TAR CALABRIA di CATANZARO

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TAR CALABRIA di CATANZARO
MASSIMA: “1. Anche nel caso di revoca legittima degli atti della
procedura di gara, ed a maggior ragione qualora non sia neppure stato
adottato un legittimo provvedimento di revoca, ma la stazione
appaltante abbia semplicemente rifiutato la stipulazione del contratto,
può sussistere una responsabilità precontrattuale della p.a. per
l’affidamento suscitato nella impresa sulla disponibilità di un titolo che
l'abilitava ad accedere alla stipula del contratto stesso.
2. Il comportamento tenuto dall'amministrazione fonda la responsabilità
ex art. 1337 c.c. ove risulti contrastante con le regole di correttezza e di
buona fede, e ove tale comportamento abbia ingenerato un danno in
chi ha incolpevolmente fatto affidamento nella legittimità dell'azione
della stazione appaltante. In tal caso il risarcimento riguarda il solo
interesse negativo (spese inutilmente sostenute in previsione della
conclusione del contratto e perdite sofferte per non aver usufruito di
ulteriori occasioni contrattuali), mentre non è risarcibile il mancato utile
relativo alla specifica gara d'appalto revocata, invece da considerare in
caso di revoca illegittima.
3. Per la quantificazione del danno risarcibile occorre fare riferimento,
come sopra esposto, alle spese inutilmente sostenute in previsione
della conclusione del contratto ed alle perdite sofferte per non aver
usufruito di ulteriori occasioni contrattuali. Tutte le voci di danno devono
essere provate, non potendo la valutazione equitativa supplire ad un
difetto di prova, ma solo ad una impossibilità di quantificazione precisa
di un danno certo.
4. L’esame della sussistenza del danno da perdita di chance interviene:
- o attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta
attraverso elementi probatori;
- o attraverso una articolazione di argomentazioni logiche, che, sulla
base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducono a
concludere per la sua sussistenza;
- ovvero ancora attraverso un processo deduttivo secondo il criterio del
c.d. "più probabile che non", e cioè "alla luce di una regola di giudizio
che ben può essere integrata dai dati della comune esperienza,
evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali".”
TAR CALABRIA di CATANZARO – SENTENZA
23 maggio 2012, n. 502
- Pres. ff. Iannini – est. Andolfi
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 929 del 2009, proposto da:
Soc. Ne-T By Telerete Nordest Srl, rappresentato e difeso dall'avv.
Alberto Cartia, con domicilio eletto presso Antonio Servino in
Catanzaro, via Pugliese N. 30;
contro
Comune di Scalea in Persona del Sindaco P.T., rappresentato e difeso
dall'avv. Luigi Crusco, con domicilio eletto presso Maria Gemma
Talerico in Catanzaro, via Schipani, 110 (Pal. Petrucci); Regione
Calabria in Persona del Presidente P.T., rappresentato e difeso
dall'avv. Mariano Calogero, con domicilio eletto presso Mariano
Calogero in Catanzaro, c/o Avv.Ra Reg.Le V. Cassiodore 52;
per l'accertamento
del diritto della Società ricorrente al risarcimento dei danni subiti a titolo
di responsabilità precontrattuale, nonché all’integrale refusione delle
spese sostenute, in ragione della mancata stipulazione del contratto
d’appalto, nell’ambito della Procedura negoziata per la Progettazione e
realizzazione della Rete Civica PIT n. 1 Alto Tirreno Cosentino”, indetta
giusta Determinazione n. 63/LP del 20.10.2008 del Responsabile
Servizio LL.PP. del Comune di Scalea, ed aggiudicata alla Società
ricorrente, come comunicato giusta Nota Prot. n. 18171 del 21.11.2008
a firma del Responsabile Servizio LL.PP. del Comune di Scalea, oltre
rivalutazione
ed
interessi
legali
dal
21.11.2008,
data
dell’aggiudicazione, all’effettivo soddisfo;
e per la conseguente condanna
del Comune di Scalea all’integrale refusione delle spese sostenute in
vista dell’esecuzione dell’appalto aggiudicato, nonché al risarcimento
integrale dei danni ingiustamente subiti dalla ricorrente, oltre
rivalutazione ed interessi legali dalla domanda al saldo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Scalea in Persona
del Sindaco P.T. e di Regione Calabria in Persona del Presidente P.T.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 aprile 2012 il dott. Antonio
Andolfi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
La ricorrente Società Ne-T By Telerete Nordest s.r.l. ha partecipato alla
procedura ad evidenza pubblica indetta dal Comune di Scalea per la
“Progettazione e realizzazione Rete Civica PIT n. 1 Alto Tirreno
Cosentino”, giusto Avviso n. 412 del 8.4.2008, in esecuzione della
Determinazione n. 12/LP del Responsabile dei Lavori Pubblici del
29.2.2008, formulando rituale offerta, ai fini dell’aggiudicazione della
gara.
Con Determinazione n. 61 del 16.10.2008 del Responsabile Servizio
LL.PP., il Comune di Scalea ha annullato in via di autotutela la
procedura di gara in itinere.
Successivamente, attesa la necessità di pervenire all’affidamento
dell’appalto, con Determinazione n. 63/LP del 20.10.2008 del
Responsabile Servizio LL.PP. il Comune di Scalea ha indetto nuova ed
ulteriore Procedura negoziata per la “Progettazione e realizzazione
Rete Civica PIT n. 1 Alto Tirreno Cosentino”, in ordine alla quale la
Società Ne-T By Telerete Nordest s.r.l. ha formulato ritualmente la
propria offerta.
Con Nota Prot. n. 18171 del 21.11.2008 a firma del Responsabile
Servizio LL.PP. del Comune di Scalea, la Stazione appaltante ha
comunicato alla Società Ne-T By Telerete Nordest s.r.l. l’intervenuta
aggiudicazione della procedura negoziata in questione.
Con Sentenza n. 327/2009 depositata in data 22.4.2009, il TAR
Calabria – Sez. di Catanzaro – ha rigettato il ricorso giurisdizionale
interposto dalla Soc. ITS Information Tecnology System S.r.l.,
confermando la legittimità dell’autoannullamento della prima procedura
di gara, già delibata in sede cautelare.
Nonostante l’aggiudicazione definitiva, il Comune non ha proceduto alla
stipulazione del contratto, per cui la società aggiudicataria, dopo aver
inutilmente diffidato il Comune a concludere il contratto, propone il
seguente ricorso, notificato anche alla regione Calabria, per chiedere la
condanna del Comune di Scalea all’integrale refusione delle spese
sostenute in vista dell’esecuzione dell’appalto aggiudicato, nonché al
risarcimento integrale dei danni ingiustamente subiti dalla ricorrente,
oltre rivalutazione ed interessi legali, dalla domanda al saldo.
Il Comune di Scalea, con controricorso, chiede il rigetto della domanda
risarcitoria, per infondatezza, dovendo essere esclusa alcuna condotta
scorretta del Comune che non ha potuto concludere il contratto per
mancanza di copertura finanziaria. Infatti, nonostante ripetuti solleciti, la
Regione Calabria non ha mai corrisposto al Comune i fondi previsti
nell’ambito del POR Calabria 2000-2006. In via subordinata, secondo il
Comune, dovrebbe essere accertata la responsabilità della Regione
che dovrebbe essere condannata a risarcire il danno subito dalla
impresa ricorrente, tenendo indenne il Comune.
La regione Calabria si è costituita in giudizio con memoria di stile.
Il Collegio, condividendo il consolidato orientamento della
giurisprudenza, è dell’avviso che, anche nel caso di revoca legittima
degli atti della procedura di gara, ed a maggior ragione qualora, come
nella fattispecie, non sia neppure stato adottato un legittimo
provvedimento di revoca, ma la stazione appaltante abbia
semplicemente rifiutato la stipulazione del contratto, può sussistere una
responsabilità precontrattuale della p.a. per l’affidamento suscitato nella
impresa sulla disponibilità di un titolo che l'abilitava ad accedere alla
stipula
del
contratto
stesso.
Il
comportamento
tenuto
dall'Amministrazione fonda la responsabilità ex art. 1337 c.c. ove risulti
contrastante con le regole di correttezza e di buona fede, e ove tale
comportamento abbia ingenerato un danno in chi ha incolpevolmente
fatto affidamento nella legittimità dell'azione della stazione appaltante.
In tal caso il risarcimento riguarda il solo interesse negativo (spese
inutilmente sostenute in previsione della conclusione del contratto e
perdite sofferte per non aver usufruito di ulteriori occasioni contrattuali),
mentre non è risarcibile il mancato utile relativo alla specifica gara
d'appalto revocata, invece da considerare in caso di revoca illegittima
(Consiglio di Stato, sez. VI, 05 settembre 2011, n. 5002).
Nella fattispecie controversa, ritiene il Collegio che sia ravvisabile la
dedotta violazione dell’obbligo di buona fede nelle trattative contrattuali,
non essendosi il Comune assicurato la disponibilità della copertura
finanziaria prima di procedere all’indizione della procedura, nonostante
esistesse una convenzione con la regione Calabria per il finanziamento
dell’appalto che prevedeva un’anticipazione di una prima rata del 30 per
cento già dalla data della stipula della convenzione di finanziamento. La
scorrettezza del Comune nei confronti della ricorrente risulta anche
dalla condotta tenuta dopo la scadenza del termine del 31.12.2008 per
la realizzazione dell’intervento previsto dal POR; sebbene avvertito
tempestivamente dal responsabile del coordinamento del PIT 1 Alto
Tirreno Cosentino (nota del 25.2.2009) della proroga al 30 giugno 2009
della data finale di ammissibilità delle spese finanziabili in base al POR
2000-2006 (Decisione Commissione Comunità Europee del 18.2.2009),
il Comune ha lasciato scadere anche quest’ultima opportunità di
finanziare il progetto, riscontrando l’atto di diffida dell’impresa con nota
del 24.3.2009 nella quale ha affermato di non poter proceder ancora
alla stipulazione del contratto d’appalto dovendo attendere la
comunicazione formale della proroga dei termini di realizzazione del
progetto da parte della Regione in quanto la comunicazione del
responsabile del PIT 1 “non ha valenza giuridica” ed essendo pendente
il ricorso proposto da altra ditta innanzi a questo TAR avverso
l’aggiudicazione dell’appalto alla odierna ricorrente. Il Comune, quindi,
anziché adoperarsi per accertare, anche solo consultando la G.U.C.E.,
la veridicità della comunicata proroga dei termini, ha preferito attendere
una comunicazione ufficiale da parte della Regione; inoltre, nonostante
questo TAR avesse rigettato, in sede cautelare, l’istanza di
sospensione dell’aggiudicazione (ordinanza n. 72 del 15.1.2009) ha
ritenuto di dover attendere la sentenza definitiva, peraltro intervenuta di
lì a breve, perdendo anche l’ultima occasione di perfezionare il contratto
d’appalto. La scadenza del termine finale per il finanziamento della
fornitura ha reso, quindi, obbligata la decisione del Comune di rifiutare
la conclusione del contratto, per mancanza di copertura finanziaria. La
legittimità del rifiuto non esclude, peraltro, la responsabilità
precontrattuale, per l’accertata scorretta conduzione delle trattative con
l’aggiudicataria, la cui buona fede è stata ingiustamente carpita. Non
può essere accolta neppure l’eccezione comunale secondo cui la
responsabilità della mancata conclusione del contratto dovrebbe
ricadere sulla Regione che non ha ascoltato le reiterate istanze del
Comune per la concessione del finanziamento, trattandosi di soggetto
estraneo alla vicenda negoziale, nei cui confronti il Comune potrà,
eventualmente, rivalersi in separata sede.
Per la quantificazione del danno risarcibile occorre fare riferimento,
come sopra esposto, alle spese inutilmente sostenute in previsione
della conclusione del contratto ed alle perdite sofferte per non aver
usufruito di ulteriori occasioni contrattuali.
Tutte le voci di danno devono essere provate, non potendo la
valutazione equitativa supplire ad un difetto di prova, ma solo ad una
impossibilità di quantificazione precisa di un danno certo.
La ricorrente chiede innanzitutto il risarcimento di tre voci di spesa: per
acquisizione del software dai propri fornitori (per euro 41.423), per
impiego del personale nell’ambito del progetto ( per euro 35.425) e per
lo sviluppo del software funzionale alla realizzazione della rete civica (
euro 72.380); complessivamente, dunque, le spese sostenute
ammonterebbero ad euro 149.228.
La domanda, in questi termini, non può essere accolta.
Le spese vive risarcibili sono limitate alle spese sostenute per la
partecipazione alla gara.
Devono essere escluse dal risarcimento, pertanto, tutte le spese di
esecuzione dell’appalto sostenute dall’impresa aggiudicataria prima
della stipulazione del contratto, non sussistendo, nella fase
precontrattuale, alcun obbligo di acquisire il software, svilupparlo ed
impiegare in tale attività il proprio personale. Tali spese, di
conseguenza, devono restare a carico dell’impresa che ha iniziato a
lavorare sulla progettazione della rete oggetto d’appalto prima della
conclusione del relativo contratto.
La domanda risarcitoria deve, invece, essere accolta limitatamente alle
spese vive documentate ed al costo del personale sostenuti al solo fine
della formulazione dell’offerta tecnico-economica. Tali spese sono
analiticamente descritte nella “scheda di sintesi dei costi sostenuti per
formulazione e presentazione offerta” (doc. n. 24 allegato al ricorso) e
risultano provate, con la documentazione allegata, per un importo pari
ad euro 14.863,55.
Così delimitato il danno emergente risarcibile, deve decidersi sull’altra
componente di danno per cui la ricorrente chiede il risarcimento, il lucro
cessante da interesse contrattuale negativo, pari alle occasioni di
guadagno perse per effetto dell’inutile coinvolgimento in trattative
precontrattuali che avrebbe impedito all’impresa interessata di
concludere altri contratti, altrettanto o maggiormente vantaggiosi
(cosiddetta perdita di 'chances').
Come ritenuto dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato (cfr. Consiglio
di Stato sez. IV, 7 febbraio 2012, n. 662), l'esame della sussistenza del
danno da perdita di chance interviene:
- o attraverso la constatazione in concreto della sua esistenza, ottenuta
attraverso elementi probatori;
- o attraverso una articolazione di argomentazioni logiche, che, sulla
base di un processo deduttivo rigorosamente sorvegliato, inducono a
concludere per la sua sussistenza;
- ovvero ancora attraverso un processo deduttivo secondo il criterio,
elaborato dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, del c.d. 'più
probabile che non' (Cass. civ., n. 22022/2010), e cioè 'alla luce di una
regola di giudizio che ben può essere integrata dai dati della comune
esperienza, evincibili dall'osservazione dei fenomeni sociali' (Cass.,
sez. III civ., n. 22837/2010).
Applicando quest’ultimo criterio, il Collegio - a fronte delle vicende che
hanno seguito l'intervenuta aggiudicazione definitiva, tutte volte a
dimostrare pienamente il persistente e forte interesse della ricorrente
alla stipulazione ed esecuzione del contratto - ritiene di poter assumere
come comprovata la sussistenza di tale voce di lucro cessante
(secondo il criterio del 'più probabile che non'), determinando per essa
l'entità del risarcimento nella misura del 2% del valore dell'appalto, a
sua volta determinato sulla base dell'offerta economica presentata al
seggio di gara (Cons. Stato, sez. V, 6 aprile 2009 n. 2143).
In conclusione il ricorso deve essere accolto nei limiti sopra indicati e,
per l’effetto, deve disporsi la condanna dal Comune resistente al
risarcimento del danno subito dalla ricorrente per inutile coinvolgimento
in trattative precontrattuali nella misura di euro 14.863,55
(quattordicimila ottocento sessantatre,55), a titolo di danno emergente
pari alle spese sostenute per la partecipazione alla gara, più il 2 % del
valore dell’offerta presentata in occasione della gara, a titolo di perdita
di chance.
Sulla sorte capitale andrà calcolata la rivalutazione monetaria secondo
gli indici Istat a decorrere dal 30.6.2009, data di perfezionamento della
responsabilità precontrattuale, nonché gli interessi legali sul ritardato
pagamento del debito di valore, aventi natura compensativa perché
tendenti a reintegrare il patrimonio del danneggiato qual era all'epoca
del prodursi del danno, da computarsi non sulla somma integralmente
rivalutata, ma separatamente, die pro die, sino al saldo.
Le spese di giudizio seguono il criterio della soccombenza, nella misura
liquidata in dispositivo, nel rapporto processuale tra ricorrente e
Comune, mentre sono da compensare nei confronti della Regione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria (Sezione
Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe
proposto, lo accoglie, nei limiti indicati in motivazione e, per l’effetto,
condanna il Comune di Scalea al risarcimento del danno cagionato alla
ricorrente, nella misura indicata in motivazione.
Condanna il Comune di Scalea al rimborso delle spese processuali
sostenute dalla ricorrente, nella misura di euro 4.000,00 (quattromila)
oltre accessori dovuti per legge.
Compensa, per il resto, le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità
amministrativa.