Rassegna stampa del 10/12/2015

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Rassegna stampa del 10/12/2015
COMUNE DI SALA BOLOGNESE
Giovedì, 10 dicembre 2015
COMUNE DI SALA BOLOGNESE
Giovedì, 10 dicembre 2015
Cultura e Turismo
10/12/2015 Il Resto del Carlino (ed. Bologna) Pagina 42
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DISCOTECA NUOVA LUNA
Pubblica Amministrazione
10/12/2015 Il Sole 24 Ore Pagina 16
MATTEO MENEGHELLO
Il cemento taglia le emissioni
10/12/2015 Il Sole 24 Ore Pagina 23
ADRIANO LOVERA
Cresce il senior housing, «business» per il sociale
10/12/2015 Italia Oggi Pagina 26
Impianti elettrici, scossa Antitrust
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Total tax rate dal 62 al 58,2%
LORENZO ALLEGRUCCI
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Il Resto del Carlino (ed.
Bologna)
Cultura e Turismo
DISCOTECA NUOVA LUNA
Tavernelle di Sala Bolognese ­ T e l . 0 5 1
6815375 Tutte i giovedì: 3 sale Ballabili e balli
di gruppo con PAOLINO BOFFI + spazio
rock&boogie con scuola di ballo + discoteca
commerciale. Pizzeria all'interno del locale.
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Il Sole 24 Ore
Pubblica Amministrazione
Ambiente. Rapporto Aitec: meno inquinanti in atmosfera nell' ultimo triennio per effetto degli
investimenti promossi dall' industria
Il cemento taglia le emissioni
Abbattuti ossidi di azoto, ossidi di zolfo e polveri ­ Crescono i combustibili alternativi
MILANO Meno inquinanti in atmosfera,nell'
ultimo triennio, per l' industria nazionale del
cemento. Il traguardo è rendicontato dall'
ultimo rapporto di sostenibilità del settore
elaborato da Aitec, l' associazione italiana
tecnica economica del cemento. Un rapporto
che evidenzia un taglio delle emissioni di tutti i
principali parametri, non solo come
conseguenza della drastica riduzione della
produzione degli ultimi anni (anche il
perimetro del rapporto di sostenibilità si è
ridotto) ma soprattutto per effetto degli
investimenti di natura ambientale promossi
dall' industria, pari a 86 milioni nel triennio.
La riduzione delle emissioni, precisano i
curatori della ricerca, è specifica, valutata per
ogni singola tonnellata di clinker, quindi
indipendente dai livelli di produzione e dal calo
dovuto alla crisi. Il settore cementiero sta
attraversando il settimo anno consecutivo di
calo dei volumi di mercato, dai massimi
registrati nel 2007 (47 milioni di tonnellate) il
2015, con i suoi 19,3 milioni fa registrare un
calo complessivo del 60%. Il 2015, secondo le
rilevazioni congiunturali più recenti,
rappresenta probabilmente l' anno di minimo.
Per il 2016, sulla base anche delle variabili anticipatorie del ciclo edilizio e delle risorse destinate alle
opere pubbliche nei documenti di finanza pubblica, è stata elaborata una previsione di una lieve ripresa
dei consumi di cemento quantificabile nell' intervallo tra 0% e 2%.
In questi anni, come detto, non è comunque venuto meno l' impegno a minimizzare l' impatto
ambientale dei processi produttivi. In particolare, secondo i dati raccolti da Aitec, si osserva nel triennio
oggetto di analisi un abbattimento del 19,9% delle emissioni specifiche di ossidi di azoto, del 7,7% degli
ossidi di zolfo e del 35,3% delle polveri. I dati, come detto, sono rapportati alle unità di prodotto e
riguardano i kg (o i grammi) per tonnellata di clinker. Si tratta, nello specifico, di 1,56 kg/t per l' ossido di
azoto, di 120 g per tonnellata per l' ossido di zolfo, di 10,7 grammi per le polveri. Significativo anche l'
aumento dell' efficienza energetica media degli impianti: i consumi termici sono calati del 4%
raggiungendo valori pari a 3,6 gigajoule per tonnellata di clinker.
Il tasso di sostituzione delle materie naturali con scarti derivanti da altri processi industriali nel 2014 si è
attestato al 6,6%, in linea con i valori degli anni precedenti.
Nella produzione del cemento il 60% delle emissioni di Co2 proviene dalla decarbonatazione del
calcare: tale quota, definita di processo, risulta incomprimibile. La riduzione del consumo di combustibili
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fossili non rinnovabili e l' aumento dell' utilizzo di combustibili alternativi contenenti biomassa è l' unica
possibilità per il settore per ridurre le proprie emissioni di Co2. Nel triennio rendicontato la riduzione di
anidride carbonica evitata dal settore grazie all' utilizzo dei combustibili alternativi ­ che ha registrato un
incremento del 3% ­ sono state superiori a 700mila tonnellate, anche se in Italia la cosiddetta
«sostituzione calorica» si ferma al 13% rispetto alla media europea, pari al 30 per cento.
Per il futuro le principali sfide per la sostenibilità del settore restano comunque legate all miglioramento
dell' efficienza energetica degli impianti attraverso la riduzione del consumo di combustibili fossili non
rinnovabili e l' aumento dell' utilizzo di combustibili alternativi per diminuire ulteriormente le emissioni
specifiche di Co2.
A questi impegni si devono però accompagnare adeguate prospettive di sviluppo. Aitec ha
recentemente selezionato in un documento di denuncia e di proposta quindici opere incompiute italiane
(raccogliendole dall' elenco #Sbloccafuturo di Legambiente), evidenziandola necessità che il paese
ritorni ad investire in opere infrastrutturali: il valore complessivo di questi cantieri è di 14 miliardi. Se
portati a termine garantirebbero lavoro a circa 250mila persone.
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residenze per anziani
Cresce il senior housing, «business» per il sociale
Nel primo trimestre in Europa investimenti per 644 milioni nel settore. Uk leader
Vita media sempre più lunga e anziani ­
spesso con una capacità di spesa medio­alta ­
disposti a investire in soluzioni capaci di
sostenere a lungo la propria indipendenza.
Grazie a un aiuto per il disbrigo delle
incombenze quotidiane ma senza trascurare
un buon livello di indipendenza e di "socialità".
Ecco perché nel real estate cresce il ruolo del
"senior housing", ossia la progettazione di
stabili con appartamenti progettati
appositamente per questa fascia di persone,
che mettono a disposizione spazi per attività
comuni e una serie di servizi compresi nel
canone mensile.
Un trend che interessa praticamente tutto il
mondo occidentale, sospinto dai dati
demografici. Nell' Unione europea gli over 65
saranno il 20% della popolazione entro il 2025.
Questa fetta del mercato immobiliare, però, è
ancora molto frammentata, con vistose
differenze a seconda dei Paesi e del tipo di
soluzioni. «Esiste una certa discrepanza tra
Paesi del nord Europa, come quelli
Scandinavi, che pure hanno già una lunga
tradizione in materia, e il mondo
anglosassone, quindi Stati Uniti e Gran
Bretagna ­ afferma Angela Pavesi, esperta di social housing, docente presso il Dipartimento di
Architettura al Politecnico di Milano ­. Nei primi riveste un' importanza centrale l' investimento pubblico,
mentre le attività propriamente di mercato, promosse dai privati, sono più sviluppate nella seconda
area». In alcune zone, in sostanza, il senior housing è spesso sinonimo di social housing, pensato per
andare incontro a fasce svantaggiate, come età ma spesso anche come reddito.
Altrove, invece, operano società e fondi di grandi dimensioni, che investono milioni sul settore. Poco
omogenee sono anche i tipi di strutture, perché si va da appartamenti semplici con spazi di
aggregazione, pensati per chi è ancora autosufficiente, alle diffuse forme intermedie (chiamate home
care in Gran Bretagna, o nursing home in Danimarca) caratterizzate da piccoli appartamenti inseriti in
grandi strutture, tutte però associate alla fornitura di servizi come la riabilitazione o assistenza medica
vera e propria per chi ne ha bisogno.
Secondo Rca (Real Capital Analytics), in Europa le transazioni riguardanti complessi abitativi e
residenze sanitarie per i senior hanno toccato quota 644 milioni di euro nel primo trimestre dell' anno
(ultimo dato disponibile).
La parte del leone è appannaggio della Gran Bretagna, capace da sola di generare 1,9 miliardi di
scambi in un anno (dato relativo al periodo marzo 2014­marzo 2015), grazie alla presenza di grandi
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operatori americani. Pochi mesi fa, ad esempio, il fondo Usa Health Care Reit ha comprato un
portafoglio di undici residenze per il senior housing nel sud dell' Inghilterra per 257 milioni di dollari.
Negli Stati Uniti, il settore vola. Durante il terzo trimestre del 2015 si è toccato il record di nuovi cantieri
destinati al senior housing dal 2008, da quando il settore viene monitorato dal Nic (National investment
center for seniors housing and care): 44mila unità immobiliari in costruzione nelle 99 principali aree
metropolitane, pari al 5,2% dell' intero stock esistente.
Tornando all' Europa, in Svezia, su 9 milioni di abitanti, si contano circa 20mila unità, divisi per lo più fra
veri appartamenti (service flats) e stanze più simili a quelle di un residence (service house). La gran
parte viene assegnata dai Comuni per mezzo di bandi. Un caso a parte è il grande complesso
Tornhuset a Goteborg, dove invece gli abitanti sono proprietari degli appartamenti perché soci dell'
associazione fondatrice. Numeri ancora più alti in Danimarca (5,6 milioni di abitanti) dove legge, dal
1988, scoraggia la costruzione di case di riposo tradizionali e favorisce invece le abitazioni per anziani.
Oggi ce ne sono 40mila. Il modello più diffuso è la nursing home, strutture costituite in media da 80
piccoli appartamenti (non più di 60 mq), attrezzati con servizi di riabilitazione e attività ricreative. Sono
all' avanguardia, con modelli simili, anche l' Olanda e la Catalogna, in Spagna, con le sue vivienda
dotacional.
E in Italia? Non esistono statistiche, al massimo alcune "best practice". «Però il nostro è un modello
promettente ­ spiega la professoressa Pavesi ­ perché nel 99% dei casi il senior housing ricade sotto il
cappello generale dell' housing sociale, che ha un quadro normativo di riferimento chiaro». E
soprattutto, gode di finanziamenti misti pubblico privati, con Cdp in prima fila. Un ottimo esempio da
segnalare è il Borgo Sostenibile di Figino, alle porte di Milano, promosso da diversi attori, tra cui Fondo
Immobiliare Lombardia, Cdp Investimenti Sgr, Investire Sgr, Fondazione Housing Sociale e Fondazione
Cariplo. Riguarda la realizzazione di 323 appartamenti, da poco terminati, concessi in locazione o con
la formula "patto di futura vendita" soprattutto a redditi medio bassi.
Il 23% degli alloggi, dice il bando di assegnazione, viene riservato a nuclei di uno o due componenti
over 65, o dove ci sia almeno un over 75.
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l' authority: cambiare il ruolo delle asl nelle verifiche
Impianti elettrici, scossa Antitrust
L' Antitrust chiede la modifica della normativa
in tema di verifica della sicurezza periodica
degli impianti elettrici di messa a terra.
Attualmente tale attività è svolta dalle Aziende
sanitarie locali in aggiunta alle attività di
controllo e vigilanza svolte nel medesimo
settore «con conseguente alterazione dei
relativi equilibri competitivi». La richiesta di
modifica normativa è stata presentata ai
presidenti di camera e senato, nonché al
ministro della salute.
Il rinnovo di tale modifica legislativa, trae
origine dalla promozione della Asl Napoli 2
delle proprie attività di verifica della sicurezza
periodica degli impianti di messa a terra. Sulla
questione l' Autorità ha sempre manifestato la
propria contrarietà a tutte quelle previsioni
normative che consentono a un soggetto
titolare di funzioni di controllo, su un
determinato mercato, di operare nello stesso
anche come verificatore.
Infatti, nell' individuazione del soggetto a cui
richiedere i servizi soggetti a controllo, i fruitori
sono incentivati ad avvalersi dell' ente
istituzionalmente preposto all' esercizio della
funzione di controllo stessa «nella ragionevole
aspettativa di precostituirsi un rapporto
privilegiato con il soggetto controllore».
Secondo l' Antitrust prevedere un duplice ruolo in capo a un unico soggetto «determina sicuramente
una limitazione dell' efficacia stessa delle attività di controllo e certificazione, dato che tali attività
istituzionali sono condizionate da un potenziale conflitto di interessi e, pertanto, potrebbero essere
realizzate in assenza del fondamentale requisito di imparzialità della pubblica amministrazione».
Le verifiche periodiche sugli impianti elettrici di messa a terra costituiscono una prestazione d' opera
professionale, fornita dai soggetti abilitati dietro corrispettivo.
L' attività di verifica periodica è, quindi, attività privatistica posta in essere dall' Asl in concorrenza con
altre imprese private abilitate dalla legge. Diversa da tale attività è quella di controllo e di vigilanza sugli
impianti stessi affidata in via istituzionale alle Asl ai sensi del decreto legislativo n. 81/082. La
circostanza che l' Asl svolga contemporaneamente le attività di verifica e di vigilanza è suscettibile
pertanto di determinare una restrizione della concorrenza.
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Studio della Cna sull' impatto che avrebbe la misura (applicata al 100%) sulle pmi
Total tax rate dal 62 al 58,2%
È l' effetto della deducibilità Imu sui beni strumentali
GIOVANNI GALLI ­ Se venisse introdotta la
deducibilità al 100% dell' Imu sugli immobili
strumentali, il total tax rate medio sulle piccole
imprese scenderebbe di un colpo dal 62% al
58,2%.
A Reggio Calabria, la città dove il total tax rate
è più elevato (74,9%), il calo sarebbe di 9,5
punti, attestandosi al 65,4%. Questo quanto
emerge da uno studio curato dal Centro studi
e dal Dipartimento politiche fiscali della Cna.
«Se è vero che l' emergenza è finita, come il
governo assicura quotidianamente, e alcuni
indicatori economici, sia pure flebilmente,
confermano, la Cna ritiene indispensabile che
l' Imu sugli immobili strumentali sia totalmente
deducibile», dichiara il presidente nazionale
della Cna, Daniele Vaccarino, secondo il quale
«è una misura odiosa, perché colpisce beni
che in sé non danno reddito, ma sono
indispensabili a produrlo. E, cosa forse più
grave ancora, è una misura controproducente.
Rappresenta un ostacolo agli investimenti e
alla creazione di occupazione. Ed è per
rimuoverlo che la Cna chiede al governo che
dia un segnale forte contro questo ostacolo
allo sviluppo, concentrando sulla partita le
risorse disponibili nell' attuale fase di
discussione della legge di stabilità ed evitando
la dispersione tra tanti microinterventi di impatto irrilevante sull' economia».
Lo studio curato dalla Cna (si veda tabella in pagina) spiega che, se l' anno prossimo fosse consentita
la deducibilità totale dell' Imu sugli immobili strumentali, il total tax rate sulle piccole imprese
passerebbe in un sol colpo dal 62 al 58,2%.
E, come detto, l' effetto di questa correzione di rotta sarebbe molto evidente nei territori con maggior
peso della fiscalità locale. Reggio Calabria, la città dove il total tax rate è il più elevato (74,9%), sarebbe
destinata a beneficiare di un calo del 9,5%, attestandosi al 65,4%. Secondo Vaccarino «rendere
totalmente deducibile l' Imu sugli immobili strumentali costituirebbe una boccata di ossigeno per le
imprese, un volano per lo sviluppo, un intervento per rendere meno iniqua la tassazione tra una
provincia e l' altra.
Oggi i capannoni, i laboratori, i negozi, indispensabili agli imprenditori per le loro attività, spesso sono
tassati come fossero appartamenti di lusso. In aggiunta, è deducibile appena il 20% di quanto viene
pagato. Per rendere deducibile anche l' ulteriore 80% dell' Imu sulle imprese, secondo stime
ministeriali, sarebbero necessari 630 milioni. Soldi ben spesi».
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