Il laboratorio EmiliaRomagna

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Il laboratorio EmiliaRomagna
9/12/2015
Il Sole 24 Ore
IMPRESA E TERRITORI
Il Sole 24 Ore
09 DICEMBRE 2015
Relazioni industriali. I gruppi di lavoro del metodo Kaizen hanno trovato una perfetta sintesi con il
vecchio pansindacalismo
Il laboratorio Emilia­Romagna
Così il sistema industriale è uscito dal Novecento per approdare alla post­modernità
bologna
Non è importante di che colore sia il gatto, l’importante è che prenda i topi.
Nell’organizzazione industriale e nelle relazioni industriali l’Emilia­Romagna è un
laboratorio – tutt’altro che asettico e neutrale, ma simbolicamente pregnante e
“politicamente” impegnativo – in cui le esperienze più diverse si giustappongono e si
appaiano – di rado si contrappongono e confliggono – nella ricerca di nuovi punti di
equilibrio della produttività industriale (e sociale).
Qui si trova la suggestione del modello tedesco, con il mito della centralità del sindacato.
Grandi gruppi sono scesi dalla Germania alla ricerca di marchi (Ducati e Lamborghini
prima di tutto) e di terzisti da integrare nelle loro filiere di fornitura europee: oggi in
questa regione, secondo Unioncamere Emilia­Romagna, hanno un azionista di controllo
tedesco 132 aziende per un fatturato consolidato di 3,5 miliardi di euro.
Qui ci sono i sostenitori della rivoluzione leggera in fabbrica – lean production, metodo
Kaizen e world class manufacturing – per i quali il sindacato potrebbe anche non
esistere. Una assenza teorica che in Emilia­Romagna è impossibile. In una ventina di
imprese sono state applicate tecniche lean nelle diverse fasi aziendali: oltre alla Ducati e
alla Lamborghini, ci sono Sergio Rossi (calzature di lusso) e Baltur (caldaie e
bruciatori), Intertaba­Philip Morris e Gd (produzione macchinari), Marini­Fayat Group
(impianti) e Chiesi Farmaceutici, Gambro­Baxter (farmaceutica) e Alpi (soluzioni per
arredamento), Dvp (produzione pompe) e Interpuls (produzione macchinari per la
mungitura), Mgm (vino) e Focchi (facciate di architetture complesse), Inver­Valspar
(vernici industriali) e Sorin (farmaceutica), Neri Motori (produzione motori asincroni) e
Parmalat, Technogym e Webasto (sistemi termici).
E, poi, c’è la Fiom. E che Fiom. A fine 2014, secondo gli ultimi dati disponibili, gli
iscritti erano 72mila, su 170mila occupati nell’industria metalmeccanica. Nel voto per
l’Rsu dell’ultimo triennio sono andati alle urne 54.500 addetti (su 84mila potenziali): la
Fiom ha preso 45.600 voti. All’ultimo rinnovo, su 2.488 delegati eletti, 2.157 sono stati
della Fiom. «L’effetto “frullatore” – dice Massimiliano Panarari, politologo del Mulino
– con tanti ingredienti diversi che vengono inseriti nella ricetta e alla fine danno un esito
omogeneo e con un gusto originale e buono rappresenta bene la transizione emiliana che
è, insieme, uscita dal Novecento e approdo alla post­modernità. L’uscita dal Novecento
significa che il sindacato deve fare i conti con la fine della società dei partiti, di cui il
Pci era in Italia un pezzo fondamentale, e con la fine antropologica dell’operaio­massa a
favore del lavoratore­individuo. Post­modernità significa invece un approdo pieno e
convinto alla globalizzazione, che comporta il capitale delle fabbriche emiliano­
romagnole anche in mano agli stranieri e l’introduzione di tecniche di organizzazione
industriale e di affinamento della produttività che potrebbero ridimensionare
drasticamente il ruolo dei sindacati».
La peculiarità emiliano­romagnola è, appunto, la sintesi fra queste due anime. Il vecchio
pan­sindacalismo ormai ultra­pragmatico ed efficientista e i gruppi di lavoro del metodo
Kaizen. Un esempio è la Ducati. L’ingresso dal 2012 in Audi ha reso ancora più centrale
il sindacato, che è subito entrato nel coordinamento internazionale dei sindacati del
gruppo e ha favorito la nascita di un sindacato in Thailandia, nella fabbrica Ducati di
Rayong. Oggi a Borgo Panigale nella Rsu la metà è Fiom e l’altra metà è Uilm e Fim.
«Per noi il rapporto con il sindacato – spiega Luigi Torlai, direttore del Personale e della
Responsabilità sociale – è una leva strategica al rialzo. Oggi operiamo su 21 turni a
settimana, sabato e domenica inclusi. Il che ci ha ripagato gli investimenti. E abbiamo
costituito due gruppi di miglioramento Kaizen: uno sul magazzino e uno sulle
lavorazioni meccaniche. Quest’anno abbiamo risparmiato 360mila euro, che vengono
L’ANALISI Panarari (Il
Mulino): «L’effetto
frullatore con ingredienti
diversi alla fine ha dato
un esito omogeneo con
gusto originale»
CORRELATI
Contratti
pubblici, il 17
dicembre la
riforma dei
comparti
riparte da
quattro
Concordato,
il giudice può
sempre
valutare la
causa della
proposta
Concordato,
il giudice può
sempre
valutare la
causa della
proposta
«Art Bonus,
la cultura del
mecenatismo
richiede
tempo»
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ripartiti per un terzo all’azienda, per un terzo in investimenti sulla linea e per un terzo ai
lavoratori». In questo meccanismo si ribalta il leit­motiv del ti pago meno e tu fai meno,
a favore del ti pago di più se tu fai di più. «L’anno prossimo – aggiunge Torlai – i
gruppi di lavoro Kaizen diventeranno dieci».
Al di là delle questioni nominalistiche, esiste una cifra pragmatica del sindacato
emiliano­romagnolo. «Le discussioni vanno portate sempre al dunque – riflette Valerio
Bondi, responsabile dell’organizzazione regionale e delle politiche contrattuali in Fiom –
e, laddove viene assegnato un ruolo alla contrattazione, la palla non va mai gettata in
tribuna». Questo metodo si colloca in un contesto storico preciso: «In Emilia­Romagna –
dice Bruno Perpignani, segretario regionale della Fiom – prevale ancora un approccio di
governo dei processi. Anche se tutto questo andrà misurato con il post­crisi».
La proiezione verso il futuro appare, dunque, obbligata. «Gli incrementi di efficienza
prodotti dalla lean production – assicura Michele Bonfiglioli, la cui famiglia con la
Bonfiglioli Consulting è stata la prima, nel 1998, a importare queste tecniche in Emilia­
Romagna – permettono alle imprese di questo territorio di adeguare le loro performance
agli standard richiesti dalla globalizzazione. Certo, la lean nasce in ambienti non
sindacalizzati. E, dunque, con un sindacato robusto e orgoglioso come quello italiano
servono coinvolgimento e chiarezza su efficienza, ergonomia e condizioni di lavoro».
Il problema del coinvolgimento è tanto più sentito nelle piccole e nelle medie imprese. Il
Gruppo Fava di Cento, in provincia di Ferrara, è formato dalla Fava Spa (impianti per la
pasta) e dalla Baltur (bruciatori per caldaie e caldaie). In tutto consolida 160 milioni di
euro e ha 480 addetti. Dal 2005 ha introdotto gradualmente tecniche lean, non
limitandosi soltanto alla parte industriale ma estendendole anche agli uffici. «All’inizio
c’erano delle perplessità – ricorda Riccardo Fava – anche perché il lean era totalmente
sconosciuto al sindacato. Quando poco alla volta si sono visti i risultati, anche
quest’ultimo ha superato i suoi dubbi». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Paolo Bricco
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