Liberazione attacca Enrico Berlinguer

Transcript

Liberazione attacca Enrico Berlinguer
Comunisti Italiani - Federazione di Messina
Liberazione attacca Enrico Berlinguer
lunedì 11 agosto 2008
Ultimo aggiornamento lunedì 11 agosto 2008
“Berlinguer, ti voglio bene, ma hai sbagliato tutto”.
7 agosto 2008. Il giornale del PRC pubblica un articolo di Peppino Caldarola che, da bravo Giuda, vuole stritolare con un
abbraccio il pensiero del dirigente comunista. I militanti in rivolta.
Ho pensato a Enrico Berlinguer. Dalla torre butterei giù lui. Se alcuni anni fa mi avessero detto che avrei scritto questa
frase, dalla torre mi sarei buttato io, al suo posto. Ora no. E' giusto che cada lui, il leader che abbiamo più amato, quella
faccia un po' così, quel galantuomo da cui avresti comprato non un'auto usata ma un intero garage.
I danni di Enrico Berlinguer li stiamo ancora pagando. Il suo drammatico pessimismo lo aveva messo nelle condizioni di
capire che il "nostro" mondo era finito. Ma non volle vedere. Nella vicenda italiana intuì l'ombra di nuovi mostri, il
terrorismo, il malcostume, la politica personale (a cui però dette un contributo), la fine dei partiti (a cui partecipò con
l'appoggio al governo degli onesti), la crisi della democrazia, l'incombere di nuove opportunità e pericoli (il ragionamento
sull'ordine mondiale e sul futuribile). Forse aveva capito tutto, tranne che il mondo da cui era nato era proprio finito e non
aveva alcuna possibilità di sopravvivere. Il suo mondo preso per l'intero, non solo l'Urss, il comunismo degli avi, il
socialismo emiliano. Tutto il nostro mondo.
Berlinguer teoricamente non è stato un innovatore. La strategia più avanzata e discussa, il compromesso storico, è figlia
naturale del togliattismo. Luigi Longo provò ad opporre il gramsciano blocco storico all'idea della convergenza fra Dc e Pci
ma Berlinguer aveva capito che stava crollando tutto e solo i nemici di sempre, alleandosi, avrebbero salvato l'Italia. Poi
rapirono Moro, fu il più rallentato colpo di stato che abbia conosciuto una potenza occidentale, e si chiuse un epoca. E
finì il Pci.
Ma Berlinguer non se ne dette per vinto. Il Pci era paralizzato, in molte sue componenti era trasfigurato, quello
meridionale, come aveva detto alla Conferenza dell'Aquila molti anni prima, era addirittura compromesso con la peggiore
Dc. La tesi era del tutto infondata. Anche oggi la sinistra al Sud dà da pensare. I comunisti erano dentro questo mondo,
buoni e cattivi. Ieri come oggi. In molte parti del paese, nel Sud sicuramente, partecipavano allegramente alla spartizione
del potere, davano vita a clientele che negli anni sarebbero diventate partiti personali, ma si vantavano di essere "diversi".
Un grande partito stava avviandosi a diventare una setta affollata in cui era permesso tutto, il bene ma anche il male.
Berlinguer fece come Pertini che parlava di quel simulacro di stato, bacato dalla P2, inefficiente e corrotto, nel cui nome
ci chiamò alla difesa della Repubblica.
Berlinguer chiamò i comunisti fuori dalla modernizzazione individualista, dalla deriva personalistica (a cui partecipava) e
proclamò la diversità antropologica del Pci. Comunisti e diversi. Diversi perché comunisti, comunisti perchè diversi. Fu il
big bang della politica italiana. Una bugia, una deflagrazione sul sistema politico. Nessuna frattura dell'unità nazionale, né
a destra né a sinistra, fu così vistosa e eclatante. Una parte politica si chiamava fuori, come popolo eletto, come parte
migliore della repubblica contro corrotti ma anche contro chi era diversamente orientato. La diversità diventò la malattia
mortale della sinistra, quella che le impedì di vedere dove andava il mondo e la spinse ad osservarsi l'ombelico e a
compiacersene.
Poi Enrico morì. Lo piangemmo disperati. Venne Occhetto e fece quello che Enrico avrebbe dovuto fare. Disse che la
storia era finita, non la storia del mondo, ma la nostra storia. Il comunismo aveva fatto del male ai popoli. Buone
intenzioni diventate cattive azioni. Non c'era un comunismo buono e i comunisti dovevano reinterpretarsi e inseguire il
mondo. Ma la storia della diversità li inseguì. Un intero gruppo dirigente, via via senza popolo, continuò a rappresentarsi e a
raccontarsi come diverso e migliore. Non c'era traccia di questa diversità nella politica concreta, né segni che la nostra
classe dirigente fosse migliore. Ma la "diversità" divenne lo scudo per nulla cambiare e per rafforzare una vera e propria
casta. Quella che dirige tuttora la sinistra.
Vedi, Enrico, dobbiamo anche a te i dirigenti che ci troviamo. Sia quelli che indicano un comunismo che fa rabbrividire
sia quegli altri che sono andati talmente oltre che non li riconosciamo più. Con Gramsci e Togliatti abbiano fondato partiti
moderni. Con te, sette supponenti e arroganti, diverse da te ma tuoi figli. In questo caso è vero che le colpe dei figli
ricadono sul padre. Se siamo nel disastro attuale molto lo dobbiamo a te, a quello che non hai capito o non hai voluto
vedere, alle svolte che non hai fatto, alle icone false che hai messo nelle nostre chiese.
Il giorno dopo il sito del quotidiano di Rifondazione riceve mail di protesta. Eccone alcune.
Un articolo "stonato" e irriverente verso Berlinguer. di Marco Sferini (Prc Savona)
Caro direttore, quanto scrive su "Liberazione" Caldarola è profondamente ingeneroso nei confronti del compagno Enrico
Berlinguer. E se proprio Caldarola sente il bisogno di scrivere che Berlinguer è progenitore dei disastri della sinistra di
oggi, forse potrebbe includere anche il suo decennale percorso politico. La mia generazione, quella dei 35enni, ha
assistito ad una profonda azione non solamente moralizzatrice operata da Berlinguer, ma di conservazione innovativa di
quanto di più spontaneo e generoso vi era nell'esperienza italiana dei comunisti. Certo, anche Berlinguer ha commesso
degli errori. Ma imputare alla lunga scia o all'onda lunga della sua politica i disastri dell'Arcobaleno o le prospettive di
neosocialismo che si stanno sviluppando in tutte le forze politiche della sinistra (per fortuna minoritariamente, a parte
Sinistra Democratica, nata con lo scopo di far rinascere un micro-Pds) è non solo una forzatura politica, ma anzitutto
http://www.comunisti-italiani-messina.it
Realizzata con Joomla!
Generata: 16 March, 2017, 13:22
Comunisti Italiani - Federazione di Messina
storica. Mi chiedo, caro direttore, che bisogno vi sia di spingere la dialettica sino all'apoteosi della provocazione gratuita.
Se Caldarola avesse scritto quella lettera su "l'Unità", non vi sarebbe alcuna stranezza da rilevare. Ma su "Liberazione",
speriamo ancora per molto, appare ed è un commento stonato. Legittimo, certo. Ma pur sempre stonato.
Ma gli operai ascoltavano Berlinguer quando parlava. di Giuseppe Carroccia
Cara Liberazione,
da quotidiano lettore e acquirente delle tue pagine e quindi parte ormai di una esigua minoranza di diversi e ostinati
compagni che non rinunciano e non vogliono rinunciare al proprio giornale comunista, ho l'impressione che ci sia
bisogno urgentemente di una linea editoriale diversa dall'attuale, caratterizzata secondo me dalla ricerca di chi le spara
più grosse.
Alla lunga questa modalità annoia e non fa crescere ne il dibattito e l'approfondimento ne, purtroppo, le vendite e gli
abbonamenti.
La rubrica giù dalla torre ad esempio, dopo il pittore della semplicità Morandi, ha fatto un'altra vittima illustre, il compagno
Enrico Berlinguer ferocemente criticato dall'ex direttore dell'Unità Calderola, oggi giornalista del giornale di Berlusconi.
Dall'interno della torre d'avorio della propria strapagata presunzione si liquida una straordinaria stagione politica che
appassionò un'intera generazione di militanti a cui anche io appartengo, la quale in buona misura condivise le critiche al
compromesso storico allora esposte da Longo (e Terracini).
Vi furono errori di valutazione e di analisi, ma il rigore e la diversità di quel partito politico rappresentano secondo me un
valore e un esempio da indicare alle giovani generazioni di compagni, i quali poco conoscono di quel periodo: i
complicati anni settanta.
Suggerisco se davvero si vuole ragionare seriamente di pubblicare con il quotidiano il discorso di Berlinguer sull'austerità
e la sua ultima relazione da segretario nazionale al congresso di Milano.
Almeno i compagni potrebbero conoscere in che consisteva quella diversità rispetto al paese d'allora e anche rispetto ai
nostri dirigenti di oggi.
Davanti ai cancelli di Mirafiori quando parlava Berlinguer gli operai ascoltavano attentamente, non passavano indifferenti
e diffidenti.
Come mai?
Occhetto ha sbagliato tutto. Non Berlinguer. di Pablo Genova (Prc Pavia)
Caro direttore, mi spieghi l'utilita' di pubblicare un articolo in cui si attacca così pesantemente e beceramente il geniale
compagno Enrico Berlinguer? L'ho letto due volte perché ero allibito. E' Occhetto (e poi D'Alema e Veltroni) che ha
sbagliato tutto, non certo Berlinguer; e perché ci si dimentica che Berlinguer era prima di tutto uomo di lotta, si pensi al
periodo dagli anni '80 in poi, con l'alternativa di sinistra e la durissima lotta alla Fiat e sulla scala mobile, lotte volute e
guidate da Berlinguer anche contro le titubanze della Cgil influenzata dalla corrente socialista. Piantiamola di dire
scemenze sul passato, usiamolo piuttosto come insegnamento per le battaglie del presente.
Quel livore da "ex" di Giuseppe Caldarola. di Roberto Fogagnoli
Caro direttore, leggo con fastidio, nel giornale di ieri, le righe scritte da tale Peppino Caldarola, che da bravo ex
comunista (ora riformista - ma neanche di sinistra, come dice Veltroni del Pd), non ci pensa due volte a spalare letame
su ciò che è stato il Pci, su ciò che ha fatto Berlinguer, sul comunismo in senso lato, origine di tutti i mali, di tutte le
sventure, di tutti i disastri di questo mondo. La riflessione e la critica sul nostro passato, e l'analisi per un diverso futuro
sono sacrosante ma non devono diventare anticomunismo. Caldarola invece - ora membro della nuova Dc, che lavora e
vota a fianco della Binetti, di Lusetti, dei grandi industriali - scopre tutto il suo livore da ex. Questo si legge nel paginone
centrale di "Liberazione", quotidiano comunista. E non mi si dica che è questione di democrazia. E poi, compagno
direttore, chi è Giuseppe Caldarola per avere il diritto di scrivere sul paginone centrale (quindi bene in vista) sul nostro
giornale, quando a tanti compagni viene negata persino l'opportunità di vedersi pubblicati nella pagina delle lettere? Forse
che i militanti di Rifondazione Comunista sono meno intelligenti di Caldarola?
In fin dei conti Sansonetti è coerente... di Franco Romano via e-mail
Cara "Liberazione", ed io continuo a dire che il direttore Sansonetti è persona coerente. L'articolo su Berlinguer ne è
testimonianza. Egli prosegue, scientemente, nell'opera bertinottiana di liquidazione della presenza comunista
organizzata e di massa nel nostro paese. La stessa intervista apparsa oggi al compagno Giordano va in quella direzione:
il comunismo deve diventare tendenza culturale. Mi rammarica, però, che il direttore non rivendichi pienamente il suo
pensiero politico ma cerchi di spiegare i motivi di questa demolizione (ricordate l'articolo su Togliatti ma anche quelli su
Cuba?) giustificandole con l'esigenza di «aiutarci a riflettere su argomenti, fatti, persone, cose, sui quali non siamo
abituati a riflettere criticamente». Potremmo anche essere d'accordo su questa impostazione, ma ciò che fa ritenere
questa impostazione non solo falsa ma anche pretestuosa, risiede nella scelta di affidare tali riflessioni a personaggi che
hanno cambiato opinioni e posizioni politiche tante volte nel giro di pochi mesi. Per questo invito il direttore Sansonetti ad
ammettere pubblicamente che vuole rimettere in piedi il progetto Arcobaleno e per fare questo ha messo il giornale di
tutto il partito al servizio di una parte di esso. Lo dico perché nessuno mai dovrà rinunciare a "riconoscere e a confermare
se stesso" perché "nessuno deve rinunciare a niente" ed assumersi alla luce del sole le conseguenze delle proprie
scelte.
http://www.comunisti-italiani-messina.it
Realizzata con Joomla!
Generata: 16 March, 2017, 13:22