delle imprese, in Società, 2011, 907.
Cfr. anche, nel senso che l’estinzione resta ferma nonostante la presenza di attività
della società, Trib. Piacenza 14 aprile 2011, cit.; Trib. Catania, decr. 9 aprile 2009,
Foro it., Rep. 2010, voce cit., n. 891, e Società, 2010, 88, con nota cit. adesiva di A.
ZANARDO, Cancellazione di s.r.l. dal registro delle imprese e ruolo del
conservatore; Trib. Treviso, decr. 20 febbraio 2009, Foro it., Rep. 2010, voce
Impresa, n. 46, e Corriere giur., 2010, 1012, con nota di M. PEDOJA, Fine della
«immortalità»: per le sezioni unite la cancellazione della società dal registro delle
imprese determina la sua estinzione; Trib. Bari 3 giugno 2009, cit., e Trib. Lucca,
decr. 12 gennaio 2009, cit., per le quali la cancellazione della società dal registro
delle imprese possiede effetti costitutivi ex art. 2495, 2° comma, c.c., anche se
avvenuta in difetto dei presupposti necessari, e pertanto non è consentito utilizzare il
procedimento di cui all’art. 2191 c.c. per eliminare l’effetto estintivo oramai
prodottosi. In dottrina, v. A. ZANARDO, Cancellazione di s.r.l., cit., 94 nota 14; G.
FERRI, Manuale di diritto commerciale, 12a ed. a cura di C. ANGELICI e G.B.
FERRI, Torino, 2006, 429; nonché V. SALAFIA, Sopravvenienza di attività dopo la
cancellazione della società dal registro imprese, in Società, 2008, 931, e conformi G.
NICCOLINI, La liquidazione volontaria delle società tra passato e presente, in Le
liquidazioni aziendali a cura di S. ADAMO e G. NICCOLINI, Torino, 2010, 52 ss.
— e Giur. comm., 2010, I, 517 — e M. PEDOJA, Fine della «immortalità», cit., 1018
s., per i quali l’ipotesi specifica delle sopravvenienze attive può essere disciplinata
analogamente ad un’eredità giacente, con conseguente nomina di un curatore speciale
e distribuzione tra i soci. Cfr. App. Napoli 26 gennaio 2011, <http://pluriscedam.utetgiuridica.it/>, per cui a seguito del venir meno della capacità e della
legittimazione della società per cancellazione volontaria, pur nella permanenza di
rapporti o azioni in cui essa era parte, non può riconoscersi ai singoli soci la
legittimazione a far valere in giudizio diritti la cui titolarità era di competenza della
società prima della cancellazione, in quanto unicamente esercitabili da parte di un
curatore speciale, nominato ex art. 78 c.p.c., deputato al completamento delle attività
non ultimate dal liquidatore prima della cancellazione.
Nel senso che la richiesta di cancellazione della cancellazione ex art. 2191 c.c. può
derivare soltanto dalla circostanza che siano mancanti le condizioni richieste dalla
legge per la cancellazione della società, ossia l’approvazione del bilancio finale di
liquidazione e la circostanza che la cancellazione sia stata richiesta dai soggetti a ciò
legittimati, mentre l’esistenza di rapporti giuridici pendenti determina soltanto
l’insorgenza di una tutela risarcitoria dei creditori sociali, v. A. DELL’OSSO,
Osservazioni sull’estinzione, cit., 841 ss. Ritiene Trib. Milano 1° agosto 2011, Giur.
it., 2012, 841, con nota cit. di S. LUONI, Vecchie e nuove questioni, che
l’approvazione del bilancio finale di liquidazione è presupposto essenziale per la
cancellazione della società dal registro delle imprese, sicché in sua mancanza
l’iscrizione della cancellazione può essere cancellata ex art. 2191 c.c.
II. - L’estinzione quale conseguenza della cancellazione volontaria dal registro delle
imprese involge numerosi problemi, molti dei quali sono stati affrontati dai
provvedimenti in rassegna.
In primo luogo, l’estinzione della compagine societaria in tale fattispecie determina a
parere delle decisioni riportate la perdita della capacità giuridica e processuale attiva
e passiva della società cancellata. Sicché essa non può promuovere nuovi processi né
essere convenuta in giudizio, nella persona del liquidatore, il quale a sua volta ormai
decaduto dalle funzioni con la cancellazione della società, non può più agire in
giudizio né essere convenuto.
Così, in dottrina, v., da ultimo, F. TEDIOLI, Riflessi processuali della equiparazione,
cit., 2011, 1243; G. PAGANI, Estinzione di società. Modalità di azionamento della
pretesa erariale, in Fisco 1, 2011, 368; V. SANGIOVANNI, Cancellazione delle
società di capitali, cit., 1143, e Estinzione delle società di capitali, cit., 687 s.; F.
FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1494 s. Sulla perdita
della legittimazione passiva sostanziale e processuale della società di capitali a
seguito della sua cancellazione, v. App. Roma 8 gennaio 2009, <http://pluriscedam.utetgiuridica.it/>; App. Napoli 22 settembre 2008, ibid.; Trib. Napoli 9
dicembre 2009, ibid.
In tal senso si esprimono Trib. Bologna (relazione riportata infra) e Cass. n. 7679,
nonché in motivazione nn. 9943 e 7327, in epigrafe. Conformi, Cass., ord. 3
novembre 2011, n. 22863, cit., la quale ha disposto, a norma dell’art. 382, 3° comma,
c.p.c., la cassazione senza rinvio della sentenza impugnata per improponibilità della
causa, essendo stato il giudizio tributario introdotto dal liquidatore di una società a
responsabilità limitata cancellata contro una cartella di pagamento per Iva; 5
novembre 2010, n. 22548, Foro it., Rep. 2010, voce Società, n. 877, per la quale è
irritualmente introdotto il ricorso per cassazione nei confronti della società cancellata,
il cui liquidatore è ormai sprovvisto della legittimazione a rappresentare l’ente in
giudizio; sul punto, v. altresì, relativamente ad ipotesi di procedimento di ingiunzione
instaurato da società cancellata, Trib. Lodi 5 dicembre 2010 e Trib. Milano 17
maggio 2010, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>.
Cfr. però, sia pur giustificata dal disposto di cui all’art. 10 l. fall., Cass. 5 novembre
2010, n. 22547, Foro it., Rep. 2010, voce Fallimento, n. 592, richiamata da Cass. n.
7327, per la quale in tema di procedimento per la dichiarazione di fallimento di una
società di capitali cancellata dal registro delle imprese, la legittimazione al
contraddittorio spetta al liquidatore sociale, poiché, pur implicando detta
cancellazione l’estinzione della società, ai sensi del novellato art. 2495 c.c.,
nondimeno entro il termine di un anno da tale evento è ancora possibile, ai sensi
dell’art. 10 cit., che la società sia dichiarata fallita, con procedimento che deve
svolgersi in contraddittorio con il liquidatore, il quale, anche dopo la cancellazione, è
altresì legittimato a proporre reclamo avverso la sentenza di fallimento, tenuto conto
che, in generale, tale mezzo di impugnazione è esperibile, ex art. 18 l. fall., da parte
di chiunque vi abbia interesse.
III. - Una delle dirette conseguenze della perdita di capacità processuale della società
estinta riconosciuta da Cass. nn. 7679 e 7327 è la inammissibilità del ricorso per
cassazione proposto nei confronti di società estinta, nella persona dell’ex liquidatore,
a seguito di cancellazione dal registro delle imprese.
Sul punto, v. anche Cass. 6 giugno 2012, n. 9110, id., Mass., 467; sez. un. 22
febbraio 2010, n. 4062, cit.; 5 novembre 2010, n. 22548, cit., richiamata da Cass. nn.
9943 e 7679 e 7327; 18 settembre 2007, n. 19347, id., 2008, I, 2953, con nota di
A.M. PERRINO, relativa a ricorso per cassazione proposto nei confronti di consorzio
con attività esterna cancellato dal registro delle imprese.
Si noti che anche nel caso deciso da Cass. n. 9943 era stata sollevata l’eccezione di
inammissibilità del ricorso per cassazione in quanto notificato a società estinta. Nel
caso di specie la peculiarità si incentra sulla circostanza che la controversia verteva su
un diritto di credito ceduto, prima del ricorso per cassazione, a società che aveva
proposto controricorso, quale successore a titolo particolare dell’originario creditore
ormai estinto. La corte (rel. Forte) tuttavia non ha deciso in merito all’ammissibilità
della costituzione del successore a titolo particolare ovvero della presenza di
successori a titolo universale ma ha ritenuto opportuno investire le sezioni unite della
questione di massima di particolare importanza del regime di eventuali rapporti
ancora pendenti delle società alla data in cui esse si sono cancellate.
Identica soluzione di inammissibilità è stata adottata dalla Corte di cassazione anche
sulla speculare ipotesi di ricorso proposta dalla società estinta in persona del
liquidatore, nella quale rileva altresì la perdita in capo al liquidatore del potere di
rilasciare la procura al difensore: così, Cass. 10 novembre 2010, n. 22830, id., Rep.
2010, voce Procedimento civile, n. 284, richiamata da Cass. n. 7679 e Trib. Torino,
per la quale la cancellazione intervenuta in fase d’appello avrebbe dovuto escludere
una pronuncia nei confronti della società, ma ove tale pronuncia sia stata emessa, il
ricorso contro di essa è inammissibile; 13 ottobre 2010, n. 21195, ibid., voce Società,
n. 876, e Giur. it., 2011, 699; 8 ottobre 2010, n. 20878, Foro it., Rep. 2011, voce cit.,
n. 790, e Società, 2011, 583, con nota di G. DELLA PIETRA, Fusione e
cancellazione, cit., richiamata da Cass. n. 9943; 12 dicembre 2008, n. 29242, Foro it.,
Rep. 2008, voce Cassazione civile, n. 103, richiamata da Cass. n. 7679 e Trib. Torino
in epigrafe; 15 ottobre 2008, n. 25192, ibid., voce Società, n. 904, richiamata da Cass.
n. 7679 e App. Milano in epigrafe; Trib. Monza 22 giugno 2009, <http://pluriscedam.utetgiuridica.it/>; Trib. Roma 11 maggio 2009, Foro it., Rep. 2010, voce cit.,
n. 890.
Vedi anche App. Roma 13 luglio 2010, <http://pluris-cedam.utetgiuridica.it/>, la
quale ha dichiarato inammissibile l’appello — con conseguente passaggio in
giudicato della sentenza di primo grado — proposto contro società cancellatasi dal
registro delle imprese in pendenza di quest’ultimo giudizio senza che l’evento fosse
ivi dichiarato, per difetto della capacità processuale della società inesistente, e ha
però condannato quest’ultima al pagamento delle spese di lite.
IV. - Ulteriore corollario legato alla cancellazione della società indicato da App.
Milano in epigrafe (sull’ordinanza — ancorché erroneamente attribuita alla Corte
d’appello di Roma — v. Società, 2012, 715) è l’inesistenza della notifica dell’atto di
appello effettuata alla società estinta, pur se presso il procuratore costituito nel
giudizio di primo grado, a causa dell’inesistenza del soggetto destinatario della
notificazione (viene richiamata, in motivazione, Cass. 16 settembre 2011, n. 18983,
id., 2011, 1339 (m), relativa però a fattispecie affatto differente di notifica effettuata a
società incorporata).
Attesa, poi, la conoscenza in capo all’appellante della estinzione della società
appellata, la corte milanese esclude che nel caso di specie trovi applicazione il
principio sancito da Cass., sez. un., 14 settembre 2010, n. 19509, Foro it., 2011, I,
472, con nota di D. DALFINO, richiamata anche da Cass. n. 9943, per cui
l’impugnazione notificata presso il procuratore costituito di una società che,
successivamente alla chiusura della discussione o alla scadenza del termine di
deposito delle memorie di replica, si sia estinta per incorporazione (fattispecie
anteriore alla modifica dell’art. 2504 bis c.c. ad opera del d.leg. 17 gennaio 2003 n.
6), deve ritenersi valida se l’impugnante non abbia avuto notizia dell’evento
modificatore della capacità della persona giuridica, mediante notificazione di esso.
Cfr. Cass. 7 gennaio 2011, n. 259, ibid., 2808, con note di M. D’AMBROSIO e R.
CAPONI.
Vedi tuttavia Cass. 20 ottobre 2010, n. 21510, id., Rep. 2011, voce cit., n. 783, la
quale — e al riguardo si legga anche quanto affermato in motivazione — sostiene
che, dopo la modifica dell’art. 2495 c.c., l’atto di impugnazione non solo deve essere
rivolto, così come è accaduto, direttamente nei confronti della società in liquidazione
— in realtà già cancellata — in persona del suo liquidatore pro tempore, essendo
quest’ultimo il soggetto effettivamente legittimato in quanto, giusta l’insegnamento
delle sezioni unite, il processo di gravame deve essere instaurato tra i soggetti reali
del rapporto; ma dovrebbe essere notificato presso la sede del soggetto effettivamente
legittimato e non già presso il difensore della società in bonis; sicché, la notificazione
di un atto di appello ad una società cancellata dal registro delle imprese, effettuata
presso la sede del difensore domiciliatario in primo grado, è nulla, ma la nullità deve
ritenersi sanata in virtù del raggiungimento dello scopo, ove la consegna sia avvenuta
mediante rilascio di copia dell’atto a persona ed in luogo aventi un qualche
riferimento con il destinatario della notificazione, che mostri di aver avuto piena
conoscenza dell’atto costituendosi in giudizio.
Parimenti inesistente, per App. Milano, deve considerarsi la costituzione in giudizio
della società cancellata a mezzo del procuratore che ha ricevuto il mandato difensivo
successivamente all’estinzione della società, atteso il difetto di ius postulandi del
detto professionista che consegue al difetto di soggettività giuridica della parte
rappresentata al momento del rilascio della procura. Sulla nullità della procura
conferita al difensore dalla società cancellata nella persona del suo ex liquidatore, v.,
oltre alla giurisprudenza richiamata sub § III che anche sulla base di tale principio ha
dedotto l’inammissibilità del ricorso proposto dalla società, anche C. GLENDI,
Cancellazione delle società, cit., 752.
V. - Così uniformemente risolta la questione dell’estinzione della società e della
sottrazione alla stessa di ogni capacità (sostanziale e) processuale, come conseguenza
della sua cancellazione dal registro delle imprese, i provvedimenti in parola
affrontano la problematica della eventuale prosecuzione del processo pendente in cui
sia parte una società cancellata e dei soggetti ai quali spetti di proseguirlo.
In relazione alla posizione del liquidatore, giurisprudenza e dottrina — e con esse le
pronunce in epigrafe — hanno facilmente escluso che possa esservi una qualsivoglia
successione nella posizione giuridica della società. Il liquidatore risponde, non già di
somme trasmessegli dalla società, ma a titolo di responsabilità aquiliana derivante
dall’aver colposamente distribuito somme che erano destinate al soddisfacimento dei
creditori sociali. Così cfr. G. NICCOLINI, Gli effetti della cancellazione della società
di capitali dal registro delle imprese: recenti sviluppi e questioni ancora irrisolte
(considerazioni sparse in occasione della presentazione di un volume), in Nuovo dir.
soc., 2012, 25 s.; GLENDI, Cancellazione delle società, attività impositiva e processo
tributario, in Corriere trib., 2010, 751; D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti
della cancellazione della società dal registro delle imprese, in Società, 2010, 1012 s.;
F. FIMMANÒ-L. TRAVERSA, Scioglimento, liquidazione, cit., 699; V.
SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali, cit., 1140. Conformi, in
giurisprudenza, Cass. 10 novembre 2006, n. 24039, Foro it., Rep. 2007, voce
Competenza civile, n. 55; Trib. Prato 18 novembre 2010, <www.ilcaso.it>, per cui
l’azione nei confronti del liquidatore della società prevista dall’art. 2495, 2° comma,
c.c., non può di conseguenza essere introdotta nelle forme della riassunzione del
processo instaurato nei confronti della società e poi interrotto a seguito di
cancellazione, non essendovi alcuna successione del liquidatore nel rapporto
originariamente dedotto in giudizio. Cfr., sulla responsabilità risarcitoria del
liquidatore, anche Trib. Milano 8 marzo 2011, Foro it., Rep. 2011, voce Società, n.
779, e Società, 2011, 1138, con nota cit. adesiva di V. DE CAMPO. Tuttavia, nel
senso che il 2° comma dell’art. 2495 c.c. ha stabilito una vera e propria successione
ex lege ai sensi dell’art. 111 c.p.c. (dei soci e) dei liquidatori in via subordinata per
l’esercizio dei diritti facenti capo alla società, v. Trib. Torino 5 settembre 2008, Foro
it., Rep. 2009, voce cit., n. 811, e Giur. merito, 2009, 1578, con nota di A.
MIRENDA, Verso l’eutanasia surrettizia della società di persone?
In particolare, Cass. n. 7679 ha ritenuto inammissibile, a seguito della cancellazione
di una società dal registro delle imprese, il ricorso per cassazione proposto nei
confronti dell’ex liquidatore, atteso che questi non riveste la qualità di successore
processuale dell’ente estinto, ma risponde quale soggetto gravato da responsabilità
risarcitoria per l’illecito derivante dall’aver chiuso la liquidazione senza aver
provveduto al previo soddisfacimento di un creditore sociale. Per le medesime
ragioni, App. Milano ha ritenuto inammissibile l’appello proposto nei confronti
dell’ex liquidatore.
Si noti la probabilistica ricostruzione di G. DELLA PIETRA, Fusione e
cancellazione, cit., 587 s., il quale, presupponendo che vi sia successione, prospetta
l’applicazione della rimessione in termini per gli ex amministratori/liquidatori, e gli
ex soci, che, prima degli arresti della Suprema corte, rispettivamente abbiano
intestato l’impugnazione alla compagine societaria cancellata ovvero si siano astenuti
dal proporre impugnazione, e, in generale, per quanti siano subentrati alla società nei
rapporti oggetto del processo ed abbiano solo successivamente scoperto che spettava
a loro di impugnare la sentenza per evitare il giudicato.
VI. - Esclusa la legittimazione attiva o passiva della società cancellata e del
liquidatore, tanto quale rappresentante della società medesima quanto in proprio,
quale successore della società, residua esclusivamente la verifica dell’ammissibilità
della prosecuzione in capo al socio del processo azionato da o nei confronti della
società, inscindibilmente connessa alla qualificazione del socio quale successore della
società.
Sul punto, non prende posizione Trib. Torino in epigrafe, adìto dall’ex socio di
società cancellata dal registro delle imprese con domande aventi ad oggetto
l’adempimento o il risarcimento del danno da relativo inadempimento di contratto
stipulato dalla medesima società cancellata con un terzo. Il provvedimento aderisce
alla decisione già assunta da Cass. 16 luglio 2010, n. 16758, Foro it., Rep. 2011, voce
cit., n. 777, e Società, 2011, 5, con nota adesiva di A. FUSI, Estinzione delle società
di persone, azioni giudiziarie e legittimazione degli ex soci, richiamata da Cass. n.
9943 e Trib. Torino, per la quale, in caso di cancellazione di una società (di persone
nel caso di specie) dal registro delle imprese, i singoli soci non sono legittimati
all’esercizio di azioni giudiziarie la cui titolarità sarebbe spettata alla società, ma che
questa ha scelto di non esperire sciogliendosi e facendosi cancellare dal registro,
trattandosi di un comportamento inequivocabilmente inteso a rinunciarvi, facendo
venir meno l’oggetto stesso dell’ipotizzata trasmissione successoria. In tal senso,
anche in motivazione, Cass. n. 9943; App. Napoli 25 gennaio 2012, <http://pluriscedam.utetgiuridica.it/>.
Una chiara posizione è invece assunta da App. Milano, che, alla luce della disciplina
esistente, esclude la sussistenza di un fenomeno successorio a seguito della
cancellazione della società (nel caso di specie si trattava di s.a.s. ma la conclusione
viene estesa anche alle società di capitali).
In particolare, nel caso considerato, a seguito di pronuncia di primo grado che
l’aveva vista vittoriosa, una società di persone si cancella dal registro delle imprese.
Successivamente a tale cancellazione, il soccombente in prime cure notifica atto di
appello nei confronti della estinta società presso il difensore in primo grado, nonché,
dando atto della cancellazione in parola, della socia accomandataria e liquidatrice
della società. La società estinta e appellata si costituisce in giudizio con mandato
conferito al proprio difensore in tempo successivo alla cancellazione per eccepire
l’inammissibilità dell’appello per intervenuta estinzione della società.
D’altro canto, la socia accomandataria si costituisce affermando l’inammissibilità
dell’appello nei suoi confronti, non essendo stata parte del processo di primo grado,
né potendo essere riconosciuta successore a titolo universale o particolare della
società nei termini di cui agli art. 110 e 111 c.p.c.
Anche nel caso deciso da Cass. n. 7327, a fronte di una sentenza favorevole ad una
s.r.l. appellata dall’agenzia delle entrate, quest’ultima propone ricorso per cassazione
nei confronti della società contribuente già cancellatasi dal registro delle imprese, in
persona del liquidatore pro tempore, della (ex) socia e legale rappresentante della
società e del (ex) liquidatore. La Suprema corte accoglie la preliminare eccezione di
inammissibilità del ricorso sollevata nei controricorsi, poiché proposto allorquando la
società aveva da tempo cessato di esistere ai sensi dell’art. 2495 c.c.
A fronte di tale decisione, la corte affronta la problematica inerente alla possibilità,
paventata dall’avvocatura dello Stato, che alla estinta società contribuente succedano
ex lege l’ex liquidatore e l’ex socio-amministratore evocati in giudizio con la notifica
del ricorso effettuata personalmente e regolarmente costituitisi con autonomo
controricorso.
Una simile successione è però esclusa dalla Suprema corte, in virtù delle disposizioni
tanto civilistiche quanto tributarie.
Per quanto attiene in particolare alle seconde, la corte rileva che con riguardo ai
crediti per imposta sul reddito delle persone giuridiche i cui presupposti si siano
verificati a carico della società, è riconosciuta all’amministrazione finanziaria
dall’art. 36 d.p.r. 29 settembre 1973 n. 602, azione di responsabilità nei confronti del
liquidatore, nel caso in cui egli abbia esaurito le disponibilità della liquidazione senza
provvedere al pagamento delle imposte. Tale responsabilità non è equiparabile
all’obbligazione derivante dalla responsabilità verso i creditori di cui all’attuale art.
2495 c.c. mentre è riconducibile alle norme di cui agli art. 1176 e 1218 c.c.
Nel senso che il cit. art. 36 non è stato implicitamente abrogato dal novellato art.
2495 c.c., rispetto al quale mantiene un suo proprio ambito di applicazione, v., oltre a
Cass. n. 7327, in dottrina, C. GLENDI, Cancellazione delle società, cit., 752. A
differenza della norma civilistica, quella fiscale prevede che l’azione di recupero
crediti del fisco possa essere esperita anche contro gli amministratori e variano i casi
e le condizioni perché l’azione possa essere esperita validamente: G. PAGANI,
Estinzione di società. Modalità di azionamento della pretesa erariale, in Fisco 1,
2011, 368. Nel senso che la responsabilità per i crediti nei confronti del fisco è più
ampia rispetto alle norme civilistiche, v. F. FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti
della cancellazione, cit., 1475 s.
Date tali premesse, non essendovi a carico del liquidatore alcuna successione o
coobbligazione nei debiti tributari, ma responsabilità per obbligazione propria ex
lege, la corte conclude che il processo tributario non può proseguire nei confronti
dell’ex liquidatore della società estinta e dell’ex amministratore.
Ancora ad analoghe conclusioni giunge il giudice di legittimità in relazione ai soci,
rispetto ai quali dagli art. 36, 3° comma, cit. e 2495 c.c. deduce che, una volta
cancellata la contribuente società di capitali, non si realizza una semplice
modificazione soggettiva del rapporto obbligatorio con il fisco, dovendo questo
accertare in capo ai soci i requisiti prescritti dalla legge per la responsabilità diretta, il
che comporta un ampliamento del thema decidendum e del thema probandum del
tutto non consentito nel giudizio di legittimità. Sicché, in tal caso la Cassazione
sembra escludere la successione a qualsiasi titolo dei soci prospettando
l’ammissibilità di un’azione nuova nei loro confronti.
Nel senso che il creditore erariale insoddisfatto a seguito della cancellazione della
società dovrebbe attivarsi con un autonomo procedimento accertativo nei confronti
del singolo socio, v. V. FICARI, Cancellazione dal registro, cit., 1042 ss., per il
quale, peraltro, poiché l’accertamento dell’esistenza dell’obbligazione tributaria può
trovare risoluzione soltanto nella definitività dell’atto correttamente notificato o nel
passaggio in giudicato di una sentenza favorevole all’erario, l’inesistenza della
società cancellata destinataria dell’atto rende impossibile la definitività o il giudicato.
Ciò, ritiene l’a., emerge altresì dalla circostanza che l’art. 36 cit. menziona le imposte
dovute dalla società, determinandosi tale debenza non già in modo autoreferenziale
da una delle parti ma come esito di un atto ritualmente notificato o di un processo
ritualmente svoltosi e conclusosi con una sentenza passata in giudicato.
Escludono che vi sia successione a titolo universale o particolare nei confronti della
società cancellata dal registro delle imprese, sicché non vi sono eredi e tali non sono
certamente i soci, né tanto meno i liquidatori o gli ex amministratori, F. TEDIOLI,
Riflessi processuali della equiparazione, cit., 2011, 1238 s.; C. GLENDI,
Cancellazione-estinzione delle società, cit., 519, e Cancellazione delle società, cit.,
751; F. CORSI, Le nuove società di capitali, Milano, 2003, 280.
In giurisprudenza, conformi App. Napoli 28 maggio 2008, Foro it., Rep. 2009, voce
cit., n. 810, richiamata da Trib. Torino; Trib. Torino 17 maggio 2010,
<www.ilcaso.it>.
All’esclusione di ogni fenomeno successorio, App. Milano, qui riportata, e Trib.
Bologna, infra, affiancano l’ulteriore conclusione che dalla estinzione della società
per i creditori sorge una nuova azione contro gli ex soci — con riconducibilità agli
estremi dell’arricchimento senza causa — ed ex liquidatori della società estinta, nella
quale diversa è la fattispecie costitutiva, diverso il petitum formulabile e l’obiettivo
concretamente conseguibile dalla parte interessata. Ove la cancellazione avvenga in
corso di giudizio, i soci acquistano l’eventuale attivo che residua al termine della
liquidazione non per successione a titolo universale, sia pur pro quota, o particolare
nel patrimonio della società, ma in forza di un atto interno alla compagine sociale, di
distribuzione del residuo attivo ovvero di assegnazione, proporzionale alle quote
possedute, di beni nella titolarità della società.
L’art. 2495 c.c. contiene, pertanto, un riferimento alla sola proposizione ex novo
della domanda giudiziale dei creditori sociali nei confronti dei soci e dei liquidatori,
prevedendosi che, se essa è proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere
notificata presso l’ultima sede della società.
Nel senso che trattasi di un’azione iniziata ex novo, non già della prosecuzione di un
processo in corso, v. F. TEDIOLI, Riflessi processuali della equiparazione, cit., 2011,
1239 ss.; C. GLENDI, Cancellazione-estinzione delle società, cit., 519; V.
SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di capitali, cit., 1143, e Estinzione
delle società di capitali, cit., 687; R. WEIGMANN, La difficile estinzione delle
società, in Giur. it., 2010, 1627; A. ZORZI, Sopravvenienze attive, cit., 1261; F.
FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1495; F. CORSI, Le
nuove società di capitali, cit., 280. L’azione nei confronti degli ex soci sembra
sussumibile piuttosto nell’alveo dell’indebito arricchimento o dell’arricchimento
senza causa, tanto che i soci rispondono esclusivamente nei limiti delle somme che
indebitamente il liquidatore abbia loro distribuito nonostante l’esistenza di crediti
sociali insoddisfatti: in tal senso, G.P. ALLECA, Le sezioni unite e l’estinzione delle
società, cit., 650; ASSOCIAZIONE PREITE, Il nuovo diritto delle società, cit., 365.
Cfr., anche, F. FERRARA JR.-F. CORSI, Gli imprenditori e le società, 14a ed.,
Milano, 2009, 1013 s. V., sul punto richiamata da Trib. Bologna (e da Trib. Torino
che vi aderisce in motivazione), App. Napoli 28 maggio 2008, cit. Per riferimenti in
ordine all’inquadramento dell’azione in esame, quale azione di arricchimento senza
causa, o di indebito arricchimento ovvero derivante dalla responsabilità del socio
nella compagine sociale, ovvero, come azione proponibile nei confronti degli ex soci
in virtù di un fenomeno successorio rispetto alla società, v. A. ZORZI, Cancellazione
della società, cit., 107 ss.; M. SPERANZIN, L’estinzione delle società, cit., 532 n. 64;
ID., Recenti sentenze in tema di estinzione di società: osservazioni critiche, in Giur.
comm., 2000, II, 303 ss.
Dalla precedente affermazione la relazione del Tribunale di Bologna (riportata infra)
deduce che la cancellazione della società non determina l’interruzione del processo e
la sostituzione nel rapporto processuale degli ex soci. Il giudice dovrà, invece,
dichiarare in relazione alle domande proposte da o nei confronti della società estinta
la cessazione della materia del contendere.
Va peraltro sottolineata la peculiarità del provvedimento bolognese, consistente in
una relazione ex art. 47 quater ord. giud. del presidente della seconda sezione del
Tribunale di Bologna, finalizzata a «provvedere alla predisposizione di un calendario
delle attività decisionali coerente con il reale e concreto interesse delle parti alla
sollecita definizione delle cause pendenti e del pari, con le risorse professionali ed
organizzative ad oggi disponibili» e ad «addivenire ad un orientamento comune».
La relazione evidenzia che attraverso l’analisi di dati statistici predisposti dalla
cancelleria, integrati dalle interrogazioni incrociate — operate per il tramite della
consolle del magistrato — per materia del contendere, stato dei processi, produttività
sentenziale e cautelare assicurata nel biennio, e l’esperienza maturata, soprattutto
nell’ultimo anno, dalla sezione impegnata nello smaltimento di cause di risalente
iscrizione (first in-first out), è emersa «la sempre maggiore incidenza del fenomeno
— ad oggi non governato — della cancellazione dal registro delle imprese di società
che sono costituite in giudizio. In particolare, si registra con sempre maggiore
frequenza che: i) siano promossi giudizi da liquidatori di società per le quali sia già
intervenuta la cancellazione dal registro delle imprese; ii) in udienza di precisazione
delle conclusioni, i difensori richiedano la spedizione a sentenza nonostante la società
da loro assistita sia stata cancellata dal registro delle imprese, circostanza questa che
con rilevante frequenza, non gli è stata resa nota; iii) è difficile dare corso alla
registrazione della sentenza emessa ex art. 8, tariffa, parte prima, allegata al d.p.r. 26
aprile 1986 n. 131, con aggravio ingiustificato per una delle parti, chiamata ad
assolvere un tributo spesso elevato quand’anche non giustificato dall’intervenuta
perdita ‘della capacità e della legittimazione processuale’ di una delle parti in causa
(così Cass. 22 febbraio 2010, n. 4062, cit.)». È da tali premesse, affiancate alla
riconosciuta insussistenza di legittimazione processuale né in capo alla società né ai
soci o ai liquidatori, che è derivata, nell’ottica dello smaltimento dell’arretrato, la
soluzione della relazione ex art. 47 quater cit. di ritenere che i processi in corso
debbano essere definiti mediante una pronuncia di cessazione della materia del
contendere.
Nel senso che va escluso che vi sia interruzione del processo, che postula l’esistenza
di un fenomeno successorio a titolo universale, v. F. TEDIOLI, Riflessi processuali
della equiparazione, cit., 1243 s.; C. GLENDI, Cancellazione delle società, cit., 752.
Sul punto, Trib. Bologna richiama App. Napoli 28 maggio 2008, cit. Contra, v.
riferimenti sub § VIII.
In ordine alla formula terminativa appropriata del giudizio in corso nei confronti
della società, C. GLENDI, Cancellazione delle società, cit., 752, e Cancellazioneestinzione delle società, cit., 520 ss., ritiene che sia la cessazione della materia del
contendere per inesistenza del soggetto e dell’oggetto del giudizio, la quale ha
carattere assolutamente pregiudiziale ed assorbente, finanche rispetto ad una dedotta
inammissibilità dell’atto introduttivo del processo, che comporterebbe invece, nel
caso, un effetto consolidativo dell’atto impugnato. Conforme anche App. Napoli 28
maggio 2008, cit. Diversamente parla di estinzione del processo, F. TEDIOLI,
Riflessi processuali della equiparazione, cit., 1243 ss., specificando che nel caso in
cui il processo sia introdotto ex novo nei confronti della società il giudice dovrà
dichiarare l’inesistenza della materia del contendere, mentre ove venga proseguito
quello originario, ne dovrà pronunciare la cessazione, circostanza che ha natura
assolutamente pregiudiziale e assorbente.
Nel senso che a seguito della cancellazione della società dal registro delle imprese e
conseguente estinzione, il provvedimento di recupero di credito d’imposta notificato
dall’ufficio a società cancellata dal registro delle imprese e, quindi estinta, è da
considerarsi giuridicamente inesistente e privo di ogni effetto giuridico, con
conseguente estinzione del giudizio per sopravvenuta cessazione della materia del
contendere, v. Comm. trib. prov. Genova 3 febbraio 2011, cit.; Comm. trib. prov.
Catania 27 gennaio 2011, cit., nella quale la cancellazione della società era
intervenuta dopo la presentazione del ricorso ad opera della stessa.
Contrari alla chiusura in rito del processo, M. BINA, Le conseguenze processuali
della cancellazione della società dal registro delle imprese, in Riv. dir. proc., 2011,
207 ss.; D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti della cancellazione, cit., 1014.
Ritiene Trib. Torino 17 maggio 2010, cit., che, mancando un fenomeno successorio,
sul piano processuale non vi sono soggetti cui spetta proseguire il processo di cui la
società estinta sia stata parte e sulla domanda proposta contro la società cancellatasi
in corso di causa il giudice non può più statuire nel merito e deve dichiarare
l’inammissibilità delle domande proposte nella causa eventualmente riassunta nei
confronti dei soci e del liquidatore.
VII. - Date le premesse suddette, App. Milano rileva che, se il processo si interrompe
solo per effetto di volontaria cancellazione, non rinvenendosi un successore della
società estinta legittimato a proseguirlo, questa potrebbe agevolmente sottrarsi alle
obbligazioni e finanche impedire la valida interposizione di un gravame, provocando
in tal modo la formazione del giudicato per inammissibilità dell’impugnazione rivolta
ad un soggetto non più esistente. Né la corte milanese ritiene possa fornirsi
un’interpretazione costituzionalmente orientata della disciplina.
La conseguenza è la denuncia di incostituzionalità degli art. 2495 c.c. e 328 c.p.c.
nella parte in cui non prevedono, in caso di estinzione della società per effetto di
volontaria cancellazione dal registro delle imprese, che il processo prosegua o sia
proseguito nei gradi di impugnazione da o nei confronti della società cancellata, sino
alla formazione del giudicato, così violando:
— il principio di eguaglianza di cui all’art. 3 Cost., per l’irragionevole disparità di
trattamento nella gestione delle cause fra persone fisiche e persone giuridiche,
potendo il rapporto processuale instauratosi con le persone fisiche trasferirsi in capo
agli eredi, al contrario di quanto accade, in virtù del novellato art. 2495 c.c., in
riferimento alle persone giuridiche, rispetto alle quali il rapporto processuale si
estingue senza la possibilità dell’esame dei crediti in discussione;
— i canoni fondamentali del diritto alla difesa e alla tutela giurisdizionale di cui
all’art. 24 Cost., in quanto viene concessa la facoltà a una parte di sottrarsi ai propri
obblighi con un semplice atto formale di cancellazione dal registro delle imprese,
impedendosi alla parte soccombente, alla stregua dei ricordati principî delle sezioni
unite, di instaurare un valido rapporto processuale d’impugnazione, adeguando il
processo alle modificazioni intervenute nel campo sostanziale (come impone Cass.,
sez. un., 16 dicembre 2009, n. 26279, Foro it., 2010, I, 56, con nota di R. CAPONI,
richiamata da Cass. n. 7679 e App. Milano in epigrafe);
— i canoni fondamentali del giusto processo di cui all’art. 111 Cost., in quanto viene
costretta una parte processuale ad instaurare un nuovo giudizio, ripercorrendo gradi
già esauriti, così determinandosi un indubbio dispendio di energie nella rivalutazione
di fatti già in precedenza vagliati e con l’ulteriore conseguenza dell’inevitabile
protrarsi della durata del processo.
VIII. - Diversamente, tuttavia, la stessa sez. trib. nella pronuncia n. 7679 (ma v.
altresì l’analoga Cass. 16 maggio 2012, n. 7676, cit.) a distanza di pochi giorni da
Cass., sez. trib., n. 7327 adotta una decisione difforme e dai tratti rivoluzionari. Essa
ritiene che, quanto ai rapporti processuali pendenti, la cancellazione della società
resta equiparata alla morte della parte persona fisica, con conseguente soggezione dei
processi in corso alle regole generali dettate dagli art. 299 ss. c.p.c. La conferma di
tale conclusione si rinviene nella disciplina della notificazione delineata dal 2°
comma dell’art. 2495 c.c., in quanto chiaramente ispirata alla prescrizione di cui
all’art. 303 c.p.c. e sintomatica dell’essersi il legislatore mosso nell’ottica di
equiparare l’estinzione della persona giuridica alla morte della persona fisica.
Conforme, M. PORZIO, La cancellazione, in Il nuovo diritto delle società diretto da
P. ABBADESSA e G.B. PORTALE, Torino, 2007, 93 s. Contra, però, nel senso che
non è possibile inferire che nel caso di specie si verifichi un fenomeno successorio
dalla novellata disciplina della notificazione, poiché la norma, solo in parte analoga
all’art. 303 c.p.c., non consente la notifica collettivamente e impersonalmente ai soci
e liquidatori presso l’ultima sede della società, v. F. SANTAGADA, Fusione e
cancellazione di società e vicende del processo, in Giusto processo civ., 2010, 600
ss., la quale, sulla scorta dell’esistenza di una successione universale tra soci e società
cancellata, ritiene debba farsi applicazione analogica della norma da ultimo
richiamata; C. PASQUARIELLO, sub art. 2495, cit., 2292; M. VAIRA, sub art.
2492-2496, cit., 2146; F. CORSI, Le nuove società di capitali, cit., 279 s.; L.
PARRELLA, in Società a responsabilità limitata - Liquidazione - Gruppi Trasformazione - Fusione - Scissione, in La riforma delle società a cura di M.
SANDULLI e V. SANTORO, Torino, 2003, II, sub art. 2495, 307, il quale esclude
che tale norma possa ritenersi indice di una successione a titolo universale tra soci e
società, anche perché la regola vale anche per l’azione che i creditori intendano
esercitare nei confronti dei liquidatori (nel senso che essa si applica anche alla
notifica nei confronti dei liquidatori, v. anche M. SPERANZIN, L’estinzione delle
società, cit., 532 s.); nonché V. SANGIOVANNI, Cancellazione delle società di
capitali, cit., 1143, il quale evidenzia che, pertanto, viene semplificata la località della
notifica senza ridurne però i destinatari che rimangono tutti i soci, con la precisazione
che la diversità di disciplina è giustificata dalla circostanza che ci si trova di fronte a
situazioni differenti: nel primo caso si tratta di proseguire un processo già iniziato,
mentre nell’ipotesi dell’art. 2495 c.c. si tratta di iniziarne uno nuovo. In quest’ultimo
senso, v. anche F. TEDIOLI, Riflessi processuali della equiparazione, cit., 1234; F.
FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1495; A. ZORZI,
Sopravvenienze attive, cit., 1261, per cui la norma in esame non si riferisce alla
notifica del ricorso per riassunzione dell’eventuale processo pendente nei confronti
della società ma alla (nuova) domanda dei creditori rivolta a far valere i loro crediti
nei confronti dei soci e, dubitativamente, nei confronti dei liquidatori per loro
responsabilità. Diversamente, F. FIMMANÒ-F. ANGIOLINI, Gli effetti della
cancellazione, cit., 1495, ritengono che l’art. 2495 c.c. regola la sola proposizione di
una nuova domanda, con conseguente necessità di individuare singolarmente i soci,
mentre l’art. 303 c.p.c. trova applicazione nel caso di giudizio pendente, poiché vi è
successione ex art. 110 c.p.c.
Vedi, nel senso che trovi applicazione la disciplina dell’interruzione del processo, in
motivazione anche Cass. n. 9943, la quale afferma che nel caso di specie la mancata
comunicazione nel giudizio da parte della società dell’evento aveva impedito la
interruzione del processo (analogamente, cfr. Cass. 6 giugno 2012, n. 9110, cit.);
nonché App. Milano in epigrafe, nonostante la stessa escluda l’esistenza di un
fenomeno successorio derivante dal medesimo evento estintivo; Trib. Verona 30
maggio 2011, <www.ilcaso.it>; Trib. Modena, ord. 17 luglio 2008, <www.platinumonline.com>. Vedi anche sull’applicazione della disciplina dell’interruzione del
processo, M. BINA, Le conseguenze processuali, cit., 207 ss.; M. PORZIO, La
cancellazione, cit., 93 s.; F. SANTAGADA, Fusione e cancellazione di società, cit.,
596 s.; SANGIOVANNI, Estinzione delle società di capitali, cit., 688; C.
CONEDERA, La rilevanza dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle
imprese alla luce delle modifiche intervenute nell’art. 2495 c.c. e l’applicabilità
dell’art. 10 l. fall. alle società di fatto, in Dir. fallim., 2008, II, 265; A. BASSO, sub
art. 2495, cit., 1590.
Inoltre, Cass. n. 7679 collega alla estinzione della società derivante dalla sua
cancellazione dal registro delle imprese la successione nel processo dei soci ai sensi
dell’art. 110 c.p.c., sia pur intra vires, e impone che il ricorso per cassazione vada
proposto soltanto nei confronti di questi. Tuttavia, il socio non è riconosciuto erede
della società in quanto tale, ma lo diventa soltanto a condizione che abbia riscosso la
propria quota in base al bilancio finale di liquidazione, rispondendo entro il
medesimo limite dei debiti sociali; diversamente, il socio difetta della legittimazione
processuale alla prosecuzione del processo originariamente instaurato contro la
società, conseguendone nel caso di specie l’inammissibilità del ricorso per cassazione
proposto nei suoi confronti. Peraltro, precisa Cass. 16 maggio 2012, n. 7676, cit., che,
affinché il processo instaurato dalla società successivamente estinta contro l’atto a lei
notificato continui, è necessario che la controparte — nella specie l’amministrazione
finanziaria — dimostri il presupposto per la successione del socio nel processo,
costituito come detto dall’aver riscosso somme in base al bilancio finale di
liquidazione.
Cfr., per un’analoga posizione, Trib. Milano 8 marzo 2011, Foro it., Rep. 2011, voce
cit., nn. 713, 779, e Società, 2011, 1138, con nota adesiva di V. DE CAMPO. Cfr.
altresì Cass. 10 novembre 2010, n. 22830, cit., per la quale, mentre va dichiarata
l’inammissibilità del ricorso proposto avverso società cancellata dal registro delle
imprese, è corretta l’evocazione in giudizio dei soci, che sempre hanno agito o si
sono costituiti in proprio, ai quali le azioni, attive e passive, fanno capo dopo
l’estinzione delle società, sia di capitale che personali.
In relazione a società di persone, Cass. 23 luglio 2012, n. 12796, <http://pluriscedam.utetgiuridica.it/>, ha affermato che in caso di cancellazione della società si
presume il venir meno della capacità e soggettività limitata della società stessa,
analogamente a quanto accade con riferimento alle società capitali; ne consegue che
nell’ipotesi in cui perdurino rapporti o azioni in cui la società di persone è parte, la
legittimazione a proseguire le azioni stesse, una volta intervenuta la cancellazione dal
registro delle imprese, si trasferisce in capo al socio illimitatamente responsabile.
Ancora la sez. trib. (Cass. 6 giugno 2012, n. 9110, cit.), però, ha affermato poco
tempo dopo che la cancellazione dal registro delle imprese di una società di persone,
analogamente a quanto avviene con riferimento ad una società di capitali, determina
l’estinzione del soggetto giuridico e la perdita della sua capacità processuale, sicché,
nei processi in corso, anche se essi non siano interrotti per mancata dichiarazione
dell’evento interruttivo da parte del difensore, la legittimazione sostanziale e
processuale, attiva e passiva, si trasferisce automaticamente, ex art. 110 c.p.c., ai soci,
che, per effetto della vicenda estintiva, divengono partecipi della comunione in ordine
ai beni residuati dalla liquidazione o sopravvenuti alla cancellazione, e, se ritualmente
evocati in giudizio, parti di questo, pur se estranei ai precedenti gradi giudizio.
Contra, D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti della cancellazione, cit., 1012 ss.,
nel senso che deve escludersi il verificarsi di una successione a titolo universale, ma i
soci acquisiscono dopo la cancellazione l’eventuale attivo che residua al termine della
liquidazione, non a titolo universale pro quota nel patrimonio della società, bensì,
ammesso che si tratti di operazione che rinviene la propria fonte in un meccanismo di
tipo derivativo-successorio, a titolo particolare, sicché anche la responsabilità è
limitata alla quota di liquidazione percepita. Cfr. App. Napoli 26 gennaio 2011, cit.,
nel senso che non può riconoscersi ai singoli soci la legittimazione a far valere in
giudizio diritti la cui titolarità era di competenza della società prima della
cancellazione, in quanto unicamente esercitabili da parte di un curatore speciale,
nominato ex art. 78 c.p.c., deputato al completamento delle attività non ultimate dal
liquidatore prima della cancellazione.
Una parte della dottrina ha ritenuto che l’art. 2495, 2° comma, c.c. configuri la
cancellazione della società dal registro delle imprese come un evento idoneo a
determinare una successione a titolo universale dei soci nei termini di cui all’art. 110
c.p.c.: F. SANTAGADA, Fusione e cancellazione di società, cit., 597 ss.; C.
CONEDERA, La rilevanza dell’iscrizione della cancellazione nel registro delle
imprese alla luce delle modifiche intervenute nell’art. 2495 c.c. e l’applicabilità
dell’art. 10 l. fall. alle società di fatto, in Dir. fallim., 2008, II, 265; M. SPERANZIN,
L’estinzione delle società, cit., 537 ss., per il quale si tratta di successione a titolo
universale per atto tra vivi, in quanto avvenuta prima della estinzione della persona
giuridica. Fanno applicazione degli art. 110 e 111 c.p.c. anche F. FERRARA JR.-F.
CORSI, Gli imprenditori, cit., 325. V. anche A. BASSO, sub art. 2495, cit., 1590, per
il quale i soci succedono nelle liti. Nel senso che vi è successione ex art. 110 c.p.c.
poiché la liquidazione può essere individuata come «altra causa», v. F. FIMMANÒF. ANGIOLINI, Gli effetti della cancellazione, cit., 1495; V. SANGIOVANNI,
Estinzione delle società di capitali, cit., 688. Così anche, limitatamente alle società di
capitali, E. GABELLINI, L’estinzione delle società, cit., 333 ss., mentre, con
riguardo alle società di persone l’obbligazione della società è allo stesso tempo
obbligazione diretta del socio illimitatamente responsabile, per cui si verificherà il
subentro dei soci quale mera modificazione nominale del soggetto giuridico. Cfr.
anche M. BINA, Le conseguenze processuali, cit., 207 ss., e G. BALDASSARRE, La
cancellazione dal registro delle imprese e le società di persone: un nuovo indirizzo
giurisprudenziale, in Notariato, 2009, 272; e, nel senso che i soci non sono eredi della
società ma la vicenda processuale sarà necessariamente influenzata dalla vicenda del
rapporto sostanziale, che si fa valere in giudizio: per i giudizi di accertamento o
condanna relativi a rapporti passivi della società, per i quali i creditori potranno far
valere i loro diritti ormai soltanto verso i soci, il giudizio interrotto dovrà proseguire
nei loro confronti, mentre per i rapporti attivi, il giudizio dovrà proseguire ad
iniziativa dei soci, secondo le regole proprie della contitolarità dei diritti, M.
PORZIO, La cancellazione, cit., 93 s. In generale, nel senso che si verifichi la
successione dei soci, v. Trib. Modena, ord. 17 luglio 2008, cit. V. anche Tar Veneto,
sez. II, 19 aprile 2010, n. 1411, Foro amm.-Tar, 2010, 1227, per il quale i soci di una
s.r.l. sono legittimati a proseguire il giudizio instaurato dalla società cancellata,
poiché dall’art. 2495 c.c. si evince che in relazione ai rapporti non ancora esauriti i
soci conservano la legittimazione passiva, come testualmente previsto dalla norma,
ma anche attiva a conseguire pro quota i crediti della società; in motivazione, Trib.
Como, decr. 24 aprile 2007, cit., nel senso che la prosecuzione di un giudizio in cui
fosse parte la società cancellata è assicurata dall’applicazione della disciplina
processuale prevista in caso di morte o di estinzione della parte.
Cfr. Cass., ord. 3 novembre 2011, n. 22863, cit., ove testualmente si legge in
motivazione che è connaturato all’effetto estintivo la successione dei soci alla società
ai fini dell’esercizio, nei limiti e alle condizioni dalla legge stabiliti (art. 2495, 2°
comma, c.c.), delle azioni dei creditori insoddisfatti (nella specie, l’amministrazione
erariale), e ferma restando l’eventuale responsabilità del liquidatore.
Rileva, invece, D. DALFINO, Le sezioni unite e gli effetti della cancellazione, cit.,
1014, che qualora la cancellazione dell’ente avvenga in corso di causa, deve
escludersi che il processo si chiuda in rito ovvero sia interrotto, poiché per un verso
occorre evitare che all’estinzione della parte segua automaticamente quella del
processo, per l’altro la cancellazione costituisce un fatto non involontario e, pertanto,
inidoneo a determinare l’applicazione degli art. 299 ss. c.p.c. (al riguardo, v. anche,
per riferimenti, ID., La successione tra enti nel processo, Torino, 2002, 219 ss. e 391
ss.). Il processo dovrà dunque proseguire nei confronti dei soci in qualità di
successori a titolo particolare. Cfr. sul punto anche A. ZORZI, Sopravvenienze attive,
cit., 1259 ss. In tale ultimo senso, anche Trib. Verona 30 maggio 2011, cit.; Trib.
Torino 5 settembre 2008, cit. Conforme sulla circostanza che i soci (e i liquidatori in
via subordinata) subentrino ex lege nei rapporti debitori che facevano capo alla
società e di conseguenza nel processo in quanto successori a titolo particolare, v. M.
PEDOJA, Fine della «immortalità», cit., 1020. [D. LONGO]
Nota di commento
Nuove incertezze giurisprudenziali sulle conseguenze della cancellazione della
società dal registro delle imprese, in attesa di una decisione delle sezioni unite o
della Corte costituzionale.
I. - Con la novella dell’art. 2495 c.c., ad opera dell’art. 4 d.leg. n. 6 del 2003, il
legislatore è intervenuto stravolgendo decenni di sedimentati insegnamenti in materia
di estinzione della società a seguito di cancellazione volontaria dal registro delle
imprese. L’intento appariva quello di assicurare la certezza dei rapporti giuridici,
superando il precedente orientamento che privilegiava la tutela dei creditori e
stabiliva che la società cancellata restasse in vita sino all’effettiva estinzione di ogni
rapporto giuridico sostanziale o processuale.
Tuttavia, l’analisi della giurisprudenza (per la quale si rinvia alla precedente nota di
richiami) evidenzia che la novella non ha centrato il suo obiettivo e la certezza manca
affatto nella nuova disciplina della cancellazione delle società dal registro delle
imprese.
In particolare, limitandoci solo ad alcune delle pronunce più interessanti:
— Cass., sez. un., nn. 4060-4062 del 2010, est. Forte (Foro it., 2011, I, 1498), hanno
ritenuto che in virtù del novellato art. 2495, 2° comma, c.c., la cancellazione della
società di capitali e cooperativa dal registro delle imprese ne produce l’estinzione,
con efficacia costitutiva, indipendentemente dall’esistenza di crediti insoddisfatti o di
rapporti ancora non definiti; tale effetto estintivo è estensibile altresì, sia pur con
diversa efficacia, alle società commerciali di persone;
— e tuttavia, Cass., sez. un., n. 8426 del 2010, ancora est. Forte (id., Rep. 2010, voce
Società, nn. 875, 880), richiamata da Trib. Torino, ha sostenuto che il giudice del
registro che ritenga insussistenti le condizioni di legge per l’estinzione della società
di capitali oggetto della cancellazione iscritta su istanza degli amministratori (quale
conseguenza però del trasferimento all’estero della compagine societaria) può
ordinare che l’iscrizione di tale vicenda sia a sua volta cancellata con pubblicità
dichiarativa dell’inesistenza dell’estinzione (1);
— Cass., sez. trib., n. 7327 del 2012, in epigrafe, est. Cirillo, ha dichiarato, al pari
della prevalente giurisprudenza di legittimità, l’inammissibilità del ricorso per
cassazione proposto contro la società estinta, i suoi liquidatori e i soci, che sono
legittimati passivi di una nuova azione e non successori;
— Cass. 5 novembre 2010, n. 22547, est. Didone (ibid., voce Fallimento, n. 592), in
virtù dell’art. 10 l. fall. ha riconosciuto al liquidatore la legittimazione al
contraddittorio nel procedimento per la dichiarazione di fallimento di una società di
capitali cancellata, pur implicando detta cancellazione l’estinzione della società;
— Cass. n. 9943 del 2012, in epigrafe, nuovamente est. Forte, ha rimesso alle sezioni
unite la questione di massima di particolare importanza circa gli effetti della
cancellazione della società dal registro delle imprese nei processi in corso.
Questa ricognizione, se pur non esaustiva, ben evidenzia le incertezze presenti nella
interpretazione della nuova disciplina in ordine ai suoi punti nodali: il rilievo della
cancellazione e la possibilità di procedere alla sua cancellazione con eventuale
riviviscenza della società, il destino dei procedimenti pendenti e, in particolare, la
loro conseguente chiusura o prosecuzione, i soggetti ai quali spetti di proseguire il
processo in cui era parte una società, la conseguente qualificazione della domanda
proposta contro i soci e/o i liquidatori dai creditori ex art. 2495, 2° comma, c.c.
II. - Avendo particolare riguardo alla problematica degli effetti della cancellazione
della società sui processi pendenti, anteriormente all’ordinanza interlocutoria n. 9943
e a distanza di pochi giorni dalla difforme Cass. n. 7327 cit., la Cassazione, con la
pronuncia n. 7679, in epigrafe (e la coeva n. 7676, id., Mass., 405), ha rinvenuto nella
cancellazione della società dal registro delle imprese un evento estintivo equiparabile
alla morte della persona fisica che determina l’interruzione del processo con
conseguente applicazione delle norme di cui agli art. 299 ss. c.p.c. Inoltre ha
sostenuto, per la prima volta, che l’art. 2495, 2° comma, individuerebbe un’insolita
fattispecie di successione a titolo universale pro quota e condizionata all’acquisizione
da parte del successore in pectore di un diritto patrimoniale dalla società al momento
della chiusura della sua liquidazione, e quindi in realtà quando ancora in vita, sicché i
soci sarebbero successori a titolo universale della società, ma esclusivamente se e
nella misura in cui gli stessi abbiano ricevuto somme in sede di liquidazione (2).
La tesi sostenuta da Cass. n. 7679 è affatto singolare.
Lo si comprende appieno esaminando la motivazione nella parte in cui afferma che
«il legislatore, nell’art. 110 c.p.c., ha scelto il successore universale al solo fine di
proseguire l’attività processuale della parte venuta meno, perché una successione
universale c’è in ogni ipotesi di venir meno della parte, a prescindere dal fatto che il
successore sia anche tale quanto al diritto controverso. E tuttavia resta fermo che, in
linea generale, il socio — a differenza, per esempio, dell’erede che, in morte della
persona fisica, ha accettato l’eredità intra vires, con beneficio d’inventario — non è,
in quanto tale, un successore universale della società». Lo diventa, seppure intra
vires, nella specifica ipotesi disciplinata dalla legge, in cui egli abbia riscosso la quota
in base al bilancio finale di liquidazione.
Sembra, quindi, che la Suprema corte ritenga che nella sola ipotesi di cancellazione
della società non vi sia ragione di tutelare la parte processuale che non abbia dato
corso all’evento che ha determinato il mutamento soggettivo, come avviene in linea
di principio ad opera della disciplina della successione nel processo.
III. - La tesi, se pur opportunamente volta a individuare un successore del processo,
evitando che questo possa chiudersi con una pronuncia in rito o di cessazione della
materia del contendere, desta non poche perplessità.
In primo luogo, non può prescindersi dall’evidenziare le incolmabili differenze tra
morte della persona fisica e cancellazione della compagine societaria dal registro
delle imprese, che, lungi dal rappresentare un fatto naturale involontario determinante
conseguenze sulla stessa esistenza fisica del soggetto, è un evento volontario, al quale
consegue non già l’inesistenza fisica ma meramente giuridica di un ente e la perdita
della sua autonomia patrimoniale.
In secondo luogo, deve rilevarsi che la tesi della sez. trib. risolve esclusivamente il
problema dei processi pendenti in cui la società sia soggetto passivo e il socio abbia
effettivamente ricevuto una ripartizione al termine della liquidazione.
Diversamente, in ogni altra ipotesi sembra difettare una qualsivoglia successione,
così consentendo ad una società di estinguersi volontariamente pur nella piena
consapevolezza della sussistenza di un processo pendente. A parere dei
provvedimenti in epigrafe ciò porterebbe, ove l’estinzione dovesse intervenire in fase
di impugnazione, alla cessazione della materia del contendere (così la relazione del
Tribunale di Bologna qui riportata) ovvero ad una ancor più grave pronuncia di
chiusura in rito del processo (così App. Milano in epigrafe, ma anche Cass. n. 7327 e
le altre anteriori conformi che hanno affermato l’inammissibilità del ricorso per
cassazione proposto da o contro società estinta) con conseguente passaggio in
giudicato della sentenza impugnata, consentendo alla società di influire sul processo
attraverso un evento volontario indipendentemente da qualsivoglia diversa intenzione
della controparte (3). È evidente che tale situazione confligge con il senso di giustizia
sostanziale e con i principî della tutela giurisdizionale dei diritti (4).
Cass. n. 7679 consente la prosecuzione dei soli processi volti alla restituzione di
quanto ingiustamente ottenuto dai soci in sede di liquidazione e, quindi,
verosimilmente di quei processi aventi ad oggetto un’azione di condanna esperita nei
confronti della società successivamente cancellata. Sicché, al di là della stravaganza
di una simile ricostruzione e della circostanza che l’art. 2495, 2° comma, c.c. sembra
disciplinare una nuova azione proposta dai creditori nei confronti dei soci o dei
liquidatori (sul punto, v. sub § IV), la soluzione offerta è destinata ad un’esigua
cerchia di soggetti creditori della società mentre ritiene l’interesse del terzo diverso
da quello di ottenere la restituzione di una somma di denaro sacrificabile sull’altare
della certezza dei rapporti giuridici.
Un esempio chiarirà a quali soggetti si intende fare riferimento.
Ipotizzando che la società sia parte in un giudizio in cui si controverte circa la
proprietà di un bene, nel momento in cui intervenga la cancellazione della società, in
mancanza dell’attribuzione di una quota ad alcun socio, stando alla tesi di Cass. n.
7679, dovrebbe concludersi che la cancellazione della società ne ha determinato
l’estinzione in mancanza di un successore.
Sicché, non potrebbe il processo, per ipotesi giunto in fase di gravame, proseguire.
La definizione di questo processo potrebbe, stando alle pronunce in rassegna,
assumere una duplice forma: la chiusura in rito ovvero la cessazione della materia del
contendere.
Il primo caso, sostenuto dalla corte milanese (ma come rilevato conseguente alla
pronuncia di inammissibilità del ricorso per cassazione proposto contro la società, i
liquidatori o i soci effettuata da Cass. n. 7327, in epigrafe), determinerebbe il
passaggio in giudicato della sentenza impugnata, conclusione che giustifica una
dichiarazione di incostituzionalità della disciplina. In particolare, ove la sentenza
fosse favorevole alla società, alla controparte sarebbe sottratto il potere di impugnare
la sentenza ottenendone la riforma; inoltre, si aprirebbe la problematica delle
sopravvenienze attive, con conseguente valutazione della riapertura della liquidazione
ovvero comunione tra i soci; infine, poiché si configurerebbe un’attribuzione
patrimoniale dalla società ai soci, potrebbe ipotizzarsi a seguito del formarsi del
giudicato il realizzarsi di una successione di questi ultimi. Ove, invece, la sentenza
fosse sfavorevole alla società, certamente difetterebbe il requisito della successione
dei soci e, quindi, la sentenza che avesse disconosciuto il diritto di proprietà della
società passerebbe in giudicato, senza possibilità per i soci né tanto meno per i
creditori sociali di impugnare (per questi ultimi neppure potendosi configurare una
surroga rispetto ad un soggetto estinto).
Aderendo a tale tesi, opportunamente App. Milano ha, pertanto, sollevato la
questione di costituzionalità degli art. 328 c.p.c. e 2495 c.c. indicata nella massima in
epigrafe.
Escludendo, invece, che tale chiusura possa determinare il passaggio in giudicato
della sentenza impugnata per le ragioni ora evidenziate, ove si accolga la tesi
sostenuta dalla relazione del Tribunale di Bologna di chiusura del processo con
pronuncia di cessazione della materia del contendere, dovrebbe ritenersi che venga
meno ogni decisione precedente. In tal caso, la cancellazione determinerebbe un
pregiudizio per i creditori sociali, che perderebbero un bene suscettibile di rientrare
nel patrimonio della società e sul quale avrebbero potuto soddisfarsi.
Altri esempi non sfuggiranno certamente all’accorto operatore del diritto (5).
IV. - L’incertezza sulle conseguenze (sostanziali e) processuali della cancellazione
hanno, infine, condotto la Suprema corte (est. Forte, lo stesso estensore delle storiche
sentenze delle sezioni unite del febbraio 2010 e di altre pronunce successive in
materia) a rimettere, con l’ordinanza interlocutoria n. 9943 in epigrafe, gli atti al
primo presidente per una nuova pronuncia delle sezioni unite, affermando che su tale
questione vi sono almeno tre possibili soluzioni:
— l’inammissibilità del ricorso, per la notifica di esso a soggetto inesistente;
— la mancata estinzione sul piano processuale del soggetto societario anche in
ragione dell’affidamento nella sua esistenza dell’altra parte, determinato dalla stessa
condotta processuale in sede di merito e sostanziale della società cancellata. In
particolare, la Cassazione sembra ipotizzare problematicamente che l’omessa
comunicazione da parte della società costituita dell’evento estintivo della sua capacità
giuridica impedisca il verificarsi dell’interruzione del processo, determinando
un’ignoranza incolpevole dell’evento. Sembra emergere, tuttavia, il contrasto tra tali
conclusioni e il regime di pubblicità degli atti societari nel registro delle imprese, pur
ove a tale pubblicità voglia riconoscersi una mera valenza dichiarativa, e soprattutto
con la riconosciuta valenza costitutiva della cancellazione affermata dalla Suprema
corte con l’arrêt del febbraio 2010;
— il perdurare dopo l’estinzione di un patrimonio di scopo della società, costituito
dai rapporti pendenti o controversi alla data dell’estinzione e da sopravvenienze, da
assimilare all’eredità giacente, con facoltà del ricorrente di chiedere la nomina di un
curatore speciale, cui notificare l’impugnazione.
Premesso che appare ormai ius receptum la possibilità per la società di provocare la
propria estinzione attraverso la cancellazione volontaria anche in presenza di rapporti
giuridici pendenti, deve però escludersi che i rapporti giuridici in essere con la società
abbiano carattere intrasmissibile e quindi i processi pendenti si estinguano a seguito
della cancellazione volontaria con conseguente chiusura in rito.
La soluzione circa la prosecuzione dei processi pendenti è, tuttavia, difficilmente
individuabile sul piano positivo, posto che diversi indici inducono a ritenere che l’art.
2495, 2° comma, c.c. contenga la disciplina di una nuova azione, che i creditori
sociali possono esperire per ottenere la restituzione di quanto sia stato indebitamente
percepito dai soci in sede di liquidazione ovvero il risarcimento del danno subìto a
causa dell’ingiusto operato del liquidatore (6).
D’altro canto, sembra che la differenza tra estinzione della società e morte della
persona fisica sia ben presente al legislatore e alla Suprema corte. E infatti, l’art. 10 l.
fall. consente che sia dichiarata fallita anche una società cancellata riconoscendo al
liquidatore la rappresentanza processuale della società nel relativo procedimento,
invece esclusa in ogni altro procedimento in cui sia parte la società dopo la sua
estinzione. Inoltre, più volte, a fronte di pronunce di chiusura in rito del processo che
non avrebbe dovuto essere introdotto da o nei confronti di società ormai inesistente,
la società medesima è stata condannata alla rifusione delle spese.
Né va dimenticato che la società è cancellata d’ufficio dal registro delle imprese con
i medesimi effetti di cui all’art. 2495 c.c. anche ove per oltre tre anni consecutivi non
venga depositato il bilancio in fase di liquidazione (art. 2490, ultimo comma, c.c.,
come novellato dal d.leg. 6/03).
Appare allora quanto mai opportuna una pronuncia delle sezioni unite che faccia
chiarezza delle contrastanti affermazioni contenute nelle pronunce della Suprema
corte a sezioni semplici e a sezioni unite, al fine di delineare una disciplina coerente e
costituzionalmente orientata dell’evento estintivo.
La questione posta dallo stesso estensore delle pronunce che hanno codificato il
principio della estinzione con efficacia costitutiva a seguito della cancellazione della
società anche in pendenza di rapporti giuridici non è solo quella di comprendere chi
succeda alla società ma quella di verificare se la cancellazione della società determini
effettivamente un fenomeno estintivo sotto ogni profilo, con conseguente ma non
necessariamente connessa interruzione dei processi pendenti e successione di altro
soggetto nel diritto controverso, se invece debba escludersi qualsivoglia fenomeno
successorio, con conseguente estinzione di ogni rapporto giuridico pendente e
chiusura in rito del processo, ovvero infine se trattandosi di fenomeno volontario esso
debba essere trattato diversamente dalla morte della persona fisica ed escludere
l’interruzione del processo ovvero il sottrarsi dell’ente, sia pur formalmente estinto, al
processo pendente ed all’efficacia del conseguente giudicato, consentendone la
prosecuzione nei confronti del precedente liquidatore ovvero di un curatore speciale.
Ove alla luce delle nuove prospettazioni avanzate dall’ordinanza interlocutoria si
giunga alla conclusione che la cancellazione non è irreversibile o che i rapporti
giuridici sono gestibili al pari dell’eredità giacente, pur rinnegando in parte le novità
legislative e giurisprudenziali degli ultimi anni, potrà dirsi assicurata la tutela
giurisdizionale dei soggetti estranei alla cancellazione.
Diversamente, si ritiene urgente la dichiarazione di incostituzionalità della norma.
Va, però, rilevato che a fronte di Cass. n. 9943, è fondato il pericolo che la Corte
costituzionale dichiari inammissibile la questione, per non aver la corte milanese
rimettente vagliato tutte le possibili interpretazioni conformi a Costituzione.
DANIELA LONGO