il low cost ci rende tutti più poveri

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il low cost ci rende tutti più poveri
D.A.ITALIA 111 DICEMBRE 2016
IL LOW COST CI RENDE TUTTI PIÙ POVERI
La
consapevolezza
del
consumatore è in forte
aumento e i clienti non
acquistano più a scatola
chiusa, hanno a disposizione strumenti per verificare in tempo reale cosa
gli stanno vendendo e si
informano correttamente
prima dell’atto d’acquisto.
Questa sopraggiunta maturità è importante, perché
chi acquista un prodotto o
un servizio è in grado di fare
il salto di qualità finale, affinarsi nel giudizio e rendersi
finalmente conto che il
prezzo basso (low cost) non
sempre è un affare, anzi, il
più delle volte rappresenta
l’esatto contrario.
Non ci spingiamo troppo in
avanti come fa il professor
PierLuigi del Viscovo (già
docente di Sistemi di distribuzione e vendita presso
la LUISS), che nel libro dal
titolo “Perché il low cost ci
rende più poveri” racconta
il lato meno seducente del
fenomeno dei bassi prezzi.
Però è senz’altro vero che
ogni volta che ci sembra
di fare un grande affare,
in realtà stiamo comprando qualcosa di qualità
e valore aggiunto inferiore.
L’illusione è identificare
un acquisto che vale più di
quanto costa, più del prezzo
pagato per averlo. Ci sentiamo “furbi” se la convenienza è sbilanciata a nostro
favore, anche se ovviamente
è impensabile che produttori e distributori non trovino
un consistente guadagno
anche nella vendita di prodotti e servizi low cost.
Il problema principale è che
la logica dei bassi prezzi
crea una spirale che trascina al ribasso tutta l’economia. Se un consumatore
vuole acquistare un paio di
scarpe da 60 euro, pagandole 10, deve accettare che
quel prodotto contenga una
manodopera
economica,
disponibile solo in paesi
in cui il livello generale
dei prezzi è più basso del
nostro in termini di stipendio, sicurezza sul lavoro e
tutele sindacali. Gli effetti
del low cost sull’economia e
sull’occupazione, nel medio
periodo e su larga scala,
frenano lo sviluppo e diseducano le persone a percepire la qualità. Abbassando
il prezzo di beni e servizi
per renderli più accessibili,
si finisce per determinare
poca qualità, minore reddito per le persone e, più
in generale, nessuna motivazione di accedere a beni
e servizi migliori, determinando un appiattimento dei
consumi.
Questa è l’era del low cost
che, con l’illusione di rendere accessibile tutto a
tutti, produce e distribuisce
povertà.
Il paragone con il mercato del vending è diretto e
immediato. Il basso prezzo
a qualunque costo impoverisce tutti e colpisce al
cuore (con buona pace
dell’Antitrust) proprio il
consumatore finale. I pessimi risultati della concorrenza senza freni sui listini
sono sotto gli occhi di tutti.
Possibile che non s’inizi
a ragionare sulla qualità,
sulla professionalità, sui
materiali, sugli stipendi,
sulla soddisfazione dei
bisogni? Guardare solo al
prezzo finale è stupido e
insensato.
La sfida è passare nel più
breve tempo possibile dal
low cost al prezzo corretto, uno scambio equo
tra produttore, distributore
e consumatore, in cui tutti
trovano benefici. Basta
con gli appalti pubblici
senza senso, basati solo
EDITORIALE DI ALESSANDRO FONTANA
sulla logica del prezzo, che
determinano una qualità
scadente. Vogliamo finire
come le grandi opere edilizie? Il cittadino risparmia
se poi cadono i ponti?
Il vending è una grande
eccellenza italiana: se naufraga nella logica del low
cost, non si salverà e perderà per sempre l’eredità
lasciata dai pionieri di questo settore.
IL
QUESTA
È L’ERA
CONCETTO
DEL
LOW
CHIAVE
È COST CHE,
CON
L’ILLUSIONE
CHE
SE UN
DI
RENDERE
GESTORE
ACCESSIBILE
TUTTO
È
SODDISFATTO,
A
TUTTI,
PRODUCE
SI
FIDELIZZA
E
DISTRIBUISCE
E
CONTINUA
POVERTÀ.
A COMPRARE.
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