nuovo articolo dopo carcerazione

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nuovo articolo dopo carcerazione
Basta! Non siamo criminali!
È successo di nuovo. Per effetto della legge contro la cannabis, le “forze dell’ordine” sono
venute a casa mia, mi hanno trovato del fumo e hanno portato in galera me e la mia
compagna, anche se lei non aveva fatto nulla, per il solo fatto di vivere con me.
Dall’applicazione della legge Fini-Giovanardi gli arresti per Cannabis sono aumentati del
64%.
Come premessa sono convinto che qualunque adulto responsabile abbia il diritto di
utilizzare ciò che vuole, se con questo comportamento non danneggia nessun essere
vivente o nessuna cosa, né l’ambiente, né un patrimonio, né invade l’altrui privato.
Bisogna difendere il principio dell’autodeterminazione, riconoscere al singolo la
responsabilità della sua vita: il cittadino, in uno stato democratico, deve essere (ma lo è
solo in teoria) riconosciuto libero e consapevole.
Sono stufo di dover lottare contro un’ingiustizia palese, ma se voglio continuare a vivere
con dei diritti è adesso mio dovere lottare fino in fondo per fare abrogare la legge contro gli
stupefacenti, con almeno il primo obiettivo di cancellare la Cannabis dalle tabelle della
nuova legge. E di abrogare le tabelle, che sono effettuate senza criterio. Questi sono i
“criteri per la formazione delle tabelle” (art. 14 decreto – legge 30-12-2005, n. 272).
Nella tabella 1 sono indicati:
1) l’oppio e i materiali da cui possono essere
estratte le sostanze oppiacee naturali, estraibili dal
papavero sonnifero; gli alcaloidi ad azione
narcotico - analgesica da esso estraibili; le
sostanze ottenute per la trasformazione chimica di
quelle prima indicate; le sostanze ottenibili per
sintesi che siano riconducibili, per struttura chimica
o per effetti, a quelle oppiacee precedentemente
indicate; eventuali intermedi per la loro sintesi;
2) le foglie di coca e gli alcaloidi ad azione
eccitante sul sistema nervoso centrale da queste
estraibili; le sostanze ad azione analoga ottenute
per trasformazione chimica degli alcaloidi sopra
indicati oppure per sintesi;
3) le sostanze di tipo anfetaminico ad azione
eccitante sul sistema nervoso centrale;
4) ogni altra sostanza che produca effetti sul
sistema nervoso centrale ed abbia capacità di
determinare dipendenza fisica o psichica dello
stesso ordine o di ordine superiore a quelle
precedentemente indicate;
5) gli indolici, siano essi derivati triptaminici che
lisergici, e i derivati feniletilamminici, che abbiano
effetti allucinogeni o che possano provocare
distorsioni sensoriali;
6) la cannabis indica, i prodotti da essa ottenuti; i
tetraidrocannabinoli, i loro analoghi naturali, le
sostanze ottenute per sintesi o semisintesi che
siano ad essi riconducibili per struttura chimica o
per effetto farmaco-tossicologico;
7) ogni altra pianta i cui principi attivi possono
provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali
e tutte le sostanze ottenute per estrazione o per
sintesi chimica che provocano la stessa tipologia di
effetti a carico del sistema nervoso centrale
Nella tabella 2 sono indicati:
nella sezione A:
1) i medicinali contenenti le sostanze analgesiche
oppiacee naturali, di semisintesi e di sintesi;
2) i medicinali di cui all’allegato 3-bis del presente
testo unico;
3) i medicinali contenenti sostanze di corrente
impiego terapeutico per le quali sono stati accertati
concreti pericoli di induzione di grave dipendenza
fisica o psichica;
4) i barbiturici che hanno notevole capacità di indurre
dipendenza fisica o psichica o entrambe, nonché
altre sostanze ad effetto ipnotico- sedativo ad essi
assimilabili ed i medicinali che li contengono;
nella sezione B:
1) i medicinali che contengono sostanze di corrente
impiego terapeutico per le quali sono stati accertati
concreti pericoli di induzione di dipendenza fisica o
psichica di intensità e gravità minori di quelli prodotti
dai medicinali elencati nella sezione A;
2) i barbiturici ad azione antiepilettica e i barbiturici
con breve durata d’azione;
3) le benzodiazepine, i derivati pirazolopirimidinici ed
i loro analoghi ad azione ansiolitica o psicostimolante
che possono dar luogo al pericolo di abuso e
generare farmacodipendenza;
nella sezione C:
1) le composizioni medicinali contenenti le sostanze
elencate nella tabella 2, sezione B, da sole o in
associazione con altri principi attivi, per i quali sono
stati accertati concreti pericoli di induzione di
dipendenza fisica o psichica;
nella sezione D:
1) le composizioni medicinali contenenti le sostanze
elencate nella tabella 2, sezioni A o B, da sole o in
associazione con altri principi attivi quando per la
loro composizione qualitativa e quantitativa e per le
modalità del loro uso, presentano rischi di abuso o di
farmacodipendenza di grado inferiore a quello delle
composizioni medicinali comprese nella tabella 2,
sezioni A e C, e pertanto non sono assoggettate alla
disciplina delle sostanze che entrano a fare parte
della loro composizione;
2) le composizioni medicinali ad uso parenterale a
base di benzodiazepine;
3) le composizioni medicinali per uso diverso da
quello iniettabile, le quali, in associazione con altri
principi attivi non stupefacenti contengono alcaloidi
totali dell’oppio con equivalente ponderale in morfina
non superiore allo 0,05 per cento in peso espresso
come base anidra; le suddette composizioni
medicinali devono essere tali da impedire
praticamente il recupero dello stupefacente con facili
ed estemporanei procedimenti estrattivi;
nella sezione E:
1) le componenti medicinali contenenti le sostanze
elencate nella tabella 2, sezioni A o B, da sole o in
associazione con altri principi attivi, quando per la
loro composizione qualitativa e quantitativa o per le
modalità del loro uso, possono dar luogo a pericolo
di abuso o generare farmacodipendenza di grado
inferiore a quello delle composizioni medicinali
elencate nella tabella 2, sezioni A,C o D.
Nella tabella 1 vediamo che ai punti 1, 2, 3 e 4 sono comprese sostanze che “hanno effetti
sul sistema nervoso centrale e hanno capacità di provocare dipendenza fisica o psichica”
(si presume grave): dovrebbe essere compresa la nicotina, l’alcol, lo zucchero bianco
raffinato, ecc. I punti 5, 6 e 7 dovrebbero comprendere sostanze e piante che “possono
provocare allucinazioni o gravi distorsioni sensoriali”, dovrebbero essere quindi vietate la
vite, la patata (nota: la patata è della famiglia delle solanacee, come la datura, lo
stramonio, la mandragora, ecc… I fiori di patata possono contenere più solanina di quelli
della belladonna. Utilizzare per consumo umano fiori di patata porterebbe ad una grave
intossicazione o addirittura alla morte, con la comparsa di “allucinazioni e gravi distorsioni
sensoriali”.), il caffè, la noce moscata, ed anche molti strumenti tecnologici, dalla
televisione al computer. Se i primi tre punti sono in qualche modo comprensibili di
attenzione (sanitaria, e non giuridica: non si condanna ad esempio un obeso, dipendente
da cibo), sugli altri tre il divieto di procurarsi “allucinazioni o distorsioni sensoriali” è
assurdo: si finirebbe per condannare la maggior parte delle attività cosiddette “di
ricreazione”, primo fra tutti il divieto di raccontare fiabe ai bambini, tutte le tecniche di
meditazione, la maggior parte delle attività sportive, e via dicendo.
Nella tabella 2 sono compresi praticamente tutti i medicinali che necessitano di ricetta da
parte del medico che in qualche modo possono “provocare dipendenza o rischio d’abuso”.
La Cannabis non dovrebbe essere soltanto in farmacia. Potrebbe essere riportata alla sua
condizione reale di “erba officinale” e inserita fra quelle in vendita in erboristeria (l’estratto
di melissa può provocare allucinazioni, ma nessuno, finora, ha vietato la melissa, e
nemmeno centinaia di altre erbe che contengono principi attivi, dalla menta al rosmarino),
dove comunque la sua gestione al pubblico potrebbe essere fatta da personale
competente e preparato.
Si legge nel comunicato n. 26 del 2-2-2007 del Ministero della Salute: “Insediata la
commissione consultiva sulle dipendenze patologiche… Obiettivo della commissione è la
messa a punto di un piano d’azione per sostanze o comportamenti che danno dipendenza
e provocano danni alla salute dei cittadini”. La Cannabis non dà dipendenza e non
provoca danni alla salute, nonostante cerchino con tutti i mezzi di far credere i
proibizionisti.
La Cannabis ha comunque degli effetti, che, se per la maggior parte di chi l’ha provata, e
per tutti quelli che continuano ad usarla sono piacevoli e positivi, per qualcuno possono
essere spiacevoli, o addirittura pericolosi: nessuna sostanza è buona per tutti, io ho un
amico che non può mangiare il pane comune (è celiaco), l’aspirina, medicinale da banco
venduto nei supermercati, fa circa ottomila (!) morti l’anno… la Cannabis non ha mai, in
almeno diecimila anni di uso da parte di miliardi di persone, provocato la morte di anche
un solo essere umano.
Le motivazioni per la condanna all’utilizzo della Cannabis, basate sulla sua presunta
pericolosità, sono sempre state precedute da “potrebbe”, “può darsi che”, “è probabile”,
“aumento del rischio”, senza mai presentare dati o prove reali. Si può trovare
l’affermazione, ad esempio, che “potrebbe provocare un aumento dei casi di cancro…”,
ma nessun studio è mai riuscito ad attribuire alla C. un collegamento diretto con la causa
di alcun tipo di cancro, anzi diversi studi ne mostrano la capacità di ridurre ed essere
d’aiuto nella cura di diversi tipi di cancro.
La volontà di disinformazione o non informazione di chi si occupa di questa sostanza e ne
vuole la sua proibizione a tutti i costi è incredibile! Il provvedimento di Lidia Turco sulla
modificazione della soglia massima di THC detenibile senza essere considerati spacciatori
è stato oggetto di un ricorso presentato al Tar del Lazio da due associazioni (di
disinformati o di disinformatori?)- la “codacons” e l’”associazione articolo 32 per i diritti del
malato”- che dice:
“Il decreto impugnato viola tutti i principi vigenti nell’ordinamento in materia di diritto alla
salute – la legge attuale sugli stupefacenti viola l’articolo 2 della costituzione, diritto
all’autodeterminazione. –
Da recenti indagini mediche, infatti, emergono gravi effetti deleteri sull’uomo ed
indirettamente per la collettività - ? esistono poco più di una decina di studi contro la C., e
circa 40000 (quarantamila) a suo favore. –
Da un punto di vista medico, il problema dell’innalzamento – capirai... - della soglia
massima di detenzione di sostanze stupefacenti e psicotrope quali la Cannabis
allargherebbe, nella migliore delle ipotesi, le dimensioni di patologie cardiovascolari e
respiratorie che già rappresentano un problema sanitario con il fumo del tabacco e che le
autorità sanitarie cercano di ridurre limitandone l’uso – la C. non ha mai provocato
patologie cardiovascolari, quelle respiratorie si riducono a una possibile irritazione delle
prime vie respiratorie, molto meno pericolosa che il respirare l’ aria di qualunque città; la
C. comunque veniva e viene usata per curare anche alcune patologie respiratorie, come
ad es. l’asma. –
è prevedibile che la diffusione dell’uso di C. porti alle seguenti conseguenze durante
l’intossicazione acuta:
1) aumento del numero di incidenti stradali – mai dimostrato, diversi studi anzi
indicano una percentuale di incidenti più bassa nei fumatori di C. che nel resto della
popolazione.
2) aumento dei casi di psicosi in soggetti normali ma soprattutto in pazienti mentali –
la correlazione fra l’alta percentuale di soggetti schizofrenici che usano cannabis è
vera nel senso opposto a quello sbandierato dai proibizionisti: non è l’ uso di
Cannabis che provoca la schizofrenia, ma è lo schizofrenico che nella cannabis
cerca una forma di automedicazione (e negli ultimi decenni, ad un forte aumento
del consumi di Cannabis è corrisposta una diminuzione dei casi di schizofrenia)
3) aumento di patologie a carico dell’apparato cardiocircolatorio e respiratorio nei
fumatori cronici – se questo è vero per il tabacco, che solo in Italia fa ottantamila
morti all’ anno, esistono numerosissimi studi che indicano esattamente il contrario
4) aumento dei casi di sindrome amotivazionale nei giovani con conseguenze
personali, familiari e sociali – vecchio argomento per giustificare un atteggiamento
critico verso un sistema repressivo che si giustifica con bugie. Sono invece
strumenti con un gran rischio di creare sindromi patologiche e di modificare la
mente dei giovani la televisione, i videogiochi, i telefonini, …
5) aumento del rischio di patologie infettive, tumorali, di alterazione delle funzioni
riproduttive e di disturbi nello sviluppo post-natale – anche qui è vero l’ opposto di
quanto affermato dalle associazioni: la C. è utilizzata (e potrebbe esserlo molto di
più) per curare queste patologie.
UN CHIARO CASO DI DISINFORMAZIONE (sarei tentato di dire terrorismo psicologico).
Su una polemica assurda contro un atto che a molti è sembrato quasi una presa in giro,
ma che in ogni modo ha cominciato ad aprire qualche possibilità per la C. medicinale e ha
tastato il terreno delle probabili reazioni dei “disinformati”, vale la pena di essere
considerato un commento di un esponente di An, R. Pedrizzi: “ … Assumere stupefacenti,
perciò, rappresenta una scelta libera dell’individuo, al pari di tante altre, rispetto alla quale
lo Stato non prende posizione, in favore o contro, mostrandosi sostanzialmente agnostico,
e quindi indifferente.” Sì, signor Pedrizzi, nonostante a lei sembri una cosa sbagliata, uno
Stato di diritto, civile e democratico, non può e non deve prendere posizione su una scelta
libera dell’individuo! E assumere stupefacenti è, a meno che non vi sia costrizione, una
libera scelta dell’individuo.
A proposito di informazione, disinformazione e oscuramento delle informazioni, è stato
sequestrato il portale web “psicoattivo.it”. “Il sequestro sarebbe dovuto al fatto che sulle
pagine del sito si trovavano non solo informazioni sulle sostanze allucinogene in
circolazione sul mercato illegale e sui loro effetti, ma, a quanto pare, anche indicazioni
sulla loro coltivazione, sulla preparazione, sulle modalità di consumo”.
Non è possibile oscurare l’informazione!
Siamo tornati al medioevo oscurantista in nome di un proibizionismo bigotto, disinformato,
cieco e ottuso. La lotta agli “stupefacenti” e in particolare agli enteogeni (che svelano la
divinità in te – sostanze utilizzate tradizionalmente per avvicinarsi al divino) e modificatori
dello stato di coscienza, è, infatti, la continuazione e il retaggio della “caccia alle streghe”
dei tempi dell’inquisizione, in cui l’unica conoscenza possibile era quella concessa dal
“potere” del momento, ogni altro sapere era considerato opera del diavolo e il possessore
di quel sapere doveva essere eliminato o disconoscere la conoscenza: vedi Giordano
Bruno, Galileo e tutti gli uomini e le donne ( più donne, ancora oggi condannate a subire
per colpe non loro) torturati e bruciati.
Con la nuova legge Fini-Giovanardi, modificata dal decreto di Lidia Turco, queste sono le
quote di sostanza (stupefacente) considerate per uso personale e quindi punibili solo con
sanzioni amministrative:
1000 milligrammi di THC;
750 milligrammi di cocaina;
250 milligrammi di eroina;
750 milligrammi di MDMA (ecstasy)
500 milligrammi di amfetamina;
150 microgrammi di Lsd.
Una considerazione che purtroppo non ho ancora sentito fare: se io fumo o mangio 1000
mg. di THC, l’equivalente di 4-5 grammi di haschish di buona qualità (cosa che
attualmente non succede che molto raramente, ma che nel diciannovesimo secolo
superavano facilmente, vedi Baudelaire, Benjamin, Ludlow), mi succede lo stesso che
stare al cinema o davanti ad un videogioco per qualche ora: mi estraneo dalla realtà
circostante; e il giorno dopo sto bene, al massimo mi posso sentire come dopo una
ubriacatura di vino, probabilmente avrò una gran fame e nessuna voglia di ripetere
l’esperienza, almeno a tempi brevi. (nota: se mangiata - l’unico modo per avere notevoli
modificazioni sensoriali, non ricercato nella nostra società-, 1000 mg di THC sono a
malapena una dose completa, e non per tutti. Baudelaire mangiava 8-12 grammi di
estratto (3000-6000 mg. di THC), nel 1850 Moreau de Tours, psichiatra, fa ingerire ad un
suo assistente 90 grammi di estratto, Carlo Erba ne fa sperimentare “una dose enorme”
(senza specificare) e in tutti i casi l’”intossicazione” si risolve con un buon sonno, e in una
gran fame e postumi tipo da sbornia il giorno dopo.
Se sniffo 750 milligrammi di cocaina magari non muoio, ma se la mangio o me la inietto
probabilmente la mia vita sarà in forte pericolo, se la fumo mi faccio dei bei buchi nei
polmoni.
Se mi inietto 250 milligrammi di eroina sicuramente muoio, ed anche se la sniffo. Cinque
milligrammi di eroina (non di taglio) possono già procurare un’overdose.
La nuova legge permette dunque cinquanta potenziali dosi mortali di eroina, almeno una di
cocaina. E per la C.?
Si vede chiaramente che quello che si vuole proibire è la C.. Il messaggio è:
“Ammazzatevi come volete, ma la C. non si può usare”.
In un articolo, tempo fa, parlavo di “diritto al benessere”: questo comprende anche il diritto
di poter cambiare temporaneamente la prospettiva di percezione della realtà.
Questo lo si fa normalmente, tutti i giorni, con strumenti tecnologici, tecniche psicofisiche,
attività motorie. Il risultato di questo cambiamento in alcuni casi si chiama “arte”, in altri
“sport”, o “spettacolo”, il più delle volte, semplicemente, “vita”.
L’ invasione dello Stato nel privato è un fatto grave: con la scusa del “protezionismo”, della
“tutela della salute” si potrebbero proibire molti comportamenti, come ad esempio il
mangiare troppo, o troppo poco, e la maggior parte delle attività umane, come il gioco del
calcio, lo sci, il lavoro (2000 morti l’anno), l’andare in automobile …la maggior parte dei
cibi nei supermercati (“potrebbero” far male alla salute) … l’uso dell’elettricità.
Comunque, con la scusa della “protezione del cittadino” questa nuova legge proibizionista
ha già portato come conseguenze grossi problemi per migliaia di famiglie ed alcuni suicidi.
La perdita di anche una sola vita umana è di valore incalcolabile. Chiedo ai nostri politici di
smetterla con questi omicidi! Anche una sola vita umana vale molto di più di una legge
repressiva.
Il danno sociale dato dalla proibizione, di tutte le sostanze in generale e della C. in special
modo, è dunque diretto, ma anche indiretto perché crea, perseverando nella
disinformazione, una sfiducia nelle istituzioni, specialmente nelle classi più giovani. Chi
deve far rispettare una legge ingiusta viene visto come “nemico”, chi la propone e la
mantiene perde di credibilità e di consenso, chi la subisce il più delle volte ha la vita
rovinata senza aver fatto nulla, e rimane sgomento di fronte a quante energie vengono
spese per reprimere un comportamento che implica:
l’assumere un vegetale, che esiste in natura, i cui principi attivi sono prodotti anche dal
corpo umano, che non porta ad azioni criminose, non porta a dipendenza né ad
assuefazione (anzi, qualunque fumatore esperto sa che “meno fumi e più ti fa effetto” vedi Hashish di P. Arpino, ed. Shambu, pagg. 61-76), non causa danni cromosomici, non
è causa di passaggio verso sostanze più pericolose, non è causa di infermità mentale o
fisica. L’unico danno reale che oggi, come dall’inizio della proibizione, può dare è di essere
arrestati e bollati come criminali.
Purtroppo in Italia sono almeno 35 anni che vengono dette le stesse cose sulla C., e dopo
35 anni, dopo tutte le commissioni governative serie, che hanno lavorato e studiato a
fondo il problema e hanno riconosciuto la non pericolosità della sostanza, dopo 40000
studi a favore e circa una decina contro, si è in una situazione allucinante (questa si!): più
di 70000 segnalazioni all’anno fatte dalle “forze dell’ordine” soltanto per la C., con più di
20000 arresti.
Negli ultimi tempi ero sempre più convinto che:
al termine del proibizionismo contro l’alcol negli usa, hanno inventato una nuova categoria
di sostanze e le hanno chiamate “droghe”, hanno classificato, fra queste, alcune sostanze
veramente pericolose, come l’eroina (della Bayer), la cocaina (fatta per i consumatori del
“primo mondo”), le amfetamine, i barbiturici e gli ipnotici, solo per inserire (in modo
fraudolento, cambiandole il nome) in mezzo a queste la C. e poterla così vietare. Sono
riusciti, con offerte e minacce, a far inserire nella legislazione di tutti gli Stati una normativa
che ne punisse l’uso e sono riusciti, nel tempo e cambiando poco alla volta le definizioni e
i motivi, a rendere quasi impossibile la cancellazione di questa normativa.
Sono riusciti a creare nell’immaginario delle persone l’idea che “la droga” è equivalente ad
“il male”, “drogarsi” vuol dire “uccidersi” e così via …
Oggi, chi non utilizza sostanze “proibite” e crede alla versione “ufficiale”delle cose, è
convinto che “sia giusto vietare una cosa che fa così male”. Ma così si disconosce
all’individuo adulto e responsabile la capacità di giudizio e decisione sul proprio corpo.
A questo problema è dedicato il bellissimo libro di U. Veronesi e M. de Tilla: “Nessuno
deve scegliere per noi” ed. Sperling & Kupfer. Nella prefazione c’è un bel paragrafo:
“L’autodeterminazione fra medico e malato” Ho cambiato alcuni termini, come medico /
giurista o come malato / cittadino (assuntore di cannabis), lasciando alle frasi lo
stesso senso:
L’ AUTODETERMINAZIONE FRA GIURISTA E CITTADINO
.Il principio dell’autodeterminazione è l’unico che garantisce il rispetto della globalità della
persona, del corpo, della mente e della loro armonia… è in gioco qui la dignità della libera
scelta.
Va rilevato però che essere liberi di decidere non vuol dire essere soli a decidere:
l’autodeterminazione non solleva il giurista dalle sue responsabilità, ma le rende più facili
da affrontare con lucidità e imparzialità. L’intervento contro un cittadino assuntore di
cannabis, destinato ineluttabilmente ad essere riconosciuto prima o poi “non punibile”, se
rappresenta un problema delicato per lo Stato per la necessità di riconoscere i suoi diritti o
le sue colpe (del cittadino), diventa un vero dramma per i giuristi. E’ difficile per loro
rassegnarsi a quella che appare una sconfitta perché sono stati formati, culturalmente e
tecnicamente, per reprimere e giudicare punibile un comportamento specifico.
Il giurista, nell’esercizio della sua professione, si confronta ogni giorno con leggi che
possono avere conseguenze irreversibili sulla vita di altre persone: i cittadini da giudicare
in primo luogo, ma anche i famigliari che molte volte si trovano ad affrontare situazioni di
grande sofferenza fisica e psicologica nel difficile compito di assistere un parente incorso
nel “giudizio”. A volte queste leggi portano a salvare una vita, alla guarigione, alla salute
(essere condannati, in galera, a delle conseguenze tragiche), altre volte hanno come
unico risultato il prolungamento di una condizione di malattia e dolore (riconoscimento di
non punibilità), altre volte non servono a nulla perché, nonostante gli sforzi per
criminalizzare un comportamento, il fatto non comporta reato. Tali scelte vengono fatte dai
giuristi sulla base delle capacità, delle conoscenze, dell’esperienza. Ma non si tratta di
decisioni meramente tecniche, spesso entrano in gioco la coscienza di ognuno, la
correttezza professionale, gli interrogativi etici, o semplicemente il buon senso e il
coraggio di applicarli. Davanti alla libera scelta, il giurista è tentato di incriminare il
cittadino, inutile nasconderlo. Invece è proprio in questi momenti che può essere più
giurista che mai e mostrare il coraggio di agire con giustizia. Deve trovare il punto di
equilibrio fra il desiderio di ostinarsi nelle punizioni e quello di assolvere senza giudicare.
Ma se crediamo nell’autodeterminazione del cittadino, il giurista può anche, molto
semplicemente, riconoscere i diritti dell’imputato, dopo essersi informato con onestà
assoluta. Gli imputati, se hanno anche solo una piccola possibilità di essere condannati (o
assolti), chiedono disperatamente di essere riconosciuti cittadini e non criminali. Perciò
non si può parlare di repressione senza parlare del diritto dell’imputato di essere
riconosciuto cittadino e non criminale: è questo diritto che conta. Dire ai giuristi “Non
punite” non significa molto. Bisogna forse suggerire: “Date il vostro giudizio in rapporto al
reale crimine dell’imputato”.
La professionalità del legislatore, oggi, non consiste nel criminalizzare ad ogni costo il
cittadino, anzi, se lo fa – com’è ormai universalmente accettato – manca proprio al dovere
deontologico di “recuperare alla società”. Se aumentare la quantità di pena non è più
praticabile, perché i giorni, le ore e i minuti portano al carcerato soltanto dolore e rancore,
il giurista consapevole e umano deve concentrarsi sulla qualità del giudizio, a costo di
riconoscere che “il fatto non comporta reato”. Manca altrettanto al suo dovere se non tiene
presente, in un etica di assoluzione, quella “alleanza giuridica” che dovrebbe trasformare
profondamente il rapporto e che si può riassumere in una semplice frase: il legislatore non
può fare nulla se non è perfettamente informato, non ha perfettamente informato il
cittadino e non ne ha acquisito il consenso. In questo caso è il legislatore che “fa”, ma
chiedendo al cittadino… L’immagine del giurista ispirato dal cittadino è forte e tuttavia
proprio a questa bisognerebbe tornare. Ben inteso, il cittadino non chiede un
atteggiamento servile, ma un po’ di rispetto del potere decisionale su se stesso, di essere
rispettato nelle sue scelte, come segno di riconoscimento della sua dignità di uomo. Non
parliamo di quel rispetto che nasce solo dalla dignità, ma quello che deriva dalla fiducia,
che a sua volta non può esistere senza una base di coscienza e consenso.”.
Può essere interessante riportare un riassunto di un paio di articoli scritti prima
dell’approvazione della legge Fini-Giovanardi:
Da consumatori a spacciatori di Francesco Maisto (Fuoriluogo, maggio 2003).
Ogni ulteriore accentuazione di quell’ibrido innesto tra penalità e terapia, già presente nella nostra
legislazione sugli stupefacenti, rende quell’intreccio non solo antistorico, ma anche distruttivo, perverso e
criminogeno. …
La tentazione di imporre un criterio quantitativo mediante l’utilizzo delle parole magiche d’occasione è stata
ricorrente nella storia della legislazione italiana sulla droga di questi ultimi trent’anni.
Si cominciò con la “modica quantità, quale parametro di non punibilità dell’uso personale, secondo l’art. 80,
L. 22-12-1975, n. 685, che fallì miseramente sul terreno del contrasto della criminalità falcidiando con la
galera migliaia di giovani …mentre giurisprudenza minoritaria, ma eteroreferenziale, evidenziava la
necessità di valutare, oltre il dato quantitativo, le proprietà tossiche della sostanza, la personalità psico-fisica
del detentore e il grado di tossicomania. …
… La legge del 26 giugno 1990(legge Craxi - Iervolino), poi confluita nel Dpr 9 ottobre 1990, n. 309, detto
Testo unico sugli stupefacenti fu la dgm, quale parametro per l’applicazione della pena detentiva, sul
presupposto autoritario e illiberale del divieto legale per uso personale. Ma già la Corte costituzionale
(sentenza n. 333 del 10 luglio 1991), insegnò… che la tecnicità e la scientificità dei criteri di riferimento per la
determinazione della dose, non equivalgono a certezza, sicché l’erronea utilizzazione delle conoscenze
tecniche del settore da parte dell’autorità amministrativa, comporta la disapplicazione dell’atto amministrativo
illegittimo. I guasti prodotti dalla dgm, sia sul versante giudiziario (ingolfamento della giustizia penale) e
penitenziaria (sovraffollamento delle carceri), sia sul versante investigativo, …
L’esito del referendum del 18, 19 aprile 1993 (dpr 5-6-1993, n. 171) produsse un effetto abrogativo
dell’espressione “in dose non superiore a quella media giornaliera”, e prima ancora, del divieto di uso
personale, ma ebbe altresì il significato sostanziale di sottrarre integralmente al circuito penale- criminale il
tossicodipendente, in quanto tale, anche se spacciatore. Si accoglievano così elementari principi di politica
criminale….
… l’ accentuazione della tendenza proibizionista contenuta nella proposta di governo (Maisto scrisse questo
articolo nel 2003. Ora la proposta, purtroppo, è legge) inevitabilmente eserciterebbe una forte spinta
criminogena sul consumatore, legato ai maggiori costi indotti dal rimodellamento del mercato della droga,
trasformandolo in consumatore- spacciatore ed appiattendolo sul versante punitivo del traffico, con il
conseguente aumento dei processi penali e delle incarcerazioni per un verso, e la riduzione dei servizi di
recupero per altro verso, funzionalmente legati allo smantellamento dello stato sociale.
… il nostro ordinamento è orientato da criteri generali e specifici della materia (i principi di offensività, di
estrema ratio, di legalità, di effettività, di scopi della pena) che esigono il rispetto di principi fondamentali di
giustizia penale preclusivi di principi discriminatori meramente legati ai quantitativi di droga….
Cinque punti di incostituzionalità della legge Fini- Giovanardi (da: droghe.aduc.it:
“appello di G. Blumir a Ciampi a non firmare la legge sulla droga”, 24-02-2006).
… La Costituzione italiana può accettare che una minoranza vada sotto processo per un suo stile di vita e
una sua convinzione, così come gli omosessuali in Inghilterra fino al 1964 (prima era un reato penale), e
tanti gruppi religiosi ed etnici in tutto il mondo?L’Italia ha fatto qualcosa del genere solo con gli ebrei nel
1938, ed erano solo leggi amministrative. Si affermerebbe un precedente gravissimo…
di seguito i 5 punti di incostituzionalità:
- NORMA PENALE IN BIANCO. Il decreto Giovanardi chiede ad una autorità amministrativa
(Ministero della Salute) il compito di fissare il quantitativo penalmente rilevante: con cui, invece che
con la sanzione amministrativa, il consumatore viene sanzionato penalmente… Anche nel 1990 la
-
(legge Iervolino- Vassalli –varata dopo la visita di Craxi negli usa) la 309 demandava all’autorità
amministrativa (Ministero della Sanità) il compito di fissare la quantità: si trattava però di un compito
ben limitato dalla legge: e cioè il Ministro doveva fissare la quantità necessaria in un giorno (la
cosiddetta “dose media giornaliera”). … Ora invece la legge non dice nulla, non circoscrive in alcun
modo: il Ministro, in teoria, può fissare la quantità da 0,001 grammi ad un chilo, a suo arbitrio. …
DIRITTO ALLA SALUTE/ DOVERE ALLA SALUTE. La Costituzione prevede il diritto alla salute,
non il dovere alla salute. …
REFERENDUM 1993. Con schiacciante maggioranza il referendum del ’93 abrogò la punibilità per
uso personale…
DISOMOGENEITà. L’ emendamento Giovanardi, in realtà un’ampia riforma della legge stupefacenti,
è un emendamento al decreto delle Olimpiadi di Torino. Manifesta inammissibilità dal punto di vista
parlamentare. …
MANCANZA DEI REQUISITI DI NECESSITà E URGENZA. … Del problema droga si occupano
validamente migliaia di associazioni e ben settemila medici,psicologi e operatori del Servizio
Pubblico, complessivamente con buoni risultati (con meno morti, la cosa più importante): le ipotesi
operative previste dalla riforma Fini, estremamente discutibili,sembrano tutto meno che urgenti,
figuriamoci necessarie.
Su “Fuoriluogo” de “Il Manifesto” del 28-01-07 ci sono due begli articoli. Uno è su Antonio
Costa, successore di Pino Arlacchi - il “piano Arlacchi contro la droga” è l’emendamento in
seguito al quale si sono inasprite le legislazioni d’alcuni paesi e si è inasprita la
repressione, arrivando persino a distruggere culture e tradizioni. Perché i segretari
UNODC (agenzia ONU per la lotta alla droga) sono tutti italiani? Perché Arlacchi è stato
cacciato dall’ONU dopo che aveva detto che la mafia non esiste? – In un articolo si parla,
oltre ad altre nefandezze commesse dal nostro connazionale, all’insabbiamento del parere
dell’OMS favorevole ad una declassificazione del principio attivo della cannabis (citato
nella pagina successiva del giornale, l’Expert Committee on Drug Dependance, marzo
2006. Il rapporto non è ancora stato pubblicato e passato sotto silenzio: qui si pone la
questione della trasparenza delle informazioni). - Si ricordi che l’OMS è l’unica
organizzazione competente per stabilire quali sostanze sottoporre a controllo
internazionale, … poiché deve essere in grado di “valutare il potere generatore di
dipendenza e l’utilità terapeutica delle diverse sostanze, nonché la gravità dei
problemi d’ordine sociale e di salute pubblica che ingenera il loro abuso” (corsivo
nel testo - da:Quadro generale e strumenti dell’Unione Europea in materia di droga,
pag. 14)
Nell’ altro si parla de “Le forze Nato e la guerra alla droga”, e ad un certo punto si legge:”il
budget del comando centrale USA (CentCom) per la lotta ala droga è cresciuto da un solo
milione di dollari nel 2002 a 73 milioni di dollari nel 2004” e il budget di Costa? L’articolo
continua dicendo “Per l’anno fiscale 2007 il Dipartimento di Stato da solo ha chiesto circa
420 milioni di dollari in finanziamenti per la lotta alla droga in Afghanistan…. il Senato Usa
nel settembre 2006 ha approvato un emendamento… di non meno di 700 milioni di dollari
“per combattere la produzione di oppio in Afghanistan ed eliminare la produzione e il
commercio di oppio ed eroina …”. E a proposito di oppio: chi ha più bisogno di oppio, il
mercato nero per trasformarlo in eroina, o le case farmaceutiche per avere medicinali che
contengono oppioidi? Un medico a cui ho fatto questa domanda ha obiettato dicendo che
molti oppioidi presenti oggi nei farmaci sono di derivazione sintetica. Anche il mercato nero
potrebbe facilmente (molto più facilmente) utilizzare sostanze di sintesi, come
effettivamente fa. Non sarà che i talebani vogliono dare il loro oppio a clienti migliori dell’
Ely Lily o della Bayer?
Le Convenzioni Internazionali contro le droghe parlano di sostanze da proibire,
classificandole come “stupefacenti”: cos’è uno “stupefacente”? Riporto qui la spiegazione
data dall’avv. A. Averni (da: fuoriluogo.it)
“Cosa significa il termine "stupefacenti"?
Il termine stupefacenti è nato alla fine dell'800 per indicare quelle sostanze che provocavano stupore (dal
latino "stupor"), definibile come uno stato di immobilità e di non recettività agli stimoli esterni, indicava
essenzialmente l'effetto degli oppiacei. Con il passare degli anni, il termine ha cominciato a indicare anche
altre sostanze che non avevano la caratteristica di provocare stupore, infatti la farmacologia, già da qualche
decennio, ha smesso di utilizzarlo. Per quello che qui ci interessa, bisogna dire che stupefacenti non
sarebbero solo i derivati dell'oppio, (morfina e eroina e tanti altri) ma anche l'alcol etilico (cioè il vino, la birra
e gli spiriti) e barbiturici (sonniferi), cioè prodotti assolutamente legali e,tra l'altro, molto utilizzati. Per di più,
la cocaina e le amfetamine hanno un effetto esattamente opposto a quello degli stupefacenti, sono infatti
degli psico-stimolanti. Per comodità invece vengono considerati come stupefacenti.
La conclusione è questa: la definizione di stupefacenti adottata dalla legge non è medica, ma
semplicemente di comodo, o se si preferisce, priva di alcun significato. E' servita e serve al legislatore per
indicare arbitrariamente solo alcune sostanze (quelle oggi illegali) trascurandone altre (legali).
Si tratta di un imbroglio semantico. Tutti i medici, che conoscono il significato di stupefacente considerano
l'accezione del termine legislativo non come un termine medico-scientifico, ma come una parola avente un
significato "politico" o se si preferisce strumentale, i non medici (tutti gli altri) generalmente ritengono invece
che sia una parola dal preciso significato scientifico. In questo modo, fidando sull'ignoranza della maggior
parte delle persone (i non-medici) e sulla tolleranza dei medici (che stimano la legislazione come
tecnicamente imprecisa), si attua la presa in giro.
Se la legislazione si fosse basata sul significato medico originario, ancorché esso stesso impreciso, avrebbe
dovuto vietare anche i barbiturici e l'alcol, ma questo per ovvie ragioni non era possibile (per l'alcol vi era già
stato il fallimento del proibizionismo negli USA). Allora la Convenzione Unica sugli stupefacenti del 1961, la
legge internazionale, ha definito stupefacente nel seguente modo: "E' stupefacente qualunque sostanza
naturale o sintetica compresa nell'elenco degli stupefacenti" (articolo 1, lettera j). Tale definizione è definita
circolare o tautologica (sorta di eufemismi per non dire truffaldina), ed è stata recepita da pressoché tutti i
Paesi iscritti all'O.N.U. (Italia compresa) ed è posta a base delle leggi proibizioniste a livello nazionale.”
Nelle Convenzioni Internazionali a cui si richiama il nostro ordinamento, cioè quella del
1961, quelle del 1971 e del 1988 la definizione di “stupefacente” è dunque aleatoria. Ho
trovato la definizione data dal Ministero della Salute (da:
www.ministerosalute.it/medicinaliSostanze/paginaInternaMedi).
Che cos'è uno stupefacente
Fin dai primordi della storia, ogni società ha usato farmaci capaci di provocare effetti sull’umore, sul pensiero
e sui sentimenti. Perciò, sia l’uso non terapeutico di alcuni farmaci, sia il problema del loro abuso sono tanto
antichi quanto la civiltà stessa.
Il termine abuso di farmaci indica l’uso, di solito per autosomministrazione, di qualsiasi farmaco in un modo
che si discosta dalle norme mediche o sociali in una determinata cultura. Questo termine trasmette l’idea di
disapprovazione sociale e non descrive necessariamente una qualsiasi modalità d’uso del farmaco o le sue
potenziali conseguenze svantaggiose.
Il termine uso di farmaci per scopi non terapeutici abbraccia comportamenti che vanno dall’assunzione
sporadica di alcool all’uso compulsivo di oppiacei e comprende comportamenti che possono essere
accompagnati o non da effetti svantaggiosi. L’uso di farmaci per scopi non terapeutici può consistere
nell’uso sperimentale di un farmaco in una o più occasioni, per la curiosità di conoscere i suoi effetti o per il
desiderio di conformarsi alle aspettative dei gruppi di pari. Può implicare l’uso saltuario o ricreativo di
modeste quantità di un farmaco per i suoi effetti piacevoli, oppure l’uso circostanziale in specifici casi, come
ad esempio l’uso delle amfetamine da parte degli studenti per alleviare la fatica ed aumentare la
concentrazione.
Le varie forme di uso di farmaci per scopi non terapeutici possono condurre ad un uso più intensivo per
quanto concerne la frequenza di assunzione o la quantità assunta e, in alcuni casi, a forme di dipendenza o
di uso compulsivo di farmaci.
Uno dei rischi insiti nell’uso di farmaci per modificare l’umore o i sentimenti è il fatto che alcuni individui
finiscono con lo sviluppare una dipendenza dal farmaco: continuano ad assumerlo anche in assenza di
indicazioni terapeutiche, spesso malgrado le svantaggiose conseguenze sociali e mediche, e si comportano
come se fossero necessari gli effetti dei farmaci per mantenere uno stato di benessere. L’intensità di questo
bisogno o dipendenza può variare da un blando desiderio ad una bramosia (craving) o compulsione ad
usare il farmaco.
Il craving, in particolare, è l’intenso desiderio che spinge l’individuo a riprovare gli effetti estremamente
piacevoli derivati dall’assunzione del farmaco e la ripetizione dell’esperienza diventa un fine primario
dell’esistenza stessa, al pari di stimoli naturali come il cibo, l’acqua, ecc.. -
(un effetto piacevole è un
fine primario dell’esistenza, verso tutte le cose)
Quando si raggiunge un grado molto elevato di dipendenza dai farmaci (drug dependance) si parla di
tossicodipendenza: il termine si riferisce all’uso del farmaco in senso quantitativo, piuttosto che qualitativo
e quindi non è strettamente correlato all’abuso degli stupefacenti classici e più noti come gli oppiacei. – non
è il caso della C.
Tutte le sostanze d’abuso, dall’alcool all’eroina, dalla cocaina all’amfetamina, dalla fenciclidina alla nicotina,
metilendiossiamfetamina (Ecstasy), ai barbiturici e alle benzodiazepine, sono in grado di produrre sensazioni
piacevoli o di ridurre quelle spiacevoli, di alleviare la tensione e l’ansia, di migliorare l’interazione sociale e il
tono dell’umore. Gli effetti piacevoli ottenuti immediatamente dopo l’assunzione del farmaco sono tuttavia
vanificati dai danni, talvolta irreversibili, provocati nell’organismo nel corso di ripetute somministrazioni.
Ciò che è stato detto per i farmaci abusati al di fuori della normale pratica medica, vale ancor di più per
quelle sostanze stupefacenti che non trovano alcuna indicazione terapeutica, come l’ecstasy, le amfetamine
di sintesi o l’LSD e che sono presenti solo nel mercato illegale.
Gli stupefacenti e le sostanze psicotrope possiedono spiccata attività a livello del sistema nervoso centrale
(SNC) ed hanno forti potenzialità nel determinare gli effetti descritti in precedenza (ovvero hanno elevato
potere “tossicomanigeno”). – quindi la C. non è né stupefacente né psicotropa
La comune attività sul SNC si traduce, comunque, in effetti farmaco-tossicologici anche molto diversi tra
loro, ognuno specifico per ogni sostanza, pertanto la suddivisione nei due grandi gruppi stupefacenti e
sostanze psicotrope costituisce essenzialmente una comodità didattica o normativa. – e non scientifica
(!)
Tra gli stupefacenti si annoverano, ad esempio, la morfina, l’eroina, il metadone, la cocaina, la cannabis.-
Perché?
Tra le sostanze psicotrope si ricordano le amfetamine, l’ecstasy, l’LSD, la ketamina, l’acido gammaidrossibutirrico (GHB), le benzodiazepine, i barbiturici.
Alcune di esse, nel contempo, hanno notevole attività farmacologica e pertanto sono usate in terapia
costituendo i principi attivi di vari medicinali.
Ricordiamo la morfina e gli oppiacei, potenti analgesici utilizzati nella terapia del dolore, le benzodiazepine
ad attività ansiolitica ed ipnotica, i barbiturici utilizzati nel campo dell’anestesia e come anticonvulsivanti. –
perché non ricordano la C.?
Riferendosi alla morfina e agli oppiacei, è ormai noto che la volontà delle istituzioni ed in particolare del
Ministero della salute è quella di garantire un accesso più facile a tali farmaci al fine di curare il dolore
severo in quei malati che non rispondono ai comuni trattamenti antalgici effettuati con i classici
antinfiammatori. È ormai noto, infatti, che la scienza medica considera il dolore come una patologia a sé
stante, che deve essere curato in quanto tale, indipendentemente dalla eventuale malattia primaria che lo
determina. La nuova legge facilita le norme della prescrizione medica per i medicinali analgesici,
indipendentemente dalla tipologia di dolore da trattare, per i medicinali utilizzati nel trattamento di
disassuefazione dagli stati di tossicodipendenza da oppiacei e di dipendenza da alcool. A tal fine è stato
esteso l’uso del ricettario autocopiante e sono state semplificate le norme che il medico deve rispettare per
la prescrizione. Le benzodiazepine, ormai sono diventate medicinali di riferimento nel trattamento degli stati
d’ansia, degli attacchi di panico, nelle disturbi del comportamento e del sonno. Vanno comunque usate
soltanto quando il disturbo è grave, disabilitante o sottopone la persona a grave disagio. – e la C. non è
considerata, come al solito!
Tutti gli stupefacenti e le sostanze psicotrope sono iscritti in due Tabelle che vengono aggiornate ogni
qualvolta si presenti la necessità di inserire una nuova sostanza o di variarne la collocazione o di provvedere
ad una eventuale cancellazione.
L’attività dell’Ufficio centrale stupefacenti consiste nel regolamentare l’attività di tutte quelle organizzazioni,
industrie chimico-farmaceutiche, grossisti farmaceutici, laboratori di analisi e di sperimentazione, ospedali
che devono entrare in possesso degli stupefacenti e delle sostanze psicotrope in quanto farmaci, in modo da
consentirne la diffusione per fini terapeutici.
Il mercato lecito degli stupefacenti è, altresì, regolamentato a livello internazionale da un organo di controllo,
l'International Narcotics Control Board (INCB), istituito presso l’Organizzazione delle Nazioni Unite, con sede
a Vienna, in applicazione delle Convenzioni internazionali recepite dagli stati aderenti.
Conseguentemente ogni paese aderente e quindi anche l’Italia è tenuto a stabilire e comunicare le quantità
di stupefacenti e sostanze psicotrope che ogni anno possono essere immesse sul mercato, a rendicontare
tutte le importazioni ed esportazioni avvenute in ogni singolo trimestre dell’anno e a comunicare i consuntivi
reali dei consumi avutisi in ogni anno.
A tal fine si rende necessario disporre di un sistema autorizzativo e di controllo specificamente dedicato e
con elevato grado di accuratezza.
Ogni anno è pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana il decreto che comprende l’elenco
delle aziende autorizzate dal Ministero della salute a fabbricare, impiegare e commercializzare stupefacenti
e sostanze psicotrope.
Sembra utile specificare che, in questo contesto, con il termine “fabbricare” si intende l’estrazione dello
stupefacente da una pianta o la sintesi chimica dello stesso, con il termine “impiegare” si intende la
lavorazione dello stupefacente per l’ottenimento di un medicinale con una specifica forma farmaceutica atta
alla somministrazione.
Il Ministero della salute emana, altresì, un decreto annuale nel quale sono indicate le quantità di sostanze
stupefacenti e psicotrope che possono essere annualmente fabbricate sia per il consumo nazionale sia per
l’esportazione, in conformità alle quote assegnate all’Italia dall’organo di controllo internazionale,
International Narcotics Control Board (INCB) di Vienna.
Qui la C. è citata come stupefacente, senza spiegare perché, date le premesse anteriori
alla citazione, e non è nemmeno ricordata la sua utilità terapeutica.
Dalla citazione precedente della Commissione Europea (in grassetto, poche righe più in
alto), si comprende che una sostanza da sottoporre a controllo internazionale sia
pericolosa (e soltanto l’OMS ha la competenza per deciderlo), e quindi da vietare,
perché:
- ha un forte (se bisogna valutarlo, deve essere “forte”, se no sarebbe da vietare quasi
ogni attività umana) potere di generare dipendenza (ma è dimostrato che la C. non dà
dipendenza)
- una scarsa o nulla ( se no sarebbe un crimine non permetterne il loro utilizzo) utilità
terapeutica (per la C. ci sono numerose possibilità di utilizzo terapeutico, più di quelle della
stragrande maggioranza dei medicinali in commercio)
- creare dei (gravi) problemi di ordine sociale (ma nel caso del consumo di Cannabis i soli
problemi “di ordine sociale “ vengono dalla sua proibizione)
- creare dei problemi di salute pubblica (non è il caso della Cannabis, ma quello di tante
altre sostanze che ci costringono ogni giorno a mangiare, bere, inalare, assorbire,
sostanze che sono di provata pericolosità e che non si possono bandire per pressioni delle
industrie).
In più, questi problemi dovrebbero essere generati dall’abuso delle sostanze da vietare.
Quindi dovrebbe (in teoria) essere vietato l’ abuso di sostanze pericolose; qualunque
sostanza classificata come “stupefacente”, e quindi da vietare, dovrebbe almeno avere
qualcuno dei parametri di pericolosità che deve valutare l’Organizzazione Mondiale della
Sanità. Ma la C. perché continua dunque ad essere considerata come “pericolosa”?
Contestiamo dunque l’inserimento della C. fra le sostanze da essere sottoposte a
controllo.
Nel nostro ordinamento legislativo, l’unico reato a cui può essere riconducibile l’uso di
qualunque sostanza è quello di “abuso di bevande alcoliche”: proprio di abuso qui si parla,
che comporta il manifestare comportamenti pubblicamente riprovevoli, dove
pubblicamente e manifestare sono condizioni essenziali del reato. (art.688: “soggiace a
pena chiunque in luogo pubblico o aperto al pubblico è colto in stato di manifesta
ubriachezza” –Antolisei, “Manuale di diritto penale”, pag. 497:”Abuso di bevande
alcoliche”).
Ho chiesto anche se ci sono motivazioni al divieto dell’uso di Cannabis, perché la C. è
classificata fra le sostanze più pericolose esistenti… ho cercato le varie convenzioni
internazionali, e risulta che la prima convenzione a vietare la C. fu quella del1925. In
seguito le convenzioni e i protocolli del 1931, del 1936, del 1946, del 1948 e del 1953 non
nominano più la C., fino a quella del 1961, che classifica la nostra amata pianta addirittura
in una tabella a parte, insieme ai più pericolosi derivati dell’oppio. In nessuna di queste ci
sono motivazioni della proibizione.
Ho fatto fare queste domande anche a:[email protected]:
…vorrei sapere le motivazioni del divieto dell'uso della cannabis e perché gli stupefacenti sono soggetti ad
un regime di restrizione. Grazie e ciao.
Ecco la risposta (di Massimo Ribaudo):
In merito alla domanda posta, per un'esauriente trattazione del tema, sarebbero necessarie decine di
pagine di analisi.
Proverò a dare una risposta sintetica.
Al di là di ragioni filosofiche e sociologiche, l'ordinamento giuridico vieta un determinato comportamento in
ragione del
danno che da quel comportamento possa derivare al singolo o ai gruppi. Vi sono poi divieti che riguardano
anche
il "pericolo" di danno e quindi la mera possibilità che un determinato comportamento si realizzi.
Il diritto PROIBISCE in quanto si sostituisce alla libera determinazione del singolo, poichè non ritiene il
singolo
agente, seppur maggiorenne, in grado di comprendere gli effetti, non solo individuali, ma anche sociali, della
propria azione.
Le sanzioni, per chi viola il divieto, possono essere di tipo penale o amministrativo.
Il carcere, costituzionalmente, dovrebbe tendere ad effetti rieducativi del soggetto e mai repressivi.
Questo è un modello giuridico che ha circa tre secoli di storia. Un modello, si potrebbe dire, "paternalistico".
Vorrei ricordare come tale impostazione non è mai stata sostanzialmente modificata in Italia (così come nel
resto d'Europa), neppure successivamente
alla fine della seconda guerra mondiale.
E giungiamo al proibizionismo giuridico moderno. Il proibizionismo, (e, chiaramente, il pensiero si rivolge al
tema dell'alcol nell'america degli anni '30),
a mio giudizio è una tecnica normativa - nonchè un'opzione politica - che scaturisce da modelli filosofici di
stato etico che vuole educare i cittadini al "vivere sano", secondo parametri religiosi, morali e
pseudoscientifici. Non a caso gli stati maggiormente proibizionisti sono gli Stati Uniti, la Russia (come lo fù
l'Urss), gli stati islamici del Pacifico e la Cina.
Poi c'è il proibizionismo "d'accatto", all'italiana.
Si deve far vedere alla cittadinanza che "si fa qualcosa" per prevenire situazioni di pericolo, sia in astratto
che in concreto.
Questo provoca il contrabbando. Perchè l'assuntore della sostanza "sà" che il potere pubblico sta mentendo
alle sue spalle. E le organizzazioni criminali ne approfittano.
(Droga e armi sono le due prime voci delle entrate illegali in Italia, con cifre superiori a diverse leggi
finanziarie).
Qualche piccola annotazione sul modello italiano.
Oggi si può acquistare come farmaco da banco un prodotto a base di nicotina (il famoso cerotto
transdermico) che, nelle avvertenze, presenta la possibilità
per l'utilizzatore di subire un' overdose letale ove egli, durante la terapia transdermica, continui ad assumere
nicotina attraverso le sigarette.
Si può morire di Niquitin. Ed è un farmaco da banco.
Nessuno è mai morto di overdose di THC, i cui valori di pericolosità sono così alti per l'uomo che sarebbe
quasi impossibile
assumerli in una singola assunzione.
Tutti i rapporti tossicologici confermano che la cannabis non è letale. Illustri studi hanno confermato che la
cannabis non dà dipendenza "fisica" come, invece, purtroppo, è causato dalla nicotina.
Lo stesso discorso vale per molteplici altre sostanze. In Italia si vende liberamente l' Iperico, (un
antidepressivo erboristico), che in Germania necessita di ricetta medica, in quanto può causare psicosi
compulsive ed atteggiamenti suicidi.
In Italia è proibita la vendita di prodotti a base di Efedrina, che, negli Stati Uniti, sono considerati integratori
alimentari in libera vendita nei supermercati.
E sto citando qualche esempio tra i più comuni.
Si deve quindi andare verso un'amministrazione sanitaria delle sostanze di abuso, ( mi permetto di rilevare
che il termine "drug" in inglese si riferisce alle medicine), e mantenere nell'ambito penale soltanto i fenomeni
di contrabbando ingente.
Si deve però ricordare come, anche nell'attuale vigenza della legge 309/90, il consumo esclusivamente
personale, (e la conseguente detenzione), sia da considerarsi
un comportamento sanzionabile solo amministrativamente.
Ove la personale detenzione di cannabis sia superiore ai quantitativi determinati dal Ministero della Salute,
una volta che il soggetto detentore dimostri la finalità all'esclusivo uso personale, nessuna condanna penale
può trovare giustificazione.
(Si può trovare)un link relativo al mio intervento all'Assemblea 2005 dell'associazione antiproibizionisti.it
relativo a questi temi: http://www.antiproibizionisri.it/assemblea2005/022.m3u
Riassumo brevemente il link (in versione audio), veramente notevole di considerazione:
Ribaudo inizia specificando che l’impegno antiproibizionista è quello di andare contro la
cultura della proibizione: è in atto il tentativo, estremamente grave, di proibire il progresso
scientifico…. In democrazia il diritto viene dalla base sociale: è da ciò che pensa la società
che si forma una base di regole… Cos’è la proibizione? Volontà di tutela dello stato di
difendere gli interessi di una parte della popolazione…
Storicamente,il processo democratico si attiva dapprima in Europa: in Inghilterra, con la
rivoluzione del 1688, poi in Francia. In America la rivoluzione nasce per non pagare le
tasse sul the agli inglesi, dunque come risposta ad un proibizionismo… Ribaudo parla di
“consapevolezza”, di necessità di chiedersi, consapevolmente, “perché deve essere
proibito?”…
Il primo proibizionismo, quello contro l’alcol negli Usa, ha creato uno straordinario potere
della criminalità… poco dopo cominciarono ad uscire le analisi del fenomeno: grazie al
proibizionismo nasce la voglia di altre sostanze (cocaina, cocacola…); il danno economico
è enorme; c’è un aumento del consumo di alcol, un aumento della criminalità e dei suoi
guadagni, un aumento della corruzione (e la corruzione è grave, perché i cittadini perdono
la fiducia nelle istituzioni)…
La Commissione Inglese del 1894 (vedi più avanti), la più completa opera sull’uso della C.
mai realizzata, conclude che: …l’uso moderato è la regola e l’abuso è un comportamento
eccezionale: gli effetti contro la salute nel primo caso sono inesistenti e nel secondo non
sono rilevanti…
Ribaudo prosegue dicendosi contrario ad una liberizzazione, ma favorevole ad una
legalizzazione: il referendum è un modello per affermare cosa pensa il corpo sociale (la
popolazione) come legislatore. Bisogna chiedere alla scienza, e porre sotto controllo
amministrativo le sostanze. Ad esempio, la regolamentazione del divieto di fumare in locali
pubblici è un controllo amministrativo…
Bisogna rimuovere il concetto di “proibizione”, bisogna cambiare modo di pensare
attraverso consapevolezza e trasparenza. Questo è compito anche dei giuristi,che devono
ammettere che (l’ uso di C.) è un fenomeno normale, che va amministrato, tendendo a
permettere la coltivazione di un numero di piante sufficienti all’uso personale, in linea con
la volontà del corpo referendario: l’uso personale non è un comportamento lesivo di diritti
altrui, ma se gli utilizzatori non possono prodursi ciò che cercano, saranno costretti a
rivolgersi altrove (leggi mercato nero-criminalità organizzata)…
Grazie a questo sistema di controllo c’è PAURA. La consapevolezza di chi autocoltiva è:
“Io lo faccio per non dare soldi alla mafia”….
E mi sembra un motivo più che valido per essere considerati buoni cittadini, e non
criminali.
In Europa ci sono più di 65 milioni di persone che usano C. Non penso che il 20% della
popolazione siano dei criminali, drogati o tossicomani per questo. L’Europa (al contrario
degli usa) propone al mondo una visione di civiltà basata sulla tolleranza,il rispetto e il
riconoscimento della capacità di decisione dell’individuo, su basi di confronto scientifico e
con informazioni trasparenti.
Il Parlamento Europeo promuove una serie di comitati, gruppi di studio, agenzie e
convegni sul problema delle “droghe”. Queste sono le sue raccomandazioni:
Raccomandazione del Parlamento europeo destinata al Consiglio e al Consiglio europeo sulla
strategia europea in materia di lotta contro la droga (2005-2012) (2004/2221(INI))
Il Parlamento europeo ,
– vista la proposta di raccomandazione destinata al Consiglio presentata da Rosa Díez González, a
nome del gruppo PSE sul progetto di strategia antidroga dell'UE (2005-2012) (B6-0070/2004),
Continuano altri 27 riferimenti a trattati, regolamenti, ecc
–
.A. considerando che il consumo ed il commercio di droga raggiungono livelli molto elevati in tutti
gli Stati membri e che tale problema non può essere risolto singolarmente da ciascuno Stato; che,
per tale motivo, è essenziale che l'Unione europea adotti una vera politica europea nell'ambito della
lotta contro le droghe e la attui in modo integrato e globale, avvalendosi di tutti i mezzi necessari per
prevenire e risolvere i problemi sanitari e l'emarginazione sociale che provoca alle persone, nonché
per riparare il danno alla società causato dalla criminalità organizzata connessa alle droghe,
B. considerando che la produzione e il commercio delle sostanze stupefacenti costituiscono la principale
fonte di profitto delle mafie europee e contribuiscono alla loro capacità di corruzione e di impunità,
C. considerando che, nonostante le politiche fino ad oggi attuate a livello internazionale, europeo e
nazionale, il fenomeno della produzione, del consumo e del commercio delle sostanze illecite contenute
nelle tre convenzioni delle Nazioni Unite sopra citate raggiunge livelli molto elevati in tutti gli Stati membri e
che, di fronte a tale fallimento, è essenziale che l'Unione europea riveda la sua strategia generale in materia
di sostanze stupefacenti,
D. considerando che il Consiglio GAI ha deciso, nella sua riunione dell'8 giugno 2004, che doveva essere
attuata una nuova strategia dell'UE in materia di lotta contro la droga per il periodo 2005-2012 sulla base di
due piani di azione dell'UE contro la droga, ciascuno della durata di tre anni (2005-2007 e 2009-2011) e
seguito da un periodo di valutazione di un anno (2008 e 2012), e che tale strategia sarebbe stata adottata
durante il Consiglio europeo del dicembre 2004,
E. considerando che, il 6 luglio 2004, la Presidenza olandese del Consiglio ha presentato al gruppo
orizzontale sulla droga un progetto di strategia europea in materia di lotta contro la droga (2005-2012)
(CORDROGUE 53) che teneva conto delle conclusioni della conferenza, tenutasi il 10 e 11 maggio 2004 a
Dublino, relativa ad una strategia dell'UE sulle droghe (CORDROGUE 36) e che tale progetto è stato
successivamente esaminato nelle sue riunioni del 7 e 8 settembre e del 30 settembre e 1° ottobre 2004,
F. considerando che il Consiglio sta negoziando, in seno al gruppo orizzontale sulla droga e al CATS
(comitato ai sensi dell'articolo 36 del trattato UE), il contenuto del progetto di strategia antidroga dell'Unione
europea (2005-2012) senza conoscere le valutazioni politiche e tecniche sulla strategia antidroga dell'UE
(2000-2004) o sull'applicazione del piano di azione sulle droghe dell'UE (2000-2004) elaborate dalla
Commissione e dall'OEDT e i cui risultati sono stati presentati dalla Commissione al Consiglio GAI il 25-26
ottobre 2004 e dall'OEDT al Parlamento il 24 novembre 2004, permettendo di valutare in che misura sono
stati realizzati gli undici obiettivi generali e i sei obiettivi principali definiti come parte della strategia
dell'Unione europea contro la droga (2000-2004),
G. considerando che la Commissione sugli stupefacenti delle Nazioni Unite dovrà avviare il processo
preparatorio della riunione dell'Assemblea generale dell'ONU in materia di stupefacenti del 2008, a dieci
anni dalla sessione speciale del 1998,
H. considerando la necessità di predisporre urgentemente obiettivi precisi, quantificabili e operativi onde
appurare in quale misura abbiano comportato risultati gli obiettivi e provvedimenti definiti nella precedente
strategia,
I. ritenendo che, per evitare ogni analisi riduttiva dei molteplici problemi legati al fenomeno della droga, i
rischi che comportano le droghe devono essere analizzati, tra l'altro, da un punto di vista scientifico,
sociologico e culturale, non solo esaminando con precisione i dati oggettivi e comparabili, ma anche
valutando attentamente ogni altro tipo di implicazioni e danni per lo sviluppo di una società, e auspicando
che dette analisi e valutazioni vengano rese pubbliche,
J. considerando che la politica nazionale in materia di droghe deve basarsi su conoscenze scientifiche
relative ad ogni tipo di droga e non su impulsi emotivi, essendo inteso che ogni problema connesso con le
droghe postula un approccio specifico, giacché un approccio generico mina la credibilità degli aspetti
settoriali di detta politica,
K. ritenendo altresì fondamentale che, sulla base di tali valutazioni ed analisi, si avvii un processo di
revisione delle politiche in materia di sostanze stupefacenti al fine di renderle più efficaci ed efficienti rispetto
agli obiettivi da raggiungere, dedicando particolare attenzione alle politiche alternative che già oggi in molti
Stati membri raggiungono risultati migliori, ad esempio rispetto alla diminuzione delle morti per stupefacenti,
alla tutela della salute e al reinserimento sociale ed economico dei tossicodipendenti,
1. raccomanda al Consiglio e al Consiglio europeo, nella definizione della futura strategia europea in
materia di lotta contro la droga (2005-2012) e, in generale, in relazione alla politica dell'Unione europea in
materia di droga:
2.
a) di ridefinire una cooperazione europea in vista di una politica sulla droga volta a fronteggiare il traffico
di droga transfrontaliero e su larga scala, che affronti il problema da tutti i punti di vista e sia basata su
un approccio scientifico, sul rispetto dei diritti civili e politici e sulla tutela della vita e della salute degli
individui;
b) di determinare chiari, precisi e quantificabili obiettivi e priorità che possano essere tradotti in indicatori
e azioni operativi nell'ambito dei futuri piani d'azione, ferma restando la necessità di definire con la
massima chiarezza le responsabilità e le scadenze relative alla loro attuazione, tenendo conto del
principio di sussidiarietà; ai fini di una sollecita attuazione, occorre un'impostazione multidisciplinare a
livello europeo in ordine a detti obiettivi chiaramente definiti (coordinamento, informazione, valutazione
e cooperazione internazionale);
c) di prendere coscienza del fatto che le valutazioni sinora realizzate per quanto riguarda i sei obiettivi
principali definiti nella strategia antidroga dell'UE (2000-2004) dimostrano che nessuno di essi ha
conseguito risultati favorevoli e di trarne quindi le conseguenze politiche e legislative nell'elaborazione
della strategia europea in materia di lotta contro la droga (2005-2012) e dei relativi Piani d'azione;
d) di tener conto delle valutazioni relative all'attuazione dei sei obiettivi principali della strategia
dell'Unione europea in materia di droghe;
e) di basare maggiormente la nuova strategia su ricerche scientifiche e su una approfondita e strutturale
concertazione con gli operatori in tale settore negli Stati membri;
f) di fondare la nuova strategia dell'UE in materia di lotta contro la droga sulle basi giuridiche, istituzionali
e finanziarie che derivano dall'efficacia delle azioni sinora intraprese e dalla promozione delle migliori
prassi;
g) Di rafforzare la ricerca sociale e scientifica sulle sostanze illecite a fini medici e sociali;
h) di predisporre un'alternativa all'attuale frammentazione finanziaria, creando una nuova linea di bilancio
che sia strettamente collegata a tutte le misure che dovranno essere previste nei futuri piani di azione
che saranno adottati dalla Commissione poiché, altrimenti, non potranno essere conseguiti gli obiettivi
definiti nella strategia antidroga;
i) di creare una linea di bilancio specifica, al fine di facilitare un processo dinamico di consultazione con
le organizzazioni interessate della società civile e con esperti professionali indipendenti in merito
all'impatto delle politiche in materia di droga al livello dei cittadini;
j) di intraprendere una valutazione dettagliata dell'efficacia dell'attuazione della strategia precedente,
segnatamente per quanto attiene:
–
–
–
–
k)
l)
m)
n)
o)
alla prevenzione dell'uso e della dipendenza
alla riduzione dell'offerta e della domanda di droghe illecite
alla limitazione del danno sociale (marginalizzazione)
alla limitazione dei danni alla salute
alla riduzione dei reati minori e del crimine organizzato connessi con la droga,
e di non adottare la nuova strategia europea in materia di lotta contro la droga (2005-2012)
senza conoscere i reali risultati ottenuti con la strategia precedente, misurati attraverso le
pertinenti valutazioni tecniche, scientifiche, legislative e politiche;
di informare periodicamente il Parlamento europeo, conformemente ai principi di legittimità
democratica, trasparenza e cooperazione leale tra le istituzioni, sui progressi dei negozati sulla
strategia europea in materia di lotta contro la droga (2005-2012) in seno al Consiglio;
di consultare in tempo utile il Parlamento europeo prima dell'adozione della strategia europea in
materia di lotta contro la droga (2005-2012), affinché si tenga conto del suo parere;
di proporre misure totalmente diverse da quelle attualmente selezionate al fine di conseguire l'obiettivo
generale del progetto di strategia antidroga dell'Unione europea, dando priorità alla salvaguardia della
vita e alla tutela della salute dei consumatori di sostanze illecite, al miglioramento del loro benessere e
della loro protezione mediante un approccio equilibrato e integrato al problema, poiché quelle proposte
sono totalmente inadeguate;
di rafforzare i meccanismi europei di cooperazione, perché l'UE a 25 ha i suoi confini più vicini ai paesi
da cui proviene la droga, al fine di contenere il traffico di stupefacenti verso l'Unione e di definire
chiaramente e sviluppare il nuovo meccanismo europeo di coordinamento, anche per il tramite
dell'OEDT, nell'ambito della politica in materia di droghe, per conseguire un approccio integrato,
multidisciplinare ed equilibrato al problema della droga, oggi più che mai necessario a seguito
dell'adesione di dieci nuovi Stati membri;
di migliorare, a seguito dell'adesione di dieci nuovi Stati membri, il coordinamento e lo scambio di
informazioni all'interno dell'Unione nell'ambito della politica in materia di droghe, al fine di conseguire
un approccio integrato, multidisciplinare ed equilibrato del problema della droga che tenga anche conto
degli incoraggianti risultati ottenuti, ampiamente documentati dai vari Stati membri nonché da altri
Il documento continua con la proposta considerata ad inizio testo (in inglese):
EXPLANATORY STATEMENT
The EU's anti-drugs strategy must be based not on ideology but on scientific assessments,
which must be taken as a starting point for any serious policy designed to combat the spread
of drugs and related illegal activities.
Narcotics consumption is on the increase within Europe and this constitutes the clearest
evidence that the repressive, prohibitionist policies pursued by the EU Member States are
powerless to combat the drugs trade, which continues to be one of the most important sources
of income for organised crime and terrorist organisations.
According to a study involving 7600 young people (aged between 15 and 24) which was
carried out in April/May 2004 by Eurobarometer on behalf of the Commission, obtaining
drugs is very easy in all European countries and the main reasons for consuming such
substances are curiosity and the thrill of breaking society's rules.
In particular, data contained in the Lisbon Monitoring Centre's 2003 annual report indicate
that 'cannabis remains the most commonly used drug in the EU, with many countries
reporting lifetime prevalence rates in excess of 20 % of the general population. A
conservative estimate would suggest that at least one in every five adults in the EU has tried
the drug. Indicators suggest that cannabis use has been increasing across the EU, although this
increase appears to have stabilised in some countries, albeit at what can generally be
considered to be historically high levels.'
Generalisations must therefore be avoided when drugs are classified, since not all narcotic
substances have the same effects and - as scientific studies have shown - certain substances
(in particular, so-called 'light drugs') are not addictive.
The other factor - in addition to the increase in the use of narcotics - which should be taken
into account in the EU's strategy is the mortality relating to narcotics use: the number of
AIDS-related deaths is falling, whilst the number of deaths caused by a drugs overdose is
stable or is still increasing.
This is another statistic which illustrates the inescapable fact that the current strategy is failing
to achieve the objectives of protecting individuals and improving the well-being of society.
The current anti-drugs strategy leaves criminal and terrorist mafias and organisations quite
unperturbed; if anything, their annual turnover is increasing as they reap the profits of the
drugs trade. According to Europol the overall statistics reveal that drugs seizures are
concentrated in just a few countries, which account for approximately 75% of all seizures
carried out in the world in respect of any type of illegal drug. According to the Europol report
on organised crime, drugs production and trafficking continue to be the main activity pursued
by criminal groups in the EU. No other field of organised crime is quite so profitable.
Drugs-related crime may be considered to include contravention of drugs legislation, offences
committed under the influence of illegal drugs and offences committed by drug addicts in order to finance their habit
(mainly housebreaking and shoplifting), together with 'systemic'
crimes committed in connection with the functioning of illegal markets ('turf wars', corruption
of officials, and so on).
For these reasons a Community project should be launched for the purpose of introducing
alternative forms of detention, so that drugs repression ceases to focus exclusively on
imprisonment. The anti-drugs strategy should be regarded as a form of social intervention
concentrating on the reasons for social unrest with a view to preventing drugs use by refining
a strategy of repression which is currently targeted solely at drug users.
Hence the damage-reduction strategy must be given priority. Measures designed to minimise
drugs-related damage to health, to reduce the number of deaths and to subdue any breach of
the peace have become an integral part of many of the Member States' drugs strategies and a
clear political priority in most countries. The implementation of initiatives designed to reduce
damage is described in the Member States' literature on the subject as 'very important', 'highly
significant', 'fundamental', ' priority' and 'a key aspect of our national drugs strategy'.
Il Parlamento Europeo sta valutando l’opportunità di emendare la Convenzione Unica del
1961 per razionalizzare la classificazione delle sostanze in lei elencate (da: “Documento di
lavoro sulle Convenzioni ONU sulle sostanze stupefacenti – Parlamento europeo).
Sarà interessante ricordare la storia della proibizione, ho trovato un testo molto attento
nell’analizzarla: (da: www.antiproibizionisti.it/media/tesimassimilianoSfregola.pdf)
… è bene ricordare che fino al 1914 (Harrison act, usa), la disponibilità di oppio in tutte le forme conosciute, morfina,
laudano e derivati minori rimase inalterato ed anzi si diversificò ulteriormente quando apparve sul mercato la
diacetilmorfina, sintetizzata nel 1847 dal medico inglese Wright; fu commercializzata dalla “piccola fabbrica di
coloranti di F. Bayer, che grazie a questo farmaco e all’aspirina divenne un gigante mondiale, e prese il nome di
eroina (dal tedesco heroisch)…
Nel 1909, alla Conferenza di Shangai, 12 Stati ... convennero sulla necessità di controllo in particolare della morfina,
mentre gli Usa… gettavano le basi per l’inserimento anche delle altre sostanze…
Nel 1912, si tenne un’altra Conferenza; abbandonata la formula della commissione di studio si scelse di tentare una
strada che potesse vincolare i partecipanti alle decisioni prese.
Vennero perciò inviati dei ministri plenipotenziari.
Le nazioni coinvolte furono 46 e lo scontro si mostrò da subito analogo a quello che aveva animato la precedente
Conferenza; gli U.S.a., in piena campagna di proibizionismo totale, (non a caso nel 1914 sarebbe stato approvato
l’Harrison Act che avrebbe regolamentato la materia fino alla fine degli anni ‘60) ,mentre le altre si batterono
energicamente per ottenere un sistema a cui venisse garantita la massima flessibilità. Articolata in 3 parti, la
Convenzione che ne scaturì, fu il frutto di estenuanti trattative; nella prima si trattò l’oppio e le limitazioni al suo
commercio, nella seconda l’oppio lavorato -quello da fumare- destinato
nei progetti delle parti a sparire. Nella terza medicinali a base di oppio e cocaina.
Tuttavia,si decise a Ginevra-nel 1925-di adottare altre due Convenzioni;una sull’oppio lavorato e l’altra sull’oppio
grezzo e le altre droghe. – è in questa Conferenza che si inserisce per la prima volta la C. fra le sostanze da proibire, su
proposta dell’Egitto.
… (Negli Usa) presto anche coca e marijuana furono inserite nella lista delle sostanze sottoposte a controllo e fu
istituito il Centrali Narcotica Board.
L’allarme provocato dalla stampa americana, “it was estimated that there
are at least 1,500,000 drug addicts in this country, many of them boys and girls” non ha un grande riscontro nelle
vicende d’oltreoceano;
“..In Spagna, dove tra il 1920 e il 1930 le farmacie vendevano morfina, oppio e cocaina con o senza ricette, si
registrarono solo sei casi di overdose mortale con queste droghe, cinque dei quali furono suicidi..”.
Difficile stabilire l’entità dell’epidemia, ma sopratutto il livello di sovrastima dovuta ad interessi di parte; è ormai
palese,fin dalla Conferenza di Ginevra, come la droga fosse ormai entrata a pieno titolo tra le vicende dell’agenda
politica.
… un delicato aspetto dell’intreccio politico-economico … si stava delineando ;”..rientrava nella tattica dei poteri
coloniali dare all’opinione pubblica l’impressione che drogarsi fosse un vizio esotico orientale e che si insinuava nei
paesi dell’occidente passando per le banchine e i bassifondi; mentre il vero pericolo (...) stava
non nell’oppio o nell’hashish dell’oriente “depravato” bensì nelle droghe provenienti dai laboratori farmaceutici,
dell’occidente “civile”.
Le sostanze di sintesi, quali morfina, cocaina ed eroina, per quanto proposte come alternativa valida, civile ed
‘occidentalè di rimedi tradizionalmente appartenenti a società e culture diverse, sono comunque surrogati; prodotti in
laboratorio, lanciati sul mercato, spesso irresponsabilmente ed infine combattuti con un clamore equivalente al lancio
pubblicitario. L’assenza di sincronia tra entusiasmo e bando, tra
lancio di rimedi miracolosi e feroci campagne di criminalizzazione, per la condanna dell’oppio, dell’hascisc,
dell’alcol, della morfina, della cocaina e dell’eroina assume i caratteri propri di una disputa religiosa; in queste
vicende è mancato l’elemento laico, che facesse propendere per una seria sperimentazione e moderasse le tentazioni
repressive che in un’epoca di grandi sconvolgimenti sociali hanno preso il sopravvento lasciando indelebilmente il
segno. Non bisogna trascurare come in luoghi diversi del mondo
sopravvivessero, sedimentate spesso da millenni, tradizioni nelle quali sostanze come oppio, hascisc ed allucinogeni
venivano utilizzate per scopi religiosi e ricreativi, e che i trattati ignoravano, mentre le altre, il
cui utilizzo voluttuario è medico è sempre stato identificato con il “vizio”, nascevano dai laboratori delle industrie
farmaceutiche.
I ragionamenti antropologici e culturali, in questa prima fase, hanno un peso modesto; nel 1931 viene approvata una
nuova Convenzione, più restrittiva e di dettaglio della precedente; “..dal punto di vista giuridico (...) applico’ i principi
dell’economia controllata ad un gruppo di merci per accordo internazionale, ma inoltre regolamento’ tutte le fasi di
produzione delle droghe pericolose , attribuendo alla Commissione
Centrale Permanente un numero di funzioni che richiedevano un cospicuo aumento del personale.
Le droghe furono intese per la prima volta a fini esclusivamente scientifici; con la successiva Convenzione del 1936, (nella convenzione del 1931 e in quella del 1936 la C. non viene nominata) - venne prevista l’adozione
di misure penali, per dare piena attuazione alla precedente .
Il dibattito sulle droghe, che aveva animato con vicende alterne, circa un trentennio sembrò giunto al capitolo
conclusivo.
Ben presto, però, le nuove generazioni nate con il secondo dopoguerra, mostrarono la fragilità della strada intrapresa
dai governi .
La Marijuana: il più curioso caso di proibizione
La marijuana, ha una storia ed una tradizione particolare e gli eventi che hanno condotto ad una sua considerazione
da parte delle Istituzioni sono persino più controversi di quelli relativi ad alcol ed oppiacei….
La canapa indiana, classificata in indica e sativa da Linneas nel 1753, non ha in realtà destato particolare
preoccupazione fino al ‘900.
L’8 ottobre del 1800, Napoleone proibì con un editto l’uso dell’hascisc in Egitto, allora protettorato francese, con
l‘accusa di “provocare deliri violenti e delitti di ogni genere” . L’unico risultato concreto, fu di
estendere la conoscenza questa sostanza al mondo scientifico. Tuttavia perse di interesse rispetto ad oppiacei e coca
poichè ne era sconosciuto il principio attivo…
Essendo massiccia la diffusione nel sub continente indiano, gli inglesi intravidero un‘ottima opportunità commerciale,
per la quale però si rendeva necessaria una disciplina.
In realtà , nel protettorato britannico una regolamentazione esisteva già ma era generica, di difficile applicazione
pratica, ed in ogni caso riguardava esclusivamente l’India.
Tuttavia nel 1893, la Camera dei Comuni decise di “vederci più chiaro”; nominò 7 membri, che in 86 udienze,
stilarono una dettagliatissima istruttoria durata circa 8 mesi (fino all’aprile del 1894). Considerando
l’autorevolezza della fonte, il documento -ben 3698 pagine- resta tutt’oggi la più dettagliata opera sulla marijuana -“The Indian Hemp Drug Commission,1894”.
Queste le conclusioni;
Viewing the subject generally, it may be added that the moderate use ofthese drugs is the rule, and that the excessive
use is comparativelyexceptional. The moderate use practically produces no ill effects. In all
but the most exceptional cases, the injury from habitual moderate use is not appreciable. The excessive use may
certainly be accepted as very injurious, though it must be admitted that in many excessive consumers
the injury is not clearly marked. The injury done by the excessive use is, however, confined almost exclusively to the
consumer himself; the effect on society is rarely appreciable. It has been the most striking feature in this inquiry to find
how little the effects of hemp drugs have obtruded themselves on observation. The large number of witnesses of all
classes who professed never to have seen these effects, the vague statements made by many who professed to have
observed them, the very few witnesses who could so recall a case as to give any definite account of it, and the manner
in which a large proportion of these cases broke down on the first attempt to examine them, are facts which combine to
show most clearly how little injury society has hitherto sustained from hemp drugs
Le conclusioni sono sorprendenti, se valutate alla luce delle attuali politiche sulla cannabis: non esistono valide
regioni per considerare il documento ‘fazioso’:
… l’etichetta negativa con la qualevenne definita la marijuana dopo il marijuana tax act del 1937, non rese più
possibile un giudizio globale sulla canapa che esulasse dalle sue caratteristiche psicoattive.
Agli inizi del ‘900 le proprietà della cannabis , in america, erano praticamente sconosciute ma nello stesso periodo
“..Geometric increases in Mexican immigration after the turn of the century naturally resulted in the formation of
sizeable Mexican-American minorities in each western state..1. Nuovamente una droga legata agli usi tradizionali di
una minoranza etnica in crescita fu posta fuori-legge, come avvenuto per i cinesi con l’oppio e come si sarebbe
verificato di li a breve anche per gli immigrati europei con l’alcol, fu posta fuori-legge.
Il meccanismo di criminalizzazione ha seguito, però, in questo caso un percorso differente ; possiamo definire quella
della cannabis una proibizione “residuale”, in quanto unica sostanza “sopravvissuta” ai
provvedimenti che si erano avvicendati dal Pure Food and Drug Act del 1906 in poi.
… Aslinger - Il principale “nemico “della C. negli anni dell’inizio della sua proibizione - “..aveva compilato un
dossier con proteste di associazioni di inquilini contro messicani consumatori di marijuana, per appoggiare la sua
convinzione che quella sostanza produceva inclinazioni irrefrenabili alla violenza e alla lussuria.
Le voci dissidenti, rimasero di fatto inascoltate, anche se a volte le dissidenze erano autorevoli; l’allora sindaco di
New York, Fiorello La Guardia, sollecitato dalla nuova normativa ad intraprendere una
campagna contro l’uso della marijuana, decise invece di promuovere una nuova inchiesta che fornisse maggiori
elementi di certezza; “.I was a member of the House of Representatives and, heard of the use of
marihuana by soldiers stationed in Panama. I was impressed at that time with the report of an Army Board of Inquiry
which emphasized the relative harmlessness of the drug “
Le conclusioni non si discostarono di molto da quelle cui si era giunti 50 anni prima in India; non furono trovati nessi
convincenti tra criminalità ed uso di marijuana e gli elementi in possesso deponevano a favore di una limitata
pericolosità sociale .
Ma ormai le norme proibizioniste erano state approvate, e la marijuana faceva ormai parte delle minacce alla società,
insieme a cocaina ed oppiacei.
Alle stesse conclusioni arrivarono le varie Commissioni governative, dal 1950 in poi.
Se si lascia passare un sopruso sulla propria pelle, tanto più facile sarà essere ciechi e
sordi a tutti i soprusi che avvengono su altri esseri viventi: guerre, vivisezione di animali,
torture…. Posso girare per le campagne con un fucile in mano, ma non posso farmi una
canna!
Questo stato di cose, questo sistema di vita non mi piace. C’è una pianta (che viene da un
altro mondo?) che mi fa accettare un po’ di più questo mondo, e me la vogliono togliere.
Perché?
La mia lotta è per la C., mia alleata nella vita, ma appoggio chiunque si batta per liberare
qualunque sostanza -tipo Morales (ricordo ai nostri politici che Morales è il Presidente
della Bolivia) per la coca, o tutti i proprietari di negozi di “smart drugs”-, dimostrando
l’assurdità della proibizione, il danno sociale, materiale e morale che provoca, e la
necessità di riconoscere all’ individuo il massimo potere di libera scelta sulla propria
persona.
TUTTO IL CASTELLO DELLA PROIBIZIONE SI BASA SULLA PAURA E SULLA
DIFFUSIONE DELLA PAURA. La paura fa stare male. E la diffusione della paura viene
subita da parte di chi decide, da parte di chi è obbligato a credere a delle menzogne, da
parte di chi deve far rispettare quelle menzogne, da parte di chi subisce le conseguenze di
quelle menzogne: 90000 segnalazioni all’anno per stupefacenti vuol dire almeno 90000
famiglie nella paura.
È ora di farsi coraggio e dire basta! Siamo milioni, e non siamo criminali!
È ora di fare denunce decise e dirette alla magistratura, contro l’incostituzionalità, la
tendenziosità, la falsità e la truffa contro la pubblica fede di questa legge. Di denunciare i
suoi promulgatori e tutti quelli che l’appoggiano per plagio, corruzione, divulgazione di
notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico … è ora che i mezzi di
comunicazione comincino a dire la verità senza moralismi, pregiudizi e paure (qualcuno lo
fa, ma sono troppo pochi e troppo poco seguiti). Quello della C. può essere solo l’inizio...
Chiedo ai lettori di questo scritto di discutere di questi problemi con più gente possibile,
soprattutto con i “proibizionisti”. È solo con l’informazione che si crea coscienza.
P.S.
Si è dimesso il governo… guarda caso proprio prima di “decidere quando discutere” del
problema “droghe”. Sì, perché, nonostante fosse una delle priorità del nuovo governo
cambiare subito la legge sulle droghe, dopo 281 giorni non si era ancora fatto nulla. Si era
arrivati al punto che alcuni parlamentari avevano da tempo iniziato uno sciopero della
fame perché fosse calendarizzata la discussione delle proposte di legge. Tutto questo è
inquietante.
(oggi, 28-2-07, prima di spedire questo scritto, aggiungo che è vergognoso che non si parli
più da nessuna parte (politica) della necessità di cambiare la legge sulle “droghe”. Intanto
è un problema che riguarda “solo” circa la metà della popolazione…)
Nel “Quadro generale e strumenti dell’unione europea in materia di droga”, nel paragrafo
che parla dell’Interpol si afferma che: L’Organizzazione è stata istituita nel 1923 e da
allora è giocoforza constatare che le problematiche attinenti al traffico illecito di sostanze
stupefacenti e psicotrope mobilitano gran parte delle sue attività e dei suoi agenti. In
Svizzera tutti sono d’accordo per la liberalizzazione della cannabis … ma non si fa nulla. Il
parlamento europeo invita al ricorso alla ragione, e non alla superstizione per affrontare i
problemi (anche quelli creati dalle stesse associazioni internazionali?). … Che cosa
succede? Quali sono i crimini? Perché tutto questo? Perché, in tutto il mondo, (gli usa
hanno pagato perché si scatenasse) tanto accanimento contro alcune sostanze, e la C. in
particolare? CHE COSA, NELLA CANAPA, FA TANTA PAURA AL LORO (e purtroppo
NOSTRO) SISTEMA? Perché non possiamo aprire gli occhi? Perché non si vuole che ci
sia la consapevolezza? Perché le aree del mondo tradizionalmente produttrici di C. sono
colpite da guerre finché non ne impediscono la produzione e la conoscenza?
Se assistiamo ad un ingiustizia o una prevaricazione e non interveniamo siamo noi stessi
colpevoli. Dobbiamo intervenire con consapevolezza per la difesa del riconoscimento della
capacità di intendere e volere di ogni singolo essere umano. Se ci riconosciamo dotati di
ragione, non possiamo permettere che altri gestiscano la nostra esistenza. Anche se
qualcuno ci ritiene tali (per “ci” intendo qui “tutti quelli che devono subire le scelte di
modus vivendi”), non è giusto lasciarsi trattare come “bestiame”: lasciarsi nutrire, portare
al pascolo e produrre quello che serve al “possessore del bestiame”.
SIAMO MILIONI … MA NON CONTIAMO NIENTE
Milioni di cittadini chiedono di poter esprimere un certo comportamento, e qualcuno non
vuole che altri si comportino in un dato modo (che, sia ben chiaro, non crea a questo
qualcuno alcun danno. La legge, e il pensiero proibizionista negano a milioni di persone
quello che non vuole qualcuno (se questo qualcuno non lo vuole, si comporti in altro
modo. Nessuno lo obbliga).
In Italia milioni di persone usano Cannabis. Tutti quelli che la usano vorrebbero poter farlo
liberamente (con la limitazione di non nuocere ad altri).
Quando si parla del proibizionismo, si parte, storicamente, con il considerare il
proibizionismo dell’alcol negli Usa. Ma in Italia non abbiamo mai proibito l’alcol. C’è (in
questo caso, ma purtroppo spesso non è così) una tradizione di civiltà, rispetto e
considerazione e riconoscimento dell’altrui capacità di scelta (anche di scegliere di farsi
male), che ha portato a condannare i comportamenti pericolosi per gli altri, legati all’abuso
dell’alcol. E’ quindi condannata l’ubriachezza palese in luogo pubblico. Dove palese è
sinonimo di comportamenti offensivi o lesivi l’altrui persona. Non ci si immagina certo di
punire il semplice uso. Viene condannato anche l’assumere un quantitativo di alcol
superiore ad un certo limite e poi porsi alla guida, perché è dimostrato che l’abuso di alcol
è fra le maggiori cause di incidenti stradali.
Ma il cittadino, in privato, può (e deve potere) assumere tutto l’alcol che vuole (e offrirlo a
chi vuole, se questi è maggiorenne, responsabile e in grado di intendere e di volere),
senza doverne rendere conto a nessuno, se non a se stesso. Anche in questo caso:
finché il comportamento non danneggia nessun altro.
Non c’è, almeno finora, la concezione del divieto dell’uso dell’alcol, ma solo del suo abuso.
Ben sapendo che l’alcol è una sostanza di facile abuso, ma riconoscendo comunque
(nonostante 30000 morti l’anno, nonostante le migliaia di incidenti e le decine di migliaia di
problemi famigliari che crea) che non si può vietare una libera scelta.
I milioni di persone che utilizzano Cannabis, per la stragrande maggioranza si limitano
all’uso. L’abuso è raro, ma, anche in questo caso, i comportamenti “pericolosi” o “lesivi
degli altrui diritti” dove sono?
Se bevo troppo alcol e mi metto alla guida, mi sento un pilota (con i riflessi appannati!) e
facilmente farò qualche imprudenza. Se fumo troppa CANNABIS non avrò voglia di
mettermi alla guida. Se lo dovrò fare mi renderò ben conto di essere “alterato” (non
succede così con l’alcol), starò più attento e andrò più piano: chiedetelo a tutti i fumatori,
checché ne dicano alcuni proibizionisti ( vedi www.aduc – notiziario droghe, 27-02-07.
Saranno “disinformati”?). Tant’è che i fumatori di CANNABIS hanno una percentuale di
incidenti minore dei non fumatori.
Se abuso di alcol posso diventare aggressivo e violento. I casi sono numerosissimi. Se
abuso di Cannabis probabilmente vorrò dormire, comunque non avrò voglia di discussioni
polemiche e mi sentirò più bendisposto verso il prossimo, con un accresciuto senso del
“non dare fastidio ad altri”. Qualunque fumatore può sperimentarlo e confermarlo. Anche
comunque ammettendo che, in rari casi, l’abuso di cannabis può essere nocivo (tutti gli
abusi possono essere nocivi, se bevo 10 litri di acqua in una volta, non starò molto bene),
perché, improvvisamente, l’uso di questa sostanza è stato proibito? Perché continua ad
esserlo? Perché i cittadini sono considerati “a volte” responsabili e “a volte” no?
Io non sono un ragazzino, sono più di 30 anni che fumo CANNABIS, e continuo per questo
ad essere perseguitato e considerato un criminale … Non mi sembra di aver perso l’uso
della ragione, né di aver fatto male a nessuno, per il fatto che uso CANNABIS.
Com’è possibile che milioni di persone vengano criminalizzate per un comportamento che
non è lesivo di nulla? Com’è possibile che questi milioni siano terrorizzati e obbligati a
nascondere il loro comportamento, pur sapendo di essere dalla parte della ragione? Come
si permette un’altra persona di dirmi cos’è bene e cos’è male per me, senza conoscere
quello che sto usando?
I tifosi del gioco del calcio hanno spesso comportamenti incivili e violenti. Spesso ci sono
dei morti. Nessuno pensa di vietare il tifo, né il gioco del calcio, anche se è facile farsi
male solo giocandolo (e probabilmente se si cercasse di farlo, ci sarebbe una rivoluzione).
La guida delle automobili spesso è causa di morte, o infermità. Ci sono un limite di velocità
e un codice di comportamenti da rispettare. Le auto in genere possono andare molto più
veloci dei limiti che ci sono, ed il rispetto delle norme del codice è affidato al guidatore
dell’auto, che si reputa responsabile della sua condotta.
Perché non si riconosce questa responsabilità a chi usa CANNABIS, invece di
un’automobile?
Il cibo è un bisogno primario. Lo è anche la necessità di cambiare stato mentale, ma
qualcuno non lo vuole riconoscere, anche se lo fa normalmente. “Ne uccide più la gola che
la spada”: verissimo, ma ci si rende conto che non si possono proibire o imporre abitudini
alimentari, anche se è necessaria una corretta e scientifica informazione (che purtroppo
manca) su quello che ingeriamo ogni giorno.
Ecco. È necessaria una informazione corretta, non un divieto, su quegli atti personali
(privati), che presumono una scelta da parte di individui in grado ed in dovere di
autodeterminarsi le proprie vite.
Altrimenti siamo considerati, e ci lasciamo considerare, poco più che oggetti: incapaci di
intendere e di volere.
Siamo milioni, e non ci reputiamo dei pazzi, né tantomeno criminali. Facciamo valere le
nostre ragioni. In fretta, prima che questa nuova inquisizione faccia altre vittime, già troppo
numerose.
Per la cannabis, come per qualunque altra scelta di vita, nessuno deve decidere per noi
(titolo del libro di U. Veronesi sul testamento biologico, che contiene ampie visioni di
autodeterminazione).
Anche se sia da considerare malato soltanto il “tossicodipendente” (che dipende da una
sostanza tossica), e non il semplice assuntore, deve essere sua libera scelta il tipo di cure,
e se curarsi. Sicuramente, in una società civile devono essere presentate al malato
diverse possibilità di cura, e deve essere suo libero arbitrio il poter decidere se e quale.
Non si può, ad esempio, obbligare un malato di cancro a cicli di chemioterapia, ma
bisogna prospettarglieli (informando anche degli effetti collaterali), se c’è la possibilità di
guarigione o di prolungamento della vita. Starà al malato la scelta. E visto che “si pensa
alla salute dei cittadini”, bisognerebbe anche informarli correttamente sulle possibilità di
ammalarsi di cancro.
Invece la nuova legge contro le “droghe” promuove e consiglia l’utilizzo di “centri di
recupero” privati: buona parte di questi sono strutture-lager, finanziate dal governo (con i
soldi dei contribuenti) e dai poveri disgraziati che ci finiscono dentro, costruite allo scopo di
provare programmi di destrutturazione della personalità e controllo delle menti, per avere
una schiera in più di obbedienti “consumatori”. E ben si vedono i risultati sulla psiche di chi
esce da queste strutture: persone ridotte a soggetti considerati, ridotti ad agire e costretti a
pensare come ritardati mentali.
Non è questo il mondo “civile”, in cui gli uomini dovrebbero essere considerati uguali.
Franco