Egitto - Nawart Press
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Egitto - Nawart Press
reportage La Egitto rivoluzione silenziosa L’Egitto dei generali ha dedicato il 2016 “ai giovani”. Intanto, piazza Tahrir si è svuotata. Protestare è proibito, ma mille piccole ribellioni quotidiane alimentano un sogno per ora impossibile. La normalità di Eleonara Vio - foto Ines Della Valle e Bruno Zanzottera 78 moda come libertà. La prima volta che incontrai Sarah Bombosh, fui stranamente attirata da questa ragazza alta, magra, dai tratti singolari, che combinava a un tono di voce sprezzante, un look e una verve da maschiaccio. Mesi dopo, quando la rivista per cui lavoravo mi chiese di seguire il concorso di Miss Egypt, rimasi di sasso nel vederla sfilare disinvolta in passerella in un abito scollato e appariscente. Cresciuta da un padre egiziano e una madre scozzese, Sarah mi disse poi che fin da bambina veniva presa in giro per i suoi modi, così poco in linea con quelli di una ragazzina egiziana di buona famiglia. La madre l’aveva costretta a prendere lezioni di portamento. «Essere diversi è difficile ovunque, ma in Egitto di più», mi ha detto Sarah tante volte. «Ho sofferto molto, ma col tempo ho imparato a farne un segno distintivo». La moda, che in Egitto è ancora un interesse di élite, è diventata la sua via di fuga. Sarah ha trovato nella moda una possibilità per esprimersi, cambiando volto, panni, set. Nabil Farag, fotografo, autore di molte immagini delle dimostrazioni di piazza Tahrir. Sopra, la videomaker Yousreya Ghorab, del gruppo 6 aprile, filma la cerimonia dell’anniversario della rivoluzione egiziana. Nella pagina a lato, il rapper Karim Adel Eissa, degli Arabian knightz. parallelo zero Come vivono i ragazzi del Cairo, dopo che l’Egitto è diventato un posto dove perfino un giovane ricercatore straniero, il nostro Giulio Regeni, può sparire mentre va a una festa, e ricomparire dopo giorni di angoscia morto, seviziato, seminudo in un fosso, come in un brutto film sull’Argentina dei generali? Cosa sperano i protagonisti della rivoluzione fallita, che volevano inventarsi un futuro all’altezza dei sogni e invece devono tenere il conto degli amici rapiti e arrestati? Il generale Al-Sisi ha decretato il 2016 anno della gioventù, e ci si chiede perché. Ines Della Valle (autrice di alcune foto di questo servizio) e io abbiamo vissuto a lungo al Cairo, dopo il 2011, per osservare la situazione sociopolitica. Ci è toccato assistere al precipitare drammatico degli eventi dopo la caduta del governo democraticamente eletto di Mohamed Morsi, ma intanto abbiamo parlato, lavorato, riso con tanti giovani egiziani respirando la loro “doppia vita”. La speranza e la paura, gli amici in prigione e la ricerca di normalità nonostante tutto. Vogliamo raccontarvi di loro. Arte è vita reportage Sfide quotidiane via il velo. «Odio condurre due esistenze parallele, una pubblica e l’altra privata». A 36 anni, Maryam Ahmed vive ancora con i genitori, un po’ per ristrettezze economiche e un po’ perché la tradizione musulmana prevede che una donna esca di casa solo se sposata. Per trent’anni ha risposto con l’obbedienza al loro volere e a quello di Dio, ma nel 2011 ha tolto il velo. «Mi soffocava e sapevo che Dio non sarebbe stato così superficiale da giudicarmi per questo», spiega. Nel 2013 ha abbandonato la religione, cosa che comporta ancora una forte stigmatizzazione in Egitto. Perciò, da allora, si è scissa in due persone diverse. In casa è la più docile e devota delle figlie, ma fuori è un vulcano, la regina delle feste e degli eventi alla moda. In privato coltiva la sua passione per le filosofie orientali. Dice che non va bene, ma non sa come uscirne: «Mi sento come se vivessi in una bolla, sia in casa che fuori». La Rivoluzione non aveva solo riunito milioni di persone in nome di “pane, libertà e giustizia sociale”, ma anche messo in moto un fermento artistico mai visto. E poi è finita. Piazza Tahrir, da magico luogo di ritrovo, si è trasformata nell’anima cupa di un regime orwelliano sorvegliato da mille occhi. A Downtown è calato il silenzio. Ricordo certe albe su Mohamed Mahmoud, la via dove 80 stavamo a guardare i ragazzi dipingere i graffiti sullo storico muro, scherzando di fronte ai vani tentativi delle autorità di mandarli via. Oggi i graffiti sono vietati e buona parte del muro demolito. E se, fino a un anno fa, gli eventi artistici si accavallavano, oggi due degli spazi più noti sono stati chiusi, molti altri sottoposti a incursioni e minacce. Nei caffè prima gremiti, ora i pochi avventori bisbigliano. Dal rovesciamento di Morsi, nel 2013, il Paese ha visto migliaia di arresti, e centinaia di persone ammazzate o sparite nei centri dell’intelligence. Se esci di lì, ammesso che resti vivo, in genere non hai più voglia di cantare. G parallelo zero La modella Sarah Bombosh durante uno shooting a Gouna, famosa località di mare egiziana, per la collezione del designer Ahmad Sami. Nella pagina a lato: sopra, una donna velata davanti a un’opera di Bassem Yousri, Il Parlamento della rivoluzione. Sotto, il backstage di una sfilata al Dusit Thai Hotel. (Ha collaborato Ines Della Valle) Morte di una rivoluzione Febbraio 2011 Dopo settimane di dure proteste, si dimette Hosni Mubarak, presidente dell’Egitto da un trentennio. Il potere passa nelle mani dei militari. Giugno 2012 Mohamed Morsi (sostenuto dai Fratelli musulmani e inviso all’esercito) viene eletto presidente. Luglio 2013 Morsi viene deposto. Il generale Abdul Fatah Khalil al-Sisi istituisce un governo ad interim. Le proteste dei Fratelli musulmani vengono represse nel sangue, con terribili carneficine. A dicembre il movimento è dichiarato illegale, mentre tutte le proteste sono bandite. Giugno 2014 Al-Sisi diventa presidente. Da allora si susseguono gli arresti (migliaia) e le sparizioni (340 da agosto a novembre 2015, secondo la Commissione egiziana per i diritti e le libertà).