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RASSEGNA
Il diabete doppio: reale entità nosologica?
Marandola L, Zampetti S, Buzzetti R
Dipartimento di Medicina Sperimentale, UOC di Diabetologia Universitaria, Polo Pontino, “Sapienza” Università di Roma,
Roma
RIASSUNTO
Il “diabete doppio” è una forma di diabete che insorge in soggetti giovani (bambini/adolescenti) con segni di autoimmunità,
tipici del diabete di tipo 1 (DMT1) e che si caratterizza per la presenza di sovrappeso/obesità e insulino-resistenza, tipici del
diabete di tipo 2 (DMT2).
A oggi pochi studi hanno valutato la prevalenza del diabete doppio nelle diverse popolazioni che sembra essere compresa tra
il 10% e il 74% dei pazienti con diagnosi clinica di DMT2.
Il ruolo della genetica e dei fattori ambientali nel diabete doppio non sono noti e si fa riferimento ai principali geni e fattori
ambientali coinvolti nella predisposizione sia al DMT1 sia al DMT2.
Riguardo alla fisiopatologia del diabete doppio, non vi sono consensi, ma vi è una crescente accettazione che i pazienti obesi con
diabete e autoimmunità siano più vicini da un punto di vista fisiopatologico ai pazienti con DMT1 che ai pazienti con DMT2
classico. Tuttavia nel diabete doppio la funzione beta-cellulare al momento della diagnosi è in gran parte conservata e il suo declino
risulta essere più lento rispetto al DMT1 classico. Potrebbe essere molto utile, quindi, una terapia in grado di interferire con alcuni
dei meccanismi coinvolti nei processi patogenetici come per esempio un trial di immunomodulazione sperimentato nel DMT1.
Anche i regimi terapeutici consigliati per il DMT2 a insorgenza giovanile e una riduzione dell’insulino-resistenza potrebbero in
teoria essere considerati validi nella terapia del diabete doppio. Solo trial clinici randomizzati potranno suggerire quale è il
trattamento di scelta.
SUMMARY
Double diabetes
“Double diabetes” is a form of diabetes that occurs in young people (children/adolescents) with signs of autoimmunity typical of type
1 diabetes (T1DM) but who also present overweight/obesity and insulin resistance, typical of type 2 diabetes (T2DM).
Few studies have assessed the prevalence of double diabetes in different populations, but it is estimated to vary between 10% and 74%
of children and adolescents with a clinical diagnosis of T2DM. The role of genetic and environmental factors in double diabetes is not
known, and the focus is on the principal genes and environmental factors involved in the predisposition to both T1DM and T2DM.
Although we lack any universal consensus regarding the pathophysiology of double diabetes, there is growing acceptance that obese
patients with diabetes and autoimmunity are closer physiologically to their normal-weight peers with T1DM that to antibody-negative
patients with T2DM. However, in double diabetes beta-cell function at diagnosis is largely preserved and appears to decline more slowly
than in the classic T1DM. Therefore a therapy to interfere with some of the mechanisms involved in the pathogenic processes could be
useful, such as a trial of immunomodulation for T1DM. For double diabetes treatments recommended for juvenile onset T2DM might
theoretically be valid. However, more extensive clinical randomized trials are needed before physicians can suggest the treatment of choice.
Introduzione: definizione di diabete doppio
Il termine “diabete doppio” (DD) è stato per la prima
volta introdotto da Libman e Becker(1,2) facendo riferimento a una popolazione pediatrica di soggetti affetti da
una forma atipica di diabete denominata anche “diabete
ibrido”, “diabete di tipo 1.5” o “diabete autoimmunitario latente giovanile” (LADY).
Il diabete di tipo 1 (DMT1) è una malattia autoimmune
a patogenesi multifattoriale e poligenica caratterizzata
Corrispondenza: prof.ssa Raffaella Buzzetti, Dipartimento di Medicina Sperimentale, viale Regina Elena 324, 00161 Roma
e-mail: [email protected]
Pervenuto il 14-11-2016 • Revisione del 05-12-2016 • Accettato il 06-12-2016
Parole chiave: insulino-resistenza, autoimmunità, indice di massa corporea, diabete di tipo 1, diabete di tipo 2 • Key words: insulin
resistance, autoimmunity, body mass index, type 1 diabetes, type 2 diabetes
Abbreviazioni: BMI, body mass index, indice di massa corporea; DD, diabete doppio; DMT1, diabete di tipo 1; DMT2, diabete di tipo 2;
DPP, Diabetes Prevention Program; FFA, free fatty acids, acidi grassi liberi; GADA, anti-decarbossilasi dell’acido glutammico; GLP-1,
glucagon-like peptide 1; HbA1c, emoglobina glicata; IA2, anticorpi anti-tirosina fosfatasi; IAA, anticorpi anti-insulina; ICA, anticorpi antiinsula pancreatica; IL-1β, interleuchina-1beta; IL-6, interleuchina 6; LADA, latent autoimmune diabetes in the adults, diabete autoimmune
latente dell’adulto; LADY, latent autoimmune diabetes in youth, diabete autoimmunitario latente giovanile; MHC, major histocompatibility complex, complesso maggiore di istocompatibilità; NO, ossido nitrico; PPARγ, peroxisome proliferator-activated receptor gamma; ROS,
specie reattive dell’ossigeno; TNF-α, tumor necrosis factor alfa.
G It Diabetol Metab 2016;36:241-247
241
Marandola L et al.
Tabella 1 Caratteristiche cliniche e patogenetiche DMT1, DD e DMT2 alla diagnosi(16).
DMT1
DD
Infanzia +++
Infanzia ++
Età di insorgenza della malattia
Adolescenza +++
Adolescenza ++
Età adulta ++
Età adulta (LADA) +
HLA classe I e II,
Predisposizione genetica
Ins VNTR, CTLA-4 PTPN22
?
Dieta, virus, latte di mucca
Stile di vita
Fattori ambientali
nell’infanzia
(dieta, vita sedentaria)
Anticorpi circolanti rivolti verso la beta-cellula
+++
+
Immunità cellulo-mediata verso la beta-cellula
+++
++
Secrezione peptide C
–
+
Insulino-resistenza
–/+
++
Marker infiammatori (citochine, adipochine)
+
++
Complicanze macrovascolari
+
++
DMT2
Infanzia +
Adolescenza ++
Età adulta +++
AMP1, PPARγ2,
PC-1, TCF7L2
Stile di vita
(dieta, vita sedentaria)
–
–
+++
+++
+++
+++
+++: frequenza alta; ++: frequenza media; +: frequenza bassa; –: assenza.
dalla presenza di autoanticorpi rivolti verso le beta-cellule di Langerhans quali anticorpi anti-insula pancreatica
(ICA), anti-insulina (IAA), anti-decarbossilasi dell’acido
glutammico (GADA) e anti-tirosina fosfatasi (IA2) e dalla
necessità di trattamento insulinico all’esordio clinico.
Questi anticorpi sono presenti al momento della diagnosi
nell’85-90% dei soggetti(3,4). Il DMT1 si presenta generalmente durante l’infanzia o l’adolescenza, sebbene si
possa sviluppare anche in seguito.
Il diabete di tipo 2 (DMT2) è caratterizzato dall’aumento
dei livelli di glicemia nel sangue per la presenza di processi quali insulino-resistenza e alterata secrezione insulinica. Tali condizioni possono coesistere oppure presentarsi separatamente e/o successivamente(5).
I soggetti con DD presentano caratteristiche di entrambe
le forme di diabete DMT1 e DMT2 (Tab. 1) fenotipicamente spesso indistinguibili dal DMT2, poiché obesi e
insulino-resistenti, ma positivi per gli autoanticorpi rivolti
verso le beta-cellule(6,7).
Il DD è una forma di diabete che insorge quindi in soggetti giovani con segni di autoimmunità, tipici del DMT1
e che si caratterizza per la presenza di sovrappeso/obesità e insulino-resistenza, tipici del DMT2. Nel DD tuttavia,
vi è nella quasi totalità dei casi la presenza di un singolo
autoanticorpo e ciò implica una risposta immunitaria
meno significativa e una progressione verso la distruzione
completa delle beta-cellule più lenta rispetto al DMT1(8).
Nella popolazione adulta tali soggetti sono solitamente
definiti come LADA (diabete autoimmune latente dell’adulto) (Fig. 1).
LADA
DMT1
Insulina –
Abs +
Insulina +
Abs –
DMT2
Età +
Età –
DD
DMT1 LADA DD
DMT1 DD
DMT2 LADA DD
DMT2 LADA
242
Figura 1 Caratteristiche di DMT1,
DMT2, LADA e DD alla diagnosi.
Il diabete doppio: reale entità nosologica?
Epidemiologia
Attualmente pochi studi hanno valutato la prevalenza del
DD nelle varie popolazioni(7).
Uno dei primi studi che ha riscontrato la presenza di autoimmunità beta-cellulare in bambini e adolescenti europei con DMT2 è stato il DPV-Wiss Study. In questo
studio tedesco è stato osservato che, sorprendentemente, il 36% dei bambini classificati come DMT2 presentavano almeno un autoanticorpo rivolto verso le
beta-cellule(7). Tale frequenza era in accordo con dati di
studi minori già presenti in letteratura effettuati su bambini e adolescenti americani con diagnosi di DMT2, in
cui veniva riportata una frequenza dei marker di autoimmunità beta-cellulare in un range compreso tra il 10% e
il 74%(6,8-10).
In contrapposizione alla denominazione di “LADA”, è
stato proposto di adottare la denominazione “LADY” (latent autoimmune diabetes in youth) per caratterizzare questa forma di diabete giovanile(7).
Nello studio multietnico SEARCH, effettuato negli Stati
Uniti, è stata riscontrata la presenza degli anticorpi antiGAD nel 21,2% di soggetti, di età compresa tra i 10 e i
19 anni, con diagnosi clinica di DMT2(11).
Nel TODAY Study(12), pubblicato nel 2010, sono stati analizzati 1206 bambini DMT2 ed è stato riscontrato che il
9,8% presentava segni di autoimmunità pancreatica: in
particolare il 5,9% è risultato positivo per un solo anticorpo (GAD o IA2), mentre il 3,9% era positivo a entrambi gli autoanticorpi.
Inoltre, più recentemente(13), in uno studio effettuato su
161 casi consecutivi di soggetti diabetici caucasici, tra i
5 e i 30 anni, è stata riscontrata una prevalenza di soggetti con DD di circa il 5%.
Suscettibilità genetica al diabete di tipo 1
o al diabete di tipo 2?
Il ruolo della genetica e dei fattori ambientali nel DD non
è noto e si fa riferimento ai principali geni coinvolti nella
predisposizione sia al DMT1 sia al DMT2.
I maggiori geni associati con la suscettibilità al DMT1, il
complesso maggiore di istocompatibilità (MHC), in particolare i geni del DRB1 e del DQB1, numero variabile di
ripetizione in tandem del gene insulina (InsVNTR), i geni
che codificano per la protein-tirosin-fosfatasi non recettoriale 22 (PTPN22), l’antigene 4 del linfocita T citotossico (CTLA-4)(14) o al DMT2, per esempio i geni che
codificano per l’adiponectina (APM1), fattore trascrizionale-7-simile-2 (TCF7L2)(15) potrebbero rappresentare dei
determinanti genetici importanti per il DD (Tab. 1). Tuttavia, in mancanza di dati specifici sulla genetica dei soggetti affetti da DD ma sulla base del fenotipo clinico,
Pozzilli et al.(16) hanno ipotizzato che, nel DD, la fre-
quenza del principale gene di suscettibilità al DMT1 (HLA
DRB1 03/04) sia minore, mentre potrebbe esistere una
più forte associazione con i polimorfismi genici associati
con il DMT2.
Geni più interessanti sono quelli che, in base alla loro funzione, potrebbero influenzare i processi patogenetici di
entrambe le patologie DMT1 e DMT2 e quindi condurrebbero al DD. Tra questi geni, una variante genetica del
substrato del recettore dell’insulina-1 (IRS-1) che potrebbe avere un ruolo chiave nell’insulino-resistenza, che
contraddistingue il DMT2, ma anche un ruolo nell’apoptosi delle beta-cellule, tipica del DMT1(17). Un altro
gene potenzialmente interessante nel DD potrebbe essere il Peroxisome proliferator-activated receptor gamma
(PPARγ), un fattore trascrizionale nucleare con un ruolo
chiave nella differenziazione degli adipociti e dell’insulino-sensibilità. Sono state identificate numerose varianti
del gene PPARγ, tra queste il polimorfismo Pro12Ala, che
è stato associato a più bassi livelli di BMI, minore concentrazione di insulina e miglioramento dell’insulino-sensibilità in numerose popolazioni(18).
Data la mancanza di lavori specifici su soggetti che presentano il DD, sono necessari ulteriori studi per chiarire
il ruolo della componente genetica.
Fattori ambientali
Oltre la genetica, anche i fattori ambientali che influenzano entrambi i processi patogenetici del DMT1 e del
DMT2 potrebbero avere un ruolo chiave nel DD.
Tra i fattori ambientali del DMT1 le infezioni virali, la carenza di vitamina D, l’introduzione precoce di latte vaccino; l’eccesso di adiposità, la sedentarietà, la dieta
ipercalorica, iperlipidica e iperglicidica, invece, hanno un
ruolo chiave nel DMT2.
Mentre è chiaro come un’epidemia mondiale di obesità
possa influenzare l’insorgenza del DMT2, non è invece
altrettanto chiaro come questa condizione o altri fattori
associati con l’obesità possano influenzare o modulare il
processo che porta alla distruzione delle beta-cellule. Inaspettatamente, in un terzo dei bambini con diagnosi di
DMT1 è stato riscontrato un aumento dell’indice di
massa corporea (BMI)(19), caratteristica clinica insolita nel
DMT1. Sono state proposte diverse ipotesi, la più diffusa
indica l’aumentato rischio di sviluppare DMT1 nei soggetti sovrappeso durante l’infanzia o che hanno avuto
uno sviluppo puberale precoce. La teoria più accreditata
è quella dell’accelerator hypothesis.
Fisiopatologia del diabete doppio
(ipotesi patogenetiche)
Sebbene non ci siano consensi sulla fisiopatologia del
DD, vi è una più crescente accettazione che i pazienti
243
Marandola L et al.
obesi con diabete e autoimmunità siano più vicini da un
punto di vista fisiopatologico al DMT1 della stessa età e
normopeso che ai pazienti negativi agli anticorpi con
DMT2(12). Il concetto dell’assenza di categorie ben distinte è quello che era stato già ampiamente espresso
nell’accelerator hypothesis. Secondo questa teoria l’insulino-resistenza guidata dall’obesità accelera l’apoptosi
delle beta-cellule direttamente attraverso la glucotossicità e la lipotossicità, stimolando le beta-cellule a produrre più insulina. Numerosi studi hanno dimostrato che
entrambe queste condizioni dismetaboliche inducono alterazioni della secrezione insulinica, aumentata apoptosi,
modifiche della trascrizione di geni rilevanti per la betacellula(20).
Alte concentrazioni di glucosio inducono il recettore Fas,
che a sua volta è sovraregolato dalla produzione di interleuchina-1beta (IL-1β) glucosio-indotta(21). L’iperglicemia causa l’attivazione della via NFkB, attivazione della
caspasi 3 mediata dal citocromo c, sovraespressione del
recettore Fas e formazione di specie reattive dell’ossigeno
(ROS) e quindi di conseguenza l’apoptosi delle beta-cellule(20). Similmente anche gli acidi grassi (FFA) promuovono una risposta infiammatoria. L’apoptosi indotta da
acidi grassi implica la formazione di ceramide, l’aumentata produzione di ossido nitrico (NO) (sebbene il suo
coinvolgimento sia controverso) e la pathway mitocondriale(20). La combinazione di FFA ed elevate concentrazioni di glucosio incrementa ulteriormente l’espressione
dell’IL-1β e il rilascio di varie citochine e chemochine(22).
L’accelerator hypothesis afferma che il DMT1 e il DMT2
siano lo stesso disordine metabolico legato all’insulinoresistenza, con un differente background genetico. Tale
teoria ipotizza che l’aumentato BMI abbia un ruolo centrale nello sviluppo e nell’aumentata incidenza di entrambe le forme di diabete: l’incremento del BMI
provocherebbe un aumento dell’insulino-resistenza con
conseguente peggioramento del controllo glicemico, nei
soggetti geneticamente a rischio, e pertanto condurrebbe a un esordio precoce del diabete(23,24).
A supporto dell’accelerator hypothesis vi è una recente
ipotesi che il DMT2 potrebbe essere, almeno in sottogruppi di pazienti, un disordine immuno-mediato(25-27).
Sono stati ipotizzati diversi meccanismi che potrebbero
svolgere un ruolo chiave nella possibile attivazione della
risposta autoimmune legata all’incremento del BMI e
quindi all’obesità. L’infiammazione cronica di basso
grado, che è determinata principalmente da una maggiore espressione di citochine ad azione proinfiammatoria, quali per esempio l’interleuchina 6 (IL-6) e il tumor
necrosis factor alfa (TNF-α), e dalla produzione di molecole antinfiammatorie, come l’adiponectina(28). Le adipochine hanno effetti immunomodulatori(29) e possono
innescare una risposta autoimmune determinando un’alterazione nell’equilibrio dei linfociti Th1/Th2 e/o alte-
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rando la funzione regolatrice dei linfociti T (cellule CD4+
CD25+).
L’accelerator hypothesis è supportata da diversi studi epidemiologici caso-controllo e di coorte.
Uno studio norvegese ha riscontrato una correlazione tra
il tasso di incidenza del DMT1 e il peso alla nascita(30). Il
rischio di sviluppare DMT1 era due volte superiore nei
bambini con peso alla nascita > 4500 grammi rispetto ai
neonati con più basso peso alla nascita (< 2000 grammi).
Nello studio finlandese Childhood Diabetes, ragazzi con
< 15 anni che sviluppavano DMT1 avevano un BMI più
elevato e un’altezza maggiore rispetto ai controlli matched per età e genere(31).
Caratteristiche biochimiche e fenotipiche
del DD rispetto al DMT2
Nello studio TODAY(12) sono stati reclutati 1206 partecipanti con una mediana di età di 14 anni e la mediana del
tempo intercorso tra la diagnosi di diabete e lo screening
di 2 mesi. Circa il 10% dei soggetti è risultato anticorpopositivo: di questi il 6% circa era positivo a un singolo
anticorpo (41% circa era positivo solo per GADA e 59%
circa era positivo solo per IA2) e il 4% circa positivo per
entrambi gli anticorpi GAD e IA2. Il gruppo dei pazienti
anticorpo-positivi era significativamente differente da
quelli anticorpo-negativo, presentando caratteristiche cliniche e biochimiche più simili al DMT1 che al DMT2, per
esempio nel rapporto maschi-femmine e nella distribuzione di razza/etnia. I partecipanti anticorpo-positivi
erano maggiormente di razza bianca (40,7% vs 19%
p < 0,0001) e maschi (51,7% vs 35,7% p = 0,0007) rispetto ai soggetti anticorpo-negativi; presentavano più
alti livelli di colesterolo HDL, più bassi livelli di trigliceridi
e peptide C; l’uso dell’insulina era significativamente
maggiore nel gruppo dei diabetici anticorpo-positivi che
nel gruppo dei diabetici anticorpo-negativi (54,2% vs
38,8% rispettivamente, p = 0,0013). Nonostante i due
gruppi anticorpo-positivi e negativi fossero costituiti entrambi da soggetti sovrappeso od obesi, secondo i criteri
di reclutamento, la mediana del BMI e del BMI z-score
era significativamente più bassa nel gruppo dei partecipanti anticorpo-positivi (p < 0,0001).
Le caratteristiche del gruppo anticorpo-positivi dello studio TODAY sono in linea con quelle riportate dal lavoro
di Rivera-Vega(32).
Il profilo biochimico del gruppo di pazienti anticorpopositivi dello studio TODAY è coerente anche con quello
riportato nei soggetti adulti reclutati nel trial ADOPT (A
Diabetes Outcome Progression Trial)(33): i pazienti GADA
positivi presentavano livelli di insulina a digiuno, di insulino-resistenza e trigliceridi più bassi e valori di colesterolo
HDL più alti rispetto ai soggetti GADA negativi, indicando
meno insulino-resistenza nei soggetti anticorpo-positivi.
Il diabete doppio: reale entità nosologica?
Questi risultati indicano che i pazienti adolescenti e adulti
“con DMT2 anticorpo-positivi” hanno un fenotipo clinico e metabolico analogo, suggerendo una simile eziopatologia(12).
Criteri diagnostici
Per porre la diagnosi di DD, in un bambino obeso con
diagnosi di diabete(34), possono essere utilizzati i seguenti
parametri clinici e biochimici(16):
1) presenza di caratteristiche cliniche tipiche del DMT2
(ipertensione, dislipidemia, elevato BMI);
2) assenza delle caratteristiche cliniche tipiche del DMT1
(perdita di peso, poliuria/polidipsia, comparsa di chetoacidosi);
3) presenza di anticorpi rivolti verso le beta-cellule, ma
in numero minore rispetto ai soggetti con DMT1
(Tab. 2).
È importante differenziare il diabete doppio
dal diabete di tipo 2?
Rivera-Vega et al.(32), in un lavoro prospettico, hanno studiato le differenze cliniche e biochimiche e le modalità
terapeutiche in 145 giovani obesi con diagnosi di DMT2
anticorpo-positivi (GAD+ e/o IA2+) e giovani obesi con
diagnosi di DMT2 anticorpo-negativi (GAD– e IA2–), al
momento della diagnosi e nel tempo. Settanta pazienti
erano anticorpo-positivi e 75 anticorpo-negativi. Alla diagnosi, i pazienti anticorpo-positivi risultavano essere più
giovani, con un tasso di chetosi più alto, livelli di emoglobina glicata (HbA1c) e glucosio più elevati e concentrazioni di insulina e C-peptide più basse, in confronto ai
pazienti anticorpo-negativi. Questi ultimi presentavano
invece alla diagnosi un valore di BMI z-score e fattori di
rischio cardiometabolici più alti e tali differenze sono rimaste invariate nel tempo. La modalità di trattamento
non ha avuto effetti sul BMI in entrambi i gruppi, mentre dall’analisi del follow-up risultava che: 1) il BMI z-score
e i valori di pressione diastolica erano aumentati signifi-
cativamente in relazione alla durata del diabete; 2) la
pressione sistolica e le transaminasi venivano influenzati
dai cambiamenti del BMI z-score; 3) le variazioni nell’HbA1c avevano un effetto sul profilo lipidico e suoi fattori di rischio cardiometabolico, indipendentemente
dallo stato anticorpale.
Dai dati è emerso che sono necessari sforzi efficaci per
controllare il BMI e la glicemia al fine di diminuire le future complicanze macrovascolari e inoltre che lo stato
autoanticorpale non sembrerebbe influenzare la storia
naturale della malattia(32).
Questi risultati sono in contraddizione con quanto riportato in letteratura finora.
Il trial UKPDS(35) ha evidenziato che, in una popolazione
di adulti clinicamente diagnosticati come DMT2 e GADA
positivi, i trattamenti orali fallivano più rapidamente rispetto a quelli che non presentavano autoimmunità: il
94% richiedeva terapia insulinica entro la fine dello studio in confronto al 14% dei soggetti DMT2 negativi agli
anticorpi. Un altro studio, più limitato come numerosità,
riporta che adolescenti inizialmente diagnosticati DMT2,
ma anticorpo-positivi, richiedevano terapia insulinica
entro 4 anni dalla diagnosi(6). Klingensmith et al.(12) sottolineano l’importanza di determinare gli autoanticorpi in
tutti i giovani con DMT2: l’uso dell’insulina era significativamente maggiore nel gruppo dei diabetici anticorpopositivi che nel gruppo dei diabetici anticorpo-negativi
(54,2% vs 38,8% rispettivamente, p = 0,0013). I giovani
diabetici DMT2 in cui non viene riconosciuta l’autoimmunità potrebbero sviluppare uno scompenso metabolico con una rapida richiesta di terapia insulinica.
Accertare la presenza di autoimmunità in giovani obesi e
sovrappeso con diabete può indirizzare la scelta terapeutica riguardo all’inizio della terapia insulinica.
Trattamento del diabete doppio
Nel DD la funzione beta-cellulare al momento della diagnosi è in gran parte conservata e il suo declino risulta essere più lento rispetto al DMT1 classico. Sulla base di
Tabella 2 Criteri diagnostici per il diabete doppio.
Bambini obesi e con diagnosi di tipo 1*
Presenza di caratteristiche cliniche tipiche del DMT2 (ipertensione, dislipidemia, elevato BMI)
Assenza delle caratteristiche cliniche tipiche del DMT1 (perdita di peso, poliuria/polidipsia, comparsa di chetoacidosi)
Presenza di anticorpi rivolti verso le beta-cellule, ma in numero minore rispetto ai soggetti con DMT1
*In assenza dei sintomi tipici della malattia (poliuria, polidipsia e calo ponderale), la diagnosi di DMT1deve essere posta con il
riscontro, confermato in almeno due occasioni, di:
• HbA1c > 6,5%;
• glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl;
• glicemia dopo 2 ore durante OGTT 75 g ≥ 200 mg/dl.
In presenza di sintomi tipici della malattia la diagnosi deve essere posta con il riscontro occasionale anche di un solo valore di
glicemia ≥ 200 mg/dl(34).
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Marandola L et al.
queste conoscenze potrebbe essere molto utile una terapia in grado di interferire con alcuni dei meccanismi
coinvolti nei processi patogenetici come per esempio un
trial di immunomodulazione tipico del DMT1.
Sebbene al momento non siano presenti dati che dimostrino che i cambiamenti nello stile di vita, come la dieta
e l’attività fisica e il conseguente calo ponderale, possano
essere efficaci nel DD, è verosimile che la riduzione ponderale dilazioni almeno l’insorgenza del DD, come dimostrato per il DMT2 nel Diabetes Prevention Program
(DPP)(36).
Nei bambini potrebbe essere tuttavia sconsigliata una
dieta a basso contenuto calorico, ma incentivata l’attività
fisica per la perdita di peso: questo potrebbe essere un
buon approccio al fine di prevenire la progressione del
DD nei soggetti giovani.
I regimi terapeutici consigliati per il DMT2 a insorgenza
giovanile (metformina, inibitori delle glucosidasi, tiazolidinedioni, glucagon-like peptide 1 [GLP-1] agonisti e insulina, tenendo presente ovviamente la possibilità di
prescrizione per età) possono in teoria essere considerati
tutti validi nella terapia del DD, in particolare una riduzione dell’insulino-resistenza potrebbe condurre a un rallentamento della distruzione delle beta-cellule. Tuttavia,
solo dopo trial clinici randomizzati sarà possibile suggerire qual è il trattamento di scelta.
Greco(37) nel presentare un caso di DD evidenzia come,
nelle decisioni inerenti il trattamento di questi soggetti,
il dilemma che si presenta al medico è se sia meglio cercare di inquadrare il paziente all’interno di una categoria
diagnostica ben definita e impostare di conseguenza la
terapia, oppure considerare la sola terapia insulinica. Nel
caso descritto da Greco era difficoltosa una precisa definizione diagnostica in quanto erano presenti varie caratteristiche tipiche del DMT1 (familiarità, esordio brusco
con severa iperglicemia e chetosi, marker autoimmunitari
positivi) e del DMT2 (familiarità, obesità, abitudini alimentari errate e sedentarietà). In questo caso era stata
risolutiva la presenza della riserva beta-pancreatica e il rapido normalizzarsi dei valori glicemici con la terapia di
associazione insulina/metformina: il titolo anticorpale ha
mostrato una tendenza a decrescere nel corso dei mesi
successivi alla diagnosi e il peso corporeo ha mostrato
una progressiva riduzione.
Conclusioni
Sono indispensabili ulteriori ricerche sul DD: caratterizzare questa forma di diabete in diversi gruppi etnici e
studi di follow-up per prevenire la distruzione della betacellula. Dovrebbero essere effettuati trial clinici appropriati per stabilire una terapia più adeguata e protocolli
per monitorare l’iperglicemia. L’aspetto più importante
da approfondire nel DD riguarda lo sviluppo di compli-
246
canze macrovascolari, aspetto reso ancora più rilevante
dalla giovane età dei soggetti affetti da questa forma di
diabete.
Conflitto di interessi
Nessuno.
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