Secondo capitolo: L`italiano nella scuola marocchina
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Secondo capitolo: L`italiano nella scuola marocchina
Abdelkrim Boussetta (2010), L’insegnamento della lingua italiano nelle scuole medie e superiori marocchine, in prospettiva interculturale, Académie Régionale de l’education et de la formation de la Région de Rabat Salé Zemmour Zaer, Thèse pour l’integration dans le grade d’inspecteur pégagogique. Secondo capitolo: L’italiano nella scuola marocchina 2.1. La scuola marocchina 2.2. L’insegnamento della cultura straniera nella scuola marocchina 2.3. L’italiano nelle scuole marocchine 2.3.1. Scuola media 2.3.2. Scuola superiore 2.4. Metodologia dell’insegnamento della cultura italiana nella scuola marocchina2.1. La scuola marocchina In questo lavoro non intendiamo scorrere la storia della riforma della scuola marocchina, bensì rivelare quello che la riforma del sistema educativo del gennaio 2000 ha portato nell'insegnamento delle lingue in Marocco (va ricordato che la riforma è in corso di applicazione e di adattamento dato che la Charte Nationale considera il 2000-2009 il decennio nazionale dell’educazione e della formazione in Marocco, inoltre dal 2009 al 2012 il ministero dell'Education Nationale adotta un piano d'urgenza che mira a velocizzare il ritmo della riforma). La suddetta riforma ha cambiato la struttura pedagogica della scuola marocchina. Attualmente la scuola marocchina viene organizzata in : scuola materna che prepara il discente all’istruzione primaria (fase prescolastica). Questa fase dura 2 anni (dall’età di 4 a 6 anni) scuola primaria (2 cicli) il primo ciclo dura 2 anni e il secondo 4 anni; scuola media dura 3 anni; scuola secondaria dura 3 anni. Il primo anno è considerato un tronco comune per tutti gli studenti nuovi alla scuola secondaria. Gli altri due anni costituiscono i due cicli della maturità ( il baccalaureat) ; istruzione superiore: università statali, istituti superiori privati e statali. La scuola marocchina mira a formare un cittadino che reagisca con rettitudine, che dovrebbe essere un modello di moderazione e di tolleranza, aperto alla scienza e alla conoscenza, e dotato di spirito di iniziativa e di creatività. Egli dovrebbe essere in grado di usare l’arabo, lingua ufficiale del Paese, sia a livello orale che a quello scritto e complementarmente dovrebbe aprirsi all’uso delle lingue straniere largamente usate nel mondo (la Charte Nationale d'Education et de Formation, gennaio 2000). La riforma posiziona l’apprendente al centro della riflessione e dell’azione pedagogiche. La scuola quindi dovrebbe essere un mondo vivo che si basa non sulla ricezione passiva, ma sull’apprendimento attivo, sulla cooperazione, sulla discussione e sul lavoro collettivo e non soltanto individuale. Per poter padroneggiare la lingua straniera, la riforma prevede il suo apprendimento sin dalla prima età. L’allievo è esposto alla lingua straniera in modo diretto e progressivo. La prima lingua straniera1, cioè il francese, è introdotta dal secondo anno del primo ciclo della scuola elementare in età precoce. Va ricordato che il cervello della persona in questa età si caratterizza da una plasticità enorme in cui la lateralizzazione degli emesferi cerebrali non è ancora fissata. Pertanto in questa fase l’insegnamento del francese ha l’obiettivo di familiarizzare l’allievo con i suoni della lingua bersaglio (lingua orale in particolare). La Charte Nationale indica che l’insegnamento della seconda lingua straniera, che mira a familiarizzare l’allievo con i suoni fonetici della lingua, deve essere introdotto al quinto anno della scuola primaria. La riforma prevede l’insegnamento modulare delle lingue straniere, il che significa che, dipendentemente dall’orario scolastico, l’insegnamento della lingua straniera concerne, oltre al lato prettamente linguistico, anche la cultura straniera, la scienza, la tecnologia. In poche parole, si insegnerà la lingua straniera funzionale, utile per comunicare e integrarsi nel mondo attuale. L’università sarà anche il luogo dove si svolgeranno corsi di perfezionamento in lingua straniera che per lo più saranno suddivisi in moduli che trattano il linguaggio scientifico-professionale o moduli culturali che rendano funzionale l’apprendimento linguistico. 2.2. L’insegnamento della cultura delle lingue straniere in Marocco 1 Con la lingua straniera si intende sia la lingua seconda che quella straniera. In Marocco, dal punto di visto glottodidattico, il francese è considerato una lingua seconda, visto che esso viene usato anche in un ambito naturale, accanto all’arabo e all'amazigh ed è anche lingua di comunicazione in Marocco. Mentre una lingua come l’inglese o l’italiano sono considerate lingue straniere utilizzate più nel contesto scolastico che in quello naturale. Nei documenti ufficiali al ministero dell’Educazione Nazionale viene usato il termine ‘Prima lingua straniera’ per riferirsi al francese e per parlare dell’inglese o dell’italiano o del tedesco o dello spagnolo, le quattro lingue straniere che vengono insegnate nelle scuole statali marocchine, si usa il termine ‘Seconda lingua straniera’. La didattica delle lingue straniere insegnate presso le scuole statali in Marocco non prevede l’insegnamento della cultuara staniera nella prospettiva antropologica (cfr. Paragrafo 1.1). In alcune lingue straniere viene presentata la cultura soltanto nel senso classico. Il corso di lingua francese, per esempio, espone l’allievo a testi letterari di autori classici e anche contemporanei. Gli aspetti culturali del paese di cui si studia la lingua sono quasi inesistenti. Sicuramente uno studente di francese al liceo non sarebbe a conoscenza degli aspetti culturali della vita quotidiana di un parlante nativo francese. Sfogliando i libri di testo adottati dal Ministero dell’Educazione Nazionale marocchino, si nota l’assenza totale della cultura straniera. I manuali d’inglese, per esempio, non presentano la realtà anglosassone, ma quella marocchina usando la lingua straniera. Spesso si leggono testi i cui protagonisti sono marocchini che parlano la lingua inglese fra di loro, il che è considerato poco autentico. Infatti è raro trovare due marocchini che usano l’inglese come lingua di comunicazione. Inoltre alcuni testi presentati nei libri di testo d’inglese sono ambientati, in un contesto marocchino e fra marocchini ciò rende impossibile un apprendimento linguistico efficace. Uno studente esposto a tale tipo di testo una volta che si trovi in contatto con i parlanti nativi affronterà una serie di problemi (il ritmo di un parlante nativo è quasi sempre incomprensibile, la competenza prossemica e la competenza ciniesica, due competenze importanti della competenza comunicativa, potrebbero impedire la comprensione, ecc). In altri termini uno studente pur essendo linguisticamente competente dovrebbe essere in grado d’integrare l’uso del corpo per trasmettere messaggi. In tale modo l'obiettivo del corso d’inglese al liceo quindi è la presentazione della cultura marocchina ai marocchini, ma in lingua straniera. A questo proposito, come sostiene Freddi 1994, va ricordato che è impossibile presentare la lingua agli studenti senza presentare simultaneamente la cultura del paese di cui si studia la lingua. Fa eccezione l’insegnamento dell’italiano nelle scuole superiori che dà spazio all’insegnamento della cultura straniera. Il manuale utilizzato per lo studio della lingua stessa presenta la cultura italiana sia in modo implicito che in modo esplicito e in particolare la cultura nel senso antropologico (cfr. paragrafo 1.1.). Ciò non significa che perdiamo di vista il discorso sulla letteratura italiana, sul cinema italiano. 2.3. L’insegnamento dell'italiano nella scuola marocchina L’italiano è stato introdotto nei programmi curricolari del Minstero marocchino dell’Educazione Nazionale nell’anno scolastico 1993-94 nel quadro degli accordi bilaterali tra l’Italia e il Marocco. Infatti l’italiano era già insegnato in alcune università marocchine (a Rabat e a Casablanca) come lingua complementare. Ciò significa che gli studenti universitari avevano e hanno ancora la possibilità di scegliere fra più di cinque lingue straniere da studiare una volta alla settimana (due ore settimanali) e sostenere un esame orale solo dopo aver superato gli esami scritti nelle materie di specializzazione. L'insegnamento dell'italiano nel settore de l'Enseignement Scolaire si pone le seguenti mete educative: la culturalizzazione del discente, cioè l’acquisizione della propria identità culturale e la conoscenza di culture diverse in vista di un certo relativismo culturale; la socializzazione del discente, cioè la capacità di mettersi in contatto con gli altri e di instaurare rapporti positivi; l'autopromozione del discente cioè la sua capacità di realizzare un proprio progetto personale. (Balboni 1994) Inoltre l'insegnamento dell'italiano persegue delle mete specifiche. Alla fine dei quattro anni di studio di lingua italiana (un anno alla scuola media e tre alla scuola superiore) si deve sapere: padroneggiare le abilità linguistico-comunicative mediante lo sviluppo di processi cognitivi interrelati; impiegare la lingua come strumento di azione in un determinato contesto comunicativo e culturale; consolidare la propria capacità di attuare strategie e la propria autonomia approfondendo la competenza glottomatetica (imparare ad imparare). Per raggiungere tali obiettivi, nell'insegnamento della lingua italiana si adotta un approccio comunicativo le cui caratteristiche si configurano come segue: centralità del discente e dei suoi bisogni comunicativi centralità della comunicazione e quindi della competenza comunicativa come oggetto del processo di apprendimento che si basa su atti comunicativi autenticità del materiale didattico valutazione basata non solo sulla tradizionale correttezza formale ma anche sull’efficacia pragmatica e sull’appropriatezza socio-culturale dei risultati. (Istruzioni ministeriali – scuola media e scuola superiore rispettivamente 2007 e 2009) L’approccio comunicativo parte dall’idea che la lingua va imparata per comunicare in situazioni reali e autentiche. Il materiale didattico usato sono brani estratti da libri e giornali, registrazioni di conversazioni o trasmissioni radiofoniche o televisive ecc. adattati per scopi didattici. Il materiale didattico viene presentato e graduato non in base a temi morfosintattici ma piuttosto a scopi funzionali della lingua; sono gli atti comunicativi che determinano le strutture grammaticali e non viceversa. Inoltre una lingua vive e va insegnata in quanto portatrice di una determinata cultura: insegnare la lingua italiana significa insegnare la cultura italiana. Ogni atto comunicativo avviene all’interno di un ben determinato sistema culturale, pertanto la competenza culturale è parte integrante della competenza comunicativa. Come è stato indicato nella Charte Nationale, l’insegnante d'italiano considera, non i contenuti, ma il discente come il vero protagonista dell’atto didattico-educativo, e del discente occorre tenere in considerazione lo stile cognitivo, lo stile di apprendimento, i tempi e i ritmi, le esperienze di vita. L’insegnante dovrebbe essere un facilitatore e un aiutante per l’apprendente. In questo senso alcuni concetti sono presi in considerazione nel processo insegnamentoapprendimento, come ad esempio: la bimodalità e la direzionalità il “filtro affettivo", ed evitare quindi quei meccanismi di difesa e di chiusura che possono esistere nel discente nei momenti di apprendimento di fronte all’ansia di perdere la propria stima o quella dei propri compagni. la motivazione del discente, dato che spesso senza motivazione non c’è acquisizione e nemmeno a volte apprendimento. Solo se motivato lo studente elabora una strategia propria per soddisfare i propri bisogni ed entrare quindi in contatto con la realtà da apprendere. Ma oltre che su questa motivazione profonda bisogna lavorare anche su quella quotidiana, in ogni momento si dovrà quindi offrire al discente l’occasione e il piacere di: - rendersi conto di cosa sta apprendendo; - essere guidato nell’acquisizione con procedure varie e non ripetitive; - sentirsi proporre input costituiti da testi significativi, psicologicamente e culturalmente rilevanti; - essere posto di fronte a sfide che è in grado di superare. L'insegnamento dell'italiano si pone l'obiettivo dello sviluppo della competenza comunicativa. Essa comprende: Competenza linguistica: riguarda tutti gli aspetti legati al linguaggio verbale (la fonologia, la grafemica, la morfosintassi, il lessico e la testualità); Competenza extralinguistica: riguarda i significati non veicolati dal linguaggio verbale, ma che lo accompagnano e lo integrano. La competenza extralinguistica comprende la competenza cinesica, la competenza prossemica e la competenza oggettuale; Competenza socio-pragmatica : significa capire e usare correttamente le varietà di una lingua, i registri, gli stili e significa anche comprendere e sapere perseguire scopi comunicativi in modo adeguato al contesto sociale e culturale; Competenza culturale : capacità di comunicare in maniera appropriata alla scena culturale in cui si realizza l’evento comunicativo. L'insegnamento dell'italiano nell'Enseignment Scolaire si realizza attraverso la programmazione per unità didattiche o unità di apprendimento. Ogni unità didattica deve comprendere un blocco di materiale linguistico-culturale e le procedure psicodidattiche per la sua acquisizione. Oltre a proporre un insieme autosufficiente e completo di lingua si deve procedere sulla base della bimodalità neurolinguistica e della psicologia gestaltica (globalità, analisi, sintesi). Ogni unità deve prevedere tutti gli obiettivi basilari di un curriculo di lingua: i modelli culturali italiani, che costituiscono parte integrante e fondamentale del contesto in cui avviene la comunicazione; gli elementi pragmatici che consentono di fare con la lingua, cioè di realizzare le proprie intenzioni comunicative dialogando con italiani; le componenti della competenza linguistica e della competenza extralinguistica; le abilità linguistico-comunicative necessarie per quella particolare situazione. È inoltre importante, come già affermato, adattare la formazione alle esigenze del discente, dedicando tempo anche ad attività di rinforzo e di recupero. Le attività comunicative proposte devono mirare a sviluppare tutte le abilità, quelle ricettive, quelle interattive e quelle produttive. Le attività proposte devono inoltre porsi l’obiettivo di far acquisire strategie di apprendimento, di comprensione, di lettura, di produzione di testi. 2.3.1. Scuola media L'italiano è stato introdotto in 5 scuoe medie di 5 regioni (Rabat-Salé Zemmour Zaer, Casablanca, Chrarda Bni Hsen, Chaouia Ourdigha e Tadla Azilal) nell'anno scolastico 2006-2007. Negli ultimi anni il numero delle scuole dove si insegna italiano sta aumentando. Attualmente sono 20. L'insegnamento dell'italiano nelle scuole medie ha l'obiettivo di familarizzare gli studenti con la lingua che potranno continuare a studiare nelle scuole superiori. L'italiano nelle scuole medie viene studiato con un monte orario molto ridotto: due ore settimanali, con un totale di 34 ore per semestre. Sono previste 5 unità in tutto l'anno scolastico. Per raggiungere gli obiettivi stabiliti nel sillabo della terza media, gli insegnanti d'italiano adottano uno dei libri del progetto Rete (Rete junior o Rete primo approccio di Guerra edizioni). I docenti vengono formati presso il Centre Pédagogique Régional di Rabat, dove fu aperto il dipartimento d'italiano nell'anno scolastico 2005-2006. Per accedere a tale istituzione, lo studente deve avere come minimo il Deug (il diploma di studi universitari generali pari a quattro semestri di insegnamento universitario) e sostenere degli esami scritti e orali in lingua italiana e in scienze dell'educazione. Il corso di formazione di docenti d’italiano nelle scuole medie si sviluppa nell’arco di 8 mesi (novembre – giugno) per un totale di 300 ore più le ore dedicate ai moduli annessi. Del monte ore totale, 120 ore sono dedicate ai moduli linguistici, 60 ore ai moduli culturali e 120 ai moduli glottodidattici. La formazione ha come obiettivo principale lo sviluppo di un certo numero di competenze con le quali il futuro docente sarà in grado di affrontare positivamente il suo lavoro nella classe e nella scuola dove lavorerà. Il corso si articola in tre blocchi di moduli fondamentali: linguistico, culturale e glottodidattico. Ciascun segemento formativo comprende : lezioni frontali, esercitazioni, studio individuale, verifica degli apprendimenti, costruzione di materiale, presentazioni, proiezioni di film. Le lezioni teoriche sono integrate da momenti di carattere operativo nei quali è prevista la partecipazione attiva degli studenti in maniera da dare ampio spazio ad attività pratiche, come analisi di testi, uso e costruzione di materiali, simulazione di attività didattiche in classe. Nel corso della formazione sono previsti momenti di tirocinio presso le scuole medie della Regione. Il tirocinio inizia con una settimana di osservazione nelle classi seguita da altre sei settimane di lavoro vero (preparazione delle lezioni, insegnamento, valutazione degli apprendimenti, osservazione dei lavori di colleghi). Il tirocinio si conclude con la stesura di una relazione in cui vengono evidenziati gli elementi salienti dello stage. Per essere assunti come docenti di italiano nelle scuole medie, i futuri docenti devono superare con successo una serie di esami scritti consistenti in didattica dell'italiano come lingua straniera, analisi e produzione di testi scritti, scienze dell'educazione ed esami orali in cui i futuri docenti presentano le tesine davanti una commissione di docenti d'italiano e di scienze dell'educazione. 2.3.2. Scuola superiore L’insegnamento dell’italiano nell’anno scolastico 1993-94 era affidato a due insegnanti di madre lingua che erano state assunte dal Ministero italiano degli Affari Esteri. Le due insegnanti hanno operato per tutto l’anno 1993-94 in quattro licei ( rispettivamente in due licei a Rabat e in due licei a Casablanca). Dalle statistiche pubblicate dal ministero, nell’anno scolastico 1993-94 il numero complessivo degli allievi liceali che studiavano l’italiano non superava le 50 unità. Nello stesso anno lo stesso Ministero in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia a Rabat ha organizzato un corso di formazione a favore di un gruppo di nove laureati2 che avevano studiato l’italiano come lingua complementare in una delle suddette università. La formazione, che si è svolta presso la Facoltà di lettere di Rabat, era affidata a docenti italiani esperti nel settore della didattica delle lingue straniere. Gli obiettivi del corso di formazione erano : - il perfezionamento linguistico dei futuri docenti; - il perfezionamento cognitivo degli stessi (letteratura, cinema, geografia, storia, ecc); - la didattica dell’italiano a stranieri. La stessa formazione era replicata con lievi modifiche per la formazione di altri gruppi di docenti d’italiano nei licei marocchini. Attualmente gli insegnanti d’italiano in Marocco che operano in 30 licei sono 42. Il corso d’italiano stabilisce degli obiettivi chiari. L’allievo che studia l’italiano al liceo dovrebbe dimostrare dopo tre anni di studi di essere in grado di: 1. comprendere una varietà di messaggi orali di carattere generale finalizzati a scopi diversi e prodotti a velocità normale cogliendo la situazione, l’argomento e gli elementi del discorso: atteggiamenti, ruoli e intenzioni degli interlocutori, informazioni principali, specifiche e di supporto; 2. esprimersi oralmente su argomenti di carattere generale in modo efficace e appropriato al contesto e alla situazione; 3. comprendere testi scritti per usi diversi, ivi compresi testi letterari non complessi, cogliendone il senso e lo scopo ; 2 Solo dal 1995 il corso di formazione di docente d’italiano ha sede presso la Ecole Normale Superieure (ENS) a Rabat, una scuola di formazione di docenti delle scuole superiori. Fino al 2005 tutti gli studenti in possesso di una laurea in lettere che conoscessero bene l’italiano potevano sostenere gli esami di ammissione al corso di formazione. Dall'anno scolastico 20052006 la laurea in italianistica è condizione primaria per poter accedere al dipartimento d'italiano all'Ens. 4. produrre semplici testi scritti di tipo funzionale e di carattere personale e immaginativo, anche con errori e interferenze dall’arabo o da altre lingue ; 5. inferire il significato di elementi non noti di un testo sulla base delle informazioni ricavabili dalle caratteristiche degli elementi stessi e dal contesto ; 6. identificare l’apporto dato alla comunicazione dagli elementi paralinguistici (intonazione, ritmo, accento, ecc) ed extralinguitici (gestualità, mimica, postura, prossemica, ecc) ; 7. individuare l’apporto culturale specifico implicito nella lingua italiana e confrontarlo con quello delle lingue facenti parte del suo repertorio linguistico ; 8. individuare e sistematizzare strutture e meccanismi linguistici che operano ai diversi livelli : pragmatico, testuale, semantico-lessicale, morfosintattico e fonologico. Per raggiungere i suddetti obiettivi il docente d’italiano svolge delle attività didattiche che puntano sullo sviluppo delle quattro abilità linguistico-comunicative osservando le indicazioni metodologiche dell’approccio comunicativo, una metodologia appropriata agli scopi linguistico-comunicativi. Spesso si adotta anche la strategia didattica basata sull’insegnamento non solo di prodotti (cioè i saperi : contenuti , lessico, strutture grammaticali, ecc) ma anche di processi (le strategie di apprendimento di una lingua straniera, cfr. Il concetto del long-life learning) (Balboni 1994). Oltre al materiale (articoli di giornali, lettere personali, brani da altri libri di testo, canzoni, ecc) che si potrebbe impiegare nella classe per integrare il libro adottato, l’insegnante prende come punto di partenza il libro di testo ‘autorizzato’ dal ministero dell’Educazione Nazionale. Nel nostro contesto uno dei manuali adottati è Benvenuti (2007), il primo libro di testo prodotto in Marocco da due autrici marocchine ed edito dalla casa editrice marocchina Afrique Orient. Inoltre i docenti d'italiano adottano per i livelli avanzati libri di testo del progetto Rete di P.E. Balboni e M. Mezzadri, dell'edizione Guerra di Perugia. La didattica dell’italiano nelle scuole superiori prevede due tipi di valutazione : una valutazione formativa e formatrice e un’altra valutazione sommativa. La prima viene effettuata dopo lo svolgimento di ogni tre o quattro unità. Per quanto riguarda la valutazione sommativa, essa si realizza mediante esami di fine quadrimestre o di fine anno. Con la riforma del sistema educativo e valutativo, il passaggio dell’alunno da una classe alla successiva è stabilito a seconda dei risultati ottenuti negli esami di valutazione continua. Oltre a questa forma diffusa a tutti i livelli dell’educazione in Marocco, l’alunno deve sostenere due tipi di esami importanti. Innanzitutto deve affrontare una serie di esami a livello nazionale sostenuti alla fine dell’ultimo anno della scuola superiore che riguarda le materie importanti della specializzazione dell’allievo (la riforma ha messo la lingua straniera nella posizione di materia obbligatoria per tutte le specializzazioni). L’altra serie di verifiche, da sostenere alla fine del secondo anno della scuola superiore, concerne gli esami regionali e comprende alcune materie secondarie. La riforma mette in evidenza la valutazione continua effettuata dal docente. Essa svolge un ruolo fondamentale nel passaggio dell’allievo da una classe ad un’altra. La valutazione delle lingue nel sistema educativo marocchino, tuttavia, non prevede l’accertamento delle competenze orali. Gli esami finali, dipendentemente da ciò che ogni ispettorato delle lingue straniere indichi, consistono in una serie di prove. La prima sezione riguarda la comprensione scritta, un’altra sezione accerta la competenza linguistica e un'ultima contiene una prova di produzione scritta. Una circolare ministeriale organizzatrice della valutazione continua in tutte le materie della scuola superiore ha messo fortunatamente in evidenza la valutazione delle competenze orali. E si spera che la valutazione delle competenze orali sarà inserita negli esami finali della maturità. (Per ulteriori chiarimenti sulla modalità di valutazione continua adottata dai docenti di liceo, si veda il documento pedagogico sul controllo continuo al primo anno, steso da chi scrive insieme alla dott.ssa Monica Giansanti, insegnante d’italiano a Rabat dal 1998 al 2003). Nel quadro delle innovazioni portate dalla riforma del sistema educativo, intendiamo perfezionare il lato glottodidattico dell’italiano come lingua straniera nei licei marocchini (rinnovamento dei sillabi, adozione di nuovi libri di testo, perfezionamento della metodologia del language testing, aggiornamento dei docenti sulle teorie recenti dell’insegnamento e dell’apprendimento delle lingue straniere in generale e della lingua italiana in particolare, formazione di docenti in servizio sull’uso delle nuove tecnologie nella classse di lingua, ecc). 2.2. Metodologia dell’insegnamento della cultura italiana nella scuola marocchina. Come abbiamo scritto poc'anzi, la didattica dell'italiano adottata nelle scuole statali marocchine si basa sull’idea che una lingua va insegnata partendo da testi autentici che riflettano la cultura italiana. La cultura che viene presentata in un corso di lingua italiana, sia cultura implicita o esplicita, rispecchia ciò che un italiano farebbe ogni giorno (cultura quotidiana nel senso antropologico). Tuttavia la cultura presentata nei libri di testi da noi usato è una visione stereotipata della realtà. Se ci avviciniamo all’unità del cibo, ad esempio, possiamo notare che i testi che presentano i pasti in Italia, sia dal punto di vista del numero che quello della composizione dei pasti, non sono fedeli a ciò che succede in Italia. Oggi è presente anche il concetto dei fast-food, non tutti gli italiani mangiano pasta asciutta come una volta, ecc. I libri di testo spesso presentano una realtà stereotipata che sarà interiorizzata ciecamente in un contesto straniero. La stessa realtà, però, verrà smentita nel contesto dell’italiano studiato in Italia (L2). Come sostiene Balboni 1994:68, «Nello studio dell’italiano all’estero tali materiali vengono di norma forniti dal manuale o da speciali testi di ‘cultura e civiltà’, da raccolte di materiali autentici, da film, e così via. Nello studio dell’italiano in Italia i materiali del manuale possono costuire lo spunto da verificare ed integrare fuori di scuola attraverso l’osservazione diretta, la televisione, e così via. » Lo studente marocchino d’italiano è spesso immerso nella realtà italiana (cfr. il concetto del dépaysement di Porcelli 1994). Nella classe di studenti liceali che hanno tra i 16 e i 19 anni, l’insegnante orienta l’attenzione degli studenti verso aspetti culturali sui quali l’allievo non è preparato a riflettere. L’allievo adolescente non ha ancora i mezzi cognitivi e socio-culturali per poter capire e analizzare modelli culturali italiani. Oltre a tutto ciò l’insegnante marocchino presenta la cultura italiana che capisce e con cui è stato in contatto diretto da una vacanza studio in Italia o da parlanti nativi presenti in Marocco. Quindi si possono sollevare le seguenti domande : quale cultura si presenta agli studenti stranieri ? Quella presente nei manuali, che spesso è una visione stereotipata (l'Italia è paese di spaghetti, moda, Armani, ecc.) o quella autentica, attuale, originale? Il corso di lingua italiana presenta materiali riguardanti gli aspetti culturali italiani. L’unica osservazione sui libri di testo da noi usati è che essi non prendono in considerazione la cultura regionale, o cultura substandard3. I modelli presenti nei manuali d’italiano sono spesso concentrati su una regione. Spesso riflettono la ‘cultura’ delle regioni dell’asse delle Università per stranieri presenti in Italia. Pertanto lo studente, partendo dal modello di certe regioni o città, fa delle generalizzazioni sugli aspetti culturali dell’Italia e in tale modo interiorizza una visione stereotipata. Ad esempio, lo studente di lingua italiana potrebbe concludere dopo un’unità didattica sul cibo in Italia che ‘tutti gli italiani mangiano pasta asciuta e bevono vino'. Lo stereotipo è un fenomeno che spesso genera risultati negativi. Esso è spesso rinforzato o dal manuale o dai materiali proposti dal docente o dai conoscenti che visitano l’Italia o dai mass media. 3 Spesso i modelli culturali possono essere validi per tutta la comunità e in quel caso sono considerati modello culturale standard. Alcuni modelli culturali invece non sono diffusi in tutta la comunità e in quel caso vengono detti substandard o anche modello culturale regionale. Questo fenomeno lo si incontra per esempio quando si tratta dei modelli culturali riguardanti l’alimentazione (cambia il numero dei pasti, la loro natura, l’orario, e così via a seconda della regione). Va ricordato che l’insegnamento della lingua straniera dovrebbe minimizzare gli stereotipi e favorire i sociotipi (Balboni 1999). Infatti per la maggior parte degli studenti marocchini, l’Italia è il paese della moda, della macchina, della canzone, del calcio, della cucina, del lavoro, dei soldi, ecc… . La didattica dell’italiano prevede anche l’uso della canzone nella classe di lingua. Essa viene usata per integrare il tema di un’unità didattica o per mantenere viva la motivazione degli studenti per studiare la lingua italiana o anche partendo da essa come testo input di un’unità didattica. La canzone è una forma di letteratura; essa è un testo poetico autentico che rispecchia dei modelli culturali del paese di cui si studia la lingua. Quindi dopo aver lavorato su una canzone l’insegnante orienta l’attenzione dello studente sui modelli culturali presenti nel testo. L’uso della televisione in classe di lingua straniera è uno dei metodi più efficaci per presentare dei modelli culturali (si potrebbe lavorare sulla prossemica, sulla gestualità, sull’arredamento delle case italiane, sul modo di mettersi a tavola, e così via). È sufficiente presentare uno spot pubblicitario, a titolo d’esempio, di biscotti , di formaggi, di detersivi, ecc per poter lavorare su molti aspetti e modelli culturali che lo spot mette in evidenza. Il corso di lingua dovrebbe essere una ‘palestra’ dove lo studente svolge delle esercitazioni sulla cultura altrui e così egli sarà in grado di osservare anche la propria cultura. La pubblicazione del libro prezioso di Paolo Balboni Parole comuni culture diverse nel 1999 rappresenta una svolta per la didattica dell’italiano a stranieri. Lo studio del libro stesso ci ha dato degli spunti sulla possibiltà di rivedere l’approccio adottato e massimizzare l’insegnamento dell’italiano in prospettiva interculturale.