Renzi “gela” la sinistra: a luglio mi occuperò anche

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Renzi “gela” la sinistra: a luglio mi occuperò anche
ANNO LXII N.42
Renzi “gela” la sinistra:
a luglio mi occuperò
anche della giustizia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Non ne possiamo più di Fabio Fazio,
la Rai ne prenda atto.
Ridateci Bonolis…
Francesco Signoretta
Fazio ne deve prendere atto, il
suo non è un Festival di Sanremo
e non è neanche un talent show
come Amici. Il suo è un tentativo
– peraltro riuscito male – di fare il
gioco di una certa sinistra snob,
quella per intenderci che, per
darsi un tono, finge di innamorarsi
di presunti artisti che avrebbero il
progressismo nel sangue. In sostanza, gli Hollande della musica,
gli Obama delle sette note, i
Renzi della città dei fiori. Fatte
salve pochissime eccezioni, le
canzoni in gara non venderanno
neppure un cd, non sono piaciute
e basta farsi un giro sul web per
capirlo. Fioccano le vignette contro Fazio, battutacce del tipo “San
Francesco faceva parlare gli uccelli, San Remo fa cantare gli animali”, molti sottolineano gli euro
che metteranno in tasca i conduttori «e hanno anche il coraggio di
farci il predicozzo sulla disperazione di chi lavora e non ce la
fa». Si sono formati anche gruppi
contro Fazio, «non lo vogliamo»,
«se ne deve andare». E i dati di
ascolto, in picchiata rispetto allo
scorso anno, vanno a completare
d’Italia
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il quadro. Che senso ha un Festival
così? Nessuno. Le avvisaglie,
però, cʼerano state già nella precedente edizione, che viene ricordata
solo per i fischi a Crozza, chiamato
sul palco a imitare Berlusconi, con
la platea stufa della persecuzione
mediatica messa in atto dai comici
di sinistra. In più, gli ascolti – sia
pure in calo – sono stati salvati unicamente dal tam-tam sulla presenza di Grillo in teatro e fuori, la
gente era incuriosita e non è un
caso se nella prima parte della se-
giovedì 20/2/2014
rata non cʼè stato il crollo che poi si
è verificato col passar dei minuti.
Diciamoci la verità: o Fazio non è
allʼaltezza della situazione, non
regge le serate e non sceglie bene
le canzoni badando solo al tornaconto politico, oppure non rispecchia il gusto della stragrande
maggioranza delle persone, poco
incline ai falsi rivoluzionari della
musica che sembrano usciti dai
centri sociali e di cui non ricordano
nemmeno il nome (eppure li chiamano big). In entrambi i casi, il
conduttore dovrebbe prenderne
atto e con lui anche i vertici della
Rai. Ridateci Bonolis e magari
anche Morandi, che almeno hanno
avuto il merito di rilanciare il mercato discografico. Le furbate le
hanno fatte anche loro, intendiamoci, ma con maggiore stile. Con
Bonolis ci fu lo scandalo della canzone di Povia Luca era gay e in
sala non cʼera Grillo ma Franco
Grillini (anche i cognomi riservano
scherzi). Povia uscì vincitore, alla
faccia del politicamente corretto.
Con Morandi le polemiche scoppiarono per Celentano, che però non
ne uscì bene per alcuni scivoloni
verbali. In compenso, le canzoni
erano di livello e hanno avuto successo. Qui invece dobbiamo accontentarci di Fazio e della
Littizzetto: troppo poco, davvero
troppo poco. Il gioco non vale la
candela.
Perché dicono che Arisa vincerà il Festival? Semplice,
è unʼicona gay antiberlusconiana
Girolamo Fragalà
La sua canzone non entrerà
nella storia della musica italiana, non è un granché, lʼinterpretazione non è stata
eccellente. Ma a leggere i giudizi dei critici (di sinistra) Arisa
è stata fantastica, inimitabile,
perfetta, una voce da incanto,
chi sarà mai Mina di fronte a
lei? Un coro unanime, comʼè
unanime il coro a favore di
Renzi e come fu quello a favore di Monti. Lei la donna
della provvidenza sanremese
dopo due uomini della provvidenza politica. È da giorni che
Arisa è data per favorita (o comunque nel piccolo ventaglio
dei favoriti), il voto della giuria
di qualità per lei è scontato,
viene coccolata dagli scommettitori che – furbi – hanno
puntato su di lei. Un motivo
cʼè, la cantante ha due stellette al merito. Innanzitutto è
unʼicona gay e di questi tempi
– tra favole omosessuali insegnate negli asili e storielle di
pinguini maschi innamorati tra
loro – va di moda. E Arisa
aveva già conquistato i cuori
degli opinionisti di sinistra per
alcune dichiarazioni accolte
con entusiasmo. Al settimanale “A”, infatti, ha dichiarato:
«Sto con un uomo, ma se
fossi bisex? Mi innamoro
spesso della testa di alcune di
loro, però il sesso è unʼaltra
cosa, non lʼho mai fatto. Sì, in
passato ho ricevuto delle
avances dalle donne, ma ora
che vorrei provare non me le
fa più nessuno. Charlize Theron e Kate Winslet sono i miei
ideali femminili». In altre occasioni ha detto di sentirsi «un
poʼ maschio» e quindi di avere
«un lato gay», per poi arrivare
a schierarsi a favore dei matrimoni omosessuali (in un
video di Condividilove ha lanciato lʼappello: «Sposatevi!»).
Tutto questo è in perfetta linea
con il politicamente corretto
imposto goccia dopo goccia
dalla sinistra nel nostro Paese.
Ma forse il merito maggiore di
Arisa è di aver fatto una dichiarazione di fuoco nel corso
della trasmissione di Radio2
Un giorno da pecora: «Chi se
ne frega di come Berlusconi
se ne andrà, lʼimportante è
che se ne vada». Perfetto.
Bene, brava, bis. Parole che
garantiscono un occhio di riguardo sulle critiche dei giornali e una chance in più di
vittoria al Festival. Ma Sanremo è Sanremo e cʼè sempre
lʼincognita dellʼultimo minuto.
E magari anche la “prescelta”
di Fabio Fazio potrebbe scendere dal podio.
Renzi dopo lʼincontro con il Cav: «Aluglio affronterò
il tema giustizia». E il Pd trattiene il fiato…
Secolo
2
Corrado Vitale
Il partito delle toghe, dei giacobini
arrabbiati e degli amici di Travaglio & C. forse avrà un poʼ di dispiaceri tra qualche mese.
Matteo Renzi ha infatti annunciato che in luglio affronterà i
«problemi della giustizia». Di per
sé non ci sarebbe nulla di strano,
visto che tutti (magistrati compresi) affermano che si tratta di
una delle prime questioni nazionali. Senonché i soliti malpensanti hanno subito messo in
relazione questa apparentemente “innocua” dichiarazione
con il lungo colloquio avuto poco
dal premier in pectore con Silvio
Berlusconi, un faccia a faccia che
GIOVEDì 20 FEBBRAIO 2014
d’Italia
è peraltro circondato da un piccolo
giallo: secondo indiscrezioni giornalistiche riferite dal tg del La7 i
due leader hanno voluto rimanere
per cinque minuti da soli e hanno
pertanto pregato i rispettivi collaboratori di uscire dalla stanza. Ce
ne sarebbe quanto basta per imbastire un retroscena sontuoso. E
infatti una delle domande più pressanti dei giornalisti a Renzi è stata
relativa proprio a una possibile richiesta del Cav sullo scottante
tema. Il presidente incaricato ha
ovviamente smentito. «Non cʼè
alcun ragionamento con Forza Italia su questo», si è limitato a dire il
leader del Pd, aggiungendo soltanto queste generiche considera-
zioni: «Il tema della giustizia non
è quello che avete trattato negli
ultimi 20 anni, ma sono i problemi
dei cittadini a casa quando hanno
un problema con i ritardi dei pagamenti nella Pubblica Amministrazione, il sistema che non
funziona». Insomma, una scontata cortina fumogena, volta presumibilmente a disattivare sul
nascere qualsiasi, possibile fuoco
di sbarramento. Ma la sensazione
che qualcosa di clamoroso stia
bollendo in pentola rimane forte.
Anche perché è significativo il
fatto che il premier incaricato
abbia inserito il tema giustizia nel
programma dei suoi primi cento
giorni. Staremo a vedere. Al mo-
La rete incorona Matteo come miglior “comico”
per la battuta “Beppe esci dal blog”.
Ma cʼè poco da ridere…
Luca Maurelli
Molti hanno visto, in pochi hanno capito il
senso di quello che accadeva in quella
stanza nebulosa in cui due ectoplasmi
umani dai contorni indefiniti litigavano
come i bambini allʼasilo davanti al panierino, in attesa della maestra che, purtroppo, non sʼè vista. Ma alla fine tutti si
sono fatti unʼidea chiara, precisa, incontrovertibile di quei cinque minuti di confronto tra Grillo e Renzi. Chi tifava per
Beppe gli ha tributato gli onori della vittoria, chi da prima era con Matteo lo ha incoronato asfaltatore indiscusso, chi invece
non tifava è rimasto solo un poʼ deluso,
forse schifato, per lʼassoluta mancanza di
qualsiasi riferimento alla politica, al Paese,
ai problemi reali, in quel nevrotico duello a
rimbeccarsi sulla voce. Inutile tastare sui
social network il polso del Paese per capire chi abbia vinto il duello in streaming
tra Grillo e Renzi. “Renzi asfaltato da
Grillo”, “Grillo schiantato da Renzi”, si
legge quasi in un ordine geometrico, a
righe alternate, con lʼintromissione rara
degli osservatori neutrali che bacchettano
a turno i due per il triste spettacolo messo
in scena. Lʼopinione più diffusa tra i commentatori politici è che Renzi ne sia uscito
da “statista”, per il tentativo di discutere di
programmi e di contenuti, ma che al contempo abbia fatto la figura del “pirla” per
essersi lasciato intrappolare dal leader dei
Cinque Stelle in quel siparietto di accuse
incassate nel tentativo di strappare un poʼ
di benevolenza in Parlamento verso il suo
governo. Di Grillo, invece, tutti sottoli-
neano la straordinaria aggressività, la cattiveria, lʼarroganza, in coerenza con lo spirito “distruttivo” che segna la sua azione
politica. Tutta roba che ha scaldato i cuori
dei suoi seguaci, il popolo del “no” a tutto
ciò che abbia a che fare con la politica romana, quelli che alla casta riservano, da
tempo, il trattamento dellʼodio, dellʼastio,
del rancore. Forse il commento migliore
della giornata, un poʼ piccante, è quello di
una tal Gaia che su Twitter, in pieno dibattio su chi ha vinto, fa notare: “Sembriamo
i musicisti del Titanic, mentre si affonda
siamo qui che stabiliamo chi ce lʼha più
lungo tra Renzi e Grilloʼ”. Come darle
torto?
Di sicuro sul web cʼè unanimità su chi ha
sciorinato le migliori battute in quello show
di avanspettacolo visto in streaming. Su
tutto, vince la battuta di Renzi, “Beppe dai,
esci dal blog”, o quella “ma per caso va
male la prevendita del tuo show?” (che ha
strappato una risata allo stesso comico ligure). Grillo ha fatto meno ridere, ma ha
colpito nel segno quando ha raccontato la
storia dei rimborsi del suo parlamentare
Roberto Fico, che da presidente della Vigilanza Rai “ha speso solo 138 euro e
forse ha fatto la cresta giusto su un paio
di euro” (e qui ha riso Del Rio, seduto accanto a Renzo). Ma in rete si sono letti
anche giudizi più arguti. Il Grande Lebonsky spiega che “come al solito ci guadagna la vecchia volpe Berlusconi, che in
autunno farà cadere il governo per vincere
le elezioni”. E forse non ha tutti i torti nemmeno lui.
mento è assai eloquente il silenzio di Largo del Nazareno; al contrario di quello che invece hanno
subito dichiarato Brunetta e
Leone del Ncd; che hanno commentato positivamente il riferimento di Renzi al tema. Al Pd
saranno sicuramente in molti a temere un nuovo, ancor più deflagrante,
capitolo
della
rottamazione ideologica inaugurata dal loro vulcanico leader.
Berlusconi annuncia unʼopposizione
dialogante e rilancia sulla legge elettorale
Gloria Sabatini
Per un attimo intorno a mezzogiorno il pirotecnico Beppe Grillo, reduce dal comizio-show davanti allʼAriston, ruba la scena a Berlusconi quando si diffonde la notizia (poi smentita dallʼufficio stampa
del Pd) che Matteo Renzi avrebbe rifiutato la diretta streaming della
consultazione con la delegazione Cinquestelle, che poi si terrà con
esito disastroso. Renzi fa la stessa concessione di Bersani quando
ricevette lʼincarico (poi fallito) di trovare la maggioranza per un esecutivo mai nato. Fuori dal palazzo intanto un nugolo di giornalisti e
decine di fotografi aspettano lʼuscita del Cavaliere (che ha aperto
il secondo giorno di consultazioni con Renzi) dalla porta dʼingresso
dei gruppi parlamentari per una foto che vale oro. Novanta minuti
di faccia a faccia tra lʼex premier e il premier incaricato, tanto è durato il colloquio con il leader di Forza Italia che annuncia unʼopposizione costruttiva e rilancia sulle riforme. Dialogo sì, appoggio no.
«Sui singoli provvedimenti, se li riterremo favorevoli al Paese diremo sì, altrimenti no, se non sono per gli interessi degli italiani».
Nessuna novità sulla rotta di Forza Italia, se non per il tono paterno
che Berlusconi sfodera nei confronti del giovane Matteo, 39 anni
anni e tante cose da imparare («Lʼho rassicurato sul semestre europeo…»). Nel nome della governabilità, prima parola scandita
nelle dichiarazioni alla stampa nella sala Aldo Moro, lʼex premier
punta a un ruolo di baricentro negli equilibri politici dopo la resurrezione garantita dallʼintesa con Renzi sullʼItalicum. Un accordo che
definisce «sofferto» e illuminato, «noi abbiamo aderito a delle richieste, quelle ad esempio sugli sbarramenti, che sono scesi a dei
livelli che noi pensavamo non dovessero essere così bassi», dice
rilanciando i punti chiave dellʼagenda forzista: presidenzialismo, riforma della giustizia e modifica della Consulta (in mano alla sinistra), abolizione del Senato. Berlusconi conferma di non avere
nessuna intenzione di dedicarsi ai nipotini e lasciare alle nuove leve
il partito. Da grande comunicatore regala una perla ai cronisti passando compiaciuto sotto il quadro che ritrae Napoleone. Ma la carica innovatrice di Renzi non sembra essere percepita dallʼopinione
pubblica, almeno a giudicare dai commenti dei passanti “sequestrati” dalle forze dellʼordine davanti alla sede dei gruppi parlamentari. «Basta fateci passare, qua non cambia mai niente. Stiamo
ancora alle prese con i soliti nomi, Bersani, Prodi, Berlusconi…
Pure Renzi, tutti uguali».
Boom di crimini economici: ne è vittima
unʼazienda italiana su quattro
GIOVEDì 20 FEBBRAIO 2014
Secolo
d’Italia
Valter Delle Donne
Corruzione e crimini economici,
un'azienda su quattro in Italia
ne è vittima (una su tre a livello
mondiale), il danno in molti casi
va da 1 e 75 milioni di euro. E il
colpevole è quasi sempre, almeno in Italia, un senior manager tra i 41-50 anni. A rivelarlo è
PwC nella Global Crime Survey
2014 un'indagine condotta sul
fenomeno delle frodi economico-finanziarie attraverso oltre
5000 interviste in 95 paesi che
hanno coinvolto anche 101
aziende italiane. In Italia le frodi
sono cresciute in soli due anni
dal 17% al 23% ma restiamo
sotto la media globale del 37%
di aziende colpite vicina quindi
a paesi come Turchia, Perù,
Hong Kong/Macao, Giappone,
Portogallo, Danimarca, Arabia
Saudita. Per il 65% dei casi si
tratta di appropriazione indebita
ma si fanno largo anche il cyber
crime e le frodi contabili (22%).
A subire il maggior numero di
frodi sono le aziende del settore
manifatturiero, (67%), energia e
utilities (43%), trasporto e logi-
stica (40%), servizi finanziari
(28%). «Abbiamo però rilevato
una crescente sensibilità e un
maggior impegno nella fase di
prevenzione da parte delle
aziende. Infatti è cresciuto il numero delle organizzazioni che
negli ultimi 24 mesi ha effettuato
un fraud risk assessment (dal
54% al 70%)» sottolinea Alberto
Beretta, Partner Forensic Services di PwC. L'identikit del frodatore è quello di un uomo, tra i
41 e 50 anni, in azienda da più
di 10 anni, con una funzione di
senior management e un titolo
di studio tra la scuola secondaria e la laurea. Il frodatore
esterno è invece per la maggior
parte un cliente (67%). Oltre ai
danni economici, le organizzazioni sono preoccupate anche
dei cosiddetti "danni collaterali",
difficilmente stimabili in termini
finanziari, che riguardano in
particolare la motivazione dei
dipendenti (22%), la reputazione dell'azienda (17%) e le
sanzioni delle autorità di vigilanza (13%).
Redazione
Continua il confronto e si fa sempre
«Rivoluzione culturale» in casa
Peugeot-Citroen (Psa). Il primo costruttore automobilistico della Francia apre una nuova era nella sua
storia bicentanaria, con l'ingresso
nel capitale dello Stato francese e
del gruppo cinese Dongfeng. Una
decisione storica, che mette fine al
controllo che la famiglia Peugeot
esercitava da oltre due secoli sull'azienda, nata con la produzione di
utensili. Duramente colpito dalla
crisi, il board di PSA ha dato in questi giorni il proprio via libera a un aumento di capitale di almeno 3
miliardi di euro. Tra l'altro, il piano
prevede l'ingresso dello Stato e del
costruttore cinese con un'immissione di liquidità di 800 milioni di
euro ciascuno, che acquisiranno rispettivamente il 14% del gruppo.
La famiglia, la cui quota è attualmente al 25,4%, vedrà scendere la
sua partecipazione allo stesso livello dei due nuovi partner. Inizialmente divisa, la dinastia Peugeot
sembra dunque essersi rassegnata
a perdere il controllo di PSA. Ma
anche il doppio diritto di voto, che
fino ad oggi le assicurava il 38,1%
dei suffragi. A corto di liquidità da
due anni, il gruppo cercava disperatamente un partner industriale.
Considerato come «troppo francese», il gruppo di Montbéliard
spera ora di rilanciarsi partendo alla
conquista dell'Asia.L'ingresso dello
Stato nel capitale del gruppo francese Psa, insieme ai cinesi di Dongfeng, è una «decisione di
patriottismo economico e industriale», ha detto il ministro francese
per il Rilancio Produttivo, Arnaud
Montebourg, intervistato da radio
France Inter. Anche per il leader
dell'Ump, il partito di destra all'opposizione, Jean-François Copé,
l'operazione è una «buona notizia».
«Ciò che conta - ha affermato - è
avere un massimo di imprese» che
producano in Francia. Prima di
aprire il capitale ai due nuovi azionisti, il costruttore aveva già adottato tutta una serie di misure per
ridurre i costi e migliorare la reddittività dei suoi stabilimenti. La misura
più emblematica fu la chiusura della
fabbrica di Aulnay-sous-Bois, nella
regione di Parigi, ma anche il taglio
di oltre 11.200 posti di lavoro in
Francia.
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Giorgia Meloni:
non è spiegabile perché
a destra si balbetti
ancora sulle primarie
Alla Peugeot arrivano i cinesi.
Ma nessuno grida
al “pericolo giallo”, anzi...
Redazione
C'è chi prima ha detto di sì e
poi ha cambiato opinione, c'è
chi ha fatto il percorso contrario. Fatto sta che nel centrodestra non riesce a sfondare
l'idea delle primarie, che invece sono considerate positive
dagli elettori. «Perché a destra
non prendono le primarie? Va
chiesto a Berlusconi e anche
ad Alfano, che oggi le invoca
ma che da segretario del Pdl
non diede una grande mano».
È quanto ha dichiarato la presidente dei deputati di Fratelli
d'Italia, Giorgia Meloni, intervistata questa mattina da
Radio24. «Quello che posso
dire io è che Fratelli d'Italia celebrerà le sue primarie sabato
22 e domenica 23 febbraio,
coerentemente con quanto abbiamo sempre detto e in controtendenza rispetto a chi
vuole riproporre agli italiani
una legge elettorale con le liste
bloccate e crede che i governi
nascano nella direzione nazionale del Pd. Faremo scegliere
agli italiani il presidente, i
grandi elettori del congresso
nazionale e il nuovo simbolo
che raccoglierà anche l'eredità
di Alleanza nazionale. E li consulteremo anche su alcuni temi
rilevanti e le scelte politiche da
fare, anche rispetto alla coalizione, perché ad esempio noi
riteniamo che le primarie di
coalizione debbano essere
una delle condizioni», ha spiegato Meloni.
Libia ancora nel caos. I berberi
non riconosceranno la Costituzione
4
Secolo
d’Italia
Antonio Pannullo
Nel caos politico e sociale della Libia,
continuano le violenze anche a Bengasi dove un giudice è stato gravemente ferito nell'esplosione di un
ordigno piazzato sulla sua vettura.
Fonti mediche dell'ospedale Al Jalaa
riferiscono che Milud Ammar Al Rajahi, sulla quarantina, è in condizioni
critiche. L'esplosione è avvenuta nel
quartiere di Majuri, dove risiede il giudice. Dalla fine della "rivoluzione" del
2011 che ha portato alla caduta del
regime di Gheddafi, e al suo assassinio, la regione della Cirenaica, e non
solo, è diventata teatro di scontri e di
assassinii di matrice politica quasi
giornalieri in cui hanno perso la vita
membri delle forze di sicurezza, ma
anche attivisti, giornalisti e giudici, soprattutto a Bengasi e Derna. Neanche
dal punto di vista politico c'è una qualsiasi armonia: alla vigilia delle elezioni
dell'assemblea costituente libica, la
minoranza amazigh (berbera) ha annunciato che non riconoscerà la futura Costituzione libica, precisando
che «non riconosceremo chi non ci riconosce». Lo ha reso noto il consiglio
supremo degli Amazigh alla vigilia
delle elezioni della costituente e festa
nazionale in Libia. La futura assemblea dovrebbe essere composta da
60 membri eletti e divisi equamente
tra le tre regioni: Tripolitania (ovest),
Fezzan (sud) e Cirenaica (est). Sei
seggi saranno assegnati a donne
mentre altri sei divisi tra le tre minoranze: i tebu, tuareg e amazigh (berberi). I candidati per la costituente
sono 692 di cui 73 donne, mentre e
tra le minoranze 14 tebu, 6 tuareg ma
nessun amazigh. Quest'ultimi, che
non hanno presentato nessun candidato al fine di boicottare il processo
elettorale, lamentano una marginalizzazione analoga a quella dei tempi di
Gheddafi e rivendicano una migliore
rappresentanza nella costituente cosi
come il riconoscimento delle loro peculiarità culturali nella Costituzione,
come la lingua tamazight. «Le notizie
sulle nuove convulsioni di piazza a
Tripoli rafforzano la mia convinzione
che la Libia deve urgentemente
uscire senza l'uso della forza dallo
stallo politico che incide sulla considerazione dei libici nei confronti delle
loro istituzioni», ha affermato il ministro degli Esteri Emma Bonino interpellata sulla confusa situazione a
Tripoli. Secondo la titolare della Farnesina, «non si devono vanificare gli
enormi sacrifici della rivoluzione del
17 febbraio. Nelle prossime ore i libici
sono chiamati a votare per la loro assemblea costituente e devono cogliere l'occasione per ripartire lungo
un percorso di ricostruzione istituzionale e economica». Che in Libia ci sia
stata una «rivoluzione», ormai lo
pensa solo il ministro Bonino, alla
luce di quella che accade da mesi in
Libia.
Redazione
Segnali positivi dalla Grecia, la
grande malata europea: per la
prima volta dal 1948, lo scorso
anno la Grecia ha raggiunto un
avanzo delle partite correnti. Lo riferisce il quotidiano Kathimerini online citando dati della Banca
Centrale di Grecia che proprio da
quell'anno dette inizio alla raccolta
ufficiale dei dati economici del
Paese. Secondo lʼIstituto, il Paese
ha registrato un avanzo corrente di
1,24 miliardi di euro nel periodo
gennaio-dicembre dello scorso
anno, a fronte di un deficit di 4.620
milioni nel 2012, aiutato dalle forti
entrate registrate nel turismo. Questo settore da molti anni è la principale fonte di introiti del Paese e lo
scorso dicembre ha registrato un incremento del 16% rispetto allo
stesso periodo dell'anno prima con
un introito di 169 milioni di euro,
portando le entrate totali nell'intero
2013 a un record di 12 miliardi di
euro con un aumento del 15% rispetto all'anno precedente. Intanto
si apprende che entro domenica
prossima i rappresentanti della
troika (Fmi, Ue e Bce) ritorneranno
ad Atene per riprendere le verifiche
sul risanamento dei conti e delle riforme in Grecia interrotti circa due
mesi fa. Lo riferiscono i media ateniesi secondo cui la troika e il governo greco cercheranno di
chiudere una serie di questioni rimaste in sospeso tra cui la modifica
delle norme per i licenziamenti nel
settore privato e l'attuazione delle riforme strutturali proposte dall'Ocse
che, come sostengono i rappresentanti della troika, contribuiranno al
rafforzamento della competitività
dell'economia greca. Inoltre la troika
metterà di nuovo sul tavolo delle
trattative la messa in mobilità di altri
25.000 dipendenti statali e il licenziamento di altri 4.000 come previsto dal memorandum e la
regolamentazione dei mutui in
rosso. Ma vorrà anche vedere i risultati sinora raggiunti sul fronte
delle privatizzazioni delle aziende a
partecipazione statale. Lunedì 24
febbraio, i rappresentanti dei creditori internazionali - i tedeschi Matthias Mors (Ue) e Clauss Masuch
(Bce) e il danese Paul Tomsen (Fmi)
- incontreranno il ministro delle Finanze, Yannis Stournaras, per affrontare tutti i problemi irrisolti. I
greci non vedono di buon occhio
queste intromissioni, almeno l'opinione pubblica, sempre più convinti
che gran parte dei loro guai sia cominciata proprio con l'ingresso nell'Unione europea.
GIOVEDì 20 FEBBRAIO 2014
Strage in Alta Savoia
del 2012, fermate
due persone,
ma è ancora buio fitto
Grecia, segnali di ripresa. Tra pochi
giorni la troika Ue di nuovo ad Atene
Redazione
Un secondo uomo è stato fermato nell'ambito dell'indagine
sulla strage di Chevaline, in
Alta Savoia, durante la quale
era stata massacrata un'intera
famiglia nel 2012. Lo ha riferito
il procuratore di Annency, Eric
Maillaud. Si tratta di un amico
dell'ex agente della polizia municipale di Menthon-SaintBernard, fermato martedì.
Anche il secondo uomo è stato
fermato in casa martedì e ha
tentato di fuggire. Trovati armi
e detonatori. Gli inquirenti sospettano che i due uomini possano essere coinvolti in un
traffico o commercio d'armi. Il
procuratore di Annecy ha tuttavia ribadito che al momento
non è stato stabilito alcun legame tra il primo uomo fermato, e presentato inizialmente
come un sospetto, e le vittime
della strage. L'uomo, il cui stato
di fermo si sta prolungando, è
ancora interrogato in queste
ore. Secondo i primi elementi
dell'inchiesta, l'uomo, 48 anni,
sposato e padre di tre figli, vive
a Talloires, nei pressi del luogo
del crimine. È un cacciatore e
appassionato d'armi da fuoco.
Ne sono state trovate una quarantina a casa sua, tra cui una
pistola di marca Luger, simile a
quella usata per commettere il
crimine, ma di calibro diverso.
«Il crimine non è chiarito», ha
detto il procuratore, sottolineando che molto difficilmente
l'uomo sarà indagato per l'omicidio di Chevaline al termine del
fermo.
Inchiesta rating: la battaglia si gioca tutta
sulla competenza territoriale del caso
GIOVEDì 20 FEBBRAIO 2014
Priscilla Del Ninno
La battaglia legale si gioca tutta sul
terreno della competenza: o meglio,
riguardo una possibile incompetenza
territoriale della procura di Trani e,
più in generale, della giurisdizione
italiana. Le difese di Standard &
Poor's e Fitch, all'udienza preliminare a 9 tra manager e analisti delle
due agenzie di rating accusati di manipolazione del mercato, hanno contestato la competenza ad indagare
della procura di Trani e hanno chiesto al gup Angela Schiralli di trasmettere gli atti ai pm di Milano
(S&P) e Roma (Fitch). In subordine,
Standard & Poor's ha chiesto di dichiarare l'incompetenza della giurisdizione italiana in favore di quella
straniera, essendo il reato contestato
commesso all'estero da stranieri. Il
gup deciderà nella prossima
udienza, il 20 maggio. Se le eccezioni saranno respinte, comincerà la
discussione che potrebbe portare ai
rinvii a giudizio. L'udienza di oggi,
quindi, non è andata oltre le questioni preliminari, anche se ha segnato un punto a favore dell'Adusbef
nazionale, ammessa come parte civile assieme ad una decina di risparmiatori che lamentano danni
economici dalle condotte contestate
a S&P e Fitch. Il pm, Michele Rug-
Secolo
d’Italia
Carnevale a Venezia,
scattano i divieti
per la tutela della città
giero, che ha chiesto i rinvii a giudizio, ritiene di essere competente ad
indagare in base all'articolo 10 del
Codice di procedura penale. Secondo questa norma, in caso di
reato commesso interamente all'estero da stranieri, la competenza è
del pm che per primo ha iscritto la
notizia di reato. Fitch contesta questo principio e ritiene che il reato in
oggetto sia stato commesso a
Roma. Per S&P, la competenza è invece del tribunale di Milano, sia perché nel capoluogo lombardo fu
diffuso il comunicato sul rating italiano, sia perché Milano è il luogo in
cui si forma il prezzo dei prodotti finanziari essendo sede della Borsa.
Manager e analisti di S&P sono ac-
cusati di aver diffuso – tra maggio
2011 e gennaio 2012 – quattro report
contenenti informazioni tendenziose
e distorte sull'affidabilità creditizia italiana e sulle iniziative di risanamento
e di rilancio economico adottate dal
governo. L'ultimo report sotto accusa
è quello con cui S&P, il 13 gennaio
2012, decretò il declassamento del
rating dell'Italia di due gradini (da A a
BBB+). Per Fitch, gli imputati sono
accusati di aver rilanciato – dal 10 al
18 gennaio 2012 – «indebiti annunci
preventivi di imminente declassamento» dell'Italia, mai decretato ufficialmente dell'agenzia Fitch fino al
27 gennaio 2012, creando una potenziale alterazione del prezzo dei
prodotti finanziari.
dipendenti. Le fiamme sono divampate in uno sgabuzzino sotterraneo, vicino ad uno spogliatoio.
Le cause sono ancora da accertare. Nei pressi del rogo c'era una
tanica vuota, ma a quanto riferiscono gli investigatori non sarebbe
stata utilizzata e non conteneva liquido infiammabile. Tra le possibili
cause – secondo i vigili del fuoco
– potrebbe esserci una sigaretta
accesa. Ma i dubbi restano tanti. In
poche ore va in fumo un luogo
simbolo della “belle epoque” capitolina, divorato dalle fiamme e
sotto i sigilli. Anche se il declino
dell'immagine del Café cominciò
nel 2009, quando il bar fu posto
sotto sequestro dalla magistratura
antimafia di Reggio Calabria, nell'ambito di un'inchiesta giudiziaria
sulla 'ndrangheta. Fu infatti accertato che il locale di via Veneto era
stato acquistato ad un prezzo
stracciato nel 2005 da un barbiere
nullatenente di origini calabresi,
presunto prestanome del boss Vincenzo Alvaro, a cui furono sequestrati anche altri locali nella stessa
Capitale. La gestione del bar era
stata poi affidata ad un amministratore giudiziario e la chiusura
era stata così scongiurata. Ma non
evitata l'escalation di perdite e licenziamenti. Un ex-dipendente ha
ricordato le vicende economiche
del Café de Paris, spiegando che
«anni fa il vecchio gestore non voleva rinnovare il contratto d'affitto e
non ha più pagato le quote. Il Tribunale non era riuscito a coprire le
spese e nel 2013 aveva deciso di
cedere la gestione dell'azienda. A
quanto mi risulta, però, il nuovo gestore non ha pagato il Tribunale
per l'acquisizione del ramo di gestione, né l'affitto. Lo scorso dicembre alcuni dipendenti sono
stati licenziati. Per lo sfratto, previsto all'inizio del 2014, era stata
chiesta una proroga ma non è
valsa a nulla».
Dalla “Dolce vita” allo sfratto: la parabola
discendente del “Café de Paris”
Redazione
Quelle foto di Anita Ekberg e Marcello Mastroianni sono ormai un ricordo sbiadito, che la scorsa notte
ha anche rischiato di andare in
fumo. Il Café de Paris a Roma, locale simbolo della Dolce Vita,
chiude affogato da debiti e macchiato dalle inchieste giudiziarie
sulla 'ndrangheta. Ieri mattina è
stato reso esecutivo lo sfratto del
bar in via Veneto, a causa del
mancato pagamento dell'affitto: un
epilogo alla rovescia di un pezzo di
storia della Capitale, cominciata
negli anni '60, tra star, cinema e
paparazzi. Ed è giallo anche sulle
cause dell'incendio scoppiato la
scorsa notte nello stesso locale,
poche ore prima dell'esecuzione
del provvedimento. Intorno all'una
c'è stato un principio di incendio,
quando all'interno c'erano ancora i
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Redazione
A Venezia, in occasione del Carnevale – di fatto già iniziato ma cui
via ufficiale è domenica mattina
con il volo dell'angelo dal campanile di San Marco – «è vietato
usare in Piazza San Marco, in
Piazzetta, sotto le Procuratie e nei
luoghi interessati dalle manifestazioni programmate e autorizzate,
apparecchi atti alla diffusione sonora o strumenti musicali che possono recare disturbo alle persone
e alle medesime manifestazioni».
È-– uno dei passaggi dell'ordi-
nanza firmata dal comandante
della polizia municipale per la tutela dell'incolumità pubblica e
della sicurezza urbana in occasione del Carnevale. Nel dispositivo si legge, tra l'altro, che fino al
4 marzo è vietato, nei luoghi pubblici e aperti al pubblico, ogni comportamento che possa turbare la
tranquillità o compromettere l'incolumità pubblica; usare e portare
al seguito materiali atti ad imbrattare; fare esplodere o portare petardi, castagnole, girandole e altri
artifici esplodenti; accendere fuochi; sdraiarsi per terra, anche utilizzando sacchi a pelo o
attrezzature similari in tutte le aree
pubbliche del centro storico e
delle isole. Inoltre la polizia municipale avrà facoltà di dirottare il
traffico pedonale e organizzarlo
mediante l'istituzione di sensi unici
o di temporanei obblighi o divieti
anche mediante transennatura,
ove necessario, delle aree interdette, inibendo l'accesso in determinate zone dove la presenza e il
transito di persone potrebbe
creare pericolo alla pubblica incolumità.
Passo in avanti per l'inizio dei lavori
del corridoio intermodale Roma-Latina
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Secolo
d’Italia
Redazione
«Corridoio intermodale Roma–
Latina, ogni giorno lʼapertura dei
cantieri diventa più vicina. Non
posso che esprimere grande
soddisfazione per la scelta della
Giunta regionale del Lazio di approvare la delibera con la quale
si impegna ad assumere a proprio carico qualunque onere derivante dal contenzioso relativo
alla realizzazione della Roma–
Latina. In questo modo si consente ad Autostrade del Lazio
spa, la società concessionaria, di
procedere alla realizzazione di
unʼopera che consentirà lo sviluppo del Lazio e della provincia
di Latina». Lo dichiara il consigliere di Forza Italia alla Regione
Lazio, Giuseppe Simeone, che
così prosegue: «Si tratta di un
atto con il quale la Giunta Zingaretti da segnale esplicito di voler
rapidamente portare a conclusione lʼiter che riguarda la realizzazione della Roma–Latina e
della Cisterna–Valmontone. La
carenza di infrastrutture nel Lazio
e soprattutto nella provincia di
Latina rappresenta una strozzatura del sistema di accesso ai
mercati nazionali ed europei.
Lʼisolamento, che da decenni è il
limite culturale, politico ed economico, del nostro territorio, può
essere superato solo mediante la
messa in cantiere della Roma–
Latina e della bretella CisternaValmontone che finalmente
escono dallʼarchivio delle potenzialità inespresse per entrare,
grazie alla copertura finanziaria
pari a circa 470 milioni di euro
per la parte pubblica, di diritto in
quel processo di crescita e rilancio che i nostri cittadini auspicano da sempre. Le nostre
imprese pagano un costo altissimo a causa della mancanza di
collegamenti veloci e sicuri. Mi
auguro che il presidente della
Regione Zingaretti proceda spedito su questa linea perché il
2014 è lʼanno del cambiamento,
della costruzione di una viabilità
che sollevi i cittadini e la provincia di Latina dai disagi legati a
quellʼodissea quotidiana che è diventata la Pontina. In questo momento di grave crisi economica –
conclude Simeone – parlare di
competitività non è più sufficiente. Costruiamo lo sviluppo e
acceleriamo le procedure burocratiche necessarie. La nostra
economia ci chiede interventi
concreti, aspettare non è più consentito».
Redazione
La quarta Commissione consiliare
(Attività Produttive) della Regione
Puglia ha affrontato la questione
delle terme di Santa Cesarea che
vede proprio lʼente regionale socio
di maggioranza della società di gestione. Al riguardo hanno espresso
la propria preoccupazione il vicepresidente vicario del gruppo Pdl/Fi
Erio Congedo e il consigliere Mario
Vadrucci, componente della Commissione. «Dal confronto con i rappresentanti degli altri soggetti
istituzionali e con le parti sociali raccontano - è emerso un quadro
molto preoccupante della situazione
delle terme e dei profili di gestione
negli ultimi anni. Il ventaglio dei
punti critici è davvero molto ampio:
dal mancato ammodernamento
delle strutture allʼassenza di un progetto di sviluppo, dalla mancata valorizzazione delle professionalità
interne (e locali) alle controversie tra
i soci (che in pratica ne hanno paralizzato la crescita) e al fatto di aver
dilapidato ingenti risorse destinate
alle terme. A questʼultimo proposito
si parla di circa 6 milioni di euro dissipati, tanto da aver portato a una richiesta di azione di responsabilità
nei confronti degli amministratori. In
questo contesto desolante - continuano Congedo e Vadrucci - è possibile attribuire alla Regione Puglia
due precise e incontrovertibili responsabilità. La prima è quella di
aver avallato questa situazione, con
compiacenze nella gestione e con
omissioni nellʼattività di controllo. La
seconda, ancora più grave, è quella
di aver fondamentalmente sottoutilizzato uno strumento di attrattiva
straordinario, penalizzando uno dei
comparti più importanti per il sistema turistico e quindi lʼeconomia
regionale. Allʼorizzonte, peraltro, ci
sono gli obblighi della Legge di Stabilità e quindi la privatizzazione
delle società partecipate che,
quantomeno, ingenera fondati timori di natura occupazionale sul futuro dei dipendenti. Non si può
continuare a sprecare una risorsa
come questa, soprattutto in un momento molto difficile per la Puglia.
Mi pare logico, a questo punto, invocare con forza un imminente tavolo tecnico interistituzionale che precisano - programmi i possibili
percorsi di sviluppo e gli assetti a livello amministrativo».
Terme di Santa Cesarea, occorre
un tavolo tecnico interistituzionale
GIOVEDì 20 FEBBRAIO 2014
Asili a Roma, personale
da valorizzare e servizi
da riorganizzare
Redazione
«Mentre centinaia di educatrici
scolastiche scendono in piazza
contro il taglio degli stipendi paventato dallʼamministrazione Marino, lʼassessore Cattoi si appresta
a tranquillizzare tutti che non cʼè
nessun rischio per le retribuzioni
del personale. Rassicurazioni che
però lasciano il tempo che trovano,
visto che prosegue lʼemergenza
sostituzioni del personale insegnante, problema che la Giunta di
centrosinistra ha fronteggiato solo
con palliativi ed alchimie inutili». È
quanto dichiarano gli esponenti di
Fratelli dʼItalia Fabrizio Ghera, capogruppo in Campidoglio, e Laura
Marsilio, dirigente nazionale e già
assessore alla Scuola di Roma
Capitale. «Non solo: siamo anche
venuti a conoscenza – proseguono – che tra le proposte della
Cattoi figura la riduzione di funzionamento dellʼorario delle sezioni
piccoli alle 14.30. Unʼidea senza
senso poiché uscire alle 14.30 interromperebbe il momento del
sonno ai bambini rendendo così
lʼennesimo disservizio alle famiglie
con politiche di sottrazione e non
di espansione. Un provvedimento
quindi che avrà anche un impatto
negativo sul personale educativo,
perché lʼamministrazione recupera
106 educatrici solo tagliando i servizi, azzerando quindi la qualità e
penalizzando il sostegno alle famiglie. Al di là delle belle parole,
quindi, suggeriamo al sindaco Marino e al suo assessore Cattoi –
concludono Ghera e la Marsilio –
di occuparsi in modo concreto del
settore infanzia».
Allo Stabile di Torino va in scena
"Quartet", il capolavoro di Muller
Secolo
GIOVEDì 20 FEBBRAIO 2014
d’Italia
Redazione
Torna in scena ''Quartet'' il dramma che il
grande scrittore tedesco Heiner Muller
(1929-95) ha tratto dal romanzo piu' libertino del Settecento europeo, ''Le relazioni
pericolose'' di Choderlos de Laclos. Torna
dopo varie edizioni teatrali e due film notevoli, uno di Milos Forman, l'altro di Stephan
Frears: precedenti illustri, che non spaventano il regista e attore Valter Malosti dal tentare una ulteriori riduzione drammaturgica
dell'opera. Il romanzo epistolare di Laclos
infatti e le successive riduzioni cine teatrali
tengono conto che l'opera si svolge fra
quattro personaggi (tre donne e un uomo)
interpretati da altrettanti attori. Invece nello
spettacolo attuale, prodotto dal Teatro Stabile di Torino, in scena al Piccolo Eliseo di
Roma, gli interpreti sono solo due (per i
quattro personaggi), moltiplicando non solo
l'impegno degli attori (lo stesso Malosti e
una bravissima Laura Marinoni), ma anche
quello dello spettatore piu' attento. Scritto
nel 1782, il romanzo di Laclos appartiene
come clima culturale allo stessa temperie
che ha fatto crescere il mito di Giacomo Casanova. Il suo argomento unico e' il sesso
inteso come schermaglia erotica, come
gioco pericoloso, come sfida, come inesau-
ribile libido. La versione di Muller è più brutale e secca del'originale. Narra le avventure di due nobili e crudeli libetini, il visconte
Valmont e la marchesa di Merteuil. Dopo
essere stati amanti, i due hanno scelto di
essere complici o piuttosto antagonisti in
una sfida a sedurre (e abbandonare) una
vergine appena uscita dal convento e una
donna apparentemente devota al marito. La
posta in gioco è il dominio delle vittime, ma
si mette nel conto anche la morte. Questo
“L'Amore è un gambero”,
al teatro dei Satiri non si
ferma il successo di Rossi
Redazione
Non si ferma il successo di pubblico dello spettacolo teatrale di
Riccardo Rossi. Dal giorno del
debutto lo scorso 5 febbraio al
Teatro dei Satiri di Roma
"L'Amore è un gambero" continua a registrare il tutto esaurito in
tutte le repliche di ogni giorno
della settimana. Riccardo Rossi
nel suo nuovo spettacolo
"spiega" i trucchi per affrontare al
meglio tutte le fasi di una storia
sentimentale, tutte le avventure
che un amore deve affrontare per
sopravvivere a se stesso. Tutte le
esperienze che abbiamo passato
e che ci accomunano nelle storie
d'amore sono legate dal fil-rouge
dell'esperienza: la prima dichiarazione, la telefonata che non arriva, la prima seduzione vera, da
adulti, la prima convivenza, gli
inevitabili "tradimenti", le ven-
Editore
SECOLO DʼITALIA SRL
Fondatore
Franz Turchi
d’Italia
Registrazione Tribunale di Roma N. 16225 del 23/2/76
Consiglio di Amministrazione
Tommaso Foti (Presidente)
Alberto Dello Strologo (Amministratore delegato)
Alessio Butti
Antonio Giordano
Antonio Triolo
Ugo Lisi
quadrato di passioni, di crudeltà e di spirito
di conquista nella riduzione di Muller si
svolge in un salottino privato. Nello spettacolo di Malosti invece esso vive in quella
che sotto tutti gli aspetti è una stanza di
ospedale, suggerendo la rappresentazione
di un sesso malato e estremo. Ma la riduzione dei personaggi complica inutilmente
lo spettacolo e gli toglie la più smagliante
geometria dei rapporti di odio e amore che
il Settecento francese abbia prodotto.
dette e il primo matrimonio cui
spesso ne segue un altro, il secondo, quello vero. E solo l'esperienza del passato, ripercorrendo
tutto a marcia indietro, come farebbe appunto un gambero, ci fa
capire come l'amore vero è
quello che si ricorda, quello che
"ti ritorna in mente" l'unico che
ancora ci fa tremare la voce e
brillare gli occhi. Lo show dell'attore romano, scritto con Alberto
Quotidiano della Fondazione di Alleanza Nazionale
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Di Risio e diretto da quest'ultimo
è prodotto da AB Management e
sarà in scena fino al prossimo 2
marzo.
Rossi, sarà inoltre sul grande
schermo ad aprile in "Un matrimonio da favola" – il nuovo film di
Carlo Vanzina – prodotto da Federica e Fulvio Lucisano per Italian International Film in
collaborazione con Rai Cinema e
distribuito da 01 Distribution.
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7 agosto 1990 n. 250