Ecco come difendersi

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Ecco come difendersi
Numero Speciale
Organo ufficiale d’informazione della Federazione dei Verdi
Anno IV - n.133  lunedì 18 agosto 2008
Sped. in Abb. Post. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1 comma 1 DCB - Roma • Direttore responsabile: Enrico Fontana • Comitato editoriale: Giuseppe Trepiccione, Gianpaolo Silvestri (inserto Mappe) • Editore: undicidue srl, via R. Fiore, 8 - Roma
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Ogm, pericolo per tutto il mondo
Sul nostro pianeta vi sono oltre 114 milioni di ettari di coltivazioni geneticamente modificate
Andrea Drudi
[email protected]
Introducendo
nell’ambiente
organismi con
caratteri genetici
che provengono
da altre specie
e che non sono
stati verificati dai
meccanismi della
selezione naturale,
non si è in grado
di prevedere quali
conseguenze
potranno verificarsi
 a pagina 2 
Dall’insulina alla clonazione
Come si è arrivati al “cibo di Frankenstein” tra moratorie e violazione della biosicurezza
Q
Ecco
come
difendersi
I suggerimenti
e i consigli utili
delle associazioni
per una scelta
più consapevole
e libera
2
uando ebbero inizio le manipolazioni
genetiche di piante
e animali e con quale scopo? Stabilirlo con esattezza
è molto difficile, considerato
che il cosiddetto fenomeno
del “cibo di Frankenstein”,
come la stampa lo ribattezzò
quando comparve per la prima volta, ha una gestazione
lunga e per certi versi travagliata. Gli esperimenti preliminari furono quelli condotti
sui piselli da Gregor Mendel,
nella seconda metà del 1800.
Successivamente nacque la
teoria del gene negli anni ’30
e ’40 del ‘900 e fu elaborato il
modello della doppia elica di
Watson e Crick nel 1953.
Se tutti gli studiosi che abbiamo citato, e altri ancora,
hanno prodotto le basi teoriche per la rivoluzione dell’ingegneria genetica, la prima
irruzione concreta nella
“stanza dei bottoni” del Dna
L’Austria ha bloccato il contestato mais
Ogm della Monsanto Mon863. “Analisi di
laboratorio mostrano chiaramente che il
mais Mon863 produce segni di tossicità
per gli animali, ció nonostante la Commissione europea continua a permettere l’ingresso di questo Ogm nella filiera
alimentare”. È quanto afferma Federica
Ferrario, responsabile campagna Ogm
di Greenpeace. “È decisamente preoccupante che il sistema autorizzativo europeo per gli Ogm non riesca a identificare
questi pericoli, un chiaro segnale che una
riforma radicale è quantomai necessaria”.
Il Mon863 è nell’occhio del ciclone dal
maggio del 2004, quando il quotidiano
francese “Le Monde” informava che i topi
nutriti con questo mais transgenico mostravano cambiamenti nella composizione del sangue e possibili danni agli organi
interni. Nonostante le controversie di
natura scientifica, la Commissione europea nel gennaio 2006 ha permesso l’importazione di questo Ogm nel mercato
europeo per uso alimentare e mangimi-
Nel 1980 la Corte Suprema
degli Usa dichiara gli Ogm
brevettabili. Gli anni successivi
sono un susseguirsi di
manipolazioni per modificare
gli organismi: pomodori
sempre freschi, fragole che non
gelano, pecore che producono
farmaci nel loro latte, salmoni
giganti o a crescita rapida
può esser fatta risalire agli
anni ’70. è proprio a partire da questo periodo che gli
avvenimenti si susseguono
sempre più rapidamente:
nel 1969 vengono scoperti gli enzimi di restrizione,
cioè quelli che permettono
all’uomo di tagliare a proprio
piacimento il Dna, e nel 1973
viene costruita artificialmen-
L’Austria blocca
il mais Ogm Mon863
stico. L’ok è arrivato contro il parere della
maggioranza degli stati dell’Ue: a settembre del 2004, 14 Stati membri avevano
votato contro l’autorizzazione del mais
Monsanto, mentre solo 5 paesi avevano
dato parere favorevole. Investigazioni di
Greenpeace e ulteriori studi indipendenti, pubblicati nel marzo del 2007, hanno
confermato che fegato e reni dei topi
alimentati con mais MON863 venivano
danneggiati.
“è semplicemente inaccettabile che l’Unione europea anteponga gli interessi commerciali di aziende come la Monsanto alla
sicurezza dei cittadini europei. Il bando
austriaco e’ un esempio da seguire in Italia e in tutti gli stati europei” , ha concluso
Ferrario. 
te la prima molecola derivata
da pezzi di Dna provenienti
da organismi diversi (la famosa tecnica del Dna ricombinante).
Nel 1975 un gruppo di 55
scienziati riuniti a convegno
discusse tutti i possibili rischi
legati all’uso della tecnica del
Dna ricombinante e propose
la Moratoria di Asilomar, con
cui sono sospese per alcuni mesi tutte le ricerche nel
campo dell’ingegneria genetica, al fine di mettere a punto
delle norme di biosicurezza
adeguate.
Nel 1977, la Genetech, una
delle prime aziende a operare nel campo degli Ogm,
produce una proteina umana, la somatostatina (assurta
agli onori della cronaca come
componente della discussa
terapia Di Bella per la cura del
cancro), tramite un batterio
opportunamente modificato.
Con lo stesso sistema, l’azienda produrrà l’anno dopo l’insulina umana, che verrà commercializzata nel 1981.
Nel 1980 la Corte Suprema
degli Stati Uniti dichiara gli
Ogm brevettabili. Gli anni
successivi saranno un susseguirsi di nuove tecniche di
manipolazione e di organismi
di ogni specie modificati per
tutti gli usi: pomodori sempre
freschi, fragole che non gelano, pecore che producono
farmaci nel loro latte, salmoni giganti o a crescita rapida.
Nella seconda metà degli anni
’90 un buon numero di piante transgeniche diventa d’uso
comune nell’alimentazione
umana e viene coltivato su
milioni di ettari un po’ dappertutto. Nel 1997 viene clonata la pecora Dolly, alla quale seguiranno numerose altre
specie viventi. La clonazione,
tecnica sottoposta a un acceso dibattito e a un generale
rifiuto per quanto riguarda
la sua applicazione all’uomo,
ha dato risultati ambigui, in
quanto buona parte dei cloni animali ottenuti presenta
grossi problemi di salute e
malformazioni. Nel marzo
del 2000 Bill Clinton e Tony
Blair dichiarano che i risultati
del Progetto Genoma Umano, che ha portato al sequenziamento del Dna dell’uomo,
non possono essere sottoposti
a brevetto, e saranno di libero
accesso a tutta la comunità
scientifica. 
Ma i Verdi esistono ancora?
3
Riportiamo il discorso
di Grazia Francescato
all’assemblea nazionale
di Chianciano Terme,
18-20 luglio 2008
Quei misteri
artificiali
Troppe le manipolazioni,
troppi i vantaggi per le industrie produttrici. Pochi benefici invece per chi ne fa uso, il
più delle volte inconsapevolmente. Gli Ogm, organismi
geneticamente modificati,
mettono quotidianamente
a repentaglio la nostra alimentazione. Le norme Ue
sulla loro etichettatura impongono di indicare che si
tratta di alimenti ottenuti in
laboratorio se la quantità geneticamente modificata presente all’interno è superiore
allo 0,9 per cento del totale
ma ciò non basta, perché il
rischio è ingannare la clientela che vorrebbe acquistare
prodotti sani e finisce per essere invece male informata.
Senza saperlo si trova a mangiare mais e soia (tanto per
fare alcuni esempi) ottenuti
tramite “sapienti” lavori di
ingegneria genetica persino
dai virus. Notizie Verdi ha
spesso ospitato articoli relativi ai nuovi alimenti ottenuti
geneticamente in laboratorio,
per ribadire la piena sinergia
con tutte le associazioni ambientaliste e con il comitato
scientifico Equivita nella
lotta a tutto ciò che è “artificiale”. Lì dove per “artificiale”
si intende ciò che non è naturale, ma creato ad hoc da
un’équipe di chimici, biologi
e nutrizionisti che sembrerebbe quasi volersi sostituire
al lavoro tradizionale degli
agricoltori, che per anni hanno scelto in base alle condizioni della terra e del clima
cosa fosse giusto, secondo
natura, mangiare. Oggi dedichiamo un numero speciale
del giornale agli Ogm per
ribadire un no secco a quella
che prima o poi, se portata
all’eccesso, diventerà vera e
propria eugenetica dell’alimentazione. Qualcuno ha
visto negli organismi geneticamente modificati una
soluzione al problema della
fame nel cosiddetto Terzo
mondo perché la produzione
in serie di alimenti aumenterebbe notevolmente la possibilità di distribuirli su larga
scala; qualcun altro afferma
perfino che il loro utilizzo
farebbe diminuire quello dei
pesticidi chimici. Ma studi
condotti negli Stati Uniti
hanno dimostrato di recente
che così non é: gli alimenti
artificialmente creati in laboratorio e fatti crescere nelle
serre arricchiscono soltanto
le industrie biotecnologiche
che, attraverso il pagamento
annuale dei brevetti, controllano il mercato distruggendo
quella biodiversità che è la
vera ricchezza, soprattutto
nei Paesi in via di sviluppo. E
c’è di più: l’estrema incertezza delle conoscenze scientifiche nel campo della genetica, denunciata da numerosi
appelli di scienziati, fa sì che
gli effetti delle manipolazioni
siano largamente ignoti ed i
danni all’ambiente ed alla salute (già ampiamente documentati) costituiscano una
seria minaccia. Tutto questo
è abbastanza per non abbassare la guardia sul tema,
ribadendo semmai che chi
mangia Ogm non sa quel che
mangia. E non è uno slogan.
Questo numero di Notizie Verdi
è stato curato da Elida Sergi
2
lunedì 18 agosto 2008
Numero Speciale
Tutti i rischi per la salute umana
Un prodotto alimentare transgenico può provocare reazioni allergeniche ad oggi imprevedibili, ma da non sottovalutare
dalla prima
S
e ne parla sempre più
spesso, ma non tutti
sanno bene di cosa si
tratta. Gli Organismi Geneticamente Modificati sono
esseri viventi ottenuti inserendo nelle cellule materiale
genetico ad esse estraneo,
proveniente da piante, animali, batteri, virus, e perfino
da esseri umani. Questo tema
riguarda tutti in quanto la
nostra dieta comprende già
alcune piante che potrebbero
rientrare in questa categoria.
La soia e il mais sono state
le prime colture sottoposte
a modifiche genetiche e attualmente i brevetti depositati per specie geneticamente
modificate sono più di 2000.
Le biotecnologie sono una
delle frontiere più avanzate
della ricerca e della innovazione tecnologica, ma la ri-
cerca deve sempre essere valutata in base al rapporto tra
i costi e i benefici. Spesso gli
Ogm vengono descritti come
il futuro dell’agricoltura, ma
davanti ad una tecnologia del
genere è necessario fare alcune riflessioni. Data la complessità dei sistemi biologici,
introducendo nell’ambiente
organismi con caratteri genetici che provengono da altre
specie e che non sono stati
verificati dai meccanismi della selezione naturale, non si
è in grado di prevedere quali
conseguenze potrebbero verificarsi. Ad esempio, in ogni
momento è possibile che una
pianta modificata si incroci
per caso con piante coltivate
o spontanee dello stesso tipo
e diffonda un carattere che
potrebbe avere gravi conseguenze per la biodiversità,
sia naturale che agricola,
che rappresenta la vera ric-
sole nero
è italiano il pomodoro
anti-Ogm
Si chiama “Sun black”, il
pomodoro dalla buccia
nera e dalla polpa rossa
ricco di proprietà antiossidanti nato da un
progetto che ha coinvolto gli atenei di Pisa,
Modena, Reggio Emilia
e Tuscia e finanziato
dal ministero dell’Università e della ricerca
scientifica. Il Sun black,
varietà ottenuta senza
fare alcun ricorso a tecnologie Ogm, presenta una
buccia dalla colorazione viola tendente al nero. Il colore è dovuto alla presenza degli antociani, pigmenti
presenti in alcuni vegetali come l’uva nera o i mirtilli
che svolgono una potente azione antiossidante, utile a
rallentare l’accumulo di radicali liberi. Il pomodoro
nero, che conserva comunque la polpa di colore rosso
e mantiene inalterato il sapore, è stato ottenuto dall’incrocio tra diverse qualità di pomodoro ed è giunto al
secondo anno di raccolta. Il progetto ha due obiettivi:
il primo è relativo alla ricerca agroalimentare e a un
possibile ingresso del Sun black nel circuito commerciale. Il secondo è invece rivolto allo studio dei geni
coinvolti nel processo di produzione di antociani per
migliorare ulteriormente, senza ricorso a tecniche
Ogm, la componente nutrizionale degli alimenti.
Albania
Cresce l’import Ogm,
ma si esporta Bio
Crescono le importazioni di prodotti alimentari
compresi prodotti Ogm ma gli agricoltori albanesi
preferiscono produrre biologico ed esportare all’estero. I dati Istat indicano che solo nei primi 6 mesi di
quest’anno si sono importati prodotti alimentari
per 326 milioni di dollari mentre per l’intero 2007
il valore è stato di 523 milioni. Le grandi imprese di
commercializzazione immettono sul mercato quote
sempre più rilevanti di prodotti Ogm per “massimizzare i profitti” come accusano le associazioni dei
consumatori che invano si sono battute per impedire
l’arrivo di Ogm sulle tavole degli albanesi. Il paradosso è che le condizioni arretrate dell’agricoltura albanese hanno favorito una riconversione al biologico e
sempre più gli agricoltori preferiscono vendere agli
esportatori le produzioni locali. Cresce la presenza
di compratori da Italia, Germania e Inghilterra che
invece si orientano a comprare direttamente sul terreno con grande soddisfazione degli agricoltori.
chezza ambientale, dato che,
grazie alla diversità genetica,
ogni popolazione può avere
sempre qualche individuo in
grado di adattarsi a variazioni
dell’ambiente e al diffondersi
di epidemie.
Uno dei pericoli degli alimenti geneticamente modificati è quello dello sviluppo
di allergie, le nuove proteine
che si sviluppano negli Ogm
sono spesso generate da
geni completamente estranei all’alimentazione umana.
Queste nuove proteine, una
volta introdotte nella catena
alimentare, possono scatenare reazioni allergiche. Inoltre
gli scienziati non sono pie-
Gli Ogm non rappresentano
una soluzione alla fame del
mondo come annunciato
da diverse autorità politiche.
Al momento, non esiste
alcuna coltura geneticamente
modificata in grado di
rispondere alle esigenze delle
popolazioni più povere
namente a conoscenza delle
conseguenze a lungo termine,
poiché le colture Ogm esistono da un periodo di tempo
relativamente breve e non
c’è una sperimentazione adeguata per valutare eventuali
rischi per la salute umana.
Gli Ogm non rappresentano una soluzione alla fame
del mondo, come annunciato da diverse autorità politiche. Infatti al momento,
non esiste alcuna coltura
geneticamente modificata
in grado di rispondere alle
esigenze delle popolazioni
più povere. Un problema da
non sottovalutare è infine la
necessità che gli agricoltori
acquistino i semi ogni anno,
senza avere la possibilità di
riseminare una parte del raccolto dell’anno precedente,
arricchendo sempre di più le
multinazionali produttrici di
sementi Ogm.
In molti Paesi del mondo
esiste un quadro di riferimento normativo che regola
il settore Ogm, per garantire la biosicurezza. I principi
legislativi di riferimento a livello internazionale in tema
di biosicurezza sono contenuti all’interno del Protocollo di Cartagena. In Europa
il contesto normativo sugli
Ogm è basato sul principio
di precauzione. Nel mondo
vi sono oltre 114 milioni di
ettari di coltivazioni geneticamente modificate, oltre la
metà delle quali si trovano
negli Stati Uniti (51%) mentre ben l’87% di esse è nel
continente americano. Al
contrario in Europa le coltivazioni Ogm sono in pratica
assenti. Il 99% delle coltivazioni è concentrata in pochi
paesi: Stati Uniti, Canada,
Argentina, Brasile, Paraguay,
India, Cina, e Sud Africa. 
Ecco come difendersi
I suggerimenti e i consigli utili delle associazioni per una scelta più consapevole e libera
D
al mais alla soia, passando
per il cotone, la colza e il
tabacco. Gli organismi geneticamente modificati sono già tra
noi, anche se riconoscerli spesso è
difficile, quando non proprio impossibile. Alcune associazioni ambientaliste, tra le quali Greenpeace,
particolarmente attiva sul tema
degli Ogm, sono in grado di dare
consigli utili a tutti i consumatori
che vogliono evitare di acquistare
prodotti che contengano organismi
geneticamente modificati. Il primo
passo fondamentale per difendersi dagli Ogm è imparare a leggere
e decifrare le etichette, nonostante spesso contengano tante parole
astruse. “Attenzione – sottolinea
Greenpeace – quando ci si imbatte
in ingredienti come amido modificato di mais, sciroppo di mais (uno
dei dolcificanti industriali maggiormente diffusi), mono e digliceridi degli acidi grassi, destrosio,
lecitina di soia [E322] (usata nella
margarina, nella cioccolata, nelle
merendine, nei gelati) olio di soia,
olii vegetali, olio di mais: potrebbero essere tutte fonti di Ogm in
quanto derivati dalle due principali
colture geneticamente modificate.
Soia e mais, infatti, compaiono in
circa il 60% dei cibi confezionati.
Nella maggior parte dei casi soia e
mais vengono lavorati e trasformati
in derivati, come la lecitina di soia.
Uno dei dolcificanti industriali più
diffusi è lo sciroppo di mais, che
può derivare dal mais transgenico.
Tra gli impedimenti alla distinzione
dei prodotti alimentari che contengono Ogm – sottolinea Greenpeace – c’è anche il mancato obbligo di
etichettatura per latte, carne, uova
e formaggi che derivano da animali
nutriti con tali mangimi. L’etichettatura inoltre non è prevista nemmeno per gli additivi, le vitamine
e gli aromi ottenuti con l’ausilio di
microrganismi transgenici e questo
rende davvero molto difficile l’esercizio di una scelta libera e consapevole da parte dei consumatori
che vogliono l’assoluta certezza di
acquistare un prodotto che sia al
100% Ogm-free in ogni parte del
processo della filiera”. Resterebbe
solo da sperare che sia naturalmente il mercato a fare la sua scelta definitiva contro gli Ogm. La speranza arriva dalle notizie provenienti
dagli Usa, tra i principali produttori mondiali di organismi geneticamente modificati, dove secondo
uno studio dell’Università del Kansas, che ha analizzato la produzione della famosa corn belt america-
Il primo passo fondamentale per
difendersi è imparare a leggere e decifrare
le etichette, nonostante le tante parole
astruse. Attenzione quando ci si imbatte in
ingredienti come amido modificato di mais,
sciroppo di mais, mono e digliceridi degli
acidi grassi, destrosio, lecitina di soia [E322]
na negli ultimi tre anni, ha rilevato
che la produttività delle coltivazioni transgeniche (soia, mais, cotone
e colza) è stata inferiore rispetto ai
dati dell’epoca anteriore all’introduzione degli Ogm. Fino al 10%
in meno per la soia, un rendimento totalmente negativo per il mais
e rendimenti minori anche per le
altre coltivazioni: se consideriamo
che i semi geneticamente modificati sono molto più costosi di quelli
convenzionali, il bilancio per gli
agricoltori diventa disastroso. Risultati analoghi erano già emersi
in altri studi degli ultimi anni: nel
2007 l’Università del Nebraska documentò una resa della soia transgenica inferiore del 6% rispetto
alla soia convenzionale (entrambe
della medesima multinazionale) e
lo stesso ministero dell’Agricoltura
Usa nell’aprile 2006 presentò uno
studio che giungeva a conclusioni
simili. Insomma i segnali negativi
che arrivano dal mondo scientifico si vanno a sommare al parere
largamente contrario alla presenza di Ogm nella catena alimentare
dell’opinione pubblica e ad autorevoli prese di posizione istituzionali, tra le quali la Commissione
Diritti Umani delle Nazioni Unite,
che lo scorso fine aprile ha criticato l’impiego di prodotti transgenici in agricoltura, esigendo dai
governi iniziative urgenti a tutela
dei contadini di fronte alle multinazionali. 
lunedì 18 agosto 2008
Speciale Chianciano
3
Ma i Verdi esistono ancora?
Riportiamo il discorso di Grazia Francescato all’assemblea nazionale di Chianciano Terme, 18-20 luglio 2008
è
arrivato il momento di fare
autocritica collettiva e di riconoscere che anche noi, ieri
e oggi, ci siamo fatti contaminare e
corrodere da questi meccanismi, da
questi vortici
COSTRUIRE IL NOI: NON UN
OPTIONAL, UN MUST
è questo il cruciale SE cui accennavo prima, il SE che sta come la
pietra di volta a sostegno della costruzione, l’unica che puo’ davvero
impedire il crollo finale: il senso del
NOI. Se riusciamo a ricostruirlo, le
terapie elencate nella nostra mozione (nei quattro capitoletti finali da
“Una nuova fase per i verdi” a “Una
nuova organizzazione”) potranno
svolgere il loro ruolo terapeutico, se
non riusciamo “non credo che ce la
faremo”.
Dicevo nel 1999, quando sono diventata coordinatrice dei Verdi- e
poi l’ho sempre ripetuto come un
filo conduttore- che il principale
difetto dei Verdi era quello di essere “una gran bella collezione di IO,
ma senza un NOI”. Oggi potrei dire,
con amarezza, “una mediocre collezione di IO, tuttora senza NOI”.
È arrivato il momento di fare autocritica collettiva e di riconoscere
che anche noi, ieri e oggi, ci siamo
fatti contaminare e corrodere da
questi meccanismi, da questi vortici. Chi piu’, chi meno, qualche rara
avis per nulla, ma generalmente
siamo diventati troppo come gli
altri. Nelle parole desolate di una
militante ligure, Anna Stramigioli,
siamo stati e siamo “troppo simili a
troppi.” Una rinuncia alla differenza, alla diversità che suona come
una resa, un approdo alla politica
politicante poiché troppo difficile
è il navigare nel mare della politica
alta. Sorte che condividiamo con
tanta parte della sinistra e del centrosinistra – e motivo non ultimo
del collasso della coalizione- questo
venire meno delle identità politiche,
della tensione etica. Ma questo non
è motivo di sollievo, non possiamo
prender rifugio nel “mal comune,
mezzo gaudio”. A noi viene chiesto
di piu’ e di piu’ dobbiamo dare.
Ora, se guardiamo alla nostra storia
ventennale, vedremo che questo noi
è apparso e comparso, in modo altalenante, nella nostra storia, in qualche momento di grazia ha scintillato, poi si è appannato nelle miserie
della politica bassa. Oggi non è solo
augurabile, ma è tassativo riscoprirlo e consolidarlo perché è l’unica via
d’uscita dal tunnel: o moriamo tutti
insieme o tutti insieme torniamo
a vivere. Percio’ la parola d’ordine
è quella di kennediana memoria:
non chiedetevi cosa il partito puo’
fare per voi, ma cosa voi potete fare
per il partito. DARE e non PRENDERE è l’imperativo categorico. Se
ognuno di noi pensa solo a spolpare
l’osso fino all’ultimo, portandosi a
casa i residui e i frammenti rimasti,
siamo perduti.
Non solo la parte nobile in ognuno
di noi, ma anche un sano e intelligente egoismo dovrebbe farci capire che se TUTTI DIAMO TUTTO,
energie, capacità, soldi (si, anche
quelli, poi ne parliamo) per ricostruire il partito, tutti ne beneficeremo. Altrimenti se prevale l’egoismo della furbizia rispetto a quello
dell’intelligenza, non ci sarà “trippa
pei gatti”. Per nessun gatto. Ipotesi
che per noi animalisti dovrebbe essere traumatica...
Corollario di questi primi due punti, spiacevole per alcuni, musica per
le orecchie di altri, è che dobbiamo
allontanare o scoraggiare la permanenza nei Verdi di quelli che io
chiamo “i furbetti del partitino” (e
Dicevo nel 1999, quando sono diventata coordinatrice dei
Verdi, e poi l’ho sempre ripetuto come un filo conduttore, che
il principale difetto dei Verdi era quello di essere ‘una gran
bella collezione di IO, ma senza un NOI’. Oggi potrei dire, con
amarezza, ‘una mediocre collezione di IO, tuttora senza NOI’
del ministero), gli opportunisti di
professione, gli yesmen e i servi che
i meccanismi del potere inevitabilmente attraggono e che hanno avuto molto, troppo spazio nel partito
negli ultimi anni. È il momento che
i furbi vadano a casa e che si lascino
avanzare gli intelligenti, le persone
competenti, per bene, integre, che
in questo scorcio della nostra storia
sono stati non di rado umiliati, messi da parte e non valorizzati come
meritavano.
Terzo elemento che è imprescindibile per la risalita è la riorganizzazione del partito che dovrebbe
passare attraverso un diverso reclutamento (fine delle “signorie delle
tessere” e lancio di un sistema, che
dovremmo pensare nei dettagli, che
garantisca l’impegno autentico e
non strumentale di chi aderisce); un
rilancio della presenza territoriale
legata alle battaglie e ai risultati più
che al consolidamento dei “feudi”
locali; meccanismi di elezioni degli organismi di partito che lascino
davvero spazio e gioco politico alle
minoranze e al dissenso; individuazione trasparente e partecipata delle candidature per tutte le cariche
istituzionali che mettano in primo
piano la competenza, il rigore, la serietà, i risultati ottenuti e non l’appartenenza a questo o a quel clan, la
fedeltà personale (spesso interessata) a questo o a quell’esponente politico; contributi finanziari straordinari e graduati secondo i ruoli o gli
incarichi che permettano di mantenere gli attuali livelli di occupazione
e di rilanciare le nostre iniziative e
battaglie.
Non è il caso di entrare nei dettagli, ma sono tutti obiettivi che dobbiamo porci e conseguire entro un
anno. Perché l’orizzonte temporale
che ci dobbiamo dare per risalire la
parete è appunto UN ANNO: è il
tempo di questa risposta straordinaria e di un ritorno, speriamo, ad
una normalità che ci permetterà di
ripartire con una leadership riconosciuta e consolidata (e, per favore,
questa volta che ci sia parità di genere anche al vertice, dopo sette anni
tutti al maschile! Quindi uomo/
donna alla Presidenza e parità tassativa nell’Esecutivo e nel Consiglio
Nazionale) e da un’accurata analisi
politica e revisione programmatica
per approdare alla Costituente Ecologista che già avevamo deciso di
mettere in cantiere.
Questo nell’ipotesi che i risultati
elettorali delle europee e delle amministrative del 2009 non siamo
nuovamente disastrosi: nel qual
caso, ogni forma di accanimento
terapeutico risulterà inutile e dannosa e il declino del partito sarà
definitivamente sancito (potranno
restare in piedi alcuni livelli regionali e locali, si spera il piu’ a lungo
possibile, ma con difficoltà sempre
maggiori).
Per quanto riguarda, infine, le possibili alleanze, direi che in questo
anno di “risalita” l’obiettivo prioritario su cui accentrare tutte le nostre
forze dovrà essere quello di rimettere in piedi i Verdi: tutto il resto
viene dopo. Per aprire qualunque
trattativa con chiunque, bisogna
avere la testa alta e la schiena dritta;
per andare in qualunque direzione,
bisogna avere gambe forti.
Il che non significa che non dovremo tenere aperte le porte e rilanciare il dialogo con le altre forze politiche, ma senza precipitarci in scelte
frettolose e dettate dalla disperazione. Si puo’ anche pensare di saltare un turno elettorale, se non si è
pronti, piuttosto che ripetere esperienze di biciclette tipo “girasole”
o inventarsi escamotages elettorali
per superare gli sbarramenti, con
risultati fallimentari.
Non dobbiamo avere fretta: anche
gli altri partiti e aree politiche sono
impegnati in cantieri complessi e
faticosi e avranno bisogno di tempo
per elaborare le loro risposte politiche alla crisi che ha colpito tutto il
centrosinistra.
La rilettura dei mutati scenari politici globali, europei e nazionali
richiede tempi lunghi e un lavoro
di indagine e approfondimento che
deve coinvolgere non solo i partiti,
ma – come abbiamo sempre detto
- forze della società civile, movimenti, comitati, insomma tutta la
costellazione di soggetti che sappiamo (o che non sappiamo e dobbiamo andarci a cercare).
Noi Verdi siamo consapevoli che
dentro al partito ci sono anime
diverse che puntano in direzioni
diverse; ma in questo periodo di
transizione dobbiamo restare uniti,
compatti e determinati sull’obiettivo comune di far risorgere i Verdi e
non promuovere scissioni o divisioni, sia pure in base a scelte legittime
e rispettabili.
DIAMOCI IL TEMPO DELL’UNITÀ, ANCORA UNA VOLTA. Poi,
se il nostro Paese ci farà capire che
non ha più bisogno dei Verdi, se non
ci sarà più futuro politico per noi,
allora ognuno od ogni componente
sceglierà la strada che gli sembrerà
più consona e più rispondente alla
sua visione politica.
Questi mi sembrano gli elementi
che dovranno trovare spazio nella
nostra mozione e nel nostro congresso. Intorno a parole d’ordine
nuove che dovrebbero essere: RIGORE, SPIRITO DI SERVIZIO,
SERIETÀ, DISCIPLINA. Forse
medicine amare, ma per l’appunto
medicine.
Se vogliamo guarire - e contribuire
a far guarire il nostro malandato
Paese e pianeta - il momento richiede a noi per primi quel SALTO DI
QUALITÀ DELLA COSCIENZA
COLLETTIVA che da tempo richiediamo agli altri.
E adesso, vorrei dirvi qualcosa a
braccio, le cose che sento di dovervi
dire, dal cuore.
Dicono che io non rappresento il
rinnovamento perché non sono
“nuova”, sono nei Verdi da tanto
tempo.
È vero, è evidente che non sono
nuova, anzi sono ANTICA.
Sono da 38 anni nell’ambientalismo, quasi sempre con incarichi di
volontariato quindi non risponderò
– lo dico chiaro – a nessun insulto
e nessuna invettiva su questo tema
anche perché in genere nel mio radar non intercetto chi vola basso.
Voglio soltanto ricordare che anche quelli che si chiamano nuovi e
rinnovatori mi risulta che ci fossero
persino prima che arrivassi io.
Detto ciò, in questo partito c’è spazio per tutti e – ripeto – le proposte
vengono discusse e approvate da
tutti.
Ma a questo punto – pur sapendo
di parlare di corda in casa dell’impiccato – fatemi dire che c’è spazio anche per una persona su cui
si sono rovesciate giuste critiche e
giusti dissensi ma anche troppe accuse fasulle e di comodo, con una
specie di “sindrome di Piazzale Loreto”.
Questa persona è Alfonso Pecoraro
Scanio, che – pur non essendo obbligato a farlo - si è dimesso.
E non è neanche venuto, in questi
giorni, per delicatezza.
Pecoraro sta pagando per gli errori fatti. Ma chiunque sia un amico
e non un cortigiano – ed io amica
lo sono stata sempre, cortigiana
mai – non può trattarlo in questa
maniera.
La differenza tra amici e cortigiani
e che gli amici le critiche le fanno
prima, quando uno è al potere, e
non aspettano che sia per terra per
sputargli contro.
Io non sono certo Biancaneve, come
mi avete soprannominato 8 anni
fa. A parte il fatto che Biancaneve
era un tipetto abbastanza simpatico, perché è riuscita a farsi amici
7 nani, è sopravissuta alla mela avvelenata e si è anche rimediata un
principe azzurro, sia chiaro che io
non sono né Biancaneve né la Strega cattiva. Perché io rispetto tutti
in questo partito e non ho invettive
contro nessuno. Ma pretendo identico rispetto.
Infine vorrei ribadire che garantirò
la massima autonomia. Lo farò perché sono così , non perché mi serve
o perché mi è conveniente.
Anche perchè questo è il mio ultimo anno da presidente, dall’anno
prossimo, infatti, cederò la leadership. Lo farò, e voi lo sapete che
sarà così. Come ho fatto nel 2001,
andandomene senza che nessuno
me lo chiedesse e senza avere in
cambio altri incarichi.
Tra un anno, insieme, consegneremo la leadership ad una giovane
donna ed un giovane uomo – ristabilendo finalmente la parità di genere – ed io mi potrò occupare di
un argomento che mi sta a cuore: le
energie del futuro.
In chiusura voglio confermare che
– se eletta - garantirò la piena autonomia e il rispetto di tutti, maggioranze e minoranze.
Quando si tratterà di decidere sul
più cruciale e difficile dei quesiti –
nella fattispecie: le alleanze – per
evitare che capiti qualche smemorato che sta in esecutivo, ha un
voto, ma poi se lo dimentica senza
usarlo mai contro, io coinvolgerò
tutti i delegati del Consiglio Nazionale, in una ampia consultazione,
anche usando le mail ed il web, per
chiedere a ciascuno di loro una opinione precisa. Perché solo in questa
maniera si può realizzare una partecipazione reale e non fittizia.
Questo farò se sarò eletta, questo
faremo insieme - maggioranza e
minoranza - perché ancora una volta noi dobbiamo ritrovare il tempo
dell’unità e non dell’unanimismo.
Perché se esiste un interesse che ci
lega insieme non è certo quello di
casta o di convenienza, ma è la passione e l’amore per quella bandiera
– il sole che ride - che ci ha visti
uniti per tanto tempo nelle nostre
battaglie.
Grazia Francescato
baleniera 220x335
1-02-2008
19:20
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ACCETTARE IL DENARO DELLE AZIENDE E DEI GOVERNI SAREBBE TRADIRE NOI STESSI.
Noi non lo faremo mai. Per non limitare, in nessun modo, le nostre azioni. Proprio per
questo, abbiamo bisogno del tuo aiuto. Per rimanere quello che siamo sempre stati.
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