Alcol e droga nel rapporto di lavoro
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Alcol e droga nel rapporto di lavoro
29/11/2010 AVV. MONICA BOMBELLI COS’E’ IL RAPPORTO DI LAVORO? Il rapporto di lavoro viene comunemente definito come la relazione giuridica che intercorre tra il datore di lavoro e il lavoratore, avente ad oggetto l’obbligo per quest’ultimo di prestare la prestazione lavorativa in favore del datore di lavoro. Avv. Monica Bombelli 1 29/11/2010 DATORE DI LAVORO interesse del datore di lavoro ad una prestazione, da parte del lavoratore, che sia diligente, coordinata con l’attività dell’impresa e degli altri lavoratori e finalizzata a realizzare l’interesse e gli obiettivi dell’impresa medesima. In sostanza, il datore di lavoro ha interesse ad una prestazione, per così dire, ottimale. A tal fine, il datore di lavoro è dotato di specifici poteri: potere direttivo, di vigilanza e controllo e disciplinare. LAVORATORE interesse a percepire la retribuzione, a ricevere tutela assicurativa e previdenziale e a vedersi garantita la propria integrità fisica durante l’esercizio delle sue mansioni lavorative. Avv. Monica Bombelli 2 29/11/2010 ALCOL E DROGA: COME SI INSERISCONO? Direttamente nell’ambito del rapporto o all’interno dell’ambiente di lavoro Si pensi, ad esempio, ai casi di un lavoratore che assume droga o consuma alcol durante l’esecuzione della prestazione o poco prima di prendere servizio. Lo stesso lavoratore eseguirà la sua prestazione lavorativa sotto l’effetto della sostanza drogante o dell’alcol, con palesi rischi e pericoli per sé stesso e magari anche per gli altri lavoratori. Oppure, si consideri l’ipotesi di sostanza stupefacente detenuta all’interno dell’ambiente di lavoro, per esempio nell’armadietto personale, all’evidente fine di evitare perquisizioni o comunque rinvenimenti nell’abitazione. Avv. Monica Bombelli 3 29/11/2010 Fuori dall’ambiente di lavoro La droga e l’alcol possono però anche costituire elementi di reato, consumato fuori dall’ambito lavorativo, che però può assumere riflessi, anche pesanti, sul rapporto di lavoro. Si pensi al caso dell’autista che subisce un procedimento penale, con sospensione o revoca della patente. O del lavoratore che viene arrestato per “spaccio” di droga o che viene condannato per tale reato. “Turbamento” del rapporto di lavoro Ciò è certamente evidente nelle prime ipotesi cui si è fatto cenno, dove la prestazione viene resa sotto l’effetto di tale sostanze. E’ chiaro che in tali casi infatti, il datore di lavoro veda fortemente leso il proprio interesse ad una prestazione lavorativa diligente ed ottimale, e ciò a maggior ragione in prestazioni per le quali sono necessarie alto grado di diligenza, prudenza e perizia, tutte qualità che il consumo di stupefacente o di alcol potrebbe pregiudicare. Ma anche nelle altre ipotesi cui abbiamo fatto cenno, vi è certamente un datore di lavoro molto preoccupato sulle future prestazioni lavorative del lavoratore, e ciò proprio a ragione dell’evento che si è verificato (condanna, arresto, sospensione della patente, ecc.). In tal caso, infatti, il datore di lavoro si chiederà se potrà fidarsi ancora oppure no di quel lavoratore o come potrà in lavoratore (ed esempio se arrestato) svolgere la prestazione lavorativa. Avv. Monica Bombelli 4 29/11/2010 questioni: DATORE DI LAVORO: Posso licenziare il lavoratore? LAVORATORE: Perderò il lavoro? ALTRI LAVORATORI: Corriamo dei rischi? Come vendiamo tutelati? RECESSO DATORIALE: LICENZIAMENTO nel nostro ordinamento giuridico, il recesso del datore di lavoro dal rapporto a tempo indeterminato è regolato dalla legge 604/1966, dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e dalla legge 108/1990. Questi testi normativi fondamentali disciplinano il fenomeno del licenziamento, stabilendo requisiti sostanziali e procedurali per la legittimità dello stesso e apprestano un regime di tutela per il lavoratore illegittimamente licenziato. Avv. Monica Bombelli 5 29/11/2010 Requisiti sostanziali: I requisiti sostanziali del licenziamento si traducono nell'obbligo di una causa giustificatrice del recesso: l'articolo 1 della legge 604 dichiara che il licenziamento del prestatore di lavoro non può avvenire che per giusta causa, ai sensi dell'articolo 2119 c.c., o per giustificato motivo. Giusta causa: La giusta causa, di cui all'articolo 2119 c.c., viene comunemente ravvisata dalla giurisprudenza nella violazione dell'elemento di fiducia, posto a base del rapporto, più che sulla presenza di uno specifico inadempimento del lavoratore o della sussistenza di un danno patrimoniale per il datore di lavoro. I comportamenti che legittimano il licenziamento per giusta causa vengono ravvisati in condotte che possono essere anche diverse dall'inadempimento contrattuale, ma che sono talmente gravi da far venir meno la fiducia su cui è improntato il rapporto lavorativo. La giurisprudenza ha avuto modo di specificare che la gravità del fatto deve essere valutata in concreto, tenendo conto della natura, della qualità del singolo rapporto, della posizione delle parti, delle circostanze in cui si è verificato l'evento di motivi e dell'intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo. In tale ambito, è stato sostenuto che l'assenza di un danno patrimoniale per il datore di lavoro non sia elemento tale da far venir meno la giusta causa. Avv. Monica Bombelli 6 29/11/2010 Giustificato motivo oggettivo: L‘ articolo 3 della legge 604 individua il giustificato motivo soggettivo nel notevole inadempimento degli obblighi contrattuali del prestatore di lavoro. Si tratta, in sostanza, di fatti o comportamenti colposi strettamente attinenti al rapporto di lavoro che, sebbene meno gravi rispetto all'ipotesi di giusta causa, sono comunque tali da far venir meno del datore di lavoro la fiducia posto a fondamento del rapporto ed a fargli fondatamente dubitare dell'attitudine del lavoratore medesimo all’espletamento futuro delle sue mansioni. Giustificato motivo soggettivo: L'articolo 3 della legge 604 dispone altresì che il licenziamento possa essere intimato per giustificato motivo oggettivo, il quale viene ravvisato in fatti inerenti l'attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa. Vi rientrano tutte quelle situazioni aziendali che possono condurre alla soppressione di un posto di lavoro, dall'ipotesi di fattori eccezionali o determinata da cause contingenti imprevedibili (per esempio una crisi di mercato, scelte imprenditoriali concernenti le strategie produttive o organizzative). Avv. Monica Bombelli 7 29/11/2010 Al giustificato motivo oggettivo si riconducono anche fatti attinenti la sfera del lavoratore, ma a lui non imputabili a titolo di colpa, i quali hanno però una ricaduta sull'organizzazione aziendale e legittimano l'interruzione del rapporto. Si pensi ad esempio alla perdita di titoli professionali necessari per lo svolgimento di un'attività oppure alla sopravvenuta inidoneità fisica permanente alla mansione. Procedura per il licenziamento il licenziamento deve essere intimato dal datore di lavoro in forma scritta e con immediatezza, il prestatore di lavoro può chiedere, entro 15 giorni dalla comunicazione, i motivi che hanno determinato il recesso e in tal caso il datore di lavoro, nei 7 giorni successivi alla richiesta, deve comunicare per iscritto i motivi del recesso. Si ritiene che una volta enunciati tali motivi, gli stessi siano immutabili. Tranne nell'ipotesi di giusta causa, il licenziamento non determina immediatamente l'interruzione del rapporto, in quanto la parte richiedente deve dare all'altra preavviso del recesso stesso. Pertanto, dopo la comunicazione del licenziamento, per tutto il periodo di preavviso, deve essere normalmente resa la prestazione da parte del lavoratore, il quale continuerà a percepire la retribuzione. Avv. Monica Bombelli 8 29/11/2010 Licenziamento disciplinare: motivato dall'inadempimento degli obblighi contrattuali è anche licenziamento disciplinare. Si tratta, in sostanza, della più grave sanzione disciplinare adottabile dal datore di lavoro. Il licenziamento disciplinare, e quindi la sua legittimità, è subordinato all'osservanza dei requisiti stabiliti dalla legge 604 e anche di quelli stabiliti dall'articolo 7 dello Statuto dei lavoratori: in sostanza, la procedura prevista dalla legge 604 è integrata con il regime più garantistico dell'articolo 7 statuto dei lavoratori. Il datore di lavoro deve preventivamente contestare al lavoratore l’addebito, dargli il tempo di presentare le sue difese e di essere sentito, eventualmente anche con l'assistenza di un membro sindacale. Poi potrà intimargli il licenziamento nei termini previsti dal ccnl. La violazione della procedura rende il licenziamento ingiustificato. Requisiti del licenziamento dicsiplinare: La giurisprudenza ha avuto modo di precisare che, essendo licenziamento la più grave delle sanzioni, lo stesso deve essere proporzionato alla gravità della violazione e, inoltre, deve essere contemplato nel codice disciplinare. Tuttavia è stato specificato, in giurisprudenza, che se la violazione riguarda norme di legge, l'etica sociale o comunque doveri fondamentali del lavoratore non è necessaria la preventiva specificazione della violazione nell'ambito del codice disciplinare. Avv. Monica Bombelli 9 29/11/2010 Tribunale di Novara, sent. n. 46 del 3.8.10 Dr. M.Alzetta: L'eventuale mancanza di affissione del codice disciplinare non vale ad inficiare il licenziamento, qualora la ragione addotta afferisca alla violazione dei doveri fondamentali del lavoratore. In casi come questi, ad avviso della giurisprudenza, si ritiene che le gravi violazioni dei doveri fondamentali siano sanzionabili con il licenziamento a prescindere dall'inclusione o meno nel codice disciplinare ed anche dalla mancanza di affissione dello stesso. Conseguenze di un ‘cattivo’ licenziamento: Le conseguenze del caso in cui sia intimato un licenziamento senza i requisiti sostanziali o procedurali previste dalla normativa. Le stesse, com'è noto, sono “.'inefficacia nel caso in cui siano violati i requisiti procedurali posti dalla legge (mancanza di forma scritta, mancata indicazione dei motivi e delle altre formalità di cui all'articolo due della legge 604), e licenziamento ingiustificato e conseguente annullamento nelle altre ipotesi. Alla sentenza del giudice che dichiara l'inefficacia o l'annullamento del licenziamento consegue, a seconda dei limiti dimensionali del datore di lavoro, l'attribuzione al lavoratore di una tutela cosiddetta reale oppure obbligatoria. Avv. Monica Bombelli 10 29/11/2010 Tipi di tutela: La tutela reale, prevista dall'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, così come modificato dalla legge 108, prevede che il giudice ordini la reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro e condanni il datore di lavoro al risarcimento del danno patito da dipendente, liquidando un'indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto, dal giorno del licenziamento sino quello della reintegrazione, nonché al versamento dei contributi previdenziali. In ogni caso la misura dell'indennità non potrà essere inferiore alle cinque mensilità. È facoltà del lavoratore chiedere al datore di lavoro, invece della reintegrazione, la corresponsione di un'indennità sostitutiva pari a 15 mensilità che si aggiunge a quanto dovuto a titolo di risarcimento. Nella tutela obbligatoria, prevista dall'articolo 8 della legge 604, così come modificato dall'articolo 2 della legge 108, il datore di lavoro è condannato a riassumere il lavoratore entro tre giorni oppure a risarcire il danno da questi patito, versandogli un'indennità di un importo compreso tra un minimo di 2,5 e un massimo di 6 mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Sospensione cautelare: si tratta del provvedimento con il quale il datore di lavoro, in presenza di fatti che giustificano il licenziamento del lavoratore, in attesa della difesa da parte di quest'ultimo entro i giorni giorni prescritti, ne impedisce l'accesso in azienda continuando spesso a corrispondergli la retribuzione. Avv. Monica Bombelli 11 29/11/2010 Alcol e droga: motivi di un valido licenziamento? Cass. 12/4/2010 n. 8641: il licenziamento per giusta causa può considerarsi legittimo soltanto se, valutata in concreto ogni circostanza, la mancanza del lavoratore sia di tale gravità da far venir meno il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, che si sostanzia nell'aspettativa di una parte circa il comportamento dell'altra parte, e presuppone una prognosi favorevole relativamente al puntuale adempimento di tutti gli obblighi che derivano dal contratto stesso". In tale sentenza si richiama un precedente, N. 16.291 del 2004, in cui era stata confermata la legittimità del licenziamento intimato ad un dipendente dell'ente poste trovato in possesso di un ingente quantitativo di droga leggera, della quale non risultava fare uso personale, in quanto il fatto che egli svolgesse mansioni a diretto contatto con il pubblico, in un piccolo centro, rendeva fondati i timori della società, esercente servizi postali, di diffusione della droga all'interno dell'ambiente lavorativo o tra gli utenti del servizio. La stessa sentenza 8641 del 1010 ha ritenuto legittimo il recesso anche in assenza del danno patrimoniale. Avv. Monica Bombelli 12 29/11/2010 "anche di recente, ribadito che in caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra fatto addebitate recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva un pregiudizio per gli scopi aziendale, si è sottolineato come sia determinante, ai fini del giudizio di proporzionalità, l'influenza che su un rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che, per le sue concrete modalità e per il contesto di riferimento, appaia suscettibili di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento e denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, confermando il proprio comportamento ai canoni di buona fede correttezza, ulteriormente sottolineandosi che spetta al giudice di merito valutare la congruità della sanzione espulsiva non sulla base di una valutazione astratta del fatto addebitato, ma tenendo conto di ogni aspetto concreto della vicenda processuale che, alla luce di un apprezzamento unitario e sistematico, risulti sintomatico della sua gravità rispetto d'un utile prosecuzione del rapporto di lavoro, assegnandosi a tal fine preminente rilievo alla configurazione che delle mancanze addebitate faccia la contrattazione collettiva, ma pure all'intensità dell'elemento intenzionale, al grado di affidamento richiesto dalle mansioni svolte dal dipendente, alle precedenti modalità di attuazione del rapporto (e alla sua durata e all'assenza di precedente sanzione), la sua particolare natura tipologia." "è poi costante nella giurisprudenza di questa corte il principio secondo cui nell'ipotesi di licenziamento di dipendente di istituto di credito l'idoneità del comportamento contestato a ledere il rapporto fiduciario deve essere valutata con particolare rigore e a prescindere dalla sussistenza di un danno effettivo per il datore di lavoro, rilevando l'adesione dell'affidamento che, non solo il datore di lavoro, ma anche pubblico, ripongono nella lealtà e correttezza dei funzionari”. Rimarcandosi che: "l'assenza di nocumento (o di serio pericolo di nocumento) della sfera patrimoniale del datore di lavoro, si può concorrere a fornire elementi per la valutazione di gravità del comportamento inadempiente, non è decisiva per escludere che possa dirsi irrimediabilmente incrinato rapporto di fiducia, da valutarsi in concreto in considerazione della realtà aziendale delle mansioni”. Avv. Monica Bombelli 13 29/11/2010 In materia di droga, di recente, App. Catanzaro, 31/08/2006: “Pur potendo, in astratto, avere rilevanza disciplinare la condotta extralavorativa posta in essere dal lavoratore, non può costituire giusta causa di licenziamento il fatto avente rilevanza penale che l'abbia coinvolto durante le ferie e che, senza avere ripercussioni dirette in ambito lavorativo, sia stato appreso e contestato disciplinarmente dal datore di lavoro a seguito della sentenza di applicazione della pena su richiesta delle parti (nella specie, il giudice di merito d'appello ha ritenuto che non possa incrinare irrimediabilmente il rapporto fiduciario l'ipotesi di detenzione e spaccio di stupefacenti in relazione al quale un dipendente bancario abbia patteggiato la pena, mentre il giudice di primo grado aveva ritenuto che lo fosse per la dichiarazione, rinvenibile nel verbale dell'interrogatorio di garanzia dell'indagato sottoposto a misura cautelare, intesa a giustificare il possesso della sostanza stupefacente con un uso personale abituale della stessa).” Cass. civ. Sez. lavoro, 19/08/2004, n. 16291: “Il licenziamento per giusta causa può considerarsi legittimo soltanto se, valutata in concreto ogni circostanza, la mancanza del lavoratore sia di tale gravità da far venir meno il rapporto fiduciario con il datore di lavoro, che si sostanzia nell'aspettativa di una parte circa il comportamento dell'altra parte, e presuppone una prognosi favorevole relativamente al puntuale adempimento di tutti gli obblighi che derivano dal contratto stesso. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto correttamente motivata la sentenza di merito che confermava la legittimità del licenziamento intimato ad un dipendente dell'ente poste trovato in possesso di un ingente quantitativo di droga "leggera", della quale non risultava fare uso personale, in quanto il fatto che egli svolgesse mansioni a diretto contatto con il pubblico, in un piccolo centro rendeva fondati i timori della società, esercente il servizio postale, di diffusione della droga all'intero dell'ambiente lavorativo o tra gli utenti del servizio).” Avv. Monica Bombelli 14 29/11/2010 Cass. civ. Sez. lavoro, 17/06/2004, n. 11369: “Qualora un contratto collettivo di lavoro preveda, nel caso in cui il dipendente venga sottoposto ad una misura restrittiva della libertà personale, la più grave sanzione disciplinare (licenziamento senza preavviso) solo qualora intervenga una sentenza definitiva di condanna, l'esemplificazione delle condotte non è né vincolante né tassativa, permanendo comunque, in capo al datore di lavoro, la facoltà di recesso di cui all'art. 2119 c.c. , disposizione che, nel prevedere il recesso qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria del rapporto, attribuisce al giudice del merito il potere dovere di valutare l'idoneità della dedotta causa di risoluzione del rapporto. Risponde, pertanto, a criteri di coerenza l'interpretazione del giudice di merito che la correli all'art. 2119 c.c. non una semplice misura restrittiva della libertà personale, quale prevista dalla disposizione contrattuale recata dall'art. 33 del c.c.n.l. postelegrafonici, ma una misura restrittiva collegata ad un particolare comportamento di rilievo penale, già posto in essere in precedenza dalla lavoratrice, e la valutazione sull'incidenza di un comportamento, esulante dalla sfera strettamente lavorativa, sul rapporto fiduciario, in quanto sintomo di inaffidabilità e scarsa rettitudine morale; l'accertamento relativo non può essere limitato alle mansioni in concreto espletate al momento del licenziamento, ma va esteso al complesso delle mansioni affidabili nell'ambito dell'inquadramento sindacale e delle peculiarità dell'attività aziendale nel suo complesso. (Nella specie, la lavoratrice - addetta ad un ufficio postale - era stata arrestata con l'accusa di concorso in detenzione a fini di spaccio di una rilevante quantità di droga sequestrata proprio nell'abitazione della stessa, dopo che aveva già subito due procedimenti per violazione della legge sugli stupefacenti, il primo concluso con sentenza di patteggiamento e il secondo con sentenza di condanna, e il giudice di merito ha ricondotto all'art. 2119 c.c. la misura restrittiva ricollegata al particolare comportamento di rilievo penale, già posto in essere dalla lavoratrice in precedenza, considerando la peculiarità del contesto aziendale, nel quale anche semplici lettere possono contenere valori ed in cui non vi è una rigida divisione tra i vari ambiti lavorativi,tale da escludere qualsiasi ingerenza di un soggetto poco affidabile in settori delicati).” App. Milano, 20/04/2004: “L'arresto in flagranza del lavoratore, trovato in possesso di sostanze stupefacenti mentre si reca sul luogo di lavoro, è un fatto grave che giustifica il licenziamento in tronco. Nella specie la Corte ha affermato che da tale circostanza si può ragionevolmente desumere che il lavoratore avesse contratti con spacciatori di professione e stesse portando in azienda la droga per venderla o semplicemente per nasconderla.” Avv. Monica Bombelli 15 29/11/2010 Cass. civ. Sez. lavoro, 17/06/2002, n. 8716: “Nell'ottica dell'autonomia tra il giudizio civile e quello penale, la gravità della condotta ascritta al dipendente licenziato per giusta causa può avere un sufficiente rilievo disciplinare ed essere idonea a giustificare il licenziamento anche ove la stessa non costituisca reato. (Nella specie, la sentenza di merito impugnata, confermata dalla S.C., aveva ritenuto giusta causa di licenziamento di un dipendente di un istituto bancario l'incriminazione penale per il delitto di spaccio di stupefacenti, sulla considerazione che il coinvolgimento in fatti di droga, nonchè la mera detenzione di stupefacenti per uso personale, possano non solo recare discredito al datore di lavoro, ma anche compromettere l'elemento fiduciario sotteso al rapporto di lavoro nel settore bancario, attesa la delicatezza e responsabilità delle mansioni esercitate).” Trib. Milano, 30/11/2001: “L'uso sul luogo di lavoro di una sostanza stupefacente leggera, quale l'hashish, non legittima il licenziamento per giusta causa in mancanza di previa contestazione di concrete conseguenze negative sulla prestazione lavorativa.” Cass. civ. Sez. lavoro, 27/03/1998, n. 3270: “Nel caso di giusta causa o giustificato motivo soggettivo di licenziamento, i fatti addebitati devono rivestire il carattere di grave negazione degli elementi del rapporto di lavoro , ed in particolare dell'elemento della fiducia, che deve continuamente sussistere tra le parti; la valutazione relativa alla sussistenza del conseguente impedimento della prosecuzione del rapporto deve essere operata con riferimento non già ai fatti astrattamente considerati, bensì agli aspetti concreti afferenti alla natura ed alla qualità del singolo rapporto, alla posizione delle parti, al grado di affidamento richiesto dalle specifiche mansioni del dipendente, nonchè alla portata soggettiva dei fatti stessi, ossia alle circostanze del suo verificarsi, ai motivi ed alla intensità dell'elemento intenzionale e di quello colposo e ad ogni altro aspetto correlato alla specifica connotazione del rapporto che su di esso possa incidere negativamente. (Nella specie un assistente di volo era stato licenziato perchè al rientro da un volo internazionale era stato trovato in possesso di otto grammi di marijuana, pari a circa tre dosi medie: in sede penale era stata ritenuta la non punibilità del fatto, trattandosi di acquisto di modica quantità di sostanza stupefacente per uso personale; il giudice di merito, pur rilevato che il comportamento era qualificato grave dal manuale operativo, aveva annullato il licenziamento, ritenendo nella specie non sussistenti gli estremi della contestata giusta causa e non possibile la conversione in giustificato motivo oggettivo ai fini della valutazione del ritiro del tesserino doganale; la S.C. ha annullato con rinvio la sentenza impugnata, ritenendo lacunosa la valutazione del fatto senza l'adeguata considerazione delle particolari funzioni del lavoratore, del tipo di connessione tra il fatto illecito e la prestazione lavorativa, della incidenza del medesimo sul rapporto fiduciario e sull'immagine dell'azienda, del ritiro del tesserino di accesso agli spazi doganali ed aeroportuali, della normativa di servizio; e ritenendo che avrebbe dovuto se del caso procedersi anche alla verifica della sussistenza di un giustificato motivo soggettivo di licenziamento).” Avv. Monica Bombelli 16 29/11/2010 Cass. civ. Sez. lavoro, 13/02/1997, n. 1314 “La dipendenza da alcol non è di per sè motivo sufficiente per il venir meno della fiducia del datore di lavoro nel corretto adempimento futuro, che giustifica il licenziamento.” Tribunale di Novara, sent. N. 36 del 7. 6. 2010, Giudice Dr. M.Alzetta: È principio giurisprudenziale da tempo assodato quello per il quale costituisce valida intimazione di recesso datoriale la messa in campo di gravi violazioni dei doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, doveri tra i quali vi sono quelli di cui agli articoli 2104 e 2105 codice civile e quelli derivanti dalle direttive aziendali. (...) Se è vero che in giurisprudenza si sostiene-diffusamente (cfr. Cass.13.2.1997 n. 1314 e Cass. 26.5.2001 n. 7192)-che la dipendenza dall'alcol, come da sostanze psicotrope, non è di per sé un motivo sufficiente per far venir meno la fiducia del datore di lavoro, non è meno vero che occorre accertare, volta per volta, delle condotte del dipendente, nella concretezza dello svolgimento del rapporto, così come per ogni altro lavoratore, alla stregua degli ordinari criteri stabiliti dalla legge e dal contratto collettivo, al fine di valutare la legittimità o meno della sanzione disciplinare (cfr: Cass. 7192/2001)”. Avv. Monica Bombelli 17 29/11/2010 Tribunale di Novara, sent n. 83 del 24.8.2010, Giudice Dott.M.Alzetta: Se in linea di massima i comportamenti del lavoratore estranei alla prestazione lavorativa sono irrilevanti ai fini della giusta causa, si è osservato che detti comportamenti, anche qualora non inquadrabili nell'ambito dell'inadempimento, siano tali da produrre effetti riflessi nell'ambiente lavorativo, essi possono far venir meno l'elemento fiduciario, qualora sorretti da significativa gravità. Si è così ritenuto che un atto di violenza di un lavoratore nei confronti di altro dipendente dello stesso datore di lavoro, ancorché realizzato al di fuori dell'ambito aziendale, possa costituire giusta causa di licenziamento, quando, sia connessa a motivi di lavoro e sia idoneo a scuotere la serenità nella normalità dei rapporti di colleganza tra i lavoratori e di collaborazione tra questi e datore di lavoro”. Tribunale di Novara, sent. n. n. 83 del 24.8.2010, Giudice Dott.M.Alzetta: Si deve rilevare che la giurisprudenza ha da tempo risolto la questione del danno economico causato dal comportamento dei dipendenti ai fini della valutazione della giusta causa di licenziamento, sostenendo che l'esistenza di tale danno non costituisce requisito rilevante per la configurabilità della fattispecie. Il principio in esame è stato ulteriormente ribadito anche successivamente in ipotesi di licenziamento per giusta causa per l'impossessamento abusivo di beni ambientali da parte del dipendente, rispetto al quale, ai fini della valutazione della proporzionalità tra fatto addebitato il recesso viene in considerazione non l'assenza o la speciale attività del danno patrimoniale cagionato, ma la ripercussione sul rapporto di una condotta suscettibile di porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento in quanto sintomatica di un certo atteggiarsi del lavoratore rispetto agli obblighi assunti”. Avv. Monica Bombelli 18 29/11/2010 Grazie per l’attenzione. Avv. Monica Bombelli 19