Laboratorio fisica nucleare e subnucleare I

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Laboratorio fisica nucleare e subnucleare I
Laboratorio fisica nucleare
e subnucleare I
Livio Bianchi
Andrea Girardi
Grazia Luparello
A.A. 2005/2006
Indice
I
Misura della vita media del muone a riposo
3
1 Introduzione e scopo dell’esperienza
4
2 Strumentazione utilizzata
7
3 Misure preliminari
3.1 Determinazione delle soglie di discriminazione
niente dai PM . . . . . . . . . . . . . . . . . .
3.2 Efficienza di rivelazione degli scintillatori . . .
3.3 Curva di coincidenza . . . . . . . . . . . . . .
sul
. .
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segnale prove. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
. . . . . . . . .
9
11
15
4 Montaggio setup e misure di vita media
4.1 Scelta della logica di trigger . . . . . . . . .
4.2 Programma di acquisizione dati . . . . . . .
4.3 Discriminazione tra decadimenti di µ+ e µ−
4.4 Vita media . . . . . . . . . . . . . . . . . .
4.4.1 Misura con Scaler digitale . . . . . .
4.4.2 Misura con Scaler Camac . . . . . .
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20
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9
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5 Conclusioni
29
II
30
Misura del coefficiente di assorbimento di raggi γ
6 Obiettivo dell’esperimento
31
7 Materiale usato e setup sperimentale
32
8 Misure preliminari
34
8.1 Rapporto di amplificazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 34
8.2 Determinazione della tensione di alimentazione . . . . . . . . . . 34
9 Misura del coefficiente di assorbimento
37
9.1 Dati raccolti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 37
9.2 Analisi dati . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
9.3 Conclusioni . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 40
INDICE
III
2
Calibrazione del multicanale
41
10 Obiettivo dell’esperimento e setup sperimentale
42
10.1 Strumentazione utilizzata . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 42
11 Procedura sperimentale
12 Dati raccolti e analisi dati
12.1 Dati raccolti . . . . . . . . . . . . . .
12.2 Analisi dati . . . . . . . . . . . . . .
12.2.1 Calibrazione del multicanale .
12.2.2 Risoluzione . . . . . . . . . .
13 Conclusioni
44
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45
45
46
46
47
50
Parte I
Misura della vita media del
muone a riposo
Capitolo 1
Introduzione e scopo
dell’esperienza
Lo scopo dell’esperienza è quello di misurare la vita media del muone a riposo.
Il muone (µ) è una particella elementare appartenente alla famiglia dei leptoni
dotata di carica e, come tutte le particelle cariche, perde energia nell’interazione
con la materia.
L’idea centrale dell’esperienza è quella di sfruttare come sorgente di µ i
raggi cosmici e di fermarli in un blocco di vetro scintillante (dopo essere passati
attraverso un opportuno spessore di piombo), in modo da poterne valutare il
tempo di decadimento nel sistema di riferimento del laboratorio.
In questo modo si trascura l’intervallo di vita del muone che intercorre tra la
sua produzione nell’atmosfera ed il suo arrivo nell’apparato sperimentale. Va
tuttavia detto che i µ che raggiungono la superficie terrestre hanno un impulso
medio di circa 2 GeV e sono quindi relativistici, infatti:
p µ = mµ · β · γ
pµ ≃
2 GeV
.
c
In unità naturali si avrà quindi che:
β·γ =
2000M eV
pµ
=
≃ 20
mµ
105M eV
1
≃ 20
β·p
1 − β2
⇒
β ≃ 0, 9988
Le leggi della relatività speciale ci garantiscono quindi che la sottostima nel
valutare la vita media può, in questo caso, essere ignorata. L’apparato utilizzato
per eseguire la misura è riportato schematicamente in Figura 1.1.
5
Figura 1.1: Setup per vita media µ
Può essere utile calcolare l’intervallo di quantità di moto dei muoni che
riescono a fermarsi nel blocco di vetro scintillante dopo aver attraversato lo
spessore di piombo (∼ 10 cm). Per fare ciò consideriamo che la perdita media
di energia delle particelle nella materia è:
M eV
dE
≃ 2 g
dX
cm2
e quindi:
dE
M eV
≃ 1, 58
dx P b
cm
dE
M eV
≃ 6, 68
.
dx V etro
cm
Nel piombo il muone perderà:
dE
· ∆xP b ≃ 230 M eV
dE =
dx P b
e nel vetro scintillante:
dE =
dE
dx
V etro
· ∆xV etro ≃ 100 M eV.
Si può quindi concludere che si fermeranno all’interno dell’apparto sperimentale
solo quei muoni che hanno un’energia compresa nell’intervallo:
230 M eV < Eµ < 330 M eV
6
Per quanto riguarda il decadimento del µ é necessario fare alcune puntualizzazioni. Il µ− possiede due canali di decadimento:
• cattura nucleare: p + µ− → n + νµ
• decadimento spontaneo: µ− → e− + ν e + νµ
Il µ+ possiede un solo canale di decadimento:
• decadimento spontaneo: µ+ → e+ + νe + ν µ
Il processo di cattura nucleare per il µ− avviene in materiali con alto Z, in
quanto dipende dal numero di protoni presenti nella materia ed avviene molto
piú velocemente rispetto al processo di decadimento spontaneo. Quindi, proprio
per l’esistenza di questo canale di decadimento, la vita media del µ− nella materia è certamente minore rispetto a quella del µ+ e non corrisponderà alla vita
media del muone a riposo da noi cercata. Per questo motivo è stato necessario
scartare i dati provenienti dai decadimenti di µ− con una tecnica descritta del
paragrafo Discriminazione tra decadimenti di µ+ e µ− .
Capitolo 2
Strumentazione utilizzata
• 1 Scintillatore Plastico di TEST (A):
utilizzato per misure sul rumore di fondo e sull’efficienza del blocco scintillante (“B”). Tale scintillatore è caratterizzato da un tempo di diseccitazione degli atomi eccitati molto breve e dunque il segnale prodotto
risulta essere molto stretto sulla scala temporale. Inoltre, è accoppiato
ad un fotomoltiplicatore a 12 stadi con dinodi Linear Focusing piuttosto
veloci. In questo modo i segnali sono generati in un tempo di ≃ 20 ns.
La tensione di alimentazione massima applicabile al fotomoltiplicatore è
di 2400 V.
• 2 Scintillatori Plastici (S1 ed S2):
della stessa tipologia dello scintillatore di test e anche questi accoppiati a
fotomoltiplicatori a 12 stadi con dinodi Linear Focusing.
E’ importante che lo scintillatore S1 sia più piccolo del Blocco Scintillante
(vedi punto successivo) in modo da avere una configurazione geometrica
tale che se un raggio cosmico incide sullo scintillatore S1, allora incide
anche sul Blocco B.
• 1 Blocco di Vetro Scintillante (B):
questo scintillatore è caratterizzato da un tempo di diseccitazione maggiore di quello degli altri scintillatori; questo fa sı̀ che si abbia un segnale con
una larghezza temporale maggiore. Inoltre, tale blocco scintillante è usato
accoppiato ad un fotomoltiplicatore a 8 stadi con dinodi a Veneziana che
risulta più lento rispetto ai fotomoltiplicatori Linear Focusing.
La tensione massima applicabile a questo fotomoltiplicatore è di ∼ 2000V.
• Alimentatore stabilizzato:
usato per l’alimentazione dei fotomoltiplicatori. E’ diviso in 4 parti in modo da poter fornire la tensione, opportunamente impostata in precedenza,
ad ognuno dei 4 PM.
• Discriminatore analogico-digitale (Mod.623B LeCroy):
permette di trasformare i segnali analogici che superano la soglia impostata in segnali logici NIM. Il discriminatore usato è suddiviso in 8 canali.
E’ possibile variare l’altezza della soglia da un minimo di 31 mV.
8
• Modulo per le coincidenze(N.405 CAEN):
diviso in quattro canali, con la possibilità di scegliere tra coincidenza AND
o OR per ogni canale. E’ anche possibile impostare la larghezza temporale
del segnale in uscita.
• Moduli di Delay (Mod.N108 CAEN):
si tratta di moduli passivi consistenti in una serie di cavi coassiali che
introducono un ritardo nella trasmissione del segnale proporzionale alla
loro lunghezza.
• Scaler digitale (Mod.LE-194):
permette di leggere su un display il numero di segnali logici in ingresso in
un intervallo di tempo impostato (in secondi o minuti).
• Timing Units:
permettono,all’arrivo di un segnale logico, di creare una finestra temporale
la cui durata è impostabile manualmente. Alla fine della finestra viene
creato un segnale detto End Marker (largo circa 5 ns).
• Pulse Generator:
tale dispositivo accetta in ingresso due segnali logici, uno di START e uno
di STOP. All’arrivo del segnale di START parte un treno di impulsi quadri
di periodo 100 ns che si interrompe all’arrivo del segnale di STOP.
• Crate CAMAC:
in cui sono posti il Crate Controller, lo STATUS A, e uno Scaler
C257 CAEN.
Il Crate Controller è interfacciato con il computer e con gli altri moduli
Camac attraverso un BUS a 24 bit.
Lo STATUS A impone un veto alle coincidenze quando il PC sta acquisendo un dato.
Lo Scaler è interfacciato tramite BUS allo STATUS A e al Crate Controller.
• Cavi coassiali di diversa lunghezza:
permettono di collegare tra loro i diversi elementi dell’elettronica. Bisogna
tener conto del fatto che cavi di diversa lunghezza introducono ritardi diversi nella trasmissione del segnale, in particolar modo quando si vogliono
mettere in coincidenza due segnali.
Tutti i segnali logici usano la logica NIM:
• Ampiezza in tensione del segnale= 0 V→ Segnale logico: FALSE;
• Ampiezza in tensione del segnale= -0.8 V → Segnale logico: TRUE.
Capitolo 3
Misure preliminari
Prima di poter eseguire la misura vera e propria della vita media del muone,
è stato necessario eseguire alcune misure sugli strumenti utilizzati, in modo da
poter settare opportunamente alcuni parametri utili alla riuscita dell’esperienza.
Queste misure possono essere riassunte nei seguenti punti:
• Determinazione delle soglie di discriminazione sul segnale proveniente dai
PM;
• Efficienza di rivelazione degli scintillatori;
• Curva di coincidenza.
3.1
Determinazione delle soglie di discriminazione sul segnale proveniente dai PM
Per poter determinare le soglie di discriminazione è necessario valutare il rumore
di fondo dei fotomoltiplicatori. Non potendo eseguire la misura su tutti fototubi
usati, si è deciso di utilizzare come campione il PM accoppiato allo scintillatore
più piccolo (A).
E’ stato separato il fototubo dallo scintillatore e si è schermata dai fotoni la
Figura 3.1: Valutazione del rumore del PM
3.1. DETERMINAZIONE DELLE SOGLIE DI
DISCRIMINAZIONE SUL SEGNALE PROVENIENTE DAI PM10
finestra d’ingresso foderandola con una plastica scura. In questo modo tutto
il segnale proveniente dal fototubo non poteva che essere dovuto al rumore di
fondo. La misura è stata eseguita realizzando lo schema riportato in Figura 3.1:
il fototubo è stato collegato all’alimentatore stabilizzato e il segnale analogico
in uscita è stato prelevato con un cavo coassiale e portato ad un discriminatore,
alla cui uscita si è posto uno scaler.
E’ stato letto il numero di segnali contati dallo scaler in un tempo stabilito
al variare del valore di soglia impostato sul discriminatore. Le soglie sono state
selezionate ruotando un piccolo cacciavite all’interno del foro del discriminatore
contrassegnato dalla scritta TH (threshold). All’aumentare della soglia il numero di segnali con ampiezza maggiore diminuisce fino a che la soglia risulta
talmente alta che nessun segnale la supera e quindi nessun segnale arrivava allo
scaler. A questo punto si cambia la tensione di alimentazione dello scintillatore
e si ripetute la stessa procedura.
Soglia (mV)
100
70
50
40
35
31
Conteggi (HV 2100 V)
2
4
14
22
26
59
Conteggi (HV 2000 V)
20
148
658
1149
1681
1982
Tabella 3.1: Rumore
I dati ottenuti sono riportati in Tabella 3.1: le incertezze sui conteggi sono
da assumersi poissoniane (radice quadrata del conteggio) e sulle soglie è stata
fissata un’incertezza di 1 mV. I grafici ottenuti sono invece mostrati in Figura
3.2 e Figura 3.3, dove è stata anche riportata la curva (o la retta in scala
logaritmica) di interpolazione, ottenuta tramite un fit.
Discriminazione segnale da fototubo HHV:2100VL
Discriminazione segnale da fototubo HHV:2100VL
4
60
3
LnHConteggiL
Conteggi
50
40
30
2
20
1
10
0
0
30
40
50
60
70
Soglia HmVL
80
90
100
30
40
50
60
70
Soglia HmVL
80
90
100
Figura 3.2: Valutazione del rumore al variare della soglia (HV: 2100V)
3.2. EFFICIENZA DI RIVELAZIONE DEGLI SCINTILLATORI11
Discriminazione segnale da fototubo HHV:2000VL
Discriminazione segnale da fototubo HHV:2000VL
2000
7
LnHConteggiL
Conteggi
1500
1000
6
5
4
500
3
0
30
40
50
60
70
Soglia HmVL
80
90
100
30
40
50
60
70
Soglia HmVL
80
90
100
Figura 3.3: Valutazione del rumore al variare della soglia (HV: 2000V)
I risultati dei fit sono riportati di seguito:
HV: 2100 V
Esecuzione fit lineare
Tipo di curva ricercata: y = a + b*x
Parametri stimati:
a = (5.6±0.3)
b = (-0.058±0.008)
Test del χ2
χ2 = 8.4
dof= 4
χ2r = 2.1
P(χ2r ≥ χ2r stimato) = 7.68 ≥ 5%
Ipotesi di aderenza accettata
HV: 2000 V
Esecuzione fit lineare
Tipo di curva ricercata: y = a + b*x
Parametri stimati:
a = (9.7±0.1)
b = (-0.067±0.002)
Test del χ2
χ2 = 3.4
dof= 4
χ2r = 0.84
P(χ2r ≥ χ2r stimato) = 50.1 ≥ 5%
Ipotesi di aderenza accettata
Per determinare la soglia di discriminazione si è deciso di vedere la soglia per
la quale il numero di conteggi di rumore eguaglia il numero di conteggi dovuti
a raggi cosmici.
Si sa che il rate dei cosmici è di 100 Hz
m2 srad; ricordando che lo scintillatore
in questione ha un’area di circa 100 cm2 , ci si aspetta ∼ 1 conteggio
s·m2 . Dai dati
precedentemente riportati segue che fissando i parametri di alimentazione e
soglia a 2000 V e 50 mV si ottengono 3.56 conteggi/s. Ritenendo accettabili tali
valori, si è considerato utile continuare a lavorare con i suddetti settaggi.
3.2
Efficienza di rivelazione degli scintillatori
L’efficienza di un rivelatore indica quante delle particelle che colpiscono l’apparato vengono effettivamente rivelate.
Per poter fare una misura di questa caratteristica è quindi opportuno realizzare
lo schema riportato in Figura 3.4, con il quale si intende verificare se al passaggio di un raggio cosmico (che lascia una traccia negli scintillatori superiore ed
inferiore), questo viene visto dal rivelatore centrale.
La misura consiste sostanzialmente nel verificare se c’è coincidenza tripla
A*B*S2 in corrispondenza della coincidenza doppia A*S2. In realtà ciò che si fa
è semplicemente contare il numero di coincidenze doppie e quello di coincidenze
3.2. EFFICIENZA DI RIVELAZIONE DEGLI SCINTILLATORI12
Figura 3.4: Setup per determinazione dell’efficienza
triple, senza verificare la corrispondenza specifica.
Questo perchè ciò che è utile calcolare è il rapporto tra i due conteggi:
ǫ=
Ntriple
Ndouble
dove ǫ è l’efficienza del rivelatore.
Si dimostra inoltre che l’efficienza trovata in questo modo non dipende dalle
efficienze dei due rivelatori di trigger (ǫ1 ed ǫ2 ):
Ndouble = N ǫ1 ǫ2
Ntriple = N ǫ1 ǫ2 ǫ
ǫ=
N ǫ1 ǫ2 ǫ
Nǫ
Ntriple
=
=
Ndouble
N ǫ1 ǫ2
N
dove N indica il numero di muoni incidenti.
Per poter eseguire la misura descritta è stato necessario portare ad un modulo di coincidenza i segnali provenienti da A, da S2 e da B. I segnali provenienti
da A e S2 sono stati portati ad una coincidenza doppia (AND) e non è stato
necessario introdurre un ritardo relativo poiché usando l’oscilloscopio si è visto
che erano sovrapposti. L’uscita della coincidenza doppia è stata portata ad una
nuova coincidenza AND con il segnale proveniente da B, in modo da avere coincidenza tripla A*B*S2. In questo caso è stato necessario introdurre un ritardo
nel segnale A*S2 di circa 50 ns per poterlo sovrapporre a quello proveniente dal
blocco.
Inoltre é stata impostata la larghezza dei segnali logici, in modo da poter
avere una coincidenza ben funzionante: la larghezza del segnale A*S2 é stata impostata a 50 ns, mentre quella del segnale proveniente dal blocco a 100
ns.
La stessa procedura è stata ripetuta per la determinazione della curva di
efficienza dello scintillatore plastico S1, con l’ausilio dei rivelatori A e B per il
trigger.
3.2. EFFICIENZA DI RIVELAZIONE DEGLI SCINTILLATORI13
Per quanto riguarda l’efficienza del blocco scintillante i dati ottenuti sono
riportati in Tabella 3.2 e graficati in Figura 3.5, mentre per lo scintillatore i dati
sono stati riportati in Tabella 3.3 e graficati in Figura 3.6.
Efficienza blocco scintillante
HV (V) Ndouble
Ntriple
1900
149
129
1850
149
134
1800
169
153
1700
155
132
1600
192
134
1550
183
57
1500
167
18
Efficienza scintillatore S1
HV (V) Ndouble Ntriple
2200
255
156
2100
266
166
1900
227
118
1700
226
0
Tabella 3.3: Efficienza S1
Tabella 3.2: Efficienza blocco
Figura 3.5: Curva di efficienza B
3.2. EFFICIENZA DI RIVELAZIONE DEGLI SCINTILLATORI14
Figura 3.6: Curva di efficienza S1
Va sottilineato che per attribuire un’incertezza ai valori di efficienza è stata
usata una statistica Bernoulliana (distribuzione binomale): questo consente di
avere incertezze che non definiscano intervalli fiduciali parzialmente al di fuori
del range di variabilità di ǫ [0,1], che non avrebbero fisicamente significato.
Effittivamente la misura di ǫ equivale all’esecuzione di Ndouble prove nelle quali
si hanno Ntriple successi: ǫ è la probabilità di successo, 1-ǫ è la probabilità complementare.
In definitiva la probabilità Bernoulliana è data da:
Ntriple
· ǫNtriple · (1 − ǫ)Ndouble −Ntriple
P (Ndouble , Ntriple ) =
Ndouble
con un errore sul numero di conteggi tripli dato da:
p
Ndouble · ǫ · (1 − ǫ) .
σNtriple =
Si può quindi direttamente calcolare l’errore sull’efficienza come:
s
σNtriple
Ntriple
1 p
Ntriple
Ndouble · ǫ · (1 − ǫ) =
σǫ =
.
=
· 1−
2
Ndouble
Ndouble
Ndouble
Ndouble
Le curve trovate mostrano la presenza di un plateau nella parte terminale. In genere si imposta la tensione appena sopra il ginocchio in modo da far
si che piccole oscillazioni di tensione provochino impercettibili variazioni d’efficienza. Tuttavia è necessario che il blocco riveli sia il muone che si ferma,
sia l’elettrone risultato del decadimento del µ. E’ quindi necessario conoscere
3.3. CURVA DI COINCIDENZA
15
l’energia dell’elettrone prodotto dal µ in modo da sapere quale sarà l’ampiezza
del segnale.
Se il muone decade fermo e si trascurano le masse dei neutrini, per conservazione del quadrimpulso totale si ha (in unitá naturali c = 1):
pνµ
0=~
pe− + ~
pν̄e + ~
q
mµ− = m2e− + p2e− + pν̄e + pνµ
Quando neutrino muonico e antineutrino elettronico vengono entrambi emessi
con direzione opposta a quella dell’elettrone:
pe−
= pν̄e + pνµ
max
q
mµ− = m2e− + p2e− max + pe−
max
Trascurando la massa dell’elettrone (≃ 0.5M eV ) rispetto a quella del muone
(≃ 105M eV ) si ottiene:
pe−
≃ 53 M eV
max
q
m2e− + p2e− max ≃ pmax
Ee−
=
max
Ee−
= 53 M eV
max
Osservando all’oscilloscopio il segnale analogico proveniente dal blocco scintillante a 1900 V di tensione applicata, si è visto che aveva un’ampiezza di circa
100 mV.
Quindi per un elettrone che può perdere al massimo ∼ 50M eV avremo un
segnale di ∼ 50mV . Avendo il discriminatore una soglia minima impostabile
di 30 mV, al massimo si potranno rivelare il 50% degli elettroni prodotti. Se
si applicasse una tensione al PM accoppiato al blocco di 1750 V (subito sopra
il ginocchio della curva), si avrebbe un segnale per i µ di ∼ 55mV e per gli
elettroni di ∼ 27mV . In questo caso il segnale non supererebbe pressoché mai
la soglia di discriminazione.
Si è quindi deciso in definiva di impostare tensioni e soglie come segue:
HV
Blocco: (1900 ± 1) V;
S1: (2100 ± 1) V;
S2: (2400 ± 1) V.
3.3
Soglie
Blocco: (31 ± 1) mV;
S1: (31 ± 1) mV;
S2: (31 ± 1) mV.
Curva di coincidenza
La misura della vita media del muone, cosı̀ come è stata in parte descritta
nel primo capitolo, dal punto di vista sperimentale passa per la costruzione di
coincidenze logiche (vedi capitolo Scelta della logica di trigger ).
3.3. CURVA DI COINCIDENZA
16
Per poter mettere in coincidenza segnali provenienti da apparati di rivelazione differenti è necessario conoscere la curva di coincidenza dell’apparato:
bisogna cioè sapere l’esatto ritardo da dare ad alcuni dei segnali per poter far
si che essi arrivino contemporaneamente (o quasi) al modulo logico.
Nel nostro caso le differenze di tempo tra i segnali da mettere in coincidenza
sono dovute a più cause, tra le quali:
• la differenza di materiale tra gli scintillatori S1/S2 e B, che si esplicita in
un differente tempo di formazione del segnale;
• le differenti caratteristiche tecniche dei fotomoltiplicatori accoppiati a S1/S2
rispetto a quello accoppiato a B (in particolare le differenze nel numero e
nella disposizione dei dinodi);
• fenomeni di jitter (time walk) dovuti alle differenti ampiezze d’impulso
provenienti dai vari fotomoltiplicatori (vedi Figura 3.7)
Figura 3.7: fenomeno di time walk
Assumendo nulla la differenza di tempo tra gli arrivi dei segnali da S1 e da
S2, si è valutata la curva di coincidenza tra S1 e B.
Si sono semplicemente fatti passare i segnali discriminati provenienti da S1 e da
B attraverso dei moduli di delay e sono stati portati ad una coincidenza AND;
infine l’uscita di questa coincidenza è stata portata ad uno scaler.
Siamo cosı̀ stati in grado di rilevare il numero di conteggi di coincidenza al
variare del ritardo impostato con i moduli di delay. Per convenzione abbiamo
considerato positivi i ritardi su S1 e negativi quelli su B. I dati ottenuti sono
stati riportati in Tabella 3.4.
Graficando i dati ottenuti si ottiene l’andamento della curva di coincidenza
(riportato in Figura 3.8), che mostra come vi sia una zona (compresa tra i 40 e
i 100 ns) per la quale i conteggi di coincidenza sono massimi.
3.3. CURVA DI COINCIDENZA
Ritardo (ns)
-40
-30
-20
0
20
30
40
50
60
70
80
90
95
100
110
120
130
140
Conteggi coinc.
38
40
87
151
169
396
623
652
662
687
692
678
540
385
117
63
51
33
17
Conteggi blocco
256387
268126
269579
261495
267738
263834
269502
263574
274193
258723
253761
266682
262132
257355
262195
259274
Conteggi S1
146061
144785
146569
151026
163144
148798
160586
151322
158097
150365
144698
161740
149560
158821
147512
153166
Tabella 3.4: Dati curva di coincidenza
Curva di coincidenza
700
Num.coincidenze
600
500
400
300
200
100
0
-25
0
25
50
Delay HnsL
75
Figura 3.8: Curva di coincidenza
100
125
150
3.3. CURVA DI COINCIDENZA
18
Questo ci dice che per tali valori di ritardo i segnali provenienti da S1 e B
rispettivamente si sovrappongono e riescono a dare il segnale di coincidenza.
Va sottolineato che i ritardi riportati in tabella vanno intesi come ritardi
effettivi poiché la cablatura è stata effettuata in modo da introdurre un ritardo
uguale per entrambi i segnali. Da tutto ciò segue che nel prosieguo dell’esperienza sarà oppurtuno settare un ritardo sui segnali scintillanti pari al valor medio
del plateau di coincidenza.
Per poter trovare il valor medio del plateau sono stati eseguiti tre fit: la
retta di ascesa, quella di discesa e quella di plateau. I risultati sono riportati di
seguito.
Retta ascendente
Esecuzione fit lineare
Tipo di curva ricercata: y = a + b*x
Parametri stimati:
a = (-290±60)
b = (23±2)
Test del χ2
χ2 = 0.
dof= 1
χ2r = 0.
P(χ2r ≥ χ2r stimato) = 100%≥ 5%
Ipotesi di aderenza accettata
Retta discendente
Esecuzione fit lineare
Tipo di curva ricercata: y = a + b*x
Parametri stimati:
a = (3200±200)
b = (-28±2)
Test del χ2
χ2 = 0,1
dof= 2
χ2r = 0,06
P(χ2r ≥ χ2r stimato) = 94,47%≥ 5%
Ipotesi di aderenza accettata
Retta di plateau
Esecuzione fit lineare
Tipo di curva ricercata: y = a + b*x
Parametri stimati:
a = (590±40)
b = (1,2±0,6)
Test del χ2
χ2 = 1,2
dof= 4
χ2r = 0,3
P(χ2r ≥ χ2r stimato) = 87,91%≥ 5%
Ipotesi di aderenza accettata
Come si può notare l’ultimo fit, nonostante il test del χ2r abbia dato esito
positivo, non può essere considerato soddisfacente poiché la retta trovata non
è orizzontale. Ci siamo perciò avvalsi di una tecnica differente per la determinazione della retta di plateau: assumendo il coefficiente angolare pari a zero,
l’unico parametro che resta da valutare è l’intercetta della retta; ma l’intercetta
è calcolabile come la media pesata dei conteggi di plateau. Con questo metodo
si ottiene:
a = (660±10)
Per ottenere ora il valor medio della campana di coincidenza non si è fatto altro
che calcolare le intersezioni delle rette e trovarne il punto medio che è risultato
essere posizionato a:
(66 ± 5)ns.
3.3. CURVA DI COINCIDENZA
19
Nella parte sinistra del grafico si può notare la presenza di un secondo plateau più piccolo. La curva non va infatti bruscamente al minimo come fa nella
parte destra, ma presenta un gradino. Questo può essere dovuto ad un problema di updating. Infatti il segnale proveniente dal blocco scintillante è molto
frastagliato e può fare accidentalmente partire due volte il segnale logico, che
quindi risulta avere in definitiva una larghezza maggiore e può in qualche caso
sovrapporsi al segnale proveniente da S1.
Figura 3.9: Fenomeno di updating
In Tabella 3.4 sono stati anche riportati i conteggi in singola per il blocco scintillante e per lo scintillatore plastico per poter calcolare il numero di
coincidenze spurie attese teoricamente sulle code della curva.
Infatti il numero di conteggi corrispondenti a ritardi relativi molto grandi
non è rigorosamente zero, ma tende ad un valore minimo dovuto a coincidenze
tra il segnale di un rivelatore e il rumore dell’altro.
La formula per il calcolo delle coincidenze spurie attese è:
C ≃ (WS1 + WB ) · NS1 · NB
Sono stati espressi i conteggi in singola in unità di tempo e sono stati calcolati
i valori di C per ogni delay considerato. Infine si è eseguita una media pesata
che ha fornito il risultato:
Catteso = (0, 052 ± 0, 008) s−1
Il valore di coincidenze spurie osservato agli estremi della curva di coincidenza
(media pesata tra il dato all’estrema destra e quello all’estrema sinistra) è:
Cmisurato = (0, 15 ± 0, 02) s−1
Il valore non coincide e questo è probabilmente dovuto al fatto che le coincidenze
spurie da noi osservate sono troppo alte poichè non si trovano ancora all’estremo
della curva.
Capitolo 4
Montaggio setup e misure
di vita media
Terminate le misurazioni preliminari (necessarie a determinare alcuni parametri
di funzionamento della strumentazione utilizzata) ci si è apprestati a misurare
la vita media del muone; non prima, però, di aver affrontato alcuni problemi di
carattere tecnico che possono essere riassunti nei seguenti punti:
• Scelta della logica di trigger;
• Settaggio programma di acquisizione dati;
• Discriminazione tra decadimenti di µ+ e µ− .
4.1
Scelta della logica di trigger
Come già ricordato in precedenza l’idea centrale dell’esperienza è quella di sfruttare come sorgente di µ i raggi cosmici e di fermarli in un blocco di vetro scintillante (dopo essere passati attraverso un opportuno spessore di piombo), in
modo da poter valutarne il tempo di decadimento nel sistema di riferimento del
laboratorio. Per rivelare l’arrivo e l’arresto del µ nel vetro scintillante è possibile
utilizzare tre logiche di trigger differenti:
• S1*B*S2: è il trigger più selettivo, consente di verificare che il µ sia passato
per S1, per B e non per S2; questo garantirebbe che il raggio si sia fermato
nel vetro.
• S1*B: è un trigger meno selettivo, consente di verificare solo che il µ sia
passato per S1 e per B.
• B: è il trigger meno selettivo, consente di verificare solo che il µ sia passato
per B.
I tre trigger sono visualizzati in Figura 4.1.
4.1. SCELTA DELLA LOGICA DI TRIGGER
21
Figura 4.1: Logiche di trigger a confronto
Andiamo ad analizzare nel dettaglio il funzionamento del primo trigger (il
più elaborato); le altre due logiche sono delle dirette semplificazioni. Lo schema
rappresentante questa logica di trigger è riportato in Figura 4.2.
Figura 4.2: Trigger completo per vita media µ
I segnali provenienti da S1 e B vengono discriminati, fatti passare attraverso
opportuni delays e portati alla coincidenza AND, alla quale viene portato anche
il segnale negato proveniente da S2. Questa coincidenza fornisce il trigger e l’uscita viene portata ad un Pulse generator che fa partire un treno di impulsi di
periodo 100 ns che serve come clock. In corrisponedenza di segnale vero (start)
dalla coincidenza si apre una finestra temporale di durata regolabile generata
dalla Timing Unit2, ritardata di un opportuno delay (che consente di non accavallare starts e stops) dalla Timing Unit1. Questa finestra temporale viene
mandata in coincidenza AND con il segnale proveniente dal blocco scintillante
B. Se un segnale da B perviene alla coincidenza durante il periodo di apertura della finestra temporale, allora si avrà un segnale (stop) che giungerà alla
coincidenza OR successiva, alla quale arriva anche in segnale End Marker proveniente dalla Timing Unit2. Il segnale proveniente da quest’ultima coincidenza
OR viene portato al Pulse generator, che viene stoppato e fornisce il numero di
4.2. PROGRAMMA DI ACQUISIZIONE DATI
22
impulsi generati tra uno start ed uno stop, il che ci fornisce la vita media del
muone decaduto.
La scelta della logica di trigger più opportuna passa per la necessità di poter
acquisire il maggior numero possibile di dati utili in un week-end (periodo di
acquisizione dati per la vita media). E’ stato perciò necessario eseguire alcune
prove che mettessero in luce
quale dei tre trigger consentisse di ottenere il valore
o
buoni
massimo del rapporto n nStops
. Per fare ciò si sono collegate allo scaler le
o Starts
uscite delle due coincidenze AND (Starts e Stops buoni) ed è stata fatta partire
contemporaneamente l’acquisizione.
I risultati ottenuti per le tre logiche di trigger sono riportati in Tabella 4.1,
insieme ai tempi di acquisizione dati. Come già detto in precedenza l’incertezza
sui conteggi è da intendersi poissoniana.
Trigger
S1*B*S2
S1*B
B
∆t (min)
30
15
15
Starts
2665
2624
1014073
Stops
696
914
19092
Stops/Starts
0.26
0.35
0.02
Tabella 4.1: Logiche di trigger
Dai dati riportati in tabella si deduce che il trigger più proficuo è il secondo,
che consente di raggiungere il 35% di stops buoni rispetto al totale degli starts.
4.2
Programma di acquisizione dati
L’acquisizione dati avviene tramite il collegamento dell’uscita del Pulse generator ad uno Scaler Camac. I runs di acquisizione vengono quindi gestiti tramite
PC, attraverso l’uso di opportune macro di C++ (o linguaggi analoghi). E’ stato
perciò necessario completare la realizzazione di una piccola macro di acquisizione
attraverso l’inserimento dei riferimenti Camac — stazione (N) e sottoindirizzo
(A) dei due moduli utilizzati — e delle funzioni da far eseguire al modulo stesso
(F). Riportiamo di seguito la macro completa, con l’indicazione dei campi da
noi inseriti.
#define DEVICE_NAME "/dev/cc32_1"
char *cszPrgName;
CC32_HANDLE handle;
char *fname = DEVICE_NAME;
int iev, nevmax=10, nevfreq=1, nevgood=0;
unsigned int n, a, fun;
int q,x;
unsigned int xread,xwrit;
unsigned short xread16,xwrit16;
int i;
float one;
int error;
4.2. PROGRAMMA DI ACQUISIZIONE DATI
23
int ntime;
int window=63;
TH1F *h1;
TCanvas *MyC;
TFile *fhis;
int main()
{
TApplication app("app",0,0);
int nevmax =0;
cout << "Enter the number of events: " << endl;
cin >> nevmax;
cout << "Enter data file name: " << endl;
char fileName[99];
cin >> fileName;
FILE *f=fopen(fileName,"w");
error=cc32_open(fname,&handle);
if(error) {
fprintf(stderr, "%s: %s\n", fname, strerror(error));
exit(1);}
else
printf("open done.\n");
h1 = new TH1F("h1","spectrum",100,0.,100.);
TCanvas *MyC = new TCanvas("MyC","mu lifetime",0,0,600,600);
MyC->cd();
h1->Draw();
MyC->Update();
/* -- Z and remove inhibit*/
cc32_write_word(handle,0,1,16,0);
printf("Initialize crate\n");
cc32_write_word(handle,0,2,16,0);
printf("Remove Inhibit from crate\n");
printf("Initialize Status A\n");
xwrit=0x108;
cc32_write_long(handle,23,0,17,xwrit);//set Mask=inizializzazione
q=0;
xread=cc32_read_long(handle,20,0,9,&q,&x); // reset scaler (A=everything)
xread=cc32_read_long(handle,23,3,10,&q,&x); //reset STATUSA
while(nevgood<nevmax)
{
// wait for the trigger from STATUSA
q=0;
while(q==0) xread=cc32_read_long(handle,23,3,8,&q,&x);//da risposta q!= 0 se LAM abilitato
ntime=0;
usleep(1000); //wait 1 msec
xread=cc32_read_long(handle,20,0,0,&q,&x); //read scaler channel 0
if(xread<window) {
nevgood++;
fprintf(f,"%d\n",xread);
4.3. DISCRIMINAZIONE TRA DECADIMENTI DI µ+ E µ−
24
h1->Fill(xread);
if(nevgood%nevfreq==0) {
printf("nevgood = %d dato letto = %d\n",nevgood,xread);
h1->Draw();
MyC->Update();}
}
xread=cc32_read_long(handle,20,0,9,&q,&x); // reset scaler
xread=cc32_read_long(handle,23,3,10,&q,&x); //reset STATUSA
}
cc32_close(handle);
printf("close done.\n");
printf("Numero eventi buoni\n%d",nevgood);
app.Run();
return(0);}
4.3
Discriminazione tra decadimenti di µ+ e µ−
Come già ampiamente spiegato nel capitolo Introduzione e scopo dell’esperienza
la misura della vita media del µ a riposo con l’apparato da noi utilizzato ha un
inconveniente sostanziale: il µ− ha due canali di decadimento ed uno di questi
canali porta ad un risultato sbagliato a causa del minor tempo richiesto dalla
cattura nucleare. E’ stato perciò necessario mettere a punto un sistema che
fosse in grado di escludere automaticamente durante l’acquisizione tutti quegli
intervalli di tempo corrispondenti a decadimenti dovuti a cattura nucleare.
Dato che la cattura nucleare ha una costante di tempo di molto inferiore
rispetto al fenomeno del decadimento spontaneo, la discriminazione non potrà
che essere sui tempi di decadimento: se la finestra temporale aperta dalla Timing Unit2 viene ritardata di un tempo opportuno con la Timing Unit 1, si
avranno soltanto tempi derivanti da decadimento spontaneo.
Per poter discriminare è stato quindi necessario avere a disposizione un buon
numero di dati, in modo da valutare quale delay impostare nella Timing Unit
1. Si è eseguito un run durante un’intera notte impostando un delay minimo
(200 ns) e sono stati rielaborati i dati tramite la realizzazione di una macro di
ROOT. Questa macro ci ha consentito di fittare la parte destra dell’istogramma trovato (dati sicuramente derivanti da decadimenti spontanei) e di valutare
quindi l’andamento funzionale della distribuzione anche per tempi di decadimento inferiori. Sottraendo poi all’istogramma complessivo la funzione trovata
si è arrivati a visualizzare l’istogramma indicante l’andamento dei decadimenti
di µ− per cattura nucleare. Il punto in cui l’istogramma va a zero permette di
valutare quale valore di delay impostare nella Timing Unit2. I grafici ottenuti
sono riportati in Figura 4.3.
Osservando il grafico Andamento cattura nucleare si nota che il fenomento
del decadimento per cattura nucleare diventa irrilevante a circa 1,2 µs.
L’andamento del grafico Conteggi è esponenziale, con una risalita sulla parte
terminale dovuta al fenomeno dell’afterpulse.
Questo fenomeno non ha nessun significato fisico essendo dovuto al transito nel
fototubo di fotoelettroni secondari generatisi al fotocatodo a causa dell’impatto
su di esso di particelle residue nel tubo a vuoto, ionizzate positivamente dalla
4.3. DISCRIMINAZIONE TRA DECADIMENTI DI µ+ E µ−
conteggi
Conteggi
Conteggi
10
4
10
3
25
Entries
Mean
RMS
15985
9.149
11.59
102
10
20
Andamento decadimento spontaneo
900
40
parametri1
Entries
100
Mean x 49.5
Mean y 48.43
RMS x 28.87
RMS y 65.15
1000
Conteggi ricostruiti
30
800
700
600
50
60
70
Vita µ (*10-1 µs)
Andamento cattura nucleare
Conteggi ricostruiti
10
0
parametri2
Entries
100
Mean x 19.19
Mean y 457.9
RMS x 10.64
RMS y 1274
6000
5000
4000
500
3000
400
2000
300
200
1000
100
0
0
10
20
30
40 50 60 70 80 90 100
-1
Vita per dec. spont. (*10 µs)
0
0
5
10
15
20
25
30
35
40
-1
Vita per catt.nucl. (*10 µs)
Figura 4.3: Ricostruzione andamenti µ+ e µ−
4.4. VITA MEDIA
26
cascata di elettroni primari. Tali particelle, risentendo del campo elettrico, risalgono al catodo, con una velocità di deriva inferiore a quella degli elettroni, e
questo spiega il ritardo dell’afterpulse rispetto al segnale fisico vero e proprio.
4.4
Vita media
Eseguite tutte le operazioni preliminari e le prove di acquisizione, siamo finalmente stati in grado di misurare la vita media del µ. Questa misura è stata
eseguita prima approssimativamente usando soltanto lo scaler digitale e poi in
modo più accurato (con una misura durata un intero week–end) utilizzando lo
Scaler Camac e la macro d’acquisizione da noi completata (vedi Capitolo Programma di acquisizione dati).
Vediamo di analizzare le due procedure in modo dettagliato.
4.4.1
Misura con Scaler digitale
Facendo riferimento alla Figura 4.2 si può notare che collegando l’uscita del
Pulse Generator a un’entrata dello scaler digitale si ottiene un conteggio del numero totale (cioé relativo a tutti i decadimenti avvenuti in un determinato lasso
di tempo) di periodi del treno d’impulsi generato (Σtot ∆t) che corrisponde alla
somma delle vite di tutti i µ decaduti. Se si collegano allo Scaler digitale anche
l’uscita della coincidenza AND che dà trigger (Start) e l’uscita della coincidenza
OR che dà gli stops buoni (cioé derivanti da decadimenti di µ) si può facilmente
calcolare la vita media attraverso la formula:
Σtot ∆t = τµ ∗ no Stopsgood + no Clockse.m. ∗ (no Starts − no Stopsgood )
dove con no Clockse.m. si intende il numero di periodi d’impulso corrispondenti
ad uno Stop del Pulse Generator derivente dall’End Marker della Timing Unit
2. Eseguendo la misura per 15 minuti sono stati ottenuti i seguenti risultati:
Σtot ∆t = (82638±1)
no Stopsgood = (596±24)
no Starts = (1762±42)
no Clockse.m. = (63±1)
Invertendo la formula e inserendo i dati ottenuti si ricava:
τµ =
Σtot ∆t − no Clockse.m. ∗ (no Starts − no Stopsgood )
= (1,5±0,5) µs
no Stopsgood
Si nota che il valore ottenuto è sensibilmente inferiore a quello atteso (≃
2, 2µs): ciò conferma la nostra ipotesi riguardante i due canali di decadimento
del µ− . L’acquisizione dati in questo caso è infatti avvenuta impostando un
delay di soli 200 ns sulla Timing Unit 1 e ciò ha portato ad una sensibile
sottostima della vita media.
4.4. VITA MEDIA
4.4.2
27
Misura con Scaler Camac
Per quanto riguarda la misura della vita media con l’ausilio dell’acquisizione automatica sono state apportate le seguenti modifiche rispetto al caso precedente:
• non si usa più lo Scaler digitale, ma si collega l’uscita del Pulse Generator
a un’entrata dello Scaler Camac;
• si utilizza un modulo aggiuntivo (Status A) collegato al Bus Camac che
impone un veto alla coincidenza di trigger quando il PC sta acquisendo
un dato (cioé in corrispondenza di uno Start).
L’acquisizione è stata effettuata durante un intero week-end settando i seguenti
parametri:
delay T.U.1: 1,2 µs (vedi Discriminazione tra decadimenti di µ+ e µ− )
durata finestra T.U.2: 6 µs.
I dati sperimentali sono stati graficati e sono riportati in Figura 4.4. Anche
qui la parte terminale del grafico presenta una risalita, già ampiamente discussa
nel paragrafo Discriminazione tra decadimenti di µ+ e µ− .
Quindi il fit non è stato eseguito su tutti i dati rilevati poiché si è preferito
privilegiare la zona centrale del grafico nella quale si è certi di non considerare
ne’ decadimenti dovuti a cattura nucleare (nella parte sinistra), ne’ dati soggetti
ad errori sistematici (nella parte destra).
Figura 4.4: Istogramma vita media
Per poter dare una stima più corretta dell’errore sulla misura è stato necessario convertire l’istogramma trovato in un grafico bidimensionale, in modo
4.4. VITA MEDIA
28
da dare un’incertezza anche alle misure di clock. I grafici in scala normale e
semilogaritmica sono riportati in Figura 4.5 e di seguito è riportato il risultato
del fit eseguito con il metodo dei minimi quadrati.
Vita media
Esecuzione fit lineare
Tipo di curva ricercata: y = a + b*x
Parametri stimati:
a = (7.54±0.05)
b = (-0.046±0.002) 10−1 µs−1
Test del χ2
χ2 = 27.49
dof= 27
χ2r = 1.02
P( χ2r ≥ χ2r stimato) = 44, 17% ≥ 5%
Ipotesi di aderenza accettata
Vita m
Vita m
7.5
1600
1400
7
LnHConteggiL
Conteggi
1200
1000
800
6.5
6
600
400
5.5
200
20
30
40
Vita m H*10-1 nsL
50
60
20
30
40
Vita m H*10-1 nsL
50
60
Figura 4.5: Vita muoni
Una volta fittati i dati in modo soddisfacente non resta che calcolare la vita
media. Per fare ciò non bisogna fare altro che calcolare l’inverso del valore
assoluto del coefficiente b della retta di interpolazione (che non approssimato
risulta essere pari a 0,0455779):
1
τµ = = (2, 19 ± 0, 07)µs
b
Capitolo 5
Conclusioni
Possiamo in definitiva concludere che la vita media del µ a riposo da noi misurata
nel sistema di riferimento del laboratorio è risultata essere:
τµ = (2, 19 ± 0, 07) µs.
Questo valore è pienamente in accordo con il valore atteso di circa 2,2 µs.
Inoltre possiamo concludere che:
• la logica di trigger più utile per la misura della vita media del leptone µ è
quella che fa uso dello scintillatore S1 e del blocco di vetro scintillante B;
• il decadimento per cattura nucleare del µ− avviene completamente all’interno di un lasso di tempo pari a circa 1,2 µs.
Parte II
Misura del coefficiente di
assorbimento di raggi γ
Capitolo 6
Obiettivo dell’esperimento
Obiettivo dell’esperimento è la verifica della legge di attenuazione esponenziale
di un fascio di fotoni che attraversano un certo spessore di materiale e la determinazione del coefficiente di assorbimento nei diversi materiali a disposizione.
Infatti, quando un fascio di γ con intensità I0 passa attraverso uno spessore
di materiale x si attenua secondo la legge:
I = I0 e−µx
dove µ è il coefficiente di assorbimento e vale:
µ=
σNA
ρ
A
(σ= sezione d’urto dei fotoni, NA = numero di Avogadro, A= numero atomico del materiale, ρ= densità del materiale).
Per i fotoni la sezione d’urto σ è data dalla somma delle sezioni d’urto dei
diversi processi che possono avere luogo nei materiali (effetto fotoelettrico, effetto Compton, produzione di coppie).
La sorgente di cesio a nostra disposizione emette fotoni a 0.661 MeV. A quest’energia possono avvenire sia l’effetto Compton sia l’effetto fotoelettrico, si
prenderà però in considerazione solo quest’ultimo.
Capitolo 7
Materiale usato e setup
sperimentale
Per l’esecuzione dell’esperimento è necessario disporre di:
• sorgente di
137
Cs che emette raggi γ con energia di 0.661 MeV;
• rivelatore a scintillazione, formato da un cristallo di NaI(Tl) e da un fotomoltiplicatore che trasforma il segnale luminoso di scintillazione in un
segnale elettrico;
• alimentatore stabilizzato che fornisce la tensione di alimentazione al rivelatore;
• amplificatore invertente, che amplifica e inverte il segnale in uscita dal
rivelatore;
• oscilloscopio;
• ADC e multicanale con display;
• scaler con display;
• cavi coassiali per collegare i diversi elementi dell’elettronica;
• lamine di diversi materiali;
• calibro ventesimale.
L’uscita del rivelatore può essere collegata in serie all’amplificatore invertente, all’ADC e al multicanale, come mostrato in fig.7.1.
33
In alternativa si può collegare l’uscita dell’amplificatore invertente allo scaler
che è dotato di un discriminatore interno e che permette di contare i segnali che
superano la soglia impostata (come mostrato in fig.7.2).
Figura 7.1:
Setup sperimentale per per determianre il coefficiente
d’assorbimento
Figura 7.2: Setup sperimentale per determinare la tensione di alimentazione del
rivelatore
Capitolo 8
Misure preliminari
8.1
Rapporto di amplificazione
Quando un γ entra nel rivelatore il segnale prodotto dal rivelatore stesso può
essere visualizzato sull’oscilloscopio.
Si collega l’uscita dello scintillatore all’oscilloscopio e sullo schermo si osserva il
segnale: questo è negativo ed ha un’ampiezza di (0.40 ± 0.04)V .
Successivamente il segnale prodotto è inviato all’amplificatore invertente e
da qui all’oscilloscopio. Il segnale che si osserva sullo schermo è il segnale già
amplificato: è un segnale positivo e con un’ampiezza di (4.4 ± 0.2)V .
Conoscendo l’ampiezza del segnale prima e dopo l’amplificatore è possibile determinare il rapporto di amplificazione, cioé il rapporto tra il segnale
amplificato e quello iniziale, che risulta essere:
A=
8.2
4.4V
= 11
0.40V
Determinazione della tensione di alimentazione
Prima di iniziare le misure per determinare i coefficienti di assorbimento, bisogna
determinare la tensione di lavoro del rivelatore, in modo che non sia né troppo
bassa (in tal caso il rivelatore non rivelerebbe molti dei γ incidenti) né troppo
alta (altrimenti il rumore di fondo influenzerebbe troppo le misure, dal momento
che il rumore cresce esponenzialmente con la tensione applicata).
Per fare ciò, si collega lo scintillatore all’amplificatore invertente e questo
allo scaler (come mostrato precedentemente in fig.7.2). Lo scaler è dotato di un
convertitore analogico-digitale interno. Quando si avvia l’acquisizione lo scaler
conta il numero di segnali provenienti dallo scintillatore che superano la soglia
impostata (che in realtà è poco sopra il minimo perché è necessario contare tutti
i segnali provenienti dal rivelatore).
Al variare della tensione di alimentazione si registra il numero di segnali
contati dallo scaler in un intervallo di tempo fissato (2 minuti).
I dati ottenuti sono riportati nella tab. 8.1.
8.2. DETERMINAZIONE DELLA TENSIONE DI
ALIMENTAZIONE
HV (V)
600
700
800
900
1000
1050
1109
1150
1200
1300
1400
∆t (min)
2
2
2
2
2
2
3
2
2
2
2
conteggi
49
85
3366
60164
99850
111374
177812
121496
126754
143921
2188927
35
conteggi al min
24.5
42.5
1683
30082
49925
55687
59271
60748
63377
71960.5
1094467.5
Tabella 8.1: Dati raccolti per determinare la tensione di lavoro del rivelatore
Per quanto riguarda gli errori da attribuire ai dati, si è ipotizzato che la
distribuzione dei conteggi fosse di tipo poissoniano e quindi:
p
σconteggi = conteggi
Per quanto riguarda l’errore sulla tensione di alimentazione si è stimata
un’incertezza di 2 V.
Riportando il numero di conteggi al minuto in funzione della tensione di
alimentazione si ottiene il grafico mostrato in fig. 8.1. In fig. 8.2 è riportato lo
stesso grafico da cui, però è stato eliminato l’ultimo punto per poter osservare
meglio il plateau.
6
Conteggi al min
1·10
800000
600000
400000
200000
0
600
800
1000
HVHVL
1200
Figura 8.1: Conteggi in funzione della tensione applicata
1400
8.2. DETERMINAZIONE DELLA TENSIONE DI
ALIMENTAZIONE
36
70000
Conteggi al min
60000
50000
40000
30000
20000
10000
0
600
700
800
900
1000
HVHVL
1100
1200
1300
Figura 8.2: Conteggi in funzione della tensione applicata eliminando l’ultimo
punto
E’ possibile osservare che a tensioni basse (minori di 800 V) il numero di conteggi è minore di 50, segue una fase di salita del grafico, per cui al crescere della
tensione cresce il numero di conteggi, fino ad arrivare al plateaux dove all’aumentare della tensione il numero di conteggi cresce di poco. Infine, aumentando
la tensione ulteriormente si osserva la risalita della curva.
L’efficienza viene in genere scelta poco al di sopra del ginocchio, in modo
da avere un’alta efficienza del rivelatore ma anche il minor rumore di fondo
possibile.
In base ai dati raccolti la tensione di lavoro scelta è di (1150 ± 2)V .
Capitolo 9
Misura del coefficiente di
assorbimento
Si collegano fra loro i diversi elementi dell’elettronica come mostrato in fig. 7.1
e si acquisisce lo spettro di emissione del cesio una prima volta. Terminata
l’acquisizione si registra il numero di conteggi nel picco fotoelettrico.
Successivamente, tra la sorgente e lo scintillatore si inseriscono le lamine di
metallo di cui si è misurato lo spessore con il calibro ventesimale e si ripete
l’acquisizione dello spettro. E’ necessario che le lamine siano posizionate ben
verticali, altrimenti lo spessore di materiale effettivamente attraversato dai γ
risulta maggiore dello spessore misurato con il calibro.
Nel corso dell’esperimento è importante non modificare la distanza tra la sorgente e il rivelatore perché il numero di conteggi individuato dipende dall’angolo
solido coperto dallo strumento.
Al variare dello spessore di materiale tra la sorgente e il rivelatore si registra
il numero di conteggi nel picco fotoelettrico.
Si ripete il procedimento per gli altri materiali a disposizione.
9.1
Dati raccolti
I dati raccolti sono riportati nelle tab. 9.1, 9.2, 9.3.
∆X
(mm)
0
2.20
4.10
6.50
8.55
Piombo
Cont nel picco Cont integrati
517
835
688
517
432
32497
53007
43407
34609
28052
∆t
(min)
2
4
4
4
4
Tabella 9.1: Dati raccolti con spessori di piombo
9.2. ANALISI DATI
∆X
(mm)
0
7.10
14.80
19.90
24.50
38
Alluminio
Cont nel picco Cont integrati
517
459
417
366
359
32497
29051
25373
23547
43208
∆t
(min)
2
2
2
2
4
Tabella 9.2: Dati raccolti con spessori di alluminio
∆X
(mm)
0
1.05
2.30
4.25
Rame
Cont nel picco Cont integrati
517
1039
452
444
32497
61417
29073
27463
∆t
(min)
2
4
2
2
Tabella 9.3: Dati raccolti con spessori di rame
Per quanto riguarda la stima degli errori, abbiamo considerato come errore
sui conteggi la radice quadrata dei conteggi stessi, come ci si aspetta in una
distribuzione poissoniana. Per quanto riguarda gli errori sullo spessore del materiale tra rivelatore e sorgente, l’errore è stato stimato pari alla sensibilità del
calibro (0,05 mm).
9.2
Analisi dati
Con i dati raccolti si crea un grafico riportando il numero di conteggi al minuto
in funzione dello spessore x di materiale tra la sorgente e il rivelatore.
Per verificare che l’andamento dei dati sia davvero esponenziale come ci
si aspetta, si costruisce un altro grafico riportando il logaritmo dei conteggi in
funzione dello spessore x del materiale. Da questo grafico ci si aspetta di ottenere
una retta di equazione y = a + bx di cui si possono calcolare i parametri a e b
usando il metodo dei minimi quadrati.
Infatti, se la legge di attenuazione è:
conteggi(x) = conteggi(x = 0) ∗ e−µx
passando ai logaritmi si ha:
ln(conteggi) = ln(conteggi(x = 0)) − µx
Per cui:
termine noto=ln(conteggi(x=0))=a
coefficiente angolare=−µ=b.
9.2. ANALISI DATI
39
I grafici ottenuti per i tre materiali sono riportati nelle fig. 9.1, 9.2, 9.3. Il
tutte e tre le figure il primo grafico rappresenta l’andamento esponenziale dei
dati e il secondo la retta e il fit lineare.
6
250
LnHconteggi\minL
nim iggetnoc
5
200
150
100
4
3
2
50
1
4
2
6
8
4
2
10
6
8
10
x HmmL
x HmmL
300
6
250
5
LnHconteggi\minL
Conteggi min
Figura 9.1: Grafici relativi al piombo
200
150
100
4
50
3
2
1
5
15
x @mmD
10
20
25
30
5
15
x HmmL
10
20
25
30
Figura 9.2: Grafici relativi all’alluminio
6
LogaritmoHconteggi minL
conteggi min
250
200
150
100
50
1
2
3
4
5
5
4
3
2
1
1
x HmmL
2
3
4
x
Figura 9.3: Grafici relativi al rame
Infine, si affettua un test del χ2 per verificare l’accordo tra i dati sperimentali
e la retta teorica ottenuta dal fit.
5
9.3. CONCLUSIONI
9.3
40
Conclusioni
I parametri delle rette ottenuti dal fit e i risultati del test del χ2 sono riportati
di seguito, dove a indica il termine noto e b il coefficiente angolare della retta.
• Piombo:
a = (5.56 ± 0.05)
b = (−0.10 ± 0.01)mm−1
χ2 stimato = 0.1
DOF = 2
χ2
= 0.07
χ2r stimato = DOF
P (χ2r ≥ χ2r stimato) : 93.47% ≥ 5%
• Alluminio:
a = (5.56 ± 0.05)
b = (−0.017 ± 0.003)mm−1
χ2 stimato = 0.3
DOF = 2
χ2
χ2r stimato = DOF
= 0.16
P (χ2r ≥ χ2r stimato) : 85.52% ≥ 5%
• Rame: a = (5.56 ± 0.05)
b = (−0.04 ± 0.02)mm−1
χ2 stimato = 0.1
DOF = 1
χ2
χ2r stimato = DOF
= 0.13
P (χ2r ≥ χ2r stimato) : 71.66% ≥ 5%
Dai risultati riportati è possibile osservare che per tutti e tre i materiali il
χ2 stimato è minore del χ2 critico con il numero di gradi di libertà corrispondente, quindi in tutti e tre i casi c’è accordo tra i dati sperimentali misurati e
l’andamento teorico ipotizzato.
In conclusione, i coefficienti di attenuazione ottenuti nell’esperimento sono:
µP b = (−0.10 ± 0.01)mm−1
µAl = (−0.017 ± 0.003)mm−1
µCu = (−0.04 ± 0.02)mm−1
Parte III
Calibrazione del
multicanale
Capitolo 10
Obiettivo dell’esperimento e
setup sperimentale
L’obiettivo dell’esperimento è la calibrazione del multicanale, cioé la determinazione della relazione tra la posizione del picco fotoelettrico e l’energia dei raggi
γ emessi dalla sorgente.
Inoltre, con gli stessi strumenti è possibile verificare la dipendenza tra la
risoluzione energetica del rivelatore e l’energia del γ incidente.
10.1
Strumentazione utilizzata
Per eseguire l’esperimento si hanno a disposizione alcune sorgenti che emettono
raggi γ di diverse energie, come mostrato in tab. 10.1. Si può osservare dalla
tabella che alcune sorgenti emettono γ ad energie diverse e quindi che nel loro
spettro di emissione saranno presenti più picchi fotoelettrici.
Sorgente
60
Co(I)
60
Co(II)
133
Ba
54
Mn
22
N a(I)
22
N a(II)
137
Cs
Energie (MeV)
1.17
1.33
0.356
0.834
0.545
1.275
0.661
Tabella 10.1: Energia dei γ emessi
Oltre alle sorgenti, nell’esecuzione dell’esperimento si usano:
• rivelatore a scintillazione costituito da un cristallo di NaI(Tl) accoppiato
ad un FotoMoltiplicatore;
• alimentatore stabilizzato per fornire la tensione di alimntazione al rivelatore;
• amplificatore invertente;
10.1. STRUMENTAZIONE UTILIZZATA
43
• ADC e multicanale con display;
• cavi coassiali per collegare i diversi elementi dell’elettronica;
• un oscilloscopio;
Il rivelatore a scintillazione è alimentato con una tensione di (1100 ± 2)V e
il segnale prelevato in uscita è inviato ad un amplificatore invertente, poi ad un
ADC e infine ad un multicanale, che permette di visualizzare su un apposito
schermo lo spettro di emissione della sorgente usata, come mostrato in fig. 10.1.
Figura 10.1: Setup sperimentale
Capitolo 11
Procedura sperimentale
Prima di iniziare ad acquisire gli spettri di emissione è necessario fissare il guadagno dell’amplificatore. Per far questo, si posiziona la sorgente di 60 Co (che è la
sorgente che emette fotoni ad energia più alta) davanti al rivelatore e si osserva
sull’oscilloscopio il segnale in uscita dall’amplificatore. Si varia il GAIN dell’amplificatore in modo che il segnale visualizzato sull’oscilloscopio abbia un’ampiezza di circa 6V. Infatti, in questo modo, i picchi fotoelettrici del cobalto saranno
posizionati al fondo dello schermo del multicanale e i picchi delle altre sorgenti (che emettono ad energie più basse) saranno sicuramente visualizzati sullo
schermo.
Per effettuare la misura si sistema una delle sorgenti davanti al rivelatore e
si acquisisce lo spettro di emissione della sorgente per un certo tempo scelto in
modo da avere un numero abbastanza alto di conteggi nel picco fotoelettrico.
Al termine dell’acquisizione si registra la posizione del picco (cioè il numero del
canale in cui si sono avuti più conteggi), la FWHM della gaussiana ottenuta
attorno al picco e il numero di conteggi nel picco stesso. Gli stessi dati vengono
registrati facendo eseguire al molticanale la funzione di smoothing per 3 punti.
Questo vuol dire che viene prodotto e visualizzato sul multicanale un nuovo
grafico in cui il numero di conteggi in ogni canale viene sostituito dalla media
dei conteggi registrati in quel canale e nei due adiacenti.
Si ripete l’acquisizione per tutte le sorgenti a disposizione.
Capitolo 12
Dati raccolti e analisi dati
12.1
Dati raccolti
I dati raccolti sono riportati in tab.12.1(dati senza smoothing) e in tab.12.2
(dati dopo aver effettuato lo smoothing).
Confrontando le due serie di dati non si osservano differenze sostanziali: la
posizione del picco e la FWHM coincidono o variano al massimo di un canale.
Si è quindi deciso di usare una sola serie di dati.
Sorgente
60
Co(I)
Co(II)
133
Ba
54
Mn
22
N a(I)
22
N a(II)
137
Cs
60
Canale
fotopicco
766
870
261
548
362
834
447
conteggi
FWHM
901
643
26770
521
12499
1196
14825
26
28
32
36
45
51
50
Energie
(MeV)
1.17
1.33
0.356
0.834
0.545
1.275
0.661
Tabella 12.1: Dati raccolti(senza smoothing)
Sorgente
60
Co(I)
Co(II)
133
Ba
54
Mn
22
N a(I)
22
N a(II)
137
Cs
60
Canale
fotpicco
765
869
261
549
360
833
447
conteggi
FWHM
875
673
26480
499
12952
1178
14779
26
28
32
35
44
47
50
Energie
(MeV)
1.17
1.33
0.356
0.834
0.545
1.275
0.661
Tabella 12.2: Dati raccolti (con smoothing)
12.2. ANALISI DATI
46
Stima degli errori
Per valutare la FWHM, si individua prima il canale in cui il numero di conteggi è massimo e si registra tale numero di conteggi. Poi, si individuano i due
canali in cui il numero dei conteggi è circa la metà del numero di conteggi massimo. Dal momento che non è possibile individuare un canale in cui il numero
di conteggi sia esattamente la metà dei conteggi nel picco, la determinazione
della FWHM è sicuramente affetta da un’incertezza che si è deciso di fissare a
2 canali.
Per determinare l’errore sulla posizione del picco fotoelettrico bisogna tener conto del fatto che si cercava il canale con il maggior numero di conteggi, cioé la
moda. Poteva però accadere che il numero dei conteggi di canali vicini ad essa
fossero molto simili e che quindi la moda non corrispondesse realmente al fotopicco. Tenendo presente questo, l’errore sulla posizione del fotopicco è stata
stimata pari a 3 canali.
12.2
Analisi dati
12.2.1
Calibrazione del multicanale
Si costruisce un grafico riportando il canale in cui si è osservato il picco fotoelettrico in funzione dell’energia del raggio γ corrispondente. Il grafico ottenuto
è riportato in fig. 12.1.
1000
canale
800
600
400
200
0.2
0.4
1
0.6
0.8
Energia HMeVL
1.2
1.4
Figura 12.1: Calibrazione del multicanale
Dal grafico si osserva che i punti formano una retta del tipo y = a + bx di
cui è possibile calcolare il coefficiente (b) e il termine noto (a) con il metodo dei
minimi quadrati.
Infine, si effettua un test del χ2 per verificare il grado di accordo tra i punti
sperimentali e la retta di fit.
12.2. ANALISI DATI
47
I risultati ottenuti fittando i dati con il metodo dei minimi quadrati sono:
a = (27 ± 3)
b = (631 ± 3)M eV −1
Dal test del χ2 si ottiene:
χ2ridotto = 6.46
DOF = 4
Il valore ottenuto è leggermente superiore al χ2 critico con 4 gradi di libertà.
Dunque non sarebbe possibile accettare l’ipotesi di accordo tra la retta di fit e
i dati sperimentali.
In realtà, osservando il grafico si vede che i punti sperimentali sono ben
interpolati dalla retta e quindi si può ipotizzare che il valore troppo alto del
χ2 sia dovuto ad una sottostima degli errori. Infatti, aumentando l’errore sulla posizione del picco fotoelettrico (passando da un’incertezza di 3 canali ad
un’incertezza di 5 canali) si ottiene:
a = (27 ± 5)
b = (631 ± 5)M eV −1
χ2ridotto = 2.39
.
DOF = 4
P (χ2ridotto ≥ χ2r stimato) = 4, 86% ≥ 1%
In questo caso il test del χ2 da esito positivo ed è possibile accettare l’ipotesi
che la retta y = a + bx ottenuta sia la retta che meglio approssima i dati
sperimentali con un grado di fiducia dell’1%.
12.2.2
Risoluzione
A partire dai dati sperimentali ottenuti si valuta la risoluzione dello scintillatore
come
F W HM
Risoluzione =
Energia
Si costruisce quindi un grafico riportando la risoluzione in funzione dell’energia. Il grafico ottenuto è riportato in fig. 12.2
Il grafico ottenuto mostra un andamento non lineare e, per verificare che la
proporzionalità tra risoluzione(R) ed energia (E ) sia del tipo
1
R∝ √
E
si costruisce un secondo grafico riportando il Ln(R) in funzione di Ln(E). Ciò
che ci si aspetta di trovare è una retta con coefficiente angolare − 21 .
Il grafico ottenuto è riportato in fig. 12.3.
12.2. ANALISI DATI
48
80
Risoluzione
60
40
20
0.2
0.4
1
0.6
0.8
Energia HMeVL
1.2
1.4
Figura 12.2: risoluzione in funzione dell’energia del γ
4.5
LnHRisoluzioneL
4.25
4
3.75
3.5
3.25
3
2.75
-1
-0.75
-0.5
-0.25
LnHenergiaL
0
0.25
Figura 12.3: risoluzione in funzione dell’energia del γ
0.5
12.2. ANALISI DATI
49
Da questo grafico è possibile osservare che i dati formano una retta; di tale
retta si calcolano i parametri con il metodo dei minimi quadrati.
I valori ottenuti sono:
• termine noto: a = (3.70 ± 0.02)
• coefficiente: b = (−0.48 ± 0.05)
Pertanto l’equazione della retta è: y = 3.70 − 0.48x dove x=Ln(E) e y=Ln(R).
Il coefficiente angolare ottenuto è (−0.48 ± 0.05), compatibile con il valore
che ci aspettavamo di -0.5.
Dal termine
√ noto della retta è possibile calcolare i coefficiente di proporzionalità
tra R e E. Infatti:
R = √kE
Ln(R) = Ln(k) − 12 Ln(E)
⇒ a = Ln(k) ⇒ k = Ln(a)
1
k = (40.5 ± 0.8) M eV − 2
Infine, si effettua un test del χ2 per verificare l’accordo tra i dati sperimentali
e la retta di fit. Si ottiene:
χ2r = 0.81
DOF = 4
P (χ2r
2
≥
χ2r
stimato) = 51, 96% ≥ 5%
Il valore del χ ridotto ottenuto è minore del χ2 critico con 4 gradi di libertà:
quindi l’ipotesi di compatibilità è verificata.
Capitolo 13
Conclusioni
• Per quanto riguarda la calibrazione del multicanale è possibile concludere
che la posizione in cui si formerà il picco fotoelettrico dipende linearmente
dall’energia della radiazione incidente. La relazione tra la posizione del
picco e l’energia è espressa dalla formula:
canale = (27 ± 5) + (631 ± 5) · En
Conoscendo questa relazione e senza cambiare il guadagno dell’amplificatore è possibile conoscere l’energia dei γ emessi da una sorgente: osservando il suo spettro di emissione e individuando la posizione del fotopicco
è possibile risalire all’energia del γ incidente.
• per quanto riguarda la risoluzione si può concludere che essa dipende
dall’energia della radiazione incidente secondo la legge:
Risoluzione ∝ √
1
Energia
con costante di proporzionalità pari a:
1
(40, 5 ± 0, 8) M eV − 2